Onorificenze cavalleresche, l. n. 178/1951

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Onorificenze cavalleresche, l. n. 178/1951

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diniego di autorizzazione all’uso nel territorio della Repubblica delle onorificenze cavalleresche conferite dall’ordine Militare del SS. Salvatore e di S. Brigida di Svezia.
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1) - sentenza n. 1624/1959 della Corte di Cassazione che avrebbe riconosciuto all’Ordine Militare del SS. Salvatore e di S. Brigida carattere di ordine non nazionale

2) - Il suddetto diniego si fonda sulla insussistenza della qualificazione di “ordine non nazionale” dell’ordine in questione e della conseguente mancanza dei presupposti per l’autorizzazione all’uso delle onorificenze da questo conferite al ricorrente, ai sensi dell’art. 7 della legge 178/1951.

IL TAR Lazio scrive:

3) - A disegnare i contorni degli Ordini Cavallereschi non nazionali ha provveduto, anche sulla scorta delle argomentazioni di autorevole dottrina, il Consiglio di Stato, con numerosi pareri (v. n. 1869/1981, n. 813/2001, 367/2003, 243/2008) - che costituiscono diritto vivente, in considerazione della consolidata e diffusa accettazione dei principi ivi contenuti - nei quali i giudici di Palazzo Spada hanno affermato che sono tali, quelli che possono vantare le seguenti caratteristiche:
Omissis (leggi direttamente in sentenza postata sotto)

4) - Il giudice amministrativo ha anche precisato la necessità che il predetto riconoscimento, da parte dell’ordinamento estero, sia effettivo ed attuale, dovendo rispecchiare “una inequivoca e generale accettazione (il riconoscimento dell’ordine) da parte di chi ne ha la sovranità”.

5) - Come ricorda la Corte di Cassazione in una non troppo risalente pronuncia, OMISSIS leggi in sentenza sotto (così Cass. Pen. n. 9737/99).

6) - Alla luce dei caratteri dell’ordine non nazionale, al quale può autorizzarsi il conferimento di onorificenze, individuati della ormai più che ventennale giurisprudenza del Consiglio di Stato, dalla quale il Collegio, per quanto osservato, non trova ragioni per discostarsi, l’Ordine Militare di cui si discute non si configura come tale.

7) - Quanto alla sentenza del 1959 della Corte di Cassazione, invocata dal ricorrente, deve evidenziarsi che le statuizioni del giudice penale, lungi dal costituire decisiva analisi ex professo della problematica derivante dall’interpretazione dell’art. 7 della legge 178/1951, risultano, in ogni caso, superate dai pareri con i quali il Consiglio di Stato, anche in virtù di successive elaborazioni della dottrina, ha statuito, con valore di diritto vivente, sul tema.

Leggete il resto completamente qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 3T ,numero provv.: 201503824 - Public 2015-03-05 -


N. 03824/2015 REG.PROV.COLL.
N. 03508/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3508 del 2013, proposto dal OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Preziuso, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Dell'Erba in Roma, Via Belsiana, 71;

contro
Ministero degli Affari Esteri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di
Ordine Militare del Santissimo Salvatore e di Santa Brigida di Svezia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Agnusdei e Carlo Sebastiano Foti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carlo Sebastiano Foti in Roma, Via F. Grossi Gondi, 62;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento prot. 47125 del 27/02/2013, emesso dal Ministero degli Affari Esteri, Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, con il quale è stata rigetta la richiesta di autorizzazione all’uso nel territorio della Repubblica delle onorificenze cavalleresche conferite dall’ordine Militare del SS. Salvatore e di S. Brigida di Svezia del 16/5/2012 e dell’8/11/2012, ai sensi dell'art. 7 l. n. 178/1951;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero degli Affari Esteri e di Ordine Militare del Santissimo Salvatore e di Santa Brigida di Svezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2015 la dott.ssa Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso, notificato il 22 marzo 2013 e depositato il successivo 17 aprile, il OMISSIS, impugna il diniego di autorizzazione all’uso nel territorio della Repubblica delle onorificenze cavalleresche conferite dall’ordine Militare del SS. Salvatore e di S. Brigida di Svezia.

Avverso il suddetto diniego articola i seguenti motivi di gravame:

1) eccesso di potere per violazione di legge e/o falsa interpretazione di norme a carattere generale, insufficiente motivazione e carenza di istruttoria, in quanto l’interpretazione data dal Ministero di “ordine non nazionale” si discosterebbe da quella accolta dalla giurisprudenza, in particolare dalla sentenza n. 1624/1959 della Corte di Cassazione che avrebbe riconosciuto all’Ordine Militare del SS. Salvatore e di S. Brigida carattere di ordine non nazionale, e sarebbe stato emesso in carenza di istruttoria non avendo tenuto conto della documentazione prodotta dal ricorrente;

2) eccesso di potere sotto il profilo dell’abuso d’ufficio e della violazione di legge, in quanto sussisterebbero, nel caso di specie, tutti i presupposti per la concessione dell’autorizzazione;

3) violazione delle disposizioni di cui alla legge 241/90 e dell’art. 97 Cost., eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del giusto procedimento per avere adottato un provvedimento senza consentire la partecipazione all’interessato ed omettendo la menzione del termine per l’impugnativa, nonché dell’autorità alla quale fare ricorso e del nominativo del Responsabile del procedimento.

Il Ministero si è costituito e, con memoria e documenti depositati il 30 aprile 2013, resiste nel merito.
Si è costituito anche l’Ordine Militare del SS. Salvatore e di Santa Brigida di Svezia per sostenere le ragioni di parte ricorrente.

Le parti hanno depositato ulteriori memorie e documenti a sostegno delle rispettive argomentazioni.
Alla pubblica udienza del 22 gennaio 2015, sentiti i difensori presenti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Oggetto del gravame è il diniego dell’autorizzazione all’uso nel territorio della Repubblica delle onorificenze cavalleresche, conferite dall’ordine Militare del SS. Salvatore e di S. Brigida di Svezia il 16/5/2012 e l’8/11/2012, richiesto dal ricorrente con istanza del 14 novembre 2012.

Il suddetto diniego si fonda sulla insussistenza della qualificazione di “ordine non nazionale” dell’ordine in questione e della conseguente mancanza dei presupposti per l’autorizzazione all’uso delle onorificenze da questo conferite al ricorrente, ai sensi dell’art. 7 della legge 178/1951.

