24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

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Il ricorrente, ha fruito dell’aspettativa per infermità per complessivi 690 gg.
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Ricorso perso, perché:
1) - la CMO riteneva la patologia sub 3) (stato ansioso depressivo reattivo) prevalente ai fini della inabilità, impregiudicata la valutazione della dipendenza da causa di servizio delle 3 infermità denunciate (giudicata non dipendente da causa di servizio).

N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di NAPOLI ,sezione SEZIONE 6 ,numero provv.: 201800545 - Public 2018-01-25 -
Pubblicato il 25/01/2018

N. 00545/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00936/2017 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 936 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Garofalo e Francesco Maria Caianiello con i quali elettivamente domicilia in Napoli al viale Gramsci n. 19;

contro
Ministero della difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso i cui uffici – alla via A. Diaz n°11 – è ope legis domiciliato;

per l'annullamento
a) della nota prot. n. -OMISSIS- del 28.12.2016 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri – CENTRO NAZIONALE AMMINISTRATIVO Servizio Trattamento Economico – Ufficio Trattamento Economico di Attività, successivamente notificata, recante il provvedimento di recupero delle somme corrisposte a titolo di competenze stipendiali nel periodo di aspettativa per infermità;
b) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, comunque lesivo degli interessi e diritti del ricorrente, e segnatamente: 1) delle comunicazioni prot. n. -OMISSIS-, rispettivamente datate 23.6.2016 e 16.11.2016, recanti le modalità di esecuzione del recupero delle somme indebitamente percepite;
c) ove e per quanto occorra di tutti gli atti connessi con quello quivi impugnato;

e, con motivi aggiunti:
d) del decreto prot. n. -OMISSIS- del 28.9.2016 del Direttore della Divisione, recante la specificazione della posizione di aspettativa del Brigadiere OMISSIS; e) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, comunque lesivo degli interessi e dei diritti di parte ricorrente;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2018 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il gravame in epigrafe, integrato da motivi aggiunti, il ricorrente ex brigadiere dei Carabinieri, ha impugnato l’atto con il quale il Ministero della difesa ha provveduto a recuperare la complessiva somma di euro 22.240,65 percepita in eccesso rispetto a quanto dovuto. Segnatamente, l’amministrazione nell’applicare le disposizioni di cui all’art. 39, comma 4 del D.P.R. n. 51/2009 ha recuperato:
1) le competenze stipendiali corrisposte per intero invece che a metà per il periodo 3 agosto 2009 – 2 febbraio 2010;
2) le competenze stipendiali percepite per intero invece che a zero per il periodo 3 febbraio 2010 - 30 maggio 2010.

A sostegno del gravame deduce varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituita per resistere l’amministrazione intimata.

Con l’ordinanza n. 849 del 14 giugno 2017 la Sezione, ritenendo la questione meritevole di approfondimento nel merito, ha accolto la domanda di tutela cautelare.

Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Con il provvedimento impugnato l’amministrazione della difesa ha recuperato la somma di euro 22.240,65: 1) “per competenze stipendiali corrisposte per intero invece che a metà dal 3 agosto 2009 al 2 febbraio 2010”;
2) per “competenze stipendiali percepite intere invece che a zero dal 3 febbraio 2010 al 30 maggio 2010”.

Per comprendere il recupero operato è necessario ripercorrere la vicenda di cui è causa.

Il ricorrente:
- ha ricoperto il grado di brigadiere dei carabinieri dal 9 dicembre 2006 al 30 maggio 2010;

- in data 21 maggio 2008 presentava domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per le seguenti infermità: 1) OMISSIS; 2) OMISSIS;

- in data 19 luglio 2008 presentava domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per: 3) uno stato ansioso depressivo reattivo;

- in data 31 maggio 2010, dopo un periodo di aspettativa per infermità durato 690 gg., veniva collocato in congedo assoluto; ciò in quanto la CMO di Caserta lo giudicava non idoneo permanentemente al servizio in modo assoluto e non reimpiegabile nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell’amministrazione; in particolare, la CMO riteneva la patologia sub 3) (stato ansioso depressivo reattivo) prevalente ai fini della inabilità, impregiudicata la valutazione della dipendenza da causa di servizio delle 3 infermità denunciate; in data 16 marzo 2015 il Ministero della difesa riconosceva dipendente da causa di servizio solo la patologia sub 2).

Il ricorrente, ha fruito dell’aspettativa per infermità per complessivi 690 gg.

Un primo periodo (non oggetto di recupero) pari a 365 gg. il ricorrente è stato retribuito per intero; ciò in virtù dell’art. 26 della legge n. 187/1976 che prevede 12 mesi di aspettativa per infermità (non dipendente da causa di servizio) retribuita per intero.

Esaurito tale periodo il ricorrente ha continuato a percepire per intero la retribuzione sulla base dell’art. 39, comma 4 del D.P.R. 16 aprile 2009, n. 51 il quale stabilisce che al personale collocato in aspettativa per infermità, competono, in attesa della pronuncia sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione o infermità (nella fattispecie denunciate in date 21 maggio e 19 luglio 2008) gli emolumenti di carattere fisso e continuativo in misura intera. Sempre il citato comma 4 prevede che “Nel caso in cui non venga riconosciuta la dipendenza da causa di servizio sono ripetibili la metà delle somme corrisposte dal tredicesimo al diciottesimo mese continuativo di aspettativa e tutte le somme corrisposte oltre il diciottesimo mese continuativo di aspettativa”.

Il presupposto da cui muove il recupero delle somme è che le domande del ricorrente volte al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie sofferte hanno avuto esito negativo per 2 infermità su 3 e, soprattutto, che l’aspettativa per infermità cui è seguito il giudizio di non idoneità al servizio in modo assoluto della CMO sono stati determinati in modo prevalente dalla sussistenza di una patologia (quella sub 3 – stato ansioso depressivo reattivo) giudicata non dipendente da causa di servizio.

Con una prima censura il ricorrente lamenta l’illegittimità del recupero in quanto effettuato oltre il termine di 24 mesi dal collocamento in aspettativa.

La censura è infondata.

