legge 104
Re: legge 104
Messaggio da Frustrato »
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Re: legge 104
Messaggio da Frustrato »
...Durante quel periodo non maturi il t.f.s. (Buonusciuta), la licenza e la 13° ma mensilita'.....
....Maturi tutto il resto: anzianita',contributi e avanzamento,,,,,,
....Maturi tutto il resto: anzianita',contributi e avanzamento,,,,,,
Re: legge 104
un grazie a zica e a frustrato
ma ho provato a sentire l'ufficio
loro dicono che non si matura la pensione nè il tfs e che l'avanzamento viene sospeso
ho provato a telefonare al ministero ma è sempre occupèato
quali sono i riferimenti normativi che dicono che si matura la pensione?
vorrei accedere a quei due anni ma come vedete molti dubbi
ma ho provato a sentire l'ufficio
loro dicono che non si matura la pensione nè il tfs e che l'avanzamento viene sospeso
ho provato a telefonare al ministero ma è sempre occupèato
quali sono i riferimenti normativi che dicono che si matura la pensione?
vorrei accedere a quei due anni ma come vedete molti dubbi
Re: legge 104
ciao virgilio, ho tempo fa postato anche i riferimenti di detta legge (penso..).....comunque ...siccome tu sei inquadrato nell'ordinamento civile .....mi sono premunito (prima di risponderti) nel scovare in un vostro sito sindacale.. se anche per voi era la stessa cosa.....e lì c'è scritto ....tutto nero su bianco che ( anche per logica) tant'è uguale per tutti noi (quello che ha appena postato l'amico frustrato)....ciao
ulteriore dubbio
anzittutto grazie a zica
volevo chiedere:
per avere il beneficio dei 2 anni bisgona essere residenti con la persona che si assisste...giusto?
è possibile prendere la residenza dalla persona che si deve assistere mantenendo il domcilio a casa mia?
chiedo questo per i problemi fiscali che ci sono
volevo chiedere:
per avere il beneficio dei 2 anni bisgona essere residenti con la persona che si assisste...giusto?
è possibile prendere la residenza dalla persona che si deve assistere mantenendo il domcilio a casa mia?
chiedo questo per i problemi fiscali che ci sono
Re: legge 104
ART. 42, CO. 5, D.LGS. 151/2001 e Sentenza della CORTE COSTITUZIONALE N. 158/07
è stata respinta l’istanza presentata per la:
“concessione di un periodo di congedo straordinario retribuito per assistenza alla coniuge riconosciuta persona disabile ex Legge 104/1992”
poiché:
“nella fattispecie in esame non risulta comprovato che il richiedente sia l’unico soggetto in grado di assistere la consorte disabile” ed, anzi, nello stesso nucleo familiare risulta presente il figlio maggiorenne convivente.
1) - il diritto al congedo straordinario spetta in via prioritaria al coniuge trova, tra l’altro, conferma nella circolare INPS n. 112 del 2007, la quale è in linea con il rilievo del giudice delle leggi secondo cui “solo il coniuge .. è tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte” (Corte Cost., 08/05/2007, n. 158).
2) - la Corte Costituzionale ha dichiarato l’art. 42, comma 5, in esame incostituzionale “nella parte in cui non prevede al primo posto il coniuge del disabile …, con questo convivente, trattandosi di una situazione che esige la medesima protezione ed il medesimo trattamento rispetto a quelli contemplati dalla norma”.
3) - Come si è avuto modo di rilevare, il legislatore – mediante la sostituzione dell’art. 42, comma 5, con l’art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011 – ha dato piena attuazione a quanto già statuito dalla Corte Costituzione, contemplando – appunto - il coniuge convivente al “primo posto” tra i soggetti a cui è riconosciuto il diritto al congedo.
4) - In ragione di quanto rilevato, diviene doveroso pervenire alla conclusione che l’Amministrazione – negando il congedo al ricorrente, coniuge convivente di persona disabile, in ragione della presenza di un “figlio maggiorenne convivente” – ha mal inteso le statuizioni della Corte Costituzionale - pur richiamandole – e, dunque, ha operato in violazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.
Ricorso ACCOLTO.
Il resto potete leggerlo completamente qui sotto.
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04/06/2013 201305552 Sentenza 1T
N. 05552/2013 REG.PROV.COLL.
N. 07463/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7463 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Elisa Fornaro e legalmente domiciliato – in carenza di elezione di domicilio nei termini di legge – presso la Segreteria di questo Tribunale in Roma, via Flaminia n. 189;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Polizia di Stato - Compartimento Polizia Stradale Lazio, in persona del Dirigente p.t.;
per l'annullamento,
previa sospensione,
del provvedimento n. OMISSIS emesso dalla Polizia di Stato, Compartimento Polizia Stradale Lazio Roma, in data 9.7.09, notificato in data 13.7.09, di rigetto dell'istanza di congedo straordinario retribuito per assistenza al coniuge disabile nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 11 settembre 2009 e depositato il successivo 22 settembre 2009, il ricorrente – assistente capo della Polizia di Stato, “in forza ed in servizio alla Sezione Polizia Stradale di OMISSIS” - impugna il provvedimento con cui, in data 9 luglio 2009, è stata respinta l’istanza dal predetto presentata per la “concessione di un periodo di congedo straordinario retribuito per assistenza alla coniuge riconosciuta persona disabile ex Legge 104/1992”, poiché “nella fattispecie in esame non risulta comprovato che il richiedente sia l’unico soggetto in grado di assistere la consorte disabile” ed, anzi, nello stesso nucleo familiare risulta presente il figlio maggiorenne convivente.
Ai fini dell’annullamento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:
- VIOLAZIONE DI LEGGE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 42, CO. 5, D.LGS. 151/2001 E DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 158/07, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di tale previsione “nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente … il diritto a fruire del congedo”. Posto che l’inciso “in via prioritaria” deve essere inteso “nel senso che, ove il disabile convive con il proprio coniuge, sarà quest’ultimo, prima di ogni altro, ad avere diritto al congedo” (fatta eccezione nel caso in cui il coniuge rinunci espressamente a godere di tale diritto), al ricorrente doveva essere concesso il beneficio richiesto, senza alcun potere discrezionale dell’Amministrazione in merito all’accoglimento dell’istanza. In definitiva, l’Amministrazione erra “quando sostiene che il ricorrente” doveva comprovare di essere l’unico soggetto in grado di assistere la consorte.
- ECCESSO DI POTERE DELL’AMMINISTRAZIONE RESISTENTE NELL’ERRATA INTERPRETAZIONE E VALUTAZIONE DELLA NORMA. La circostanza che il diritto al congedo straordinario spetta in via prioritaria al coniuge trova, tra l’altro, conferma nella circolare INPS n. 112 del 2007, la quale è in linea con il rilievo del giudice delle leggi secondo cui “solo il coniuge .. è tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte” (Corte Cost., 08/05/2007, n. 158).
- ECCESSO DI POTERE PER INGIUSTIZIA MANIFESTA RISPETTO AD ALTRE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. In adesione a tale interpretazione si pone anche la circolare del Ministero della Giustizia n. GDAP-0083564-2008 del 6 marzo 2008, la quale ha chiarito che “a seguito di tale pronuncia (Sent. Corte Costituzionale n. 158/07), il diritto al congedo spetta, prima di ogni altro legittimato, al coniuge”. Tale circolare chiarisce, ancora, che il dipendente deve essere in possesso dei requisiti previsti per il godimento dei benefici di cui all’art. 33, commi 2 e 3, L. 104/92. Posto che il ricorrente possiede entrambi i requisiti, l’Amministrazione non aveva alcuna valida giustificazione per negare il congedo richiesto.
- ECCESSO DI POTERE NELLA FORMA DELLA PERPLESSITA’, CONTRADDITTORIETA’ ED ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE NELLA SCELTA DEI CRITERI DI VALUTAZIONE OPERATA DA PARTE DELL’AMMINISTRAZIONE. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED INGIUSTIZIA MANIFESTA.
- ERRATA MOTIVAZIONE IN MERITO AL BILANCIAMENTO DELL’INTERESSE PUBBLICO E PRIVATO. Anche tenendo conto del principio del bilanciamento dell’interesse pubblico e privato, è da osservare che, nel caso di specie, il ricorrente svolge funzioni che ben possono essere svolte da altri dipendenti e, pertanto, non ricorre l’indispensabilità della persona fisica per l’efficienza del servizio.
Con atto depositato in data 7 ottobre 2009 si è costituito il Ministero dell’Interno, il quale – in medesima data – ha prodotto “controricorso” per sostenere la correttezza del proprio operato.
Con ordinanza n. 4574 del 9 ottobre 2009, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.
All’udienza pubblica del 23 aprile 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.
1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento con cui l’Amministrazione resistente non ha accolto l’istanza di congedo straordinario retribuito, dal predetto presentata per assistere la moglie, riconosciuta portatrice di grave handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992.
A tale fine il ricorrente denuncia, tra l’altro, violazione ed erronea applicazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, evidenziando che – come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 158 del 2007 - spetta “in via prioritaria” al coniuge il diritto a fruire del beneficio su indicato.
Tale censura è meritevole di condivisione.
2. Come noto, l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151/2001 prevede che:
“Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi”.
Il testo di cui sopra trae origine dalla sostituzione operata dall’art. 4 del d.lgs. 18 luglio 2011, n. 119.
La formulazione originaria era, infatti, molto diversa, atteso che riconosceva il diritto a fruire del congedo esclusivamente alla “lavoratrice madre o, in alternativa,” al lavoratore padre “o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi”.
Al riguardo, di indiscussa importanza è stato il ruolo della Corte Costituzionale, intervenuta con svariate pronunce.
Per quanto qui rileva, non può non essere posta in evidenza la sentenza dell’8 maggio 2007, n. 158, emessa, dunque, prima dell’adozione del provvedimento impugnato e richiamata con insistenza nel ricorso.
Infatti, in tale decisione il giudice delle leggi ha – in sintesi – rilevato che:
- già con sentenza n. 233 del 2005, “si è sottolineato che il congedo straordinario retribuito si iscrive negli interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie che si fanno carico dell’assistenza della persona diversamente abile, evidenziando il rapporto di stretta e diretta correlazione di detto istituto con le finalità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, ed in particolare con quelle di tutela della salute psico-fisica della persona handicappata e di promozione della sua integrazione nella famiglia”;
- “sotto altro profilo” è stata più volte evidenziata “la centralità del ruolo della famiglia nella assistenza del disabile e, in particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia” (sent. n. 350 del 2003);
- alla luce di tali premesse, risulta chiaro che la norma censurata omette di considerare “le situazioni di compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali tali da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale” “che si siano realizzate in dipendenza di eventi successivi alla nascita, ovvero in esito a malattie di natura progressiva, così realizzando un inammissibile impedimento all’effettività della assistenza e della integrazione del disabile nell’ambito di un nucleo familiare in cui ricorrono le medesime esigenze che l’istituto in questione è deputato a soddisfare”;
- tale norma esclude, infatti, dal novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito il coniuge, pur essendo questi tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte;
Ciò detto, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’art. 42, comma 5, in esame incostituzionale “nella parte in cui non prevede al primo posto il coniuge del disabile …, con questo convivente, trattandosi di una situazione che esige la medesima protezione ed il medesimo trattamento rispetto a quelli contemplati dalla norma”.
Come si è avuto modo di rilevare, il legislatore – mediante la sostituzione dell’art. 42, comma 5, con l’art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011 – ha dato piena attuazione a quanto già statuito dalla Corte Costituzione, contemplando – appunto - il coniuge convivente al “primo posto” tra i soggetti a cui è riconosciuto il diritto al congedo.
In ragione di quanto rilevato, diviene doveroso pervenire alla conclusione che l’Amministrazione – negando il congedo al ricorrente, coniuge convivente di persona disabile, in ragione della presenza di un “figlio maggiorenne convivente” – ha mal inteso le statuizioni della Corte Costituzionale - pur richiamandole – e, dunque, ha operato in violazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.