Avverso la predetta motivazione parte ricorrente invoca la diversa interpretazione data dalla Cassazione con la sentenza n. 1624 del 1959.

La disamina delle questioni proposte richiede un breve richiamo al quadro
normativo di riferimento.

Con la legge 3 marzo 1951, n. 178, istitutiva dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana», si è, altresì, disciplinato il conferimento e l'uso delle onorificenze da parte di Ordini non nazionali o da Stati esteri, stabilendo, all’art. 7, primo comma, che:

«I cittadini italiani non possono usare nel territorio della Repubblica onorificenze o distinzioni cavalleresche loro conferite in Ordini non nazionali o da Stati esteri, se non sono autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per gli affari esteri”.

Ai sensi dell’art. 2 l. 12 gennaio 1991, n. 13, l’autorizzazione è ora rilasciata con decreto del Ministero per gli affari esteri.

I successivi commi prevedono una sanzione amministrativa sino a lire 2.500.000 per i contravventori e stabiliscono, altresì, che per le onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche della Santa Sede e dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti, come anche per l'uso delle onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche del Sovrano Militare Ordine di Malta.

Le disposizioni contenute nella legge del 1951 non precisano, però, quali siano i presupposti per ottenere la predetta autorizzazione, ovvero quali siano i caratteri di un ordine “non nazionale” ai quali l’ordinamento riconosce la facoltà di concedere onorificenze, previa autorizzazione, ora, del Ministro degli Esteri.

A disegnare i contorni degli Ordini Cavallereschi non nazionali ha provveduto, anche sulla scorta delle argomentazioni di autorevole dottrina, il Consiglio di Stato, con numerosi pareri (v. n. 1869/1981, n. 813/2001, 367/2003, 243/2008) - che costituiscono diritto vivente, in considerazione della consolidata e diffusa accettazione dei principi ivi contenuti - nei quali i giudici di Palazzo Spada hanno affermato che sono tali, quelli che possono vantare le seguenti caratteristiche:

- totale estraneità all’ordinamento italiano;

- non promananti da un ordinamento statuale straniero, ovvero, costituiti ed operanti all’estero, ma non espressione di ordinamenti statuali sovrani;

- siano riconosciuti da un ordinamento statuale straniero o dall’ordinamento canonico, con un provvedimento formale che ne certifichi l’appartenenza al proprio patrimonio onorifico, pur se non promanante direttamente dallo Stato;

- il riconoscimento da parte dell’ordinamento straniero non deve limitarsi alla mera tolleranza di fatto, dovendo invece trattarsi dell’assegnazione di una dignità ufficiale, un valore diffuso e condiviso dall’intero ordinamento in cui è inserito.

Il giudice amministrativo ha anche precisato la necessità che il predetto riconoscimento, da parte dell’ordinamento estero, sia effettivo ed attuale, dovendo rispecchiare “una inequivoca e generale accettazione (il riconoscimento dell’ordine) da parte di chi ne ha la sovranità”.

Ciò in quanto la disciplina delle onorificenze postula una riserva da parte della Repubblica del conferimento, del riconoscimento e della legittimazione all’uso delle decorazioni e, per converso, il divieto di analoghe prerogative se non presunte di pari livello.

Il rigore con il quale si deve, poi, valutare l’istituzione che chiede l’autorizzazione al conferimento di onorificenze trova il suo fondamento nell’esigenza di tutela del principio di pari dignità sociale, affermato dalla carta costituzionale, ed impone una seria verifica del riconoscimento, esistente nell’ordinamento nel quale si colloca l’ordine non nazionale, della dignità cavalleresca di quest’ultimo.

Come ricorda la Corte di Cassazione in una non troppo risalente pronuncia, “il mutato quadro istituzionale con la proclamazione della Repubblica e l'impostazione democratica ed egualitaria della nostra Costituzione fanno da sfondo alla legge del 1951, che attua un precetto costituzionale (art. 97 ultimo comma Cost.), derogatorio del principio di uguaglianza, sicché il legislatore, nel dettare le norme, ha voluto attribuire alle onorificenze conferite dalla Repubblica Italiana, fondata sul lavoro, un significato eminentemente morale, onde ha ridotto al massimo la possibilità di poter utilizzarne altre (art. 7 l. cit.) ed ha subordinato l'uso di quelle "non nazionali" ad un'autorizzazione anche al fine di evitare pericolose nostalgie di passati regimi.

Pertanto, (…) lo Stato italiano ha inteso riservare a se il potere di conferimento, vietandolo ad ogni ente, associazione o privato salvi gli ordini cavallereschi previsti dall'art. 7 e le onorificenze di Stati esteri e degli ordini non nazionali, subordinate queste ultime ad autorizzazione”

Tale "ratio" è evidenziata nella relazione ai lavori preparatori , in cui si sottolinea che "l'istituzione delle onorificenze della Repubblica comporta la necessità di un'adeguata protezione giuridica, a tutela del prestigio di tali distinzioni, non meno che della pubblica fede... l'abuso che attualmente vien fatto di queste pretese distinzioni onorifiche, per fini quasi sempre speculativi, non ha solo dannose ripercussioni di ordine interno, ma nuoce gravemente al prestigio dell'Italia, sminuendo la dignità ed il valore delle nostre onorificenze presso le altre nazioni” (così Cass. Pen. n. 9737/99).

L’esigenza di tutela giuridica dell’ordine al merito della Repubblica italiana e delle onorificenze, nelle intenzioni del legislatore, come emergono anche dai verbali dei lavori della prima commissione della Camera (v. seduta del 9 febbraio 1951) passa attraverso previsioni che vietano l’uso nel territorio della Repubblica di onorificenze e distinzioni conferite in Ordini non nazionali o da Stati Esteri se non autorizzati.

La riserva statale sul conferimento di onorificenze, la necessità di contemperare il contrapposto principio di eguaglianza e pari dignità degli individui e il giudizio di disapprovazione che si ricava dalla disciplina sanzionatoria, confermano, a tutt’oggi, la validità del principio che impone a chi domanda una prerogativa, che il nostro ordinamento riserva al Capo dello Stato, in rappresentanza della Nazione, pari dignità, dell’Ordine Cavalleresco richiedente, rispetto a quello di un potere sovrano, da dimostrare attraverso un atto di riconoscimento dell’ordinamento a cui appartiene, da parte di chi ne ha la rappresentanza, ovvero la legittimazione.