Il termine di 24 mesi invocato dal ricorrente è previsto nella diversa ipotesi disciplinata dal comma 3 (e non dal comma 4) dell’art. 39 in base al quale l’amministrazione ha un termine decadenziale di 24 mesi dalla data di collocamento in aspettativa per procedere al recupero (così il comma 3, “Il personale giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale permane ovvero è collocato in aspettativa fino alla pronuncia sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione o infermità che ha causato la predetta non idoneità anche oltre i limiti massimi previsti dalla normativa in vigore. Fatte salve le disposizioni che prevedono un trattamento più favorevole, durante l'aspettativa per infermità, sino alla pronuncia sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione subita o dell'infermità contratta, competono gli emolumenti di carattere fisso e continuativo in misura intera. Nel caso in cui non venga riconosciuta la dipendenza da causa di servizio e non vengano attivate le procedure di transito in altri ruoli della stessa Amministrazione o in altre amministrazioni, previste dall'articolo 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, sono ripetibili la metà delle somme corrisposte dal tredicesimo al diciottesimo mese continuativo di aspettativa e tutte le somme corrisposte oltre il diciottesimo mese continuativo di aspettativa. Non si da' luogo alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa. Tale periodo di aspettativa non si cumula con gli altri periodi di aspettativa fruiti ad altro titolo ai fini del raggiungimento del predetto limite massimo”).

Come correttamente sostenuto dall’amministrazione nelle proprie difese, tale disposizione si applica al diverso caso del personale giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale. Nella fattispecie, il ricorrente è stato invece giudicato permanentemente -OMISSIS- (cfr. verbale della CMO di Caserta del 31 maggio 2010) e, pertanto, si applica il comma 4 che non prevede alcun termine per operare il recupero.

Con le restanti censure il ricorrente lamenta la lesione del legittimo affidamento, il difetto di motivazione e la carenza dei presupposti per procedere al recupero. In particolare, la ripetibilità delle somme sarebbe possibile solo nelle ipotesi di non riconoscimento “totale” della dipendenza da causa di servizio e non nel caso (come quello che occupa) in cui vi sia comunque una infermità delle tante denunciate dipendente da fatti di servizio. Nella fattispecie, l’inidoneità al servizio sarebbe stata causata prevalentemente, ma non esclusivamente, dalla patologia sub 3) poi non riconosciuta dipendente da causa di servizio.

Le censure non meritano di essere accolte.

In primo luogo, deve essere evidenziata la natura di atto vincolato e doveroso del provvedimento di recupero dell'indebito la cui motivazione è rinvenibile nello stesso disposto di legge. Sotto tale profilo non vi è stata alcuna violazione del legittimo affidamento in quanto il comma 4 del più volte citato art. 39 è chiaro nel prevedere che gli emolumenti percepiti durante il periodo di aspettativa competono in attesa della valutazione sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità che l’ha determinata. Nel momento in cui il ricorrente ha ricevuto lo stipendio per intero doveva, dunque, essere consapevole che la spettanza dello stesso era sub iudice.

In secondo luogo, per quanto riguarda la sussistenza del presupposto per operare il recupero la difesa erariale ha giustamente evidenziato come da tutta la documentazione sanitaria e dal verbale della CMO versati in atti emerga che la temporanea inidoneità al servizio poi diventata definitiva è riconducibile quasi esclusivamente e, comunque, in modo prevalente ad una infermità non riconosciuta dipendente da causa di servizio (cfr. documentazione allegata dall’amministrazione, ivi inclusi, i certificati medici prodotti dallo stesso interessato).

Condivisibilmente la giurisprudenza (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Trieste, Sez. I, 24 marzo 2014, n. 112) ha osservato che se è vero che la norma non distingue fra aspettative per infermità dipendenti da causa di servizio in misura prevalente e aspettative dipendenti da causa di servizio in misura non prevalente, nondimeno una corretta interpretazione della norma legata alla ratio sottesa alla medesima, non può che condurre alla lettura fatta propria e applicata nel caso concreto dall'Amministrazione.

La finalità della disciplina è all'evidenza quella di contemperare le esigenze di vita del pubblico dipendente non in grado, definitivamente o temporaneamente di rendere la prestazione lavorativa, con l'interesse pubblico ad non dar luogo ad esborsi di denaro in assenza della controprestazione sinallagmatica. La corresponsione dell'emolumento da parte del datore di lavoro pubblico, pur se il sinallagma non opera, in tanto è giustificata se ed in quanto l'assenza di corrispettività dipenda ad eventi eziologicamente riconducibili, in via esclusiva, al rapporto di lavoro.

Ma laddove questo collegamento non vi sia o comunque non sia esclusivo torna a prevalere, rispetto al principio solidaristico tra consociati, l'interesse pubblico alla sussistenza di una giustificazione (causa in senso civilistico) alla corresponsione di denaro pubblico. Sicché, passato un congruo lasso di tempo (365 giorni, nel caso di specie) senza che vi sia controprestazione lavorativa, l'obbligazione retributiva si riduce prima e cessa poi.

Del tutto correttamente, pertanto, l'Amministrazione ha qualificato come parzialmente indebite le somme percepite dal ricorrente a partire dal 366° giorno di aspettativa, posto che questa non era da ricondurre causalmente ed esclusivamente a causa di servizio.

La CMO con valutazione tecnico-discrezionale, che non spetta certo a questo giudice censurare in assenza di indizi di macroscopica inattendibilità della medesima, ha statuito la non prevalenza dell’infermità dipendente da causa di servizio. Sicché, in presenza di una siffatta valutazione, l'applicazione della disciplina regolante la fattispecie non poteva essere che quella in concreto adottata dall'Amministrazione procedente.

Del tutto ininfluente ai fini delle conclusioni appena rassegnate la circostanza che nel corpo del decreto del 28 settembre 2016 impugnato con motivi aggiunti si faccia un riferimento erroneo al contenuto del decreto n. 1100/N del 16 marzo 2015 attribuendo le assenze dal servizio del ricorrente solo alle patologie non riconosciute dipendenti da causa di servizio.

Le spese del giudizio stante l’obiettiva complessità della controversia, devono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Passoni, Presidente
Carlo Buonauro, Consigliere
Paola Palmarini, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paola Palmarini Paolo Passoni





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

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Il CdS con il presente Parere rigetta il ricorso straordinario.

