ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Hanno cambiato presidente e si sono allineati, senza nemmeno pensare che hanno applicato un coefficiente "truffa" che non sta né in cielo né in terra e che produce ingiustizia fra i civili e i militari.
Ai civili, per la base del coefficiente si divide per 15 anni, ai militari per 18 meno un giorno.
E sono tutti al 31/12/1995 nel sistema misto.
Viva la matematica che per questi giudici è soltanto opinione.
(Falsa applicazione di legge etc etc etc...non sto qui a ripetermi).
Ora aspettiamo che si allinei la 1^ e la 3^ Sezione e la "giustizia" è fatta.
Viva!!!
Ai civili, per la base del coefficiente si divide per 15 anni, ai militari per 18 meno un giorno.
E sono tutti al 31/12/1995 nel sistema misto.
Viva la matematica che per questi giudici è soltanto opinione.
(Falsa applicazione di legge etc etc etc...non sto qui a ripetermi).
Ora aspettiamo che si allinei la 1^ e la 3^ Sezione e la "giustizia" è fatta.
Viva!!!
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da Paco1960 »
Questo articolo da per scontato che si applica anche ai meno 15- Le CdC del Nord non sono daccordo.firefox ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 5:23 pm https://www.pensionioggi.it/notizie/pre ... -324234234
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da domenico69 »
Il finale dell'articolo l'ha scritto Topolino?!?firefox ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 5:23 pm https://www.pensionioggi.it/notizie/pre ... -324234234
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da domenico69 »
Infatti mi sa che è stato scritto da Topolino!?!Paco1960 ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 5:49 pmQuesto articolo da per scontato che si applica anche ai meno 15- Le CdC del Nord non sono daccordo.firefox ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 5:23 pm https://www.pensionioggi.it/notizie/pre ... -324234234
Sbaglierò!
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da domenico69 »
Per tutto ciò, na sola parola ripetuta all'infinito.Mareemare ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 5:25 pm Hanno cambiato presidente e si sono allineati, senza nemmeno pensare che hanno applicato un coefficiente "truffa" che non sta né in cielo né in terra e che produce ingiustizia fra i civili e i militari.
Ai civili, per la base del coefficiente si divide per 15 anni, ai militari per 18 meno un giorno.
E sono tutti al 31/12/1995 nel sistema misto.
Viva la matematica che per questi giudici è soltanto opinione.
(Falsa applicazione di legge etc etc etc...non sto qui a ripetermi).
Ora aspettiamo che si allinei la 1^ e la 3^ Sezione e la "giustizia" è fatta.
Viva!!!
VERGOGNA!!!
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
domenico69 ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 4:53 pmpanorama ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 3:56 pm 1) – La CdC sez. 2^ d’Appello n. 18/2021 Accoglie parzialmente l’appello dell’INPS e riconosce a favore del Militare il 2,44%, in rif. alla CdC Emilia Romagna n. 92/2019 con + 15 anni.
2) - La CdC sez. 2^ d’Appello n. 19/2021 Accoglie parzialmente l’appello dell’INPS e riconosce a favore del in rif. alla CdC Veneto n. 179/2018, con + 15 anni.
3) – La CdC sez. 2^ d’Appello n. 21/2021 Accoglie parzialmente l’appello del ricorrente in rif. alla CdC Veneto n. 145/2019 con + 15 anni.
Non venite a parlare di Giustizia, perché è morta!
Complimenti ai nostri super eroi, prostratisi al nemico solo che ha detto: "buh!"....
La coerenza a quanto pare regna ovunque.
P.S. @naturopata ma quanto stai godendo?!
Ma va, sono solo stato sempre realista e coerente anche quando tutte e tre le sezioni centrali, prima il 100% di tutti i Giudici di I° e avvocati e poi il 99% dei giudici di I° e tutti quelli su questo forum avevano il favore del pronostico. Credo di conoscere molto meglio l'ambiente anche di navigati legali o presunti tali. La questione di massima andava elevata dai legali quando ci fu il primo arresto della 3^ sez centrale con la sentenza 175/2019 o quanto meno dopo il no ai -15 della 1^sez.centrale, così non si sarebbe formato piano piano un quadro per il no sostenibile, sfociato nella sezione Appello Sicilia. Ma lì conveniva ancora incamerare ricorsi perché tutti erano convinti che oramai i giochi erano fatti dopo i cambi della 3^sez e della 1^ anche sui -15. Ora vediamo cosa fanno per i -15 e poi ci aggiorniamo. Io vedo uno spiraglio in quella sentenza, al momento nessuno dei legali l'ha notato.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da domenico69 »
Eri sicuro di vincere soltanto perché, come hai detto, conosci bene l'ambiente, e non perché giustizia è fatta e lo sappiamo!naturopata ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 7:55 pm Ma va, sono solo stato sempre realista e coerente anche quando tutte e tre le sezioni centrali, prima il 100% di tutti i Giudici di I° e avvocati e poi il 99% dei giudici di I° e tutti quelli su questo forum avevano il favore del pronostico. Credo di conoscere molto meglio l'ambiente anche di navigati legali o presunti tali. La questione di massima andava elevata dai legali quando ci fu il primo arresto della 3^ sez centrale con la sentenza 175/2019 o quanto meno dopo il no ai -15 della 1^sez.centrale, così non si sarebbe formato piano piano un quadro per il no sostenibile, sfociato nella sezione Appello Sicilia. Ma lì conveniva ancora incamerare ricorsi perché tutti erano convinti che oramai i giochi erano fatti dopo i cambi della 3^sez e della 1^ anche sui -15. Ora vediamo cosa fanno per i -15 e poi ci aggiorniamo. Io vedo uno spiraglio in quella sentenza, al momento nessuno dei legali l'ha notato.
La dimostrazione è sotto gli occhi di tutti per come sono andati i fatti.
Prima tutti i giudici, io direi quasi tutti a voler essere precisi, di primo grado che d'appello erano favorevoli.
Stranamente, però a seguito della massima, che ci scommetto tutto quello che ho, non è stata influenzata da nessuno (
Certo che si erano proprio drogati tutti insieme però, o sbaglio?!
Ma questa è solo una mia farneticazione!
Ti racconto un aneddoto, quando ero in servizio, più prendevo conoscenza di come viene amministrata la Legge e più mi vergognavo di rappresentarla, verso quei cittadini inermi che avevano subito ingiustizie, non potendo fare nulla per aiutarli, quando però poi si toccavano certi amici, o amici degli amici, si vedeva stranamente che la giustizia "funzionava".
Bene, o dovrei dire male, questa "piccola" vergogna la mia memoria, da quando sono in congedo, l'avevo dimenticata, ed è per quello che ancora una volta ho voluto credere nella Legge, ma ahimè ci sono ricascato un'altra volta.
Per cui torno a ripetere ancora una volta, VERGOGNA, quella vergogna che mi facevano sentire e che in parte provo ancora per aver rappresentato una tale "giustizia".
Ed ancora VERGOGNA per come l'hanno fatta talmente sporca, sotto gli occhi di tutti e nessuno di chi dovrebbe o potrebbe fare qualcosa, non dice e non fa nulla.
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da Aquila »
Concordo con domenico 69, visto che ankio, sono scappato da Coordinatore della Disciplina , dove gestivo oltre 2500 colleghi, x...non dover applicare supinamente 2 pesi et 2 misure.
"""Ti racconto un aneddoto, quando ero in servizio,
................. più prendevo conoscenza di come viene amministrata la Legge e più mi vergognavo di rappresentarla, verso quei cittadini inermi che avevano subito ingiustizie, non potendo fare nulla per aiutarli, quando però poi si toccavano certi amici, o amici degli amici, si vedeva stranamente che la giustizia "funzionava".
Bene, o dovrei dire male, questa "piccola" vergogna la mia memoria, da quando sono in congedo, l'avevo dimenticata, ed è per quello che ancora una volta ho voluto credere nella Legge, ma ahimè ci sono ricascato un'altra volta.""""
POSSO DIRE CHE, MI SONO ROTTO I MARONI DI MAGISTRATI LAUTAMENTE PAGATI, A SECONDA DELLA LORO REGIONE/INTERPRETAZIONE DICONO COSE DIVERSE SULLO STESSO QUESITO, concernente l'annosa ingiustizia dell'art. 54, dove l'INPS, pur di risparmiare 4 soldi rispetto ai miliardi che regala ai REDDITI DI CITTADINANZA E NAVIGATORI, ci tratta alla stregua degli impiegati archivisti ????????????
Queste parole, andrebbero scolpite sulla pietra, visto che siamo nelle mani di "ALCUNI DEVIATI" cialtroni...prezzolati, come ha confermato il magistrato palamara nel libro IL SISTEMA :
Chi diceva che in Italia , come fatto dallo scrivente
che la magistratura orienta le politiche dello stato, sottraendo questo potere al Parlamento, era tacciato di...complottismo paranoico.
Poi, 1 dei maggiori "orientatori togati", il giudice palamara, , ex membro del CSM, è statopreso con le mani nella M....armellata e lui, vedendosi scaricato...si è vendicato, mettendo tutto, nero su bianco..nel libro.
Svelando che, da anni, la magistratura Sgoverna da fuori" l'Italia , orientandola verso...SINISTRA.
"""Ti racconto un aneddoto, quando ero in servizio,
................. più prendevo conoscenza di come viene amministrata la Legge e più mi vergognavo di rappresentarla, verso quei cittadini inermi che avevano subito ingiustizie, non potendo fare nulla per aiutarli, quando però poi si toccavano certi amici, o amici degli amici, si vedeva stranamente che la giustizia "funzionava".