Alla luce dei caratteri dell’ordine non nazionale, al quale può autorizzarsi il conferimento di onorificenze, individuati della ormai più che ventennale giurisprudenza del Consiglio di Stato, dalla quale il Collegio, per quanto osservato, non trova ragioni per discostarsi, l’Ordine Militare di cui si discute non si configura come tale.

In primo luogo gli elementi addotti dal ricorrente (essere stato posto sotto l’Alto Patronato di Capi di Stato delle Repubbliche dell’America Latina; la presenza di luogotenenze in varie parti del mondo; lo scopo di propagandare la fede cattolica nel mondo) sono indizi insufficienti ad attestare quel riconoscimento, da parte di un ordinamento straniero, che vada oltre la rilevanza individuale, privata, dell’attribuzione di fregi ed onorificenze per assurgere ad inequivoca e generale accettazione della dignità ufficiale della benemerenza conferita.

L’avere accettato nomine onorarie da parte dei Capi di Stato non integra il riconoscimento di cui si tratta, non rappresentando altro che una vicenda individuale, rientrante nella sfera privata della persona coinvolta.

Peraltro la documentazione prodotta agli atti del fascicolo da parte ricorrente proviene esclusivamente dai rappresentanti o dagli uffici dell’Ordine di Santa Brigida, mancando del tutto di documenti provenienti da ordinamenti sovrani.

Anche la Santa Sede, in varie occasioni, per tramite della Segreteria di Stato della Santa Sede ha puntualizzato di non riconoscere le onorificenze rilasciate dall’Ordine di S. Brigida di Svezia, come risulta anche dagli interventi pubblicati sull’Osservatore Romano.

Quanto alla sentenza del 1959 della Corte di Cassazione, invocata dal ricorrente, deve evidenziarsi che le statuizioni del giudice penale, lungi dal costituire decisiva analisi ex professo della problematica derivante dall’interpretazione dell’art. 7 della legge 178/1951, risultano, in ogni caso, superate dai pareri con i quali il Consiglio di Stato, anche in virtù di successive elaborazioni della dottrina, ha statuito, con valore di diritto vivente, sul tema.

Il diniego gravato si fonda, con tutta evidenza, sulle considerazioni svolte dalla più recente giurisprudenza e dai pareri prodotti dai Gruppi di Lavoro sulle onorificenze istituiti presso il Ministero degli esteri.

Per quanto osservato non si ravvisano neanche gli ulteriori vizi dedotti di carenza di istruttoria o di motivazione.

Il provvedimento del 27 febbraio 2013, con il quale è stata negata la richiesta autorizzazione, con motivazione scevra dalle dedotte censure, fonda la decisione sulla mancanza dei presupposti in capo al richiedente ordine, chiarendo espressamente che la qualificazione di “ordine non nazionale” ai fini dell’autorizzazione al fregio sul territorio nazionale ai sensi dell’art. 7 della legge 178 del 1951, “è da intendersi per quei soli ordini riconosciuti da altri ordinamenti giuridici di pari livello ed effettività di quello della Repubblica italiana o da questa nominativamente abilitati” e, precisa, altresì, che “il riconoscimento da parte degli Stati esteri si intende avvenuto se fondato su un atto ufficiale, generale, diretto, espresso e promanante dalla locale ed attuale fons honorum mediante il quale si autorizza l’Ordine non nazionale a rilasciare onorificenze nei rispettivi ordinamenti esteri”.

Tali presupposti appaiono chiari, esaustivi e conformi ai principi sopra enucleati fissati dal diritto vivente.

L’isolata e risalente sentenza del giudice penale, vincolante solo nella parte in cui accerta la insussistenza del reato a suo tempo contestato all’allora Gran Maestro dell’Ordine, non può sostituire la totale carenza di atti di riconoscimento promananti da un ordinamento straniero.

Per quanto sopra argomentato entrambi i primi due motivi di ricorso vanno respinti, poiché infondati.

Infondato è, altresì, il terzo motivo di gravame con il quale viene dedotta la violazione delle norme di cui alla legge 241/90 sulle garanzie partecipative e le conseguenti formalità.

Alla luce di quanto osservato, in ordine ai presupposti per la concessione dell’autorizzazione e alla documentazione allegata dal ricorrente ad asserito sostegno del carattere “non nazionale” dell’ordine, appare accertato che il provvedimento impugnato non poteva avere contenuto diverso, con conseguente inidoneità delle omesse garanzie partecipative a viziare di illegittimità il provvedimento stesso, ai sensi dell’art. 21 octies della legge 241/90.

Del pari irrilevante l’avere omesso il nominativo del Responsabile del procedimento ed il termine entro il quale ricorrere, atteso che tali omissioni non hanno impedito al ricorrente di esercitare il proprio diritto di difendersi impugnando il provvedimento sfavorevole, tempestivamente, davanti a questo Tribunale.

Tutto ciò premesso, il ricorso va respinto, poiché infondato.

Si ravvisano ragioni, in considerazione della peculiarità della vicenda, per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Michelangelo Francavilla, Consigliere
Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/03/2015


panorama
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Re: Onorificenze cavalleresche, l. n. 178/1951

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Parere del CdS del 2008
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fregiarsi dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce con placca in oro dell’Ordine di Danilo I, ricevuta dall’attuale Capo della Casata [già regnante sul Regno del Montenegro] Petrovich-Njegosh [Petrović-Njegoš], Nicola II.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 200900552
Numero ricorso:200802443


Adunanza della Sezione Prima – 29 ottobre 2008

N. Sezione 2443/08 La Sezione
________________

OGGETTO:

Ministero degli affari esteri.

Richiesta di parere in ordine al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica del Prof. Avv. OMISSIS nei confronti del Ministero degli Affari Esteri avverso la determinazione del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica di non accoglimento dell’istanza di autorizzazione a fregiarsi di un onorificenza di un Ordine non nazionale.


Vista la relazione prot. n. 0208975 del 13 giugno 2008 con cui il Ministero degli Affari Esteri – Cerimoniale Diplomatico della Repubblica – Ufficio II – chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine al ricorso straordinario in oggetto;

ESAMINATI gli atti e udito il relatore-estensore Consigliere Giuseppe Severini;

PREMESSO in fatto quanto esposto nel ricorso straordinario e nella relazione dell’Amministrazione che riferisce che il Prof. OMISSIS aveva inoltrato il 21 novembre 2007 al Cerimoniale diplomatico la richiesta di essere autorizzato, ai sensi della l. 3 marzo 1951, n. 178 a fregiarsi dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce con placca in oro dell’Ordine di Danilo I, ricevuta dall’attuale Capo della Casata [già regnante sul Regno del Montenegro] Petrovich-Njegosh [Petrović-Njegoš], Nicola II.

