Legittima la pubblicazione di sentenze con le generalità dei soggetti interessati
Cassazione penale, sez. V, sentenza 29/01/2009 n° 4239
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Sentenze – pubblicazione – omissione delle generalità – necessità – esclusione [art. 52, D.lgs. 196/03]
In tema di diffusione del contenuto delle sentenze o di altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria, è sempre lecita la pubblicazione integrale su internet, anche con l’indicazione delle generalità dei soggetti interessati, a meno che i soggetti medesimi non abbiano espressamente richiesto di omettere le proprie generalità ed ogni altro dato identificativo. (nota 1)
(nota 1) In materia di responsabilità del provider, si veda Tribunale Bergamo, ordinanza 01.08.2008 n° 3277.
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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
Sentenza 29 gennaio 2009, n. 4239
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Svolgimento del processo e motivi della decisione
Il Tribunale di Avezzano, il 26/10/2007, in riforma della sentenza del Giudice di pace di Avezzano del 29/12/2005, dichiarava … colpevole del reato di ingiuria in danno di … all’esito di uno scambio di e-mail tra lo … e l’…., relativamente alla pubblicazione di una sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dalla Corte dei Conti, pubblicata sul sito web di informazione giuridica curato dall’ …, il … aveva inviato all’… una e-mail contenente l’espressione: “Lei sarà avvocato ma è ignorante; … ignorante quindi ed imbroglione”.
Il Tribunale, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di pace, escludeva l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 599 c.p. Quanto al “fatto ingiusto” il Tribunale affermava che la pubblicazione della sentenza di condanna del … era avvenuta nel rispetto della normativa vigente e che “secondo il contenuto delle e-mail in atti, la … aveva manifestato sin dall’inizio la propria volontà di provvedere alla tempestiva rettifica, richiedendo al … gli estremi della sentenza di revocazione”. Quanto all’”immediatezza”, riteneva che “tra la censurata reazione e la detta pubblicazione al momento dei fatti era intercorso un arco temporale tale da non poter ragionevolmente ravvisare il preteso nesso eziologico tra il fatto ingiusto e lo stato d’ira”.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso il …, lamentando la violazione dell’art. 606 co. 1 lett e) e b) c.p.p. con riferimento all’art. 599 c.p.. Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla ricorrenza dello stato d’ira determinato da fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso.
Mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul punto. Il giudice avrebbe riportato in modo errato i fatti di causa e la cronologia degli stessi, ed avrebbe omesso parti fondamentali della e-mail inviata dall’avv. …, quest’ultimo, contrariamente alle affermazioni del giudicante, avrebbe evidenziato un atteggiamento ostile, saccente e provocatorio. Illogica sarebbe la motivazione nella parte in cui avrebbe escluso la esimente; erroneamente il giudice di merito avrebbe escluso l’ingiustizia del fatto, con riferimento all’art. 52 del d.lgs. 196/2003, senza rilevare che il sito della Corte dei Conti riportava la decisione con le solo iniziali degli imputati; il Tribunale avrebbe fatto erronea applicazione dei presupposti richiesti dall’art. 599 c.p. per quanto attiene l’ingiustizia del fatto – tale dovrebbe considerarsi anche i fatti antisociali - , nonché dell’immediatezza – da interpretare con elasticità -. Il tribunale non avrebbe altresì considerato che la e-mail incriminata sarebbe stata inviata dopo la revoca della sentenza, così operando un travisamento dei fatti. Le parole ignorante ed imbroglione sarebbero state pronunciate dopo che … si era rifiutato di dare notizia della revoca della decisione.
Il ricorso va rigettato.
Il Tribunale, con adeguata e coerente motivazione, ha ritenuto la liceità della pubblicazione integrale sul sito Eius della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte dei Conti nei confronti di …, sia in quanto avvenuta nel pieno rispetto della normativa di cui all’art. 52 D.lgs. 30/6/2003, n. 196, sia perché reperibile attraverso la banca dati presente sul sito ufficiale della cennata Corte.
Il limiti di accesso alla banca dati della Corte dei Conti dedotti dal ricorrente non escludono la liceità della pubblicazione in quanto comunque conforme al disposto dell’art. 52 D.lgs. 196/2003.
Essendo il controllo di questa Corte limitato alla struttura del discorso giustificativo del provvedimento impugnato, va esclusa una diversa lettura del materiale probatorio, e, in articolare della valutazione del tribunale circa la ricostruzione degli eventi nonché la ritenuta volontà dell’… di provvedere alla tempestiva rettifica.
L’esclusione della sussistenza del fatto ingiusto comporta l’irrilevanza delle censure mosse alla decisione nella parte in cui si è escluso il presupposto dell’immediatezza.
Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma 11/12/2008.
Depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2009.
Legittima la pubblicazione di sentenze
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Re: Legittima la pubblicazione di sentenze
Messaggio da naturopata »
Questo magari ai fini penali di chi ignaro pubblica, ma ai fini civili e amministrativi, il responsabile del trattamento dei dati non è per niente a posto:
La PA è tenuta ad oscurare i dati anagrafici e quelli sulla salute dei soggetti coinvolti in provvedimenti amministrativi e giurisdizionali pubblicati nelle banche dati istituzionali. È quanto ribadito da una recente sentenza della Cassazione n. 10510 del 20.5.2016 a tutela della privacy di soggetti destinatari di provvedimenti in materia di pensione di invalidità che ha condannato, proprio una sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, Palermo.