Bene, o dovrei dire male, questa "piccola" vergogna la mia memoria, da quando sono in congedo, l'avevo dimenticata, ed è per quello che ancora una volta ho voluto credere nella Legge, ma ahimè ci sono ricascato un'altra volta.""""
POSSO DIRE CHE, MI SONO ROTTO I MARONI DI MAGISTRATI LAUTAMENTE PAGATI, A SECONDA DELLA LORO REGIONE/INTERPRETAZIONE DICONO COSE DIVERSE SULLO STESSO QUESITO, concernente l'annosa ingiustizia dell'art. 54, dove l'INPS, pur di risparmiare 4 soldi rispetto ai miliardi che regala ai REDDITI DI CITTADINANZA E NAVIGATORI, ci tratta alla stregua degli impiegati archivisti ????????????
Queste parole, andrebbero scolpite sulla pietra, visto che siamo nelle mani di "ALCUNI DEVIATI" cialtroni...prezzolati, come ha confermato il magistrato palamara nel libro IL SISTEMA :
Chi diceva che in Italia , come fatto dallo scrivente

Poi, 1 dei maggiori "orientatori togati", il giudice palamara, , ex membro del CSM, è statopreso con le mani nella M....armellata e lui, vedendosi scaricato...si è vendicato, mettendo tutto, nero su bianco..nel libro.
Svelando che, da anni, la magistratura Sgoverna da fuori" l'Italia , orientandola verso...SINISTRA.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
LE PRIME PRONUNCE DELLE SEZIONI CENTRALI DOPO LA SENTENZA DELLE SEZIONI RIUNITE
Dopo la discussione all'udienza del 28 gennaio, la Seconda Sezione Centrale Appello ha depositato le prime sentenze, anticipando la Prima Sezione Centrale che, pur essendoci stata discussione il 22 gennaio, non ha ancora deciso i giudizi trattati quel giorno.
Con le sentenze 18, 19 e 21, la Seconda Sezione ha deciso di NON andare in dissenso rispetto alle Riunite, conformandosi alla pronuncia.
Dunque ricalcolo con il 2.44.
Ci si aspettava di più, soprattutto da una Sezione che per 2 anni, fino a dicembre 2020, ha sfornato decine di sentenze motivate tutte in senso opposto al decisus delle Riunite.
Di buono, tuttavia, c'è che il Collegio d'appello ha chiarito che l'applicazione del 2.44 non è domanda nuova (pertanto non improcedibile) come sostenuto dall'Inps ma semplice riduzione del Petitum, nel senso che il meno sta nel più.
E questo smentisce, per non usare altri termini che pure mi piacerebbe usare, quanto di recente affermato dalla sezione Veneto che, pur di dare ragione all'inps, ha perseverato nel rigettare i ricorsi, con motivazioni che hanno la stessa solidità di un grissino che vuol tagliare un torrone.
Infine, nessuno dei casi trattati nelle suindicate sentenze aveva ad oggetto la questione dei "meno 15 anni".
Su cui, si spera, faccia invece positiva chiarezza la Prima sezione, dove il 22 gennaio ho discusso questa situazione.
Cordialmente, Avv. Parisi Claudio
La 1^ sez. ha atteso la 2^ perché la prima sentenza sull'art. 54 in appello fu della 1^ sez a fine 2018, quando però la 2^ aveva sospeso numerose sentenze di 1° che avevano accolto il ricorso e quindi avevano deciso per il no e poi lette le motivazioni della 1^ sez. ci hanno ripensato e hanno respinto gli appelli dell'INPS e alla fine ella fiera (vedendo il percorso logico giuridico delle SS.RR.) sbagliando. Quindi adesso, magari hanno provveduto loro per primi per un indirizzamento uniforme (un mio parere, magari verrà smentito). Alla fine della fiera, è andata pure bene, perché il 2,44% è un compromesso riguardo alle posizioni di quasi tutti i giudici che davano il massimo e pochi che respingevano, col fatto che con la semplice motivazione del pensionamento entro max 20 anni previsto ante 1996, si poteva tranquillamente respingere direttamente il comma 1 per tutti, come fatto con le prime sentenze e come avrebbe fatto in origine la 2^ sez. centrale che aveva appunto sospeso le sentenze vittoriose dei colleghi, poi rimeditate nel merito dopo la 422/2018 della 1^ sez. centrale. Con questo, pare evidente che, al di là di tutto, le capacità tecnico-giuridiche appaiono davvero a dir poco mediocri e questo è l'unico vantaggio che si ha per spuntare qualcosa.
Dopo la discussione all'udienza del 28 gennaio, la Seconda Sezione Centrale Appello ha depositato le prime sentenze, anticipando la Prima Sezione Centrale che, pur essendoci stata discussione il 22 gennaio, non ha ancora deciso i giudizi trattati quel giorno.
Con le sentenze 18, 19 e 21, la Seconda Sezione ha deciso di NON andare in dissenso rispetto alle Riunite, conformandosi alla pronuncia.
Dunque ricalcolo con il 2.44.
Ci si aspettava di più, soprattutto da una Sezione che per 2 anni, fino a dicembre 2020, ha sfornato decine di sentenze motivate tutte in senso opposto al decisus delle Riunite.
Di buono, tuttavia, c'è che il Collegio d'appello ha chiarito che l'applicazione del 2.44 non è domanda nuova (pertanto non improcedibile) come sostenuto dall'Inps ma semplice riduzione del Petitum, nel senso che il meno sta nel più.
E questo smentisce, per non usare altri termini che pure mi piacerebbe usare, quanto di recente affermato dalla sezione Veneto che, pur di dare ragione all'inps, ha perseverato nel rigettare i ricorsi, con motivazioni che hanno la stessa solidità di un grissino che vuol tagliare un torrone.
Infine, nessuno dei casi trattati nelle suindicate sentenze aveva ad oggetto la questione dei "meno 15 anni".
Su cui, si spera, faccia invece positiva chiarezza la Prima sezione, dove il 22 gennaio ho discusso questa situazione.
Cordialmente, Avv. Parisi Claudio
La 1^ sez. ha atteso la 2^ perché la prima sentenza sull'art. 54 in appello fu della 1^ sez a fine 2018, quando però la 2^ aveva sospeso numerose sentenze di 1° che avevano accolto il ricorso e quindi avevano deciso per il no e poi lette le motivazioni della 1^ sez. ci hanno ripensato e hanno respinto gli appelli dell'INPS e alla fine ella fiera (vedendo il percorso logico giuridico delle SS.RR.) sbagliando. Quindi adesso, magari hanno provveduto loro per primi per un indirizzamento uniforme (un mio parere, magari verrà smentito). Alla fine della fiera, è andata pure bene, perché il 2,44% è un compromesso riguardo alle posizioni di quasi tutti i giudici che davano il massimo e pochi che respingevano, col fatto che con la semplice motivazione del pensionamento entro max 20 anni previsto ante 1996, si poteva tranquillamente respingere direttamente il comma 1 per tutti, come fatto con le prime sentenze e come avrebbe fatto in origine la 2^ sez. centrale che aveva appunto sospeso le sentenze vittoriose dei colleghi, poi rimeditate nel merito dopo la 422/2018 della 1^ sez. centrale. Con questo, pare evidente che, al di là di tutto, le capacità tecnico-giuridiche appaiono davvero a dir poco mediocri e questo è l'unico vantaggio che si ha per spuntare qualcosa.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da domenico69 »
Dai, goditi la "meritata" vittoria da conoscitore dell"ambiente senza fare ulteriori "filosofie", che come detto sappiamo bene che lo cose sono andate così proprio grazie a quell'ambiente e non perché giustizia è fatta.naturopata ha scritto: ↑gio feb 04, 2021 5:12 pm La 1^ sez. ha atteso la 2^ perché la prima sentenza sull'art. 54 in appello fu della 1^ sez a fine 2018, quando però la 2^ aveva sospeso numerose sentenze di 1° che avevano accolto il ricorso e quindi avevano deciso per il no e poi lette le motivazioni della 1^ sez. ci hanno ripensato e hanno respinto gli appelli dell'INPS e alla fine ella fiera (vedendo il percorso logico giuridico delle SS.RR.) sbagliando. Quindi adesso, magari hanno provveduto loro per primi per un indirizzamento uniforme (un mio parere, magari verrà smentito). Alla fine della fiera, è andata pure bene, perché il 2,44% è un compromesso riguardo alle posizioni di quasi tutti i giudici che davano il massimo e pochi che respingevano, col fatto che con la semplice motivazione del pensionamento entro max 20 anni previsto ante 1996, si poteva tranquillamente respingere direttamente il comma 1 per tutti, come fatto con le prime sentenze e come avrebbe fatto in origine la 2^ sez. centrale che aveva appunto sospeso le sentenze vittoriose dei colleghi, poi rimeditate nel merito dopo la 422/2018 della 1^ sez. centrale. Con questo, pare evidente che, al di là di tutto, le capacità tecnico-giuridiche appaiono davvero a dir poco mediocri e questo è l'unico vantaggio che si ha per spuntare qualcosa.
P.S. Alla fine della fiera è andata pure bene una cippa, l'elemosina se la possono pure tenere, perché noi abbiamo un orgoglio, non siamo dei morti di fame anche se prendiamo quattro soldi di pensione e possiamo andare a testa alta, a differenza loro, che come detto meritano solo una parola: VERGOGNA!