3. Tanto è sufficiente per l’accoglimento del ricorso, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi di impugnativa.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7463/2009, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio, così come liquidate in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013 con l'intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Roberto Proietti, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2013
è stata respinta l’istanza presentata per la:
“concessione di un periodo di congedo straordinario retribuito per assistenza alla coniuge riconosciuta persona disabile ex Legge 104/1992”
poiché:
“nella fattispecie in esame non risulta comprovato che il richiedente sia l’unico soggetto in grado di assistere la consorte disabile” ed, anzi, nello stesso nucleo familiare risulta presente il figlio maggiorenne convivente.
1) - il diritto al congedo straordinario spetta in via prioritaria al coniuge trova, tra l’altro, conferma nella circolare INPS n. 112 del 2007, la quale è in linea con il rilievo del giudice delle leggi secondo cui “solo il coniuge .. è tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte” (Corte Cost., 08/05/2007, n. 158).
2) - la Corte Costituzionale ha dichiarato l’art. 42, comma 5, in esame incostituzionale “nella parte in cui non prevede al primo posto il coniuge del disabile …, con questo convivente, trattandosi di una situazione che esige la medesima protezione ed il medesimo trattamento rispetto a quelli contemplati dalla norma”.
3) - Come si è avuto modo di rilevare, il legislatore – mediante la sostituzione dell’art. 42, comma 5, con l’art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011 – ha dato piena attuazione a quanto già statuito dalla Corte Costituzione, contemplando – appunto - il coniuge convivente al “primo posto” tra i soggetti a cui è riconosciuto il diritto al congedo.
4) - In ragione di quanto rilevato, diviene doveroso pervenire alla conclusione che l’Amministrazione – negando il congedo al ricorrente, coniuge convivente di persona disabile, in ragione della presenza di un “figlio maggiorenne convivente” – ha mal inteso le statuizioni della Corte Costituzionale - pur richiamandole – e, dunque, ha operato in violazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.
Ricorso ACCOLTO.
Il resto potete leggerlo completamente qui sotto.
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04/06/2013 201305552 Sentenza 1T
N. 05552/2013 REG.PROV.COLL.
N. 07463/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7463 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Elisa Fornaro e legalmente domiciliato – in carenza di elezione di domicilio nei termini di legge – presso la Segreteria di questo Tribunale in Roma, via Flaminia n. 189;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Polizia di Stato - Compartimento Polizia Stradale Lazio, in persona del Dirigente p.t.;
per l'annullamento,
previa sospensione,
del provvedimento n. OMISSIS emesso dalla Polizia di Stato, Compartimento Polizia Stradale Lazio Roma, in data 9.7.09, notificato in data 13.7.09, di rigetto dell'istanza di congedo straordinario retribuito per assistenza al coniuge disabile nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 11 settembre 2009 e depositato il successivo 22 settembre 2009, il ricorrente – assistente capo della Polizia di Stato, “in forza ed in servizio alla Sezione Polizia Stradale di OMISSIS” - impugna il provvedimento con cui, in data 9 luglio 2009, è stata respinta l’istanza dal predetto presentata per la “concessione di un periodo di congedo straordinario retribuito per assistenza alla coniuge riconosciuta persona disabile ex Legge 104/1992”, poiché “nella fattispecie in esame non risulta comprovato che il richiedente sia l’unico soggetto in grado di assistere la consorte disabile” ed, anzi, nello stesso nucleo familiare risulta presente il figlio maggiorenne convivente.
Ai fini dell’annullamento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:
- VIOLAZIONE DI LEGGE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 42, CO. 5, D.LGS. 151/2001 E DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 158/07, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di tale previsione “nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente … il diritto a fruire del congedo”. Posto che l’inciso “in via prioritaria” deve essere inteso “nel senso che, ove il disabile convive con il proprio coniuge, sarà quest’ultimo, prima di ogni altro, ad avere diritto al congedo” (fatta eccezione nel caso in cui il coniuge rinunci espressamente a godere di tale diritto), al ricorrente doveva essere concesso il beneficio richiesto, senza alcun potere discrezionale dell’Amministrazione in merito all’accoglimento dell’istanza. In definitiva, l’Amministrazione erra “quando sostiene che il ricorrente” doveva comprovare di essere l’unico soggetto in grado di assistere la consorte.
- ECCESSO DI POTERE DELL’AMMINISTRAZIONE RESISTENTE NELL’ERRATA INTERPRETAZIONE E VALUTAZIONE DELLA NORMA. La circostanza che il diritto al congedo straordinario spetta in via prioritaria al coniuge trova, tra l’altro, conferma nella circolare INPS n. 112 del 2007, la quale è in linea con il rilievo del giudice delle leggi secondo cui “solo il coniuge .. è tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte” (Corte Cost., 08/05/2007, n. 158).
- ECCESSO DI POTERE PER INGIUSTIZIA MANIFESTA RISPETTO AD ALTRE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. In adesione a tale interpretazione si pone anche la circolare del Ministero della Giustizia n. GDAP-0083564-2008 del 6 marzo 2008, la quale ha chiarito che “a seguito di tale pronuncia (Sent. Corte Costituzionale n. 158/07), il diritto al congedo spetta, prima di ogni altro legittimato, al coniuge”. Tale circolare chiarisce, ancora, che il dipendente deve essere in possesso dei requisiti previsti per il godimento dei benefici di cui all’art. 33, commi 2 e 3, L. 104/92. Posto che il ricorrente possiede entrambi i requisiti, l’Amministrazione non aveva alcuna valida giustificazione per negare il congedo richiesto.
- ECCESSO DI POTERE NELLA FORMA DELLA PERPLESSITA’, CONTRADDITTORIETA’ ED ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE NELLA SCELTA DEI CRITERI DI VALUTAZIONE OPERATA DA PARTE DELL’AMMINISTRAZIONE. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED INGIUSTIZIA MANIFESTA.
- ERRATA MOTIVAZIONE IN MERITO AL BILANCIAMENTO DELL’INTERESSE PUBBLICO E PRIVATO. Anche tenendo conto del principio del bilanciamento dell’interesse pubblico e privato, è da osservare che, nel caso di specie, il ricorrente svolge funzioni che ben possono essere svolte da altri dipendenti e, pertanto, non ricorre l’indispensabilità della persona fisica per l’efficienza del servizio.
Con atto depositato in data 7 ottobre 2009 si è costituito il Ministero dell’Interno, il quale – in medesima data – ha prodotto “controricorso” per sostenere la correttezza del proprio operato.
Con ordinanza n. 4574 del 9 ottobre 2009, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.
All’udienza pubblica del 23 aprile 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.
1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento con cui l’Amministrazione resistente non ha accolto l’istanza di congedo straordinario retribuito, dal predetto presentata per assistere la moglie, riconosciuta portatrice di grave handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992.
A tale fine il ricorrente denuncia, tra l’altro, violazione ed erronea applicazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, evidenziando che – come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 158 del 2007 - spetta “in via prioritaria” al coniuge il diritto a fruire del beneficio su indicato.
Tale censura è meritevole di condivisione.
2. Come noto, l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151/2001 prevede che:
“Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi”.
Il testo di cui sopra trae origine dalla sostituzione operata dall’art. 4 del d.lgs. 18 luglio 2011, n. 119.
La formulazione originaria era, infatti, molto diversa, atteso che riconosceva il diritto a fruire del congedo esclusivamente alla “lavoratrice madre o, in alternativa,” al lavoratore padre “o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi”.
Al riguardo, di indiscussa importanza è stato il ruolo della Corte Costituzionale, intervenuta con svariate pronunce.
Per quanto qui rileva, non può non essere posta in evidenza la sentenza dell’8 maggio 2007, n. 158, emessa, dunque, prima dell’adozione del provvedimento impugnato e richiamata con insistenza nel ricorso.
Infatti, in tale decisione il giudice delle leggi ha – in sintesi – rilevato che:
- già con sentenza n. 233 del 2005, “si è sottolineato che il congedo straordinario retribuito si iscrive negli interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie che si fanno carico dell’assistenza della persona diversamente abile, evidenziando il rapporto di stretta e diretta correlazione di detto istituto con le finalità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, ed in particolare con quelle di tutela della salute psico-fisica della persona handicappata e di promozione della sua integrazione nella famiglia”;
- “sotto altro profilo” è stata più volte evidenziata “la centralità del ruolo della famiglia nella assistenza del disabile e, in particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia” (sent. n. 350 del 2003);
- alla luce di tali premesse, risulta chiaro che la norma censurata omette di considerare “le situazioni di compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali tali da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale” “che si siano realizzate in dipendenza di eventi successivi alla nascita, ovvero in esito a malattie di natura progressiva, così realizzando un inammissibile impedimento all’effettività della assistenza e della integrazione del disabile nell’ambito di un nucleo familiare in cui ricorrono le medesime esigenze che l’istituto in questione è deputato a soddisfare”;
- tale norma esclude, infatti, dal novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito il coniuge, pur essendo questi tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte;
Ciò detto, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’art. 42, comma 5, in esame incostituzionale “nella parte in cui non prevede al primo posto il coniuge del disabile …, con questo convivente, trattandosi di una situazione che esige la medesima protezione ed il medesimo trattamento rispetto a quelli contemplati dalla norma”.
Come si è avuto modo di rilevare, il legislatore – mediante la sostituzione dell’art. 42, comma 5, con l’art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011 – ha dato piena attuazione a quanto già statuito dalla Corte Costituzione, contemplando – appunto - il coniuge convivente al “primo posto” tra i soggetti a cui è riconosciuto il diritto al congedo.
In ragione di quanto rilevato, diviene doveroso pervenire alla conclusione che l’Amministrazione – negando il congedo al ricorrente, coniuge convivente di persona disabile, in ragione della presenza di un “figlio maggiorenne convivente” – ha mal inteso le statuizioni della Corte Costituzionale - pur richiamandole – e, dunque, ha operato in violazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.
3. Tanto è sufficiente per l’accoglimento del ricorso, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi di impugnativa.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7463/2009, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio, così come liquidate in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013 con l'intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Roberto Proietti, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2013
Re: legge 104
GUAI
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FRIULI VENEZIA GIULIA SENTENZA 17 18/02/2015
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA SENTENZA 17 2015 RESPONSABILITA' 18/02/2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL
FRIULI VENEZIA GIULIA
Composta dai seguenti magistrati:
Dott. Paolo SIMEON Presidente f.f.
Dott. Giancarlo DI LECCE Consigliere
Dott. Oriella MARTORANA Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 13541 del registro di Segreteria, promosso ad istanza della Procura Regionale della Corte dei conti per la Regione Friuli Venezia Giulia nei confronti di OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS, ed elettivamente domiciliato in Trieste, alla Via OMISSIS, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;
Visti l’atto di citazione della Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale, la memoria di costituzione in giudizio del convenuto, nonché gli atti e i documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 18 dicembre 2014, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Anna De Angelis, il giudice relatore dott. Giancarlo Di Lecce nonché il Vice Procuratore Generale dott.ssa Emanuela Pesel Rigo e l’avv. OMISSIS per il convenuto;
Ritenuto in
FATTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale conveniva in giudizio il sig. OMISSIS per sentirlo condannare al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della somma di euro 82.779,66 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio. L’Organo requirente esponeva che con nota in data 6.2.2013, la Provincia di OMISSIS aveva denunciato alcune anomalie nella fruizione, da parte del sig. OMISSIS, dipendente della Provincia di OMISSIS, del congedo previsto dalla legge n. 104/1992, di cui, peraltro, era stata fatta segnalazione alla locale Stazione dei Carabinieri .