Il Cerimoniale diplomatico, trattandosi di una prima richiesta riguardante tale Ordine, ha avviato gli accertamenti ed ha avuto dalle autorità [della Repubblica] del Montenegro, per il tramite dell’Ambasciata d’Italia a Podgorica, l’informazione che il detto ordine non rientra tra le onorificenze statali [della Repubblica] del Montenegro e che il suo uso ivi viene considerato come privato.

E’ stato pertanto comunicato al Prof. OMISSIS, con la nota citata [del Cerimoniale diplomatico della Repubblica, datata 1 febbraio 2008, n. 022/40603], che non era possibile ai sensi della l. n. 178 del 1951 far rientrare il detto Ordine tra le onorificenze il cui fregio possa essere autorizzato nel nostro Paese.

[Il Prof. OMISSIS ha pertanto presentato ricorso straordinario, datato 8 febbraio 2008, al Presidente della Repubblica avverso detto diniego.]

Il ricorso del Prof. OMISSIS è stato inoltrato al Ministero degli affari esteri ed è stato protocollato il 21 febbraio 2008 con il n. 66401.

Nel riferire al Consiglio di Stato, il Ministero in primo luogo osserva che è stata usata la competenza attribuita dalla l. n. 178 del 1951 al Ministero degli affari esteri, che subordina la possibilità di fregiarsi di onorificenze rilasciate da Stati esteri o da ordini non nazionali ad un apposita autorizzazione, oggi del Ministero stesso.

Lo stesso Ministero osserva che, il ricorrente avrebbe potuto chiedere revisione della decisione, producendo la documentazione o le considerazioni interpretative inserite ora nel ricorso e non allegate alla istanza iniziale.

La l. n. 178 del 1951 – prosegue la relazione ministeriale - statuisce, all’art. 7, che “i cittadini non possono usare nel territorio della Repubblica onorificenze o distinzioni cavalleresche loro conferite in Ordini non nazionali o da Stati esteri, se non sono autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro degli affari esteri”. La l. 12 gennaio 1991, n. 13, all’art. 2 assegna questa competenza al Ministero degli affari esteri.

Dall’impianto della legge – afferma il Ministero - emerge la volontà di limitare l’uso delle onorificenze a quelle repubblicane e in secondo luogo a quelle della Santa Sede, del Santo Sepolcro e del Sovrano Militare Ordine di Malta. Appare manifesta espressione di una tale volontà il fatto che la legge preveda un’apposita procedura di autorizzazione per le onorificenze straniere appartenenti ad ordini onorifici di altri Stati e per quelle appartenenti a ordini non nazionali, sottoponendo la concessione dell’autorizzazione ad una valutazione discrezionale, attesane la natura eminentemente politica.

I criteri di riferimento per l’individuazione degli ordini non nazionali sono stati oggetto di successive puntualizzazioni e di pareri del Consiglio di Stato e di commissioni di studio nominate dal Ministero degli affari esteri.

È stato così possibile individuare un ristretto gruppo di istituzioni cavalleresche, tutte appartenenti al patrimonio storico preunitario italiano, per le quali l’uso delle onorificenze viene attualmente ritenuto autorizzabile.

Sono l’Ordine di S. Stefano Papa e Martire e l’Ordine del Merito sotto il titolo di S. Giuseppe della Casata Asburgo-Lorena-Toscana, il Real Ordine al Merito sotto il titolo di S. Lodovico ed il Sacro Angelico Imperiale Ordine Costantiniano di S. Giorgio della Casata Borbone Parma, l’Insigne Real Ordine di S. Gennaro ed il Sacro Militare Ordine Costantiniano di S. Giorgio della Casata Borbone Due Sicilie (per quest’ultimo vengono considerate autorizzabili sia le onorificenze concesse dal ramo cosiddetto franco-napoletano che quelle del ramo cosiddetto spagnolo).

In tale ambito, il Prof. OMISSIS ha presentato nel corso degli ultimi anni al Cerimoniale diplomatico diverse istanze di autorizzazione a fregiarsi per onorificenze non nazionali ricevute sia dal Reale Ordine al Merito sotto il titolo di S. Lodovico che dal Sacro Militare Ordine Costantiniano di S. Giorgio (per quest’ultimo, il ricorrente risulta aver ricevuto investiture da entrambi i rami dell’Ordine), autorizzazioni regolarmente concesse.

A parere del Ministero, si può ritenere compiuto lo sforzo interpretativo che ha consentito di circoscrivere e limitare i possibili ordini non nazionali citati dalla legge, di collocarli storicamente e di stabilire una cornice di riferimenti per la concessione delle autorizzazioni che non dovrebbe essere oggetto di ulteriore ampliamento.

Nel parere del Consiglio di Stato n. 1869/81 si precisava che, in assenza di una definizione della fattispecie ordini non nazionali, in tale categoria siano da comprendere quelli totalmente estranei all’ordinamento italiano, ma non promananti da un ordinamento statuale straniero.

Si tratta di una categoria di istituzioni cavalleresche costituite ed operanti all’estero, ma non espressione di ordinamenti statuali sovrani. Restano così al di fuori della fattispecie - continua il parere del Consiglio di Stato - sia gli ordini già appartenenti allo Stato italiano e ad altri Stati, sia quelli privi di identità cavalleresca perché non riconosciuti da alcun ordinamento sovrano. Invero, appare necessario all’individuazione dell’ordine non nazionale, un riconoscimento che ne identifichi l’esistenza e ne legittimi giuridicamente la dignità cavalleresca.

In proposito, osserva il Ministero che l’ordine di cui si discute non sembra possedere quel diffuso riconoscimento, da parte di altri soggetti sovrani, idoneo a legittimarne giuridicamente la dignità cavalleresca. Tale condizione dovrebbe sussistere soprattutto e innanzitutto nello Stato ricostituito della Repubblica del Montenegro. Si è appreso invece, sulla base delle informazioni ottenute dal Ministero degli Esteri del Montenegro, che l’Ordine di Danilo I non rientra tra gli Ordini nazionali montenegrini né tra le onorificenze statali di quel Paese e che il suo uso viene considerato come privato.

