INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
Il Ministero ed il C.do Generale della GdiF hanno perso l'appello al CdS.
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1) - sino alla fine dell’anno 2011 in servizio presso la Tenenza di Prato alla Drava, i quali, in seguito alla soppressione di detta Tenenza, disposta per sopravvenute esigenze operative dal Comando generale della Guardia di Finanza con determinazione del 30 novembre 2011, avevano presentato domande di trasferimento indicando quale sede gradita la Compagnia di Brunico (domande, accolte in data 21 dicembre 2011) – avverso altrettanti provvedimenti del 26 settembre 2012, con i quali l’Amministrazione di appartenenza aveva respinto le loro istanze di riconoscimento del diritto all’indennità di trasferimento di cui agli artt. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86, e 37, comma 5, d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51. Il diniego si basava sul rilievo che i trasferimenti in oggetto non potevano qualificarsi alla stregua di trasferimenti ‘di autorità’ ai sensi della citata normativa, poiché la dichiarazione di gradimento implicava l’accettazione della propria disponibilità al trasferimento a domanda, incompatibile con la configurabilità di un trasferimento d’ufficio.
IL CdS precisa:
2) - La questione centrale della presente controversia si risolve nel quesito, se al militare, il quale, dovendo necessariamente mutare di sede a seguito della soppressione del reparto di appartenenza, si veda tuttavia riconosciuta dall’Amministrazione la facoltà di indicare la nuova sede di destinazione, spetti, o meno, il diritto all’indennità di trasferimento ‘di autorità’ di cui all’art. 1, comma 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 (Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia).
3) - Rileva il Collegio, in adesione a recenti pronunce di questo Consiglio di Stato (v. Cons. St., Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; Cons. St., Sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4806),
che il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla sopra delineata questione (v., per la tesi favorevole alla posizione dei dipendenti trasferiti, Cons. Stato, Sez. I, 11 luglio 2012, parere sull’affare n. 1677/2012; C.G.A.R.S. 18 settembre 2012, n. 777; per la tesi favorevole all’Amministrazione: Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5767; Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3835) deve, ormai, ritenersi superato dal recente intervento legislativo di cui all’art. 1, comma 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha modificato la normativa di riferimento (art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86), inserendo, dopo il comma 1, un nuovo comma 1-bis, che testualmente recita: «L’indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d’autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni».
4) - Infatti, nella nuova disposizione – introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2013, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 561, della medesima legge n. 228 del 2012 – non è rinvenibile alcun elemento che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e, dunque, munita di efficacia retroattiva (si veda invece, in senso testualmente contrario, l’art. 3, comma 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350, con riguardo alla questione – analoga a quella qui trattata – del regime conseguente al trasferimento, previa domanda, alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica; cfr. al riguardo, per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4290).
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12/11/2014 201405553 Sentenza 6
N. 05553/2014REG.PROV.COLL.
N. 06915/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6915 del 2013, proposto da:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Patrick Capri, Nicolino Mancini, Gino Busin e Giuseppe Martino, rappresentati e difesi dall’avvocato Fabio Costan, con domicilio eletto presso lo studio degli avvocati Fortuna Giuseppe e Salvatore Coronas, in Roma, via Giuseppe Ferrari, 4;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO, n. 183/2013, resa tra le parti e concernente: indennità di trasferimento;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2014, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Aiello e l’avvocato Umberto Coronas, per delega dell’avvocato Costan;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano accoglieva il ricorso n. 276 del 2012, proposto collettivamente dagli odierni quattro appellati – tutti appartenenti al Corpo militare della Guardia di Finanza sino alla fine dell’anno 2011 in servizio presso la Tenenza di Prato alla Drava, i quali, in seguito alla soppressione di detta Tenenza, disposta per sopravvenute esigenze operative dal Comando generale della Guardia di Finanza con determinazione del 30 novembre 2011, avevano presentato domande di trasferimento indicando quale sede gradita la Compagnia di Brunico (domande, accolte in data 21 dicembre 2011) – avverso altrettanti provvedimenti del 26 settembre 2012, con i quali l’Amministrazione di appartenenza aveva respinto le loro istanze di riconoscimento del diritto all’indennità di trasferimento di cui agli artt. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86, e 37, comma 5, d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51. Il diniego si basava sul rilievo che i trasferimenti in oggetto non potevano qualificarsi alla stregua di trasferimenti ‘di autorità’ ai sensi della citata normativa, poiché la dichiarazione di gradimento implicava l’accettazione della propria disponibilità al trasferimento a domanda, incompatibile con la configurabilità di un trasferimento d’ufficio.
L’adìto T.r.g.a. accoglieva il ricorso sul presupposto che i ricorrenti avevano presentato domanda di trasferimento su sollecitazione della stessa Amministrazione, in vista della soppressione della Tenenza di Prato alla Drava, a seguito della riorganizzazione dei reparti dipendenti dal Comando generale del Trentino Alto Adige, con la conseguenza che ad essi non poteva ritenersi precluso il riconoscimento dei benefici collegati al trasferimento d’ufficio, essendo il trasferimento avvenuto non già per libera scelta dei militari, ma su sollecitazione dell’Amministrazione di appartenenza, nel prevalente interesse di quest’ultima. Il T.r.g.a. annullava pertanto gli impugnati provvedimenti e condannava l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore dei ricorrenti, dell’indennità in questione, oltre agli accessori di legge.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’Amministrazione soccombente, censurando l’erronea valutazione dei presupposti di fatto nonché l’erronea applicazione dell’art. 1 l. n. 86 del 2001, in particolare sostenendo che le istanze degli originari ricorrenti non rappresenterebbero mere generiche dichiarazioni di disponibilità, bensì manifestazioni di volontà aventi ad oggetto l’accettazione del trasferimento quale «movimento a domanda, con tutte le relative conseguenze anche di carattere economico».
L’Amministrazione appellante chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.
3. Si costituivano in giudizio gli appellati, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
4. All’udienza pubblica dell’8 luglio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato.
La questione centrale della presente controversia si risolve nel quesito, se al militare, il quale, dovendo necessariamente mutare di sede a seguito della soppressione del reparto di appartenenza, si veda tuttavia riconosciuta dall’Amministrazione la facoltà di indicare la nuova sede di destinazione, spetti, o meno, il diritto all’indennità di trasferimento ‘di autorità’ di cui all’art. 1, comma 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 (Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia).
Rileva il Collegio, in adesione a recenti pronunce di questo Consiglio di Stato (v. Cons. St., Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; Cons. St., Sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4806), che il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla sopra delineata questione (v., per la tesi favorevole alla posizione dei dipendenti trasferiti, Cons. Stato, Sez. I, 11 luglio 2012, parere sull’affare n. 1677/2012; C.G.A.R.S. 18 settembre 2012, n. 777; per la tesi favorevole all’Amministrazione: Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5767; Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3835) deve, ormai, ritenersi superato dal recente intervento legislativo di cui all’art. 1, comma 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha modificato la normativa di riferimento (art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86), inserendo, dopo il comma 1, un nuovo comma 1-bis, che testualmente recita: «L’indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d’autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni».
Infatti, nella nuova disposizione – introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2013, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 561, della medesima legge n. 228 del 2012 – non è rinvenibile alcun elemento che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e, dunque, munita di efficacia retroattiva (si veda invece, in senso testualmente contrario, l’art. 3, comma 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350, con riguardo alla questione – analoga a quella qui trattata – del regime conseguente al trasferimento, previa domanda, alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica; cfr. al riguardo, per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4290).
Ne discende che la citata disposizione legislativa ha inteso avere un effetto innovativo nell’ordinamento, modificando la normativa previgente.
Deve quindi ritenersi, argomentando e contrariis dal nuovo dato normativo, che, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, l’indennità connessa al trasferimento ‘di autorità’ spettasse – nella sussistenza di tutti i necessari requisiti di legge, a partire dalla distanza superiore ai dieci chilometri fra la sede di provenienza e quella di destinazione (v. Cons. Stato, Ad. Plen., 16 dicembre 2011, n. 23) –, allorché il trasferimento facesse seguito alla soppressione del reparto di appartenenza e, dunque, fosse avvenuto per ragioni d’ufficio nell’interesse dell’Amministrazione, irrilevante essendo il gradimento espresso dal militare in ordine alla nuova sede, in quanto inidoneo ad immutare l’elemento causale tipico connotante siffatto tipo di trasferimento.
Ne deriva che, collocandosi i trasferimenti de quibus in epoca anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina normativa, gli stessi restano assoggettati alla vecchia disciplina che, per quanto sopra esposto, riconosceva l’indennità di trasferimento ‘di autorità’ anche nei casi di trasferimento per soppressione del reparto di appartenenza, a prescindere dal gradimento, o meno, espresso dal militare in ordine alla nuova sede.
Per le esposte ragioni, in reiezione dell’appello interposto dall’Amministrazione, s’impone la conferma dell’appellata sentenza.
6. Considerato che la presente pronuncia trae argomento decisivo da una normativa intervenuta medio tempore, sussistono giustificati motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 6915 del 2013), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2014, con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2014
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1) - sino alla fine dell’anno 2011 in servizio presso la Tenenza di Prato alla Drava, i quali, in seguito alla soppressione di detta Tenenza, disposta per sopravvenute esigenze operative dal Comando generale della Guardia di Finanza con determinazione del 30 novembre 2011, avevano presentato domande di trasferimento indicando quale sede gradita la Compagnia di Brunico (domande, accolte in data 21 dicembre 2011) – avverso altrettanti provvedimenti del 26 settembre 2012, con i quali l’Amministrazione di appartenenza aveva respinto le loro istanze di riconoscimento del diritto all’indennità di trasferimento di cui agli artt. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86, e 37, comma 5, d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51. Il diniego si basava sul rilievo che i trasferimenti in oggetto non potevano qualificarsi alla stregua di trasferimenti ‘di autorità’ ai sensi della citata normativa, poiché la dichiarazione di gradimento implicava l’accettazione della propria disponibilità al trasferimento a domanda, incompatibile con la configurabilità di un trasferimento d’ufficio.
IL CdS precisa:
2) - La questione centrale della presente controversia si risolve nel quesito, se al militare, il quale, dovendo necessariamente mutare di sede a seguito della soppressione del reparto di appartenenza, si veda tuttavia riconosciuta dall’Amministrazione la facoltà di indicare la nuova sede di destinazione, spetti, o meno, il diritto all’indennità di trasferimento ‘di autorità’ di cui all’art. 1, comma 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 (Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia).
3) - Rileva il Collegio, in adesione a recenti pronunce di questo Consiglio di Stato (v. Cons. St., Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; Cons. St., Sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4806),
che il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla sopra delineata questione (v., per la tesi favorevole alla posizione dei dipendenti trasferiti, Cons. Stato, Sez. I, 11 luglio 2012, parere sull’affare n. 1677/2012; C.G.A.R.S. 18 settembre 2012, n. 777; per la tesi favorevole all’Amministrazione: Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5767; Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3835) deve, ormai, ritenersi superato dal recente intervento legislativo di cui all’art. 1, comma 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha modificato la normativa di riferimento (art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86), inserendo, dopo il comma 1, un nuovo comma 1-bis, che testualmente recita: «L’indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d’autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni».
4) - Infatti, nella nuova disposizione – introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2013, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 561, della medesima legge n. 228 del 2012 – non è rinvenibile alcun elemento che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e, dunque, munita di efficacia retroattiva (si veda invece, in senso testualmente contrario, l’art. 3, comma 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350, con riguardo alla questione – analoga a quella qui trattata – del regime conseguente al trasferimento, previa domanda, alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica; cfr. al riguardo, per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4290).
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12/11/2014 201405553 Sentenza 6
N. 05553/2014REG.PROV.COLL.
N. 06915/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6915 del 2013, proposto da:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Patrick Capri, Nicolino Mancini, Gino Busin e Giuseppe Martino, rappresentati e difesi dall’avvocato Fabio Costan, con domicilio eletto presso lo studio degli avvocati Fortuna Giuseppe e Salvatore Coronas, in Roma, via Giuseppe Ferrari, 4;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO, n. 183/2013, resa tra le parti e concernente: indennità di trasferimento;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2014, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Aiello e l’avvocato Umberto Coronas, per delega dell’avvocato Costan;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano accoglieva il ricorso n. 276 del 2012, proposto collettivamente dagli odierni quattro appellati – tutti appartenenti al Corpo militare della Guardia di Finanza sino alla fine dell’anno 2011 in servizio presso la Tenenza di Prato alla Drava, i quali, in seguito alla soppressione di detta Tenenza, disposta per sopravvenute esigenze operative dal Comando generale della Guardia di Finanza con determinazione del 30 novembre 2011, avevano presentato domande di trasferimento indicando quale sede gradita la Compagnia di Brunico (domande, accolte in data 21 dicembre 2011) – avverso altrettanti provvedimenti del 26 settembre 2012, con i quali l’Amministrazione di appartenenza aveva respinto le loro istanze di riconoscimento del diritto all’indennità di trasferimento di cui agli artt. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86, e 37, comma 5, d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51. Il diniego si basava sul rilievo che i trasferimenti in oggetto non potevano qualificarsi alla stregua di trasferimenti ‘di autorità’ ai sensi della citata normativa, poiché la dichiarazione di gradimento implicava l’accettazione della propria disponibilità al trasferimento a domanda, incompatibile con la configurabilità di un trasferimento d’ufficio.
L’adìto T.r.g.a. accoglieva il ricorso sul presupposto che i ricorrenti avevano presentato domanda di trasferimento su sollecitazione della stessa Amministrazione, in vista della soppressione della Tenenza di Prato alla Drava, a seguito della riorganizzazione dei reparti dipendenti dal Comando generale del Trentino Alto Adige, con la conseguenza che ad essi non poteva ritenersi precluso il riconoscimento dei benefici collegati al trasferimento d’ufficio, essendo il trasferimento avvenuto non già per libera scelta dei militari, ma su sollecitazione dell’Amministrazione di appartenenza, nel prevalente interesse di quest’ultima. Il T.r.g.a. annullava pertanto gli impugnati provvedimenti e condannava l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore dei ricorrenti, dell’indennità in questione, oltre agli accessori di legge.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello l’Amministrazione soccombente, censurando l’erronea valutazione dei presupposti di fatto nonché l’erronea applicazione dell’art. 1 l. n. 86 del 2001, in particolare sostenendo che le istanze degli originari ricorrenti non rappresenterebbero mere generiche dichiarazioni di disponibilità, bensì manifestazioni di volontà aventi ad oggetto l’accettazione del trasferimento quale «movimento a domanda, con tutte le relative conseguenze anche di carattere economico».
L’Amministrazione appellante chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’impugnata sentenza e in sua riforma, la reiezione dell’avversario ricorso di primo grado.
3. Si costituivano in giudizio gli appellati, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
4. All’udienza pubblica dell’8 luglio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato.
La questione centrale della presente controversia si risolve nel quesito, se al militare, il quale, dovendo necessariamente mutare di sede a seguito della soppressione del reparto di appartenenza, si veda tuttavia riconosciuta dall’Amministrazione la facoltà di indicare la nuova sede di destinazione, spetti, o meno, il diritto all’indennità di trasferimento ‘di autorità’ di cui all’art. 1, comma 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 (Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia).
Rileva il Collegio, in adesione a recenti pronunce di questo Consiglio di Stato (v. Cons. St., Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; Cons. St., Sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4806), che il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla sopra delineata questione (v., per la tesi favorevole alla posizione dei dipendenti trasferiti, Cons. Stato, Sez. I, 11 luglio 2012, parere sull’affare n. 1677/2012; C.G.A.R.S. 18 settembre 2012, n. 777; per la tesi favorevole all’Amministrazione: Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5767; Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3835) deve, ormai, ritenersi superato dal recente intervento legislativo di cui all’art. 1, comma 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha modificato la normativa di riferimento (art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86), inserendo, dopo il comma 1, un nuovo comma 1-bis, che testualmente recita: «L’indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d’autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni».
Infatti, nella nuova disposizione – introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2013, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 561, della medesima legge n. 228 del 2012 – non è rinvenibile alcun elemento che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e, dunque, munita di efficacia retroattiva (si veda invece, in senso testualmente contrario, l’art. 3, comma 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350, con riguardo alla questione – analoga a quella qui trattata – del regime conseguente al trasferimento, previa domanda, alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica; cfr. al riguardo, per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4290).
Ne discende che la citata disposizione legislativa ha inteso avere un effetto innovativo nell’ordinamento, modificando la normativa previgente.
Deve quindi ritenersi, argomentando e contrariis dal nuovo dato normativo, che, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, l’indennità connessa al trasferimento ‘di autorità’ spettasse – nella sussistenza di tutti i necessari requisiti di legge, a partire dalla distanza superiore ai dieci chilometri fra la sede di provenienza e quella di destinazione (v. Cons. Stato, Ad. Plen., 16 dicembre 2011, n. 23) –, allorché il trasferimento facesse seguito alla soppressione del reparto di appartenenza e, dunque, fosse avvenuto per ragioni d’ufficio nell’interesse dell’Amministrazione, irrilevante essendo il gradimento espresso dal militare in ordine alla nuova sede, in quanto inidoneo ad immutare l’elemento causale tipico connotante siffatto tipo di trasferimento.
Ne deriva che, collocandosi i trasferimenti de quibus in epoca anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina normativa, gli stessi restano assoggettati alla vecchia disciplina che, per quanto sopra esposto, riconosceva l’indennità di trasferimento ‘di autorità’ anche nei casi di trasferimento per soppressione del reparto di appartenenza, a prescindere dal gradimento, o meno, espresso dal militare in ordine alla nuova sede.
Per le esposte ragioni, in reiezione dell’appello interposto dall’Amministrazione, s’impone la conferma dell’appellata sentenza.
6. Considerato che la presente pronuncia trae argomento decisivo da una normativa intervenuta medio tempore, sussistono giustificati motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 6915 del 2013), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2014, con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2014
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
L'Amministrazione ha fatto Appello ma il CdS è di un'altra direzione, quindi vi invito ha leggere il perché.
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Il CdS precisa:
1) - A questo proposito, tuttavia, il Collegio ritiene che la decisione del T.A.R. meriti conferma. E ciò, sia per coerenza con la sua più recente giurisprudenza, dalla quale non vi è ragione di discostarsi (cfr. le sentenze della sezione 25 giugno 2013, n. 3460, e 4 marzo 2014, n. 1017; alle quali adde ora Cons. Stato, sez. II, 29 gennaio 2014, parere sull’affare n. 1121/2012), sia sul rilievo che proprio la disposizione sopra ricordata, là dove considera il trasferimento d’ufficio “ad altra sede di servizio”, appare inequivoca nel fare riferimento al criterio che, correttamente, anche la sentenza impugnata ha fatto proprio.
2) - D’altronde, se l’indiscussa funzione dell’indennità in questione è quella di mitigare i disagi, anche economici, connessi al trasferimento, rispetto a tale funzione il dato della distanza tra le case comunali appare anodino e inconferente. Poiché l’indennità ha una finalità di ristoro, essa non può che essere riconosciuta con riguardo ai luoghi in cui la prestazione di lavoro viene effettuata.
e dispone:
3) - Il Collegio ritiene dunque di disporre verificazione, affidandone lo svolgimento al soggetto pubblico competente, cioè all’A.N.A.S., affinché accerti la distanza stradale più breve intercorrente fra la precedente sede di servizio dell’appellato (omissis) e quella successiva (omissis).
rinviando al 24 marzo 2015 ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e quanto alle spese alla definizione della controversia.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201406260 - Public 2014-12-22
N. 06260/2014REG.PROV.COLL.
N. 00649/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 649 del 2014, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
G. S., rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Zaza D'Aulisio, con domicilio eletto presso Francesco Cardarelli in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, 47;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio - sez. staccata di Latina, sezione I, n. 00658/2013, resa tra le parti, concernente diniego di corresponsione dell’indennità di trasferimento
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di G. S.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2014 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti l’Avvocato dello stato Palatiello e l’Avv. Angelo Clarizia su delega dell'Avv. Alfredo Zaza D'Aulisio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor G. S., militare della Guardia di finanza, ha impugnato il provvedimento in data 7 agosto 2012, con il quale l’Amministrazione ha respinto la sua richiesta di corresponsione dell’indennità di trasferimento a seguito dell’avvenuto trasferimento d’autorità dal Centro navale (ora Re.T.L.A.) di Formia al Centro di cooperazione aeronavale di Gaeta.
Respinta una preliminare eccezione di prescrizione, il T.A.R. del Lazio – Latina, sez. I, ha accolto il ricorso con sentenza 22 luglio 2013, n. 658.
Il Tribunale territoriale ha argomentato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 16 (recte: 14) dicembre 2011, n. 23, per concludere che:
la normativa vigente avrebbe mantenuto la distanza minima di 10 km. come requisito di acquisto del diritto all’indennità trasferimento d’autorità;
tale distanza andrebbe calcolata tra la sede di servizio e quella di destinazione e non – come invece vorrebbe l’Amministrazione – tra le due diverse case comunali;
nel caso di specie, una nota dell’A.C.I. in atti, non contestata dall’Amministrazione, attesterebbe una distanza tra le sedi pari a 11,30 km.
L’Amministrazione ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva con una domanda cautelare cui ha però rinunziato in camera di consiglio.
La Sezione ne ha dato atto con ordinanza 26 febbraio 2014, n. 894.
Nell’appello, l’Amministrazione richiama in maniera dettagliata e analitica la normativa di riferimento.
Cita poi giurisprudenza della Sezione (in particolare: le sentenze nn. 2426/2012, 3613/2012, 3364/2012, 3868/2012, 2973/2013), dalla quale emergerebbe che il modo ordinario per calcolare la distanza tra sedi sarebbe quello che la computa tra le due case comunali. A tale riguardo, un’attestazione dell’A.C.I. in data 10 gennaio 2013, in atti, comproverebbe una distanza tra le località in questione, calcolata tra le case comunali, sarebbe pari a 7 km.
Con successive note d’udienza, l’Amministrazione – richiamando anche giurisprudenza della Corte di Cassazione circa la funzione dell’indennità di prima sistemazione – ha depositato documentazione proveniente dalle Polizie locali di Formia e di Gaeta, attestante in 7,750 km. la distanza complessiva intercorrente tra la caserma “Arturo Cerrato” di Formia, già sede della Sezione operativa navale della Guardia di finanza, e la caserma “Antonio Ambroselli”, attuale sede di tale Sezione del Corpo.
Il signor OMISSIS si è costituito in giudizio per resistere all’appello. In suo favore, egli cita altra giurisprudenza della Sezione (in particolare: la sentenza n. 3460/2013, che sarebbe del tutto in termini, ma anche le sentenze nn. 1337/2012, 1338/2012, 4222/2013 e 4223/2013) e allega una dichiarazione dell’A.C.I. di Latina – delegazione di Gaeta, secondo la quale, sulla base delle carte stradali in dotazione, la distanza più breve tra le due località sarebbe di 11,7 km.
Con successive note d’udienza, l’Amministrazione ha contestato i precedenti costituiti dalle sentenze nn. 3460/2013 e 4159/2013. Queste non avrebbero esaminato tutti i motivi del ricorso in appello, in specie a proposito del ruolo svolto dalla c.d. “dichiarazione di gradimento”; contro la seconda sarebbe stato proposto ricorso per revocazione. La parte pubblica sottolinea che, in mancanza di un effettivo cambiamento di residenza e di abitazione, nessuna indennità spetterebbe al militare trasferito.
L’appellato ha replicato depositando copia della sentenza n. 1017/2014, che, in una fattispecie sovrapponibile a quella oggetto della presente controversia, anche se a sedi invertite (trasferimento d’autorità da Formia a Gaeta), avrebbe riconosciuto il buon diritto del privato. Ciò, dopo avere svolto una verificazione, affidata all’A.N.A.S., dalla quale sarebbe emerso che, secondo il normale percorso stradale, la distanza tra le sedi (intese come sedi di servizio) sia pari a 10,5 km.
All’udienza pubblica del 18 novembre 2014, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
La controversia riguarda i requisiti per l’acquisto del diritto all’indennità mensile che - in caso di trasferimento di autorità - l'art. 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, riconosce al personale delle Forze armate e al personale pubblico a questo equiparato.
In punto di diritto - come è noto - l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto che, perché il diritto all’indennità sorga, fra la sede originaria e quella di destinazione debba intercorrere una distanza non inferiore ai 10 km (sentenza 14 dicembre 2011, n. 23). Tale profilo, peraltro, non è contestato in questa sede.
L’Amministrazione, invece, critica la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che tale distanza vada calcolata fra le sedi dei reparti di appartenenza. Esponendo dettagliatamente la normativa di settore, la parte pubblica sostiene che il computo della distanza vada fatto in relazione alle sedi comunali.
A questo proposito, tuttavia, il Collegio ritiene che la decisione del T.A.R. meriti conferma. E ciò, sia per coerenza con la sua più recente giurisprudenza, dalla quale non vi è ragione di discostarsi (cfr. le sentenze della sezione 25 giugno 2013, n. 3460, e 4 marzo 2014, n. 1017; alle quali adde ora Cons. Stato, sez. II, 29 gennaio 2014, parere sull’affare n. 1121/2012), sia sul rilievo che proprio la disposizione sopra ricordata, là dove considera il trasferimento d’ufficio “ad altra sede di servizio”, appare inequivoca nel fare riferimento al criterio che, correttamente, anche la sentenza impugnata ha fatto proprio.
D’altronde, se l’indiscussa funzione dell’indennità in questione è quella di mitigare i disagi, anche economici, connessi al trasferimento, rispetto a tale funzione il dato della distanza tra le case comunali appare anodino e inconferente. Poiché l’indennità ha una finalità di ristoro, essa non può che essere riconosciuta con riguardo ai luoghi in cui la prestazione di lavoro viene effettuata.
La questione del ruolo svolto nella vicenda dalla dichiarazione di gradimento del militare trasferito - riguardo alla quale l’Avvocatura generale ha impugnato per revocazione una precedente sentenza della Sezione - è estranea all’economia della presente controversia e non può essere presa in considerazione.
Sotto il profilo esaminato, dunque, l’appello dell’Amministrazione è infondato e deve essere respinto.
Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre - sotto il profilo di specie - a una conclusione di segno diverso.
Tuttavia, in punto di fatto, la documentazione in atti esibisce dati non coincidenti e non può essere di sicuro fondamento per la decisione.
Il Collegio ritiene dunque di disporre verificazione, affidandone lo svolgimento al soggetto pubblico competente, cioè all’A.N.A.S., affinché accerti la distanza stradale più breve intercorrente fra la precedente sede di servizio dell’appellato (il Centro navale della Guardia di finanza - ora Re.T.L.A. - di Formia) e quella successiva (il Centro di cooperazione aeronavale di Gaeta).
L’A.N.A.S. depositerà la propria relazione entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa - o dalla notificazione, se anteriore - del presente provvedimento.
Ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e quanto alle spese va rinviata alla definizione della controversia.
Per il seguito dell’esame, può essere fissata l’udienza pubblica del 24 marzo 2015.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge in parte qua e, per il resto, dispone verificazione nei sensi e nei termini esposti in motivazione.
Rinvia ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e quanto alle spese alla definizione della controversia.
Fissa per il seguito l’udienza pubblica del 24 marzo 2015.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/12/2014
-------------------------------------------------------------------------
Il CdS precisa:
1) - A questo proposito, tuttavia, il Collegio ritiene che la decisione del T.A.R. meriti conferma. E ciò, sia per coerenza con la sua più recente giurisprudenza, dalla quale non vi è ragione di discostarsi (cfr. le sentenze della sezione 25 giugno 2013, n. 3460, e 4 marzo 2014, n. 1017; alle quali adde ora Cons. Stato, sez. II, 29 gennaio 2014, parere sull’affare n. 1121/2012), sia sul rilievo che proprio la disposizione sopra ricordata, là dove considera il trasferimento d’ufficio “ad altra sede di servizio”, appare inequivoca nel fare riferimento al criterio che, correttamente, anche la sentenza impugnata ha fatto proprio.
2) - D’altronde, se l’indiscussa funzione dell’indennità in questione è quella di mitigare i disagi, anche economici, connessi al trasferimento, rispetto a tale funzione il dato della distanza tra le case comunali appare anodino e inconferente. Poiché l’indennità ha una finalità di ristoro, essa non può che essere riconosciuta con riguardo ai luoghi in cui la prestazione di lavoro viene effettuata.
e dispone:
3) - Il Collegio ritiene dunque di disporre verificazione, affidandone lo svolgimento al soggetto pubblico competente, cioè all’A.N.A.S., affinché accerti la distanza stradale più breve intercorrente fra la precedente sede di servizio dell’appellato (omissis) e quella successiva (omissis).
rinviando al 24 marzo 2015 ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e quanto alle spese alla definizione della controversia.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201406260 - Public 2014-12-22
N. 06260/2014REG.PROV.COLL.
N. 00649/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 649 del 2014, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
G. S., rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Zaza D'Aulisio, con domicilio eletto presso Francesco Cardarelli in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, 47;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio - sez. staccata di Latina, sezione I, n. 00658/2013, resa tra le parti, concernente diniego di corresponsione dell’indennità di trasferimento
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di G. S.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2014 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti l’Avvocato dello stato Palatiello e l’Avv. Angelo Clarizia su delega dell'Avv. Alfredo Zaza D'Aulisio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor G. S., militare della Guardia di finanza, ha impugnato il provvedimento in data 7 agosto 2012, con il quale l’Amministrazione ha respinto la sua richiesta di corresponsione dell’indennità di trasferimento a seguito dell’avvenuto trasferimento d’autorità dal Centro navale (ora Re.T.L.A.) di Formia al Centro di cooperazione aeronavale di Gaeta.
Respinta una preliminare eccezione di prescrizione, il T.A.R. del Lazio – Latina, sez. I, ha accolto il ricorso con sentenza 22 luglio 2013, n. 658.