1) - competenze stipendiali corrisposte nel periodo di aspettativa per infermità successivamente giudicate non dipendenti da causa di servizio

2) - collocato in aspettativa in data 9 maggio 2009 e sino al 16 febbraio 2011, per la durata complessiva di 649 giorni

Il CdS scrive:

3) - …….. alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “il recupero di somme indebitamente erogate dalla p.a. ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate.
- Si tratta cioè di atti vincolati, di carattere non autoritativo, di doveroso recupero di somme erroneamente corrisposte dall’amministrazione, rispetto ai quali – nell’ambito del rapporto obbligatorio di reciproco dare avere (paritetico) - resta ferma la possibilità per l'interessato di contestare eventuali errori di conteggio e la sussistenza dell’indebito (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2019, n. 1852)” (così da ultimo Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5343/2019 e n. 5342/2019).
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PARERE DEFINITIVO sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 201902530

Numero 02530/2019 e data 30/09/2019 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 25 settembre 2019


NUMERO AFFARE 01586/2018

OGGETTO:
Ministero della difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto, previa istanza di sospensione, dal Brig. in congedo Ciro R.. per l’annullamento dell’ingiunzione di pagamento n. 692 in data 17 luglio 2017 del Centro nazionale amministrativo dell’Arma dei Carabinieri, concernente competenze stipendiali indebitamente erogate, nonché degli atti presupposti, connessi e consequenziali.

LA SEZIONE
Vista la relazione n. 6/331/1-5-2018 in data 5 luglio 2018, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Carmelo Pezzuto;


Premesso:

Il Brig. in congedo Ciro R.. ha impugnato, previa istanza di sospensione, l’ingiunzione di pagamento n. 692 in data 17 luglio 2017 del Centro nazionale amministrativo dell’Arma dei Carabinieri, concernente la somma di euro 16.661,32 relativa a competenze stipendiali corrisposte nel periodo di aspettativa per infermità successivamente giudicate non dipendenti da causa di servizio, nonché di qualunque atto presupposto, connesso e consequenziale anche se non espressamente menzionato.

Il ricorrente era stato collocato in aspettativa in data 9 maggio 2009 e sino al 16 febbraio 2011, per la durata complessiva di 649 giorni, per infermità per le quali all’epoca non risultava ancora definito il relativo procedimento finalizzato all’eventuale riconoscimento della loro dipendenza da causa di servizio. Detto procedimento si concludeva con il decreto n. 1476/N in data 26 marzo 2014 del Ministero della difesa, Direzione generale della previdenza militare e della leva, con il quale, in esito al parere negativo espresso dal Comitato di verifica per le cause di servizio n. 15552/2013 reso nell’adunanza n. 292/2013 del 25 giugno 2013, l’istanza a suo tempo prodotta dall’interessato veniva respinta, essendosi ritenute le infermità lamentate non dipendenti da fatti di servizio.

A mente dell’art. 39, comma 4, del d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51, “al personale collocato in aspettativa per infermità, in attesa della pronuncia sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione o infermità, competono gli emolumenti di carattere fisso e continuativo in misura intera. Nel caso in cui non venga riconosciuta la dipendenza da causa di servizio sono ripetibili la metà delle somme corrisposte dal tredicesimo al diciottesimo mese continuativo di aspettativa e tutte le somme corrisposte oltre il diciottesimo mese continuativo di aspettativa”.

In attuazione di tale disposizione, nelle more della definizione del procedimento relativo al riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, l’amministrazione aveva, quindi, corrisposto all’odierno ricorrente gli emolumenti spettanti in misura intera.

In conseguenza dell’esito negativo di detto procedimento, il Centro nazionale amministrativo dell’Arma, con nota n. 177924RC/7/300-1/11455 in data 8 novembre 2016, avviava l’azione di recupero dei maggiori importi indebitamente corrisposti dal 9 maggio 2010 al 16 febbraio 2011, complessivamente pari ad euro 16.653,23, evidenziando la possibilità per l’interessato di presentare entro 30 giorni eventuali memorie e di richiedere la rateizzazione delle somme da restituire.

Non avendo ricevuto riscontro da parte del militare, il predetto Comando emanava l’ingiunzione di pagamento n. 692 in data 17 luglio 2017, oggetto di impugnazione, per l’importo di euro 16.661,32, comprensivi di euro 8,09 per spese di notifica.

Avverso il provvedimento il Brig. in congedo R.. promuoveva ricorso giurisdizionale innanzi al TAR Abruzzo, che, peraltro, non veniva depositato. A seguito di detta archiviazione, il Centro nazionale amministrativo reiterava la richiesta di ristoro con nota n. 177924RC/5/PCT/var/1-5 in data 8 gennaio 2018.

Con l’odierno gravame, con un unico motivo di doglianza, il ricorrente deduce, in estrema sintesi, la violazione dei termini per la conclusione del procedimento previsti dall’art. 2 della legge n. 241/1990 – in relazione alla notifica, avvenuta in data 14 maggio 2014, del provvedimento di rigetto delle istanze di riconoscimento di dipendenza delle infermità da causa di servizio – ed invoca l’applicazione del principio del legittimo affidamento, riconosciuto da giurisprudenza della Corte costituzionale, della Corte di cassazione e della Corte dei conti richiamata nel ricorso, in relazione alla percezione in buona fede delle somme in parola.

Il Ministero della difesa, con relazione n. 6/331/1-5-2018 in data 5 luglio 2018, trasmessa con nota pari numero in data 5 settembre 2018, ripercorsa la vicenda, eccepisce l’infondatezza del gravame alla luce delle vigenti disposizioni normative e l’obbligatorietà per l’amministrazione di recuperare le somme indebitamente erogate anche ai sensi della giurisprudenza amministrativa.

Considerato:

La Sezione rileva preliminarmente che il ricorrente avrebbe dovuto tempestivamente impugnare il decreto di rigetto dell’istanza di riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio – notificato, come dal medesimo rilevato nel gravame, in data 14 maggio 2014 –, in quanto immediatamente lesivo ai fini in parola in virtù del disposto del richiamato art. 39, comma 4, del d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51.

In disparte tale pur rilevante profilo, il ricorso è in ogni caso infondato.

L’amministrazione ha correttamente applicato, nel caso di specie, la citata disposizione normativa, a mente della quale, come ricordato in premessa, nelle more della definizione del procedimento di riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio, gli emolumenti spettanti devono essere corrisposti all’interessato per intero, salvo ripetere, in caso di esito negativo, la metà delle somme corrisposte dal tredicesimo al diciottesimo mese continuativo di aspettativa e tutte le somme corrisposte oltre il diciottesimo mese continuativo di aspettativa.

Né l’amministrazione medesima avrebbe potuto operare diversamente, anche alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “il recupero di somme indebitamente erogate dalla p.a. ha carattere di doverosità e costituisce esercizio, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale, non rinunziabile, in quanto correlato al conseguimento di quelle finalità di pubblico interesse, cui sono istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate. Si tratta cioè di atti vincolati, di carattere non autoritativo, di doveroso recupero di somme erroneamente corrisposte dall’amministrazione, rispetto ai quali – nell’ambito del rapporto obbligatorio di reciproco dare avere (paritetico) - resta ferma la possibilità per l'interessato di contestare eventuali errori di conteggio e la sussistenza dell’indebito (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2019, n. 1852)” (così da ultimo Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5343/2019 e n. 5342/2019).