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
CdC Trentino A.A. sezione di Trento sentenze n.11, 12, 13, personale Militare con + 15. accolto col coefficiente del 2,44%, tutte uguali.
CdC T.A.A. sezione di Trento
( SENTENZA N. 13/2021 )
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL TRENTINO – ALTO ADIGE/SÜDTIROL
SEDE DI TRENTO
Nella persona del Consigliere dott. Massimo Agliocchi, in funzione di giudice monocratico in materia di ricorsi pensionistici, ai sensi dell’art. 151 del codice della giustizia contabile di cui al decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 174.
Esaminati gli atti e documenti di causa, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio in materia pensionistica iscritto al n. 4493 del Registro di Segreteria, proposto da:
sig. M. M. nato a OMISSIS il OMISSIS (codice fiscale OMISSIS), residente in OMISSIS, via OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Tafuri (codice fiscale OMISSIS; pec maurotafuri@pec.studiolegaletafuri.it; fax 081/19305188) e dall’avv. Ida Castaldo (codice fiscale OMISSIS; pec ida.castaldo@avvocatiudine.it; fax 0432/1632201), presso lo studio della quale in Udine, alla via Carducci civico 4/2, ha eletto domicilio
contro
INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, via Ciro il Grande n. 21 – 00144 Roma (P.IVA 0212115001), rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Costantino De Pompeis e Marta Odorizzi, come da procura generale alle liti Notaio Paolo Castellini in Tivoli del 21 luglio 2015, Rep. nr. 80974, elettivamente domiciliato con i sottoscritti procuratori presso la sede legale dell’Istituto in Trento, Via delle Orfane n. 8, pec: avv.carlo.depompeis@postacert.inps.gov.it, fax 0461 886605
FATTO
Con il presente gravame il ricorrente, già OMISSIS dell’Esercito Italiano, in quiescenza a decorrere dal OMISSIS, ha chiesto il riconoscimento del diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota del 44% ai sensi dell’articolo 54 del d.P.R. n. 1092/1973, anziché di quella del 35% di cui al precedente art. 44 dello stesso T.U. n. 1092/73, attualmente applicata e riguardante i dipendenti civili dello Stato.
Pertanto, esponendo di rientrare nel sistema pensionistico c.d. misto (non avendo maturato, al 31.12.1995, un’anzianità pari o superiore a 18 anni), parte ricorrente lamenta l’erronea quantificazione della quota retributiva della propria pensione, in quanto egli appartiene al personale militare, rappresentando di avere inutilmente presentato domanda in via amministrativa al fine di ottenere il richiesto beneficio.
Evidenzia che il ridetto art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 non è stato né abrogato, né modificato dalle successive riforme pensionistiche, dovendo quindi trovare tuttora piena applicazione, aggiungendo che non si tratta di una norma speciale di favore, bensì dell’ordinaria disciplina recante i criteri di calcolo della pensione per la generalità dei militari.
A conferma della propria tesi cita la circolare dell’I.N.P.D.A.P. n. 22 d.d. 18 settembre 2009, l’art. 1867 del D.lgs. 66/2010 (Codice dell’Ordinamento Militare), nonché la circolare del Ministero del Tesoro n. 57 del 24 giugno 1998. A sostegno, riporta diffusa giurisprudenza di merito di primo grado e d’appello.
Alla luce di quanto esposto, il ricorrente espone le asserite corrette modalità di calcolo della quota A e della quota B e conclude chiedendo che sia accertato e dichiarato il proprio diritto alla riliquidazione della pensione in godimento in applicazione dell’aliquota del 44% sulla quota calcolata con il sistema retributivo come previsto dall’articolo 54 del d.P.R. n. 1092/73, con condanna del convenuto al pagamento delle somme dovute a far data dal pensionamento, con liquidazione di interessi e rivalutazione delle somme tardivamente pagate ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c., nonché con rifusione delle spese di giudizio.
L’I.N.P.S., costituitosi in giudizio con memoria depositata in data 12 gennaio 2021, ha chiesto la reiezione delle domande attoree.
L’Istituto previdenziale, nel richiamare il principio di diritto statuito dalla recente sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, depositata il 4 gennaio 2021, osserva che con questa decisione sarebbe stata definitivamente risolta la dibattuta questione in senso completamente aderente all’operato amministrativo seguito dell’I.N.P.S..
Rilevando che il ricorrente rientra in pieno nella casistica di cui all’ordinanza di remissione della Prima Sezione centrale d’Appello, l’Istituto ribadisce la propria tesi interpretativa, incentrata, con argomentazioni varie, sull’applicabilità dell’art. 54 solo ai militari andati in pensione tra i 15 e i 20 anni di anzianità. In sostanza, per l’I.N.P.S., il primo comma dell’art. 54 sarebbe invocabile solo per le pensioni di invalidità ed anticipate sulla base di non più di 20 anni di contribuzione utile, mentre, nel caso di specie, il ricorrente è stato collocato in congedo con una anzianità complessiva superiore a 20 anni.
Conclude, quindi, l’I.N.P.S. chiedendo il rigetto del ricorso.
In data 21 gennaio 2021 il ricorrente ha depositato delle note di trattazione scritta ex art. 85, c. 5, del d.l. n. 18/2020 precisando che “…la richiesta della scrivente difesa è diretta ad accertare e dichiarare il diritto del ricorrente alla rideterminazione, ricalcolo e riliquidazione del trattamento pensionistico in essere con l’applicazione dell’art. 54 DPR 1092/1973 rimettendo a questa Corte il calcolo dell’aliquota. In tale direzione peraltro muove la sentenza n. 1/2021 ha fornito una nuova interpretazione circa la sua applicazione.
In considerazione di quanto sopra premesso e della recente sentenza che ha introdotto un “nuovo sistema di calcolo della pensione” si insiste nella richiesta di ricalcolo e rideterminazione del trattamento pensionistico del sig. M.”.
In data 28 gennaio 2021 l’INPS ha depositato, tardivamente, ulteriori note d’udienza rilevando che la sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ sarebbe incorsa in un errore matematico di calcolo la cui applicazione comporterebbe “…la violazione della stessa norma invocata dalle controparti oltre all’accoglimento dei ricorsi ultra petitum”.
All’udienza del 28 gennaio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione senza discussione orale e sulla base degli atti depositati, così come previsto dall’articolo 85, comma 5, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come da ultimo modificato dall'art. 26-ter del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126.
DIRITTO
Preliminarmente vanno dichiarate irricevibili le note d’udienza depositate dall’INPS il giorno 28 gennaio 2021, in quanto tardive rispetto al termine stabilito dall’art. 85, c. 5, del d.l. n. 18/2020 e ss. mm., essendo, quindi, ormai decorso il termine ultimo per il contraddittorio documentale sostitutivo di quello di udienza. Infatti, la citata disposizione di legge, adottata nell’ambito delle misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga alle previsioni del codice di giustizia contabile, ha soppresso la discussione orale (salvo espressa richiesta, non esercitata nel caso di specie) sostituendola con la facoltà di presentazione di brevi note e documenti sino a cinque giorni liberi prima della data fissata per la trattazione (cfr. Sezione giurisdizionale Campania, n. 237/2020).
Nel merito, la questione in esame attiene all’applicazione dell’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973.
Al riguardo, occorre ricordare che per la liquidazione del trattamento pensionistico dei soggetti che, come il ricorrente, al 31.12.1995 non avevano maturato 18 anni di anzianità contributiva, la legge 8 agosto 1995 n. 335, ha previsto l’adozione del c.d. sistema misto, disponendo all’art. 1, comma 12, che la pensione è determinata dalla somma:
“a) della quota corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data;
b) della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.
Al ricorrente, che non maturava 18 anni di anzianità utile al 31.12.1995, andava determinata, pertanto, la quota di pensione riferita alla maturata anzianità di servizio ante 31.12.1995 con il previgente sistema retributivo, rappresentato dal menzionato d.P.R. n. 1092/1973.
Ciò posto, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, vigente a quella data, “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo (comma 1).
La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo (comma 2)”.
In ordine all’ambito di applicazione dell’art. 54, primo comma, del citato d.P.R. n. 1092/1973, si fronteggiano, come noto, due tesi. La prima, più restrittiva, e aderente al testo letterale, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44%) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici, ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore. L’altra, più estensiva e sostenuta con il ricorso, ritiene la suddetta regola di calcolo di portata generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80% o del 3,60%, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo).
La questione è stata recentemente affrontata dalle Sezioni Riunite con la sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ la cui efficacia nomofilattica si rinviene nell’articolo 117 c.g.c..
Le Sezioni Riunite, ricostruito il sistema previgente di cui all’articolo 54 d.P.R. n. 1092/73 e coordinatolo con il successivo passaggio al sistema contributivo, in particolare per quanto attiene alla parametrazione del coefficiente pensionistico, hanno quindi affermato i seguenti principio di diritto:
“La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato[a] tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.
Conseguentemente:
L’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Alla luce del mutato quadro giuridico, risultante dalla citata sentenza della Sezioni Riunite, questo Giudice ritiene che le precisazioni contenute nelle note di trattazione scritta ex art. 85, c. 5, del d.l. n. 18/2020 costituiscono un’ammissibile ipotesi di emendatio libelli ex art. 164, c. 1, c.g.c., laddove il ricorrente chiede il ricalcolo della pensione secondo quanto statuito dalla ridetta decisione.