Il Tribunale territoriale ha argomentato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 16 (recte: 14) dicembre 2011, n. 23, per concludere che:
la normativa vigente avrebbe mantenuto la distanza minima di 10 km. come requisito di acquisto del diritto all’indennità trasferimento d’autorità;
tale distanza andrebbe calcolata tra la sede di servizio e quella di destinazione e non – come invece vorrebbe l’Amministrazione – tra le due diverse case comunali;
nel caso di specie, una nota dell’A.C.I. in atti, non contestata dall’Amministrazione, attesterebbe una distanza tra le sedi pari a 11,30 km.
L’Amministrazione ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva con una domanda cautelare cui ha però rinunziato in camera di consiglio.
La Sezione ne ha dato atto con ordinanza 26 febbraio 2014, n. 894.
Nell’appello, l’Amministrazione richiama in maniera dettagliata e analitica la normativa di riferimento.
Cita poi giurisprudenza della Sezione (in particolare: le sentenze nn. 2426/2012, 3613/2012, 3364/2012, 3868/2012, 2973/2013), dalla quale emergerebbe che il modo ordinario per calcolare la distanza tra sedi sarebbe quello che la computa tra le due case comunali. A tale riguardo, un’attestazione dell’A.C.I. in data 10 gennaio 2013, in atti, comproverebbe una distanza tra le località in questione, calcolata tra le case comunali, sarebbe pari a 7 km.
Con successive note d’udienza, l’Amministrazione – richiamando anche giurisprudenza della Corte di Cassazione circa la funzione dell’indennità di prima sistemazione – ha depositato documentazione proveniente dalle Polizie locali di Formia e di Gaeta, attestante in 7,750 km. la distanza complessiva intercorrente tra la caserma “Arturo Cerrato” di Formia, già sede della Sezione operativa navale della Guardia di finanza, e la caserma “Antonio Ambroselli”, attuale sede di tale Sezione del Corpo.
Il signor OMISSIS si è costituito in giudizio per resistere all’appello. In suo favore, egli cita altra giurisprudenza della Sezione (in particolare: la sentenza n. 3460/2013, che sarebbe del tutto in termini, ma anche le sentenze nn. 1337/2012, 1338/2012, 4222/2013 e 4223/2013) e allega una dichiarazione dell’A.C.I. di Latina – delegazione di Gaeta, secondo la quale, sulla base delle carte stradali in dotazione, la distanza più breve tra le due località sarebbe di 11,7 km.
Con successive note d’udienza, l’Amministrazione ha contestato i precedenti costituiti dalle sentenze nn. 3460/2013 e 4159/2013. Queste non avrebbero esaminato tutti i motivi del ricorso in appello, in specie a proposito del ruolo svolto dalla c.d. “dichiarazione di gradimento”; contro la seconda sarebbe stato proposto ricorso per revocazione. La parte pubblica sottolinea che, in mancanza di un effettivo cambiamento di residenza e di abitazione, nessuna indennità spetterebbe al militare trasferito.
L’appellato ha replicato depositando copia della sentenza n. 1017/2014, che, in una fattispecie sovrapponibile a quella oggetto della presente controversia, anche se a sedi invertite (trasferimento d’autorità da Formia a Gaeta), avrebbe riconosciuto il buon diritto del privato. Ciò, dopo avere svolto una verificazione, affidata all’A.N.A.S., dalla quale sarebbe emerso che, secondo il normale percorso stradale, la distanza tra le sedi (intese come sedi di servizio) sia pari a 10,5 km.
All’udienza pubblica del 18 novembre 2014, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
La controversia riguarda i requisiti per l’acquisto del diritto all’indennità mensile che - in caso di trasferimento di autorità - l'art. 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, riconosce al personale delle Forze armate e al personale pubblico a questo equiparato.
In punto di diritto - come è noto - l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto che, perché il diritto all’indennità sorga, fra la sede originaria e quella di destinazione debba intercorrere una distanza non inferiore ai 10 km (sentenza 14 dicembre 2011, n. 23). Tale profilo, peraltro, non è contestato in questa sede.
L’Amministrazione, invece, critica la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che tale distanza vada calcolata fra le sedi dei reparti di appartenenza. Esponendo dettagliatamente la normativa di settore, la parte pubblica sostiene che il computo della distanza vada fatto in relazione alle sedi comunali.
A questo proposito, tuttavia, il Collegio ritiene che la decisione del T.A.R. meriti conferma. E ciò, sia per coerenza con la sua più recente giurisprudenza, dalla quale non vi è ragione di discostarsi (cfr. le sentenze della sezione 25 giugno 2013, n. 3460, e 4 marzo 2014, n. 1017; alle quali adde ora Cons. Stato, sez. II, 29 gennaio 2014, parere sull’affare n. 1121/2012), sia sul rilievo che proprio la disposizione sopra ricordata, là dove considera il trasferimento d’ufficio “ad altra sede di servizio”, appare inequivoca nel fare riferimento al criterio che, correttamente, anche la sentenza impugnata ha fatto proprio.
D’altronde, se l’indiscussa funzione dell’indennità in questione è quella di mitigare i disagi, anche economici, connessi al trasferimento, rispetto a tale funzione il dato della distanza tra le case comunali appare anodino e inconferente. Poiché l’indennità ha una finalità di ristoro, essa non può che essere riconosciuta con riguardo ai luoghi in cui la prestazione di lavoro viene effettuata.
La questione del ruolo svolto nella vicenda dalla dichiarazione di gradimento del militare trasferito - riguardo alla quale l’Avvocatura generale ha impugnato per revocazione una precedente sentenza della Sezione - è estranea all’economia della presente controversia e non può essere presa in considerazione.
Sotto il profilo esaminato, dunque, l’appello dell’Amministrazione è infondato e deve essere respinto.
Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre - sotto il profilo di specie - a una conclusione di segno diverso.
Tuttavia, in punto di fatto, la documentazione in atti esibisce dati non coincidenti e non può essere di sicuro fondamento per la decisione.
Il Collegio ritiene dunque di disporre verificazione, affidandone lo svolgimento al soggetto pubblico competente, cioè all’A.N.A.S., affinché accerti la distanza stradale più breve intercorrente fra la precedente sede di servizio dell’appellato (il Centro navale della Guardia di finanza - ora Re.T.L.A. - di Formia) e quella successiva (il Centro di cooperazione aeronavale di Gaeta).
L’A.N.A.S. depositerà la propria relazione entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa - o dalla notificazione, se anteriore - del presente provvedimento.
Ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e quanto alle spese va rinviata alla definizione della controversia.
Per il seguito dell’esame, può essere fissata l’udienza pubblica del 24 marzo 2015.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge in parte qua e, per il resto, dispone verificazione nei sensi e nei termini esposti in motivazione.
Rinvia ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e quanto alle spese alla definizione della controversia.
Fissa per il seguito l’udienza pubblica del 24 marzo 2015.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/12/2014
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
Tar Milano
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SENTENZA ,sede di MILANO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201501618 - Public 2015-07-13 -
misurare la distanza chilometrica con l’ausilio informatico di “google earth”.
IL TAR scrive:
Tuttavia, dall’esame delle varie certificazioni dell’ACI allegate in atti, ma anche da quella acquisita per effetto dell’ottemperanza all’ordinanza istruttoria n. 220 del 19.3.2014, si evince che nessuna delle misurazioni (che, in ogni caso, evidenziano una contraddittorietà interna alle stesse valutazioni dell’ACI) è stata riferita alle sedi di servizio.
Nella specie, tuttavia, tale verifica, dirimente ai fini del decidere, si prospetta agevole (rendendosi dunque superfluo un supplemento di istruttoria) e direttamente esperibile dal Collegio, per mezzo di ordinarie cognizioni informatiche, in attuazione del principio secondo cui al giudice è ammesso avvalersi “della sua veste di peritus peritorum, riconosciutagli dall'ordinamento, in virtù della quale gli è consentito disattendere le argomentazioni tecniche (…) sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie o basate su accertamenti di fatto erronei, sia quando il giudice sostituisca ad esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche o da una diversa ristrutturazione logica degli accertamenti peritali” (cfr. Corte di Cassazione, sez. I, 22 novembre 2010, n. 23592).
Ciò premesso, calcolando tramite l’ausilio informatico di “google earth” la distanza chilometrica tra il Comando di Vimercate (sito in Via Damiano Chiesa, n. 10) e quello di Biassono (Via Cesana e Villa, n. 94), ci si avvede che questa è di 11,6 km se si percorre la SP7 e di 13,3 km se si percorre la SP6.
Pertanto, in entrambi i casi risulta superiore alla soglia minima dei dieci chilometri.
In conclusione, dev’essere disposta, in accoglimento del ricorso, la condanna dell’Amministrazione resistente alla corresponsione in favore del ricorrente di tutti gli emolumenti arretrati, previa verifica sull’esattezza dell’importo di €. 12.517,20 (oggetto della domanda del ricorrente), maggiorati degli interessi legali per le somme non ancora corrisposte.
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SENTENZA ,sede di MILANO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201501618 - Public 2015-07-13 -
misurare la distanza chilometrica con l’ausilio informatico di “google earth”.
IL TAR scrive:
Tuttavia, dall’esame delle varie certificazioni dell’ACI allegate in atti, ma anche da quella acquisita per effetto dell’ottemperanza all’ordinanza istruttoria n. 220 del 19.3.2014, si evince che nessuna delle misurazioni (che, in ogni caso, evidenziano una contraddittorietà interna alle stesse valutazioni dell’ACI) è stata riferita alle sedi di servizio.
Nella specie, tuttavia, tale verifica, dirimente ai fini del decidere, si prospetta agevole (rendendosi dunque superfluo un supplemento di istruttoria) e direttamente esperibile dal Collegio, per mezzo di ordinarie cognizioni informatiche, in attuazione del principio secondo cui al giudice è ammesso avvalersi “della sua veste di peritus peritorum, riconosciutagli dall'ordinamento, in virtù della quale gli è consentito disattendere le argomentazioni tecniche (…) sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie o basate su accertamenti di fatto erronei, sia quando il giudice sostituisca ad esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche o da una diversa ristrutturazione logica degli accertamenti peritali” (cfr. Corte di Cassazione, sez. I, 22 novembre 2010, n. 23592).
Ciò premesso, calcolando tramite l’ausilio informatico di “google earth” la distanza chilometrica tra il Comando di Vimercate (sito in Via Damiano Chiesa, n. 10) e quello di Biassono (Via Cesana e Villa, n. 94), ci si avvede che questa è di 11,6 km se si percorre la SP7 e di 13,3 km se si percorre la SP6.
Pertanto, in entrambi i casi risulta superiore alla soglia minima dei dieci chilometri.
In conclusione, dev’essere disposta, in accoglimento del ricorso, la condanna dell’Amministrazione resistente alla corresponsione in favore del ricorrente di tutti gli emolumenti arretrati, previa verifica sull’esattezza dell’importo di €. 12.517,20 (oggetto della domanda del ricorrente), maggiorati degli interessi legali per le somme non ancora corrisposte.
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
Ricorso ACCOLTO.
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corresponsione dell’indennità ex L. n. 100 del 1987
1) - assegnato (previa dichiarazione di disponibilità c/o di assenso ed in seguito trasferito dal Comando Stazione CC di OMISSIS (ME) alla Sezione di P.G. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, in data 3.9.2001, in virtù di un provvedimento emesso dall'amministrazione nell’esercizio del suo potere discrezionale volto a soddisfare le esigenze di servizio;
Per completezza leggete qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CATANIA ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201502493, - Public 2015-10-26 -
N. 02493/2015 REG.PROV.COLL.
N. 03528/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3528 del 2010, proposto da C. R., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Teresa D’Angelo, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar, in Catania, Via Milano 42a;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore;
per la condanna
alla corresponsione dell’indennità ex L. n. 100 del 1987 (oltre interessi legali a partire dalla data della sua maturazione), nonché al risarcimento del danno per la lesione del diritto del ricorrente a vedersi corrisposta l’indennità per il trasferimento che non gli è stata ancora corrisposta.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 luglio 2015 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con il ricorso in epigrafe il Sig. C. S., il M.llo capo dei Carabinieri, espone:
a) di essere stato assegnato (previa dichiarazione di disponibilità c/o di assenso ed in seguito trasferito dal Comando Stazione CC di OMISSIS (ME) alla Sezione di P.G. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, in data 3.9.2001, in virtù di un provvedimento emesso dall'amministrazione nell’esercizio del suo potere discrezionale volto a soddisfare le esigenze di servizio;
b) di avere richiesto (con lettera del 16/06/2010) al centro Nazionale Amministrativo T.E.A. il pagamento dell’indennità prevista dall’art. 13 della legge n. 97/1979, sostituito dall’art. 6 della L. n. 271/1981 e dall'art. 1 della L. 100/1987;
c) di essersi visto rispondere dal Comando Legione Sicilia di Palermo dei CC (con note .. del 20/07/2010 e .. del 26/08/2010) che la predetta indennità sarebbe soggetta al termine quinquennale di prescrizione per cui nulla sarebbe dovuto.
Sulla base di tali premesse in fatto, il ricorrente ha articolato due censure di violazione di legge - sotto il profilo della violazione e mancata applicazione delle Leggi n. 100/1987 e n. 86/2001 e dell'art. 2946 c.c. - chiedendo la condanna del Ministero intimato alla corresponsione dell’indennità ex L. n. 100 del 1987 (oltre interessi legali), nonché al risarcimento del danno per la lesione del diritto del ricorrente a vedersi corrisposta l’indennità per il trasferimento che non gli è stata ancora corrisposta;
2. - Il Ministero della Difesa non si è costituito in giudizio.
3. - Alla pubblica udienza del 22 luglio 2015, il ricorso è stato posto in decisione su conforme richiesta dei difensori delle parti, presenti come da verbale.
4. - Il ricorso è fondato.
Ai sensi dell' art. 1, comma 1, della l. n. 100/1987, “a decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall' articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall' art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.
Per costante giurisprudenza dalla quale il Collegio non intende discostarsi:
a) il discrimine tra trasferimento d’ufficio e a domanda del personale delle forze armate va colto nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente; per cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l’interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. Ne consegue che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d'autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l'interesse dell'amministrazione, mentre la domanda prevista dall' art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 è solo una dichiarazione di assenso o di disponibilità all'assegnazione alle suddette sezioni (Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6624 e 24 maggio 1995, n. 353);
b) la disposizione di cui all’art. 3, comma 74, della l. 24 dicembre 2003, n. 350, (secondo cui "L'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 27 , si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede") pur autoqualificandosi come interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa (Cons. Stato, sez. IV: 20 aprile 2006, n. 2247; 7 aprile 2006, n. 1928; 1 marzo 2006, n. 970; 7 marzo 2005, n. 872);
c) la prescrizione decennale opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell’Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell'entità del credito stesso: in tali casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione (cfr. Cons. Stato Sez. IV, Sent., 13/05/2010, n. 2928; VI Sez., n. 4149/00).
La fattispecie in esame rientra in tale ipotesi, posto che la speciale indennità accordata ai militari dalla L. n. 100 del 1987, che non ha natura retributiva, ma di ristoro dei disagi che l’interessato affronta nel reperire una diversa sistemazione in una nuova sede di servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV Sez., n. 5239/08) non può essere riconosciuta senza che l’Amministrazione abbia valutato le posizioni individuali dei soggetti contemplati dalla norma, al fine di accertare la sussistenza delle condizioni richieste per l'attribuzione del beneficio economico in questione.
5. – Sulla scorta delle considerazioni che precedono, in assenza di contestazioni da parte dell’Amministrazione intimata, la domanda volta all’accertamento del diritto all’indennità di cui all’art. 1 della L. n. 100 del 1987, in quanto fondata, deve essere accolta con conseguente condanna del Ministero intimato alla corresponsione del relativo ammontare, con gli interessi legali dalla scadenza e fino all’effettivo soddisfo.
6. – La domanda risarcitoria, “per lesione del diritto soggettivo leso”, non può essere accolta in quanto del tutta generica e sfornita di prova.
7. – In definitiva, il ricorso va accolto nei sensi e nei termini di cui in motivazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto:
a) riconosce il diritto della ricorrente a percepire l’indennità prevista dall’art. 1 della L. n. 100 del 1987 nella misura e nei limiti previsti dalla medesima legge;
b) condanna il Ministero della Difesa alla corresponsione dei relativi emolumenti, con gli interessi legali dalla scadenza e fino all’effettivo soddisfo.
Condanna il predetto Ministero al pagamento nei confronti di C. R. delle spese processuali che liquida in complessivi € 1.000,00 (mille,00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Gabriella Guzzardi, Presidente
Francesco Brugaletta, Consigliere
Francesco Mulieri, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/10/2015
-----------------------------------------------------------------------
corresponsione dell’indennità ex L. n. 100 del 1987
1) - assegnato (previa dichiarazione di disponibilità c/o di assenso ed in seguito trasferito dal Comando Stazione CC di OMISSIS (ME) alla Sezione di P.G. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, in data 3.9.2001, in virtù di un provvedimento emesso dall'amministrazione nell’esercizio del suo potere discrezionale volto a soddisfare le esigenze di servizio;
Per completezza leggete qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CATANIA ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201502493, - Public 2015-10-26 -
N. 02493/2015 REG.PROV.COLL.
N. 03528/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3528 del 2010, proposto da C. R., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Teresa D’Angelo, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar, in Catania, Via Milano 42a;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore;
per la condanna
alla corresponsione dell’indennità ex L. n. 100 del 1987 (oltre interessi legali a partire dalla data della sua maturazione), nonché al risarcimento del danno per la lesione del diritto del ricorrente a vedersi corrisposta l’indennità per il trasferimento che non gli è stata ancora corrisposta.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 luglio 2015 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con il ricorso in epigrafe il Sig. C. S., il M.llo capo dei Carabinieri, espone:
a) di essere stato assegnato (previa dichiarazione di disponibilità c/o di assenso ed in seguito trasferito dal Comando Stazione CC di OMISSIS (ME) alla Sezione di P.G. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, in data 3.9.2001, in virtù di un provvedimento emesso dall'amministrazione nell’esercizio del suo potere discrezionale volto a soddisfare le esigenze di servizio;
b) di avere richiesto (con lettera del 16/06/2010) al centro Nazionale Amministrativo T.E.A. il pagamento dell’indennità prevista dall’art. 13 della legge n. 97/1979, sostituito dall’art. 6 della L. n. 271/1981 e dall'art. 1 della L. 100/1987;
c) di essersi visto rispondere dal Comando Legione Sicilia di Palermo dei CC (con note .. del 20/07/2010 e .. del 26/08/2010) che la predetta indennità sarebbe soggetta al termine quinquennale di prescrizione per cui nulla sarebbe dovuto.
Sulla base di tali premesse in fatto, il ricorrente ha articolato due censure di violazione di legge - sotto il profilo della violazione e mancata applicazione delle Leggi n. 100/1987 e n. 86/2001 e dell'art. 2946 c.c. - chiedendo la condanna del Ministero intimato alla corresponsione dell’indennità ex L. n. 100 del 1987 (oltre interessi legali), nonché al risarcimento del danno per la lesione del diritto del ricorrente a vedersi corrisposta l’indennità per il trasferimento che non gli è stata ancora corrisposta;
2. - Il Ministero della Difesa non si è costituito in giudizio.
3. - Alla pubblica udienza del 22 luglio 2015, il ricorso è stato posto in decisione su conforme richiesta dei difensori delle parti, presenti come da verbale.
4. - Il ricorso è fondato.
Ai sensi dell' art. 1, comma 1, della l. n. 100/1987, “a decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall' articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall' art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.
Per costante giurisprudenza dalla quale il Collegio non intende discostarsi:
a) il discrimine tra trasferimento d’ufficio e a domanda del personale delle forze armate va colto nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente; per cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l’interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. Ne consegue che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d'autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l'interesse dell'amministrazione, mentre la domanda prevista dall' art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 è solo una dichiarazione di assenso o di disponibilità all'assegnazione alle suddette sezioni (Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6624 e 24 maggio 1995, n. 353);
b) la disposizione di cui all’art. 3, comma 74, della l. 24 dicembre 2003, n. 350, (secondo cui "L'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 27 , si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede") pur autoqualificandosi come interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa (Cons. Stato, sez. IV: 20 aprile 2006, n. 2247; 7 aprile 2006, n. 1928; 1 marzo 2006, n. 970; 7 marzo 2005, n. 872);
c) la prescrizione decennale opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell’Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell'entità del credito stesso: in tali casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione (cfr. Cons. Stato Sez. IV, Sent., 13/05/2010, n. 2928; VI Sez., n. 4149/00).
La fattispecie in esame rientra in tale ipotesi, posto che la speciale indennità accordata ai militari dalla L. n. 100 del 1987, che non ha natura retributiva, ma di ristoro dei disagi che l’interessato affronta nel reperire una diversa sistemazione in una nuova sede di servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV Sez., n. 5239/08) non può essere riconosciuta senza che l’Amministrazione abbia valutato le posizioni individuali dei soggetti contemplati dalla norma, al fine di accertare la sussistenza delle condizioni richieste per l'attribuzione del beneficio economico in questione.
5. – Sulla scorta delle considerazioni che precedono, in assenza di contestazioni da parte dell’Amministrazione intimata, la domanda volta all’accertamento del diritto all’indennità di cui all’art. 1 della L. n. 100 del 1987, in quanto fondata, deve essere accolta con conseguente condanna del Ministero intimato alla corresponsione del relativo ammontare, con gli interessi legali dalla scadenza e fino all’effettivo soddisfo.
6. – La domanda risarcitoria, “per lesione del diritto soggettivo leso”, non può essere accolta in quanto del tutta generica e sfornita di prova.
7. – In definitiva, il ricorso va accolto nei sensi e nei termini di cui in motivazione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto:
a) riconosce il diritto della ricorrente a percepire l’indennità prevista dall’art. 1 della L. n. 100 del 1987 nella misura e nei limiti previsti dalla medesima legge;
b) condanna il Ministero della Difesa alla corresponsione dei relativi emolumenti, con gli interessi legali dalla scadenza e fino all’effettivo soddisfo.
Condanna il predetto Ministero al pagamento nei confronti di C. R. delle spese processuali che liquida in complessivi € 1.000,00 (mille,00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Gabriella Guzzardi, Presidente
Francesco Brugaletta, Consigliere
Francesco Mulieri, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/10/2015
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
indennità di prima sistemazione e, in via subordinata, dell’indennità di missione.
Parere temporaneamente sospeso.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------
PARERE SOSPENSIVO ,sede di CONSIGLIO DI STATO , sezione SEZIONE 2 , numero provv.: 201503272
- Public 2015-12-03 -
Numero 03272/2015 e data 03/12/2015 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 21 ottobre 2015 e del 11 novembre 2015
NUMERO AFFARE 07545/2012
OGGETTO:
Ministero della difesa.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Maresciallo di 1° classe dell’Aeronautica Militare OMISSIS avverso il mancato riconoscimento del trattamento economico di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 86 del 2001, dell’indennità di prima sistemazione e, in via subordinata, dell’indennità di missione.
LA SEZIONE
Vista la nota del 20 agosto 2012, prot. n. M_DGMIL1IV10SC0327396, di trasmissione della relazione del 16 maggio 2012, pervenuta alla segreteria della Sezione il 24 agosto 2012, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere sull’affare indicato in oggetto;
Visto il parere interlocutorio reso dalla Sezione nell’Adunanza del 19 novembre 2014;
Vista l’ulteriore nota del 12 giugno 2015, prot. n. 343453, di trasmissione della relazione istruttoria integrativa dell’11 marzo 2015;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.
Premesso e considerato.
1. Come già esposto nel parere interlocutorio in epigrafe il Maresciallo di 1^ classe dell’Aeronautica Militare, OMISSIS, in data 16 settembre 1996, veniva trasferito d’autorità al 51° Stormo presso l’aeroporto di Istrana e dal 1° ottobre 2005, come dal medesimo riferito, veniva “incardinato” presso l’aeroporto di OMISSIS.
In data 24 settembre 2010 il Maresciallo OMISSIS presentava al servizio amministrativo del 51° Stormo un’istanza volta alla corresponsione del trattamento economico di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 86 del 2001, dell’indennità di prima sistemazione e, in via subordinata, dell’indennità di missione.
Con la nota del 19 ottobre 2010, prot. n. RS51-SA.2/3737, il servizio amministrativo de quo comunicava al Maresciallo OMISSIS di non poter accogliere la sua istanza.
Avverso detto provvedimento il Maresciallo OMISSIS presentava, in data 23 novembre 2010, ricorso gerarchico al Ministero della difesa.
2. Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in epigrafe il Maresciallo OMISSIS ha chiesto l’annullamento del provvedimento del servizio amministrativo n. RS51-SA.2/3737 del 51° Stormo e del silenzio formatosi a seguito del ricorso gerarchico precedentemente citato.
Il medesimo ricorrente ha, inoltre, chiesto l’accertamento e la dichiarazione del suo diritto a percepire il trattamento economico di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 86 del 2001, l’indennità di prima sistemazione e, in via subordinata, l’indennità di missione, con conseguenziale riconoscimento degli interessi legali su tutte le somme dovute.
Con le memorie del 28 dicembre 2012 e del 9 maggio 2015 il ricorrente ha ulteriormente articolato le censure di cui al ricorso in esame ed ha, altresì, controdedotto a quanto rilevato dal Ministero riferente tramite la relazione istruttoria in epigrafe e la successiva relazione istruttoria integrativa.
3. Con la relazione istruttoria in epigrafe il Ministero riferente si è espresso per il rigetto nel merito del ricorso in esame.
4. Con il parere interlocutorio del 19 novembre 2014 in questa Sezione ha invitato il Ministero riferente a fornire alla Sezione stessa “documentati chiarimenti in merito alla data in cui il ricorso in epigrafe le è stato notificato” e ad integrare la relazione istruttoria fornendo “maggiori e documentati chiarimenti in merito alla «riorganizzazione ordinativa» e funzionale delle strutture coinvolte nella controversia de qua nonché precisando le modalità con cui il ricorrente ha svolto in tali sedi le mansioni e i compiti assegnatigli”.
Con la nota del 12 giugno 2015, prot. n. 343453, il Ministero riferente ha adempiuto a quanto richiesto dalla Sezione, trasmettendo la documentazione richiesta e la relazione istruttoria integrativa dell’11 marzo 2015, con la quale ha confermato le proprie deduzioni in merito all’infondatezza del ricorso in esame.
5. Tanto premesso, la Sezione non può esimersi dal rilevare che la Sezione IV di questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3269 del 1° luglio 2015, ha disposto il deferimento all’Adunanza Plenaria di una questione di diritto relativa al trattamento economico di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 86 del 2001, concernente profili che - sebbene non siano del tutto sovrapponibili con la questione sottoposta all’esame di questa Sezione - riguardano in ogni caso l’istituto dell’indennità di trasferimento, oggetto anche della presente controversia.
Pertanto, in considerazione di quanto esposto, la Sezione ritiene opportuno sospendere l'emissione del richiesto parere in attesa della decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato sulla questione di diritto deferita dalla Sezione IV con la sentenza n. 3269 del 1° luglio 2015.
P.Q.M.
La Sezione, impregiudicata ogni questione in rito e nel merito, sospende l'espressione del parere in attesa della decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato sulla questione di diritto deferita dalla Sezione IV con la sentenza n. 3269 del 1° luglio 2015.
Manda alla segreteria di trasmettere il presente parere alla parte ricorrente.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Boccia Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
Marisa Allega
Parere temporaneamente sospeso.
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PARERE SOSPENSIVO ,sede di CONSIGLIO DI STATO , sezione SEZIONE 2 , numero provv.: 201503272
- Public 2015-12-03 -
Numero 03272/2015 e data 03/12/2015 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 21 ottobre 2015 e del 11 novembre 2015
NUMERO AFFARE 07545/2012
OGGETTO:
Ministero della difesa.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Maresciallo di 1° classe dell’Aeronautica Militare OMISSIS avverso il mancato riconoscimento del trattamento economico di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 86 del 2001, dell’indennità di prima sistemazione e, in via subordinata, dell’indennità di missione.
LA SEZIONE
Vista la nota del 20 agosto 2012, prot. n. M_DGMIL1IV10SC0327396, di trasmissione della relazione del 16 maggio 2012, pervenuta alla segreteria della Sezione il 24 agosto 2012, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere sull’affare indicato in oggetto;
Visto il parere interlocutorio reso dalla Sezione nell’Adunanza del 19 novembre 2014;
Vista l’ulteriore nota del 12 giugno 2015, prot. n. 343453, di trasmissione della relazione istruttoria integrativa dell’11 marzo 2015;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.
Premesso e considerato.
1. Come già esposto nel parere interlocutorio in epigrafe il Maresciallo di 1^ classe dell’Aeronautica Militare, OMISSIS, in data 16 settembre 1996, veniva trasferito d’autorità al 51° Stormo presso l’aeroporto di Istrana e dal 1° ottobre 2005, come dal medesimo riferito, veniva “incardinato” presso l’aeroporto di OMISSIS.
In data 24 settembre 2010 il Maresciallo OMISSIS presentava al servizio amministrativo del 51° Stormo un’istanza volta alla corresponsione del trattamento economico di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 86 del 2001, dell’indennità di prima sistemazione e, in via subordinata, dell’indennità di missione.
Con la nota del 19 ottobre 2010, prot. n. RS51-SA.2/3737, il servizio amministrativo de quo comunicava al Maresciallo OMISSIS di non poter accogliere la sua istanza.
Avverso detto provvedimento il Maresciallo OMISSIS presentava, in data 23 novembre 2010, ricorso gerarchico al Ministero della difesa.
2. Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in epigrafe il Maresciallo OMISSIS ha chiesto l’annullamento del provvedimento del servizio amministrativo n. RS51-SA.2/3737 del 51° Stormo e del silenzio formatosi a seguito del ricorso gerarchico precedentemente citato.
Il medesimo ricorrente ha, inoltre, chiesto l’accertamento e la dichiarazione del suo diritto a percepire il trattamento economico di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 86 del 2001, l’indennità di prima sistemazione e, in via subordinata, l’indennità di missione, con conseguenziale riconoscimento degli interessi legali su tutte le somme dovute.
Con le memorie del 28 dicembre 2012 e del 9 maggio 2015 il ricorrente ha ulteriormente articolato le censure di cui al ricorso in esame ed ha, altresì, controdedotto a quanto rilevato dal Ministero riferente tramite la relazione istruttoria in epigrafe e la successiva relazione istruttoria integrativa.
3. Con la relazione istruttoria in epigrafe il Ministero riferente si è espresso per il rigetto nel merito del ricorso in esame.
4. Con il parere interlocutorio del 19 novembre 2014 in questa Sezione ha invitato il Ministero riferente a fornire alla Sezione stessa “documentati chiarimenti in merito alla data in cui il ricorso in epigrafe le è stato notificato” e ad integrare la relazione istruttoria fornendo “maggiori e documentati chiarimenti in merito alla «riorganizzazione ordinativa» e funzionale delle strutture coinvolte nella controversia de qua nonché precisando le modalità con cui il ricorrente ha svolto in tali sedi le mansioni e i compiti assegnatigli”.
Con la nota del 12 giugno 2015, prot. n. 343453, il Ministero riferente ha adempiuto a quanto richiesto dalla Sezione, trasmettendo la documentazione richiesta e la relazione istruttoria integrativa dell’11 marzo 2015, con la quale ha confermato le proprie deduzioni in merito all’infondatezza del ricorso in esame.
5. Tanto premesso, la Sezione non può esimersi dal rilevare che la Sezione IV di questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3269 del 1° luglio 2015, ha disposto il deferimento all’Adunanza Plenaria di una questione di diritto relativa al trattamento economico di trasferimento di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 86 del 2001, concernente profili che - sebbene non siano del tutto sovrapponibili con la questione sottoposta all’esame di questa Sezione - riguardano in ogni caso l’istituto dell’indennità di trasferimento, oggetto anche della presente controversia.
Pertanto, in considerazione di quanto esposto, la Sezione ritiene opportuno sospendere l'emissione del richiesto parere in attesa della decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato sulla questione di diritto deferita dalla Sezione IV con la sentenza n. 3269 del 1° luglio 2015.
P.Q.M.
La Sezione, impregiudicata ogni questione in rito e nel merito, sospende l'espressione del parere in attesa della decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato sulla questione di diritto deferita dalla Sezione IV con la sentenza n. 3269 del 1° luglio 2015.
Manda alla segreteria di trasmettere il presente parere alla parte ricorrente.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Boccia Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
Marisa Allega
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
Interessante parere del CdS in Adunanza Plenaria.
Per l'Amministrazione non è andata bene.
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Adunanza Plenaria del CdS n.1/2016
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE P ,numero provv.: 201600001 -
N. 00001/2016REG.PROV.COLL.
N. 00008/2015 REG.RIC.A.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8 di A.P. del 2015, proposto dal Ministero dell'economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
contro
i signori L. G., D. D., G. F., G. C., G. R., N. M., A. R., M. C., tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Aldo Travi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabrizio Ravidà in Roma, via Attilio Bertoloni n. 44/46;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Lombardia – Milano - Sezione I, n. 569 del 28 febbraio 2014.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori L. G., D. D., G. F., G. C., G. R., N. M., A. R., M. C.;
Viste le memorie difensive depositate dall’Amministrazione e dagli intimati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2015 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Aldo Travi (in sede di chiamata preliminare) e Maurizio Greco (per l’Avvocatura generale dello Stato);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’ OGGETTO DEL PRESENTE GIUDIZIO.
1.1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di corresponsione dell’indennità di trasferimento, prevista dall’art. 1, legge n. 86 del 29 marzo 2001, proposta da alcuni militari appartenenti al Corpo della Guardia di finanza.
1.2. Più in dettaglio, giova evidenziare in fatto che:
a) nell’ambito di una più vasta manovra di revisione dell’organizzazione territoriale del Corpo della Guardia di finanza, il Comandante generale del Corpo ha soppresso la Tenenza ubicata nel Comune di Sesto Calende (in provincia di Varese) con decorrenza 1° agosto 2011 (cfr. determinazione 15 giugno 2011);
b) con nota del Comando regionale Lombardia in data 22 giugno 2011, i militari in servizio presso la Tenenza di Sesto Calende sono stati invitati a proporre domanda di trasferimento presso altri reparti ubicati all’interno della circoscrizione territoriale ricompresa nel Comando interregionale dell’Italia Nord-occidentale con la previsione dell’assegnazione alla sede prescelta anche in soprannumero;
c) i signori L. G., D. D., G. F., G. C., G. R., N. M. e A. R., hanno indicato quale nuova sede di servizio la Compagnia di Gallarate, mentre il signor M. C. ha indicato il Gruppo della G.d.f. di Malpensa (cfr. le corrispondenti otto istanze di trasferimento a domanda, tutte datate 13 luglio 2011, ed espressamente motivate, conformemente alla modulistica di riferimento, in relazione alla soppressione della Tenenza di Sesto Calende);
d) con determinazioni del Comando regionale Lombardia, tutte datate 21 luglio 2011, i su menzionati militari sono stati trasferiti a domanda nelle sedi prescelte.
2. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO.
2.1. Ricusata dall’Amministrazione la richiesta stragiudiziale di corresponsione dell’indennità di trasferimento ex art. 1, l. n. 86 del 2001, gli istanti hanno proposto ricorso davanti al T.a.r. per la Lombardia – allibrato al nrg. 2646 del 2012 - per l’accertamento del relativo diritto e la condanna al pagamento della sorte capitale maggiorata dagli interessi legali dalla data del trasferimento e sino all’effettivo soddisfo.
2.2 Radicatosi il contraddittorio, l’impugnata sentenza - T.a.r. per la Lombardia – Milano - Sezione I, n. 569 del 28 febbraio 2014 -:
a) ha ritenuto che il movimento di personale in questione, poiché disposto nell’interesse dell’Amministrazione, fosse da sussumersi nel genus del trasferimento d’ufficio e sotto tale angolazione perdesse rilevanza la presentazione di una domanda di assegnazione alla sede prescelta da parte di ciascuno dei militari ricorrenti perché comunque costretti ad abbandonare l’originaria sede di servizio;
b) ha considerato non retroattiva, e quindi ininfluente, la norma sopravvenuta nel corso del giudizio - sancita dall’art. 1, co. 163, legge n. 228 del 24 dicembre 2012 che ha introdotto nel corpo dell’art. 1, l. n. 86 del 2001, il comma 1-bis - in forza della quale è vietato corrispondere l’indennità in questione ai militari trasferiti ad altra sede di servizio a seguito della soppressione del reparto di appartenenza;
c) ha condannato l’Amministrazione al pagamento della sorte capitale maggiorata degli interessi legali;
d) ha respinto la richiesta di rivalutazione monetaria delle somme dovute (tale capo non è stato impugnato);
e) ha compensato fra le parti le spese di lite.
3. IL GIUDIZIO DI APPELLO DAVANTI ALLA IV SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO.
3.1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il Ministero dell'economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza – ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza articolando due connessi motivi di gravame:
a) con il primo (pagine 3 – 7 del ricorso), è stata lamentata la violazione e falsa applicazione della legge n. 86 del 2001 nonché l’erronea valutazione degli atti di causa; in particolare, richiamata la disciplina dei trasferimenti (d’autorità e a domanda) e la novella introdotta dall'art. 1, co. 163 della l. n. 228 del 2012, ed evidenziato il suo carattere innovativo e non interpretativo, si nega che il criterio ermeneutico dell’argumentum a contrario possa comportare il riconoscimento legale del diritto all’indennità, in caso di trasferimenti conseguenti a soppressione di reparti o articolazioni, per il periodo precedente e secondo la disciplina ante vigente al 1° gennaio 2013;
b) con il secondo motivo (pagine 7 – 12), è stata messa in luce la rilevanza della dichiarazione di gradimento nell'ipotesi di trasferimento conseguente alla soppressione del reparto; secondo l’Amministrazione militare, la presentazione di istanza, contenente comunque una opzione preferenziale di gradimento per una sede, esclude in radice, secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali, la configurabilità di un trasferimento d’autorità.
3.2. Si sono costituiti in giudizio gli intimati confutando, con dovizia di argomenti ma nel rispetto del dovere di sinteticità, la fondatezza dell’appello di cui hanno chiesto il rigetto.
3.3. Con ordinanza n. 5407 del 26 novembre 2014 è stata accolta la richiesta di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza <<Considerato che l’appello richiede definizione nel merito con approfondita rimeditazione della problematica, e che a tal fine sarà fissata, con decreto presidenziale, udienza di discussione nel tempo ragionevolmente più congruo; Considerata l’opportunità che, nelle more della definizione di merito, la res litigiosa permanga adhuc integra>>.
4. L’ORDINANZA DI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL’ADUNANZA PLENARIA.
4.1. Con ordinanza n. 3269 del 1 luglio 2015, la IV Sezione del Consiglio di Stato:
a) ha ricostruito analiticamente, in chiave storica e sistematica, l’istituto dell’indennità di trasferimento di cui al più volte menzionato art. 1, l. n. 86 del 2001;
b) ha dato atto del contrasto registratosi nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (anche in sede consultiva) e del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, circa la possibilità di considerare sussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’indennità, in presenza di clausole di gradimento accessive al provvedimento di trasferimento (situazione cui ha assimilato quella in cui sia stata presentata una vera e propria domanda di trasferimento);
c) ha manifestato univocamente la preferenza per la tesi – che ha fatto risalire alla decisione della Quarta Sezione n. 5201 del 23 ottobre 2008 – secondo cui <<…..la dichiarazione di gradimento e cioè la dichiarazione di accettazione del trasferimento a domanda impedisce la configurabilità di un trasferimento d’ufficio, in quanto non si è in presenza di una mera dichiarazione di disponibilità al trasferimento; né ha alcun autonomo rilievo la circostanza che con il predetto trasferimento l’Amministrazione ha perseguito un interesse proprio: attivando le procedure di reperimento del personale con la richiesta di espressa disponibilità al trasferimento a domanda, essa ha inteso far coincidere, nel pieno rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità che devono guidare l’azione amministrativa, l’interesse privato con quello pubblico, senza che quest’ultimo in concreto possa considerarsi prevalente…. Collegandosi alle incisive argomentazioni della decisione n. 5201 del 23 ottobre 2008, risulta, ad avviso di questo Collegio, assai difficile negare la sostanziale consensualizzazione del movimento, e che questo quindi non giunga, per dir così "a sorpresa", sebbene in un quadro in cui all'interessato è stato offerto di poter valutare la soluzione preferibile nell'ambito delle sedi viciniori disponibili, e di poter calibrare la sua indicazione in funzione delle sue esigenze di vita, familiare e relazionale.
Non ritiene, invece, il Collegio che possa annettersi alcun rilievo esegetico alla disciplina novativa di cui al comma 1 bis, poiché l'argomento a contrario, in senso proprio e stretto, e quello che equivale al criterio esegetico "ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit", laddove non pare che una norma sopravvenuta che disciplina in modo precipuo una fattispecie, e in quella disciplina esaurisce la sua portata e i suoi effetti, possa avere valore interpretativo retroattivo della fattispecie medesima.
In altri termini, la circostanza che i trasferimenti per soppressione di reparto siano ora collocati fuori dall'ambito applicativo entro il quale opera il riconoscimento del beneficio, non può condurre a sostenere, che invece, per il passato, vi ricadessero, o quantomeno a riconoscere valore risolutivo della questione esegetica, trascurando peraltro la circostanza che la nuova disciplina prescinde affatto da qualsiasi consensualizzazione del movimento.>>;
d) ha sottoposto all’Adunanza planaria la seguente questione ovvero <<se debba riconoscersi l'indennità di cui all'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 al personale ivi contemplato, e nel caso di specie a militari e sottufficiali della Guardia di Finanza, che, in relazione alla soppressione (o dislocamento) del reparto o articolazione organizzativa in cui prestavano servizio, abbiano espresso, comunque, una indicazione preferenziale di gradimento relativa a una sede distante oltre dieci chilometri da quella a quo, cui sia stato dato seguito dall'Amministrazione. Il tutto per le ipotesi non ricadenti sotto la vigenza dell’art. 1 comma 163 L. 24.12.2012 n. 228.>>.
4.2. All’udienza pubblica del 18 novembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. NATURA GIURIDICA E PRESUPPOSTI APPLICATIVI DELL’INDENNITA’ EX ART. 1, L. N. 86 DEL 2001.
5.1. E’ da premettersi che la questione che deve essere affrontata dall’Adunanza plenaria riguarda sotto il profilo soggettivo il personale militare e sotto quello cronologico situazioni ad esaurimento perché, dal 1° gennaio 2013, la soppressione (o la diversa dislocazione) dei reparti (e delle relative articolazioni), cui consegua il trasferimento d’autorità del personale interessato alla movimentazione, ai sensi del menzionato comma 1-bis, in nessun caso può consentire il pagamento di qualsivoglia emolumento (previsto a titolo di rimborso spese o indennità), collegato a tale mutamento di sede di servizio.
5.2. Si riporta per comodità di lettura il più volte menzionato art. 1, l. n. 86 del 2001, rubricato Indennità di trasferimento, nel testo vigente - evidenziando che il comma 1-bis è stato introdotto dall’art. 1, co. 163, della l. n. 228 del 2012, a decorrere dal 1° gennaio 2013 ai sensi del comma 561 del medesimo articolo -: <<1. Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui al Codice dell'ordinamento militare emanato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , e, fatto salvo quanto previsto dall' articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi.
1- bis. L'indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d'autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni.
2. L'indennità di cui al comma 1 è ridotta del 20 per cento per il personale che fruisce nella nuova sede di alloggio gratuito di servizio.
3. Il personale che non fruisce nella nuova sede di alloggio di servizio può optare, in luogo del trattamento di cui al comma 1, per il rimborso del 90 per cento del canone mensile corrisposto per l'alloggio privato fino ad un importo massimo di lire 1.000.000 mensili per un periodo non superiore a trentasei mesi. Al rimborso di cui al presente comma si applica l'articolo 48, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.>>.
5.3. La tesi propugnata dall’Amministrazione e fatta propria dall’ordinanza di rimessione - secondo cui anche prima dell’entrata in vigore della novella al più volte menzionato art. 1, l. n. 86 cit., la mobilità del personale militare dovuta alla soppressione (ovvero alla diversa dislocazione) del reparto di appartenenza se conseguente a domande di trasferimento o clausole di gradimento accessive al provvedimento di trasferimento non integra il presupposto del trasferimento d’autorità richiesto dalla legge – è suffragata da una parte della giurisprudenza della Quarta, della Prima e della Seconda Sezione del Consiglio di Stato (cfr. da ultimo Sez. IV, n. 3835 del 28 giugno 2012; Sez. I, n. 1290 del 14 marzo 2013; Sez. II, n. 4407 del 25 ottobre 2013), e si basa, in sintesi, oltre che sugli argomenti utilizzati dall’ordinanza di rimessione (retro § 4.1.), sulle ulteriori rationes decidendi, di seguito sintetizzate:
a) la clausola di gradimento si risolve in una formale manifestazione di acquiescenza al provvedimento di trasferimento con tutte le relative conseguenze di carattere economico;
b) la presentazione dell’istanza di trasferimento nella sede prescelta, a seguito della soppressione del reparto di appartenenza, interrompe il nesso di causalità fra la scelta organizzativa dell’Amministrazione e il successivo movimento del militare interessato;
c) la soppressione del reparto sostituito con un altro non dà luogo ad un vero e proprio trasferimento d’autorità (che presuppone la permanenza della sede a quo), ma ad un fenomeno di c.d. riorganizzazione necessitata.
5.4. Tale tesi non può trovare accoglimento alla stregua delle seguenti considerazioni.
5.4.1. Storicamente, l’esigenza di sovvenire ai disagi personali e familiari legati ai trasferimenti di sede di speciali categorie di personale statale (fisiologicamente destinato a frequenti avvicendamenti) e, in particolare, del personale militare – in relazione al quale il trasferimento d’autorità, assumendo la veste di un vero e proprio ordine militare (ex art. 976 d.lgs. n. 66 del 15 marzo 2010, codice dell’ordinamento militare, che ha positivizzato il diritto vivente), finisce per accentuarne l’onerosità quantomeno sotto il profilo giuridico - ha costituito il presupposto di numerose interventi normativi ad hoc, l’ultimo dei quali, per rilevanza sistematica, è rappresentato dalla l. n. 86 del 2001 cit., che, in parte qua, ha sostituito la disciplina recata dall’art. 1, l. n. 100 del 10 marzo 1987.
Circa la natura giuridica, l’oggetto, i presupposti e gli effetti innovativi dettati dalla l. n. 86 cit., si rinvia ai principi enucleati dall’Adunanza plenaria n. 23 del 14 dicembre 2011, senza tralasciare di osservare, specie in relazione a quanto si dirà nel successivo § 5.4.4., che tale sentenza ha evidenziato come il trend normativo, in modo innovativo, è nel senso di restringere <<…il raggio operativo del beneficio dell’indennità di trasferimento>>.
Sintetizzando le condivisibili conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza di questo Consiglio in ordine all’indennità di cui alla l. n. 86 cit. (che pure si pone, per molti aspetti, in continuità con quella di cui alla l. n. 100 del 1987 ), si osserva quanto segue:
a) gli elementi costitutivi del diritto di credito alla corresponsione della indennità di trasferimento sono: I) un provvedimento di trasferimento d’ufficio; II) una distanza fra la vecchia e la nuova sede di oltre 10 chilometri; III) l’ubicazione della nuova sede in un comune diverso;
b) è qualificabile come d’ufficio il trasferimento diretto a soddisfare in via primaria l’interesse pubblico, da ritenersi prioritario nei casi di assegnazione di funzioni superiori o spiccatamente diverse o di maggiore responsabilità rispetto a quelle precedentemente ricoperte senza che rilevino le eventuali dichiarazioni di assenso o di disponibilità dell’interessato; la considerazione del requisito della permanenza del disagio arrecato dal nuovo incarico a causa del mutamento, in senso proprio, della sede di servizio, induce ad escludere, in linea generale, che in caso di comando o distacco possa essere attribuita l’indennità con la conseguenza che la destinazione alla prima sede di servizio al termine della stessa fase addestrativa non costituisce trasferimento d’autorità (come risulta oggi esplicitato dall’art. 976, co.1, cod. ord. mil.);
c) in linea generale, e salve le specifiche deroghe normative, l’indennità di trasferimento mutua lo stesso regime giuridico dell’indennità di missione; da qui gli ulteriori conseguenti corollari: I) la decorrenza retroattiva delle promozioni, eventualmente conseguite dal personale destinatario dell’indennità, non comporta l’attribuzione ex novo del compenso ovvero il ricalcolo per i periodi già decorsi alla data del decreto di promozione (ex art. 4, l. n. 836 del 1973); II) non spetta il beneficio in ogni caso di assegnazione solo temporanea ad altra sede di servizio (ad esempio in caso di assegnazione ad una diversa sede per facilitare l’esercizio del mandato elettorale), ovvero, atteso il carattere novativo del rapporto, nel caso di superamento di concorso pubblico con il conferimento di posti di ruolo non rientranti nella quota riservata al personale militare già in servizio;
d) anche nella vigenza della l. n. 100 del 1987, il trasferimento del militare ad altra sede, disposto a seguito della soppressione dell’ente o della struttura alla quale il suddetto dipendente era originariamente assegnato, si qualificava necessariamente come trasferimento d’ufficio in quanto palesemente preordinato alla soluzione di un problema insorto a seguito di una scelta organizzativa della stessa Amministrazione e, quindi, alla tutela di un pubblico interesse, risultando ininfluente la circostanza che gli interessati fossero stati invitati a presentare istanza di trasferimento e che agli stessi fosse stata contestualmente offerta la possibilità d’indicare, per altro entro ben definiti ambiti territoriali, le nuove sedi di gradimento (Cons. Stato, Sez. IV, 12 luglio 2007, n. 3964; successivamente, nello stesso senso, Cons. gist. amm., 18 giugno 2014, n. 333).
5.4.2. Seguendo un approccio sostanziale all’interpretazione della disciplina di riferimento, assume un valore decisivo la circostanza che il mutamento di sede origina da una scelta esclusiva dell’Amministrazione militare che, per la miglior cura dell’interesse pubblico, decide di sopprimere un reparto (o una sua articolazione) obbligando inderogabilmente i militari di stanza a trasferirsi presso la nuova sede, ubicata in un altro luogo, onde prestare il proprio servizio.
Viene integrato, dunque, il primo indefettibile presupposto divisato dalla legge quale elemento costitutivo del diritto di credito alla corresponsione della relativa indennità di trasferimento e, al contempo, si disvela la natura e la portata della clausola di gradimento che ad esso eventualmente accede (ovvero dell’istanza di trasferimento sollecitata in conseguenza della soppressione del reparto di appartenenza del richiedente).
Tale clausola, infatti, incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost. (sin da Ad. plen., 20 novembre 1972, n. 12; successivamente e da ultimo, cfr. Cons. giust. amm., 28 gennaio 2015, n. 75; Cons. Stato, Sez. IV, 17 febbraio 2014, n. 74); in sintesi: condotta (espressa o tacita) univoca sulla irrefutabile volontà di accettare gli effetti e l’operatività del provvedimento; volizione libera, successiva o contestuale all’emanazione del provvedimento astrattamente lesivo; irrilevanza della contingente tolleranza manifestata anche attraverso il compimento di attività necessarie per fronteggiare gli effetti del provvedimento lesivo in una logica soggettiva di riduzione del pregiudizio.
L’acquiescenza rende dunque irretrattabile l’individuazione della sede prescelta rendendo inammissibili, per carenza di interesse ad agire, le eventuali iniziative contenziose intraprese dal militare che subisce il trasferimento, ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti; certamente anche il diritto di credito in questione può essere oggetto di rinuncia (rectius rimessione del debito nel linguaggio dell’art. 1236 c.c.), ma al verificarsi di tutte le condizioni previste dalla richiamata disposizione che sono diverse e non sovrapponibili rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie dell’acquiescenza, non fosse altro che per la diversa indole della situazione soggettiva coinvolta (diritto soggettivo in relazione alla spettanza dell’indennità, interesse legittimo in relazione all’esercizio del potere organizzatorio e gerarchico da parte dell’Autorità militare).
5.4.3. Anche il precedente valorizzato nell’ordinanza di rimessione (Cons. Stato, Sez. IV, n. 5201 del 2008, capostipite di una lunga serie di analoghe sentenze), non ha mai affermato che le clausole di gradimento accessive ad ordini di trasferimento consensualizzino l’ordine militare nell’ipotesi di soppressione delle sedi a quo; tale precedente, invero, conformemente all’indirizzo esegetico assolutamente prevalente formatosi sotto l’egida della abrogata l. n. 100 del 1987, ha correttamente ritenuto che non si dovesse consentire l’erogazione della pertinente indennità a seguito di un trasferimento d’autorità (cui accedeva una clausola di gradimento della nuova sede), disposto in relazione ad un normale movimento di personale militare della G. di f. (nella specie il militare ricorrente era stato trasferito dal Comando regionale di Catanzaro al Comando di Compagnia di Catanzaro, sezione di Sellia Marina ubicata nell’omonimo comune); tanto nel decisivo presupposto che, in questo caso, non fosse rinvenibile un reale interesse pubblico (prevalente rispetto a quello del militare) al mutamento di sede, perché <<…sarebbe stato possibile per l’interessato, negare il gradimento e rinunciare al trasferimento presso il Comando Compagnia di Catanzaro, sez. operativa di Sellia Marina>>.
Detto altrimenti, il Consiglio di Stato ha inteso evitare un ingiustificato esborso erariale in presenza di un trasferimento che, formalmente emanato come ordine militare, nella sostanza dissimulava un trasferimento a domanda; evenienza questa che non può mai verificarsi nel caso di soppressione del reparto (o diversa dislocazione delle sue articolazioni), perché il militare è, per forza di cose, obbligato ad abbandonare la precedente sede di servizio che non esiste più.
5.4.4. La norma introdotta dal più volte menzionato comma 1-bis non ha natura di interpretazione autentica (già in questo senso cfr. l’indirizzo inaugurato da Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; successivamente, Sez. VI, 12 novembre 2014, n. 5553; Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2088).
Una siffatta conclusione si impone perché non si rinvengono tutti gli indici rivelatori di tale peculiare categoria di norme, elaborati dalla consolidata giurisprudenza costituzionale, europea ed amministrativa (cfr., da ultimo e fra le tante, Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. II, 7 giugno 2011, Agrati; Corte cost., 11 giugno 2010, n. 209; 6 dicembre 2004, n. 376; Cons. St., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9; 24 maggio 2011, n. 9).
In particolare, pur verificatosi il presupposto dell’incertezza applicativa della norma antecedente quella asseritamente di interpretazione autentica - ancorché si registri la presenza di un indirizzo largamente maggioritario in favore della tesi sostenuta dagli odierni appellati - difetta non solo il (pur non vincolante per l’interprete) requisito formale dato dalla auto qualificazione della norma come di interpretazione autentica, ma soprattutto, non si riscontra l’effetto tipico insito in tutte le norme di interpretazione autentica, ovvero l’incidere su rapporti pendenti.
Sul punto è dirimente quanto stabilito dai commi 163 e 561 del più volte menzionato art. 1, l. n. 228 cit., secondo cui la nuova più restrittiva disciplina trova applicazione a partire dal 1 gennaio 2013 e dunque si rende applicabile ai soli movimenti di personale successivi a tale data, in base ad un’esegesi improntata al principio generalissimo, codificato dall’art. 11 disp. prel. c.c., secondo cui <<la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo>>; il ché significa, in applicazione del corollario applicativo tempus regit actum, che deve escludersi in radice ogni possibilità di applicazione della innovativa disposizione ai provvedimenti che (come quelli oggetto del presente giudizio) dispongono il trasferimento del militare con decorrenza antecedente all’entrata in vigore del più volte menzionato comma 1-bis.
Rafforza tale conclusione anche il dato sistematico enucleabile dal raffronto del comma 1-bis, con l’art. 3, co., 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350 – secondo cui <<74. L'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede.>>- perché emerge con immediatezza che quando la legge ha voluto dettare una norma di interpretazione autentica, in materia di indennità di trasferimento con finalità di contenimento della spesa e risoluzione dei contrasti giurisprudenziali, ha utilizzato le consuete clausole normative tradizionalmente impiegate al perseguimento di tali obbiettivi.
Una volta assodata la portata non retroattiva della nuova disciplina, è consequenziale ritenere, analizzando in chiave storica l’evoluzione della legge sul punto controverso, che assume rilievo il criterio esegetico fondato sul c.d. argumentum a contrario: la nuova norma presuppone logicamente che la pregressa disciplina abbia attribuito, in caso di soppressione del reparto di appartenenza e nel concorso di tutti gli altri presupposti di legge, l’indennità di trasferimento anche al militare che avesse espresso il gradimento circa la nuova sede di servizio in quanto privo di alternativa alla movimentazione (non esistendo più la pregressa sede di servizio) ed astretto al dovere di obbedienza.
6. LA FORMULAZIONE DEL PRINCIPIO DI DIRITTO E LA DECISIONE DELLA CAUSA.
6.1. Alla stregua delle su esposte argomentazioni, l’Adunanza plenaria formula il seguente principio di diritto: <<Prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti>>.
6.2. Ai sensi dell’art. 99, co. 1. e 4, c.p.a., l’Adunanza plenaria decide l’intera controversia alla stregua del principio di diritto formulato e, conseguentemente, respinge l’appello proposto dall’Amministrazione non essendo stata contestata (e non essendo contestabile sulla scorta della documentazione versata in atti), nel particolare caso di specie, la sussistenza degli altri presupposti individuati dall’art. 1, l. n. 86 del 2001 per il sorgere del diritto di credito all’indennità ivi prevista.
6.3. Nei mutamenti e contrasti giurisprudenziali registratisi sulla questione sottoposta all’Adunanza plenaria, il Collegio ravvisa le eccezionali ragioni che, a mente del combinato disposto degli artt. 26, co.1, c.p.a. e 92, co. 2, c.p.c., consentono di compensare integralmente fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma l’impugnata sentenza.
Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2016
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
Per l'Amministrazione non è andata bene.
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Adunanza Plenaria del CdS n.1/2016
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE P ,numero provv.: 201600001 -
N. 00001/2016REG.PROV.COLL.
N. 00008/2015 REG.RIC.A.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8 di A.P. del 2015, proposto dal Ministero dell'economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
contro
i signori L. G., D. D., G. F., G. C., G. R., N. M., A. R., M. C., tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Aldo Travi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabrizio Ravidà in Roma, via Attilio Bertoloni n. 44/46;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Lombardia – Milano - Sezione I, n. 569 del 28 febbraio 2014.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori L. G., D. D., G. F., G. C., G. R., N. M., A. R., M. C.;
Viste le memorie difensive depositate dall’Amministrazione e dagli intimati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2015 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Aldo Travi (in sede di chiamata preliminare) e Maurizio Greco (per l’Avvocatura generale dello Stato);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’ OGGETTO DEL PRESENTE GIUDIZIO.
1.1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di corresponsione dell’indennità di trasferimento, prevista dall’art. 1, legge n. 86 del 29 marzo 2001, proposta da alcuni militari appartenenti al Corpo della Guardia di finanza.