Inoltre, deve pure essere rilevato che, “nel caso di recupero da parte dell’amministrazione di somme erroneamente corrisposte, né l’affidamento del percipiente, né il decorso del tempo sono di ostacolo all’esercizio del diritto-dovere di ripetere le somme, essendo il recupero un atto dovuto, privo di valenza provvedimentale, da adottarsi con il solo dovere di osservare modalità non eccessivamente onerose per il soggetto colpito (Cons. St. Sez. IV, 8.6.2009, n. 3516; Sez. V, 30.9.2013, n. 4849). Ne discende che l’amministrazione non è tenuta a fornire una specifica motivazione né sulle ragioni del recupero, né sulla sussistenza delle condizioni previste dall’art. 21-nonies (interesse pubblico, interesse dei destinatari e dei controinteressati, termine ragionevole) per l’esercizio del potere di autotutela amministrativa, dato che il danno prodotto all’amministrazione dalla corresponsione di un beneficio economico senza titolo, con vantaggio ingiustificato per il destinatario, fa sorgere un interesse pubblico in re ipsa al recupero delle somme, nonché un obbligo ex lege rispetto al quale il decorso del tempo non assume rilevanza” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 379/2014, nonché, più di recente, n. 3811/2017).

I rilievi che precedono confermano, conclusivamente, la piena legittimità del recupero degli emolumenti non dovuti già corrisposti dall’amministrazione all’interessato.

Il ricorso deve, quindi, essere respinto perché infondato, restando così assorbita l’istanza cautelare.

P.Q.M.

Esprime l’avviso che il ricorso debba essere respinto, con assorbimento dell’istanza cautelare.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giancarlo Carmelo Pezzuto Mario Luigi Torsello




IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

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Il TAR di BRESCIA accoglie il ricorso anche sotto altro aspetto del collega CC.

- diniego di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio decorsi più di 24 mesi

Il TAR scrive:

1) - Dunque, spetta a questo Giudice la verifica della conformità alla Costituzione del D.P.R. n. 51/2009, peraltro non nell’ambito di un’azione di annullamento dell’atto regolamentare – qui non proposta –, bensì nell’esercizio dei poteri di disapplicazione dell’atto di normazione secondaria, ove ritenuto in contrasto con la fonte di rango superiore, ovvero di interpretazione costituzionalmente orientata dello stesso, in funzione della decisione sulla domanda caducatoria del provvedimento applicativo impugnato (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 475/2016).

2) - Il principio costituzionale di uguaglianza impone, infatti, che situazioni omogenee ricevano il medesimo trattamento (cfr., Corte costituzionale, sentenze n. 108/2011, n. 223/2012): il che, nel caso di specie, significa che anche per il dipendente giudicato totalmente inidoneo servizio operi il limite temporale dei 24 mesi per la ripetizione delle somme indebitamente percepite.

3) - E che si tratti di situazioni omogenee non è dato dubitare, trattandosi pur sempre di erogazioni di denaro pubblico non dovute nell’ambito di un rapporto di servizio sul quale ha inciso un evento esterno alla volontà del dipendente, vale a dire la malattia che impedisce al dipendente di rendere la prestazione lavorativa per la quale era stato assunto.
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panorama
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

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Il TAR Lazio con la presente sentenza, dichiara il ricorso del collega CC.: in parte inammissibile, in parte respinto, mentre deve essere accolta la censura relativa della richiesta economica svolta al lordo delle imposte.

Qui sotto alcuni brani

1) - recupero della somma, in quanto i periodi di aspettativa per infermità di giorni 705, dall’11.10.2012 al 15.09.2014 sarebbero originati da infermità Non dipendente da causa di servizio.

2) - La CMO ha dichiarato il militare non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato e lo ha collocato in congedo assoluto.

3) - Nell’occasione l’attuale ricorrente non ha inteso presentare istanza di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione.

Il TAR scrive:

4) - Si deve preliminarmente precisare che la ripetizione degli emolumenti corrisposti ai militari durante il periodo di aspettativa è disciplinata dall’art. 39 del DPR n. 51/2009.

5) - In realtà, l’esatta interpretazione della norma sopra citata consente di affermare che, nel caso di specie, la fattispecie applicabile, non è, come ha sostenuto il ricorrente, il terzo comma dell’art. 39 del D.P.R. n. 51 del 2009, bensì il comma 4.

6) - Infatti, il terzo comma si riferisce al personale militare in aspettativa :” giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale…”, mentre il ricorrente è stato giudicato permanentemente inidoneo al servizio in modo assoluto, così che la previsione normativa utilizzabile è quella, come detto, indicata nel quarto comma del citato articolo 39 che non prevede alcuna ipotesi di prescrizione della richiesta di ripetizione degli emolumenti corrisposti nel periodo di aspettativa, se non nell’ordinario termine decennale.

7) - Si tratta, pertanto, di due diverse e non sovrapponibili ipotesi, cui corrispondono due diversi regimi giuridici circa la ripetizione degli emolumenti corrisposti nel periodo di aspettativa, proprio in relazione alla natura dell’infermità riscontrata : parziale o definitiva.

In merito alla somma da restituire al Lordo o al netto, il TAR precisa:

8) - In altri termini, l’amministrazione non può pretendere di ripetere le somme al lordo delle predette ritenute, allorché, come di regola accade, le stesse non sono mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente (ex multis, Consiglio di Stato, sezione II, parere su richiesta straordinaria, n. 991, adunanza 5 aprile 2017; Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 novembre 2015 n. 5010; Consiglio di Stato, sezione III, 21 gennaio 2015 n. 198; Consiglio di Stato, sezione IV, 12 febbraio 2015 n. 750; Consiglio di Stato, sezione IV, 20 settembre 2012 n. 5043; Consiglio di Stato, sezione III, 4 luglio 2011 n. 3984 e n. 3982; id., sezione VI, 2 marzo 2009 n. 1164).


N.B.: leggete cmq. il tutto nell'allegato se può essere d'interesse.
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

Messaggio da panorama »

Le somme vanno restituite al netto e non per intero al Lordo.