Ciò detto, diversamente da quanto asserito dall’Istituto previdenziale nella memoria difensiva depositata il 12 gennaio 2021, secondo cui le Sezioni Riunite di questa Corte avrebbero “…confermato completamente l’operato amministrativo fin qui seguito dall’I.N.P.S. nel respingere in toto le avverse pretese in materia”, questo Giudice ritiene, invece, che dalla lettura piana dei principi di diritto appena riportati e dall’insieme delle motivazioni della sentenza si possa dedurre quanto segue:
1. l’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 trova applicazione anche per i militari che al momento del passaggio in quiescenza hanno maturato un’anzianità superiore a 20 anni;
2. al militare pensionato con più di 20 anni di servizio utile e con anzianità compresa tra 15 e 18 anni al 31.12.1995 deve essere applicato il coefficiente di rendimento annuale del 2,44% – secondo il calcolo effettuato dalle Sezioni Riunite nella ridetta sentenza (44:17,997) – in rapporto all’effettiva anzianità maturata a tale data (nel caso di specie 15 anni e 10 mesi). Pertanto, diversamente da quanto solitamente affermato dalla prevalente giurisprudenza (ex multis, Terza Sezione centrale d’Appello, n. 228/2019), non sarà applicato il parametro del 44% indistintamente a tutte le posizioni, ossia sia a quelle cessate con 15 anni, sia a quelle cessate con 18 anni (meno un giorno) al 31.12.1995;
3. al militare pensionato con anzianità oltre i 20 anni, ma con meno di 15 anni al 31.12.1995 non può trovare applicazione l’art. 54 (e, ovviamente, neppure il calcolo delle SS.RR.), diversamente da quanto è stato in precedenza affermato da parte della giurisprudenza (Sezione giurisdizionale Campania, n. 210/2020; Sezione giurisdizionale Calabria, n. 81/2020; Sezione giurisdizionale Sardegna, n. 54/2020);
4. al militare pensionato con anzianità superiore a 20 anni e con più di 18 anni al 31.12.1995 va applicato il sistema retributivo puro e non l’art. 54 (in senso conforme, questa Sezione giurisdizionale n. 72/2020; Sezione giurisdizionale Calabria n. 6/2019 e n. 7/2019);
Nel caso di specie il ricorrente si trova nella condizione sub. 1 e sub. 2 essendo stato collocato a riposo con un’anzianità complessiva di 39 anni e 6 mesi ed avendo maturato al 31.12.1995 un’anzianità di servizio pari a 15 anni e 10 mesi (sistema misto) e, quindi, il trattamento previdenziale va rideterminato sulla base di quanto disposto dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 come interpretato dalla citata sentenza delle Sezioni Riunite (coefficiente di rendimento annuale del 2,44%).
Non è quindi corretta la determinazione della pensione effettuata dall’I.N.P.S. con applicazione dell’aliquota del 35% per i primi 15 anni (v. allegati 1 e 3 al ricorso ed il modello liquidazione della pensione allegato alla memoria dell’I.N.P.S.).
Da ciò consegue l’accoglimento del ricorso.
Tuttavia, alla luce dei contrasti giurisprudenziali registratisi in materia, considerata la complessità della questione e la novità dei principi di diritto affermati dalla sentenza n. 1/2021 delle Sezioni Riunite di questa Corte, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare le spese di giudizio ex art. 31, c. 3, del d.lgs. n. 174/2016.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per il Trentino Alto Adige/Südtirol – Sede di Trento in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
- accoglie il ricorso proposto dal sig. M. M.;
- per l’effetto, accerta e dichiara il suo diritto alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, del coefficiente del 2,44% per ogni anno utile di anzianità maturata al 31.12.1995 secondo quanto statuito dalla sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ depositata il 4 gennaio 2021;
- condanna l’I.N.P.S. al pagamento degli arretrati spettanti maggiorati di interessi legali e, nei limiti dell’eventuale maggior importo differenziale, della rivalutazione monetaria calcolata, anno per anno, secondo gli indici I.S.T.A.T., con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.
Spese compensate.
Così deciso in Trento, il giorno 28 gennaio 2021, con le modalità di cui all’articolo 85, comma 5, D.L. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, come da ultimo modificato dall'art. 26-ter del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126.
IL GIUDICE
(Cons. Massimo AGLIOCCHI)
F.to digitalmente
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 28 gennaio 2021
Il Direttore della Segreteria
dott. Bruno Mazzon
F.to digitalmente
DECRETO
Il Giudice Unico, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dispone che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
IL GIUDICE
(Cons. Massimo AGLIOCCHI)
F.to digitalmente
Depositato in Segreteria il 28 gennaio 2021
Il Direttore della Segreteria
dott. Bruno Mazzon
F.to digitalmente
In esecuzione di quanto disposto dal Giudice Unico, ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Trento, 28 gennaio 2021
Il Direttore della Segreteria
dott. Bruno Mazzon
F.to digitalmente
N.B.: cortesemente come sempre, evitate di copiare tutta la sentenza nel commentare. GRAZIE
P.S.: - In allegato la n. 13/2021
CdC T.A.A. sezione di Trento
( SENTENZA N. 13/2021 )
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL TRENTINO – ALTO ADIGE/SÜDTIROL
SEDE DI TRENTO
Nella persona del Consigliere dott. Massimo Agliocchi, in funzione di giudice monocratico in materia di ricorsi pensionistici, ai sensi dell’art. 151 del codice della giustizia contabile di cui al decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 174.
Esaminati gli atti e documenti di causa, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio in materia pensionistica iscritto al n. 4493 del Registro di Segreteria, proposto da:
sig. M. M. nato a OMISSIS il OMISSIS (codice fiscale OMISSIS), residente in OMISSIS, via OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Tafuri (codice fiscale OMISSIS; pec maurotafuri@pec.studiolegaletafuri.it; fax 081/19305188) e dall’avv. Ida Castaldo (codice fiscale OMISSIS; pec ida.castaldo@avvocatiudine.it; fax 0432/1632201), presso lo studio della quale in Udine, alla via Carducci civico 4/2, ha eletto domicilio
contro
INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, via Ciro il Grande n. 21 – 00144 Roma (P.IVA 0212115001), rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Costantino De Pompeis e Marta Odorizzi, come da procura generale alle liti Notaio Paolo Castellini in Tivoli del 21 luglio 2015, Rep. nr. 80974, elettivamente domiciliato con i sottoscritti procuratori presso la sede legale dell’Istituto in Trento, Via delle Orfane n. 8, pec: avv.carlo.depompeis@postacert.inps.gov.it, fax 0461 886605
FATTO
Con il presente gravame il ricorrente, già OMISSIS dell’Esercito Italiano, in quiescenza a decorrere dal OMISSIS, ha chiesto il riconoscimento del diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota del 44% ai sensi dell’articolo 54 del d.P.R. n. 1092/1973, anziché di quella del 35% di cui al precedente art. 44 dello stesso T.U. n. 1092/73, attualmente applicata e riguardante i dipendenti civili dello Stato.
Pertanto, esponendo di rientrare nel sistema pensionistico c.d. misto (non avendo maturato, al 31.12.1995, un’anzianità pari o superiore a 18 anni), parte ricorrente lamenta l’erronea quantificazione della quota retributiva della propria pensione, in quanto egli appartiene al personale militare, rappresentando di avere inutilmente presentato domanda in via amministrativa al fine di ottenere il richiesto beneficio.
Evidenzia che il ridetto art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 non è stato né abrogato, né modificato dalle successive riforme pensionistiche, dovendo quindi trovare tuttora piena applicazione, aggiungendo che non si tratta di una norma speciale di favore, bensì dell’ordinaria disciplina recante i criteri di calcolo della pensione per la generalità dei militari.
A conferma della propria tesi cita la circolare dell’I.N.P.D.A.P. n. 22 d.d. 18 settembre 2009, l’art. 1867 del D.lgs. 66/2010 (Codice dell’Ordinamento Militare), nonché la circolare del Ministero del Tesoro n. 57 del 24 giugno 1998. A sostegno, riporta diffusa giurisprudenza di merito di primo grado e d’appello.
Alla luce di quanto esposto, il ricorrente espone le asserite corrette modalità di calcolo della quota A e della quota B e conclude chiedendo che sia accertato e dichiarato il proprio diritto alla riliquidazione della pensione in godimento in applicazione dell’aliquota del 44% sulla quota calcolata con il sistema retributivo come previsto dall’articolo 54 del d.P.R. n. 1092/73, con condanna del convenuto al pagamento delle somme dovute a far data dal pensionamento, con liquidazione di interessi e rivalutazione delle somme tardivamente pagate ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. att. c.p.c., nonché con rifusione delle spese di giudizio.
L’I.N.P.S., costituitosi in giudizio con memoria depositata in data 12 gennaio 2021, ha chiesto la reiezione delle domande attoree.
L’Istituto previdenziale, nel richiamare il principio di diritto statuito dalla recente sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, depositata il 4 gennaio 2021, osserva che con questa decisione sarebbe stata definitivamente risolta la dibattuta questione in senso completamente aderente all’operato amministrativo seguito dell’I.N.P.S..