1.2. Più in dettaglio, giova evidenziare in fatto che:
a) nell’ambito di una più vasta manovra di revisione dell’organizzazione territoriale del Corpo della Guardia di finanza, il Comandante generale del Corpo ha soppresso la Tenenza ubicata nel Comune di Sesto Calende (in provincia di Varese) con decorrenza 1° agosto 2011 (cfr. determinazione 15 giugno 2011);
b) con nota del Comando regionale Lombardia in data 22 giugno 2011, i militari in servizio presso la Tenenza di Sesto Calende sono stati invitati a proporre domanda di trasferimento presso altri reparti ubicati all’interno della circoscrizione territoriale ricompresa nel Comando interregionale dell’Italia Nord-occidentale con la previsione dell’assegnazione alla sede prescelta anche in soprannumero;
c) i signori L. G., D. D., G. F., G. C., G. R., N. M. e A. R., hanno indicato quale nuova sede di servizio la Compagnia di Gallarate, mentre il signor M. C. ha indicato il Gruppo della G.d.f. di Malpensa (cfr. le corrispondenti otto istanze di trasferimento a domanda, tutte datate 13 luglio 2011, ed espressamente motivate, conformemente alla modulistica di riferimento, in relazione alla soppressione della Tenenza di Sesto Calende);
d) con determinazioni del Comando regionale Lombardia, tutte datate 21 luglio 2011, i su menzionati militari sono stati trasferiti a domanda nelle sedi prescelte.
2. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO.
2.1. Ricusata dall’Amministrazione la richiesta stragiudiziale di corresponsione dell’indennità di trasferimento ex art. 1, l. n. 86 del 2001, gli istanti hanno proposto ricorso davanti al T.a.r. per la Lombardia – allibrato al nrg. 2646 del 2012 - per l’accertamento del relativo diritto e la condanna al pagamento della sorte capitale maggiorata dagli interessi legali dalla data del trasferimento e sino all’effettivo soddisfo.
2.2 Radicatosi il contraddittorio, l’impugnata sentenza - T.a.r. per la Lombardia – Milano - Sezione I, n. 569 del 28 febbraio 2014 -:
a) ha ritenuto che il movimento di personale in questione, poiché disposto nell’interesse dell’Amministrazione, fosse da sussumersi nel genus del trasferimento d’ufficio e sotto tale angolazione perdesse rilevanza la presentazione di una domanda di assegnazione alla sede prescelta da parte di ciascuno dei militari ricorrenti perché comunque costretti ad abbandonare l’originaria sede di servizio;
b) ha considerato non retroattiva, e quindi ininfluente, la norma sopravvenuta nel corso del giudizio - sancita dall’art. 1, co. 163, legge n. 228 del 24 dicembre 2012 che ha introdotto nel corpo dell’art. 1, l. n. 86 del 2001, il comma 1-bis - in forza della quale è vietato corrispondere l’indennità in questione ai militari trasferiti ad altra sede di servizio a seguito della soppressione del reparto di appartenenza;
c) ha condannato l’Amministrazione al pagamento della sorte capitale maggiorata degli interessi legali;
d) ha respinto la richiesta di rivalutazione monetaria delle somme dovute (tale capo non è stato impugnato);
e) ha compensato fra le parti le spese di lite.
3. IL GIUDIZIO DI APPELLO DAVANTI ALLA IV SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO.
3.1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il Ministero dell'economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza – ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza articolando due connessi motivi di gravame:
a) con il primo (pagine 3 – 7 del ricorso), è stata lamentata la violazione e falsa applicazione della legge n. 86 del 2001 nonché l’erronea valutazione degli atti di causa; in particolare, richiamata la disciplina dei trasferimenti (d’autorità e a domanda) e la novella introdotta dall'art. 1, co. 163 della l. n. 228 del 2012, ed evidenziato il suo carattere innovativo e non interpretativo, si nega che il criterio ermeneutico dell’argumentum a contrario possa comportare il riconoscimento legale del diritto all’indennità, in caso di trasferimenti conseguenti a soppressione di reparti o articolazioni, per il periodo precedente e secondo la disciplina ante vigente al 1° gennaio 2013;
b) con il secondo motivo (pagine 7 – 12), è stata messa in luce la rilevanza della dichiarazione di gradimento nell'ipotesi di trasferimento conseguente alla soppressione del reparto; secondo l’Amministrazione militare, la presentazione di istanza, contenente comunque una opzione preferenziale di gradimento per una sede, esclude in radice, secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali, la configurabilità di un trasferimento d’autorità.
3.2. Si sono costituiti in giudizio gli intimati confutando, con dovizia di argomenti ma nel rispetto del dovere di sinteticità, la fondatezza dell’appello di cui hanno chiesto il rigetto.
3.3. Con ordinanza n. 5407 del 26 novembre 2014 è stata accolta la richiesta di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza <<Considerato che l’appello richiede definizione nel merito con approfondita rimeditazione della problematica, e che a tal fine sarà fissata, con decreto presidenziale, udienza di discussione nel tempo ragionevolmente più congruo; Considerata l’opportunità che, nelle more della definizione di merito, la res litigiosa permanga adhuc integra>>.
4. L’ORDINANZA DI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL’ADUNANZA PLENARIA.
4.1. Con ordinanza n. 3269 del 1 luglio 2015, la IV Sezione del Consiglio di Stato:
a) ha ricostruito analiticamente, in chiave storica e sistematica, l’istituto dell’indennità di trasferimento di cui al più volte menzionato art. 1, l. n. 86 del 2001;
b) ha dato atto del contrasto registratosi nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (anche in sede consultiva) e del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, circa la possibilità di considerare sussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’indennità, in presenza di clausole di gradimento accessive al provvedimento di trasferimento (situazione cui ha assimilato quella in cui sia stata presentata una vera e propria domanda di trasferimento);
c) ha manifestato univocamente la preferenza per la tesi – che ha fatto risalire alla decisione della Quarta Sezione n. 5201 del 23 ottobre 2008 – secondo cui <<…..la dichiarazione di gradimento e cioè la dichiarazione di accettazione del trasferimento a domanda impedisce la configurabilità di un trasferimento d’ufficio, in quanto non si è in presenza di una mera dichiarazione di disponibilità al trasferimento; né ha alcun autonomo rilievo la circostanza che con il predetto trasferimento l’Amministrazione ha perseguito un interesse proprio: attivando le procedure di reperimento del personale con la richiesta di espressa disponibilità al trasferimento a domanda, essa ha inteso far coincidere, nel pieno rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità che devono guidare l’azione amministrativa, l’interesse privato con quello pubblico, senza che quest’ultimo in concreto possa considerarsi prevalente…. Collegandosi alle incisive argomentazioni della decisione n. 5201 del 23 ottobre 2008, risulta, ad avviso di questo Collegio, assai difficile negare la sostanziale consensualizzazione del movimento, e che questo quindi non giunga, per dir così "a sorpresa", sebbene in un quadro in cui all'interessato è stato offerto di poter valutare la soluzione preferibile nell'ambito delle sedi viciniori disponibili, e di poter calibrare la sua indicazione in funzione delle sue esigenze di vita, familiare e relazionale.
Non ritiene, invece, il Collegio che possa annettersi alcun rilievo esegetico alla disciplina novativa di cui al comma 1 bis, poiché l'argomento a contrario, in senso proprio e stretto, e quello che equivale al criterio esegetico "ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit", laddove non pare che una norma sopravvenuta che disciplina in modo precipuo una fattispecie, e in quella disciplina esaurisce la sua portata e i suoi effetti, possa avere valore interpretativo retroattivo della fattispecie medesima.
In altri termini, la circostanza che i trasferimenti per soppressione di reparto siano ora collocati fuori dall'ambito applicativo entro il quale opera il riconoscimento del beneficio, non può condurre a sostenere, che invece, per il passato, vi ricadessero, o quantomeno a riconoscere valore risolutivo della questione esegetica, trascurando peraltro la circostanza che la nuova disciplina prescinde affatto da qualsiasi consensualizzazione del movimento.>>;
d) ha sottoposto all’Adunanza planaria la seguente questione ovvero <<se debba riconoscersi l'indennità di cui all'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 al personale ivi contemplato, e nel caso di specie a militari e sottufficiali della Guardia di Finanza, che, in relazione alla soppressione (o dislocamento) del reparto o articolazione organizzativa in cui prestavano servizio, abbiano espresso, comunque, una indicazione preferenziale di gradimento relativa a una sede distante oltre dieci chilometri da quella a quo, cui sia stato dato seguito dall'Amministrazione. Il tutto per le ipotesi non ricadenti sotto la vigenza dell’art. 1 comma 163 L. 24.12.2012 n. 228.>>.
4.2. All’udienza pubblica del 18 novembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. NATURA GIURIDICA E PRESUPPOSTI APPLICATIVI DELL’INDENNITA’ EX ART. 1, L. N. 86 DEL 2001.
5.1. E’ da premettersi che la questione che deve essere affrontata dall’Adunanza plenaria riguarda sotto il profilo soggettivo il personale militare e sotto quello cronologico situazioni ad esaurimento perché, dal 1° gennaio 2013, la soppressione (o la diversa dislocazione) dei reparti (e delle relative articolazioni), cui consegua il trasferimento d’autorità del personale interessato alla movimentazione, ai sensi del menzionato comma 1-bis, in nessun caso può consentire il pagamento di qualsivoglia emolumento (previsto a titolo di rimborso spese o indennità), collegato a tale mutamento di sede di servizio.
5.2. Si riporta per comodità di lettura il più volte menzionato art. 1, l. n. 86 del 2001, rubricato Indennità di trasferimento, nel testo vigente - evidenziando che il comma 1-bis è stato introdotto dall’art. 1, co. 163, della l. n. 228 del 2012, a decorrere dal 1° gennaio 2013 ai sensi del comma 561 del medesimo articolo -: <<1. Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui al Codice dell'ordinamento militare emanato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , e, fatto salvo quanto previsto dall' articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi.
1- bis. L'indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d'autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni.
2. L'indennità di cui al comma 1 è ridotta del 20 per cento per il personale che fruisce nella nuova sede di alloggio gratuito di servizio.
3. Il personale che non fruisce nella nuova sede di alloggio di servizio può optare, in luogo del trattamento di cui al comma 1, per il rimborso del 90 per cento del canone mensile corrisposto per l'alloggio privato fino ad un importo massimo di lire 1.000.000 mensili per un periodo non superiore a trentasei mesi. Al rimborso di cui al presente comma si applica l'articolo 48, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.>>.
5.3. La tesi propugnata dall’Amministrazione e fatta propria dall’ordinanza di rimessione - secondo cui anche prima dell’entrata in vigore della novella al più volte menzionato art. 1, l. n. 86 cit., la mobilità del personale militare dovuta alla soppressione (ovvero alla diversa dislocazione) del reparto di appartenenza se conseguente a domande di trasferimento o clausole di gradimento accessive al provvedimento di trasferimento non integra il presupposto del trasferimento d’autorità richiesto dalla legge – è suffragata da una parte della giurisprudenza della Quarta, della Prima e della Seconda Sezione del Consiglio di Stato (cfr. da ultimo Sez. IV, n. 3835 del 28 giugno 2012; Sez. I, n. 1290 del 14 marzo 2013; Sez. II, n. 4407 del 25 ottobre 2013), e si basa, in sintesi, oltre che sugli argomenti utilizzati dall’ordinanza di rimessione (retro § 4.1.), sulle ulteriori rationes decidendi, di seguito sintetizzate:
a) la clausola di gradimento si risolve in una formale manifestazione di acquiescenza al provvedimento di trasferimento con tutte le relative conseguenze di carattere economico;
b) la presentazione dell’istanza di trasferimento nella sede prescelta, a seguito della soppressione del reparto di appartenenza, interrompe il nesso di causalità fra la scelta organizzativa dell’Amministrazione e il successivo movimento del militare interessato;
c) la soppressione del reparto sostituito con un altro non dà luogo ad un vero e proprio trasferimento d’autorità (che presuppone la permanenza della sede a quo), ma ad un fenomeno di c.d. riorganizzazione necessitata.
5.4. Tale tesi non può trovare accoglimento alla stregua delle seguenti considerazioni.
5.4.1. Storicamente, l’esigenza di sovvenire ai disagi personali e familiari legati ai trasferimenti di sede di speciali categorie di personale statale (fisiologicamente destinato a frequenti avvicendamenti) e, in particolare, del personale militare – in relazione al quale il trasferimento d’autorità, assumendo la veste di un vero e proprio ordine militare (ex art. 976 d.lgs. n. 66 del 15 marzo 2010, codice dell’ordinamento militare, che ha positivizzato il diritto vivente), finisce per accentuarne l’onerosità quantomeno sotto il profilo giuridico - ha costituito il presupposto di numerose interventi normativi ad hoc, l’ultimo dei quali, per rilevanza sistematica, è rappresentato dalla l. n. 86 del 2001 cit., che, in parte qua, ha sostituito la disciplina recata dall’art. 1, l. n. 100 del 10 marzo 1987.
Circa la natura giuridica, l’oggetto, i presupposti e gli effetti innovativi dettati dalla l. n. 86 cit., si rinvia ai principi enucleati dall’Adunanza plenaria n. 23 del 14 dicembre 2011, senza tralasciare di osservare, specie in relazione a quanto si dirà nel successivo § 5.4.4., che tale sentenza ha evidenziato come il trend normativo, in modo innovativo, è nel senso di restringere <<…il raggio operativo del beneficio dell’indennità di trasferimento>>.
Sintetizzando le condivisibili conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza di questo Consiglio in ordine all’indennità di cui alla l. n. 86 cit. (che pure si pone, per molti aspetti, in continuità con quella di cui alla l. n. 100 del 1987 ), si osserva quanto segue:
a) gli elementi costitutivi del diritto di credito alla corresponsione della indennità di trasferimento sono: I) un provvedimento di trasferimento d’ufficio; II) una distanza fra la vecchia e la nuova sede di oltre 10 chilometri; III) l’ubicazione della nuova sede in un comune diverso;
b) è qualificabile come d’ufficio il trasferimento diretto a soddisfare in via primaria l’interesse pubblico, da ritenersi prioritario nei casi di assegnazione di funzioni superiori o spiccatamente diverse o di maggiore responsabilità rispetto a quelle precedentemente ricoperte senza che rilevino le eventuali dichiarazioni di assenso o di disponibilità dell’interessato; la considerazione del requisito della permanenza del disagio arrecato dal nuovo incarico a causa del mutamento, in senso proprio, della sede di servizio, induce ad escludere, in linea generale, che in caso di comando o distacco possa essere attribuita l’indennità con la conseguenza che la destinazione alla prima sede di servizio al termine della stessa fase addestrativa non costituisce trasferimento d’autorità (come risulta oggi esplicitato dall’art. 976, co.1, cod. ord. mil.);
c) in linea generale, e salve le specifiche deroghe normative, l’indennità di trasferimento mutua lo stesso regime giuridico dell’indennità di missione; da qui gli ulteriori conseguenti corollari: I) la decorrenza retroattiva delle promozioni, eventualmente conseguite dal personale destinatario dell’indennità, non comporta l’attribuzione ex novo del compenso ovvero il ricalcolo per i periodi già decorsi alla data del decreto di promozione (ex art. 4, l. n. 836 del 1973); II) non spetta il beneficio in ogni caso di assegnazione solo temporanea ad altra sede di servizio (ad esempio in caso di assegnazione ad una diversa sede per facilitare l’esercizio del mandato elettorale), ovvero, atteso il carattere novativo del rapporto, nel caso di superamento di concorso pubblico con il conferimento di posti di ruolo non rientranti nella quota riservata al personale militare già in servizio;
d) anche nella vigenza della l. n. 100 del 1987, il trasferimento del militare ad altra sede, disposto a seguito della soppressione dell’ente o della struttura alla quale il suddetto dipendente era originariamente assegnato, si qualificava necessariamente come trasferimento d’ufficio in quanto palesemente preordinato alla soluzione di un problema insorto a seguito di una scelta organizzativa della stessa Amministrazione e, quindi, alla tutela di un pubblico interesse, risultando ininfluente la circostanza che gli interessati fossero stati invitati a presentare istanza di trasferimento e che agli stessi fosse stata contestualmente offerta la possibilità d’indicare, per altro entro ben definiti ambiti territoriali, le nuove sedi di gradimento (Cons. Stato, Sez. IV, 12 luglio 2007, n. 3964; successivamente, nello stesso senso, Cons. gist. amm., 18 giugno 2014, n. 333).
5.4.2. Seguendo un approccio sostanziale all’interpretazione della disciplina di riferimento, assume un valore decisivo la circostanza che il mutamento di sede origina da una scelta esclusiva dell’Amministrazione militare che, per la miglior cura dell’interesse pubblico, decide di sopprimere un reparto (o una sua articolazione) obbligando inderogabilmente i militari di stanza a trasferirsi presso la nuova sede, ubicata in un altro luogo, onde prestare il proprio servizio.
Viene integrato, dunque, il primo indefettibile presupposto divisato dalla legge quale elemento costitutivo del diritto di credito alla corresponsione della relativa indennità di trasferimento e, al contempo, si disvela la natura e la portata della clausola di gradimento che ad esso eventualmente accede (ovvero dell’istanza di trasferimento sollecitata in conseguenza della soppressione del reparto di appartenenza del richiedente).
Tale clausola, infatti, incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost. (sin da Ad. plen., 20 novembre 1972, n. 12; successivamente e da ultimo, cfr. Cons. giust. amm., 28 gennaio 2015, n. 75; Cons. Stato, Sez. IV, 17 febbraio 2014, n. 74); in sintesi: condotta (espressa o tacita) univoca sulla irrefutabile volontà di accettare gli effetti e l’operatività del provvedimento; volizione libera, successiva o contestuale all’emanazione del provvedimento astrattamente lesivo; irrilevanza della contingente tolleranza manifestata anche attraverso il compimento di attività necessarie per fronteggiare gli effetti del provvedimento lesivo in una logica soggettiva di riduzione del pregiudizio.
L’acquiescenza rende dunque irretrattabile l’individuazione della sede prescelta rendendo inammissibili, per carenza di interesse ad agire, le eventuali iniziative contenziose intraprese dal militare che subisce il trasferimento, ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti; certamente anche il diritto di credito in questione può essere oggetto di rinuncia (rectius rimessione del debito nel linguaggio dell’art. 1236 c.c.), ma al verificarsi di tutte le condizioni previste dalla richiamata disposizione che sono diverse e non sovrapponibili rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie dell’acquiescenza, non fosse altro che per la diversa indole della situazione soggettiva coinvolta (diritto soggettivo in relazione alla spettanza dell’indennità, interesse legittimo in relazione all’esercizio del potere organizzatorio e gerarchico da parte dell’Autorità militare).
5.4.3. Anche il precedente valorizzato nell’ordinanza di rimessione (Cons. Stato, Sez. IV, n. 5201 del 2008, capostipite di una lunga serie di analoghe sentenze), non ha mai affermato che le clausole di gradimento accessive ad ordini di trasferimento consensualizzino l’ordine militare nell’ipotesi di soppressione delle sedi a quo; tale precedente, invero, conformemente all’indirizzo esegetico assolutamente prevalente formatosi sotto l’egida della abrogata l. n. 100 del 1987, ha correttamente ritenuto che non si dovesse consentire l’erogazione della pertinente indennità a seguito di un trasferimento d’autorità (cui accedeva una clausola di gradimento della nuova sede), disposto in relazione ad un normale movimento di personale militare della G. di f. (nella specie il militare ricorrente era stato trasferito dal Comando regionale di Catanzaro al Comando di Compagnia di Catanzaro, sezione di Sellia Marina ubicata nell’omonimo comune); tanto nel decisivo presupposto che, in questo caso, non fosse rinvenibile un reale interesse pubblico (prevalente rispetto a quello del militare) al mutamento di sede, perché <<…sarebbe stato possibile per l’interessato, negare il gradimento e rinunciare al trasferimento presso il Comando Compagnia di Catanzaro, sez. operativa di Sellia Marina>>.
Detto altrimenti, il Consiglio di Stato ha inteso evitare un ingiustificato esborso erariale in presenza di un trasferimento che, formalmente emanato come ordine militare, nella sostanza dissimulava un trasferimento a domanda; evenienza questa che non può mai verificarsi nel caso di soppressione del reparto (o diversa dislocazione delle sue articolazioni), perché il militare è, per forza di cose, obbligato ad abbandonare la precedente sede di servizio che non esiste più.
5.4.4. La norma introdotta dal più volte menzionato comma 1-bis non ha natura di interpretazione autentica (già in questo senso cfr. l’indirizzo inaugurato da Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; successivamente, Sez. VI, 12 novembre 2014, n. 5553; Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2088).
Una siffatta conclusione si impone perché non si rinvengono tutti gli indici rivelatori di tale peculiare categoria di norme, elaborati dalla consolidata giurisprudenza costituzionale, europea ed amministrativa (cfr., da ultimo e fra le tante, Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. II, 7 giugno 2011, Agrati; Corte cost., 11 giugno 2010, n. 209; 6 dicembre 2004, n. 376; Cons. St., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9; 24 maggio 2011, n. 9).
In particolare, pur verificatosi il presupposto dell’incertezza applicativa della norma antecedente quella asseritamente di interpretazione autentica - ancorché si registri la presenza di un indirizzo largamente maggioritario in favore della tesi sostenuta dagli odierni appellati - difetta non solo il (pur non vincolante per l’interprete) requisito formale dato dalla auto qualificazione della norma come di interpretazione autentica, ma soprattutto, non si riscontra l’effetto tipico insito in tutte le norme di interpretazione autentica, ovvero l’incidere su rapporti pendenti.
Sul punto è dirimente quanto stabilito dai commi 163 e 561 del più volte menzionato art. 1, l. n. 228 cit., secondo cui la nuova più restrittiva disciplina trova applicazione a partire dal 1 gennaio 2013 e dunque si rende applicabile ai soli movimenti di personale successivi a tale data, in base ad un’esegesi improntata al principio generalissimo, codificato dall’art. 11 disp. prel. c.c., secondo cui <<la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo>>; il ché significa, in applicazione del corollario applicativo tempus regit actum, che deve escludersi in radice ogni possibilità di applicazione della innovativa disposizione ai provvedimenti che (come quelli oggetto del presente giudizio) dispongono il trasferimento del militare con decorrenza antecedente all’entrata in vigore del più volte menzionato comma 1-bis.
Rafforza tale conclusione anche il dato sistematico enucleabile dal raffronto del comma 1-bis, con l’art. 3, co., 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350 – secondo cui <<74. L'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede.>>- perché emerge con immediatezza che quando la legge ha voluto dettare una norma di interpretazione autentica, in materia di indennità di trasferimento con finalità di contenimento della spesa e risoluzione dei contrasti giurisprudenziali, ha utilizzato le consuete clausole normative tradizionalmente impiegate al perseguimento di tali obbiettivi.
Una volta assodata la portata non retroattiva della nuova disciplina, è consequenziale ritenere, analizzando in chiave storica l’evoluzione della legge sul punto controverso, che assume rilievo il criterio esegetico fondato sul c.d. argumentum a contrario: la nuova norma presuppone logicamente che la pregressa disciplina abbia attribuito, in caso di soppressione del reparto di appartenenza e nel concorso di tutti gli altri presupposti di legge, l’indennità di trasferimento anche al militare che avesse espresso il gradimento circa la nuova sede di servizio in quanto privo di alternativa alla movimentazione (non esistendo più la pregressa sede di servizio) ed astretto al dovere di obbedienza.
6. LA FORMULAZIONE DEL PRINCIPIO DI DIRITTO E LA DECISIONE DELLA CAUSA.
6.1. Alla stregua delle su esposte argomentazioni, l’Adunanza plenaria formula il seguente principio di diritto: <<Prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti>>.
6.2. Ai sensi dell’art. 99, co. 1. e 4, c.p.a., l’Adunanza plenaria decide l’intera controversia alla stregua del principio di diritto formulato e, conseguentemente, respinge l’appello proposto dall’Amministrazione non essendo stata contestata (e non essendo contestabile sulla scorta della documentazione versata in atti), nel particolare caso di specie, la sussistenza degli altri presupposti individuati dall’art. 1, l. n. 86 del 2001 per il sorgere del diritto di credito all’indennità ivi prevista.
6.3. Nei mutamenti e contrasti giurisprudenziali registratisi sulla questione sottoposta all’Adunanza plenaria, il Collegio ravvisa le eccezionali ragioni che, a mente del combinato disposto degli artt. 26, co.1, c.p.a. e 92, co. 2, c.p.c., consentono di compensare integralmente fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma l’impugnata sentenza.
Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2016
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
Questa sentenza del CdS, richiama la sentenza n. 1 del 29 gennaio 2016, pronunciata nella camera di consiglio del 18 novembre 2015, dell’Adunanza Plenaria del medesimo CdS.
L'Amministrazione perde l'Appello tra sentenze positive e negative nonché con la nuova normativa.
Ecco alcuni brani di questa importante sentenza di cui ai punti 4.6 e 4.7 della medesima:
1) - Con sentenza n. 1 del 29 gennaio 2016, pronunciata nella camera di consiglio del 18 novembre 2015, l’Adunanza Plenaria ha composto il contrasto giurisprudenziale, enunciando il seguente principio di diritto:
“Prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti”.
2) - A tale conclusione l’Adunanza Plenaria è pervenuta osservando che “Tale clausola, infatti, incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost-…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.
3) - Alla stregua del principio fissato dall’Adunanza Plenaria, che ha composto il richiamato contrasto giurisprudenziale, e non essendo controversa né la soppressione dei reparti di precedente assegnazione né l’ubicazione delle sedi di destinazione in comuni distanti oltre il limite spaziale dei dieci chilometri, l’appello deve essere quindi rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
Cmq, leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201600453
- Public 2016-02-04 -
N. 00453/2016REG.PROV.COLL.
N. 03664/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3664 del 2015, proposto da:
- Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
- Comando generale della Guardia di Finanza - Centro Informatico Amministrativo Nazionale, in persona del Comandante generale pro-tempore;
- Centro Interregionale dell’Italia Nord Occidentale della Guardia di Finanza, con sede in Milano, in persona del Comandante interregionale pro-tempore;
tutti rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
contro
S. B., S. B., C. C., L. C., G. D'A., S. A. F., I. F., M. G., D. G., G. G., N. C. I., L. L., G. M., L. P., G. R., tutti rappresentati e difesi dall'avv. Alessandro Ongaro, e presso lo studio di questi elettivamente domiciliati in Roma, alla via Paolo Emilio n.7, per mandato a margine del controricorso;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione I, n. 267 del 22 gennaio 2015, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n.r. 3611/2011, è stato accertato il diritto alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali, con condanna al pagamento delle relative somme, e con compensazione delle spese del giudizio di primo grado
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di (omissis vedi sopra);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avvocato di Stato De Nuntis per le Autorità statali appellanti e l’avv. Ongaro per gli appellati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) ( omissis – vedi sopra per questione di spazio), tutti militari della Guardia di Finanza già in servizio presso la soppressa Tenenza di Morbegno, hanno presentato autonome istanze su moduli predisposti (formalmente e testualmente strutturate come domande di trasferimento) presso sedi indicate come gradite, alle quali sono stati quindi assegnati ( OMISSIS alla Compagnia di Sondrio; OMISSIS al Comando provinciale di Sondrio; OMISSIS al Nucleo di Polizia Tributaria della G.d.F. di Sondrio; OMISSIS alla Tenenza di Chiavenna; OMISSIS al Comando provinciale di Lecco) ubicate in comuni ovviamente diversi da quelli del reparto soppresso e distanti da questo oltre 10 km.
In relazione alla qualificazione dei trasferimenti come “a domanda”, gli interessati hanno presentato ricorsi gerarchici intesi a ottenere il riconoscimento come trasferimenti d’autorità e la relativa indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001.
2.) Con ricorso in primo grado n.r. 3611/2011 sono stati impugnati i relativi dinieghi, con cumulative domande di accertamento del diritto all'indennità di cui all'art. 1 della legge n. 86/2001 e di condanna dell'Amministrazione al pagamento delle somme spettanti, oltre interessi in misura del saggio legale dalla domanda e sino al soddisfo.
A fondamento delle domande, è stato richiamato l'art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, invocando la ricorrenza di entrambi i presupposti normativamente contemplati, ossia l'inquadramento del loro movimento quale trasferimento d'autorità e l'ubicazione della nuova sede in diverso comune e oltre la distanza di dieci chilometri dalla precedente, rilevando l'irrilevanza della qualificazione formale della istanza nei termini di un trasferimento a domanda, sia perché formulata su modulo predisposto dall'Amministrazione, sia perché la scelta di altra sede era necessitata dalla soppressione del reparto, connessa a esigenze funzionali organizzative esclusive del Corpo.
Nel giudizio si è sono costituiti il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Comando generale della Guardia di Finanza, che a loro volta hanno dedotto l'infondatezza del ricorso sul duplice rilievo che non si verte in tema di trasferimento d'autorità da una sede ad altra, stante la soppressione del reparto, e che agli interessati è stata consentita l'indicazione di sedi preferenziali prescindendosi dalla considerazione delle effettive esigenze operative delle medesime, e anche in soprannumero, proprio allo scopo di contemplare e soddisfare l'interesse dei militari soggetti al movimento, così configurandosi un vero e proprio trasferimento a domanda.
Con sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, n. 267 del 22 gennaio 2015 il ricorso è stato accolto: richiamata la novella cui al comma 1 bis della legge 86/2001 - che esclude il diritto alla corresponsione dell'indennità e di ogni altra indennità o rimborso nel caso di trasferimento ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni-, ed evidenziatane l'inapplicabilità ratione temporis, nonché esclusane la natura interpretativa, se ne è dedotto la spettanza dell’indennità in base alla previgente disciplina (invocando l’orientamento di cui a Cons. Stato, Sez. IV, 26 settembre 2013, n.4806).