Riferiva, altresì, di aver avuto notizia, in data 14.5.2013, della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di OMISSIS nei confronti dello stesso OMISSIS per il delitto di cui all’art. 640 c.p., avendo il nominato dipendente attestato falsamente la coabitazione con la madre per poter fruire dei benefici previsti dalla legge n. 104/1992. Dagli atti del procedimento penale emergeva che il nominato dipendente aveva presentato una richiesta di congedo straordinario di due anni al fine di provvedere all’assistenza della madre, portatrice di handicap grave. Per poter beneficiare del congedo aveva attestato la coabitazione con la stessa in omissis, mentre in effetti risiedeva in omissis con la moglie e la figlia; la madre, invece, viveva nel Comune di omissis con l’altro figlio, che le prestava assistenza assieme alla moglie e a due badanti.
Sulla base degli elementi raccolti in sede penale l’Organo requirente ipotizzava, a carico del sig. OMISSIS, una condotta dolosa, diretta a beneficiare di un congedo retribuito non spettante, causativa di danno per l’ Amministrazione provinciale. In ragione di tali premesse la Procura Regionale disponeva la notifica dell’invito a dedurre ex art. 5 del D.L. n. 453/1993 al sig. OMISSIS presso la residenza dichiarata di omissis, formulando, in tale sede, una richiesta risarcitoria per complessivi euro 82.779,66 - importo dato dalla sommatoria degli emolumenti dolosamente percepiti (euro 55.186,66) e del danno da disservizio arrecato all’Amministrazione di appartenenza, quantificato nella misura del 50% del primo (euro 27.593,00).
Con atto di citazione del 10.4.2014 la Procura Regionale conveniva in giudizio il sig. OMISSIS, confermando la richiesta risarcitoria prospettata nell’invito a dedurre in relazione all’abusiva fruizione del congedo previsto dall’art. 4, co. 2 della legge n. 53/2000 e dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001. La Procura Regionale evidenziava come la ratio della norma fosse quella di garantire un’assistenza familiare al soggetto bisognoso di cure mediante il riconoscimento del diritto alla fruizione del congedo retribuito.
Ad avviso di parte attrice il sig. OMISSIS avrebbe dolosamente approfittato di tale beneficio omettendo di compiere la prestazione di assistenza in favore del familiare disabile. In ragione di tali premesse, la Procura Regionale concludeva per la condanna del convenuto al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della somma di euro 82.779,66 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
Con memoria difensiva depositata in data 27.11.2014 si costituiva in giudizio il sig. OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS. I nominati difensori eccepivano, in via preliminare, l’omessa notifica dell’invito a dedurre, sostenendo che il sig. OMISSIS non ha mai rinvenuto nella cassetta della posta l’atto che, solo apparentemente, risulterebbe notificato a mezzo posta, per compiuta giacenza. Il mancato perfezionamento della notifica, nella prospettazione difensiva, sarebbe dovuto al fatto che la Procura Regionale, nell’indicare, ai fini della notifica, l’indirizzo del destinatario, ha omesso di specificare il numero identificativo dell’interno. Tale omissione potrebbe aver determinato l’agente postale all’erroneo deposito dell’avviso di notifica nella cassetta della posta di un altro soggetto residente presso lo stesso civico. Di qui l’eccepita nullità o l’inefficacia della notifica dell’invito a dedurre, con la conseguente richiesta di una pronuncia dichiarativa della inammissibilità dell’atto di citazione.
Sempre in via preliminare la difesa del convenuto formulava istanza di sospensione del processo in attesa della definizione del giudizio penale pendente a carico del sig. OMISSIS, o quanto meno della fase di primo grado di tale giudizio, sostenendo che gli elementi addotti dalla Procura Regionale a fondamento dell’azione risarcitoria sarebbero i medesimi sulla base dei quali è stata promossa l’azione penale. Nella prospettazione difensiva la sospensione del processo consentirebbe, peraltro, di evitare una duplicazione degli incombenti necessari ai fini dell’istruzione del giudizio.
Quanto al merito, gli avv.ti OMISSIS evidenziavano come il convenuto abbia tentato di restituire alla Provincia di OMISSIS le retribuzioni percepite nel periodo di congedo, operazione che sarebbe stata possibile ove il G.I.P. avesse disposto lo svincolo delle somme sottoposte a sequestro. I nominati difensori negavano quanto asserito da parte attrice in ordine alla mancata assistenza del sig. OMISSIS in favore della madre invalida. L’impegno del convenuto, infatti, si sarebbe concretizzato nel recarsi presso l’abitazione ove la stessa era ricoverata per alcuni giorni a settimana - quando necessario in orario serale - e nell’occuparsi di tutte le questioni burocratiche che la riguardavano.
Ad avviso della stessa difesa, anche la richiesta di risarcimento del danno da disservizio, quantificato dalla Procura Regionale nella misura del 50% delle retribuzioni erogate in favore del sig. OMISSIS, non troverebbe un adeguato supporto probatorio. In ragione di tanto, la quantificazione del danno da disservizio operata dalla Procura Regionale andrebbe ritenuta del tutto arbitraria e non accoglibile.
Parimenti erronea dovrebbe ritenersi la determinazione del “quantum” del danno conseguente all’indebita percezione delle retribuzioni, posto che le somme chieste in restituzione dall’organo requirente sono state determinate al lordo delle ritenute fiscali e degli eventuali contributi previdenziali, importi mai percepiti dal sig. OMISSIS.
Lo stesso patrocinio sollecitava, infine, la chiamata in causa, iussu iudicis, del dott. OMISSIS, OMISSIS della Provincia di OMISSIS, rilevando come a quest’ultimo sia imputabile una cooperazione colposa nella causazione dell’evento. Il dott. OMISSIS, infatti, non avrebbe richiesto al sig. OMISSIS né la dichiarazione di responsabilità prevista dalla circolare n. 13/2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica, né la dichiarazione sostitutiva attestante la convivenza con il familiare disabile prevista dalla circolare del 3.2.2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica. La testimonianza resa dal OMISSIS della Provincia in sede penale, dimostrerebbe, inoltre, che il nominato dirigente non ebbe a disporre alcuna verifica in ordine alla legittima fruizione del beneficio.
Ad avviso della difesa, il dott. OMISSIS, quando nel mese di agosto del 2011 segnalò al Comando OMISSIS dei Carabinieri le anomalie riscontrate nella fruizione del congedo retribuito da parte del sig. OMISSIS, disponeva già degli elementi necessari per disporre la revoca immediata del congedo straordinario o, quanto meno, per invitare il dipendente a fornire i necessari chiarimenti.
La delineata situazione dimostrerebbe non solo la colpevole inerzia del dott. OMISSIS, ma anche la mancata osservanza delle indicazioni impartite dalla Procura Generale della Corte dei conti con la nota interpretativa del 2.8.2007, laddove si afferma che le Amministrazioni pubbliche, una volta assolto l’obbligo di denunzia, non solo hanno la facoltà di costituire in mora i responsabili del danno, ma possono assumere autonome iniziative nei confronti del dipendente per conseguire la rifusione del danno.
In definitiva, ove il dott. OMISSIS si fosse immediatamente attivato per svolgere i necessari accertamenti ovvero per far regolarizzare una situazione incompatibile con la concessione del congedo straordinario, il danno sarebbe stato di gran lunga inferiore a quello venutosi a determinare.
In ragioni di tali premesse, la difesa del convenuto concludeva, in via preliminare, per la declaratoria di inammissibilità o di nullità della citazione del sig. OMISSIS, stante la mancata notifica dell’invito a dedurre e, in subordine, per la sospensione del procedimento per il tempo necessario all’espletamento degli incombenti istruttori; sempre in via preliminare, per la sospensione del processo in attesa della definizione del giudizio penale pendente a carico del convenuto, ovvero per la chiamata in causa del dott. OMISSIS al fine di accertare il concorso o la cooperazione del medesimo nella causazione del danno e la sua ripartizione tra corresponsabili; nel merito, per la reiezione di ogni domanda in quanto infondata in fatto e in diritto; in via subordinata e salvo gravame, per la riduzione delle pretese formulate a carico del convenuto e l’accertamento del concorso o della cooperazione del dott. OMISSIS nella causazione del danno.
In via istruttoria la difesa del sig. OMISSIS dimetteva ampia documentazione e chiedeva l’ammissione di prova testimoniale in merito allo stato dei luoghi relativi all’abitazione di omissis, nonché agli orari ed alla frequenza degli accessi presso la madre ospitata nell’abitazione del fratello OMISSIS, nel Comune di omissis.
All’udienza del 18 dicembre 2014, il rappresentante del P.M. si riportava a quanto dedotto nell’atto di citazione, dimettendo la comunicazione della Provincia di OMISSIS del 17.12.2014, con l’allegato dispositivo della sentenza penale di condanna emessa a carico del sig. OMISSIS. L’avv. OMISSIS, nell’interesse del convenuto, richiamava il contenuto della memoria di costituzione in giudizio, insistendo per l’accoglimento delle richieste ivi formulate. Sulle conclusioni rassegnate dalle parti la causa veniva trattenuta in decisione.
Considerato in
DIRITTO
In via preliminare all’esame del merito, va esaminata l’eccezione di inammissibilità della domanda giudiziale formulata dal patrocinio del sig. OMISSIS sul presupposto della mancata notifica dell’invito a dedurre. A sostegno di tale eccezione la difesa ha riferito che tale atto (ovvero il relativo avviso) non è stato mai rinvenuto nella cassetta postale dell’abitazione del convenuto in omissis, per quanto risulti ivi apparentemente effettuata una notifica a mezzo del servizio postale. Nella prospettazione difensiva, la mancata notifica dell’invito a dedurre potrebbe essere dipesa dall’omessa indicazione, nell’indirizzo del destinatario, del numero identificativo dell’ interno, in aggiunta al numero civico. Tale omissione, dunque, potrebbe aver determinato l’agente postale a immettere l’avviso di notifica nella cassetta postale di un’ altra persona residente allo stesso civico. Dalla nullità o inefficacia della notifica dell’invito a dedurre discenderebbe la declaratoria di inammissibilità dell’atto di citazione.
L’eccezione è da ritenersi manifestamente infondata e come tale va respinta allo stato degli atti e senza necessità di ulteriore istruttoria, stante l’adeguatezza degli elementi di prova acquisiti agli atti di causa. Dall’esame dell’avviso di ricevimento dell’ invito a dedurre si desume, infatti, che l’ agente postale, dopo aver accertato l’ assenza del destinatario e la mancanza di persone abilitate al ritiro dello stesso, ha provveduto, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 890/1982 e successive modifiche, al deposito del plico raccomandato presso l’ufficio postale e all’ immissione dell’ apposito avviso nella cassetta postale dell’abitazione di omissis alla Località omissis.
Con il compimento di tali formalità la notifica dell’invito a dedurre deve ritenersi validamente eseguita presso la residenza del convenuto, come certificata dall’anagrafe comunale di omissis (vd. certificazione di residenza in atti). All’ attestazione dell’agente notificatore deve riconoscersi, infatti, la fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c. (Cass., Sez. Trib., ord. n. 9980/2010) e, dunque, una valenza probatoria che prevale non solo sull’ asserito mancato rinvenimento dell’avviso di ricevimento nella cassetta postale, ma anche sull’ipotesi, del tutto inverosimile e indimostrata, secondo cui il predetto avviso sarebbe stato recapitato “ad altro soggetto residente allo stesso civico”. In ragione di tali premesse va confermata la regolarità della notifica dell’invito a dedurre e respinta, conseguentemente, la domanda di inammissibilità dell’atto di citazione.
Va, altresì, rigettata l’istanza di sospensione del giudizio formulata dalla difesa del convenuto in attesa della definizione del processo penale pendente a carico del sig. OMISSIS per il reato di truffa aggravata (artt. 81, 640 co. 2, n. 1 e 61 n. 9 c.p.), in relazione ai medesimi fatti che hanno dato luogo all’odierna richiesta risarcitoria. A tal proposito giova rilevare che la sospensione del processo, con il venir meno della c.d. pregiudiziale penale e l’affermazione dell’autonomia del giudizio di responsabilità amministrativo - contabile rispetto a quello penale, non può considerarsi nè obbligatoria, né tantomeno necessaria, a meno che non sia necessario risolvere una questione di carattere pregiudiziale, come richiesto dall’art. 295 c.p.c..