Il CdS Sez. 2^ con la sentenza n. 3055 resa pubblica il 22/04/2022 in merito al recupero delle somme, precisa nuovamente quanto segue:

Orbene, mediante il sesto motivo d’impugnazione, l’appellante ha riproposto tali contestazioni, che sono fondate.

- In particolare, l’interessato ha evidenziato l’erroneità del conteggio posto a fondamento dei provvedimenti di recupero, laddove l’amministrazione gli ha chiesto la ripetizione anche degli importi delle ritenute Irpef, per euro 45.528,30, nonché laddove non ha computato a credito dell’interessato, in compensazione, le somme comunque spettantigli a titolo di trattamento pensionistico.

- In proposito si rileva che in tema ripetizione dell’Irpef la giurisprudenza ha chiarito che, qualora il datore di lavoro versi una retribuzione in eccesso, opera anche le ritenute fiscali erronee per eccesso, cosicché egli può ripetere l’indebito nei confronti del lavoratore soltanto nei limiti di quanto effettivamente percepito da quest’ultimo, restando esclusa la possibilità di ripetere importi al lordo delle ritenute fiscali, mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente (cfr., ex aliis, Consiglio di Stato, sezione III, sentenze 20 marzo 2019, n. 1852, e 4 luglio 2011, n. 3984; Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze 3 novembre 2015, n. 5010, e 12 febbraio 2015, n. 750; Consiglio di Stato, sezione VI, decisione 2 marzo 2009, n. 1164; Corte di cassazione, sezione VI, ordinanza 31 agosto 2021, n. 23604; Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 3 marzo 2020, n. 5888; Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 2 febbraio 2012, n. 1464). Ne consegue che la pubblica amministrazione, nel procedere al recupero di somme indebitamente erogate ai propri dipendenti, lo deve effettuare al netto delle ritenute fiscali, il che nel caso di specie non è avvenuto.

- Come dedotto dall’appellante, i provvedimenti di recupero sono illegittimi anche con riferimento alla mancata compensazione con i crediti relativi al trattamento di quiescenza. Sul punto si evidenzia che l’interessato è stato posto in congedo da ottobre 2010, con cessazione degli assegni dal precedente mese di aprile 2010 e, quindi, ha maturato il diritto a percepire la pensione dal maggio 2010, salva la valutazione del periodo in cui gli è riconosciuto il trattamento stipendiale al 50% (da ottobre 2009 ad aprile 2010). Cionondimeno, illegittimamente il predetto diritto non è stato considerato dall’amministrazione, atteso che nei conteggi relativi al dovuto non compare alcuna somma successivamente ad aprile 2010, ma la sua sussistenza è certa, quale conseguenza vincolata dalla cessazione del rapporto di servizio, atteso che la compensazione, discendente dall’applicazione dei consueti principi generali di matrice civilistica, è stata reputata operante dalla giurisprudenza anche con riferimento alle reciproche partite di dare e avere dei dipendenti pubblici (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, decisione 10 settembre 1991, n. 706; Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 4 maggio 1991, n. 4893).

- Va peraltro sottolineato che l’amministrazione, tanto nel primo quanto nel secondo grado di giudizio, nulla ha dedotto circa la compensazione con il trattamento di quiescenza (su cui, dunque, vi è anche una mancata contestazione della richiesta compensazione), mentre in relazione alla questione delle ritenute Irpef ha sostenuto l’applicazione dell’art. 10, comma 1, lettera d-bis), del d.P.R. n. 917/1986, che tuttavia è inconferente con il caso di specie, in quanto tale disposizione reca il principio, estraneo all’oggetto del contendere, per cui dal reddito occorre dedurre «le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti», escludendo, per tal via, dalla base imponibile ai fini Irpef le somme già corrisposte a titolo di stipendio (di per sé imponibili) e già sottoposte prelievo fiscale che dovessero essere restituite, ma non sancisce che il soggetto erogatore (nel caso di specie l’amministrazione statale) possa ripetere anche le ritenute che mai sono entrate nella disponibilità del dipendente.
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

Messaggio da panorama »

Il CdS con la sentenza pubblicata il 15/04/2022 rigetta l'Appello del Comando Generale della G.d.F. e dal Ministero dell’economia e delle finanze

1) - le pronunce negative sulla causa di servizio erano intervenute soltanto con determinazioni dirigenziali n. OMISSIS del 10 giugno 2014 e n. OMISSIS del 2 settembre 2015, in conseguenza dei pareri del Comitato di verifica delle cause di servizio rispettivamente n. OMISSIS del 20 giugno 2012 e n. OMISSIS del 10 dicembre 2014, a distanza di più di 4 anni dal collocamento in aspettativa e, quindi, ben oltre il termine di 24 mesi previsto dal menzionato art. 30 del d.P.R. n. 170/2007.

Il CdS scrive:

2) - Oggetto della controversia è il mantenimento da parte dell’appellato degli importi degli assegni che gli sono stati corrisposti in misura integrale durante il periodo di aspettativa per motivi di salute disposto con provvedimento dell’11 aprile 2012, con decorrenza 12 aprile 2010, stante che i procedimenti instaurati per vedersi riconoscere la dipendenza da causa di servizio delle patologie dalle quali era affetto si sono conclusi negativamente (in data 10 giugno 2014 e 2 settembre 2015).

3) - In sintesi, una volta ammesso che anche la inidoneità assoluta dà diritto al collocamento in aspettativa “speciale”, giusta una scelta interpretativa, peraltro, effettuata dalla stessa amministrazione con il provvedimento dell’11aprile 2012, adottato nella conclamata consapevolezza che «allo stato degli atti» non vi è dipendenza da causa di servizio, per potere applicare la disposizione sul recupero degli assegni erogati, espressamente dettata solo per i casi di inidoneità parziale, occorre quanto meno rispettare la tempistica imposta al riguardo dal legislatore, a tutela del legittimo affidamento del lavoratore sulla possibilità di disporre delle somme percepite. Il che non è accaduto nel caso di specie, come peraltro incontestato tra le parti.

N.B.: Per l'argomento completo rimando alla lettura dell'allegato.
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

Messaggio da panorama »

Il Tar Lazio accoglie il ricorso del collega CC.

- ingiunzione di pagamento n. 31 del 10 settembre 2013 emessa ai sensi dell’art. 2 r.d. n. 639/1910 per il recupero degli stipendi asseritamente non dovuti ex art. 26 l. n. 187/76.

in FATTO e DIRITTO si legge:

in data 14 novembre 2003 accusava un OMISSIS durante l’orario di lavoro.

- in data 31 ottobre 2005, veniva giudicato «non idoneo permanentemente al servizio d’istituto nei CC in modo assoluto e da collocare in congedo assoluto».