Rilevando che il ricorrente rientra in pieno nella casistica di cui all’ordinanza di remissione della Prima Sezione centrale d’Appello, l’Istituto ribadisce la propria tesi interpretativa, incentrata, con argomentazioni varie, sull’applicabilità dell’art. 54 solo ai militari andati in pensione tra i 15 e i 20 anni di anzianità. In sostanza, per l’I.N.P.S., il primo comma dell’art. 54 sarebbe invocabile solo per le pensioni di invalidità ed anticipate sulla base di non più di 20 anni di contribuzione utile, mentre, nel caso di specie, il ricorrente è stato collocato in congedo con una anzianità complessiva superiore a 20 anni.
Conclude, quindi, l’I.N.P.S. chiedendo il rigetto del ricorso.
In data 21 gennaio 2021 il ricorrente ha depositato delle note di trattazione scritta ex art. 85, c. 5, del d.l. n. 18/2020 precisando che “…la richiesta della scrivente difesa è diretta ad accertare e dichiarare il diritto del ricorrente alla rideterminazione, ricalcolo e riliquidazione del trattamento pensionistico in essere con l’applicazione dell’art. 54 DPR 1092/1973 rimettendo a questa Corte il calcolo dell’aliquota. In tale direzione peraltro muove la sentenza n. 1/2021 ha fornito una nuova interpretazione circa la sua applicazione.
In considerazione di quanto sopra premesso e della recente sentenza che ha introdotto un “nuovo sistema di calcolo della pensione” si insiste nella richiesta di ricalcolo e rideterminazione del trattamento pensionistico del sig. M.”.
In data 28 gennaio 2021 l’INPS ha depositato, tardivamente, ulteriori note d’udienza rilevando che la sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ sarebbe incorsa in un errore matematico di calcolo la cui applicazione comporterebbe “…la violazione della stessa norma invocata dalle controparti oltre all’accoglimento dei ricorsi ultra petitum”.
All’udienza del 28 gennaio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione senza discussione orale e sulla base degli atti depositati, così come previsto dall’articolo 85, comma 5, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come da ultimo modificato dall'art. 26-ter del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126.
DIRITTO
Preliminarmente vanno dichiarate irricevibili le note d’udienza depositate dall’INPS il giorno 28 gennaio 2021, in quanto tardive rispetto al termine stabilito dall’art. 85, c. 5, del d.l. n. 18/2020 e ss. mm., essendo, quindi, ormai decorso il termine ultimo per il contraddittorio documentale sostitutivo di quello di udienza. Infatti, la citata disposizione di legge, adottata nell’ambito delle misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, in deroga alle previsioni del codice di giustizia contabile, ha soppresso la discussione orale (salvo espressa richiesta, non esercitata nel caso di specie) sostituendola con la facoltà di presentazione di brevi note e documenti sino a cinque giorni liberi prima della data fissata per la trattazione (cfr. Sezione giurisdizionale Campania, n. 237/2020).
Nel merito, la questione in esame attiene all’applicazione dell’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973.
Al riguardo, occorre ricordare che per la liquidazione del trattamento pensionistico dei soggetti che, come il ricorrente, al 31.12.1995 non avevano maturato 18 anni di anzianità contributiva, la legge 8 agosto 1995 n. 335, ha previsto l’adozione del c.d. sistema misto, disponendo all’art. 1, comma 12, che la pensione è determinata dalla somma:
“a) della quota corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data;
b) della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.
Al ricorrente, che non maturava 18 anni di anzianità utile al 31.12.1995, andava determinata, pertanto, la quota di pensione riferita alla maturata anzianità di servizio ante 31.12.1995 con il previgente sistema retributivo, rappresentato dal menzionato d.P.R. n. 1092/1973.
Ciò posto, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, vigente a quella data, “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo (comma 1).
La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo (comma 2)”.
In ordine all’ambito di applicazione dell’art. 54, primo comma, del citato d.P.R. n. 1092/1973, si fronteggiano, come noto, due tesi. La prima, più restrittiva, e aderente al testo letterale, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44%) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici, ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore. L’altra, più estensiva e sostenuta con il ricorso, ritiene la suddetta regola di calcolo di portata generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80% o del 3,60%, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo).
La questione è stata recentemente affrontata dalle Sezioni Riunite con la sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ la cui efficacia nomofilattica si rinviene nell’articolo 117 c.g.c..
Le Sezioni Riunite, ricostruito il sistema previgente di cui all’articolo 54 d.P.R. n. 1092/73 e coordinatolo con il successivo passaggio al sistema contributivo, in particolare per quanto attiene alla parametrazione del coefficiente pensionistico, hanno quindi affermato i seguenti principio di diritto:
“La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato[a] tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.
Conseguentemente:
L’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Alla luce del mutato quadro giuridico, risultante dalla citata sentenza della Sezioni Riunite, questo Giudice ritiene che le precisazioni contenute nelle note di trattazione scritta ex art. 85, c. 5, del d.l. n. 18/2020 costituiscono un’ammissibile ipotesi di emendatio libelli ex art. 164, c. 1, c.g.c., laddove il ricorrente chiede il ricalcolo della pensione secondo quanto statuito dalla ridetta decisione.
Ciò detto, diversamente da quanto asserito dall’Istituto previdenziale nella memoria difensiva depositata il 12 gennaio 2021, secondo cui le Sezioni Riunite di questa Corte avrebbero “…confermato completamente l’operato amministrativo fin qui seguito dall’I.N.P.S. nel respingere in toto le avverse pretese in materia”, questo Giudice ritiene, invece, che dalla lettura piana dei principi di diritto appena riportati e dall’insieme delle motivazioni della sentenza si possa dedurre quanto segue:
1. l’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 trova applicazione anche per i militari che al momento del passaggio in quiescenza hanno maturato un’anzianità superiore a 20 anni;
2. al militare pensionato con più di 20 anni di servizio utile e con anzianità compresa tra 15 e 18 anni al 31.12.1995 deve essere applicato il coefficiente di rendimento annuale del 2,44% – secondo il calcolo effettuato dalle Sezioni Riunite nella ridetta sentenza (44:17,997) – in rapporto all’effettiva anzianità maturata a tale data (nel caso di specie 15 anni e 10 mesi). Pertanto, diversamente da quanto solitamente affermato dalla prevalente giurisprudenza (ex multis, Terza Sezione centrale d’Appello, n. 228/2019), non sarà applicato il parametro del 44% indistintamente a tutte le posizioni, ossia sia a quelle cessate con 15 anni, sia a quelle cessate con 18 anni (meno un giorno) al 31.12.1995;
3. al militare pensionato con anzianità oltre i 20 anni, ma con meno di 15 anni al 31.12.1995 non può trovare applicazione l’art. 54 (e, ovviamente, neppure il calcolo delle SS.RR.), diversamente da quanto è stato in precedenza affermato da parte della giurisprudenza (Sezione giurisdizionale Campania, n. 210/2020; Sezione giurisdizionale Calabria, n. 81/2020; Sezione giurisdizionale Sardegna, n. 54/2020);
4. al militare pensionato con anzianità superiore a 20 anni e con più di 18 anni al 31.12.1995 va applicato il sistema retributivo puro e non l’art. 54 (in senso conforme, questa Sezione giurisdizionale n. 72/2020; Sezione giurisdizionale Calabria n. 6/2019 e n. 7/2019);
Nel caso di specie il ricorrente si trova nella condizione sub. 1 e sub. 2 essendo stato collocato a riposo con un’anzianità complessiva di 39 anni e 6 mesi ed avendo maturato al 31.12.1995 un’anzianità di servizio pari a 15 anni e 10 mesi (sistema misto) e, quindi, il trattamento previdenziale va rideterminato sulla base di quanto disposto dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 come interpretato dalla citata sentenza delle Sezioni Riunite (coefficiente di rendimento annuale del 2,44%).
Non è quindi corretta la determinazione della pensione effettuata dall’I.N.P.S. con applicazione dell’aliquota del 35% per i primi 15 anni (v. allegati 1 e 3 al ricorso ed il modello liquidazione della pensione allegato alla memoria dell’I.N.P.S.).
Da ciò consegue l’accoglimento del ricorso.
Tuttavia, alla luce dei contrasti giurisprudenziali registratisi in materia, considerata la complessità della questione e la novità dei principi di diritto affermati dalla sentenza n. 1/2021 delle Sezioni Riunite di questa Corte, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare le spese di giudizio ex art. 31, c. 3, del d.lgs. n. 174/2016.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per il Trentino Alto Adige/Südtirol – Sede di Trento in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
- accoglie il ricorso proposto dal sig. M. M.;
- per l’effetto, accerta e dichiara il suo diritto alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, del coefficiente del 2,44% per ogni anno utile di anzianità maturata al 31.12.1995 secondo quanto statuito dalla sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ depositata il 4 gennaio 2021;
- condanna l’I.N.P.S. al pagamento degli arretrati spettanti maggiorati di interessi legali e, nei limiti dell’eventuale maggior importo differenziale, della rivalutazione monetaria calcolata, anno per anno, secondo gli indici I.S.T.A.T., con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.
Spese compensate.
Così deciso in Trento, il giorno 28 gennaio 2021, con le modalità di cui all’articolo 85, comma 5, D.L. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, come da ultimo modificato dall'art. 26-ter del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126.