Il principio della separatezza e dell’autonomia dei giudizi, tuttavia, non preclude al Giudice contabile di tener conto, ai fini del proprio convincimento, delle risultanze probatorie di un diverso processo né di acquisirle, ove ne ravvisi l’opportunità, anche al fine di evitare una duplicazione di istruttorie. Ciò premesso, nella rilevata assenza di una relazione di pregiudizialità tra il giudizio penale e quello di responsabilità amministrativa attualmente pendenti a carico del convenuto, va esclusa l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento dell’istanza di sospensione del processo formulata dalla difesa del sig. OMISSIS.
Sempre in via preliminare va respinta la domanda di integrazione del contraddittorio nei confronti del dott. OMISSIS, OMISSIS della Provincia di OMISSIS, al quale il convenuto “rimprovera” di aver omesso i controlli e le cautele che avrebbero potuto impedire o mitigare il danno erariale. In merito a tale istanza va ricordato che con l’affermazione del principio di personalità e parziarietà della responsabilità amministrativa, l’integrazione del contraddittorio, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario connotate dall’esistenza di un rapporto sostanziale unico e inscindibile comune a più soggetti, può essere disposta nei soli casi in cui sia ravvisata l’effettiva opportunità di una valutazione unitaria delle condotte che si assumono causative del danno.
Nella fattispecie in esame, non ravvisandosi una fattispecie di litisconsorzio necessario (C.d.C., Sez. I n. 283/2008; id. Sez. III n. 171/2009), deve ritenersi che il giudizio possa trovare utile svolgimento nei confronti del solo convenuto, tenuto conto, peraltro, che per pacifici orientamenti giurisprudenziali, ove più condotte abbiano concorso nel danno, il Collegio può tener conto, nella determinazione dell’addebito, anche del contributo causale di soggetti terzi non evocati in giudizio (C.d.C. Sez. III n. 244/2003; id. Sez. Veneto n. 570/2008; Sez. Sardegna n. 1834/2008). Deve infine rilevarsi che nel caso in esame, l’ ipotizzata responsabilità dolosa del convenuto, ove confermata, coprirebbe l’intero addebito, con la conseguenza che l’accertamento di eventuali concorrenti responsabilità di ulteriori soggetti chiamati a rispondere a titolo di colpa grave non produrrebbe alcun effetto riduttivo del risarcimento del danno posto a carico del responsabile a titolo principale. E tanto farebbe ritenere opinabile la stessa sussistenza di un interesse attuale e concreto alla domanda di integrazione del contraddittorio, posto che il convenuto non conseguirebbe alcuna utilità dalla condanna del soggetto che si vorrebbe evocare in giudizio (cfr. C.d.C. Sez. Sardegna n. 229/2014; id. Sez. Liguria n. 72/2014).
La documentazione acquisita agli atti del presente giudizio, costituita in larga parte dagli esiti dell’attività di indagine della polizia giudiziaria - elementi che possono formare oggetto di autonoma valutazione nell’ambito del presente giudizio (vd. Cass. n. 11426/2006 e precedenti ivi richiamati) - offre un quadro sufficiente e adeguatamente chiarificatorio della vicenda, consentendo di ritenere irrilevanti, oltre che superflue le istanze istruttorie formulate dal convenuto, che vanno pertanto disattese.
Nel merito deve rilevarsi che la Procura Regionale ha ipotizzato, a carico del convenuto, una condotta assunta in consapevole violazione della normativa che regola la fruizione del congedo previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, da cui sarebbero scaturite due voci di nocumento patrimoniale, ovvero il danno derivante dall’ erogazione di retribuzioni prive di una valida causa giustificativa e quello da “disservizio” conseguente al mancato espletamento della prestazione lavorativa.
Ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie di responsabilità all’esame, occorre fare un breve cenno alla disciplina normativa di riferimento, ricordando che l’ art. 42, co. 5. del D.Lgs. n. 151/2001, consente al coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ex art. 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di accedere al congedo previsto dall’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53. Tale beneficio, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 4 del D.Lgs. n. 119/2011, non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e consente al dipendente di percepire un’indennità commisurata all’ultima retribuzione percepita entro un tetto massimo annuale.
Per quanto concerne il novero dei soggetti aventi diritto al beneficio, va rilevato come a seguito di alcune pronunce della Corte Costituzionale l’ambito di applicazione del congedo retribuito, originariamente riconosciuto in favore del coniuge, sia stato progressivamente esteso ad altre categorie di familiari. In particolare, con la sentenza n. 19/2009 è stata dichiarata l’ illegittimità costituzionale dell’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001 nella parte in cui tale norma non includeva, nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, il figlio convivente, in mancanza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave. Nell’occasione, la Consulta, in linea di continuità con quanto affermato in alcune precedenti decisioni (sentenze n. 233/2005 e n. 158/2007), ha riconosciuto che la finalità del beneficio “consiste nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza, al fine di evitare lacune nella tutela della salute psico-fisica dello stesso”.
Alla luce del suddetto quadro normativo, non è revocabile in dubbio che la fruizione del congedo retribuito ex art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, nell’assenza del presupposto della “convivenza” con il genitore disabile sia idonea ad integrare una condotta contra legem, espressiva della strumentalizzazione di un istituto la cui funzione deve ritenersi quella di favorire, attraverso l’assistenza in ambito familiare, il miglioramento della condizione psico – fisica dei soggetti portatori di handicap in situazione di gravità accertata. In merito a tale requisito, espressamente richiesto dal citato art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, la difesa del convenuto non ha formulato specifiche osservazioni.
Con riferimento, invece, all’ attività di assistenza, presupposto che per quanto non esplicitato nella formulazione della norma è agevolmente desumibile dalle finalità di tale misura di sostegno, lo stesso patrocinio si è limitato ad osservare che il sig. OMISSIS si recava “per alcuni giorni a settimana, quando necessario, in orario serale, presso l’abitazione dove era ricoverata la madre” e si occupava “di tutte le questioni burocratiche che attenevano alla stessa” (vd. pag. 5 della memoria di costituzione in giudizio). Il riconoscimento che l’attività assistenziale è consistita, essenzialmente, nel recarsi in alcuni giorni e per poche ore a settimana, presso l’abitazione in cui madre disabile riceveva l’assistenza del fratello, della nuora e di due badanti, rende la misura di quanto la condotta dell’odierno convenuto fosse distante dalla ratio di una norma diretta ad assicurare, al familiare affetto da grave disabilità, un’ attività di assistenza continuativa, integrativa delle prestazioni rese dalle strutture sanitarie.
Giova ricordare che nell’interpretazione del Giudice delle Leggi, i congedi per l’assistenza ai familiari portatori di handicap devono ritenersi “una forma indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi, basata sulla valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente alla lettera e allo spirito della Costituzione, a partire dai principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2 e 118, quarto comma, Cost.”. In tal modo, il legislatore ha inteso “farsi carico della situazione della persona in stato di bisogno, predisponendo anche i necessari mezzi economici, attraverso il riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo congiunto, il quale ne fruirà a beneficio dell’assistito e nell’interesse generale. Il congedo straordinario è, dunque, espressione dello stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di benefici economici, tramite facilitazioni e incentivi alle manifestazioni di solidarietà fra congiunti” (Corte Cost. n. 203/2013).
La condotta illecita dell’odierno convenuto trova sicuri elementi di conferma negli elementi allegati dalla Procura Regionale a sostegno della domanda risarcitoria. In particolare, con riferimento al requisito della convivenza tra il beneficiario del congedo ed il parente affetto da handicap grave, deve rilevarsi come le risultanze del certificato di famiglia e residenza, prodotto dal OMISSIS all’Amministrazione di appartenenza per dimostrare la coabitazione con la madre disabile presso l’abitazione di omissis alla Località omissis, siano state smentite dagli esiti delle indagini svolte dalla polizia giudiziaria. Risulta, infatti, che il Comune di omissis, già con la comunicazione del 6.4.2002, ebbe a segnalare, a quello di omissis, la circostanza che il sig. OMISSIS, pur essendo iscritto presso l’anagrafe di quel Comune, risultava dimorare abitualmente, con la moglie e la figlia, in omissis (vd. comunicazione del Comune di omissis 6.4.2002 e verbali S.I.T. rese dai sigg.ri A. S. e B. A., del 7.3.2012 in atti). A ciò si aggiunga la considerazione che lo stesso sig. OMISSIS aveva indicato all’Amministrazione di appartenenza, quale domicilio per le eventuali visite fiscali, l’abitazione ubicata in omissis alla Via omissis.
Per quanto concerne, invece, la residenza dalla sig.ra OMISSIS, madre del sig. OMISSIS, gli scrupolosi accertamenti compiuti dalla polizia giudiziaria offrono elementi di prova atti a dimostrare che la stessa dimorava presso l’abitazione dell’altro figlio (OMISSIS), ubicata nel Comune omissis. La predetta circostanza trova conferma nelle dichiarazioni rese dal dott. , medico di base che ha avuto in cura la sig.ra , come risulta dal verbale di sommarie informazioni del 12.3.2012. Nell’occasione il medico curante ha riferito che la paziente era domiciliata a omissis ed assistita dal figlio convivente OMISSIS, unitamente alla moglie e a due badanti. Richiesto di precisare se c’erano stati contatti con il sig. OMISSIS, il dott. ha riferito che negli ultimi tre anni l’unica occasione di incontro con il figlio della sig.ra risaliva al mese di gennaio 2012, quando il nominato chiese il rilascio del certificato medico necessario per ottenere l’ autorizzazione al parcheggio per le persone disabili.
Ulteriori conferme in ordine al carattere fittizio della situazione di convivenza con la madre, si evincono dalla documentazione sanitaria dell’A.S.S. n. OMISSIS nonché dalle dichiarazioni rese dalle assistenti infermieristiche, le quali hanno riferito di non aver mai incontrato, negli accessi effettuati una o più volte a settimana presso il domicilio della sig.ra , in omissis, persone diverse dalla nuora, con i suoi due figli, e dalle badanti che si occupavano dell’anziana signora (vd. dichiarazioni rese nei verbali di sommarie informazioni del 25.2.2013, in atti).
Le predette circostanze appaiono idonee a far escludere che vi sia stata un’effettiva convivenza tra il sig. OMISSIS e la madre affetta da grave disabilità, e nel contempo, provano che ad occuparsi in modo continuativo del genitore disabile non era il beneficiario del congedo retribuito, bensì il fratello OMISSIS, residente in omissis, il quale si avvaleva, a tal fine, dell’aiuto della moglie e di due badanti, oltre che delle prestazioni del locale servizio di assistenza pubblica.
Il grave disvalore della condotta del convenuto non trova elementi di giustificazione nelle eventuali e, comunque, indimostrate omissioni riferibili al dott. . il quale, all’epoca dei fatti, ricopriva la posizione di OMISSIS della Provincia di OMISSIS. Si ritiene, infatti, che in presenza di una condotta dolosa, resa evidente dalla produzione, da parte del sig. OMISSIS, di un certificato che rappresentava una situazione di convivenza con la madre disabile in realtà non sussistente, non assuma alcun significativo rilievo la circostanza che al nominato dipendente non fu chiesto di sottoscrivere la dichiarazione di responsabilità e consapevolezza prevista dalla circolare n. 13 del 6.12.2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Allo stesso modo non si vede quale incidenza possa riconoscersi alle direttive impartite dal Dipartimento della Funzione Pubblica con la circolare del 3.2.2012 - adottata in un momento successivo alla concessione del congedo straordinario - con riferimento all’onere di produrre una dichiarazione sostitutiva di notorietà attestante la “concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza”. Per contro, giova rilevare che proprio il dott. . curò la tempestiva segnalazione, al Comando OMISSIS dei Carabinieri, delle rilevate anomalie circa i luoghi di residenza del sig. OMISSIS e della madre disabile (vd. nota del 16.8.2011) ed a richiedere, successivamente, notizie utili ai fini dell’attivazione del procedimento disciplinare e della denuncia di danno erariale (vd. nota del 21.9.2012). Non è superfluo aggiungere che fu lo stesso dott. ., a seguito dell’acquisizione degli elementi necessari per delineare, in modo specifico e concreto, la condotta illecita del dipendente, ad assumere le iniziative che hanno dato luogo all’odierna contestazione di danno erariale.