- l’interessato domandava il riconoscimento delle patologie acclarate come dipendenti da causa di servizio. Nondimeno, l’amministrazione con provvedimento dell’8 giugno 2007 confermava la non dipendenza da causa di servizio delle patologie ridette.

- In data 16 maggio 2007, poi, l’amministrazione richiedeva il pagamento della somma di € 16.850,37 a titolo di «recupero somme stipendiali non dovute» ai sensi dell’art. 26 l. 5 maggio 1976, n. 187, ossia la metà degli importi corrisposti nel periodo tra il 30 novembre 2004 ed il 31 maggio 2005, nonché l’intera retribuzione versata tra il 1° giugno ed il 30 ottobre 2005.

- Il mancato adempimento spontaneo da parte dell’esponente determinava l’adozione dell’ingiunzione fiscale oggetto dell’odierno processo.

- nel caso di specie, la pronuncia sarebbe intervenuta solo 4 anni dopo il collocamento in aspettativa.

Al n. 7.1 si legge:

- Come anticipato, un primo orientamento giurisprudenziale chiarisce come il pronunciamento sulla causa di servizio oltre i due anni determini la decadenza dal potere di ripetere le somme in eccesso versate solo nel caso di «personale giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale» (cfr. Tar Lazio, sez. I-bis, 22 febbraio 2021, n. 2188). Viceversa, un piú recente indirizzo (v. Cons. Stato, sez. II, 15 aprile 2022, n. 2880) ritiene necessario rispettare le tempistiche sul recupero degli assegni anche nei casi di inidoneità al servizio in maniera assoluta, di guisa da tutelare il legittimo affidamento del lavoratore.

- Leggete anche il n. 7.2 .... OMISSIS

- Nr. 7.3 >> Conseguentemente, essendosi l’amministrazione determinata, in ordine alla causa di servizio, oltre il termine di 24 mesi previsto dall’art. 39 d.p.r. 51 cit., la domanda di ripetizione appare illegittima.
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

Messaggio da panorama »

Il Tar Sicilia sede di Catania con la n. 1800/2024 resa pubblica in data 14/05/2024 accoglie la tesi del ricorrente sottoufficiale della Marina Militare. In questa sentenza vengono trattate anche altre questioni e non solo il recupero delle somme dopo i 24 mesi.

- >> riduzione dello stipendio della metà per il periodo successivo ai primi sei mesi di aspettativa e dell’intero per il rimanente periodo fino alla cessazione del servizio ai sensi dell’art. 15 D.P.R. n. 52/2009.

1) - Il ricorrente evidenzia che non possa darsi luogo al recupero delle somme richieste in quanto l’accertamento sulla dipendenza dell’infermità da causa di servizio è avvenuto ventiquattro mesi dopo il proprio collocamento in aspettativa.

Ecco alcuni brani che il TAR scrive:

2) - Da una lettura formalistica del comma 2 e del comma 3 dell’art. 15 del D.P.R. n. 52/2009 si potrebbe desumere, prima facie, che le due disposizioni abbiano ad oggetto situazioni diverse: il comma 2 fa infatti espresso riferimento al personale giudicato permanentemente non idoneo al servizio "in modo parziale", prevedendo con specifico riguardo a tale fattispecie che “Non si dà luogo alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa”; il successivo comma 3, di converso, da un lato fa “salve le disposizioni di maggior favore” e, dall’altro, concerne, più estensivamente, il “personale collocato in aspettativa per infermità”, abbracciando anche le ipotesi in cui la non inidoneità al servizio sia assoluta e non parziale.

3) - Tali considerazioni appaiono di per sé sufficienti, ad avviso del Collegio, per ritenere che il termine di ventiquattro mesi debba applicarsi anche all’ipotesi in cui il dipendente sia incorso in una non idoneità al servizio assoluta o permanente, sebbene tale limite temporale per addivenire alla pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio sia espressamente previsto solo con riguardo all’ipotesi di non idoneità “parziale”.

4) - Condividendosi, quindi, tale impostazione, peraltro affermata dalla costante giurisprudenza amministrativa (ex multis, T.A.R. Marche, sez. I, 31 ottobre 2023, n. 686; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 4 giugno 2020, n. 431; T.R.G.A. Bolzano, 9 dicembre 2020, n. 330), una lettura costituzionalmente orientata delle due disposizioni in esame impone di ritenere che il comma 3 dell'articolo 15 del D.P.R. n. 52/2009 – che per il dipendente giudicato totalmente inidoneo al servizio fa salve "le disposizioni di maggior favore" – si riferisca (anche) alla previsione del comma 2 del medesimo articolo in virtù della quale "Non si dà luogo alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa".

N.B.: Per comprendere il tutto leggete direttamente dall'allegato.
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giannicp
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

Messaggio da giannicp »

salve panorama non riesco a leggere l allegato vorrei se possibile, poter leggere la sentenza in maniera integrale cortesemente.
mauri64
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

Messaggio da mauri64 »

Ciao!
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

Messaggio da NavySeals »

La sentenza di Catania è stata appellata ed è pendente al Consiglio di Stato. Vedremo come andrà a finire, io immagino che si adegueranno a quanto sinora è stato (i 24 mesi valgono solo per i parziali).
aeronatica
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Re: 24 mesi e ripetibilità degli emolumenti

Messaggio da aeronatica »

Buona sera a tutti.
Vorrei solo indicare che il CDS si è già espresso in tema di estensione del beneficio del divieto di recupero delle poste stipendiali erogate, anche a chi non viene riformato in modo parziale e quindi non ottiene il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell'infermità purchè la definizione del procedimento intervenga dopo il 24esimo mese.
Certo è utile attendere la definizione dell'appello della pronuncia di Catania ma salvo repentini capovolgimenti dell'orientamento giurisprudenziale il CDS si è già pronunciato estendendo l'applicabilità della norma di favore ai riformati parziali anche a coloro che non lo sono.
Vincolo e requisito necessario è comunque quello del superamento in entrambe le fattispecie del termine dei 24 mesi per la definizione del procedimento di riconoscimento della CSO al fine di impedire il recupero delle poste stipendiali corrisposte in attesa di definizione.
Anche il TAR Veneto si è pronunciato in tal senso con sentenza n. 2470 del 21.10.2024 che si è espressa testualmente come segue.

