art. 5, comma 3, della Legge 1 aprile 1981, n. 121
il ricorrente ha ricoperto le funzioni di Capo di gabinetto presso il Ministero dell’Interno
Il CdS ha accolto l'Appello del Ministero dell'Interno
Il CdS precisa:
1) - L’ufficio di Capo di gabinetto viene infatti accomunato a quello del Capo della polizia e a quello del Capo di dipartimento, ai soli fini della retribuzione di posizione prevista dall’art. 20 del D.lgs. 19.5.2000, n. 139 (in tal senso, appunto, gli artt. 3 e 4, lettere A, del relativo decreto attuativo 27.3.2006), ma non anche ad altri fini.
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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 201904383
Pubblicato il 26/06/2019
N. 04383/2019 REG. PROV. COLL.
N. 08047/2018 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 8047 del 2018, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12.
contro
Il dottor Mario Morcone, rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Lattanzi e Giovanni Zampetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Filippo Lattanzi in Roma, via G. P. Da Palestrina, 47.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima, n. 6812/2018, resa tra le parti, concernente il riconoscimento dell’indennità di cui all’art. 5, comma 3, della Legge 1 aprile 1981, n. 121.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del dottor Mario Morcone;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2019, il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Paolo Marchini e l’avvocato Filippo Lattanzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso n. 8374 del 2017, proposto davanti al Tar del Lazio, Sezione Prima Quater, il dottor Mario Morcone ha domandato:
a) l'annullamento della nota del Ministero dell’Interno n. 6510-TEP del 5 giugno 2017, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente, con particolare riferimento alla nota confermativa n. 7176-TEP del 19 giugno 2017 del medesimo Ministero;
b) l'accertamento del suo diritto al trattamento economico, nella misura costituita dallo stipendio tabellare, unitamente alla retribuzione di posizione, comprensiva dell'emolumento di cui all'art. 5, comma 3, della Legge 1 aprile 1981, n. 121;
c) la condanna dell'Amministrazione resistente, al versamento delle maggiori somme stipendiali dovute e dei correlativi oneri contributivi e previdenziali, a decorrere dal 13 febbraio 2017 e fino al giorno in cui il ricorrente ha ricoperto le funzioni di Capo di gabinetto presso il Ministero dell’Interno.
1.1. La pretesa economica vantata dal ricorrente attiene alla definizione del trattamento economico del Capo di gabinetto del Ministro dell’interno, ritenuta inclusiva dell’indennità di posizione di cui all’art. 5, comma 3, della legge n. 121 del 1981, a norma del quale “Al capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza è attribuita una speciale indennità pensionabile, la cui misura è stabilita dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro. Con le medesime modalità si provvede per il Comandante generale dall'Arma dei carabinieri, per il Comandante generale della Guardia di finanza, per il Direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e per il Direttore generale per l'economia montana e per le foreste”.
1.2. A sostegno della propria pretesa, il ricorrente ha invocato il disposto di cui all’art. 13, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 98/2002, a mente del quale al Capo di Gabinetto spetta “una retribuzione di posizione … pari ai Capi dei Dipartimenti del Ministero”, nonché in considerazione del fatto che lo stesso emolumento era stato riconosciuto a coloro che avevano ricoperto la stessa funzione negli ultimi dieci anni, peraltro sulla base di due pareri del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del MEF del 2007 e del 2009 (si tratta dei pareri del 26.10.2007 e del 12.3.2009).
1.3. Il Ministero dell’interno ha respinto la sua istanza con la nota del 5 giugno 2017, confermata con la successiva nota del 19 giugno 2017, affermando l’impossibilità di accogliere la richiesta di attribuzione dell’indennità di cui all’articolo 5, comma 3, della Legge 121 del 1981, in considerazione delle motivazioni espresse dalla Ragioneria Generale dello Stato nel presupposto parere contenuto nella nota prot. n. 105425 del 23.5.2017, dal quale si evincerebbe che al Capo di gabinetto non può essere attribuito il trattamento economico del Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, bensì quello degli altri Capi di dipartimento.
2. Il Tar, con la sentenza n. 6812 del 18 giugno 2018, ha accolto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese di lite.
3. Il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza, deducendo i seguenti motivi:
3.1. ERROR IN IUDICANDO: VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 13, COMMA 1, LETT. A), D.P.R. 21.3.2002, N. 98; 20 D.LGS. 19.5.2000, N. 139; 3 E 4 D.M. 27.3.2006; 5, COMMA 3, L. 121/1981; VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 81 E 97 COST., DELL’ART. 5, COMMA 3, L. 121/1981 E 7 COMMA 1, LETT. I, D.P.R. 27.2.2013, N. 67; ERROR IN PROCEDENDO: ERRORE SUI PRESUPPOSTI DI FATTO; ERRONEA INTERPRETAZIONE DEL PARERE DELLA RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO IN DATA 23.5.2017.