Si è anche stati informati che non sussiste il riconoscimento del medesimo Ordine presso soggetti internazionali diversi, e tale non può essere considerata la concessione di onorificenze dell’Ordine ad alcune personalità. Significativa è la lettera indirizzata al Cerimoniale diplomatico dal Sovrano Militare Ordine di Malta in data 6 giugno 2008, dove viene precisato che l’accettazione dei conferimenti di onorificenze dell’Ordine di Danilo I recentemente effettuate da Nicola II in favore di alcuni suoi alti esponenti non può essere considerato come un formale riconoscimento dell’Ordine montenegrino da parte dello SMOM.

Per tali ragioni mancano i presupposti per l’autorizzazione a fregiarsene avanzata dal Prof. OMISSIS. Si aggiunga che, contrariamente a quanto da lui affermato, l’Ordine non sembra presentare una chiara ed inequivocabile continuità storica nelle sue attività.

Le vicende storiche che hanno interessato quel Regno balcanico attraverso la sua annessione prima nel Regno di Serbia nel 1918 (dal 1922 Regno di Iugoslavia), e poi nella Repubblica Federale Socialista di Iugoslavia, lasciano supporre che vi siano stati lunghi periodi di inattività dell’Ordine e prolungate interruzioni nei suoi conferimenti da parte dei successori [dinastici] dell’ultimo effettivo Re del Montenegro, Nicola I.

La circostanza sembra confermata dal fatto che la gran parte dei numerosi conferimenti citati dal ricorrente si sono verificati subito dopo l’istituzione, nel febbraio del 2005 e da parte dell’attuale Capo famiglia Nicola II, della Fondazione dell’Ordine di Danilo I, registrata in Montenegro come un’organizzazione non governativa di tipo umanitario. Tale istituzione sarebbe inoltre stata accompagnata dalla contemporanea creazione di una Fondazione Petrovich-Njegos avente lo scopo di attuare - attraverso la raccolta di fondi da parte di entrambe le suddette Fondazioni - progetti umanitari ed iniziative di carattere culturale. In tale contesto, l’originale identità dinastico-cavalleresca dell’Ordine del Principe Danilo I per l’Indipendenza del Montenegro sembra essersi oggi spostata verso l’ambito delle tipiche attività delle associazioni umanitarie non governative, le quali, pur meritevoli e lodevoli da un punto di vista sociale, non sembrano però conservare nulla delle tipiche caratteristiche di un ordine cavalleresco.

Il Ministero afferma poi di aver tenuto conto, nella valutazione della richiesta, di ragioni di opportunità internazionale che rendono inopportuno la concessione di un’autorizzazione a fregiarsi di un ordine di uno Stato estero, non riconosciuto dal nostro Paese o con cui esistano rapporti, così come può escludersi l’opportunità di autorizzare il fregiarsi di insegne di un ordine non nazionale appartenente a un Casato che abbia rivendicazioni nei confronti di uno Stato riconosciuto dall’Italia o, ancora, che non mantenga legami significativi con il nostro Paese e la nostra storia.

Peraltro, le distinzioni onorifiche straniere che presentano caratteristiche analoghe a quelle dell’Ordine di Danilo I sono numerose.

A livello internazionale, sono diverse le case ex-sovrane che continuano a mantenere le proprie prerogative dinastiche e che continuano a conferire le onorificenze dei propri ordini dinastici.

Per esempio si ricordano gli ordini dinastici appartenenti alla ex-Casa reale del Portogallo (Ordine di Villaviciosa, Ordine di S. Isabella, Ordine di San Miguel dell’Ala), alla ex-Casa reale di Grecia (Ordine di S. Giorgio e S. Costantino e Ordine di S. Olga e S. Sofia) o quelli relativi alle ex-Case sovrane di alcuni stati preunitari di area germanica.

L’eventuale accoglimento del ricorso presentato costituirebbe un precedente per allargare la concessione dell’autorizzazione anche di queste altre distinzioni, e tale allargamento finirebbe per sminuire il prestigio e l’importanza delle istituzioni onorifiche nazionali, sia per favorire un’eccessiva diffusione delle distinzioni onorifiche in esame, considerate private nei loro stessi Paesi di origine.

La prospettiva risulterebbe particolarmente inopportuna nel momento in cui questa categoria di distinzioni venisse conferita non solo a soggetti civili, ma anche a quei soggetti appartenenti alle Forze Armate o alle Forze dell’ordine che indossano sull’uniforme i propri riconoscimenti onorifici. Basti pensare all’ipotesi che un appartenente alle nostre Forze Armate si trovi ad indossare, accanto alle insegne dell’OMRI o magari di altre onorificenze statuali nazionali o estere (come ad esempio la Legion d’Onore). anche l’insegna di un ordine come il Danilo I, che nulla ha a che vedere col patrimonio istituzionale italiano né con quello montenegrino attuale.

Il Ministero ha ritenuto non trascurabile il riflesso politico che l’autorizzazione potrebbe comportare a livello di relazioni bilaterali con il Montenegro.

La Repubblica del Montenegro ha conseguito l’indipendenza molto recentemente (giugno 2006).

E’ probabile che nel settore delle onorificenze la Repubblica Montenegrina provvederà quanto prima all’emissione di una normativa, oggi inesistente.

Appare difficile, in tale contesto, che l’Ordine di Danilo I possa trovare una legittima collocazione nell’ambito di questo sistema ed assai probabile che venga ulteriormente circoscritto nel contesto delle distinzioni private.

Il Ministero degli Affari Esteri ritiene pertanto che il ricorso del Prof. OMISSIS non meriti accoglimento.

CONSIDERATO:

Il ricorso appare infondato e non può essere accolto.

La legge 3 marzo 1951, n. 178 (Istituzione dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana» e disciplina del conferimento e dell'uso delle onorificenze) all’art. 7, primo comma, afferma: «I cittadini italiani non possono usare nel territorio della Repubblica onorificenze o distinzioni cavalleresche loro conferite in Ordini non nazionali o da Stati esteri, se non sono autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per gli affari esteri [dopo l’art. 2 l. 12 gennaio 1991, n. 13: decreto del Ministero per gli affari esteri]».