Quanto all’elemento soggettivo, i fatti accertati denotano la volontà del sig. OMISSIS di conseguire il beneficio previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs n. 151/2001, pur in mancanza della convivenza con la madre e della prestazione di un’effettiva attività di assistenza in favore della stessa, e dunque dei presupposti richiesti ai fini della concessione del congedo retribuito. Non è revocabile in dubbio, per quanto innanzi evidenziato, che l’odierno convenuto, mediante la presentazione di un certificato di stato di famiglia e residenza attestante la sua residenza in omissis unitamente a quella della sig.ra OMISSIS, abbia voluto precostituire una situazione di apparente convivenza, diretta all’indebita fruizione del congedo retribuito previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001. Nella condotta del convenuto, connotata dalla consapevole volontà di conseguire un ingiusto beneficio economico in danno dell’Amministrazione di appartenenza, è ravvisabile, dunque, l’elemento soggettivo del dolo.
Va pure incidentalmente rilevato come nel parallelo giudizio penale, i medesimi fatti materiali siano stati ritenuti idonei ad integrare il reato di truffa aggravata, determinando la condanna del sig. OMISSIS, in primo grado, alla pena di anni 1 e mesi 9 di reclusione, oltre al pagamento di euro 1.250,00 di multa, alla confisca di quanto sottoposto a sequestro preventivo ed alla rifusione, in favore della parte civile, dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all’illecito (vd. dispositivo di sentenza del Tribunale di OMISSIS del 2.12.2014, prodotto dal P.M. contabile all’udienza del 18.12.2014).
Ravvisata, dunque, la sussistenza di una fattispecie di responsabilità amministrativa ascrivibile alla condotta dolosa del sig. OMISSIS, il danno conseguente all’indebita fruizione del congedo straordinario va quantificato nella misura equivalente alle retribuzioni erogate nel periodo 1.7.2011 – 28.2.2013, per complessivi euro 55.186,66 , secondo quanto emerge dalle risultanze, non contestate, della documentazione acquisita agli atti di causa (vd. richiesta di rinvio a giudizio; atto di costituzione di parte civile nel giudizio penale della Provincia di OMISSIS).
La quantificazione del danno risulta correttamente effettuata dalla Procura Regionale con riferimento agli importi delle retribuzioni erogate in favore dell’ odierno convenuto al lordo degli oneri riflessi. A far escludere l’ applicazione dell’art. 1, co. 1 bis, della legge n. 20/1994 (norma che impone di tener conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione in relazione al comportamento dannoso degli amministratori o dipendenti pubblici) è la mancanza di un collegamento causale tra i (presunti) vantaggi conseguiti dall’Amministrazione o dalla comunità amministrata e la condotta antigiuridica del responsabile del danno (principio della compensatio lucri cum damno). Ed invero, l’ipotetico “vantaggio” derivante dal versamento degli oneri fiscali deve ritenersi strettamente correlato all’adempimento di un’ obbligazione legale gravante l’Ente quale di sostituto d’imposta; diversamente, il “danno” arrecato all’Amministrazione di appartenenza trova la propria origine dall’aver richiesto e conseguito, con dolo, il congedo retribuito per l’assistenza al genitore gravemente disabile pur nell’assenza dei presupposti richiesti per accedere a tale beneficio.
In definitiva, non potendosi riferire il fatto produttivo del danno e quello determinativo della presunta utilitas ad un’unica causa, né venendo in evidenza un effettivo vantaggio per l’Amministrazione o la comunità amministrata riconducibile all’azione illecita del convenuto, la quantificazione di tale pregiudizio va effettuata in misura corrispondente al complessivo esborso sostenuto dall’Ente, al lordo degli oneri fiscali (cfr. C.d.C., Sez. Lombardia n. 89/2013; id. Sez. II n. 400/2010; id. Sez. Emilia Romagna n. 2032/2010; id. Sez. I n. 187/2005; id. Sez. Calabria n. 273/2004; id. Sez. III n. 183/2005; id. Sez. Lazio n. 411/2005). Per quanto concerne i “contributi previdenziali” va osservato che i versamenti effettuati a tal fine dal datore di lavoro concorrono ad incrementare il montante contributivo sul quale viene calcolata la pensione del dipendente; quest’ultimo, in definitiva, ne diventa esclusivo beneficiario. Allo stato, dunque, anche l’esborso relativo ai contributi previdenziali costituisce una voce di danno per l’Amministrazione provinciale.
Un ulteriore profilo di indagine riguarda l’esistenza e la riferibilità al sig. OMISSIS del c.d. danno da disservizio. In proposito va osservato che la giurisprudenza della Corte dei conti descrive, con tale espressione, il nocumento patrimoniale riconducibile a più tipologie di condotte illecite, accumunate dall’essere causative di un depotenziamento dell’attività amministrativa e dei suoi risultati (C.d.C., Sez. I n. 253/2014; id. Sez. Lazio n. 214/2012; Sez. II n. 443/2011; id. Sez. Piemonte n. 52/2011; id. Sez. I n. 103/2010; id. Sez. Basilicata n. 83/2006; id. Sez. Veneto n. 866/2005; id. Sez. Umbria n. 346/2005; id. Sez. Emilia Romagna n. 2269/2004).
In particolare, nei casi di esercizio illecito di pubbliche funzioni o di omessa prestazione di attività lavorativa, tale danno viene ravvisato nella minore efficacia, efficienza ed economicità dei servizi ipotizzati come normalmente ritraibili sulla base delle risorse investite. Non è infrequente che il nocumento per l’Erario sia individuato nei costi sostenuti dall’Amministrazione per accertare le conseguenze della mancata prestazione del servizio, sostituire le risorse mancanti e ripristinare le condizioni di efficienza dell’azione amministrativa. Costituisce, altresì, un punto fermo nella giurisprudenza di questa Corte, che l’illecito derivante dallo sviamento o dalla mancata resa dell’attività lavorativa deve essere provato sulla base di elementi idonei a dimostrare le conseguenze pregiudizievoli per l’ organizzazione interna della P.A. e le ripercussioni negative sull’azione amministrativa.
Ciò premesso, reputa il Collegio che la mancata attività lavorativa del sig. OMISSIS abbia comportato indubbie conseguenze pregiudizievoli sulla funzionalità del settore amministrativo cui il nominato dipendente era assegnato, determinando un aggravio dei carichi di lavori dei funzionari in servizio e la necessità di impiegare altro personale per far fronte alla situazione di deficit organizzativo. Risulta, infatti, documentalmente provato che a seguito della concessione del congedo straordinario, l’intero carico di lavoro dell’ufficio in cui operava l’odierno convenuto si riversò sulla geom. OMISSIS (vd. nota del Dirigente del Settore OMISSIS della Provincia di OMISSIS del 27.3.2012).
E’ altresì dimostrato che per far fronte a tale situazione emergenziale il Dirigente dell’ufficio dispose che le attività di sopralluogo fossero svolte dalla geom. OMISSIS con l’ausilio dei capi cantonieri, i quali vennero distolti dall’ attività di sfalcio dell’erba lungo le strade provinciali. Le ripercussioni dell’assenza del sig. OMISSIS sulla funzionalità dell’ufficio indussero lo stesso Dirigente dapprima a richiedere (nota del 27.3.2012) e poi a sollecitare (nota del 29.6.2012) l’ assegnazione di un’unità aggiuntiva in supporto alla geom. OMISSIS.
I contenuti di tale corrispondenza descrivono, in modo inequivocabile, le difficoltà affrontate dall’Amministrazione per far fronte all’assenza dal servizio del dipendente ed offrono la prova del postulato danno da disservizio, che si assomma a quello patrimoniale in senso stretto. Per quanto attiene alla quantificazione di tale nocumento, si rende necessario il ricorso al criterio equitativo previsto dall’art. 1226 c.c., considerata l’impossibilità di determinare le conseguenze dannose dell’illecito sia nell’ambito dell’organizzazione interna che nei confronti della collettività amministrata (C.d.C., Sez. II n. 38/2014; id. Sez. III n. 501/2007 e n. 7779/2010). Tenuto conto del periodo di mancata prestazione dell’attività lavorativa, nonché degli elementi desumibili dalla documentazione sopra richiamata, si ritiene equa la quantificazione di tale voce di danno nella misura pari al 30% del trattamento economico fruito a titolo di congedo retribuito, e dunque nell’importo di euro 16.555,99 già comprensivo di rivalutazione monetaria.
Conclusivamente, nella ravvisata sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, va disposta la condanna del sig. OMISSIS al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della complessiva somma di euro 71.742,65. In aggiunta alla sorte capitale è dovuta la rivalutazione monetaria, da calcolarsi unicamente sull’ importo di euro 55.186,66 (quello di euro 16.555,99 è già comprensivo di rivalutazione monetaria) sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, dalle date degli esborsi sostenuti dalla Provincia di OMISSIS alla pubblicazione della sentenza. Sul cumulo di sorte capitale e rivalutazione monetaria sono dovuti gli interessi legali nella misura del saggio legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di effettivo pagamento. L’oggettiva gravità dell’illecito e le sue connotazioni dolose fanno escludere l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura determinata in dispositivo.
Per mero tuziorismo si rileva che in sede di esecuzione della presente decisione potrà tenersi conto delle somme che hanno formato oggetto di sequestro in sede penale, solo ove le stesse risultino effettivamente accreditate in favore della Provincia di OMISSIS.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per il Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando, ogni contraria eccezione, deduzione e conclusione reietta, condanna il sig. OMISSIS al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della complessiva somma di euro 71.742,65 (settantunomilasettecentoquarantadue/65), oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali nei termini di cui in motivazione. Condanna, altresì, il convenuto al pagamento delle spese di giudizio, che liquida nell’importo di euro 312,59 (trecentododici/59).
Manda alla Segreteria della Sezione per i conseguenti adempimenti.
Così deciso in Trieste nella Camera di Consiglio del 18 dicembre 2014.
L’Estensore Il Presidente f.f.
Giancarlo DI LECCE Paolo SIMEON
(firmato) (firmato)
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, ha disposto che a cura della Segreteria venga apposta, sull’originale della presente decisione, in caso di riproduzione della stessa in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti ivi nominati.
Il Presidente f.f.
f.to Paolo Simeon
Depositato in Segreteria il 18/02/2015.
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FRIULI VENEZIA GIULIA SENTENZA 17 18/02/2015
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA SENTENZA 17 2015 RESPONSABILITA' 18/02/2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL
FRIULI VENEZIA GIULIA
Composta dai seguenti magistrati:
Dott. Paolo SIMEON Presidente f.f.