"(...) 12. Sulla legittimità del recupero stipendiale disposto con determina n. omissis.
Quanto al recupero delle poste stipendiali provvisoriamente riconosciute al
momento del collocamento della ricorrente in aspettativa per infermità, in attesa
della pronuncia sul riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, va
osservato quanto segue.
Come emerge dalla determinazione n. xxxx del omissis l’app. omissis è stata
collocata in aspettativa per infermità per la durata di 730 gg. decorrenti dal
14.06.2020, e l’Amministrazione ha provveduto a corrisponderle assegni interi per
tutto il periodo di aspettativa. In forza della determinazione poc’anzi citata il
Comandate ha provveduto a chiedere la restituzione delle seguenti somme:
-la metà delle somme corrisposte per giorni 183, dal 14 giugno al 13 dicembre
2021;
-tutte le somme corrisposte per giorni 182, dal 14 dicembre 2021 al 13 giugno
2022.
In tal senso la p.A. ha agito in applicazione dell’art. 26 della L. 5 maggio 1976, n.
187, che nel fissare il regime economico delle aspettative fruite per infermità non
dipendenti da causa di servizio individua tre distinte scansioni temporali:
i) a retribuzione (assegno) piena, per i primi dodici mesi;
ii) ridotta alla metà per il semestre successivo;
iii) senza alcun assegno, nell’ultimo semestre, fino al massimo dei 24 mesi di
fruibilità dell’istituto.
L’app. omissis ritiene che il provvedimento di recupero sia illegittimo avuto
riguardo al tenore dell’art. 39 del d.P.R. n. 51/2009, che al comma 3° indicherebbe
quale ragione ostativa al recupero la pendenza delle procedure di transito fissando
una tempistica rigorosa al fine di procedere in tal senso. Nel caso in esame il
termine per il recupero sarebbe stato oltrepassato: difatti tra il collocamento in
aspettativa del 14.06.2020 e la definizione della causa di servizio in data
05.07.2023 risulterebbe decorso un periodo superiore al biennio indicato dalla
norma (art. 39, comma 3°).

L’Amministrazione si è recisamente opposta alla ricostruzione della ricorrente
negando l’applicabilità del comma 3° del citato art. 39, riguardante la situazione
dei militari in aspettativa dichiarati permanentemente non idonei nella forma
parziale, a beneficio del successivo comma 4°, che per i militati in aspettativa per
infermità in quanto temporaneamente non idonei al servizio militare incondizionato
(qual è in effetti la ricorrente) non prevedrebbe alcuna ipotesi di impedimento nella
ripetizione delle somme (attivazione dell’istanza di transito o decorso di
ventiquattro mesi dal collocamento in aspettativa).
Le ragioni della ricorrente possono essere accolte alla luce di quanto di seguito
specificato.
12.1. L’art. 39, commi 3° e 4°, del d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51, applicabile ratione
temporis prevede che:
“3. Il personale giudicato permanentemente non idoneo al servizio in modo
parziale permane ovvero è collocato in aspettativa fino alla pronuncia sul
riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione o infermità che
ha causato la predetta non idoneità anche oltre i limiti massimi previsti dalla
normativa in vigore. Fatte salve le disposizioni che prevedono un trattamento più
favorevole, durante l'aspettativa per infermità, sino alla pronuncia sul
riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione subita o
dell'infermità contratta, competono gli emolumenti di carattere fisso e continuativo
in misura intera. Nel caso in cui non venga riconosciuta la dipendenza da causa di
servizio e non vengano attivate le procedure di transito in altri ruoli della stessa
Amministrazione o in altre amministrazioni, previste dall'articolo 14, comma 5,
della legge 28 luglio 1999, n. 266, sono ripetibili la metà delle somme corrisposte
dal tredicesimo al diciottesimo mese continuativo di aspettativa e tutte le somme
corrisposte oltre il diciottesimo mese continuativo di aspettativa. Non si dà luogo
alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio
intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in
aspettativa. Tale periodo di aspettativa non si cumula con gli altri periodi di
aspettativa fruiti ad altro titolo ai fini del raggiungimento del predetto limite
massimo.
4. A decorrere dall'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 11
settembre 2007, n. 170, fermi restando i limiti previsti dalle norme sullo stato
giuridico per il personale militare e fatte salve le disposizioni di maggior favore, al
personale collocato in aspettativa per infermità, in attesa della pronuncia sul
riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della lesione o infermità,
competono gli emolumenti di carattere fisso e continuativo in misura intera. Nel
caso in cui non venga riconosciuta la dipendenza da causa di servizio sono
ripetibili la metà delle somme corrisposte dal tredicesimo al diciottesimo mese
continuativo di aspettativa e tutte le somme corrisposte oltre il diciottesimo mese
continuativo di aspettativa”.
12.2. La ricorrente è stata collocata in aspettativa per infermità a seguito di
temporanea inidoneità al servizio in modo assoluto, rientrando dunque
astrattamente nella previsione di cui al comma 4° del citato art. 39, che come detto
non contempla alcuna ipotesi di impedimento nella ripetizione delle somme.
12.3. La giurisprudenza amministrativa (cfr. C.d.S. n. 2679/2022) ha messo in
evidenza che le previsioni del terzo comma del citato art. 39 esordiscono con la
locuzione “nel caso in cui”, la quale indica sintatticamente e logicamente un
espresso rinvio all’esordio del comma in argomento, ossia al “personale giudicato
permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale”.
Invece il 4°comma dello stesso art. 39 riguarda la fattispecie più generale di chi sia
“collocato in aspettativa per infermità”.
Da qui la conclusione per cui: “il diverso e più favorevole regime della ripetizione
di emolumenti previsti dal comma 3° per chi sia stato giudicato permanentemente
non idoneo al servizio in modo parziale (“Non si dà luogo alla ripetizione qualora
la pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il
ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa”) appare aver
giustificazione nella già statuita, sia pur parziale, idoneità al servizio, tale da
comportare incertezza sulla sorte dell’interessato in seno all’Amministrazione
armata cui appartiene (v. le disposizioni sulla permanente non idoneità in modo
parziale contenute nel decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 – “Codice
dell'ordinamento militare”), e quindi tale da comportare per l’Amministrazione un
onere di provvedere tempestivamente”.
A questa esegesi se ne contrappone un’altra, seguita in un diverso precedente da
questo stesso Tribunale (cfr. la pronuncia n. 516/2022), che avuto riguardo al
contenuto dell’art. 39, commi 3° e 4°, del d.P.R. n. 51/2009, ha messo in evidenza
che:
“8. La disposizione sopra ricordata fa riferimento a due distinte situazioni: l’art.
39, co. 3, del d.P.R. n. 51 del 2009 si riferisce al solo «personale giudicato
permanentemente non idoneo al servizio in modo parziale», cioè quel personale
che ha già avuto una diagnosi definitiva di invalidità permanente, seppure parziale,
e che potrebbe continuare, nelle more della valutazione della causa di servizio, ad
essere impiegato in mansioni di istituto, purché compatibili con le proprie
condizioni di salute, ma che si preferisce mantenere comunque inattivo; l’art. 39,
co. 4, del d.P.R. n. 51 del 2009, invece, ha riguardo a chi si trova in una più
generica «aspettativa per infermità», vale a dire in una situazione di inabilità
totale al servizio, astrattamente pure temporanea, che prescinde dall’avvenuto
accertamento di una causa di invalidità permanente, totale o parziale, e come tale
è riconducibile ad un periodo di malattia. Ove tale situazione si verifichi «in attesa
della pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio» gli emolumenti vanno
corrisposti per intero. La medesima disposizione, diversamente dal comma
precedente, nulla dice con riferimento alla limitazione temporale delle attività di
recupero delle somme erogate qualora la pronuncia sul riconoscimento della
causa di servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del
collocamento in aspettativa.