3.) Con appello notificato il 10 aprile 2015 e depositato il 29 aprile 2015 l'Autorità statale ha impugnato la predetta sentenza, deducendo, in sintesi i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione della legge n. 86/2001 - Erronea valutazione degli atti di causa
Richiamata la disciplina dei trasferimenti di autorità e a domanda e la novella introdotta dall'art. 1 comma 163 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e convenendo con il suo carattere dispositivo e innovativo e non interpretativo, si nega che l'esclusione dell'indennità per i trasferimenti conseguenti a soppressione di reparti o articolazioni possa assumere valenza volta a costituire fondamento del riconoscimento, a contrario, della spettanza dell'indennità per il periodo precedente e secondo la disciplina antevigente.
2) Rilevanza della dichiarazione di gradimento nell'ipotesi di trasferimento conseguente alla soppressione del reparto
La presentazione di istanza, contenente comunque una opzione preferenziale di gradimento per una sede, esclude in radice, secondo orientamenti giurisprudenziali richiamati (Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3385, 27 ottobre 2011, n. 5767, 23 ottobre 2008, n. 5201, 27 aprile 2007, nn. 2558. 2559, 2560 e 2561 e altre), la configurabilità di un trasferimento di autorità.
Nel giudizio si sono costituiti gli appellati, che con il controricorso, depositato l’11 maggio 2015, hanno dedotto, a loro volta, l'infondatezza dell'appello, insistendo sulla correlazione tra l'indicazione delle sedi preferenziali e la soppressione del reparto, come pure testualmente riportata nelle istanze, e a loro volta richiamando orientamenti giurisprudenziali di primo grado e d'appello, che hanno riconosciuto la spettanza dell'indennità in caso di trasferimento per soppressione di reparto pur in presenza di dichiarazioni di gradimento.
Con ordinanza n. 2162 del 19 maggio 2015, considerata l’esigenza di definizione nel merito, e ritenuto opportuno alla decisione re adhuc integra, è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.
Con memoria difensiva depositata il 16 novembre 2015 gli appellati hanno insistito nelle proprie deduzioni, richiamando ulteriore giurisprudenza di primo grado e di appello.
All’udienza pubblica del 17 dicembre 2015 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
4.1) Com’è noto l'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 (recante "Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia") dispone testualmente che:
"Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi".
Al secondo comma, va aggiunto per completezza, è prevista la riduzione dell'indennità in misura pari al 20% per il personale che nella nuova sede fruisce di alloggio di servizio, mentre al terzo comma, per il personale senza alloggio di servizio è consentito di optare tra l'indennità di cui al primo comma, e il rimborso del 90% del canone mensile di locazione per alloggio privato sino alla concorrenza massima già di £. 1.000.000 mensili ora corrispondenti a € 516,43, e per il periodo massimo di trentasei mesi.
Ai sensi del successivo art. 13 la disposizione trova applicazione ai trasferimenti effettuati con decorrenza dal 1° gennaio 2001, laddove quelli antecedenti continuava(no) a essere regolati dalla legge 10 marzo 1987, n. 100.
L'art. 1 della legge 10 marzo 1987, n, 100 (recante "Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare"), a sua volta dispone(va) al primo comma che:
"A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27".
Il secondo comma prevede(va) riduzioni del trattamento in misura pari, rispettivamente, alla metà e a un terzo, secondo che il trasferimento fosse stato disposto dopo un periodo di permanenza superiore a quattro anni ma inferiore a otto, oppure superiore a otto anni.
La disposizione, quindi, individuava il trattamento economico per i trasferimenti di autorità mediante la tecnica del rinvio ricettizio all'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
L'art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, interamente sostituito dall'art. 6 della legge n. 27/1981, a sua volta stabilisce che:
"Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, si applicano agli uditori giudiziari destinati ad esercitare le funzioni giudiziarie.
L'indennità di cui al primo comma è corrisposta, con decorrenza dal 1° luglio 1980, con le modalità di cui all'art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, ai magistrati trasferiti d'ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all'art. 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno".
Deve però rammentarsi, per completezza, che nella sua formulazione originaria la disposizione riguardava i soli uditori giudiziari in prima assegnazione di funzioni (e quindi sede) e i soli magistrati trasferiti d'ufficio (sempre con esclusione dei trasferimenti ex art. 2 del r.d.l. n. 511/1946), e che l'inciso "o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità" è stato introdotto dall'art. 4 comma 4 della legge 4 maggio 1998, n. 133, con conseguente ampliamento della platea dei trasferimenti beneficiati dal riconoscimento dell'indennità, ancorché poi, con la disposizione dichiaratamente interpretativa di cui all'art. 1 comma 209 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sia stato chiarito che "ai fini del mutamento di sede la domanda o la disponibilità o il consenso comunque manifestato dai magistrati per il cambiamento della località sede di servizio è da considerare, ai fini del riconoscimento del beneficio economico previsto dalla citata disposizione, come domanda di trasferimento di sede".
L'art. 1 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, cui rinvia l'art. 13 della legge n. 97/1979 - che ex se disciplinava la sola indennità dovuta "ai magistrati promossi al grado terzo destinati ad altra sede"- individua a sua volta il trattamento economico mediante ulteriore rinvio alle disposizioni del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 gennaio 1947, n. 7 (recante "Trattamento economico per le missioni o per i trasferimenti dei dipendenti statali").
Quest'ultimo disciplinava il trattamento di missione spettante "Al personale delle Amministrazioni dello Stato anche con ordinamento autonomo che sia comandato in missione e agli appartenenti alle Forze armate e ai Corpi organizzati militarmente comandati in missione o in trasferta per servizio isolato fuori dell'ordinaria sede di servizio" a condizione che la località di svolgimento della missione fosse superiore alle distanze di cui al successivo art. 15 e che la durata della missione fosse almeno pari a 24 ore di assenza dalla residenza "incluso il tempo trascorso in viaggio", costituito da una diaria e dal supplemento di pernottazione.
Il limite minimo di distanza, da calcolarsi "... per la via ferrata od ordinaria più breve... dal perimetro del centro urbano o rurale ove il dipendente ha la sede dell'ufficio, scuola, impianto, comando, caserma, ecc", era fissato in misura pari a quindici chilometri nei comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti, 12 per quelli con popolazione superiore ai 200.000 abitanti e 8 chilometri in tutti gli altri comuni.
In effetti tali limiti di distanza e i criteri della sua determinazione avevano perso (almeno parzialmente) validità per effetto della disposizione di cui all'art. 1 della legge 26 luglio 1978, n. 417 (recante "Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali"), secondo il cui disposto, per quanto qui interessa:
"A decorrere dal 1° dicembre 1977 le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 chilometri, sono stabilite come segue...(comma primo);
Per sede di servizio si intende il centro abitato o la località isolata in cui hanno sede l'ufficio o l'impianto presso il quale il dipendente presta abitualmente servizio" (comma secondo).
In sostanza, agli originari limiti differenziati per classi demografiche dei comuni sede dell'ufficio è stato sostituito l'unico limite minimo di dieci chilometri, riferito al centro abitato (quindi anche frazione comunale) o località isolata (sia pure ovviamente ricadente nell'ambito territoriale di un comune) di allocazione dell'ufficio o impianto.
4.2) Nel quadro normativo delineato, e con specifico riferimento al riconoscimento dell'indennità in oggetto nel caso di trasferimento per il quale sia stato comunque espresso il gradimento e quindi una opzione preferenziale dell'interessato, si fronteggia(va)no due opposti orientamenti interpretativi.
Secondo una prima opzione ermeneutica, fissata con magistrale brevitas e chiarezza nella decisione della IV Sezione n. 5201 del 23 ottobre 2008:
"...la dichiarazione di gradimento e cioè la dichiarazione di accettazione del trasferimento a domanda impedisce la configurabilità di un trasferimento d’ufficio, in quanto non si è in presenza di una mera dichiarazione di disponibilità al trasferimento; né ha alcun autonomo rilievo la circostanza che con il predetto trasferimento l’Amministrazione ha perseguito un interesse proprio: attivando le procedure di reperimento del personale con la richiesta di espressa disponibilità al trasferimento a domanda, essa ha inteso far coincidere, nel pieno rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità che devono guidare l’azione amministrativa, l’interesse privato con quello pubblico, senza che quest’ultimo in concreto possa considerarsi prevalente".
A tale prospettiva esegetica, che pur non disconoscendo l'inerenza del trasferimento alle esigenze organizzative dell'amministrazione valorizza la sostanziale consensualizzazione del movimento, nel senso dell'indicazione di una sede gradita, era riconducibile anche la sentenza della IV Sezione n. 5767 del 27 ottobre 2011, nella quale, proprio muovendo dalla procedimentalizzazione dei movimenti, con invito ai militari interessati (nella specie appartenenti alla Guardia di Finanza) a indicare " una nuova destinazione compatibile con le proprie esigenze personali", si perviene alla conclusione che "...la volontà del personale non è stata forzata, poiché - ferma ovviamente restando la necessità di lasciare la sede di servizio destinata alla soppressione - in via reciprocamente collaborativa tra la stessa Amministrazione e il personale che ha aderito all’invito è stata comunque garantita una scelta agli interessati nel massimo del possibile...(mentre)... aderendo all’invito, il personale che è stato trasferito nella sede richiesta si è per certo trovato a sopportare un disagio quanto mai contenuto e in alcun modo omologabile rispetto a quello subito da coloro che, non aderendo all’invito anzidetto, hanno consapevolmente assunto il rischio del trasferimento d’autorità in sedi meno gradite, scelte comunque in via meramente autoritativa dall’Amministrazione con conseguente titolo alla remunerazione del disagio medesimo...".
Nello stesso senso, secondo il quale "...la consentita opzione per la nuova sede di servizio, esercitata dai dipendenti all’interno di un procedimento che permette questa scelta e sotto la disciplina di una normativa interna dei trasferimenti a domanda (circolare n. 238000 dell’1.7.1997, premessa di tutte le istanze), determina un mutamento del titolo del trasferimento, il quale non può più essere considerato autoritativo", si era espressa la sentenza sempre della IV Sezione n. 3835 del 28 giugno 2012.
Considerazione affatto diversa, non potendosi propriamente individuare come variante di tale orientamento, va fatta per il parere su ricorso straordinario della Sezione II, n. 4407 del 25 ottobre 2013, che individua nella dichiarazione di gradimento il valore di "...manifestazione formale di acquiescenza, da parte dell’interessato, con tutte le relative conseguenze anche di carattere economico, ad un provvedimento, che diventa così inattaccabile in sede ricorsuale da parte dello stesso, che ha dimostrato, attraverso il suo comportamento attivo, di aderire all’operato dell’Amministrazione, motivato da esigenze di riorganizzazione, e di rinunciare così alle posizioni giuridiche attive, connesse ad ogni possibile diversa qualificazione del movimento de quo".
E ancora diversa chiave ermeneutica era quella seguita nel parere su ricorso straordinario della Sezione I n. 1290 del 14 marzo 2013, che nega possa parlarsi di trasferimento in caso di "...soppressione di un ufficio sostituito con un altro, ubicato nelle immediate vicinanze dello stesso, onde appare evidente che si è trattato di una riorganizzazione necessitata più che di un trasferimento di autorità, il quale, per essere tale abbisogna in ogni caso che ci sia un ufficio di provenienza (che continua a permanere) e un ufficio di destinazione".
L'opposto orientamento esegetico trovava ferma e costante enunciazione nelle sentenze del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, e in alcune più recenti sentenze della VI e della IV Sezione di questo Consiglio.
In un primo gruppo di pronunce di identico contenuto (C.g.a., 14 aprile 2010, da n. 512 a n. 520), e richiamando decisione ancora precedente del 2007, si assegnava rilievo preminente alla considerazione che il militare trasferito non ha manifestato "... con autonoma iniziativa, l’interesse a trasferirsi in altra sede (di tal che) una dichiarazione di gradimento per un trasferimento ad una determinata sede non modifica la natura autoritativa del provvedimento, che non può considerarsi di trasferimento a domanda".
Sempre nel senso dell'irrilevanza della dichiarazione di gradimento, perché "il connotato autoritativo del trasferimento non scolora per l’effetto della domanda (o dichiarazione di gradimento) presentata dal militare, in quanto questi risulta coinvolto in una procedura di mobilità non per scelta sua personale ma in esclusiva conseguenza delle opzioni organizzative valorizzate dall’amministrazione", si era espresso ancora il Consiglio di Giustizia Amministrativa in altro gruppo di sentenze seriali, più recenti, del 18 giugno 2014 (dalla n. 333 alla n. 366).
La IV Sezione, con la sentenza n. 4806 del 29 settembre 2013, nonché con quella n. 4159 del 6 agosto 2013, aveva invece introdotto un argomento ermeneutico del tutto diverso e nuovo, fondato sulla considerazione dell'introduzione del comma 1 bis all'art. 1 della legge n. 86/2001.
Muovendo dal rilievo che "...nella nuova disposizione, non vi è alcun carattere che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e dunque naturalmente dotata di efficacia retroattiva...", e quindi affermata la efficacia novativa della medesima, quel Collegio ha ritenuto "...argomentando a contrario, che, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, l’indennità connessa al trasferimento di autorità spettasse - nella sussistenza di tutti i necessari requisiti di legge, a partire dalla distanza superiore ai dieci chilometri fra la sede di provenienza e quella di destinazione (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 16 dicembre 2011, n. 23) - quando il trasferimento facesse seguito alla soppressione del reparto di appartenenza".
Non si era occupata del tema, poiché la difesa erariale nel caso di specie si era attestata sul rilievo dell'insussistenza del limite di distanza calcolato "in linea d'aria" anziché secondo il percorso stradale, la sentenza della IV Sezione n. 1017 del 4 marzo 2014, invocata dagli appellati, ancorché abbia ribadito la natura novativa e non interpretativa della disposizione del comma 1 bis, considerata come "...disposizione superveniens, soppressiva (rectius: a determinate condizioni limitativa) del suddetto beneficio, che in quanto tale, ratione temporis non può applicarsi alla fattispecie per cui è causa, che resta integralmente regolata dall’antevigente disposizione".
Era invece concettualmente sovrapponibile al già citato orientamento espresso nella sentenza n. 4806/2013 la sentenza della VI Sezione n. 5533 del 12 novembre 2014, nella quale pure si valorizza quale argomento a contrario, favorevole al riconoscimento dell'indennità in caso di trasferimento per soppressione di reparto a sede indicata come gradita dall'interessato, la natura novativa della disposizione del comma 1 bis, richiamando l'irrilevanza del gradimento "...in quanto inidoneo ad immutare l’elemento causale tipico connotante siffatto tipo di trasferimento".
4.3) A fronte di tale contrasto interpretativo, la Sezione, con ordinanza n. 3269 del 1° luglio 2015, aveva deferito la questione all’Adunanza Plenaria -rilevante ovviamente per i soli movimenti disposti in epoca antecedente all'entrata in vigore della novella di cui art. 1 comma 163 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (che con l'introduzione del comma 1 bis al suddetto articolo 1 ha positivamente escluso la corresponsione dell'indennità nei predetti casi "...al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri")- esprimendo l’avviso che essa non potesse essere riconosciuta osservando che:
- “…la suddetta indennità, secondo quanto si evince anche dal quadro di riferimento normativo delineato sub 16.), rinviene, da sempre, la sua ratio nella posizione di assoluta soggezione dell'interessato in ordine all'individuazione della sede di servizio correlata al trasferimento d'autorità, e nel conseguente apprezzamento dell'interesse, meritevole di tutela, a sovvenire il destinatario del trasferimento dai disagi connessi, mediante il riconoscimento di un beneficio economico ancorché limitato nella sua estensione temporale, beninteso se lo spostamento di sede si colloca in un ambito spaziale superiore al limite di dieci chilometri (sulla rilevanza del limite anche in relazione alla disciplina recata dall'art. 1 della legge n. 86/2001 si rinvia alla nota Ad. Plen. 14 dicembre 2011, n. 23)”!;
- “…se appare davvero arduo sostenere che la soppressione del reparto e la conseguente assegnazione ad altro plesso organizzativo non sia inquadrabile nell'ambito concettuale del trasferimento (secondo quanto pure sostenuto nel richiamato parere della Sezione I n. 1290 del 14 marzo 2013), e ciò sia perché il trasferimento va riguardato nella doverosa contemplazione della prospettiva del destinatario con riferimento allo spostamento ad altro ufficio, quale che ne sia la ragione organizzativa, e sopratutto perché ancora il dato testuale del comma 1 bis nell'ipotesi di soppressione o dislocazione di reparti e relative articolazioni si riferisce in modo inequivoco "al personale trasferito"; e se del pari alla formulazione di una indicazione preferenziale nel quadro di un movimento procedimentalizzato non può riconoscersi il valore di una affatto libera e inequivoca manifestazione di volontà quale presupposta dall'istituto dell'acquiescenza, dovendosi dunque recisamente dissentire dall'altra opzione ermeneutica espressa citato parere della Sezione II n. 4407 del 25 ottobre 2013; nondimeno non può sostenersi, all'opposto, che la dichiarazione di una sede preferenziale da parte dell'interessato, e del conseguente trasferimento alla precipua sede richiesta, sia affatto irrilevante e non incida sulla natura del trasferimento, a questo punto non riconducibile stricto sensu e jure al tipico trasferimento d'autorità che costituisce il presupposto del riconoscimento del beneficio”;
- “collegandosi alle incisive argomentazioni della decisione n. 5201 del 23 ottobre 2008, risulta, ad avviso di questo Collegio, assai difficile negare la sostanziale consensualizzazione del movimento, e che questo quindi non giunga, per dir così "a sorpresa", sebbene in un quadro in cui all'interessato è stato offerto di poter valutare la soluzione preferibile nell'ambito delle sedi viciniori disponibili, e di poter calibrare la sua indicazione in funzione delle sue esigenze di vita, familiare e relazionale”;
- “non ritiene, invece, il Collegio che possa annettersi alcun rilievo esegetico alla disciplina novativa di cui al comma 1 bis, poiché l'argomento a contrario, in senso proprio e stretto, e quello che equivale al criterio esegetico "ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit", laddove non pare che una norma sopravvenuta che disciplina in modo precipuo una fattispecie, e in quella disciplina esaurisce la sua portata e i suoi effetti, possa avere valore interpretativo retroattivo della fattispecie medesima.
In altri termini, la circostanza che i trasferimenti per soppressione di reparto siano ora collocati fuori dall'ambito applicativo entro il quale opera il riconoscimento del beneficio, non può condurre a sostenere, che invece, per il passato, vi ricadessero, o quantomeno a riconoscere valore risolutivo della questione esegetica, trascurando peraltro la circostanza che la nuova disciplina prescinde affatto da qualsiasi consensualizzazione del movimento”.
- “E d'altro canto, laddove la legge ha inteso escludere ogni incidenza di una manifestazione di gradimento in ordine ad un trasferimento, ai fini del diritto alla corresponsione dell'indennità, ciò ha fatto espressamente, come nella disposizione dell'art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, nella quale, con l'inserimento dell'inciso "ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità" ha ricondotto al trasferimento d'ufficio (o all'assegnazione di sede non richiesta) i trasferimenti dei magistrati ordinari che abbiano comunque formulato una forma di consenso, ancorché poi sia stata dettata una disposizione dichiaratamente interpretativa (art. 1 comma 209 della legge 23 dicembre 2005, n. 266,), intesa a ricondurre anche questi ai trasferimenti a domanda”.
4.6) Con sentenza n. 1 del 29 gennaio 2016, pronunciata nella camera di consiglio del 18 novembre 2015, l’Adunanza Plenaria ha composto il contrasto giurisprudenziale, enunciando il seguente principio di diritto:
“Prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti”.
A tale conclusione l’Adunanza Plenaria è pervenuta osservando che “Tale clausola, infatti, incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost-…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.
4.7) Alla stregua del principio fissato dall’Adunanza Plenaria, che ha composto il richiamato contrasto giurisprudenziale, e non essendo controversa né la soppressione dei reparti di precedente assegnazione né l’ubicazione delle sedi di destinazione in comuni distanti oltre il limite spaziale dei dieci chilometri, l’appello deve essere quindi rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
5.) In relazione all’esistenza dei due opposti orientamenti ermeneutici, e alla loro “ricomposizione” soltanto a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, successiva alla proposizione dell’appello, sussistono le eccezionali ragioni che giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese e onorari anche del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) rigetta l’appello in epigrafe n.r. 3664 del 2015 e per l’effetto conferma la sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione I, n. 267 del 22 gennaio 2015.
Spese del giudizio d’appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2016
L'Amministrazione perde l'Appello tra sentenze positive e negative nonché con la nuova normativa.
Ecco alcuni brani di questa importante sentenza di cui ai punti 4.6 e 4.7 della medesima:
1) - Con sentenza n. 1 del 29 gennaio 2016, pronunciata nella camera di consiglio del 18 novembre 2015, l’Adunanza Plenaria ha composto il contrasto giurisprudenziale, enunciando il seguente principio di diritto:
“Prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti”.
2) - A tale conclusione l’Adunanza Plenaria è pervenuta osservando che “Tale clausola, infatti, incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost-…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.
3) - Alla stregua del principio fissato dall’Adunanza Plenaria, che ha composto il richiamato contrasto giurisprudenziale, e non essendo controversa né la soppressione dei reparti di precedente assegnazione né l’ubicazione delle sedi di destinazione in comuni distanti oltre il limite spaziale dei dieci chilometri, l’appello deve essere quindi rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
Cmq, leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201600453
- Public 2016-02-04 -
N. 00453/2016REG.PROV.COLL.
N. 03664/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3664 del 2015, proposto da:
- Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
- Comando generale della Guardia di Finanza - Centro Informatico Amministrativo Nazionale, in persona del Comandante generale pro-tempore;
- Centro Interregionale dell’Italia Nord Occidentale della Guardia di Finanza, con sede in Milano, in persona del Comandante interregionale pro-tempore;
tutti rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
contro
S. B., S. B., C. C., L. C., G. D'A., S. A. F., I. F., M. G., D. G., G. G., N. C. I., L. L., G. M., L. P., G. R., tutti rappresentati e difesi dall'avv. Alessandro Ongaro, e presso lo studio di questi elettivamente domiciliati in Roma, alla via Paolo Emilio n.7, per mandato a margine del controricorso;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione I, n. 267 del 22 gennaio 2015, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n.r. 3611/2011, è stato accertato il diritto alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali, con condanna al pagamento delle relative somme, e con compensazione delle spese del giudizio di primo grado
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di (omissis vedi sopra);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avvocato di Stato De Nuntis per le Autorità statali appellanti e l’avv. Ongaro per gli appellati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) ( omissis – vedi sopra per questione di spazio), tutti militari della Guardia di Finanza già in servizio presso la soppressa Tenenza di Morbegno, hanno presentato autonome istanze su moduli predisposti (formalmente e testualmente strutturate come domande di trasferimento) presso sedi indicate come gradite, alle quali sono stati quindi assegnati ( OMISSIS alla Compagnia di Sondrio; OMISSIS al Comando provinciale di Sondrio; OMISSIS al Nucleo di Polizia Tributaria della G.d.F. di Sondrio; OMISSIS alla Tenenza di Chiavenna; OMISSIS al Comando provinciale di Lecco) ubicate in comuni ovviamente diversi da quelli del reparto soppresso e distanti da questo oltre 10 km.
In relazione alla qualificazione dei trasferimenti come “a domanda”, gli interessati hanno presentato ricorsi gerarchici intesi a ottenere il riconoscimento come trasferimenti d’autorità e la relativa indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001.
2.) Con ricorso in primo grado n.r. 3611/2011 sono stati impugnati i relativi dinieghi, con cumulative domande di accertamento del diritto all'indennità di cui all'art. 1 della legge n. 86/2001 e di condanna dell'Amministrazione al pagamento delle somme spettanti, oltre interessi in misura del saggio legale dalla domanda e sino al soddisfo.
A fondamento delle domande, è stato richiamato l'art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, invocando la ricorrenza di entrambi i presupposti normativamente contemplati, ossia l'inquadramento del loro movimento quale trasferimento d'autorità e l'ubicazione della nuova sede in diverso comune e oltre la distanza di dieci chilometri dalla precedente, rilevando l'irrilevanza della qualificazione formale della istanza nei termini di un trasferimento a domanda, sia perché formulata su modulo predisposto dall'Amministrazione, sia perché la scelta di altra sede era necessitata dalla soppressione del reparto, connessa a esigenze funzionali organizzative esclusive del Corpo.
Nel giudizio si è sono costituiti il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Comando generale della Guardia di Finanza, che a loro volta hanno dedotto l'infondatezza del ricorso sul duplice rilievo che non si verte in tema di trasferimento d'autorità da una sede ad altra, stante la soppressione del reparto, e che agli interessati è stata consentita l'indicazione di sedi preferenziali prescindendosi dalla considerazione delle effettive esigenze operative delle medesime, e anche in soprannumero, proprio allo scopo di contemplare e soddisfare l'interesse dei militari soggetti al movimento, così configurandosi un vero e proprio trasferimento a domanda.
Con sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, n. 267 del 22 gennaio 2015 il ricorso è stato accolto: richiamata la novella cui al comma 1 bis della legge 86/2001 - che esclude il diritto alla corresponsione dell'indennità e di ogni altra indennità o rimborso nel caso di trasferimento ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni-, ed evidenziatane l'inapplicabilità ratione temporis, nonché esclusane la natura interpretativa, se ne è dedotto la spettanza dell’indennità in base alla previgente disciplina (invocando l’orientamento di cui a Cons. Stato, Sez. IV, 26 settembre 2013, n.4806).
3.) Con appello notificato il 10 aprile 2015 e depositato il 29 aprile 2015 l'Autorità statale ha impugnato la predetta sentenza, deducendo, in sintesi i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione della legge n. 86/2001 - Erronea valutazione degli atti di causa
Richiamata la disciplina dei trasferimenti di autorità e a domanda e la novella introdotta dall'art. 1 comma 163 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e convenendo con il suo carattere dispositivo e innovativo e non interpretativo, si nega che l'esclusione dell'indennità per i trasferimenti conseguenti a soppressione di reparti o articolazioni possa assumere valenza volta a costituire fondamento del riconoscimento, a contrario, della spettanza dell'indennità per il periodo precedente e secondo la disciplina antevigente.
2) Rilevanza della dichiarazione di gradimento nell'ipotesi di trasferimento conseguente alla soppressione del reparto
La presentazione di istanza, contenente comunque una opzione preferenziale di gradimento per una sede, esclude in radice, secondo orientamenti giurisprudenziali richiamati (Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3385, 27 ottobre 2011, n. 5767, 23 ottobre 2008, n. 5201, 27 aprile 2007, nn. 2558. 2559, 2560 e 2561 e altre), la configurabilità di un trasferimento di autorità.
Nel giudizio si sono costituiti gli appellati, che con il controricorso, depositato l’11 maggio 2015, hanno dedotto, a loro volta, l'infondatezza dell'appello, insistendo sulla correlazione tra l'indicazione delle sedi preferenziali e la soppressione del reparto, come pure testualmente riportata nelle istanze, e a loro volta richiamando orientamenti giurisprudenziali di primo grado e d'appello, che hanno riconosciuto la spettanza dell'indennità in caso di trasferimento per soppressione di reparto pur in presenza di dichiarazioni di gradimento.
Con ordinanza n. 2162 del 19 maggio 2015, considerata l’esigenza di definizione nel merito, e ritenuto opportuno alla decisione re adhuc integra, è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.
Con memoria difensiva depositata il 16 novembre 2015 gli appellati hanno insistito nelle proprie deduzioni, richiamando ulteriore giurisprudenza di primo grado e di appello.
All’udienza pubblica del 17 dicembre 2015 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
4.1) Com’è noto l'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 (recante "Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia") dispone testualmente che:
"Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi".
Al secondo comma, va aggiunto per completezza, è prevista la riduzione dell'indennità in misura pari al 20% per il personale che nella nuova sede fruisce di alloggio di servizio, mentre al terzo comma, per il personale senza alloggio di servizio è consentito di optare tra l'indennità di cui al primo comma, e il rimborso del 90% del canone mensile di locazione per alloggio privato sino alla concorrenza massima già di £. 1.000.000 mensili ora corrispondenti a € 516,43, e per il periodo massimo di trentasei mesi.
Ai sensi del successivo art. 13 la disposizione trova applicazione ai trasferimenti effettuati con decorrenza dal 1° gennaio 2001, laddove quelli antecedenti continuava(no) a essere regolati dalla legge 10 marzo 1987, n. 100.
L'art. 1 della legge 10 marzo 1987, n, 100 (recante "Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare"), a sua volta dispone(va) al primo comma che:
"A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27".
Il secondo comma prevede(va) riduzioni del trattamento in misura pari, rispettivamente, alla metà e a un terzo, secondo che il trasferimento fosse stato disposto dopo un periodo di permanenza superiore a quattro anni ma inferiore a otto, oppure superiore a otto anni.
La disposizione, quindi, individuava il trattamento economico per i trasferimenti di autorità mediante la tecnica del rinvio ricettizio all'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
L'art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, interamente sostituito dall'art. 6 della legge n. 27/1981, a sua volta stabilisce che:
"Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, si applicano agli uditori giudiziari destinati ad esercitare le funzioni giudiziarie.
L'indennità di cui al primo comma è corrisposta, con decorrenza dal 1° luglio 1980, con le modalità di cui all'art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, ai magistrati trasferiti d'ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all'art. 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno".