La questione centrale del presente ricorso è se l’Ordine del Principe Danilo I per l’Indipendenza del Montenegro, ovvero Ordine di Danilo I, per un’alta onorificenza del quale è stata chiesta e negata l’autorizzazione all’uso nel territorio della Repubblica, rientri tra gli «ordini non nazionali» previsti da questa norma. Infatti, malgrado la mancata formulazione testuale di un titolo di doglianza nel ricorso, dagli argomenti che il ricorrente svolge come ragioni della sua domanda (che vanno esaminati nel contenuto prima di giungere ad una dichiarazione di inammissibilità per genericità dei motivi) si può ravvisare con sufficiente chiarezza che la denuncia di illegittimità è per violazione dell’art. 7 l. n. 178 del 1951 e in particolare di questo riferimento.

Occorre allora rammentare il significato dato dalla giurisprudenza all’espressione «ordini non nazionali». Il tema della fattispecie è infatti se il predetto ordine rientri in questo ambito, il che è condizione della riconoscibilità dell’onorificenza, cioè della sua provenienza da un soggetto cui soltanto, insieme agli «Stati esteri» e agli altri nominati dall’art. 7 stesso, il nostro ordinamento riconosce la facoltà di concedere distinzioni onorifiche.

Questa Sezione del Consiglio di Stato ha affermato che, ai fini dell’autorizzazione dell’art. 7 l. n. 178 del 1951 per l’uso delle onorificenze e distinzioni cavalleresche da parte di cittadini italiani nel territorio della Repubblica, gli ordini cavallereschi «non nazionali» sono quelli totalmente estranei all’ordinamento italiano, non promananti da un ordinamento statuale straniero, cioè le istituzioni costituite ed operanti all’estero, ma non espressione di ordinamenti statuali sovrani, che abbiano ottenuto un riconoscimento che ne identifichi l’esistenza e ne legittimi giuridicamente la dignità cavalleresca (Cons. Stato, I, 26 novembre 1981, n. 1869/81; 11 luglio 2001, n. 813/01).

Autorevole dottrina ha sottolineato come l’autorizzazione presupponga l’accertamento della riconoscibilità dell’onorificenza. Perciò, per quanto attiene gli ordini dinastico-familiari di case ex-regnati o principesche, nel cui patrimonio storico-araldico detti ordini vengono fatti tradizionalmente rientrare anche dopo le rispettive detronizzazioni, non pare superabile la considerazione della radicale eterogeneità che la genesi storica, le regole strutturali e gli scopi perseguiti stabiliscono tra codesti ordinamenti dinastico-familiari e quello di una repubblica democratica.

Talché per «ordine non nazionale» deve intendersi quella, e solo quella, istituzione cavalleresca che un ordinamento statuale straniero o - distingue quella dottrina - l’ordinamento canonico, pur non avendola creata, riconoscono come legittimo ordine cavalleresco.

Occorre dunque, perché l’onorificenza di un ordine cavalleresco «non nazionale» sia a tal fine legittimabile in Italia, che un ordinamento straniero abbia, con un proprio atto ufficiale, generale, diretto ed espresso, promanante dalla locale ed attuale fons honorum (la sola abilitata in materia), “riconosciuto” la dignità cavalleresca di quell’ordine, vale a dire ne abbia in qualche certificato l’appartenenza vitale al proprio patrimonio onorifico, pur se non promanante direttamente dallo Stato.

Non è assimilabile a un siffatto “riconoscimento” la mera tolleranza di fatto in uno Stato estero, ovvero l’indifferenza perché considerato espressione di attività meramente privata. La circostanza che privati – quand’anche di elevato prestigio, di tradizione dinastica o comunque assumentisi titolari di un patrimonio araldico – usino assegnare valore ad una certa attestazione rilasciata in un territorio estero, non implica che quella assurga a dignità ufficiale di quello Stato, vale a dire a segno di premio e di considerazione da parte di tutto quell’ordinamento (con le eventuali accessorietà, ad es. in tema di precedenze e così via).

Questa, in particolare - allo stato presente – pare essere la condizione dell’Ordine di Danilo I, in Montenegro. Sta di fatto che al tempo presente, secondo quanto emerge dagli accertamenti compiuti dal Ministero degli affari esteri tramite l’Ambasciata d’Italia a Podgorica, versati in atti e sopra menzionati, l’odierna Repubblica del Montenegro - nata nel giugno 2006 non da una trasformazione istituzionale del Regno del Montenegro (cessato dopo la prima guerra mondiale), ma dallo smembramento progressivo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e poi dell’Unione di Serbia e Montenegro - considera quest’ordine come una manifestazione personale e dunque non gli “riconosce” la dignità ufficiale che aveva avuto in quel Regno.

Afferma infatti l’Ambasciata con la nota 31 gennaio 2008: “il Ministero degli Affari Esteri del Montenegro ha qui comunicato che l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce con placca in oro dell’Ordine di Danilo I” non è un’onorificenza statale montenegrina. Quindi, fregiarsi di tale onorificenza è da ritenere una questione personale. // Il Ministero degli Affari Esteri montenegrino ha inoltre comunicato che l’onorificenza di cui sopra non apparteneva alle onorificenze né del Regno del Montenegro né della famiglia reale del Petrovic Njegos, entro il 1918”.

Indipendentemente da quest’ultima considerazione di ordine storico, che sembra configgere con il fatto altrimenti risultante dalla letteratura in materia che nel cessato Regno di Montenegro un siffatto ordine - che indica istituito nel 1832 – avesse dignità cavalleresca, dominante è la circostanza della detta qualificazione “personale”, cioè privata (come dice l’impugnato atto), della distinzione in questione.

È poi il caso di sottolineare che l’eventuale assenza, in quell’attuale ordinamento, di norme dedicate alle onorificenze null’altro sembra poter significare che la locale non legittimazione del fenomeno, tale da ricondurlo – se non vietato - nello spazio giuridico delle mere libertà, non già un suo implicito “riconoscimento”, di cui non si manifestano né gli esatti ed appositi termini, né le ragioni, né l’oggetto.

Nessun utile argomento in senso contrario svolge l’episodio che di quell’onorificenza sia stato insignito l’attuale Presidente di quella Repubblica, perché sembra trattarsi - in assenza di disposizioni o provvedimenti al riguardo - di circostanza personale, che di suo appare non implicativa di alcun riconoscimento ufficiale dell’ordine e comunque di nessuna manifestazione dell’attuale fons honorum montenegrina, vale a dire - come è d’uso nelle repubbliche - del parlamento (è a tal proposito indifferente, per il principio di effettività, che i componenti dell’ex casa regnante del Montenegro non abbiano riconosciuto la debellatio).