Il Ministero appellante sostiene che l’indennità richiesta non spetta alla luce del quadro normativo vigente (art. 13, comma 1, lettera a) del d.P.R. 21.3.2002, n. 98; art. 20 del D.lgs. 19.5.2000, n. 139; d.m. 27 marzo 2006), ma che, al limite, la stessa può essere riconosciuta, nei singoli casi concreti e tenuto conto delle specifiche circostanze, al ricorrere di adeguate risorse finanziarie, previo concerto delle Amministrazioni previste dalla legge e previo favorevole della Ragioneria generale dello Stato.
3.2. ERROR IN IUDICANDO: VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2, 3 E 13 D.P.R. 98/2002, IN COMBINATO DISPOSTO CON GLI ARTT. 5 L. 121/1981 E 7, COMMA 1, LETT. I), D.P.C.M. 27.2.2013, N. 67; DELL’ART. 20 D.LGS. IN COMBINATO DISPOSTO CON GLI ARTT. 3 E 4 D.M. 27.3.2006 – ERROR IN PROCEDENDO: CONTRADDITTORIETA’ DELLA MOTIVAZIONE.
Il Ministero appellante ritiene che la sentenza impugnata contrasti con le disposizioni che richiedono il concerto del Ministero del Tesoro (ora Ministero dell’economia e delle finanze) per l’attribuzione dell’indennità pensionabile al Capo della Polizia-Direttore generale della Pubblica Sicurezza (art. 5 l. 121/1981) e con quelle che attribuiscono alla Ragioneria generale dello Stato le competenze in materia di monitoraggio della spesa per i dipendenti pubblici (art. 7, comma 1, lett. i, del d.P.C.M. 27.2.2013, n. 67), poiché la stessa contiene una statuizione con effetti conformativi, circa il riconoscimento dell’emolumento richiesto.
Inoltre, a parere dell’appellante, la statuizione di prime cure si pone anche in contrasto con la prassi applicativa seguita in passato dalla Ragioneria generale dello Stato, la quale non deve essere interpretata come quale espresso riconoscimento di un beneficio economico ai sensi di legge, bensì quale attribuzione del singolo caso concreto, tenuto conto delle risorse finanziarie disponibili.
4. Si è costituito il signor Morcone, resistendo al gravame.
5. All’udienza camerale dell’8.11.2018, sull’impegno della parte appellata a non mettere in esecuzione la sentenza impugnata, il Ministero appellante ha chiesto l’abbinamento al merito della propria istanza cautelare.
6. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, di memorie integrative e di replica.
7. All’udienza pubblica del 7 marzo 2019, la causa è stata discussa dalle parti e trattenuta dal Collegio per la decisione.
8. L’appello è fondato e va, pertanto, accolto.
9. La Sezione ritiene decisive, nel senso dell’accoglimento del gravame, le seguenti considerazioni:
a) l’indennità richiesta dal ricorrente, per il periodo in cui ha rivestito l’ufficio di Capo di gabinetto del Ministero dell’Interno, è quella di cui all’art. 5, comma 3, della l. 121/1981, “Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza”, a mente del quale “Al capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza è attribuita una speciale indennità pensionabile, la cui misura è stabilita dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro”;
b) secondo i principi generali, ogni attribuzione di benefici o di riconoscimenti economici soggiace al principio di legalità, per cui la medesima deve essere prevista dalla legge o in base a disposizioni di legge;
c) a livello normativo, il quadro vigente è così sintetizzabile.
L’art. 13, comma 1, lettera a) del d.P.R. 21.3.2002, n. 98, che reca il Regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministero dell’Interno, stabilisce che “1. Ai responsabili degli Uffici di diretta collaborazione spetta una retribuzione di posizione, di seguito indicata: a) per il Capo di Gabinetto e per il Direttore dell’Ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari, pari ai Capi dei Dipartimenti del Ministero”.
L’art. 20 del D.lgs. 19.5.2000, n. 139 (Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell'articolo 10 della legge 28 luglio 1999, n. 266) disciplina la “Retribuzione di posizione”, quale componente del trattamento economico complessivo di cui al precedente art. 19 del medesimo decreto legislativo n. 139 cit..
In particolare, il comma 1, dispone che “La componente del trattamento economico, correlata alle posizioni funzionali ricoperte ed agli incarichi ed alle responsabilità esercitati, è attribuita a tutto il personale della carriera prefettizia. Con decreto del Ministro dell'interno si provvede alla graduazione delle posizioni funzionali ricoperte, sulla base dei livelli di responsabilità e di rilevanza degli incarichi assegnati. La determinazione della retribuzione di posizione, in attuazione delle disposizioni emanate con il predetto decreto, è effettuata attraverso il procedimento negoziale”.