Deve però rammentarsi, per completezza, che nella sua formulazione originaria la disposizione riguardava i soli uditori giudiziari in prima assegnazione di funzioni (e quindi sede) e i soli magistrati trasferiti d'ufficio (sempre con esclusione dei trasferimenti ex art. 2 del r.d.l. n. 511/1946), e che l'inciso "o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità" è stato introdotto dall'art. 4 comma 4 della legge 4 maggio 1998, n. 133, con conseguente ampliamento della platea dei trasferimenti beneficiati dal riconoscimento dell'indennità, ancorché poi, con la disposizione dichiaratamente interpretativa di cui all'art. 1 comma 209 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sia stato chiarito che "ai fini del mutamento di sede la domanda o la disponibilità o il consenso comunque manifestato dai magistrati per il cambiamento della località sede di servizio è da considerare, ai fini del riconoscimento del beneficio economico previsto dalla citata disposizione, come domanda di trasferimento di sede".
L'art. 1 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, cui rinvia l'art. 13 della legge n. 97/1979 - che ex se disciplinava la sola indennità dovuta "ai magistrati promossi al grado terzo destinati ad altra sede"- individua a sua volta il trattamento economico mediante ulteriore rinvio alle disposizioni del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 gennaio 1947, n. 7 (recante "Trattamento economico per le missioni o per i trasferimenti dei dipendenti statali").
Quest'ultimo disciplinava il trattamento di missione spettante "Al personale delle Amministrazioni dello Stato anche con ordinamento autonomo che sia comandato in missione e agli appartenenti alle Forze armate e ai Corpi organizzati militarmente comandati in missione o in trasferta per servizio isolato fuori dell'ordinaria sede di servizio" a condizione che la località di svolgimento della missione fosse superiore alle distanze di cui al successivo art. 15 e che la durata della missione fosse almeno pari a 24 ore di assenza dalla residenza "incluso il tempo trascorso in viaggio", costituito da una diaria e dal supplemento di pernottazione.
Il limite minimo di distanza, da calcolarsi "... per la via ferrata od ordinaria più breve... dal perimetro del centro urbano o rurale ove il dipendente ha la sede dell'ufficio, scuola, impianto, comando, caserma, ecc", era fissato in misura pari a quindici chilometri nei comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti, 12 per quelli con popolazione superiore ai 200.000 abitanti e 8 chilometri in tutti gli altri comuni.
In effetti tali limiti di distanza e i criteri della sua determinazione avevano perso (almeno parzialmente) validità per effetto della disposizione di cui all'art. 1 della legge 26 luglio 1978, n. 417 (recante "Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali"), secondo il cui disposto, per quanto qui interessa:
"A decorrere dal 1° dicembre 1977 le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 chilometri, sono stabilite come segue...(comma primo);
Per sede di servizio si intende il centro abitato o la località isolata in cui hanno sede l'ufficio o l'impianto presso il quale il dipendente presta abitualmente servizio" (comma secondo).
In sostanza, agli originari limiti differenziati per classi demografiche dei comuni sede dell'ufficio è stato sostituito l'unico limite minimo di dieci chilometri, riferito al centro abitato (quindi anche frazione comunale) o località isolata (sia pure ovviamente ricadente nell'ambito territoriale di un comune) di allocazione dell'ufficio o impianto.
4.2) Nel quadro normativo delineato, e con specifico riferimento al riconoscimento dell'indennità in oggetto nel caso di trasferimento per il quale sia stato comunque espresso il gradimento e quindi una opzione preferenziale dell'interessato, si fronteggia(va)no due opposti orientamenti interpretativi.
Secondo una prima opzione ermeneutica, fissata con magistrale brevitas e chiarezza nella decisione della IV Sezione n. 5201 del 23 ottobre 2008:
"...la dichiarazione di gradimento e cioè la dichiarazione di accettazione del trasferimento a domanda impedisce la configurabilità di un trasferimento d’ufficio, in quanto non si è in presenza di una mera dichiarazione di disponibilità al trasferimento; né ha alcun autonomo rilievo la circostanza che con il predetto trasferimento l’Amministrazione ha perseguito un interesse proprio: attivando le procedure di reperimento del personale con la richiesta di espressa disponibilità al trasferimento a domanda, essa ha inteso far coincidere, nel pieno rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità che devono guidare l’azione amministrativa, l’interesse privato con quello pubblico, senza che quest’ultimo in concreto possa considerarsi prevalente".
A tale prospettiva esegetica, che pur non disconoscendo l'inerenza del trasferimento alle esigenze organizzative dell'amministrazione valorizza la sostanziale consensualizzazione del movimento, nel senso dell'indicazione di una sede gradita, era riconducibile anche la sentenza della IV Sezione n. 5767 del 27 ottobre 2011, nella quale, proprio muovendo dalla procedimentalizzazione dei movimenti, con invito ai militari interessati (nella specie appartenenti alla Guardia di Finanza) a indicare " una nuova destinazione compatibile con le proprie esigenze personali", si perviene alla conclusione che "...la volontà del personale non è stata forzata, poiché - ferma ovviamente restando la necessità di lasciare la sede di servizio destinata alla soppressione - in via reciprocamente collaborativa tra la stessa Amministrazione e il personale che ha aderito all’invito è stata comunque garantita una scelta agli interessati nel massimo del possibile...(mentre)... aderendo all’invito, il personale che è stato trasferito nella sede richiesta si è per certo trovato a sopportare un disagio quanto mai contenuto e in alcun modo omologabile rispetto a quello subito da coloro che, non aderendo all’invito anzidetto, hanno consapevolmente assunto il rischio del trasferimento d’autorità in sedi meno gradite, scelte comunque in via meramente autoritativa dall’Amministrazione con conseguente titolo alla remunerazione del disagio medesimo...".
Nello stesso senso, secondo il quale "...la consentita opzione per la nuova sede di servizio, esercitata dai dipendenti all’interno di un procedimento che permette questa scelta e sotto la disciplina di una normativa interna dei trasferimenti a domanda (circolare n. 238000 dell’1.7.1997, premessa di tutte le istanze), determina un mutamento del titolo del trasferimento, il quale non può più essere considerato autoritativo", si era espressa la sentenza sempre della IV Sezione n. 3835 del 28 giugno 2012.
Considerazione affatto diversa, non potendosi propriamente individuare come variante di tale orientamento, va fatta per il parere su ricorso straordinario della Sezione II, n. 4407 del 25 ottobre 2013, che individua nella dichiarazione di gradimento il valore di "...manifestazione formale di acquiescenza, da parte dell’interessato, con tutte le relative conseguenze anche di carattere economico, ad un provvedimento, che diventa così inattaccabile in sede ricorsuale da parte dello stesso, che ha dimostrato, attraverso il suo comportamento attivo, di aderire all’operato dell’Amministrazione, motivato da esigenze di riorganizzazione, e di rinunciare così alle posizioni giuridiche attive, connesse ad ogni possibile diversa qualificazione del movimento de quo".
E ancora diversa chiave ermeneutica era quella seguita nel parere su ricorso straordinario della Sezione I n. 1290 del 14 marzo 2013, che nega possa parlarsi di trasferimento in caso di "...soppressione di un ufficio sostituito con un altro, ubicato nelle immediate vicinanze dello stesso, onde appare evidente che si è trattato di una riorganizzazione necessitata più che di un trasferimento di autorità, il quale, per essere tale abbisogna in ogni caso che ci sia un ufficio di provenienza (che continua a permanere) e un ufficio di destinazione".
L'opposto orientamento esegetico trovava ferma e costante enunciazione nelle sentenze del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, e in alcune più recenti sentenze della VI e della IV Sezione di questo Consiglio.
In un primo gruppo di pronunce di identico contenuto (C.g.a., 14 aprile 2010, da n. 512 a n. 520), e richiamando decisione ancora precedente del 2007, si assegnava rilievo preminente alla considerazione che il militare trasferito non ha manifestato "... con autonoma iniziativa, l’interesse a trasferirsi in altra sede (di tal che) una dichiarazione di gradimento per un trasferimento ad una determinata sede non modifica la natura autoritativa del provvedimento, che non può considerarsi di trasferimento a domanda".
Sempre nel senso dell'irrilevanza della dichiarazione di gradimento, perché "il connotato autoritativo del trasferimento non scolora per l’effetto della domanda (o dichiarazione di gradimento) presentata dal militare, in quanto questi risulta coinvolto in una procedura di mobilità non per scelta sua personale ma in esclusiva conseguenza delle opzioni organizzative valorizzate dall’amministrazione", si era espresso ancora il Consiglio di Giustizia Amministrativa in altro gruppo di sentenze seriali, più recenti, del 18 giugno 2014 (dalla n. 333 alla n. 366).
La IV Sezione, con la sentenza n. 4806 del 29 settembre 2013, nonché con quella n. 4159 del 6 agosto 2013, aveva invece introdotto un argomento ermeneutico del tutto diverso e nuovo, fondato sulla considerazione dell'introduzione del comma 1 bis all'art. 1 della legge n. 86/2001.
Muovendo dal rilievo che "...nella nuova disposizione, non vi è alcun carattere che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e dunque naturalmente dotata di efficacia retroattiva...", e quindi affermata la efficacia novativa della medesima, quel Collegio ha ritenuto "...argomentando a contrario, che, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, l’indennità connessa al trasferimento di autorità spettasse - nella sussistenza di tutti i necessari requisiti di legge, a partire dalla distanza superiore ai dieci chilometri fra la sede di provenienza e quella di destinazione (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 16 dicembre 2011, n. 23) - quando il trasferimento facesse seguito alla soppressione del reparto di appartenenza".
Non si era occupata del tema, poiché la difesa erariale nel caso di specie si era attestata sul rilievo dell'insussistenza del limite di distanza calcolato "in linea d'aria" anziché secondo il percorso stradale, la sentenza della IV Sezione n. 1017 del 4 marzo 2014, invocata dagli appellati, ancorché abbia ribadito la natura novativa e non interpretativa della disposizione del comma 1 bis, considerata come "...disposizione superveniens, soppressiva (rectius: a determinate condizioni limitativa) del suddetto beneficio, che in quanto tale, ratione temporis non può applicarsi alla fattispecie per cui è causa, che resta integralmente regolata dall’antevigente disposizione".
Era invece concettualmente sovrapponibile al già citato orientamento espresso nella sentenza n. 4806/2013 la sentenza della VI Sezione n. 5533 del 12 novembre 2014, nella quale pure si valorizza quale argomento a contrario, favorevole al riconoscimento dell'indennità in caso di trasferimento per soppressione di reparto a sede indicata come gradita dall'interessato, la natura novativa della disposizione del comma 1 bis, richiamando l'irrilevanza del gradimento "...in quanto inidoneo ad immutare l’elemento causale tipico connotante siffatto tipo di trasferimento".
4.3) A fronte di tale contrasto interpretativo, la Sezione, con ordinanza n. 3269 del 1° luglio 2015, aveva deferito la questione all’Adunanza Plenaria -rilevante ovviamente per i soli movimenti disposti in epoca antecedente all'entrata in vigore della novella di cui art. 1 comma 163 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (che con l'introduzione del comma 1 bis al suddetto articolo 1 ha positivamente escluso la corresponsione dell'indennità nei predetti casi "...al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri")- esprimendo l’avviso che essa non potesse essere riconosciuta osservando che:
- “…la suddetta indennità, secondo quanto si evince anche dal quadro di riferimento normativo delineato sub 16.), rinviene, da sempre, la sua ratio nella posizione di assoluta soggezione dell'interessato in ordine all'individuazione della sede di servizio correlata al trasferimento d'autorità, e nel conseguente apprezzamento dell'interesse, meritevole di tutela, a sovvenire il destinatario del trasferimento dai disagi connessi, mediante il riconoscimento di un beneficio economico ancorché limitato nella sua estensione temporale, beninteso se lo spostamento di sede si colloca in un ambito spaziale superiore al limite di dieci chilometri (sulla rilevanza del limite anche in relazione alla disciplina recata dall'art. 1 della legge n. 86/2001 si rinvia alla nota Ad. Plen. 14 dicembre 2011, n. 23)”!;
- “…se appare davvero arduo sostenere che la soppressione del reparto e la conseguente assegnazione ad altro plesso organizzativo non sia inquadrabile nell'ambito concettuale del trasferimento (secondo quanto pure sostenuto nel richiamato parere della Sezione I n. 1290 del 14 marzo 2013), e ciò sia perché il trasferimento va riguardato nella doverosa contemplazione della prospettiva del destinatario con riferimento allo spostamento ad altro ufficio, quale che ne sia la ragione organizzativa, e sopratutto perché ancora il dato testuale del comma 1 bis nell'ipotesi di soppressione o dislocazione di reparti e relative articolazioni si riferisce in modo inequivoco "al personale trasferito"; e se del pari alla formulazione di una indicazione preferenziale nel quadro di un movimento procedimentalizzato non può riconoscersi il valore di una affatto libera e inequivoca manifestazione di volontà quale presupposta dall'istituto dell'acquiescenza, dovendosi dunque recisamente dissentire dall'altra opzione ermeneutica espressa citato parere della Sezione II n. 4407 del 25 ottobre 2013; nondimeno non può sostenersi, all'opposto, che la dichiarazione di una sede preferenziale da parte dell'interessato, e del conseguente trasferimento alla precipua sede richiesta, sia affatto irrilevante e non incida sulla natura del trasferimento, a questo punto non riconducibile stricto sensu e jure al tipico trasferimento d'autorità che costituisce il presupposto del riconoscimento del beneficio”;
- “collegandosi alle incisive argomentazioni della decisione n. 5201 del 23 ottobre 2008, risulta, ad avviso di questo Collegio, assai difficile negare la sostanziale consensualizzazione del movimento, e che questo quindi non giunga, per dir così "a sorpresa", sebbene in un quadro in cui all'interessato è stato offerto di poter valutare la soluzione preferibile nell'ambito delle sedi viciniori disponibili, e di poter calibrare la sua indicazione in funzione delle sue esigenze di vita, familiare e relazionale”;
- “non ritiene, invece, il Collegio che possa annettersi alcun rilievo esegetico alla disciplina novativa di cui al comma 1 bis, poiché l'argomento a contrario, in senso proprio e stretto, e quello che equivale al criterio esegetico "ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit", laddove non pare che una norma sopravvenuta che disciplina in modo precipuo una fattispecie, e in quella disciplina esaurisce la sua portata e i suoi effetti, possa avere valore interpretativo retroattivo della fattispecie medesima.
In altri termini, la circostanza che i trasferimenti per soppressione di reparto siano ora collocati fuori dall'ambito applicativo entro il quale opera il riconoscimento del beneficio, non può condurre a sostenere, che invece, per il passato, vi ricadessero, o quantomeno a riconoscere valore risolutivo della questione esegetica, trascurando peraltro la circostanza che la nuova disciplina prescinde affatto da qualsiasi consensualizzazione del movimento”.
- “E d'altro canto, laddove la legge ha inteso escludere ogni incidenza di una manifestazione di gradimento in ordine ad un trasferimento, ai fini del diritto alla corresponsione dell'indennità, ciò ha fatto espressamente, come nella disposizione dell'art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, nella quale, con l'inserimento dell'inciso "ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità" ha ricondotto al trasferimento d'ufficio (o all'assegnazione di sede non richiesta) i trasferimenti dei magistrati ordinari che abbiano comunque formulato una forma di consenso, ancorché poi sia stata dettata una disposizione dichiaratamente interpretativa (art. 1 comma 209 della legge 23 dicembre 2005, n. 266,), intesa a ricondurre anche questi ai trasferimenti a domanda”.
4.6) Con sentenza n. 1 del 29 gennaio 2016, pronunciata nella camera di consiglio del 18 novembre 2015, l’Adunanza Plenaria ha composto il contrasto giurisprudenziale, enunciando il seguente principio di diritto:
“Prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 - che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 - spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti”.
A tale conclusione l’Adunanza Plenaria è pervenuta osservando che “Tale clausola, infatti, incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost-…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.
4.7) Alla stregua del principio fissato dall’Adunanza Plenaria, che ha composto il richiamato contrasto giurisprudenziale, e non essendo controversa né la soppressione dei reparti di precedente assegnazione né l’ubicazione delle sedi di destinazione in comuni distanti oltre il limite spaziale dei dieci chilometri, l’appello deve essere quindi rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
5.) In relazione all’esistenza dei due opposti orientamenti ermeneutici, e alla loro “ricomposizione” soltanto a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, successiva alla proposizione dell’appello, sussistono le eccezionali ragioni che giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese e onorari anche del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) rigetta l’appello in epigrafe n.r. 3664 del 2015 e per l’effetto conferma la sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sezione I, n. 267 del 22 gennaio 2015.
Spese del giudizio d’appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/02/2016
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
L'Amministrazione perde l'Appello al CdS.
Trasferimento per soppressione del reparto di appartenenza.
Per chi è ancora in tempo può rifarsi con questa ulteriore sentenza.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201600863
- Public 2016-02-29 -
N. 00863/2016REG.PROV.COLL.
N. 08447/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8447 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Paolo Manfredini, Fabrizio Ravida', con domicilio eletto presso Fabrizio Ravidà in Roma, Via Attilio Bertoloni 44/46;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del PIEMONTE – Sede di TORINO - SEZIONE I n. 00960/2015, resa tra le parti, concernente corresponsione dell'indennità di trasferimento;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2015 il Consigliere Fabio Taormina e udito parte appellata l’ Avvocato Fabrizio Ravidà;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe appellata, il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte – sede di Torino - ha scrutinato ed accolto il ricorso proposto dall’odierno appellato OMISSIS per l’accertamento del diritto del predetto ricorrente alla corresponsione dell'indennità di cui all' art.1 della L. 100/1987 e successivamente prevista dall'art. 1 e ss. della L. 86/2001 nonchè dell'indennità di prima sistemazione di cui alla L. 836/73 e L. n. 417/1978 e art. 47, comma 5 DPR n. 164/2002 oltre interessi legali, in relazione al proprio trasferimento necessitato dalla soppressione del reparto di appartenenza e conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento delle predette indennità.
In punto di fatto l’appellato aveva fatto presente che in previsione della soppressione della Tenenza della Guardia di Finanza di Arona, disposta con circolare del 15 giugno 2011 del Comando Generale della Guardia di Finanza, l’Amministrazione aveva sottoposto a tutti gli interessati la facoltà di presentare istanza di trasferimento esprimendo un minimo di due reparti in ambito provinciale, regionale o interregionale, con l’assicurazione che, fatte salve le prioritarie esigenze dell’Amministrazione, le stesse sarebbero state accolte.
L’appellato aveva quindi presentato in data 11 luglio 2011 istanza di trasferimento, alternativamente, per la sede del Gruppo Malpensa (prima scelta) o per quella della Compagnia di Gallarate (seconda scelta) e l’Amministrazione aveva accolto l’istanza del ricorrente in relazione alla sede di “seconda scelta” e disposto il suo trasferimento presso la Compagnia di Gallarate a far data dall’1 agosto 2011.
Egli aveva fatto quindi presente che trattavasi di una domanda cui era stato facultizzato dall’Amministrazione, e che si innestava in una soppressione del Reparto, facendo presente che gli spettava quindi la richiesta indenniità.
Il Tar ha accolto il mezzo, richiamando copiosa giurisprudenza e motivando in ordine alla inapplicabilità dello jus superveniens ed alle conseguenze che dovevano discendere dalla natura non retroattiva del predetto jus superveniens; ha in proposito richiamato i principi di cui alla propria precedente sentenza n. 778/2015 del 15 maggio 2015, con conseguente accertamento del diritto dell’appellato a percepire le indennità indicate in epigrafe e condanna dell'Amministrazione a corrispondergli sulla base dei criteri di cui all'art. 1 della legge n. 86 del 2001, tutti gli emolumenti arretrati, maggiorati degli interessi legali per le somme non ancora corrisposte.
Il Tar ha invece escluso che all’appellato spettasse la rivalutazione monetaria.
La odierna parte appellante, già resistente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione e richiamando numerose decisioni giurisprudenziali che –a suo dire- confortavano le proprie critiche.
Alla adunanza camerale del 3 novembre 2015 la trattazione dell’incidente cautelare è stata differita al fine di consentire il perfezionamento delle notifiche
Parte appellata, con memoria depositata il 16.11.2015 ha chiesto la reiezione dell’appello, facendo presente che era rimasto definitivamente chiarito in giurisprudenza che in ipotesi di avvio di una domanda di trasferimento per soppressione di reparto, l’eventuale gradimento manifestato dal militare non valeva a trasformare la natura della procedura avviata da “trasferimento d’ufficio ” a quella di “trasferimento su domanda”.
Alla adunanza camerale dell’ 1 dicembre 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.Stante la completezza del contraddittorio, la non necessità di disporre incombenti istruttorii e la mancata opposizione delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio della possibilità di immediata definizione nel merito della causa l’appello può essere definitivamente deciso nel merito.
1.1. L’appello è infondato e va disatteso, in armonia con il recente orientamento della giurisprudenza (Consiglio di Stato sez. VI 12/11/2014 n. 5553, CGA,n. 00367/2014).
2. La questione centrale della presente controversia si risolve nel quesito, se al militare, il quale, dovendo necessariamente mutare di sede a seguito della soppressione del reparto di appartenenza, si veda tuttavia riconosciuta dall'Amministrazione la facoltà di indicare la nuova sede di destinazione, spetti, o meno, il diritto all'indennità di trasferimento 'di autorità' di cui all'art. 1, comma 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 (Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia).
Rileva il Collegio, in adesione a recenti pronunce di questo Consiglio di Stato (v. Cons. St., Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; Cons. St., Sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4806), che il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla sopra delineata questione (v., per la tesi favorevole alla posizione dei dipendenti trasferiti, Cons. Stato, Sez. I, 11 luglio 2012, parere sull'affare n. 1677/2012; C.G.A.R.S. 18 settembre 2012, n. 777; per la tesi favorevole all'Amministrazione: Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5767; Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3835) deve, ormai, ritenersi superato dal recente intervento legislativo di cui all'art. 1, comma 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha modificato la normativa di riferimento (art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86), inserendo, dopo il comma 1, un nuovo comma 1-bis, che testualmente recita: "L'indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d'autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni".
Infatti, nella nuova disposizione - introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2013, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, comma 561, della medesima legge n. 228 del 2012 - non è rinvenibile alcun elemento che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e, dunque, munita di efficacia retroattiva (si veda invece, in senso testualmente contrario, l'art. 3, comma 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350, con riguardo alla questione - analoga a quella qui trattata - del regime conseguente al trasferimento, previa domanda, alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica; cfr. al riguardo, per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4290).
Ne discende che la citata disposizione legislativa ha inteso avere un effetto innovativo nell'ordinamento, modificando la normativa previgente.
Deve quindi ritenersi, argomentando a contrariis dal nuovo dato normativo, che, prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, l'indennità connessa al trasferimento 'di autorità' spettasse - nella sussistenza di tutti i necessari requisiti di legge, a partire dalla distanza superiore ai dieci chilometri fra la sede di provenienza e quella di destinazione (v. Cons. Stato, Ad. Plen., 16 dicembre 2011, n. 23) -, allorché il trasferimento facesse seguito alla soppressione del reparto di appartenenza e, dunque, fosse avvenuto per ragioni d'ufficio nell'interesse dell'Amministrazione, irrilevante essendo il gradimento espresso dal militare in ordine alla nuova sede, in quanto inidoneo ad immutare l'elemento causale tipico connotante siffatto tipo di trasferimento.
Ne deriva che, collocandosi i trasferimenti de quibus in epoca anteriore all'entrata in vigore della nuova disciplina normativa, gli stessi restano assoggettati alla vecchia disciplina che, per quanto sopra esposto, riconosceva l'indennità di trasferimento 'di autorità' anche nei casi di trasferimento per soppressione del reparto di appartenenza, a prescindere dal gradimento, o meno, espresso dal militare in ordine alla nuova sede.
2.1. Non è, pertanto, sufficiente la mera presentazione di una domanda del pubblico dipendente affinché l’assegnazione ad una nuova sede di servizio possa essere sicuramente qualificata come trasferimento a domanda, dovendo indagarsi su quale interesse sia stato perseguito immediatamente e prioritariamente. ( cfr. ex multis C.G.A. nn. 582 del 2007, 505 del 2010 e 777 del 2012).
Nel caso in esame, come si è detto sopra, l’esigenza di trasferire l’appellato discende dalla decisione dell’Amministrazione di sopprimere l’articolazione presso la quale lo stesso prestava servizio: in tale contesto, la dislocazione in ambito regionale del personale già dipendente dal comando soppresso risponde dunque in via esclusiva o comunque del tutto prioritaria ai superiori interessi pubblici perseguiti dal Corpo mediante la adottata misura organizzativa.
Il connotato autoritativo del trasferimento non scolora per l’effetto della domanda ( o dichiarazione di gradimento ) presentata dal militare, in quanto questi risulta coinvolto in una procedura di mobilità non per scelta sua personale ma in esclusiva conseguenza delle opzioni organizzative valorizzate dall’amministrazione.
3. Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va quindi conclusivamente respinto.
4. Le spese di questo grado del giudizio vanno compensate tra le parti avuto riguardo alla natura della controversia ed alla pluralità di opzioni ermeneutiche patrocinate in passato dalla giurisprudenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2016
Trasferimento per soppressione del reparto di appartenenza.
Per chi è ancora in tempo può rifarsi con questa ulteriore sentenza.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201600863
- Public 2016-02-29 -
N. 00863/2016REG.PROV.COLL.
N. 08447/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8447 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Paolo Manfredini, Fabrizio Ravida', con domicilio eletto presso Fabrizio Ravidà in Roma, Via Attilio Bertoloni 44/46;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del PIEMONTE – Sede di TORINO - SEZIONE I n. 00960/2015, resa tra le parti, concernente corresponsione dell'indennità di trasferimento;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2015 il Consigliere Fabio Taormina e udito parte appellata l’ Avvocato Fabrizio Ravidà;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe appellata, il Tribunale amministrativo regionale del Piemonte – sede di Torino - ha scrutinato ed accolto il ricorso proposto dall’odierno appellato OMISSIS per l’accertamento del diritto del predetto ricorrente alla corresponsione dell'indennità di cui all' art.1 della L. 100/1987 e successivamente prevista dall'art. 1 e ss. della L. 86/2001 nonchè dell'indennità di prima sistemazione di cui alla L. 836/73 e L. n. 417/1978 e art. 47, comma 5 DPR n. 164/2002 oltre interessi legali, in relazione al proprio trasferimento necessitato dalla soppressione del reparto di appartenenza e conseguente condanna dell'Amministrazione al pagamento delle predette indennità.
In punto di fatto l’appellato aveva fatto presente che in previsione della soppressione della Tenenza della Guardia di Finanza di Arona, disposta con circolare del 15 giugno 2011 del Comando Generale della Guardia di Finanza, l’Amministrazione aveva sottoposto a tutti gli interessati la facoltà di presentare istanza di trasferimento esprimendo un minimo di due reparti in ambito provinciale, regionale o interregionale, con l’assicurazione che, fatte salve le prioritarie esigenze dell’Amministrazione, le stesse sarebbero state accolte.
L’appellato aveva quindi presentato in data 11 luglio 2011 istanza di trasferimento, alternativamente, per la sede del Gruppo Malpensa (prima scelta) o per quella della Compagnia di Gallarate (seconda scelta) e l’Amministrazione aveva accolto l’istanza del ricorrente in relazione alla sede di “seconda scelta” e disposto il suo trasferimento presso la Compagnia di Gallarate a far data dall’1 agosto 2011.
Egli aveva fatto quindi presente che trattavasi di una domanda cui era stato facultizzato dall’Amministrazione, e che si innestava in una soppressione del Reparto, facendo presente che gli spettava quindi la richiesta indenniità.
Il Tar ha accolto il mezzo, richiamando copiosa giurisprudenza e motivando in ordine alla inapplicabilità dello jus superveniens ed alle conseguenze che dovevano discendere dalla natura non retroattiva del predetto jus superveniens; ha in proposito richiamato i principi di cui alla propria precedente sentenza n. 778/2015 del 15 maggio 2015, con conseguente accertamento del diritto dell’appellato a percepire le indennità indicate in epigrafe e condanna dell'Amministrazione a corrispondergli sulla base dei criteri di cui all'art. 1 della legge n. 86 del 2001, tutti gli emolumenti arretrati, maggiorati degli interessi legali per le somme non ancora corrisposte.
Il Tar ha invece escluso che all’appellato spettasse la rivalutazione monetaria.
La odierna parte appellante, già resistente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione e richiamando numerose decisioni giurisprudenziali che –a suo dire- confortavano le proprie critiche.
Alla adunanza camerale del 3 novembre 2015 la trattazione dell’incidente cautelare è stata differita al fine di consentire il perfezionamento delle notifiche
Parte appellata, con memoria depositata il 16.11.2015 ha chiesto la reiezione dell’appello, facendo presente che era rimasto definitivamente chiarito in giurisprudenza che in ipotesi di avvio di una domanda di trasferimento per soppressione di reparto, l’eventuale gradimento manifestato dal militare non valeva a trasformare la natura della procedura avviata da “trasferimento d’ufficio ” a quella di “trasferimento su domanda”.
Alla adunanza camerale dell’ 1 dicembre 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.Stante la completezza del contraddittorio, la non necessità di disporre incombenti istruttorii e la mancata opposizione delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio della possibilità di immediata definizione nel merito della causa l’appello può essere definitivamente deciso nel merito.
1.1. L’appello è infondato e va disatteso, in armonia con il recente orientamento della giurisprudenza (Consiglio di Stato sez. VI 12/11/2014 n. 5553, CGA,n. 00367/2014).
2. La questione centrale della presente controversia si risolve nel quesito, se al militare, il quale, dovendo necessariamente mutare di sede a seguito della soppressione del reparto di appartenenza, si veda tuttavia riconosciuta dall'Amministrazione la facoltà di indicare la nuova sede di destinazione, spetti, o meno, il diritto all'indennità di trasferimento 'di autorità' di cui all'art. 1, comma 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 (Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia).