A fortiori questo vale per l’attribuzione di simile onorificenza ad un principe regnante in altro ordinamento, come quello di Monaco, cioè di un ordinamento che soggettivamente non è abilitato, dal punto di vista dell’ordinamento italiano, a quel riconoscimento per un altro ordinamento.

Il “riconoscimento” può promanare soltanto dall’effettivo Stato cui l’ordine stesso si riferisce per origine, storia e tradizione, vale a dire l’odierna Repubblica del Montenegro. Non ha rilievo, anche in virtù del principio generale di effettività, una concessione che promani da un soggetto non attualmente titolare di poteri sovrani, ovvero che non si rispecchi in una inequivoca e generale accettazione (il riconoscimento dell’ordine) da parte di chi, per quel territorio, ne è titolare.

Analogamente si dica per l’irrilevanza di altri esempi, citati dal ricorrente nella sua memoria di controdeduzioni, di conferimento dell’insegna in esame ad altri soggetti, italiani o stranieri.

Del resto, la questione della violazione del ricordato art. 7 l. n. 178 del 1951, cioè della corretta interpretazione dell’espressione «ordini non nazionali», è una questione di diritto interno italiano (non di diritto internazionale né di diritto straniero), per la quale la pratica di un ordinamento straniero ha rilievo limitatamente a quanto concerne il riconoscimento dell’istituzione cavalleresca ad opera di quello Stato (competente per territorio), e non di terzi ordinamenti. Non ha perciò rilievo la disciplina delle onorificenze non statali in Stati diversi.

Parimenti, nessun rilievo per assumere una connessione con l’ordinamento italiano spiega che la moglie del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, Elena, fosse figlia dell’allora Principe (Knjaz), poi Re, del Montenegro Nicola, trattandosi di fatto storico, risalente nel tempo e, per il suo aspetto dinastico, indifferente per l’attuale ordinamento repubblicano italiano.

Non si può del resto convenire sull’anacronismo di riferire, al giorno d’oggi, effetti giuridici potenzialmente interessanti tutti i particolari a vicende familiari di un’epoca in cui le caratteristiche della famiglia regnante influenzavano ancora gli eventi, le tendenze e le considerazioni sociali dei sudditi. A tutto concedere, ed indipendentemente dalla questione della indimostrata consistenza giuridica del legame tra l’attuale Repubblica del Montenegro e il cessato Regno del Montenegro, si tratta comunque di un fatto indifferente anche per l’ordinamento italiano dell’epoca, giacché nulla aveva a che fare la circostanza del matrimonio di un Re con la previsione che, a norma dell’art. 78, secondo comma, dello Statuto, la fons honorum fosse, conforme alla tradizione monarchica, prerogativa regia, così come con il suo concreto esercizio.

Più in generale, si deve dire che per una considerazione realistica ed attuale della materia, indotta dal principio di effettività proprio del diritto pubblico, il concetto di riconoscimento dell’onore va collegato alla trasformazione che, nell’evoluzione generale, subisce nella comune coscienza il concetto stesso di onore pubblico, cioè di dignità o prestigio socialmente accettato.

È realistico registrare l’affievolimento della sua dimensione formale nella vita collettiva - effetto della vicenda della sovranità e delle sue privative - e il recupero di spazio del diretto apprezzamento sociale dei meriti individuali. Quest’ultimo giudizio è ovviamente il dominante in una società libera, è indipendente da vincoli normativi, rifugge da stabilizzazioni ufficiali e volge a non considerare, sul piano effettuale, la stessa efficacia simbolica di distinzioni onorifiche che figurano la conversione del prestigio sociale in status per imporlo alla pubblica opinione.

Per conseguenza, avuto ancora riguardo al principio di effettività, il riconoscimento ufficiale della benemerenza individuale, per testimoniare realmente l’apprezzamento generale, non può che provenire direttamente o indirettamente dal soggetto titolare della sovranità, dato che questo soltanto è rappresentativo dell’intera base sociale e soltanto per questo è dato presumere una corrispondenza tra il giudizio sociale e la certificazione dell’onore.

Quando invece il riconoscimento proviene da un soggetto che - nella realtà attuale - è privo di sovranità e dunque di rappresentatività generale, e il fatto rimane indifferente o vietato rispetto all’ordinamento sovrano nel cui territorio e nella cui storia quel soggetto è radicato, l’attestazione non può che avere una portata effettiva privata e circoscritta al rapporto personale tra concedente e beneficiario e, socialmente, al ristretto numero di quanti avvertono un legame ideale o morale con il concedente. La dottrina, del resto, ha da sempre considerato che l’unica categoria di autentiche decorazioni è caratterizzata dal potere sovrano, appunto “fonte degli onori”.

E’ per questa ragione che il consolidamento di un giudizio sociale su benemerenze e meriti personali compiuto col mezzo di un atto pubblico di riconoscimento, o la recezione di un simile atto altrui, anche se oggi ha effetti soltanto morali, realizza una vicenda giuridica di eccezione. Siffatta vicenda, per corrispondere davvero al giudizio diffuso nella società, non può che essere di rigorose verifica e applicazione: il che è garantito non dal mero fatto della concessione ma, a monte di essa, dalla legittimazione generale del potere da cui promana e dagli strumenti della sua responsabilità politica e giuridica.

Tutto ciò postula in principio la riserva da parte della Repubblica del conferimento, del riconoscimento e della legittimazione all’uso delle decorazioni – cioè della “fonte degli onori” - e, per converso, l’effettivo divieto di altrui analoghe sequenze se non presunte di pari livello.

Questo è il fondamento per cui – traducendo questo principio in precetto di legge - gli art. e 7 e 8 l. n. 178 del 1951, innovando restrittivamente al precedente ordinamento (art. 80 dello Statuto) non si limitano a vietare, ma sanzionano penalmente - salvi i nominati casi del terzo e quarto comma dell’art. 7 - l’uso non autorizzato nel territorio della Repubblica di onorificenze o distinzioni cavalleresche conferite in ordini non nazionali o da Stati esteri (sempre che nel primo caso siano state riconosciute come legittime da altri ordinamenti statuali) e il conferimento e l’uso di simili distinzioni da parte di privati.