Dott. Giancarlo DI LECCE Consigliere
Dott. Oriella MARTORANA Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 13541 del registro di Segreteria, promosso ad istanza della Procura Regionale della Corte dei conti per la Regione Friuli Venezia Giulia nei confronti di OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS, ed elettivamente domiciliato in Trieste, alla Via OMISSIS, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;
Visti l’atto di citazione della Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale, la memoria di costituzione in giudizio del convenuto, nonché gli atti e i documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 18 dicembre 2014, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Anna De Angelis, il giudice relatore dott. Giancarlo Di Lecce nonché il Vice Procuratore Generale dott.ssa Emanuela Pesel Rigo e l’avv. OMISSIS per il convenuto;
Ritenuto in
FATTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale conveniva in giudizio il sig. OMISSIS per sentirlo condannare al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della somma di euro 82.779,66 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio. L’Organo requirente esponeva che con nota in data 6.2.2013, la Provincia di OMISSIS aveva denunciato alcune anomalie nella fruizione, da parte del sig. OMISSIS, dipendente della Provincia di OMISSIS, del congedo previsto dalla legge n. 104/1992, di cui, peraltro, era stata fatta segnalazione alla locale Stazione dei Carabinieri .
Riferiva, altresì, di aver avuto notizia, in data 14.5.2013, della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di OMISSIS nei confronti dello stesso OMISSIS per il delitto di cui all’art. 640 c.p., avendo il nominato dipendente attestato falsamente la coabitazione con la madre per poter fruire dei benefici previsti dalla legge n. 104/1992. Dagli atti del procedimento penale emergeva che il nominato dipendente aveva presentato una richiesta di congedo straordinario di due anni al fine di provvedere all’assistenza della madre, portatrice di handicap grave. Per poter beneficiare del congedo aveva attestato la coabitazione con la stessa in omissis, mentre in effetti risiedeva in omissis con la moglie e la figlia; la madre, invece, viveva nel Comune di omissis con l’altro figlio, che le prestava assistenza assieme alla moglie e a due badanti.
Sulla base degli elementi raccolti in sede penale l’Organo requirente ipotizzava, a carico del sig. OMISSIS, una condotta dolosa, diretta a beneficiare di un congedo retribuito non spettante, causativa di danno per l’ Amministrazione provinciale. In ragione di tali premesse la Procura Regionale disponeva la notifica dell’invito a dedurre ex art. 5 del D.L. n. 453/1993 al sig. OMISSIS presso la residenza dichiarata di omissis, formulando, in tale sede, una richiesta risarcitoria per complessivi euro 82.779,66 - importo dato dalla sommatoria degli emolumenti dolosamente percepiti (euro 55.186,66) e del danno da disservizio arrecato all’Amministrazione di appartenenza, quantificato nella misura del 50% del primo (euro 27.593,00).
Con atto di citazione del 10.4.2014 la Procura Regionale conveniva in giudizio il sig. OMISSIS, confermando la richiesta risarcitoria prospettata nell’invito a dedurre in relazione all’abusiva fruizione del congedo previsto dall’art. 4, co. 2 della legge n. 53/2000 e dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001. La Procura Regionale evidenziava come la ratio della norma fosse quella di garantire un’assistenza familiare al soggetto bisognoso di cure mediante il riconoscimento del diritto alla fruizione del congedo retribuito.
Ad avviso di parte attrice il sig. OMISSIS avrebbe dolosamente approfittato di tale beneficio omettendo di compiere la prestazione di assistenza in favore del familiare disabile. In ragione di tali premesse, la Procura Regionale concludeva per la condanna del convenuto al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della somma di euro 82.779,66 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
Con memoria difensiva depositata in data 27.11.2014 si costituiva in giudizio il sig. OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS. I nominati difensori eccepivano, in via preliminare, l’omessa notifica dell’invito a dedurre, sostenendo che il sig. OMISSIS non ha mai rinvenuto nella cassetta della posta l’atto che, solo apparentemente, risulterebbe notificato a mezzo posta, per compiuta giacenza. Il mancato perfezionamento della notifica, nella prospettazione difensiva, sarebbe dovuto al fatto che la Procura Regionale, nell’indicare, ai fini della notifica, l’indirizzo del destinatario, ha omesso di specificare il numero identificativo dell’interno. Tale omissione potrebbe aver determinato l’agente postale all’erroneo deposito dell’avviso di notifica nella cassetta della posta di un altro soggetto residente presso lo stesso civico. Di qui l’eccepita nullità o l’inefficacia della notifica dell’invito a dedurre, con la conseguente richiesta di una pronuncia dichiarativa della inammissibilità dell’atto di citazione.
Sempre in via preliminare la difesa del convenuto formulava istanza di sospensione del processo in attesa della definizione del giudizio penale pendente a carico del sig. OMISSIS, o quanto meno della fase di primo grado di tale giudizio, sostenendo che gli elementi addotti dalla Procura Regionale a fondamento dell’azione risarcitoria sarebbero i medesimi sulla base dei quali è stata promossa l’azione penale. Nella prospettazione difensiva la sospensione del processo consentirebbe, peraltro, di evitare una duplicazione degli incombenti necessari ai fini dell’istruzione del giudizio.
Quanto al merito, gli avv.ti OMISSIS evidenziavano come il convenuto abbia tentato di restituire alla Provincia di OMISSIS le retribuzioni percepite nel periodo di congedo, operazione che sarebbe stata possibile ove il G.I.P. avesse disposto lo svincolo delle somme sottoposte a sequestro. I nominati difensori negavano quanto asserito da parte attrice in ordine alla mancata assistenza del sig. OMISSIS in favore della madre invalida. L’impegno del convenuto, infatti, si sarebbe concretizzato nel recarsi presso l’abitazione ove la stessa era ricoverata per alcuni giorni a settimana - quando necessario in orario serale - e nell’occuparsi di tutte le questioni burocratiche che la riguardavano.
Ad avviso della stessa difesa, anche la richiesta di risarcimento del danno da disservizio, quantificato dalla Procura Regionale nella misura del 50% delle retribuzioni erogate in favore del sig. OMISSIS, non troverebbe un adeguato supporto probatorio. In ragione di tanto, la quantificazione del danno da disservizio operata dalla Procura Regionale andrebbe ritenuta del tutto arbitraria e non accoglibile.
Parimenti erronea dovrebbe ritenersi la determinazione del “quantum” del danno conseguente all’indebita percezione delle retribuzioni, posto che le somme chieste in restituzione dall’organo requirente sono state determinate al lordo delle ritenute fiscali e degli eventuali contributi previdenziali, importi mai percepiti dal sig. OMISSIS.
Lo stesso patrocinio sollecitava, infine, la chiamata in causa, iussu iudicis, del dott. OMISSIS, OMISSIS della Provincia di OMISSIS, rilevando come a quest’ultimo sia imputabile una cooperazione colposa nella causazione dell’evento. Il dott. OMISSIS, infatti, non avrebbe richiesto al sig. OMISSIS né la dichiarazione di responsabilità prevista dalla circolare n. 13/2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica, né la dichiarazione sostitutiva attestante la convivenza con il familiare disabile prevista dalla circolare del 3.2.2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica. La testimonianza resa dal OMISSIS della Provincia in sede penale, dimostrerebbe, inoltre, che il nominato dirigente non ebbe a disporre alcuna verifica in ordine alla legittima fruizione del beneficio.
Ad avviso della difesa, il dott. OMISSIS, quando nel mese di agosto del 2011 segnalò al Comando OMISSIS dei Carabinieri le anomalie riscontrate nella fruizione del congedo retribuito da parte del sig. OMISSIS, disponeva già degli elementi necessari per disporre la revoca immediata del congedo straordinario o, quanto meno, per invitare il dipendente a fornire i necessari chiarimenti.
La delineata situazione dimostrerebbe non solo la colpevole inerzia del dott. OMISSIS, ma anche la mancata osservanza delle indicazioni impartite dalla Procura Generale della Corte dei conti con la nota interpretativa del 2.8.2007, laddove si afferma che le Amministrazioni pubbliche, una volta assolto l’obbligo di denunzia, non solo hanno la facoltà di costituire in mora i responsabili del danno, ma possono assumere autonome iniziative nei confronti del dipendente per conseguire la rifusione del danno.
In definitiva, ove il dott. OMISSIS si fosse immediatamente attivato per svolgere i necessari accertamenti ovvero per far regolarizzare una situazione incompatibile con la concessione del congedo straordinario, il danno sarebbe stato di gran lunga inferiore a quello venutosi a determinare.
In ragioni di tali premesse, la difesa del convenuto concludeva, in via preliminare, per la declaratoria di inammissibilità o di nullità della citazione del sig. OMISSIS, stante la mancata notifica dell’invito a dedurre e, in subordine, per la sospensione del procedimento per il tempo necessario all’espletamento degli incombenti istruttori; sempre in via preliminare, per la sospensione del processo in attesa della definizione del giudizio penale pendente a carico del convenuto, ovvero per la chiamata in causa del dott. OMISSIS al fine di accertare il concorso o la cooperazione del medesimo nella causazione del danno e la sua ripartizione tra corresponsabili; nel merito, per la reiezione di ogni domanda in quanto infondata in fatto e in diritto; in via subordinata e salvo gravame, per la riduzione delle pretese formulate a carico del convenuto e l’accertamento del concorso o della cooperazione del dott. OMISSIS nella causazione del danno.
In via istruttoria la difesa del sig. OMISSIS dimetteva ampia documentazione e chiedeva l’ammissione di prova testimoniale in merito allo stato dei luoghi relativi all’abitazione di omissis, nonché agli orari ed alla frequenza degli accessi presso la madre ospitata nell’abitazione del fratello OMISSIS, nel Comune di omissis.
All’udienza del 18 dicembre 2014, il rappresentante del P.M. si riportava a quanto dedotto nell’atto di citazione, dimettendo la comunicazione della Provincia di OMISSIS del 17.12.2014, con l’allegato dispositivo della sentenza penale di condanna emessa a carico del sig. OMISSIS. L’avv. OMISSIS, nell’interesse del convenuto, richiamava il contenuto della memoria di costituzione in giudizio, insistendo per l’accoglimento delle richieste ivi formulate. Sulle conclusioni rassegnate dalle parti la causa veniva trattenuta in decisione.
Considerato in
DIRITTO
In via preliminare all’esame del merito, va esaminata l’eccezione di inammissibilità della domanda giudiziale formulata dal patrocinio del sig. OMISSIS sul presupposto della mancata notifica dell’invito a dedurre. A sostegno di tale eccezione la difesa ha riferito che tale atto (ovvero il relativo avviso) non è stato mai rinvenuto nella cassetta postale dell’abitazione del convenuto in omissis, per quanto risulti ivi apparentemente effettuata una notifica a mezzo del servizio postale. Nella prospettazione difensiva, la mancata notifica dell’invito a dedurre potrebbe essere dipesa dall’omessa indicazione, nell’indirizzo del destinatario, del numero identificativo dell’ interno, in aggiunta al numero civico. Tale omissione, dunque, potrebbe aver determinato l’agente postale a immettere l’avviso di notifica nella cassetta postale di un’ altra persona residente allo stesso civico. Dalla nullità o inefficacia della notifica dell’invito a dedurre discenderebbe la declaratoria di inammissibilità dell’atto di citazione.
L’eccezione è da ritenersi manifestamente infondata e come tale va respinta allo stato degli atti e senza necessità di ulteriore istruttoria, stante l’adeguatezza degli elementi di prova acquisiti agli atti di causa. Dall’esame dell’avviso di ricevimento dell’ invito a dedurre si desume, infatti, che l’ agente postale, dopo aver accertato l’ assenza del destinatario e la mancanza di persone abilitate al ritiro dello stesso, ha provveduto, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 890/1982 e successive modifiche, al deposito del plico raccomandato presso l’ufficio postale e all’ immissione dell’ apposito avviso nella cassetta postale dell’abitazione di omissis alla Località omissis.
Con il compimento di tali formalità la notifica dell’invito a dedurre deve ritenersi validamente eseguita presso la residenza del convenuto, come certificata dall’anagrafe comunale di omissis (vd. certificazione di residenza in atti). All’ attestazione dell’agente notificatore deve riconoscersi, infatti, la fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c. (Cass., Sez. Trib., ord. n. 9980/2010) e, dunque, una valenza probatoria che prevale non solo sull’ asserito mancato rinvenimento dell’avviso di ricevimento nella cassetta postale, ma anche sull’ipotesi, del tutto inverosimile e indimostrata, secondo cui il predetto avviso sarebbe stato recapitato “ad altro soggetto residente allo stesso civico”. In ragione di tali premesse va confermata la regolarità della notifica dell’invito a dedurre e respinta, conseguentemente, la domanda di inammissibilità dell’atto di citazione.