Il Codice della Privacy, all’art. 52 D.Lgs. 196/2003, disciplina i modi di diffusione delle sentenze o dei provvedimenti giurisdizionali, per finalità di informativa giuridica; esso prevede la possibilità per l’interessato di chiedere, per motivi legittimi, con domanda depositata nella cancelleria (prima che sia definito il grado di giudizio), che, in caso di riproduzione del provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, venga esclusa l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi riportati nel provvedimento stesso.
Più specificamente, nel settore civile, vanno omessi, anche in mancanza di richiesta, le generalità, nonché altri dati identificativi, anche relativi a terzi, dai quali possa desumersi l’identità di minori oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.
Tale disposizione va letta però insieme al principio generale, sempre previsto dal codice della privacy, per cui i dati sensibilissimi, e specificamente quelli idonei a rivelare lo stato di salute, non possono comunque essere diffusi. Tale indicazione non ammette eccezioni e prescinde dunque dalla richiesta dell’interessato di oscurare i dati in caso di diffusione del provvedimento giurisdizionale per finalità informative.
Sul punto, il Garante della Privacy, all’art. 22 D.Lgs. 196/2003, ha precisato che, delibera del 2 dicembre 2010, relativamente ai dati idonei a rivelare lo stato di salute, esiste uno specifico divieto di diffusione anche per i soggetti pubblici, e chiarisce che la salvaguardia dei diritti degli interessati attraverso un oscuramento delle loro generalità, non pregiudica la finalità di informazione giuridica, ma può risultare necessaria nella prospettiva di un bilanciamento dei diversi interessi per tutelare la sfera di riservatezza dei soggetti coinvolti.
È pertanto illecita la diffusione di provvedimenti che, seppur pubblicati con finalità informativa, contengono dati sensibilissimi sulla salute e invalidità dei soggetti coinvolti. Ciò vale anche quando il soggetto che ha provveduto alla diffusione è una pubblica amministrazione: la finalità pubblica di informazione non può infatti superare il diritto inviolabile alla riservatezza della persona.
Con poche accortezze (oscuramento e cancellazione nomi o dati, parole puntate ecc.) è possibile coniugare l’esigenza di diffusione dei provvedimenti giurisdizionali e amministrativi, rendendoli accessibili a tutti, con l’esigenza di tutela della privacy in merito ai dati sensibili e sensibilissimi.
La PA è tenuta ad oscurare i dati anagrafici e quelli sulla salute dei soggetti coinvolti in provvedimenti amministrativi e giurisdizionali pubblicati nelle banche dati istituzionali. È quanto ribadito da una recente sentenza della Cassazione n. 10510 del 20.5.2016 a tutela della privacy di soggetti destinatari di provvedimenti in materia di pensione di invalidità che ha condannato, proprio una sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, Palermo.
Il Codice della Privacy, all’art. 52 D.Lgs. 196/2003, disciplina i modi di diffusione delle sentenze o dei provvedimenti giurisdizionali, per finalità di informativa giuridica; esso prevede la possibilità per l’interessato di chiedere, per motivi legittimi, con domanda depositata nella cancelleria (prima che sia definito il grado di giudizio), che, in caso di riproduzione del provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, venga esclusa l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi riportati nel provvedimento stesso.
Più specificamente, nel settore civile, vanno omessi, anche in mancanza di richiesta, le generalità, nonché altri dati identificativi, anche relativi a terzi, dai quali possa desumersi l’identità di minori oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.
Tale disposizione va letta però insieme al principio generale, sempre previsto dal codice della privacy, per cui i dati sensibilissimi, e specificamente quelli idonei a rivelare lo stato di salute, non possono comunque essere diffusi. Tale indicazione non ammette eccezioni e prescinde dunque dalla richiesta dell’interessato di oscurare i dati in caso di diffusione del provvedimento giurisdizionale per finalità informative.
Sul punto, il Garante della Privacy, all’art. 22 D.Lgs. 196/2003, ha precisato che, delibera del 2 dicembre 2010, relativamente ai dati idonei a rivelare lo stato di salute, esiste uno specifico divieto di diffusione anche per i soggetti pubblici, e chiarisce che la salvaguardia dei diritti degli interessati attraverso un oscuramento delle loro generalità, non pregiudica la finalità di informazione giuridica, ma può risultare necessaria nella prospettiva di un bilanciamento dei diversi interessi per tutelare la sfera di riservatezza dei soggetti coinvolti.
È pertanto illecita la diffusione di provvedimenti che, seppur pubblicati con finalità informativa, contengono dati sensibilissimi sulla salute e invalidità dei soggetti coinvolti. Ciò vale anche quando il soggetto che ha provveduto alla diffusione è una pubblica amministrazione: la finalità pubblica di informazione non può infatti superare il diritto inviolabile alla riservatezza della persona.
Con poche accortezze (oscuramento e cancellazione nomi o dati, parole puntate ecc.) è possibile coniugare l’esigenza di diffusione dei provvedimenti giurisdizionali e amministrativi, rendendoli accessibili a tutti, con l’esigenza di tutela della privacy in merito ai dati sensibili e sensibilissimi.
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