IL GIUDICE
(Cons. Massimo AGLIOCCHI)
F.to digitalmente
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 28 gennaio 2021
Il Direttore della Segreteria
dott. Bruno Mazzon
F.to digitalmente
DECRETO
Il Giudice Unico, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dispone che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
IL GIUDICE
(Cons. Massimo AGLIOCCHI)
F.to digitalmente
Depositato in Segreteria il 28 gennaio 2021
Il Direttore della Segreteria
dott. Bruno Mazzon
F.to digitalmente
In esecuzione di quanto disposto dal Giudice Unico, ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Trento, 28 gennaio 2021
Il Direttore della Segreteria
dott. Bruno Mazzon
F.to digitalmente
N.B.: cortesemente come sempre, evitate di copiare tutta la sentenza nel commentare. GRAZIE
P.S.: - In allegato la n. 13/2021
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
La lotta del colosso INPS
- prima lottava contro il 44%;
- poi chiedeva e lottava perché ad occuparsene fossero le SS.RR.;
- ottenuto il passaggio delle carte alle SS.RR. con il relativo giudizio finale del 2,44 e, quindi, non più del 44%, pare che si sia accontentato in un primo momento, tanto da citare gli estremi della sentenza SS.RR. in ogni giudizio in discussione dopo il 4 gennaio 2021 contro quei Militari ricorrenti;
- dopo la data del 4 gennaio 2021 l'INPS, nonostante il giudizio delle SS.RR. che prima riteneva risolta la questione, continua nella lotta, sostenendo che neanche il 2,44 spetta ai Militari con + 15 anni ma che il metodo adottato da INPS è giusto;
- Ora, come possiamo leggere nelle 3 sentenze della CdC Trentino A.A. sezione di Trento e da me precedentemente citate, allegando soltanto la n. 13/2021, l'INPS controbatte ancora asserendo quando segue:
N.B.: questo brano è riportato nelle 3 sentenze: In data 28 gennaio 2021 l’INPS ha depositato, tardivamente, ulteriori note d’udienza rilevando che la sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ sarebbe incorsa in un errore matematico di calcolo la cui applicazione comporterebbe “…la violazione della stessa norma invocata dalle controparti oltre all’accoglimento dei ricorsi ultra petitum”.
L'INPS da quello che si vede, risulta dal collo duro ed incontentabile. Speriamo che gli Appelli pendenti adottano nuovamente il 44%.
- prima lottava contro il 44%;
- poi chiedeva e lottava perché ad occuparsene fossero le SS.RR.;
- ottenuto il passaggio delle carte alle SS.RR. con il relativo giudizio finale del 2,44 e, quindi, non più del 44%, pare che si sia accontentato in un primo momento, tanto da citare gli estremi della sentenza SS.RR. in ogni giudizio in discussione dopo il 4 gennaio 2021 contro quei Militari ricorrenti;
- dopo la data del 4 gennaio 2021 l'INPS, nonostante il giudizio delle SS.RR. che prima riteneva risolta la questione, continua nella lotta, sostenendo che neanche il 2,44 spetta ai Militari con + 15 anni ma che il metodo adottato da INPS è giusto;
- Ora, come possiamo leggere nelle 3 sentenze della CdC Trentino A.A. sezione di Trento e da me precedentemente citate, allegando soltanto la n. 13/2021, l'INPS controbatte ancora asserendo quando segue:
N.B.: questo brano è riportato nelle 3 sentenze: In data 28 gennaio 2021 l’INPS ha depositato, tardivamente, ulteriori note d’udienza rilevando che la sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ sarebbe incorsa in un errore matematico di calcolo la cui applicazione comporterebbe “…la violazione della stessa norma invocata dalle controparti oltre all’accoglimento dei ricorsi ultra petitum”.
L'INPS da quello che si vede, risulta dal collo duro ed incontentabile. Speriamo che gli Appelli pendenti adottano nuovamente il 44%.
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- Iscritto il: ven mag 19, 2017 3:24 pm
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
panorama ha scritto: ↑ven feb 05, 2021 10:41 am La lotta del colosso INPS
- prima lottava contro il 44%;
- poi chiedeva e lottava perché ad occuparsene fossero le SS.RR.;
- ottenuto il passaggio delle carte alle SS.RR. con il relativo giudizio finale del 2,44 e, quindi, non più del 44%, pare che si sia accontentato in un primo momento, tanto da citare gli estremi della sentenza SS.RR. in ogni giudizio in discussione dopo il 4 gennaio 2021 contro quei Militari ricorrenti;
- dopo la data del 4 gennaio 2021 l'INPS, nonostante il giudizio delle SS.RR. che prima riteneva risolta la questione, continua nella lotta, sostenendo che neanche il 2,44 spetta ai Militari con + 15 anni ma che il metodo adottato da INPS è giusto;
- Ora, come possiamo leggere nelle 3 sentenze della CdC Trentino A.A. sezione di Trento e da me precedentemente citate, allegando soltanto la n. 13/2021, l'INPS controbatte ancora asserendo quando segue:
N.B.: questo brano è riportato nelle 3 sentenze: In data 28 gennaio 2021 l’INPS ha depositato, tardivamente, ulteriori note d’udienza rilevando che la sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ sarebbe incorsa in un errore matematico di calcolo la cui applicazione comporterebbe “…la violazione della stessa norma invocata dalle controparti oltre all’accoglimento dei ricorsi ultra petitum”.
L'INPS da quello che si vede, risulta dal collo duro ed incontentabile. Speriamo che gli Appelli pendenti adottano nuovamente il 44%.
La sentenza però non riporta quale sarebbe questo errore di calcolo rilevato dall'INPS, magari il Veneto o l'appello Sicilia lo evidenzieranno. Ma l'errore c'è per forza.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
Farey ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 4:29 pmGrazie Panorama
SENTENZA 8/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA
In composizione monocratica nella persona del
dott. Benedetto Brancoli Busdraghi
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20902 del registro di Segreteria, proposto da OMISSIS,
rappresentato e difeso dall’avv. Daniele Lascari ed elettivamente domiciliato
ai fini del presente procedimento presso lo studio del medesimo difensore in
Genova, Via Ippolito D’Aste n. 7/5;
contro
INPS – Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, rappresentato e difeso
dall’avv. Alberto Fuochi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del
medesimo difensore in Genova, Piazza Borgo Pila 40.
Letto il ricorso ed esaminati gli atti e i documenti del giudizio, trattenuto in
decisione il 3 febbraio 2021 ai sensi dell’art. 85, comma 5, D.L. n. 18/2020;
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente ha prestato servizio nell’Esercito italiano dall’8 settembre 1982 al
2
1° settembre 2016 ed è stato posto in quiescenza a far data dal giorno
successivo. Il medesimo è titolare di pensione calcolata con il sistema misto,
avendo alla data del 31 dicembre 1995 un’anzianità di servizio utile ai fini
pensionistici, pari ad anni 17 e mesi 5.
In data 8 febbraio 2017, il ricorrente ha presentato ricorso amministrativo,
chiedendo il ricalcolo della pensione, contestando le aliquote applicate
relativamente al periodo di servizio utile a fini pensionistici maturato al 31
dicembre 1995. Tale istanza non è stata accolta.
Con ricorso depositato il 25 giugno 2020, il ricorrente contesta che la pensione
sia stata liquidata senza applicare, per la determinazione della quota regolata
dal sistema retributivo, l’aliquota di rendimento prevista dall’art. 54, comma
1, del D.P.R. n. 1092/1973, il quale dispone che “la pensione spettante al
militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di
servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto
disposto nel penultimo comma del presente articolo”. Secondo la parte attrice,
tale aliquota non sarebbe applicabile solamente ai militari cessati dal servizio
con anzianità compresa fra i 15 e i 20 anni, ma andrebbe applicata anche per il
calcolo della quota retributiva della pensione di coloro che abbiano proseguito
il servizio, quale criterio per il computo dell’anzianità maturata al 31 dicembre
1995. Il ricorrente chiede, pertanto, che venga accertato e dichiarato il suo
diritto al ricalcolo della pensione in godimento, per il periodo di servizio utile
maturato al 31 dicembre 1995, con le modalità stabilite dall’art. 54, comma 1,
del D.P.R. n. 1092/1973, per l’effetto accertando e dichiarando il suo diritto al
ricalcolo della pensione al 44% della base pensionabile per il predetto periodo,
con condanna dell’INPS al pagamento di arretrati, interessi e rivalutazione
3
monetaria ex lege dovuti, nonché con vittoria di spese, diritti e onorari di causa.
In via istruttoria, il ricorrente chiede che venga disposta C.T.U. al fine di
determinare gli importi spettanti al ricorrente sulla scorta del ricorso, oltre
interessi e rivalutazione monetaria.
Con memoria depositata in data 5 gennaio 2021, l’INPS si è costituito in
giudizio, contestando le deduzioni del ricorrente. Secondo l’Amministrazione
resistente, l’aliquota del 44%, prevista dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973,
sarebbe stata introdotta a tutela dei dipendenti che, per raggiunti limiti di età o
per fisica inabilità, erano costretti a lasciare il Corpo senza aver maturato una
pensione dignitosa. In base al tenore letterale della norma, tale aliquota non
potrebbe, dunque, trovare applicazione ai dipendenti delle Forze Armate che
abbiano proseguito il servizio fino al raggiungimento di una delle finestre
previste per la pensione di anzianità ovvero il limite di età ordinamentale
previsto. Successivamente all’entrata in vigore della L. n. 335/1995, per il
personale con anzianità inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, l’art. 54,
comma 1, non potrebbe essere inteso come il criterio di calcolo della quota di
pensione sottoposta al regime retributivo nell’ambito del sistema misto, bensì
quale criterio di calcolo per coloro che fossero stati collocati in pensione
anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 335/95 e con anzianità superiore
a 15 anni ma inferiore a 20 anni di servizio. Il ricorrente non rientrerebbe in
tale fattispecie.