Va, altresì, rigettata l’istanza di sospensione del giudizio formulata dalla difesa del convenuto in attesa della definizione del processo penale pendente a carico del sig. OMISSIS per il reato di truffa aggravata (artt. 81, 640 co. 2, n. 1 e 61 n. 9 c.p.), in relazione ai medesimi fatti che hanno dato luogo all’odierna richiesta risarcitoria. A tal proposito giova rilevare che la sospensione del processo, con il venir meno della c.d. pregiudiziale penale e l’affermazione dell’autonomia del giudizio di responsabilità amministrativo - contabile rispetto a quello penale, non può considerarsi nè obbligatoria, né tantomeno necessaria, a meno che non sia necessario risolvere una questione di carattere pregiudiziale, come richiesto dall’art. 295 c.p.c..
Il principio della separatezza e dell’autonomia dei giudizi, tuttavia, non preclude al Giudice contabile di tener conto, ai fini del proprio convincimento, delle risultanze probatorie di un diverso processo né di acquisirle, ove ne ravvisi l’opportunità, anche al fine di evitare una duplicazione di istruttorie. Ciò premesso, nella rilevata assenza di una relazione di pregiudizialità tra il giudizio penale e quello di responsabilità amministrativa attualmente pendenti a carico del convenuto, va esclusa l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento dell’istanza di sospensione del processo formulata dalla difesa del sig. OMISSIS.
Sempre in via preliminare va respinta la domanda di integrazione del contraddittorio nei confronti del dott. OMISSIS, OMISSIS della Provincia di OMISSIS, al quale il convenuto “rimprovera” di aver omesso i controlli e le cautele che avrebbero potuto impedire o mitigare il danno erariale. In merito a tale istanza va ricordato che con l’affermazione del principio di personalità e parziarietà della responsabilità amministrativa, l’integrazione del contraddittorio, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario connotate dall’esistenza di un rapporto sostanziale unico e inscindibile comune a più soggetti, può essere disposta nei soli casi in cui sia ravvisata l’effettiva opportunità di una valutazione unitaria delle condotte che si assumono causative del danno.
Nella fattispecie in esame, non ravvisandosi una fattispecie di litisconsorzio necessario (C.d.C., Sez. I n. 283/2008; id. Sez. III n. 171/2009), deve ritenersi che il giudizio possa trovare utile svolgimento nei confronti del solo convenuto, tenuto conto, peraltro, che per pacifici orientamenti giurisprudenziali, ove più condotte abbiano concorso nel danno, il Collegio può tener conto, nella determinazione dell’addebito, anche del contributo causale di soggetti terzi non evocati in giudizio (C.d.C. Sez. III n. 244/2003; id. Sez. Veneto n. 570/2008; Sez. Sardegna n. 1834/2008). Deve infine rilevarsi che nel caso in esame, l’ ipotizzata responsabilità dolosa del convenuto, ove confermata, coprirebbe l’intero addebito, con la conseguenza che l’accertamento di eventuali concorrenti responsabilità di ulteriori soggetti chiamati a rispondere a titolo di colpa grave non produrrebbe alcun effetto riduttivo del risarcimento del danno posto a carico del responsabile a titolo principale. E tanto farebbe ritenere opinabile la stessa sussistenza di un interesse attuale e concreto alla domanda di integrazione del contraddittorio, posto che il convenuto non conseguirebbe alcuna utilità dalla condanna del soggetto che si vorrebbe evocare in giudizio (cfr. C.d.C. Sez. Sardegna n. 229/2014; id. Sez. Liguria n. 72/2014).
La documentazione acquisita agli atti del presente giudizio, costituita in larga parte dagli esiti dell’attività di indagine della polizia giudiziaria - elementi che possono formare oggetto di autonoma valutazione nell’ambito del presente giudizio (vd. Cass. n. 11426/2006 e precedenti ivi richiamati) - offre un quadro sufficiente e adeguatamente chiarificatorio della vicenda, consentendo di ritenere irrilevanti, oltre che superflue le istanze istruttorie formulate dal convenuto, che vanno pertanto disattese.
Nel merito deve rilevarsi che la Procura Regionale ha ipotizzato, a carico del convenuto, una condotta assunta in consapevole violazione della normativa che regola la fruizione del congedo previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, da cui sarebbero scaturite due voci di nocumento patrimoniale, ovvero il danno derivante dall’ erogazione di retribuzioni prive di una valida causa giustificativa e quello da “disservizio” conseguente al mancato espletamento della prestazione lavorativa.
Ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie di responsabilità all’esame, occorre fare un breve cenno alla disciplina normativa di riferimento, ricordando che l’ art. 42, co. 5. del D.Lgs. n. 151/2001, consente al coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ex art. 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di accedere al congedo previsto dall’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53. Tale beneficio, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 4 del D.Lgs. n. 119/2011, non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e consente al dipendente di percepire un’indennità commisurata all’ultima retribuzione percepita entro un tetto massimo annuale.
Per quanto concerne il novero dei soggetti aventi diritto al beneficio, va rilevato come a seguito di alcune pronunce della Corte Costituzionale l’ambito di applicazione del congedo retribuito, originariamente riconosciuto in favore del coniuge, sia stato progressivamente esteso ad altre categorie di familiari. In particolare, con la sentenza n. 19/2009 è stata dichiarata l’ illegittimità costituzionale dell’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001 nella parte in cui tale norma non includeva, nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, il figlio convivente, in mancanza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave. Nell’occasione, la Consulta, in linea di continuità con quanto affermato in alcune precedenti decisioni (sentenze n. 233/2005 e n. 158/2007), ha riconosciuto che la finalità del beneficio “consiste nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza, al fine di evitare lacune nella tutela della salute psico-fisica dello stesso”.
Alla luce del suddetto quadro normativo, non è revocabile in dubbio che la fruizione del congedo retribuito ex art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, nell’assenza del presupposto della “convivenza” con il genitore disabile sia idonea ad integrare una condotta contra legem, espressiva della strumentalizzazione di un istituto la cui funzione deve ritenersi quella di favorire, attraverso l’assistenza in ambito familiare, il miglioramento della condizione psico – fisica dei soggetti portatori di handicap in situazione di gravità accertata. In merito a tale requisito, espressamente richiesto dal citato art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, la difesa del convenuto non ha formulato specifiche osservazioni.
Con riferimento, invece, all’ attività di assistenza, presupposto che per quanto non esplicitato nella formulazione della norma è agevolmente desumibile dalle finalità di tale misura di sostegno, lo stesso patrocinio si è limitato ad osservare che il sig. OMISSIS si recava “per alcuni giorni a settimana, quando necessario, in orario serale, presso l’abitazione dove era ricoverata la madre” e si occupava “di tutte le questioni burocratiche che attenevano alla stessa” (vd. pag. 5 della memoria di costituzione in giudizio). Il riconoscimento che l’attività assistenziale è consistita, essenzialmente, nel recarsi in alcuni giorni e per poche ore a settimana, presso l’abitazione in cui madre disabile riceveva l’assistenza del fratello, della nuora e di due badanti, rende la misura di quanto la condotta dell’odierno convenuto fosse distante dalla ratio di una norma diretta ad assicurare, al familiare affetto da grave disabilità, un’ attività di assistenza continuativa, integrativa delle prestazioni rese dalle strutture sanitarie.
Giova ricordare che nell’interpretazione del Giudice delle Leggi, i congedi per l’assistenza ai familiari portatori di handicap devono ritenersi “una forma indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi, basata sulla valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente alla lettera e allo spirito della Costituzione, a partire dai principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2 e 118, quarto comma, Cost.”. In tal modo, il legislatore ha inteso “farsi carico della situazione della persona in stato di bisogno, predisponendo anche i necessari mezzi economici, attraverso il riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo congiunto, il quale ne fruirà a beneficio dell’assistito e nell’interesse generale. Il congedo straordinario è, dunque, espressione dello stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di benefici economici, tramite facilitazioni e incentivi alle manifestazioni di solidarietà fra congiunti” (Corte Cost. n. 203/2013).
La condotta illecita dell’odierno convenuto trova sicuri elementi di conferma negli elementi allegati dalla Procura Regionale a sostegno della domanda risarcitoria. In particolare, con riferimento al requisito della convivenza tra il beneficiario del congedo ed il parente affetto da handicap grave, deve rilevarsi come le risultanze del certificato di famiglia e residenza, prodotto dal OMISSIS all’Amministrazione di appartenenza per dimostrare la coabitazione con la madre disabile presso l’abitazione di omissis alla Località omissis, siano state smentite dagli esiti delle indagini svolte dalla polizia giudiziaria. Risulta, infatti, che il Comune di omissis, già con la comunicazione del 6.4.2002, ebbe a segnalare, a quello di omissis, la circostanza che il sig. OMISSIS, pur essendo iscritto presso l’anagrafe di quel Comune, risultava dimorare abitualmente, con la moglie e la figlia, in omissis (vd. comunicazione del Comune di omissis 6.4.2002 e verbali S.I.T. rese dai sigg.ri A. S. e B. A., del 7.3.2012 in atti). A ciò si aggiunga la considerazione che lo stesso sig. OMISSIS aveva indicato all’Amministrazione di appartenenza, quale domicilio per le eventuali visite fiscali, l’abitazione ubicata in omissis alla Via omissis.
Per quanto concerne, invece, la residenza dalla sig.ra OMISSIS, madre del sig. OMISSIS, gli scrupolosi accertamenti compiuti dalla polizia giudiziaria offrono elementi di prova atti a dimostrare che la stessa dimorava presso l’abitazione dell’altro figlio (OMISSIS), ubicata nel Comune omissis. La predetta circostanza trova conferma nelle dichiarazioni rese dal dott. , medico di base che ha avuto in cura la sig.ra , come risulta dal verbale di sommarie informazioni del 12.3.2012. Nell’occasione il medico curante ha riferito che la paziente era domiciliata a omissis ed assistita dal figlio convivente OMISSIS, unitamente alla moglie e a due badanti. Richiesto di precisare se c’erano stati contatti con il sig. OMISSIS, il dott. ha riferito che negli ultimi tre anni l’unica occasione di incontro con il figlio della sig.ra risaliva al mese di gennaio 2012, quando il nominato chiese il rilascio del certificato medico necessario per ottenere l’ autorizzazione al parcheggio per le persone disabili.
Ulteriori conferme in ordine al carattere fittizio della situazione di convivenza con la madre, si evincono dalla documentazione sanitaria dell’A.S.S. n. OMISSIS nonché dalle dichiarazioni rese dalle assistenti infermieristiche, le quali hanno riferito di non aver mai incontrato, negli accessi effettuati una o più volte a settimana presso il domicilio della sig.ra , in omissis, persone diverse dalla nuora, con i suoi due figli, e dalle badanti che si occupavano dell’anziana signora (vd. dichiarazioni rese nei verbali di sommarie informazioni del 25.2.2013, in atti).
Le predette circostanze appaiono idonee a far escludere che vi sia stata un’effettiva convivenza tra il sig. OMISSIS e la madre affetta da grave disabilità, e nel contempo, provano che ad occuparsi in modo continuativo del genitore disabile non era il beneficiario del congedo retribuito, bensì il fratello OMISSIS, residente in omissis, il quale si avvaleva, a tal fine, dell’aiuto della moglie e di due badanti, oltre che delle prestazioni del locale servizio di assistenza pubblica.