Rileva il Collegio, in adesione a recenti pronunce di questo Consiglio di Stato (v. Cons. St., Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4159; Cons. St., Sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4806), che il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla sopra delineata questione (v., per la tesi favorevole alla posizione dei dipendenti trasferiti, Cons. Stato, Sez. I, 11 luglio 2012, parere sull'affare n. 1677/2012; C.G.A.R.S. 18 settembre 2012, n. 777; per la tesi favorevole all'Amministrazione: Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5767; Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3835) deve, ormai, ritenersi superato dal recente intervento legislativo di cui all'art. 1, comma 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha modificato la normativa di riferimento (art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86), inserendo, dopo il comma 1, un nuovo comma 1-bis, che testualmente recita: "L'indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d'autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni".
Infatti, nella nuova disposizione - introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2013, ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, comma 561, della medesima legge n. 228 del 2012 - non è rinvenibile alcun elemento che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e, dunque, munita di efficacia retroattiva (si veda invece, in senso testualmente contrario, l'art. 3, comma 74, l. 24 dicembre 2003, n. 350, con riguardo alla questione - analoga a quella qui trattata - del regime conseguente al trasferimento, previa domanda, alle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica; cfr. al riguardo, per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2012, n. 4290).
Ne discende che la citata disposizione legislativa ha inteso avere un effetto innovativo nell'ordinamento, modificando la normativa previgente.
Deve quindi ritenersi, argomentando a contrariis dal nuovo dato normativo, che, prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, l'indennità connessa al trasferimento 'di autorità' spettasse - nella sussistenza di tutti i necessari requisiti di legge, a partire dalla distanza superiore ai dieci chilometri fra la sede di provenienza e quella di destinazione (v. Cons. Stato, Ad. Plen., 16 dicembre 2011, n. 23) -, allorché il trasferimento facesse seguito alla soppressione del reparto di appartenenza e, dunque, fosse avvenuto per ragioni d'ufficio nell'interesse dell'Amministrazione, irrilevante essendo il gradimento espresso dal militare in ordine alla nuova sede, in quanto inidoneo ad immutare l'elemento causale tipico connotante siffatto tipo di trasferimento.
Ne deriva che, collocandosi i trasferimenti de quibus in epoca anteriore all'entrata in vigore della nuova disciplina normativa, gli stessi restano assoggettati alla vecchia disciplina che, per quanto sopra esposto, riconosceva l'indennità di trasferimento 'di autorità' anche nei casi di trasferimento per soppressione del reparto di appartenenza, a prescindere dal gradimento, o meno, espresso dal militare in ordine alla nuova sede.
2.1. Non è, pertanto, sufficiente la mera presentazione di una domanda del pubblico dipendente affinché l’assegnazione ad una nuova sede di servizio possa essere sicuramente qualificata come trasferimento a domanda, dovendo indagarsi su quale interesse sia stato perseguito immediatamente e prioritariamente. ( cfr. ex multis C.G.A. nn. 582 del 2007, 505 del 2010 e 777 del 2012).
Nel caso in esame, come si è detto sopra, l’esigenza di trasferire l’appellato discende dalla decisione dell’Amministrazione di sopprimere l’articolazione presso la quale lo stesso prestava servizio: in tale contesto, la dislocazione in ambito regionale del personale già dipendente dal comando soppresso risponde dunque in via esclusiva o comunque del tutto prioritaria ai superiori interessi pubblici perseguiti dal Corpo mediante la adottata misura organizzativa.
Il connotato autoritativo del trasferimento non scolora per l’effetto della domanda ( o dichiarazione di gradimento ) presentata dal militare, in quanto questi risulta coinvolto in una procedura di mobilità non per scelta sua personale ma in esclusiva conseguenza delle opzioni organizzative valorizzate dall’amministrazione.
3. Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va quindi conclusivamente respinto.
4. Le spese di questo grado del giudizio vanno compensate tra le parti avuto riguardo alla natura della controversia ed alla pluralità di opzioni ermeneutiche patrocinate in passato dalla giurisprudenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2016
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201600924
- Public 2016-03-07 -
N. 00924/2016REG.PROV.COLL.
N. 10017/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10017 del 2007, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Musarra, con domicilio eletto presso Ivan Marrapodi in Roma, via Premuda, 6;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00748/2007, resa tra le parti, concernente revoca trasferimento dell’appellato, di cui alla nota Capo PS 26.5.1997 n. 333 dal Commissariato PS di Villa San Giovanni al CIC di Reggio Calabria ed al provvedimento 1.7.1997 che disponeva il trattamento di missione dal gennaio al giugno 1997.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Vitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellato, già ricorrente in primo grado, all’inizio dell’anno 1997 prestava servizio, quale Vice-ispettore di Polizia, presso il Commissariato P.S. di Villa San Giovanni. Con atto notificatogli il 2 gennaio 1997 egli è stato trasferito (ufficialmente “a domanda”) presso il Centro Criminalpol di Reggio Calabria.
Tuttavia l’interessato non aveva presentato alcuna domanda in tal senso. Pertanto, mentre prestava ottemperanza all’ordine di trasferimento, faceva istanza perché il trasferimento venisse qualificato “d’autorità” con la conseguente attribuzione dei benefici economici previsti per legge.
Con successivo provvedimento del 26 maggio 1997, l’amministrazione ha preso atto che il dipendente non aveva presentato alcuna istanza di trasferimento ed ha quindi revocato l’originario provvedimento disponendo che l’interessato riprendesse servizio presso il Commissariato di Villa San Giovanni. Per il periodo di effettivo servizio nella sede di Reggio Calabria (dall’8 gennaio al 9 giugno 1997) l’amministrazione, con provvedimento del 1° luglio 1997, disponeva che all’interessato venisse corrisposto il trattamento di missione.
2. Il funzionario ha impugnato davanti al T.A.R. di Reggio Calabria (r.g. 1169/2007) i due atti del 26 maggio e del 1° luglio 1997, limitatamente alla parte in cui riconoscevano in suo favore il trattamento di missione.
Il ricorrente sosteneva che invece vi erano stati due consecutivi trasferimenti d’autorità: il primo da Villa San Giovanni a Reggio Calabria, il secondo da Reggio Calabria a Villa San Giovanni. Reclamava pertanto tutti i benefici economici spettanti per l’uno e per l’altro trasferimento.
3. Il T.A.R. di Reggio Calabria ha accolto il ricorso con sentenza n. 748/2007 pubblicata il 23 luglio 2007.
La sentenza riconosce che la vicenda aveva concretizzato un duplice trasferimento d’autorità, e che pertanto all’interessato spettava il trattamento di trasferimento per l’una e per l’altra occasione. Il T.A.R. ha tuttavia precisato che sulle somme dovute non spetta la rivalutazione.
4. Contro la sentenza ha proposto appello il Ministero dell’Interno.
L’interessato si è costituito eccependo l’inammissibilità dell’appello e contestandone comunque la fondatezza nel merito.
5. Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’eccezione d’inammissibilità dell’appello (la cui fondatezza non appare di immediata evidenza) in quanto la sentenza appellata deve comunque essere confermata nel merito.
6. Si deve prendere atto innanzi tutto della circostanza che il Ministero appellante riconosce che il trasferimento dell’interessato a Reggio Calabria era stato disposto nell’erroneo convincimento che vi fosse una istanza in tal senso; anzi il Ministero aggiunge che per una prassi costante e motivata le assegnazioni ai Centri Criminalpol non vengono disposte se non a domanda e che pertanto, se non vi fosse stato quel fraintendimento, l’attuale appellato non sarebbe stato inviato a quella sede.
E’ dunque confermato, senza ombra di dubbio, che il trasferimento a Reggio Calabria è stato disposto d’autorità e che per esso pertanto spetta l’inerente trattamento economico.
7. L’appellante deduce, ancora, che l’interessato avrebbe manifestato la sua contrarietà al trasferimento solo qualche tempo dopo che esso era stato attuato. Questa circostanza però è smentita in punto di fatto, perché al contrario l’interessato aveva segnalato l’inesistenza di una sua domanda con apposita postilla alla ricevuta della comunicazione del trasferimento.
8. Quanto al secondo trasferimento (quello da Reggio Calabria a Villa San Giovanni) l’appellante Ministero deduce che questo dovrebbe essere considerato “a domanda” in quanto è stato disposto proprio per venire incontro all’interesse del dipendente, il quale si era doluto di essere stato inviato a Reggio Calabria contro la sua volontà.
Ma sta di fatto che il dipendente non aveva chiesto di essere restituito a Villa San Giovanni; aveva solamente segnalato che il trasferimento non era stato preceduto da una sua domanda, e lo aveva fatto al fine di conseguire i benefici economici connessi al trasferimento d’autorità.
Quindi anche il secondo trasferimento deve essere qualificato come avvenuto d’autorità.
9. E’ corretto, infine, il giudizio del T.A.R. secondo il quale non vi erano i presupposti per applicare (a posteriori) la disciplina delle “missioni”.
10. In conclusione, l’appello del Ministero va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e, pertanto, liquidate in euro 3.000,00 oltre gli accessori di legge, sono poste a carico del Ministero dell’Interno.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello in epigrafe e per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Pone le spese del grado, liquidate in euro 3000 oltre agli accessori dovuti per legge, a carico del Ministero dell’Interno.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Michele Corradino, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2016
- Public 2016-03-07 -
N. 00924/2016REG.PROV.COLL.
N. 10017/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10017 del 2007, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Musarra, con domicilio eletto presso Ivan Marrapodi in Roma, via Premuda, 6;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00748/2007, resa tra le parti, concernente revoca trasferimento dell’appellato, di cui alla nota Capo PS 26.5.1997 n. 333 dal Commissariato PS di Villa San Giovanni al CIC di Reggio Calabria ed al provvedimento 1.7.1997 che disponeva il trattamento di missione dal gennaio al giugno 1997.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Vitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellato, già ricorrente in primo grado, all’inizio dell’anno 1997 prestava servizio, quale Vice-ispettore di Polizia, presso il Commissariato P.S. di Villa San Giovanni. Con atto notificatogli il 2 gennaio 1997 egli è stato trasferito (ufficialmente “a domanda”) presso il Centro Criminalpol di Reggio Calabria.
Tuttavia l’interessato non aveva presentato alcuna domanda in tal senso. Pertanto, mentre prestava ottemperanza all’ordine di trasferimento, faceva istanza perché il trasferimento venisse qualificato “d’autorità” con la conseguente attribuzione dei benefici economici previsti per legge.
Con successivo provvedimento del 26 maggio 1997, l’amministrazione ha preso atto che il dipendente non aveva presentato alcuna istanza di trasferimento ed ha quindi revocato l’originario provvedimento disponendo che l’interessato riprendesse servizio presso il Commissariato di Villa San Giovanni. Per il periodo di effettivo servizio nella sede di Reggio Calabria (dall’8 gennaio al 9 giugno 1997) l’amministrazione, con provvedimento del 1° luglio 1997, disponeva che all’interessato venisse corrisposto il trattamento di missione.
2. Il funzionario ha impugnato davanti al T.A.R. di Reggio Calabria (r.g. 1169/2007) i due atti del 26 maggio e del 1° luglio 1997, limitatamente alla parte in cui riconoscevano in suo favore il trattamento di missione.
Il ricorrente sosteneva che invece vi erano stati due consecutivi trasferimenti d’autorità: il primo da Villa San Giovanni a Reggio Calabria, il secondo da Reggio Calabria a Villa San Giovanni. Reclamava pertanto tutti i benefici economici spettanti per l’uno e per l’altro trasferimento.
3. Il T.A.R. di Reggio Calabria ha accolto il ricorso con sentenza n. 748/2007 pubblicata il 23 luglio 2007.
La sentenza riconosce che la vicenda aveva concretizzato un duplice trasferimento d’autorità, e che pertanto all’interessato spettava il trattamento di trasferimento per l’una e per l’altra occasione. Il T.A.R. ha tuttavia precisato che sulle somme dovute non spetta la rivalutazione.
4. Contro la sentenza ha proposto appello il Ministero dell’Interno.
L’interessato si è costituito eccependo l’inammissibilità dell’appello e contestandone comunque la fondatezza nel merito.
5. Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’eccezione d’inammissibilità dell’appello (la cui fondatezza non appare di immediata evidenza) in quanto la sentenza appellata deve comunque essere confermata nel merito.
6. Si deve prendere atto innanzi tutto della circostanza che il Ministero appellante riconosce che il trasferimento dell’interessato a Reggio Calabria era stato disposto nell’erroneo convincimento che vi fosse una istanza in tal senso; anzi il Ministero aggiunge che per una prassi costante e motivata le assegnazioni ai Centri Criminalpol non vengono disposte se non a domanda e che pertanto, se non vi fosse stato quel fraintendimento, l’attuale appellato non sarebbe stato inviato a quella sede.
E’ dunque confermato, senza ombra di dubbio, che il trasferimento a Reggio Calabria è stato disposto d’autorità e che per esso pertanto spetta l’inerente trattamento economico.
7. L’appellante deduce, ancora, che l’interessato avrebbe manifestato la sua contrarietà al trasferimento solo qualche tempo dopo che esso era stato attuato. Questa circostanza però è smentita in punto di fatto, perché al contrario l’interessato aveva segnalato l’inesistenza di una sua domanda con apposita postilla alla ricevuta della comunicazione del trasferimento.
8. Quanto al secondo trasferimento (quello da Reggio Calabria a Villa San Giovanni) l’appellante Ministero deduce che questo dovrebbe essere considerato “a domanda” in quanto è stato disposto proprio per venire incontro all’interesse del dipendente, il quale si era doluto di essere stato inviato a Reggio Calabria contro la sua volontà.
Ma sta di fatto che il dipendente non aveva chiesto di essere restituito a Villa San Giovanni; aveva solamente segnalato che il trasferimento non era stato preceduto da una sua domanda, e lo aveva fatto al fine di conseguire i benefici economici connessi al trasferimento d’autorità.
Quindi anche il secondo trasferimento deve essere qualificato come avvenuto d’autorità.
9. E’ corretto, infine, il giudizio del T.A.R. secondo il quale non vi erano i presupposti per applicare (a posteriori) la disciplina delle “missioni”.
10. In conclusione, l’appello del Ministero va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e, pertanto, liquidate in euro 3.000,00 oltre gli accessori di legge, sono poste a carico del Ministero dell’Interno.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello in epigrafe e per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Pone le spese del grado, liquidate in euro 3000 oltre agli accessori dovuti per legge, a carico del Ministero dell’Interno.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Michele Corradino, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2016
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
A tutti i colleghi CC, faccio presente che nel portale Leonardo è stata pubblicata la lettera del C.G.A. - Direzione di Amministrazione - n. 6/196/10-2 datata 13/12/2016 ad oggetto: "Linee guida Amministrative sul trattamento economico di Trasferimento nel territorio nazionale a favore del personale dell'Arma dei CC. in attività di servizio", il cui scopo pratico è quello di permettere agli operatori dei Servizi Amministrativi e delle Sezioni Amministrative ed a tutto il Personale dell'Arma dei Carabinieri di avere una visione completa ed esaustiva del settore.
Con detta lettera, sono state abrogate molte circolari che sono riportate nell'allegato "A" a far data dalla diramazione della stessa, a cui si rimanda per la lettura.
Con detta lettera, sono state abrogate molte circolari che sono riportate nell'allegato "A" a far data dalla diramazione della stessa, a cui si rimanda per la lettura.
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
Il CdS rigetta l'appello dell'Amministrazione.
-------------------------------------------------------------------
il CdS scrive:
1) - Ciò premesso, vertendo la controversia in tema di diritti soggettivi patrimoniali, deve passarsi in concreto a stabilire se nel caso all’esame – come sostiene l’appellante con dovizia di riferimenti normativi - la distanza da prendere in considerazione è quella tra le due case comunali ( pacificamente: 8 km) o invece – come deduce l’appellato - quella tra i due reparti di assegnazione ( pacificamente: 17 km).
2) - Al riguardo, la consolidata giurisprudenza della Sezione ( cfr. per tutte IV n. 2973 del 2003) ha chiarito che le distanze si computano di norma tra le case comunali, valendo il criterio derogatorio della sede dell’ufficio solo quando questo si trova in località isolata.
3) - Nel caso in esame, come rilevato dal ricorrente, la precedente sede di servizio ( Ponte Miscecco) era appunto dislocata in località isolata a ridosso, per quanto si comprende, del confine italo-sloveno.
Leggete tutto il contesto qui sotto.
------------------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201703472
- Public 2017-07-14 -
Pubblicato il 14/07/2017
N. 03472/2017REG.PROV.COLL.
N. 06970/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6970 del 2008, proposto da:
Min. Economia e Finanze - Com. Gen. G D F. - Com Rep. Tla Friuli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
S.. Girolamo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Orazio Francesco Esposito, Michela Bacchetti, con domicilio eletto presso lo studio Gigliola Mazza Ricci in Roma, via di Pietralata 320;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE n. 00137/2008, resa tra le parti, concernente diniego riconoscimento indennita' di trasferimento
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Avv.to dello Stato De Felice;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’odierno appellato, militare appartenente al Corpo della Guardia di Finanza ed assegnato a reparto dislocato nella frazione Ponte Miscecco ( comune di Prepotto), è stato trasferito d’autorità a Ente di stanza nel comune di Cividale del Friuli.
La richiesta dell’interessato di fruire dell’indennità di trasferimento è stata respinta dal Corpo, con provvedimento che il militare ha impugnato avanti al TAR Friuli.
A sostegno del diniego la P.A. ha rilevato che la distanza tra le case comunali di Prepotto e Cividale è inferiore ai 10 km.
Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha accolto il gravame rilevando che l’art. 1 della legge 86/2001 subordina l’indennità al solo trasferimento in comune diverso e non richiede più perciò la distanza minima ( appunto 10 km) prima prevista dall’art. 1 Legge 100/1987.
La sentenza è stata impugnata con l’appello oggi all’esame dall’Amministrazione la quale ne ha chiesto l’integrale riforma.
Si è costituito in resistenza l’appellato, il quale reitera le ulteriori censure contro il provvedimento impugnato già da lui versate in primo grado.
Le Parti hanno depositato memorie.
All’udienza del 13 luglio 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello è da respingere e la sentenza impugnata va confermata, sia pure con diversa motivazione.
In effetti, come dedotto dall’appellante, la censura erroneamente accolta dal TAR era infondata: la giurisprudenza ( cfr. per tutte Ap. n. 23 del 2011) ha infatti successivamente chiarito che la distanza minima dei 10 km – di cui alle norme sull’indennità di missione - costituisce sempre, pur nel vigore della nuova disciplina, requisito di base per l’erogazione anche dell’indennità di trasferimento.
Ciò premesso, vertendo la controversia in tema di diritti soggettivi patrimoniali, deve passarsi in concreto a stabilire se nel caso all’esame – come sostiene l’appellante con dovizia di riferimenti normativi - la distanza da prendere in considerazione è quella tra le due case comunali ( pacificamente: 8 km) o invece – come deduce l’appellato - quella tra i due reparti di assegnazione ( pacificamente: 17 km).
Al riguardo, la consolidata giurisprudenza della Sezione ( cfr. per tutte IV n. 2973 del 2003) ha chiarito che le distanze si computano di norma tra le case comunali, valendo il criterio derogatorio della sede dell’ufficio solo quando questo si trova in località isolata.
Nel caso in esame, come rilevato dal ricorrente, la precedente sede di servizio ( Ponte Miscecco) era appunto dislocata in località isolata a ridosso, per quanto si comprende, del confine italo-sloveno.
Dal momento che, come si è sopra puntualizzato, Ponte Miscecco dista 17 km da Cividale, al militare andava dunque corrisposta l’indennità.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello dell’Amministrazione va perciò respinto e la sentenza impugnata va confermata con diversa motivazione.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comando Generale della Guardia di Finanza al pagamento in favore di S.. Girolamo di euro 1500 ( millecinquecento ) oltre spese generali IVA e CAP se dovuti, per le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
-------------------------------------------------------------------
il CdS scrive:
1) - Ciò premesso, vertendo la controversia in tema di diritti soggettivi patrimoniali, deve passarsi in concreto a stabilire se nel caso all’esame – come sostiene l’appellante con dovizia di riferimenti normativi - la distanza da prendere in considerazione è quella tra le due case comunali ( pacificamente: 8 km) o invece – come deduce l’appellato - quella tra i due reparti di assegnazione ( pacificamente: 17 km).
2) - Al riguardo, la consolidata giurisprudenza della Sezione ( cfr. per tutte IV n. 2973 del 2003) ha chiarito che le distanze si computano di norma tra le case comunali, valendo il criterio derogatorio della sede dell’ufficio solo quando questo si trova in località isolata.
3) - Nel caso in esame, come rilevato dal ricorrente, la precedente sede di servizio ( Ponte Miscecco) era appunto dislocata in località isolata a ridosso, per quanto si comprende, del confine italo-sloveno.
Leggete tutto il contesto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201703472
- Public 2017-07-14 -
Pubblicato il 14/07/2017
N. 03472/2017REG.PROV.COLL.
N. 06970/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6970 del 2008, proposto da:
Min. Economia e Finanze - Com. Gen. G D F. - Com Rep. Tla Friuli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
S.. Girolamo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Orazio Francesco Esposito, Michela Bacchetti, con domicilio eletto presso lo studio Gigliola Mazza Ricci in Roma, via di Pietralata 320;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE n. 00137/2008, resa tra le parti, concernente diniego riconoscimento indennita' di trasferimento
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Avv.to dello Stato De Felice;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’odierno appellato, militare appartenente al Corpo della Guardia di Finanza ed assegnato a reparto dislocato nella frazione Ponte Miscecco ( comune di Prepotto), è stato trasferito d’autorità a Ente di stanza nel comune di Cividale del Friuli.
La richiesta dell’interessato di fruire dell’indennità di trasferimento è stata respinta dal Corpo, con provvedimento che il militare ha impugnato avanti al TAR Friuli.
A sostegno del diniego la P.A. ha rilevato che la distanza tra le case comunali di Prepotto e Cividale è inferiore ai 10 km.
Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha accolto il gravame rilevando che l’art. 1 della legge 86/2001 subordina l’indennità al solo trasferimento in comune diverso e non richiede più perciò la distanza minima ( appunto 10 km) prima prevista dall’art. 1 Legge 100/1987.
La sentenza è stata impugnata con l’appello oggi all’esame dall’Amministrazione la quale ne ha chiesto l’integrale riforma.
Si è costituito in resistenza l’appellato, il quale reitera le ulteriori censure contro il provvedimento impugnato già da lui versate in primo grado.
Le Parti hanno depositato memorie.
All’udienza del 13 luglio 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello è da respingere e la sentenza impugnata va confermata, sia pure con diversa motivazione.
In effetti, come dedotto dall’appellante, la censura erroneamente accolta dal TAR era infondata: la giurisprudenza ( cfr. per tutte Ap. n. 23 del 2011) ha infatti successivamente chiarito che la distanza minima dei 10 km – di cui alle norme sull’indennità di missione - costituisce sempre, pur nel vigore della nuova disciplina, requisito di base per l’erogazione anche dell’indennità di trasferimento.
Ciò premesso, vertendo la controversia in tema di diritti soggettivi patrimoniali, deve passarsi in concreto a stabilire se nel caso all’esame – come sostiene l’appellante con dovizia di riferimenti normativi - la distanza da prendere in considerazione è quella tra le due case comunali ( pacificamente: 8 km) o invece – come deduce l’appellato - quella tra i due reparti di assegnazione ( pacificamente: 17 km).
Al riguardo, la consolidata giurisprudenza della Sezione ( cfr. per tutte IV n. 2973 del 2003) ha chiarito che le distanze si computano di norma tra le case comunali, valendo il criterio derogatorio della sede dell’ufficio solo quando questo si trova in località isolata.
Nel caso in esame, come rilevato dal ricorrente, la precedente sede di servizio ( Ponte Miscecco) era appunto dislocata in località isolata a ridosso, per quanto si comprende, del confine italo-sloveno.
Dal momento che, come si è sopra puntualizzato, Ponte Miscecco dista 17 km da Cividale, al militare andava dunque corrisposta l’indennità.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello dell’Amministrazione va perciò respinto e la sentenza impugnata va confermata con diversa motivazione.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comando Generale della Guardia di Finanza al pagamento in favore di S.. Girolamo di euro 1500 ( millecinquecento ) oltre spese generali IVA e CAP se dovuti, per le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
corresponsione indennità di trasferimento - l. 100/1987.
qui si parla di personale accasermato e non.
Il CdS respinge l'appello dell'Amministrazione.
---------------------------------------------------------------------------
1) - Il sig. Conte, sergente dell’Esercito già assegnato al IV Reggimento carri di Civitavecchia, in data 5.9.1995 è stato trasferito al XXXI Reggimento di Altamura.
2) - In quell’occasione l’interessato non ha richiesto l’indennità di trasferimento, in quanto non spettante al personale militare ( come i sergenti) accasermato.
3) - In data 19.7.1996 il Conte è stato promosso sergente maggiore, con decorrenza giuridica retroattiva al 2.3.1994.
4) - Dal momento che il militare con grado di sergente maggiore non è più accasermato, il Conte ha allora richiesto di fruire della indennità dal 5.9.1995 ( data del trasferimento).
5) - A fronte del diniego opposto dall’Amministrazione il militare si è quindi rivolto al TAR Bari il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha accolto in parte il gravame, stabilendo la spettanza dell’indennità dal 19.7.1996 ( data della promozione).
N.B.: leggete tutto il contesto qui sotto.
---------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201703479
- Public 2017-07-17 -
Pubblicato il 17/07/2017
N. 03479/2017 REG.PROV.COLL.
N. 07795/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7795 del 2008, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Conte Alfredo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giancarlo Alberti Di Catenaja, con domicilio eletto presso lo studio Luana Lionetto in Roma, via San Gemini 34;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 00665/2008, resa tra le parti, concernente corresponsione indennità di trasferimento - l. 100/1987
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Avv.to dello Stato De Felice, Alberti di Catenaja;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. Conte, sergente dell’Esercito già assegnato al IV Reggimento carri di Civitavecchia, in data 5.9.1995 è stato trasferito al XXXI Reggimento di Altamura.
In quell’occasione l’interessato non ha richiesto l’indennità di trasferimento, in quanto non spettante al personale militare ( come i sergenti) accasermato.
In data 19.7.1996 il Conte è stato promosso sergente maggiore, con decorrenza giuridica retroattiva al 2.3.1994.
Dal momento che il militare con grado di sergente maggiore non è più accasermato, il Conte ha allora richiesto di fruire della indennità dal 5.9.1995 ( data del trasferimento).
A fronte del diniego opposto dall’Amministrazione il militare si è quindi rivolto al TAR Bari il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha accolto in parte il gravame, stabilendo la spettanza dell’indennità dal 19.7.1996 ( data della promozione).
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dall’Amministrazione la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, con rigetto del ricorso introduttivo.
Si è costituito in resistenza l’interessato, il quale ha poi depositato memoria.
All’udienza del 13 luglio 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello non è fondato.
Con il primo motivo l’Amministrazione della Difesa deduce che l’indennità non spettava, perché quella di Altamura era la prima destinazione di servizio del Conte, al termine della fase addestrativa.
Il mezzo non può trovare favorevole considerazione in quanto dagli atti risulta che in precedenza il sergente, al termine dell’addestramento, era stato assegnato al IV Reggimento di Civitavecchia ove era transitato in spe già prima del trasferimento ad Altamura: non si comprende pertanto come l’appellante possa sostenere che il XXXI Reggimento fosse la prima destinazione del Conte.
Ne risulta che il mezzo è inammissibile per la sua genericità.
Con il secondo motivo l’Amministrazione deduce, se ben si comprende, che l’indennità non spetta nel caso in cui il servizio o la funzione cui sia adibito il militare non consente una permanenza quadriennale.
Anche questo mezzo risulta inammissibile per la sua perplessità posto che, come affermato dall’interessato senza contestazioni di controparte, il militare ha continuato a prestare servizio al 31^ reggimento per oltre dieci anni: il che consente di escludere che il trasferimento in Puglia fosse correlato ad esigenze temporanee o transeunti ( addestramento formazione etc.).
Con il terzo e centrale motivo l’appellante deduce che il TAR ha obliterato il disposto dell’art. 4 della legge n. 836 del 1973, a mente del quale eventuali promozioni retroattive non incidono sull’indennità liquidata per i periodi di missione anteriori alla promozione stessa.
Questo mezzo non è fondato.
Come è noto, il citato art. 4 L. n. 836 del 1973 dispone che “la decorrenza retroattiva nelle promozioni o nelle sistemazioni in ruolo non ha effetto per la determinazione delle indennità da corrispondersi nelle missioni compiute sia all’ interno della Repubblica, sia all’estero, e per i periodi di missione già decorsi alla data di promozione o di sistemazione in ruolo”.
Segue da ciò che i militari, che alla data dell’ avvenuto trasferimento erano obbligati ad alloggiare in caserma per effetto del grado rivestito (nella specie, sergente), non hanno diritto all’indennità di trasferimento per il periodo anteriore alla data di adozione del decreto di avanzamento al grado superiore (nella specie, sergente maggiore), durante il quale hanno fruito del beneficio dell’ accasermamento.
Per contro, come chiarito dalla risalente Giurisprudenza della Sezione, “ La suddetta indennità va invece corrisposta, in coerente applicazione dei principi innanzi richiamati, per il restante periodo, cioè per quello compreso fra la data di adozione del decreto innanzi richiamato e quella finale del biennio dall’ avvenuto trasferimento, durante il quale gli ex sergenti perdono il beneficio dell’
accasermamento avendo acquisito a tutti gli effetti il grado di sergente maggiore incompatibile con esso”. ( cfr. IV Sez. 3965 del 2007 e 2215 del 2007).
In sostanza, l’indennità spetta non dalla data retroattiva di decorrenza giuridica della promozione, ma dalla data in cui il militare consegue il grado di sergente maggiore, come esattamente stabilito dal TAR.
Il che, del resto, è del tutto coerente col disposto dell’art. 4 citato il quale infatti limita il diniego di corresponsione dell ’indennità ai “periodi… già decorsi alla data del decreto di promozione”.