Secondo l’INPS, inoltre, il calcolo attuale della quota A (retributiva) della
pensione sarebbe già più vantaggioso per il pensionato, poiché tiene conto di
tutte le voci stipendiali, a differenza del calcolo secondo normativa anteriore
al 1995 che prevedeva la valutazione della sola voce stipendio e dell’indennità
4
pensionabile.
Quanto, infine, alla domanda di pagamento degli interessi legali e della
rivalutazione monetaria sui ratei arretrati, la difesa evidenzia che, l’art. 16,
comma 6, della L. n. 412/1991 ha stabilito, per i crediti di natura previdenziale
e assistenziale, il divieto di cumulo tra interessi legali e rivalutazione monetaria
e quest’ultima sarebbe dovuta solo per la parte eccedente la misura degli
interessi calcolati al tasso legale. Alla luce di quanto precede,
l’Amministrazione chiede il rigetto del gravame.
In data 7 gennaio 2021, il ricorrente ha trasmesso brevi note. Queste ultime
hanno sollevato perplessità in relazione alla recente sentenza delle Sezioni
Riunite di questa Corte del 4 gennaio 2021, n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, relatia
alla materia in esame. È stato, pertanto, chiesto un breve rinvio per articolare
le proprie difese.
In via gradata, il ricorrente ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale
dell’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973. Secondo il ricorrente, la soluzione
ermeneutica proposta dalle Sezioni Riunite rappresenterebbe una arbitraria
forzatura, lesiva dei diritti del ricorrente, di rilievo costituzionale e il ricorrente
ha, pertanto, chiesto di dichiarare la rilevanza e la non manifesta infondatezza
di una questione di legittimità costituzionale.
Con memoria depositata in data 11 gennaio 2021, l’INPS ha fatto riferimento
alla medesima sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, con cui le Sezioni Riunite
si sono pronunciate sull’interpretazione delle disposizioni da applicare nel
presente giudizio, evidenziando che tale pronuncia imporrà all’INPS di
rielaborare il calcolo delle pensioni. Pertanto, la difesa ha chiesto il rinvio
dell’udienza per consentire all’INPS di prendere posizione, rilevando, inoltre,
5
che la domanda formulata dal ricorrente sarebbe fondata su un criterio di
calcolo diverso da quello individuato dalle Sezioni Riunite e pertanto il ricorso
andrebbe rigettato.
Considerata l’istanza di parte e vista la pubblicazione della predetta pronuncia
delle Sezioni Riunite, con ordinanza n. 2/2021, è stato concesso un breve rinvio
per consentire il deposito di note difensive.
In data 26 gennaio 2021, l’INPS ha depositato una memoria, in cui insiste per
il rigetto, in quanto il petitum di parte ricorrente non comprenderebbe la
domanda del coefficiente del 2,44%, e si oppone alla mutatio libelli.
Nondimeno, l’INPS dà anche atto di orientamenti giurisprudenziali diversi, nel
senso di un accoglimento parziale o totale della domanda, pur ritenendo
comunque non condivisibile la condanna alle spese, in quanto l’Istituto non
potrebbe essere considerato interamente soccombente.
Per tale motivo, l’INPS conclude chiedendo di respingere il ricorso alla luce
della sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, dichiarando
inammissibile la modifica della domanda giudiziale, con compensazione
integrale delle spese di giudizio. In subordine, in caso di parziale accoglimento
del ricorso nei limiti della sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, l’INPS chiede
di compensare integralmente le spese di giudizio.
In data 28 gennaio 2021, il ricorrente ha depositato brevi note, insistendo per
l’accoglimento del ricorso. Con particolare riguardo alla predetta sentenza
delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, la difesa rileva che, secondo
la Corte, la norma di riferimento per il calcolo della pensione normale dei
militari non è l’art. 44 del D.P.R. n. 1092/1973, bensì l’art. 54. Tuttavia, viene
criticata la posizione delle Sezioni Riunite, laddove esse individuano l’aliquota
6
del 2,44% su base annua, in asserito contrasto con la lettera della norma. In
particolare, non è condivisa la proposta di ricavare l’aliquota da applicare
dividendo quella del 44% per 18 anni meno un giorno, in quanto l’aliquota
applicabile dovrebbe essere individuata sulla base dell’anzianità al 31
dicembre 1995.
In via gradata, la difesa chiede di sollevare questione di legittimità
costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione e dei loro
corollari, quali i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento
della Pubblica Amministrazione.
In via ulteriormente subordinata, la difesa chiede di applicare l’art. 54, co. 1,
secondo l’interpretazione che di esso hanno dato le Sezioni Riunite, applicando
il coefficiente del 2,44% all’anno.
Alla trattazione del 3 febbraio 2021, il giudizio è stato definito
immediatamente con sentenza, senza discussione orale, come previsto dal
citato art. 85, comma 5, del D.L. n. 18/2020.
Considerato in
DIRITTO
1. In via preliminare, deve essere autorizzata la modifica del petitum del
ricorrente, tramite la presentazione, con le brevi note difensive, di una
domanda subordinata.
Ai sensi dell’art. 164, comma 1, c.g.c., infatti, “le parti possono, se ricorrono
gravi motivi, modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già
formulate previa autorizzazione del giudice”. Deve ritenersi che tale previsione
sia applicabile anche nell’ambito della trattazione c.d. “cartolare” di cui all’art.
85 del D.L. n. 18/2020.
7
Nel caso in esame, nelle more della discussione del ricorso, la pronuncia delle
Sezioni Riunite di questa Corte del 4 gennaio 2021, n. 1/2021/QM/PRES-SEZ,
ha posto un innovativo principio di diritto che rileva anche ai fini del presente
giudizio e induce a una nuova riflessione sul quadro giuridico sotteso al
ricorso. Anche in un’ottica di economia processuale, sussistono, dunque, gravi
motivi per consentire la modificazione del petitum che viene, pertanto,
autorizzata.
2. Il quadro giuridico sotteso alla controversia in esame richiede una nuova
riflessione anche alla luce di quanto affermato dalla pronuncia delle Sezioni
Riunite di questa Corte del 4 gennaio 2021, n. 1/2021/QM/PRES-SEZ.
2.1. L’art. 54, comma 1, del D.P.R. n. 1092/1973 assegna ai militari cessati
con anzianità compresa tra i 15 e i 20 anni di servizio l’aliquota del 44%. Il
secondo comma dispone di aumentare tale percentuale dell’1,80% per ogni
anno di servizio utile oltre il ventesimo. Tale norma è stata adottata sotto la
vigenza del c.d. sistema retributivo, che parametrava la pensione alla
retribuzione del lavoratore.
2.2. La L. n. 335/1995 ha successivamente ridefinito il sistema previdenziale
allo scopo di garantire la tutela prevista dall'art. 38 della Cost., disciplinando,
tra l’altro, il passaggio dal sistema pensionistico retributivo a quello c.d.
contributivo. Nel disciplinare la transizione al nuovo sistema, è stato disposto
di liquidare il trattamento pensionistico di chi, alla data del 31 dicembre 1995,
non aveva maturato 18 anni di anzianità contributiva con il c.d. sistema misto.
L’art. 1, comma 12, della L. n. 335/1995 prevede, infatti, che la pensione sia
determinata dalla somma: “a) della quota corrispondente alle anzianità
acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla
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data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla
normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) della quota di
pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori
anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.
2.3. A seguito della riforma, occorre verificare quale sia l’aliquota da applicare
alla quota retributiva dei militari in pensione col sistema misto che siano cessati
con più di venti anni di servizio.
Secondo un primo orientamento, l’art. 54 avrebbe natura eccezionale e non
potrebbe essere applicato oltre i casi in esso espressamente indicati. In tale
prospettiva, poiché la norma fa espresso riferimento ai militari cessati con
anzianità compresa tra i 15 e i 20 anni, il pensionamento con anzianità
superiore al ventennio precluderebbe l’applicazione dell’aliquota di cui all’art.
54 (in tal senso, ex multis, Corte dei conti, Sez. Veneto, n. 46/2018; Sez.
Piemonte, n. 63/2018; Sez. III Giur. Centr. d’Ap., n. 175/2019). Pertanto, i
militari in pensione con il sistema misto beneficerebbero dell’aliquota del
2,33% per ciascun anno, analogamente a quanto previsto per il personale
civile.
Una diversa linea interpretativa contesta la natura speciale o eccezionale
dell’art. 54, rilevando che il secondo comma contempla espressamente la
possibilità che il militare abbia continuato il servizio oltre il ventennio,
incrementando l’aliquota del 44% prevista dal primo comma. Viene, altresì,
rilevato che, in ogni caso, in base all’art. 1, comma 12, della L. n. 335/1995, ai
fini del calcolo della quota retributiva, occorrerebbe prendere come riferimento
l’anzianità al 31 dicembre 1995 e dunque l’aliquota del 44% sarebbe
applicabile anche a chi avesse un’anzianità superiore a 15 anni a tale data (in
9
tal senso, ex multis, Corte dei conti, Sez. I Giur. Centr. d’Ap., n. 422/2018;
Sez. II Giur. Centr. d’Ap., n. 208/2019; Sez. III Giur. Centr. d’Ap., n.
