Gent.mo Avvocato,
sono un V. Brig. dell’Arma, con 27 anni di servizio (solo 6 anni e 9 mesi prestati in altra FF.AA.), riporto una breve descrizione dei fatti che mi riguardano in ordine cronologico.
Premetto che ad inizio anno 2024 richiedo ed ottengo un trasferimento temporaneo (motivi di salute di mio padre) di 3 mesi, prorogato di ulteriori 2 mesi.
Proroga ottenuta inviando una mole non indifferente di documentazione sanitaria e continue istanze. Durante questi mesi in trasferimento temporaneo mio padre si aggrava e viene riconosciuto invalido 100% e portatore handicap 104 art. 3 comma 3, mia madre si aggrava ed anche lei viene riconosciuta invalida 67% e portatore handicap 104 art. 3 comma 1.
Informo subito il comando di vertice, evidenziando che non ho sorelle nè fratelli residenti/dimoranti in provincia poiché tutti fuori regione per motivi di lavoro. L’Arma in una delle loro fantasiose risposte mi scrive che le patologie di cui mio padre soffre non sono fronteggiabili con l’istituto del temporaneo proprio perché non è evento di carattere temporaneo.
Mi convinco quindi ad:
- inviare una istanza di trasferimento ai sensi della legge 104 e relativi allegati;
- inviare una istanza di trasferimento ai sensi della 398 RGA e relativi allegati.
Pochi giorni dopo mi è stato notificato dal Comando Generale a mezzo pec un:
- preavviso di diniego art. 10 bis relativo all’istanza di trasferimento ai sensi della legge 104;
- preavviso di diniego art. 10 bis relativo all’istanza di trasferimento ai sensi della 398 RGA.
Il conseguente invio delle osservazioni (104-398) ovviamente non ha dato l’esito sperato. Rigetto di entrambe le istanze con la medesima motivazione, provvedimento copia incolla con 2 diversi numeri progressivi.
Dopo aver fatto accesso agli atti per entrambi i dinieghi alle 2 istanze mi rivolgo ad un legale e propongo ricorso al TAR competente per la sola istanza relativa alla legge 104 e ne richiedo contestualmente la cautelare.
Le controdeduzioni inviate dall’Arma al TAR poco prima della discussione della sola udienza cautelare riportano, anche se in maniera più ampia ed argomentata, le medesime motivazioni indicate prima nel 10 bis e nel provvedimento finale di diniego (carenza organica nel reparto di appartenenza, surplus organico nella provincia richiesta, parere della sanità militare rilevante ma non al punto di concedere il trasferimento). Tuttavia il fulcro motivazionale al diniego rimane il mero dato numerico letto dalle piante organiche.
Sulla scorta del mio ricorso e delle controdeduzioni dell’Arma, il TAR con ordinanza annulla gli effetti del diniego e concede la cautelare con addebito delle spese di lite a carico dell’Arma.
Il TAR mette nero su bianco che sussiste il fumus boni iuris (la scopertura deve ritenersi lieve, dovendosi in tali casi richiedere all’amministrazione uno sforzo motivazionale maggiore al fine di negare il trasferimento - l’amministrazione richiama il mero dato numerico relativo all’organico assegnato alle mansioni formalmente svolte dal ricorrente senza prendere in considerazione la possibilità di reimpiegare il dipendente in mansioni per le quali lo stesso ha maturato esperienza nel corso della carriera). Ritiene sussistente anche il presupposto del periculum in mora. Dispone la rivalutazione dell’istanza da parte dell’amministrazione.
Mi chiedo come sia possibile tutto questo?
Come sia possibile che venga negato un diritto garantito da una legge dello Stato con motivazioni pretestuose?
Peraltro non tenendo in considerazione l’orientamento dei diversi TAR d’Italia e CDS in merito, dove è espressamente scritto che il diniego non può basarsi su un mero calcolo numerico ma va argomentato e documentato.
Atteso che l’Arma potrebbe rivedere la mia istanza oggetto di ricorso, ma emettere potenzialmente un nuovo provvedimento di diniego cambiando motivazione.
Che si fa in questi casi? Si propone ricorso ad oltranza? Questa storia avrà mai una fine?
Cordialmente
Trasferimento ex art. 33 comma 5 della Legge 104/1992
Moderatore: Avv. Giorgio Carta
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