9. Circoscrivendo, dunque, la portata dell’art. 39, comma 4, del d.P.R. n. 51 del
2009 al solo ambito riveniente dalla sua formulazione letterale, verrebbe meno con
riferimento alla inabilità permanente assoluta la disciplina della ripetizione degli
assegni non dovuti nella misura erogata qualora, come nel caso di specie, la
pronuncia sul riconoscimento della causa di servizio intervenga oltre il
ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in aspettativa. Infatti l’odierno
appellato è stato collocato in aspettativa a partire dal 5 novembre 2015, mentre
l’istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è stata rigettata
in data 26 aprile 2018.
10. Sul punto, il Collegio ritiene che il giudice di prime cure abbia correttamente
preso atto che l’interpretazione letterale delle due disposizioni condurrebbe
all’applicazione di un trattamento differenziato per situazioni omogenee nei loro
effetti, come le fattispecie di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 39 d.P.R. n. 51 del 2009,
in evidente contrasto con l’art. 3 Cost., che impone che situazioni omogenee
ricevano il medesimo trattamento (cfr. Corte costit. sentenze n. 108 del 2011 e n.
223 del 2012).
Peraltro, il rinvio di cui all’art. 39, co. 4, d.P.R. n. 51 del 2009 a “le disposizioni
di maggior favore” ben può riferirsi al precedente comma 3 dello stesso articolo,
che, con espresso riferimento alle ipotesi di inabilità parziale, stabilisce che «Non
si dà luogo alla ripetizione qualora la pronuncia sul riconoscimento della causa di
servizio intervenga oltre il ventiquattresimo mese dalla data del collocamento in
aspettativa».
11. Come la Sezione ha già avuto modo di precisare (Cons. Stato, sez. II, 15 marzo
2022, n. 2880), infatti, la scelta di imporre al dipendente un periodo di inattività
“forzata”, che in quanto tale non viene ritenuta computabile nell’arco di tempo
massimo fruibile allo scopo, è bilanciata dalla consapevolezza in capo allo stesso
di essere sottoposto alla possibilità di subire una decurtazione stipendiale postuma,
seppure entro un lasso di tempo rigorosamente predeterminato.
12. A tal proposito può richiamarsi altresì l’orientamento dalla giurisprudenza
della CEDU in tema di ripetizione di somme indebitamente erogate. Seppure con
riferimento al caso di erogazione di somme in forza di errore imputabile alla stessa
amministrazione erogante, la Corte EDU (v. sez. I , 11 febbraio 2021, n.
4893/2013, Casarin contro Italia) ha evidenziato proprio, tra le altre cose, come il
lasso di tempo intercorso prima della richiesta restitutoria non può non assumere
rilievo ai fini del c.d. proportionality test richiesto dall’art. 1 del Protocollo 1, che
ammette le ingerenze statuali nel godimento di beni privati solo se le stesse siano
previste dalla legge per uno scopo legittimo e siano «necessarie in una società
democratica». La Corte, cioè, dopo avere riconosciuto la legalità dell’ingerenza,
essendo la ripetizione, appunto, «prevista dalla legge», come nel caso di specie,
nonché la legittimità dello scopo, ne ha tuttavia censurato l’applicazione sotto il
profilo della non proporzionalità, ritenendo che la scelta fatta abbia turbato
l’equilibrio che deve sussistere tra le esigenze dell’interesse pubblico generale, da
un lato, e quelle della protezione del diritto dell’individuo al rispetto della sua
proprietà, dall’altro.
13. Pertanto, ammesso che anche alla fattispecie di inidoneità assoluta di cui al
comma 4 del d.P.R. 51 del 2009 possa essere applicata la disposizione sul recupero
delle somme erogate, espressamente dettata dal comma precedente solo per i casi
di inidoneità parziale, occorre verificare se sia stata rispettata la tempistica di
ventiquattro mesi imposta al riguardo dal legislatore, a tutela del legittimo
affidamento del lavoratore sulla possibilità di disporre delle somme percepite”
(così in C.d.S., n. 4845 del 30.5.2024).
12.4. Il Collegio aderisce a questa seconda opzione ermeneutica, apparendo essa
maggiormente rispettosa del dettato costituzionale (per un precedente in questo
senso vd. il già citato T.A.R. Veneto, n. 516/2022).
Conseguentemente, nel caso in esame è dirimente la circostanza per cui, a fronte
del collocamento in aspettativa dal 14.06.2020, la causa di servizio è stata poi
definita in senso negativo con parere della C.V.C.S. del 17.1.2023, consacrato nella
determinazione n. 3173 del 5.7.2023, atti dunque entrambi intervenuti oltre il
termine dei ventiquattro mesi previso dall’art. 39, comma 3°, del d.P.R. n. 51/2009.
Per queste ragioni il provvedimento di recupero stipendiale, assunto al prot. n.
xxx del omissis e riferito alle somme corrisposte per il periodo dal 16.6.2020
al 13.6.2022, va annullato secondo la richiesta dell’omissis.(...)".

Per quanto sopra mi pare coerente che il CDS possa esprimersi in continuità con il principio già espresso favorevole estensione del beneficio del non recupero delle somme stipendiali erogate anche nel caso di diniego di riconoscimento della CSO ove intervenuto oltre i 24 mesi.
Quanto sopra per opportuna informazione porgendo distinti saluti a tutti.
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