Il comma 2, invece, prevede che “Con il decreto di cui al comma 1 sono periodicamente individuati, ai fini della determinazione della retribuzione di posizione, gli uffici di particolare rilevanza, nonché le sedi disagiate in relazione alle condizioni ambientali ed organizzative nelle quali il servizio è svolto.
Il comma 3, dispone, infine, che “Per i funzionari titolari di incarichi conferiti con provvedimento del Ministro dell'interno possono essere individuate più posizioni graduate, secondo la diversa rilevanza degli incarichi, tenendo conto della qualifica rivestita.
Il decreto del Ministro dell’Interno del 27.3.2006, emanato ai sensi del comma 1, dell'articolo 20 del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, disciplina la graduazione delle posizioni funzionali degli appartenenti alla carriera prefettizia. In particolare gli articoli 3 e 4, alle lettere A, assimilano il Capo della polizia, il Capo di gabinetto e il Capo di dipartimento, ai soli fini del percepimento della retribuzione di posizione di cui all’art. 20 del citato decreto legislativo n. 139.
d) Da tutto quanto esposto, si evince che non sussiste, nell’attuale regime giuridico, alcuna disposizione di legge o adottata sulla base di legge, dalla quale inferire il riconoscimento, in favore del Capo di gabinetto, della speciale indennità di cui all’art. 5, comma 3, della l. 121/1981, espressamente attribuita al solo capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, nella misura stabilita dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro.
L’ufficio di Capo di gabinetto viene infatti accomunato a quello del Capo della polizia e a quello del Capo di dipartimento, ai soli fini della retribuzione di posizione prevista dall’art. 20 del D.lgs. 19.5.2000, n. 139 (in tal senso, appunto, gli artt. 3 e 4, lettere A, del relativo decreto attuativo 27.3.2006), ma non anche ad altri fini.
Nell’assenza di un espresso riconoscimento normativo, l’invocata attribuzione non può essere desunta nemmeno in chiave interpretativa, ostandovi il chiaro disposto di cui all’art. 13, comma 1, lettera a) del d.P.R. 21.3.2002, n. 98. In base a tale norma, infatti, la retribuzione di posizione per i responsabili degli uffici di diretta collaborazione del Ministro (come è, per l’appunto il Capo di gabinetto), è stabilita in misura pari a quella prevista per i Capi dei Dipartimenti del Ministero.
Laddove il legislatore avesse voluto fare riferimento anche alla peculiare e specifica indennità percepita dal solo Capo della polizia, evidentemente lo avrebbe affermato espressamente.
e) A diverse conclusioni, non può pervenirsi nemmeno alla stregua delle pregresse attribuzioni patrimoniali menzionate dal ricorrente, le quali sarebbero fonte, a suo avviso, di disparità di trattamento rispetto ai precedenti capi di gabinetto che – sostiene il ricorrente, non smentito dall’Amministrazione - avrebbero percepito la richiesta indennità.
La prassi seguita in passato dall’Amministrazione non può assurgere a fonte del diritto; non può costituire il presupposto legittimante per il riconoscimento, al ricorrente, di ciò che, giuridicamente, la legge non attribuisce (tanto più in una materia governata dal principio di stretta legalità e certezza nella amministrazione delle risorse pubbliche e nell’attribuzione di benefici economici ai singoli); non può giustificare, per il futuro, attribuzioni patrimoniali non espressamente previste dalla legge o in base alla legge.
Il legislatore, quando ha voluto riconoscere al personale delle carriera prefettizia la retribuzione di risultato, correlata ai risultati conseguiti con le risorse umane ed i mezzi disponibili rispetto agli obiettivi assegnati, e attribuita secondo i parametri definiti dal procedimento negoziale, lo ha fatto espressamente (art. 19 del decreto legislativo n. 139 cit.), rendendola una componente fondamentale, insieme a quella della retribuzione di posizione, del generale trattamento economico. Ma, al di là di questi aspetti di discrezionalità riconosciuti dal legislatore, allo stato, nessuna norma di legge autorizza l’Amministrazione a svolgere valutazioni soggettive nei singoli casi concreti e secondo la ricorrenza delle disponibilità di bilancio, in relazione all’indennità de qua.
In definitiva, quindi, alla luce delle considerazioni svolte, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
La complessità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite del doppio grado.
Ai fini del pagamento del contributo unificato del doppio grado, va dichiarato soccombente il ricorrente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 8047/2018, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese di lite del doppio grado.
Ai fini del pagamento del contributo unificato del doppio grado, dichiara soccombente il ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nel palazzo di piazza Capo di ferro, nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2019 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Daniela Di Carlo, Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Giuseppa Carluccio, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Daniela Di Carlo Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
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