La materia delle onorificenze va del resto riferita e conformata al principio costituzionale fondamentale della “pari dignità sociale” dei cittadini di cui all’art. 3 della Costituzione, come indica con varia intensità parte significativa della dottrina.

Questa parità, per quanto non sia negata da distinzioni legate a capacità e a meriti personali (Corte cost., 8 luglio 1967, n. 101), nondimeno richiede che queste qualità individuali, per essere riconosciute come legittimo e autentico segno distintivo, siano considerate effettive e concrete alla luce dell’ordinamento italiano, ovvero di ordinamenti di pari livello o a ciò direttamente abilitati. Per contro siffatte stabilizzazioni, se non provenienti da procedimenti ufficiali di questi ordinamenti, non rimangono in Italia nella mera sfera “privata”, vale a dire delle libertà di fatto, ma sono valutate con assoluto sfavore e sono sanzionate penalmente, giacché da un lato ledono questa fondamentale pari dignità sociale, dall’altro - per quanto si è detto - possono non corrispondere al giudizio generale sul prestigio e il valore degli individui e rischiano così di causare confusione e pericolose false prospettive nell’affidamento del pubblico, svalutando per riflesso l’apprezzamento insito nella concessione delle onorificenze da parte dello Stato o di analogo soggetto.

Alla luce di queste considerazioni generali trova conferma l’interpretazione dell’espressione «ordini non nazionali» dell’art. 7 l. 3 marzo 1951, n. 178, come contenuta, per lo Stato, ai soli ordini riconosciuti da altri ordinamenti giuridici di pari livello ed effettività di quello dello Stato o da questo nominatamente abilitati, e trova nella specie conferma la circostanza che l’ordine in questione non rientri tra questi.

Nessuno dunque dei pur approfonditi argomenti sviluppati dal ricorrente appare oggi sufficiente per dimostrare l’illegittimità dell’impugnato provvedimento n. 022/40603 del 1 febbraio 2008 del Cerimoniale diplomatico della Repubblica del Ministero degli affari esteri, di diniego della autorizzazione della l. n. 178 del 1951.

P.Q.M.

esprime il parere che il ricorso vada respinto.

L’ESTENSORE E PRESIDENTE F.F.
(Giuseppe Severini)

IL SEGRETARIO
(Giovanni Mastrocola)
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Re: Onorificenze cavalleresche, l. n. 178/1951

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onorificenze dell’Ordine “Al merito della Repubblica italiana”

PARERE DEFINITIVO sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE C, numero provv.: 202101437

Numero 01437/2021 e data 06/09/2021 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 26 agosto 2021


NUMERO AFFARE 00937/2021

OGGETTO:
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi.


Schema di decreto del Presidente della Repubblica — Regolamento recante deroga all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1952, n. 458;

LA SEZIONE
Vista la relazione, pervenuta con nota n. DAGL 0009450 P in data 6.8.2021, con la quale il Presidenza del Consiglio dei ministri ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Riccardo Amato;


Premesso:

Lo schema di decreto del Presidente della Repubblica di emanazione del Regolamento recante deroga all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1952, n.458 perviene a mezzo relazione firmata dal Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi e vistata dal Presidente del Consiglio dei ministri. Esso è accompagnato da:

- relazione illustrativa;
- relazione tecnica;
- esenzione dall’AIR;
- analisi tecnico-normativa.

Il regolamento, da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, è composto da un solo articolo ed introduce una deroga alla previsione dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1952, n.458, stabilendo che, per il solo anno 2021, le onorificenze dell’Ordine “Al merito della Repubblica italiana” non possono superare il decimo del numero complessivo delle nomine determinato ai sensi dell’articolo 3, comma terzo, della legge 3 marzo 1951, n.178.

Considerato:

La legge 3 marzo 1951, n.178, istitutiva dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”, stabilisce all’articolo 4, primo e secondo comma, che “le onorificenze sono conferite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dell’Ordine. Particolari forme di conferimento possono essere stabilite nello statuto previsto dall’articolo 6” della stessa legge.

Lo statuto dell’Ordine, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1952, all’articolo 2 prevede che, per benemerenze di segnalato rilievo nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari, “il Presidente della Repubblica può conferire onorificenze all’infuori della proposta e del parere richiesti dal primo comma dell’articolo 4 della legge 3 marzo 1951, n.178”.

Quanto al numero di queste ultime nomine, è l’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1952, n.458 che stabilisce che “le onorificenze da conferire secondo le particolari forme previste dal secondo comma dell’articolo 4 della legge 3 marzo 1951, n.178, non possono superare nell’anno il quindicesimo del numero complessivo delle nomine, stabilito ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 3 della legge stessa”, ovverossia con decreto del Presidente della Repubblica , su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Consiglio dei ministri e il Consiglio dell’Ordine.

Atteso che il numero massimo delle onorificenze che potranno essere complessivamente conferite nel 2021 è già determinato, con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 2021, in 3.500, ripartito nelle cinque classi che compongono l’Ordine, il numero delle onorificenze conferibili a tenore del secondo comma dell’articolo 4 della legge 3 marzo 1951, n.178 è elevato, nell’anno in corso, da 233 a 350.

La relazione illustrativa evidenzia che l’incremento delle onorificenze mira a gratificare un maggior numero di cittadini che si sono prodigati nella lotta alla pandemia da Covid-19 e che si sono distinti nel corso di eventi sportivi di grande rilievo internazionale, quali il campionato europeo di calcio e i giochi olimpici di Tokyo.

L’Analisi tecnico-normativa precisa che il provvedimento attiene alle prerogative del Capo dello Stato, sottolinea la compatibilità del regolamento con il quadro normativo nazionale e comunitario e, infine, evidenzia le finalità di promozione dei valori di solidarietà sociale e di riconoscimento del merito.

Come affermato dalla richiesta di esenzione dall’AIR, dal regolamento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La Sezione evidenzia che lo schema di regolamento è certamente coerente con l’impianto normativo vigente in materia.

Una sola osservazione di drafting; all’articolo 1, comma 1, sostituire le parole: “le onorificenze di cui al predetto articolo non possono” con le parole: ”il numero delle onorificenze di cui al predetto articolo non può”.

Si ritiene, pertanto, di esprimere parere favorevole.

P.Q.M.

La Sezione esprime parere favorevole allo schema di decreto del Presidente della Repubblica.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Riccardo Amato Paolo Troiano




IL SEGRETARIO
Alessandra Colucci
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