228/2019; Sez. Toscana, n. 261/2018; Sez. Sardegna, n. 68/2018; Sez.
Calabria, n. 206/2018; Sez. Liguria, nn. 73/2019 e 24/2020; Sez. Friuli-
Venezia-Giulia, n. 67/2018; Sez. Lombardia, n. 130/2018; Sez. Puglia, n.
447/2018).
Per i militari con anzianità inferiore ai 15 anni alla data del 31 dicembre 1995,
parte della giurisprudenza ricava un’aliquota corrispondente, ottenuta
dividendo quella 44% per l’anzianità minima di 15 anni (ottenendo l’aliquota
del 2,93% all’anno) (p.e. Corte dei conti, Sez. I Giur. Centr. d’Ap., n.
202/2020; Sez. II Giur. Centr. d’Ap., n. 21/2020; Sez. Toscana n. 38/2020; Sez.
Calabria, n. 73/2020; Sez. Liguria, n. 72/2020), o per quella massima di 20
anni (ottenendo l’aliquota del 2,20% all’anno) (cfr. Corte dei conti, Sez.
Liguria, n. 25/2020). In altri casi, l’art. 54 viene considerato inapplicabile (ex
multis, Corte dei conti, Sez. Liguria, n. 225/2019).
2.4. A fronte di tale quadro, si rileva, in primo luogo, che, in sintonia con la
sentenza delle SS.RR. n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, la lettera dell’art. 54 non ne
consente l’applicazione oltre i casi in essa considerati, da valutare alla luce del
contesto e delle modalità applicative.
Lo schema pensionistico posto per i militari dal D.P.R. n. 1093/1973
prevedeva, infatti, una progressione non lineare. Al quindicesimo anno, veniva
raggiunta l’aliquota di picco del 44% (con aliquota media che, con tale
anzianità, era pari al 2,93%), che si manteneva stabile fino al ventesimo (con
aliquota del 2,20%); a partire da tale momento, l’aliquota dell’1,80%
permetteva di raggiungere l’aliquota massima (80%) al quarantesimo anno di
10
servizio, con aliquota media pari al 2%. In caso di cessazione anticipata, l’art.
54, comma 9, prevedeva l’applicazione dell’aliquota del 2,20% all’anno.
Il calcolo della pensione veniva, dunque, modellato secondo una progressione
costante per quindici anni, ai quali facevano seguito un picco e, poi, una
riduzione sia dell’aliquota marginale, sia di quella media. In tal modo, la norma
incontrava le esigenze dell’Amministrazione di incentivare la continuità di
servizio presso le forze armate per almeno 15 anni; al contempo, venivano
tutelati i militari che non potevano rimanere in servizio fino al termine della
carriera, garantendo loro comunque una pensione dignitosa.
In tale contesto, coloro che, sotto il sistema retributivo, fossero andati in
pensione al termine di una lunga carriera non avrebbero avuto particolari
benefici dal picco dell’aliquota del 44% tra il quindicesimo e il ventesimo
anno, giacché tale maggior importo sarebbe stato distribuito su tutta la carriera
e, come visto, l’aliquota media sarebbe risultata pari a circa 2% – valore in
linea con l’aliquota media conseguibile dai dipendenti civili dello Stato al
termine della carriera. In base alla lettera della legge e alla costruzione della
curva delle aliquote, dunque, i benefici sarebbero stati conseguiti solamente
dai militari che fossero andati in pensione con anzianità compresa tra i 15 e i
20 anni.
L’aliquota fissa del 44%, pertanto, veniva applicata in un contesto particolare.
Essa non è generalizzabile a coloro che non abbiano i requisiti di anzianità
minima e massima previsti dalla norma e in particolare non a chi, come il
ricorrente, è andato in pensione con un’anzianità superiore al ventennio –
anzianità che, come visto, sotto la vigenza del sistema retributivo, non avrebbe
comunque consentito al ricorrente di trarre particolari benefici dall’art. 54,
11
comma 1.
3. Nel caso in esame, viene invocata l’applicazione dell’aliquota di picco,
senza la successiva fase di normalizzazione, nonostante la carriera si sia
protratta, complessivamente, ben oltre il ventennio di servizio. Pertanto, vista
la mancanza dei requisiti previsti dall’art. 54, non è possibile applicare
l’aliquota del 44%, la cui applicazione appare contraria all’interpretazione
sistematica della norma.
4. Nondimeno, se è vero che al caso in esame non è applicabile l’aliquota di
cui all’art. 54, il sistema consente di individuare l’aliquota applicabile per la
quota retributiva, senza necessità di ricorrere all’applicazione della disciplina
posta dall’art. 44 per i dipendenti civili dello Stato. L’autonomia e
l’autosufficienza delle discipline previste dal D.P.R. n. 1092/1973 per il
personale civile e per quello militare portano, infatti, a escludere l’applicabilità
ai militari della disciplina prevista per i dipendenti civili, nonché la necessità
del ricorso all’analogia.
Secondo quanto rappresentato dalle Sezioni Riunite con la predetta sentenza n.
1/2021/QM/PRES-SEZ, l’aliquota da applicare può essere calcolata dividendo
l’aliquota del 44% prevista dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973 per il numero
di anni per i quali i militari vi avrebbero avuto titolo, vale a dire, 18 anni meno
un giorno. Oltre tale soglia, infatti, non sarebbe stato applicato il sistema misto,
ma quello retributivo puro. L’aliquota da applicare risulta dunque pari a 44% /
17,997 (17 anni e 364 giorni), troncando poi al secondo decimale. Si ottiene,
in tal modo, l’aliquota del 2,44% all’anno.
5. Contrariamente a quanto genericamente sostenuto dal ricorrente nelle brevi
note presentate, tale assetto non appare in alcun modo arbitrario, ma è, anzi,
12
insito nel sistema normativo e corrisponde all’intenzione del legislatore ai
sensi e per gli effetti di cui all’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale.
6. Né questo giudicante nutre dubbi sulla conformità alla Costituzione della
norma ricavata con l’interpretazione in esame. I doveri di solidarietà di cui
all’art. 2 Cost. e l’obbligo di assicurare a tutti i lavoratori mezzi adeguati alle
loro esigenza di vita (art. 38 Cost.) legittimano l'applicazione di aliquote
differenziate, anche per garantire una pensione dignitosa ai militari che siano
cessati con anzianità non superiore a 20 anni, senza che sussista un obbligo di
estendere tali aliquote a coloro che, come il ricorrente, abbiano potuto
continuare il servizio. L’obiettiva differenza delle posizioni è altresì coerente
con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. (invocato dal ricorrente)
che, nella sua accezione sostanziale, impone anche di trattare in modo diverso
fattispecie diverse.
7. Alla luce di quanto precede, il ricorrente non ha titolo per l’applicazione
dell’aliquota del 44%, ma gli spetta, nondimeno, quella del 2,44% all’anno,
ricavabile dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973. Deve, dunque, essere
riconosciuto il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in tali
termini, nonché il diritto a conseguire gli arretrati costituiti dalla differenza tra
i ratei pensionistici spettanti in base alla suddetta riliquidazione e quelli
percepiti, oltre alla maggior somma tra rivalutazione monetaria e interessi
legali, da liquidarsi secondo i criteri di cui alla sentenza delle Sezioni Riunite
di questa Corte n. 10/2002/QM.
8. Nondimeno, con riguardo alla richiesta istruttoria di una consulenza tecnica
di ufficio al fine di rideterminare gli importi dovuti al ricorrente, si fa presente
che l'esecuzione delle sentenze della Corte dei conti avviene in via
13
amministrativa e pertanto vi provvede l'Amministrazione convenuta, il cui
operato potrà eventualmente essere contestato in sede di giudizio di
ottemperanza.
9. Vista la novità e la complessità della questione e la parziale soccombenza
reciproca, deve essere disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi
dell’art. 31 c.g.c..
P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria in
composizione monocratica, disattesa ogni contraria istanza, azione, deduzione
ed eccezione, definitivamente pronunciando:
- accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto, dichiara il diritto della parte
ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione,
sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di rendimento
ricavabile dall’art. 54, del D.P.R. n. 1092/1973 nella misura del 2,44%
all’anno, nonché al pagamento delle differenze rispetto alle precedenti rate non
adeguate. Sui maggiori ratei di pensione conseguentemente dovuti spetta al
ricorrente il maggiore importo fra interessi legali e rivalutazione monetaria,
con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e fino al pagamento, ai
sensi dell’art. 167, comma 3 c.g.c. secondo quanto disposto dall’art. 21,
comma 2, delle Norme di attuazione al Codice di giustizia contabile ed in
conformità alla sentenza delle Sezioni Riunite n. 10/2002/QM del 18 ottobre
2002;
- compensa le spese;
- manda alla segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso nella camera di consiglio del 3 febbraio 2021, tenuta ai sensi
14
dell’art. 85, comma 5, del D.L. n. 18/2020.
IL GIUDICE
Benedetto Brancoli Busdraghi
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Buongiorno a tutti,
forse è una scemenza, ma "l'errore matematico" potrebbe essere quello di avere scritto 2,44% invece di quello corretto del 2,445%.
Se fosse questo saremmo alle comiche..
forse è una scemenza, ma "l'errore matematico" potrebbe essere quello di avere scritto 2,44% invece di quello corretto del 2,445%.
Se fosse questo saremmo alle comiche..
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