Il grave disvalore della condotta del convenuto non trova elementi di giustificazione nelle eventuali e, comunque, indimostrate omissioni riferibili al dott. . il quale, all’epoca dei fatti, ricopriva la posizione di OMISSIS della Provincia di OMISSIS. Si ritiene, infatti, che in presenza di una condotta dolosa, resa evidente dalla produzione, da parte del sig. OMISSIS, di un certificato che rappresentava una situazione di convivenza con la madre disabile in realtà non sussistente, non assuma alcun significativo rilievo la circostanza che al nominato dipendente non fu chiesto di sottoscrivere la dichiarazione di responsabilità e consapevolezza prevista dalla circolare n. 13 del 6.12.2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Allo stesso modo non si vede quale incidenza possa riconoscersi alle direttive impartite dal Dipartimento della Funzione Pubblica con la circolare del 3.2.2012 - adottata in un momento successivo alla concessione del congedo straordinario - con riferimento all’onere di produrre una dichiarazione sostitutiva di notorietà attestante la “concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza”. Per contro, giova rilevare che proprio il dott. . curò la tempestiva segnalazione, al Comando OMISSIS dei Carabinieri, delle rilevate anomalie circa i luoghi di residenza del sig. OMISSIS e della madre disabile (vd. nota del 16.8.2011) ed a richiedere, successivamente, notizie utili ai fini dell’attivazione del procedimento disciplinare e della denuncia di danno erariale (vd. nota del 21.9.2012). Non è superfluo aggiungere che fu lo stesso dott. ., a seguito dell’acquisizione degli elementi necessari per delineare, in modo specifico e concreto, la condotta illecita del dipendente, ad assumere le iniziative che hanno dato luogo all’odierna contestazione di danno erariale.
Quanto all’elemento soggettivo, i fatti accertati denotano la volontà del sig. OMISSIS di conseguire il beneficio previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs n. 151/2001, pur in mancanza della convivenza con la madre e della prestazione di un’effettiva attività di assistenza in favore della stessa, e dunque dei presupposti richiesti ai fini della concessione del congedo retribuito. Non è revocabile in dubbio, per quanto innanzi evidenziato, che l’odierno convenuto, mediante la presentazione di un certificato di stato di famiglia e residenza attestante la sua residenza in omissis unitamente a quella della sig.ra OMISSIS, abbia voluto precostituire una situazione di apparente convivenza, diretta all’indebita fruizione del congedo retribuito previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001. Nella condotta del convenuto, connotata dalla consapevole volontà di conseguire un ingiusto beneficio economico in danno dell’Amministrazione di appartenenza, è ravvisabile, dunque, l’elemento soggettivo del dolo.
Va pure incidentalmente rilevato come nel parallelo giudizio penale, i medesimi fatti materiali siano stati ritenuti idonei ad integrare il reato di truffa aggravata, determinando la condanna del sig. OMISSIS, in primo grado, alla pena di anni 1 e mesi 9 di reclusione, oltre al pagamento di euro 1.250,00 di multa, alla confisca di quanto sottoposto a sequestro preventivo ed alla rifusione, in favore della parte civile, dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all’illecito (vd. dispositivo di sentenza del Tribunale di OMISSIS del 2.12.2014, prodotto dal P.M. contabile all’udienza del 18.12.2014).
Ravvisata, dunque, la sussistenza di una fattispecie di responsabilità amministrativa ascrivibile alla condotta dolosa del sig. OMISSIS, il danno conseguente all’indebita fruizione del congedo straordinario va quantificato nella misura equivalente alle retribuzioni erogate nel periodo 1.7.2011 – 28.2.2013, per complessivi euro 55.186,66 , secondo quanto emerge dalle risultanze, non contestate, della documentazione acquisita agli atti di causa (vd. richiesta di rinvio a giudizio; atto di costituzione di parte civile nel giudizio penale della Provincia di OMISSIS).
La quantificazione del danno risulta correttamente effettuata dalla Procura Regionale con riferimento agli importi delle retribuzioni erogate in favore dell’ odierno convenuto al lordo degli oneri riflessi. A far escludere l’ applicazione dell’art. 1, co. 1 bis, della legge n. 20/1994 (norma che impone di tener conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione in relazione al comportamento dannoso degli amministratori o dipendenti pubblici) è la mancanza di un collegamento causale tra i (presunti) vantaggi conseguiti dall’Amministrazione o dalla comunità amministrata e la condotta antigiuridica del responsabile del danno (principio della compensatio lucri cum damno). Ed invero, l’ipotetico “vantaggio” derivante dal versamento degli oneri fiscali deve ritenersi strettamente correlato all’adempimento di un’ obbligazione legale gravante l’Ente quale di sostituto d’imposta; diversamente, il “danno” arrecato all’Amministrazione di appartenenza trova la propria origine dall’aver richiesto e conseguito, con dolo, il congedo retribuito per l’assistenza al genitore gravemente disabile pur nell’assenza dei presupposti richiesti per accedere a tale beneficio.
In definitiva, non potendosi riferire il fatto produttivo del danno e quello determinativo della presunta utilitas ad un’unica causa, né venendo in evidenza un effettivo vantaggio per l’Amministrazione o la comunità amministrata riconducibile all’azione illecita del convenuto, la quantificazione di tale pregiudizio va effettuata in misura corrispondente al complessivo esborso sostenuto dall’Ente, al lordo degli oneri fiscali (cfr. C.d.C., Sez. Lombardia n. 89/2013; id. Sez. II n. 400/2010; id. Sez. Emilia Romagna n. 2032/2010; id. Sez. I n. 187/2005; id. Sez. Calabria n. 273/2004; id. Sez. III n. 183/2005; id. Sez. Lazio n. 411/2005). Per quanto concerne i “contributi previdenziali” va osservato che i versamenti effettuati a tal fine dal datore di lavoro concorrono ad incrementare il montante contributivo sul quale viene calcolata la pensione del dipendente; quest’ultimo, in definitiva, ne diventa esclusivo beneficiario. Allo stato, dunque, anche l’esborso relativo ai contributi previdenziali costituisce una voce di danno per l’Amministrazione provinciale.
Un ulteriore profilo di indagine riguarda l’esistenza e la riferibilità al sig. OMISSIS del c.d. danno da disservizio. In proposito va osservato che la giurisprudenza della Corte dei conti descrive, con tale espressione, il nocumento patrimoniale riconducibile a più tipologie di condotte illecite, accumunate dall’essere causative di un depotenziamento dell’attività amministrativa e dei suoi risultati (C.d.C., Sez. I n. 253/2014; id. Sez. Lazio n. 214/2012; Sez. II n. 443/2011; id. Sez. Piemonte n. 52/2011; id. Sez. I n. 103/2010; id. Sez. Basilicata n. 83/2006; id. Sez. Veneto n. 866/2005; id. Sez. Umbria n. 346/2005; id. Sez. Emilia Romagna n. 2269/2004).
In particolare, nei casi di esercizio illecito di pubbliche funzioni o di omessa prestazione di attività lavorativa, tale danno viene ravvisato nella minore efficacia, efficienza ed economicità dei servizi ipotizzati come normalmente ritraibili sulla base delle risorse investite. Non è infrequente che il nocumento per l’Erario sia individuato nei costi sostenuti dall’Amministrazione per accertare le conseguenze della mancata prestazione del servizio, sostituire le risorse mancanti e ripristinare le condizioni di efficienza dell’azione amministrativa. Costituisce, altresì, un punto fermo nella giurisprudenza di questa Corte, che l’illecito derivante dallo sviamento o dalla mancata resa dell’attività lavorativa deve essere provato sulla base di elementi idonei a dimostrare le conseguenze pregiudizievoli per l’ organizzazione interna della P.A. e le ripercussioni negative sull’azione amministrativa.
Ciò premesso, reputa il Collegio che la mancata attività lavorativa del sig. OMISSIS abbia comportato indubbie conseguenze pregiudizievoli sulla funzionalità del settore amministrativo cui il nominato dipendente era assegnato, determinando un aggravio dei carichi di lavori dei funzionari in servizio e la necessità di impiegare altro personale per far fronte alla situazione di deficit organizzativo. Risulta, infatti, documentalmente provato che a seguito della concessione del congedo straordinario, l’intero carico di lavoro dell’ufficio in cui operava l’odierno convenuto si riversò sulla geom. OMISSIS (vd. nota del Dirigente del Settore OMISSIS della Provincia di OMISSIS del 27.3.2012).
E’ altresì dimostrato che per far fronte a tale situazione emergenziale il Dirigente dell’ufficio dispose che le attività di sopralluogo fossero svolte dalla geom. OMISSIS con l’ausilio dei capi cantonieri, i quali vennero distolti dall’ attività di sfalcio dell’erba lungo le strade provinciali. Le ripercussioni dell’assenza del sig. OMISSIS sulla funzionalità dell’ufficio indussero lo stesso Dirigente dapprima a richiedere (nota del 27.3.2012) e poi a sollecitare (nota del 29.6.2012) l’ assegnazione di un’unità aggiuntiva in supporto alla geom. OMISSIS.
I contenuti di tale corrispondenza descrivono, in modo inequivocabile, le difficoltà affrontate dall’Amministrazione per far fronte all’assenza dal servizio del dipendente ed offrono la prova del postulato danno da disservizio, che si assomma a quello patrimoniale in senso stretto. Per quanto attiene alla quantificazione di tale nocumento, si rende necessario il ricorso al criterio equitativo previsto dall’art. 1226 c.c., considerata l’impossibilità di determinare le conseguenze dannose dell’illecito sia nell’ambito dell’organizzazione interna che nei confronti della collettività amministrata (C.d.C., Sez. II n. 38/2014; id. Sez. III n. 501/2007 e n. 7779/2010). Tenuto conto del periodo di mancata prestazione dell’attività lavorativa, nonché degli elementi desumibili dalla documentazione sopra richiamata, si ritiene equa la quantificazione di tale voce di danno nella misura pari al 30% del trattamento economico fruito a titolo di congedo retribuito, e dunque nell’importo di euro 16.555,99 già comprensivo di rivalutazione monetaria.
Conclusivamente, nella ravvisata sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, va disposta la condanna del sig. OMISSIS al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della complessiva somma di euro 71.742,65. In aggiunta alla sorte capitale è dovuta la rivalutazione monetaria, da calcolarsi unicamente sull’ importo di euro 55.186,66 (quello di euro 16.555,99 è già comprensivo di rivalutazione monetaria) sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, dalle date degli esborsi sostenuti dalla Provincia di OMISSIS alla pubblicazione della sentenza. Sul cumulo di sorte capitale e rivalutazione monetaria sono dovuti gli interessi legali nella misura del saggio legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di effettivo pagamento. L’oggettiva gravità dell’illecito e le sue connotazioni dolose fanno escludere l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura determinata in dispositivo.
Per mero tuziorismo si rileva che in sede di esecuzione della presente decisione potrà tenersi conto delle somme che hanno formato oggetto di sequestro in sede penale, solo ove le stesse risultino effettivamente accreditate in favore della Provincia di OMISSIS.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per il Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando, ogni contraria eccezione, deduzione e conclusione reietta, condanna il sig. OMISSIS al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della complessiva somma di euro 71.742,65 (settantunomilasettecentoquarantadue/65), oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali nei termini di cui in motivazione. Condanna, altresì, il convenuto al pagamento delle spese di giudizio, che liquida nell’importo di euro 312,59 (trecentododici/59).
Manda alla Segreteria della Sezione per i conseguenti adempimenti.
Così deciso in Trieste nella Camera di Consiglio del 18 dicembre 2014.
L’Estensore Il Presidente f.f.
Giancarlo DI LECCE Paolo SIMEON
(firmato) (firmato)
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, ha disposto che a cura della Segreteria venga apposta, sull’originale della presente decisione, in caso di riproduzione della stessa in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti ivi nominati.
Il Presidente f.f.
f.to Paolo Simeon
Depositato in Segreteria il 18/02/2015.
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