Con l’ultimo motivo l’Amministrazione deduce l’errore di giudizio in cui è incorso il TAR, non avvedendosi che per effetto dell’art. 1 c. 36 della legge finanziaria n. 549 del 1995 il periodo di corresponsione dell’indennità è stato ridotto da un biennio ad ad un anno.
Il mezzo non può essere favorevolmente considerato in quanto la riduzione non risulta applicabile ad un trasferimento disposto prima della data di entrata in vigore della legge ( 1.1.1996).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto, con integrale conferma della sentenza gravata.
Le spese di questo grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento in favore di Conte Alfredo di euro 2000 ( duemila) oltre spese generali IVA e CAP per spese e onorari di questo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
qui si parla di personale accasermato e non.
Il CdS respinge l'appello dell'Amministrazione.
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1) - Il sig. Conte, sergente dell’Esercito già assegnato al IV Reggimento carri di Civitavecchia, in data 5.9.1995 è stato trasferito al XXXI Reggimento di Altamura.
2) - In quell’occasione l’interessato non ha richiesto l’indennità di trasferimento, in quanto non spettante al personale militare ( come i sergenti) accasermato.
3) - In data 19.7.1996 il Conte è stato promosso sergente maggiore, con decorrenza giuridica retroattiva al 2.3.1994.
4) - Dal momento che il militare con grado di sergente maggiore non è più accasermato, il Conte ha allora richiesto di fruire della indennità dal 5.9.1995 ( data del trasferimento).
5) - A fronte del diniego opposto dall’Amministrazione il militare si è quindi rivolto al TAR Bari il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha accolto in parte il gravame, stabilendo la spettanza dell’indennità dal 19.7.1996 ( data della promozione).
N.B.: leggete tutto il contesto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201703479
- Public 2017-07-17 -
Pubblicato il 17/07/2017
N. 03479/2017 REG.PROV.COLL.
N. 07795/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7795 del 2008, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Conte Alfredo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giancarlo Alberti Di Catenaja, con domicilio eletto presso lo studio Luana Lionetto in Roma, via San Gemini 34;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 00665/2008, resa tra le parti, concernente corresponsione indennità di trasferimento - l. 100/1987
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Avv.to dello Stato De Felice, Alberti di Catenaja;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. Conte, sergente dell’Esercito già assegnato al IV Reggimento carri di Civitavecchia, in data 5.9.1995 è stato trasferito al XXXI Reggimento di Altamura.
In quell’occasione l’interessato non ha richiesto l’indennità di trasferimento, in quanto non spettante al personale militare ( come i sergenti) accasermato.
In data 19.7.1996 il Conte è stato promosso sergente maggiore, con decorrenza giuridica retroattiva al 2.3.1994.
Dal momento che il militare con grado di sergente maggiore non è più accasermato, il Conte ha allora richiesto di fruire della indennità dal 5.9.1995 ( data del trasferimento).
A fronte del diniego opposto dall’Amministrazione il militare si è quindi rivolto al TAR Bari il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha accolto in parte il gravame, stabilendo la spettanza dell’indennità dal 19.7.1996 ( data della promozione).
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dall’Amministrazione la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, con rigetto del ricorso introduttivo.
Si è costituito in resistenza l’interessato, il quale ha poi depositato memoria.
All’udienza del 13 luglio 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello non è fondato.
Con il primo motivo l’Amministrazione della Difesa deduce che l’indennità non spettava, perché quella di Altamura era la prima destinazione di servizio del Conte, al termine della fase addestrativa.
Il mezzo non può trovare favorevole considerazione in quanto dagli atti risulta che in precedenza il sergente, al termine dell’addestramento, era stato assegnato al IV Reggimento di Civitavecchia ove era transitato in spe già prima del trasferimento ad Altamura: non si comprende pertanto come l’appellante possa sostenere che il XXXI Reggimento fosse la prima destinazione del Conte.
Ne risulta che il mezzo è inammissibile per la sua genericità.
Con il secondo motivo l’Amministrazione deduce, se ben si comprende, che l’indennità non spetta nel caso in cui il servizio o la funzione cui sia adibito il militare non consente una permanenza quadriennale.
Anche questo mezzo risulta inammissibile per la sua perplessità posto che, come affermato dall’interessato senza contestazioni di controparte, il militare ha continuato a prestare servizio al 31^ reggimento per oltre dieci anni: il che consente di escludere che il trasferimento in Puglia fosse correlato ad esigenze temporanee o transeunti ( addestramento formazione etc.).
Con il terzo e centrale motivo l’appellante deduce che il TAR ha obliterato il disposto dell’art. 4 della legge n. 836 del 1973, a mente del quale eventuali promozioni retroattive non incidono sull’indennità liquidata per i periodi di missione anteriori alla promozione stessa.
Questo mezzo non è fondato.
Come è noto, il citato art. 4 L. n. 836 del 1973 dispone che “la decorrenza retroattiva nelle promozioni o nelle sistemazioni in ruolo non ha effetto per la determinazione delle indennità da corrispondersi nelle missioni compiute sia all’ interno della Repubblica, sia all’estero, e per i periodi di missione già decorsi alla data di promozione o di sistemazione in ruolo”.
Segue da ciò che i militari, che alla data dell’ avvenuto trasferimento erano obbligati ad alloggiare in caserma per effetto del grado rivestito (nella specie, sergente), non hanno diritto all’indennità di trasferimento per il periodo anteriore alla data di adozione del decreto di avanzamento al grado superiore (nella specie, sergente maggiore), durante il quale hanno fruito del beneficio dell’ accasermamento.
Per contro, come chiarito dalla risalente Giurisprudenza della Sezione, “ La suddetta indennità va invece corrisposta, in coerente applicazione dei principi innanzi richiamati, per il restante periodo, cioè per quello compreso fra la data di adozione del decreto innanzi richiamato e quella finale del biennio dall’ avvenuto trasferimento, durante il quale gli ex sergenti perdono il beneficio dell’
accasermamento avendo acquisito a tutti gli effetti il grado di sergente maggiore incompatibile con esso”. ( cfr. IV Sez. 3965 del 2007 e 2215 del 2007).
In sostanza, l’indennità spetta non dalla data retroattiva di decorrenza giuridica della promozione, ma dalla data in cui il militare consegue il grado di sergente maggiore, come esattamente stabilito dal TAR.
Il che, del resto, è del tutto coerente col disposto dell’art. 4 citato il quale infatti limita il diniego di corresponsione dell ’indennità ai “periodi… già decorsi alla data del decreto di promozione”.
Con l’ultimo motivo l’Amministrazione deduce l’errore di giudizio in cui è incorso il TAR, non avvedendosi che per effetto dell’art. 1 c. 36 della legge finanziaria n. 549 del 1995 il periodo di corresponsione dell’indennità è stato ridotto da un biennio ad ad un anno.
Il mezzo non può essere favorevolmente considerato in quanto la riduzione non risulta applicabile ad un trasferimento disposto prima della data di entrata in vigore della legge ( 1.1.1996).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto, con integrale conferma della sentenza gravata.
Le spese di questo grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento in favore di Conte Alfredo di euro 2000 ( duemila) oltre spese generali IVA e CAP per spese e onorari di questo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
pubblico 2 sentenze del CdS che riguardano la stessa persona.
L'Amministrazione perde l'Appello per Revocazione in quanto è inammissibile
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1) - L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3340 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento della indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza.
Il CdS precisa:
2) - Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali,
3) - il Collegio ha quindi sciolto la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal M.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 12 gennaio 2001;
P.S.: rileggi il punto n. 3.
N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803256
– Public 2018-05-31 -
Pubblicato il 31/05/2018
N. 03256/2018 REG. PROV. COLL.
N. 01259/2017 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1259 del 2017, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Aldo M.., rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Branzanti, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. IV, n. 3340 del 26 luglio 2016, resa tra le parti, concernente indennità di trasferimento ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n.86.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. Aldo M..;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e udito, per l’appellante, l’avv.to dello Stato Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3340 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento della indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza.
2. Con la revocanda sentenza, nella resistenza della difesa erariale, il Collegio:
a) ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha accertato il diritto dell’appellante alla corresponsione dell’indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo;
b) ha dichiarato compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado di giudizio.
3. Il Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiesto la revocazione della sentenza in epigrafe perché “ricorre l’ipotesi di revocazione indicata al numero 4 dell’art. 395 c.p.c., apparendo la sentenza viziata da errore di fatto, rilevabile dall’esame della sola pronuncia alla luce degli atti o dei documenti di causa” (cfr. pagina 4 del ricorso).
4. In data 10 aprile 2017, si è costituito in giudizio il signor Aldo M.. al fine di resistere.
5. Con ordinanza n. 1656 del 21 aprile 2017, il Collegio ha respinto la domanda cautelare “Considerato, ad un primo esame proprio della fase cautelare, che la vicenda richiede adeguato approfondimento in sede di merito e che tuttavia, allo stato, non appaiono ricorrere le condizioni di gravità ed urgenza evidenziate dal ricorrente per concedere la misura cautelare richiesta”.
6. All’udienza pubblica del 19 aprile 2018, in vista della quale le parti non hanno depositato difese scritte, la causa è stata assunta in decisione.
7. La domanda di revocazione è inammissibile.
7.1. Giova preliminarmente riportare l’orientamento espresso da questo Consiglio in ordine alla configurazione dell’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 n. 4 c.p.c., alla luce dell’indeclinabile esigenza di evitare che detta forma di impugnazione si trasformi in una forma di gravame idonea a condizionare sine die il passaggio in giudicato di una pronuncia giurisdizionale: “l'errore di fatto revocatorio si sostanzia, dunque, in una svista o "abbaglio dei sensi" che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’ "abbaglio dei sensi"; pertanto, mentre l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale, esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 2015, n. 4975; Sez. IV, 21 aprile 2017, n. 1869).
Ai fini dell’enucleazione del concetto giuridico di errore di fatto soccorre anche una specifica recente pronuncia dell’Adunanza plenaria (27 luglio 2016, n. 21), secondo cui “Non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell'esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni; occorre, infatti, distinguere tra motivo di ricorso e argomentazione a sostegno di ciascuno dei motivi del medesimo; il motivo di ricorso, infatti, delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l'obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi; a sostegno del motivo — che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice — la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volto a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per sé stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda; rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati”.
7.2. Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali, per le seguenti ragioni:
- il Ministero ricorrente assume che il Collegio di seconde cure sarebbe incorso in una “errata percezione dei fatti di causa” in quanto il trasferimento al quale è stato sottoposto il maresciallo M.. presso il Servizio amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza è scaturito da apposita domanda in tal senso del militare e non in conseguenza della soppressione/ridislocazione del Reparto (2^ Compagnia di Bologna) ove prestava servizio;
- è utile ripercorrere brevemente i passaggi essenziali che hanno condotto al trasferimento del M.., emergendo dagli atti di causa che:
a) con messaggio n. 11526/P/5 del 12 gennaio 2001, il Comando regionale Lombardia della GdF chiedeva di verificare la “preventiva disponibilità” del M.., in servizio presso la Compagnia di Ponte Tresa, al trasferimento presso l’Ufficio Telematica – Servizio Informatica con la precisazione che in caso di mancato gradimento o “risposta difforme” la domanda “sarà archiviata”;
b) con nota del 18 gennaio 2001, in risposta a detto messaggio, il maresciallo M.. esprimeva la propria disponibilità al trasferimento “a domanda” dalla Compagnia di Ponte Tresa al Comando Generale (Ufficio Telematica – Servizio Informatica);
c) con Dispaccio dell’11 aprile 2001 il Comando Gdf disponeva il trasferimento del M.. a domanda con decorrenza 13 aprile all’Ufficio Telematica – Servizio Informatica;
d) con Determina del 21 giugno 2002 il Comando Quartier Generale Gdf respingeva la richiesta (del 12 giugno 2002) presentata dal M.. per la corresponsione indennità di trasferimento prevista dalla legge 10 marzo 1987, n. 100, trattandosi di movimentazione avvenuta a domanda “previo gradimento”;
- il Ministero, a suffragio della propria istanza di revocazione, evidenzia che il M.. “già il 07.11.2000 aveva presentato domanda di trasferimento dalla 2^ Compagnia di Bologna, indicando tre sedi di servizio preferite, tutte ubicate nella città di Roma”, sua città di origine, e che “sul punto il Consiglio di Stato non ha proprio preso in esame questo elemento, né ha motivato sul fatto che il militare avesse prodotto in data 07.11.2010 domanda di trasferimento per Roma, e che fosse romano, nonostante agli atti di causa vi fosse la sua domanda” (cfr. pagina 10 del ricorso);
- il Collegio, contrariamente a quanto opina il Ministero ricorrente, ha mostrato di essersi esattamente soffermato sulle circostanze valorizzate in questa sede avendo precisato quanto segue: <<Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda”, e che peraltro il trasferimento ha comportato l’avvicinamento al comune di nascita (Rieti) >>;
- il Collegio ha quindi sciolto la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal M.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 12 gennaio 2001;
- tale passaggio investe quindi un preciso caput controversum, avendo il T.a.r. disatteso il ricorso originario e sul quale l’appellante aveva formulato specifiche contestazioni nell’impugnare il provvedimento reiettivo appunto imperniato, come sopra evidenziato, sulla pretesa natura “a domanda” del trasferimento;
- da tanto consegue che non ricorre l’errore di fatto configurato dal Ministero istante proprio per l’avvenuta sottoposizione della questione alle valutazioni del Collegio, così palesandosi che la contestazione sollevata impinge nel giudizio espresso piuttosto che nella percezione delle circostanze di fatto sottese al gravame.
8. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile, ciò precludendo il riesame del merito della controversia già precedentemente decisa.
9. La regolazione delle spese di lite del presente grado, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., segue il principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto (R.G. n. 1259/2017), lo dichiara inammissibile e condanna parte ricorrente al rimborso, in favore del signor Aldo M.., delle spese di lite liquidate in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli
IL SEGRETARIO
Questa è la sentenza del CdS richiamata nella Revocazione suindicata.
----------------------------------------------------------------------------------------
1) - Il trasferimento è stato disposto in relazione a esigenze organizzative dell’amministrazione, con mutamento di sede e funzioni, non avendo peraltro l’interessato nemmeno maturato l’anzianità di servizio richiesta per un trasferimento a domanda, non potendo assumere rilievo la dichiarazione di disponibilità.
Il CdS precisa:
2) - Con la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria è stato chiarito, in linea generale, quanto alla c.d. clausola di gradimento e/o dichiarazione di disponibilità al trasferimento che:
“Tale clausola…incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.
3) - In altri termini, in ogni ipotesi di trasferimento disposto per ragioni di servizio (nel caso specifico deferito all’Adunanza Plenaria si trattava di trasferimento per soppressione di reparto disposto previa acquisizione di disponibilità dell’interessato), e quindi non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari, non può negarsi la natura di trasferimento “di autorità”, che, ove come nella specie connotato dalla dislocazione geografica a distanza superiore ai 10 chilometri e in comune diverso da quello in cui ricade il reparto di precedente assegnazione, implica il riconoscimento del diritto all’indennità ex art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86.
-------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201603340
- Public 2016-07-26 -
N. 03340/2016 REG. PROV. COLL.
N. 00015/2008 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15 del 2008, proposto da:
Aldo M.., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Alberti e Eugenio Barrile, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tirso n. 90, per mandato in calce all’appello;
contro
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
- Comando generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante generale pro-tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 9752/2003, proposto per l’accertamento del diritto alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Andrea Reggio D'Aci, per delega dell’avv. Barrile, e l'avvocato dello Stato Verdiana Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza, già in servizio presso il Comando Compagnia di Ponte Tresa (VR), è stato trasferito con determinazione dell’11 aprile 2001, a seguito di sua dichiarazione di disponibilità, al Comando Generale, Ufficio Telematica - Servizio Informatica.
Con il ricorso in primo grado l’interessato ha proposto cumulative domande di accertamento del diritto alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001 e di condanna dell’amministrazione al pagamento delle relative somme.
Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. per il Lazio ha rigettato il ricorso, con richiamo all’orientamento di cui alla sentenza di questa Sezione 30 maggio 2005, n. 2831.
2.) Con appello notificato il 5 dicembre 2007 e depositato il 2 gennaio 2008, l’interessato ha impugnato la predetta sentenza, deducendo con unico motivo:
Errores in iudicando - Violazione e falsa applicazione della legge n. 100/1987 e della legge n. 86/2001 - Travisamento delle circostanze di fatto e di diritto - Carenza di motivazione.
Il trasferimento è stato disposto in relazione a esigenze organizzative dell’amministrazione, con mutamento di sede e funzioni, non avendo peraltro l’interessato nemmeno maturato l’anzianità di servizio richiesta per un trasferimento a domanda, non potendo assumere rilievo la dichiarazione di disponibilità.
Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda”, e che peraltro il trasferimento ha comportato l’avvicinamento al comune di nascita (Rieti).
Con memoria depositata il 6 giugno 2016 l’appellante ha insistito per l’accoglimento del gravame, richiamando l’orientamento da ultimo espresso con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016.
All’udienza pubblica del 7 luglio 2016 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
L’appello in epigrafe è fondato, onde, in riforma della sentenza gravata, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado.
Con la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria è stato chiarito, in linea generale, quanto alla c.d. clausola di gradimento e/o dichiarazione di disponibilità al trasferimento che:
“Tale clausola…incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.
In altri termini, in ogni ipotesi di trasferimento disposto per ragioni di servizio (nel caso specifico deferito all’Adunanza Plenaria si trattava di trasferimento per soppressione di reparto disposto previa acquisizione di disponibilità dell’interessato), e quindi non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari, non può negarsi la natura di trasferimento “di autorità”, che, ove come nella specie connotato dalla dislocazione geografica a distanza superiore ai 10 chilometri e in comune diverso da quello in cui ricade il reparto di precedente assegnazione, implica il riconoscimento del diritto all’indennità ex art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86.
In conclusione, previa riforma della sentenza gravata, deve dichiararsi il diritto dell’appellante alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo, con condanna delle Autorità statali intimate al pagamento delle relative somme.
In relazione all’esistenza al momento della proposizione del ricorso in primo grado e dell’appello di opposti orientamenti ermeneutici, e alla loro “ricomposizione” soltanto a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, successiva alla proposizione dell’appello, sussistono le eccezionali ragioni che giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese e onorari del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV, così provvede sull’appello in epigrafe n.r. 15/2008:
1) Accoglie l’appello, e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, e in accoglimento del ricorso proposto in primo grado, riconosce il diritto dell’appellante alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo, e condanna le Autorità statali intimate al pagamento delle relative somme;
2) Dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati
Antonino Anastasi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/07/2016
L'Amministrazione perde l'Appello per Revocazione in quanto è inammissibile
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1) - L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3340 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento della indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza.
Il CdS precisa:
2) - Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali,
3) - il Collegio ha quindi sciolto la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal M.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 12 gennaio 2001;
P.S.: rileggi il punto n. 3.
N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803256
– Public 2018-05-31 -
Pubblicato il 31/05/2018
N. 03256/2018 REG. PROV. COLL.
N. 01259/2017 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1259 del 2017, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Aldo M.., rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Branzanti, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. IV, n. 3340 del 26 luglio 2016, resa tra le parti, concernente indennità di trasferimento ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n.86.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. Aldo M..;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e udito, per l’appellante, l’avv.to dello Stato Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3340 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento della indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza.
2. Con la revocanda sentenza, nella resistenza della difesa erariale, il Collegio:
a) ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha accertato il diritto dell’appellante alla corresponsione dell’indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo;
b) ha dichiarato compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado di giudizio.
3. Il Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiesto la revocazione della sentenza in epigrafe perché “ricorre l’ipotesi di revocazione indicata al numero 4 dell’art. 395 c.p.c., apparendo la sentenza viziata da errore di fatto, rilevabile dall’esame della sola pronuncia alla luce degli atti o dei documenti di causa” (cfr. pagina 4 del ricorso).
4. In data 10 aprile 2017, si è costituito in giudizio il signor Aldo M.. al fine di resistere.
5. Con ordinanza n. 1656 del 21 aprile 2017, il Collegio ha respinto la domanda cautelare “Considerato, ad un primo esame proprio della fase cautelare, che la vicenda richiede adeguato approfondimento in sede di merito e che tuttavia, allo stato, non appaiono ricorrere le condizioni di gravità ed urgenza evidenziate dal ricorrente per concedere la misura cautelare richiesta”.
6. All’udienza pubblica del 19 aprile 2018, in vista della quale le parti non hanno depositato difese scritte, la causa è stata assunta in decisione.
7. La domanda di revocazione è inammissibile.
7.1. Giova preliminarmente riportare l’orientamento espresso da questo Consiglio in ordine alla configurazione dell’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 n. 4 c.p.c., alla luce dell’indeclinabile esigenza di evitare che detta forma di impugnazione si trasformi in una forma di gravame idonea a condizionare sine die il passaggio in giudicato di una pronuncia giurisdizionale: “l'errore di fatto revocatorio si sostanzia, dunque, in una svista o "abbaglio dei sensi" che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’ "abbaglio dei sensi"; pertanto, mentre l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale, esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 2015, n. 4975; Sez. IV, 21 aprile 2017, n. 1869).
Ai fini dell’enucleazione del concetto giuridico di errore di fatto soccorre anche una specifica recente pronuncia dell’Adunanza plenaria (27 luglio 2016, n. 21), secondo cui “Non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell'esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni; occorre, infatti, distinguere tra motivo di ricorso e argomentazione a sostegno di ciascuno dei motivi del medesimo; il motivo di ricorso, infatti, delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l'obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi; a sostegno del motivo — che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice — la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volto a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per sé stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda; rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati”.
7.2. Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali, per le seguenti ragioni:
- il Ministero ricorrente assume che il Collegio di seconde cure sarebbe incorso in una “errata percezione dei fatti di causa” in quanto il trasferimento al quale è stato sottoposto il maresciallo M.. presso il Servizio amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza è scaturito da apposita domanda in tal senso del militare e non in conseguenza della soppressione/ridislocazione del Reparto (2^ Compagnia di Bologna) ove prestava servizio;
- è utile ripercorrere brevemente i passaggi essenziali che hanno condotto al trasferimento del M.., emergendo dagli atti di causa che:
a) con messaggio n. 11526/P/5 del 12 gennaio 2001, il Comando regionale Lombardia della GdF chiedeva di verificare la “preventiva disponibilità” del M.., in servizio presso la Compagnia di Ponte Tresa, al trasferimento presso l’Ufficio Telematica – Servizio Informatica con la precisazione che in caso di mancato gradimento o “risposta difforme” la domanda “sarà archiviata”;
b) con nota del 18 gennaio 2001, in risposta a detto messaggio, il maresciallo M.. esprimeva la propria disponibilità al trasferimento “a domanda” dalla Compagnia di Ponte Tresa al Comando Generale (Ufficio Telematica – Servizio Informatica);
c) con Dispaccio dell’11 aprile 2001 il Comando Gdf disponeva il trasferimento del M.. a domanda con decorrenza 13 aprile all’Ufficio Telematica – Servizio Informatica;
d) con Determina del 21 giugno 2002 il Comando Quartier Generale Gdf respingeva la richiesta (del 12 giugno 2002) presentata dal M.. per la corresponsione indennità di trasferimento prevista dalla legge 10 marzo 1987, n. 100, trattandosi di movimentazione avvenuta a domanda “previo gradimento”;
- il Ministero, a suffragio della propria istanza di revocazione, evidenzia che il M.. “già il 07.11.2000 aveva presentato domanda di trasferimento dalla 2^ Compagnia di Bologna, indicando tre sedi di servizio preferite, tutte ubicate nella città di Roma”, sua città di origine, e che “sul punto il Consiglio di Stato non ha proprio preso in esame questo elemento, né ha motivato sul fatto che il militare avesse prodotto in data 07.11.2010 domanda di trasferimento per Roma, e che fosse romano, nonostante agli atti di causa vi fosse la sua domanda” (cfr. pagina 10 del ricorso);
- il Collegio, contrariamente a quanto opina il Ministero ricorrente, ha mostrato di essersi esattamente soffermato sulle circostanze valorizzate in questa sede avendo precisato quanto segue: <<Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda”, e che peraltro il trasferimento ha comportato l’avvicinamento al comune di nascita (Rieti) >>;
- il Collegio ha quindi sciolto la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal M.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 12 gennaio 2001;
- tale passaggio investe quindi un preciso caput controversum, avendo il T.a.r. disatteso il ricorso originario e sul quale l’appellante aveva formulato specifiche contestazioni nell’impugnare il provvedimento reiettivo appunto imperniato, come sopra evidenziato, sulla pretesa natura “a domanda” del trasferimento;
- da tanto consegue che non ricorre l’errore di fatto configurato dal Ministero istante proprio per l’avvenuta sottoposizione della questione alle valutazioni del Collegio, così palesandosi che la contestazione sollevata impinge nel giudizio espresso piuttosto che nella percezione delle circostanze di fatto sottese al gravame.
8. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile, ciò precludendo il riesame del merito della controversia già precedentemente decisa.
9. La regolazione delle spese di lite del presente grado, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., segue il principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto (R.G. n. 1259/2017), lo dichiara inammissibile e condanna parte ricorrente al rimborso, in favore del signor Aldo M.., delle spese di lite liquidate in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli
IL SEGRETARIO
Questa è la sentenza del CdS richiamata nella Revocazione suindicata.
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1) - Il trasferimento è stato disposto in relazione a esigenze organizzative dell’amministrazione, con mutamento di sede e funzioni, non avendo peraltro l’interessato nemmeno maturato l’anzianità di servizio richiesta per un trasferimento a domanda, non potendo assumere rilievo la dichiarazione di disponibilità.
Il CdS precisa:
2) - Con la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria è stato chiarito, in linea generale, quanto alla c.d. clausola di gradimento e/o dichiarazione di disponibilità al trasferimento che:
“Tale clausola…incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.
3) - In altri termini, in ogni ipotesi di trasferimento disposto per ragioni di servizio (nel caso specifico deferito all’Adunanza Plenaria si trattava di trasferimento per soppressione di reparto disposto previa acquisizione di disponibilità dell’interessato), e quindi non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari, non può negarsi la natura di trasferimento “di autorità”, che, ove come nella specie connotato dalla dislocazione geografica a distanza superiore ai 10 chilometri e in comune diverso da quello in cui ricade il reparto di precedente assegnazione, implica il riconoscimento del diritto all’indennità ex art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201603340
- Public 2016-07-26 -
N. 03340/2016 REG. PROV. COLL.
N. 00015/2008 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15 del 2008, proposto da:
Aldo M.., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Alberti e Eugenio Barrile, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tirso n. 90, per mandato in calce all’appello;
contro
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
- Comando generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante generale pro-tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 9752/2003, proposto per l’accertamento del diritto alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Andrea Reggio D'Aci, per delega dell’avv. Barrile, e l'avvocato dello Stato Verdiana Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza, già in servizio presso il Comando Compagnia di Ponte Tresa (VR), è stato trasferito con determinazione dell’11 aprile 2001, a seguito di sua dichiarazione di disponibilità, al Comando Generale, Ufficio Telematica - Servizio Informatica.
Con il ricorso in primo grado l’interessato ha proposto cumulative domande di accertamento del diritto alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001 e di condanna dell’amministrazione al pagamento delle relative somme.
Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. per il Lazio ha rigettato il ricorso, con richiamo all’orientamento di cui alla sentenza di questa Sezione 30 maggio 2005, n. 2831.
2.) Con appello notificato il 5 dicembre 2007 e depositato il 2 gennaio 2008, l’interessato ha impugnato la predetta sentenza, deducendo con unico motivo:
Errores in iudicando - Violazione e falsa applicazione della legge n. 100/1987 e della legge n. 86/2001 - Travisamento delle circostanze di fatto e di diritto - Carenza di motivazione.
Il trasferimento è stato disposto in relazione a esigenze organizzative dell’amministrazione, con mutamento di sede e funzioni, non avendo peraltro l’interessato nemmeno maturato l’anzianità di servizio richiesta per un trasferimento a domanda, non potendo assumere rilievo la dichiarazione di disponibilità.
Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda”, e che peraltro il trasferimento ha comportato l’avvicinamento al comune di nascita (Rieti).
Con memoria depositata il 6 giugno 2016 l’appellante ha insistito per l’accoglimento del gravame, richiamando l’orientamento da ultimo espresso con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016.
All’udienza pubblica del 7 luglio 2016 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
L’appello in epigrafe è fondato, onde, in riforma della sentenza gravata, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado.
Con la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria è stato chiarito, in linea generale, quanto alla c.d. clausola di gradimento e/o dichiarazione di disponibilità al trasferimento che:
“Tale clausola…incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.
In altri termini, in ogni ipotesi di trasferimento disposto per ragioni di servizio (nel caso specifico deferito all’Adunanza Plenaria si trattava di trasferimento per soppressione di reparto disposto previa acquisizione di disponibilità dell’interessato), e quindi non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari, non può negarsi la natura di trasferimento “di autorità”, che, ove come nella specie connotato dalla dislocazione geografica a distanza superiore ai 10 chilometri e in comune diverso da quello in cui ricade il reparto di precedente assegnazione, implica il riconoscimento del diritto all’indennità ex art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86.
In conclusione, previa riforma della sentenza gravata, deve dichiararsi il diritto dell’appellante alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo, con condanna delle Autorità statali intimate al pagamento delle relative somme.
In relazione all’esistenza al momento della proposizione del ricorso in primo grado e dell’appello di opposti orientamenti ermeneutici, e alla loro “ricomposizione” soltanto a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, successiva alla proposizione dell’appello, sussistono le eccezionali ragioni che giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese e onorari del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV, così provvede sull’appello in epigrafe n.r. 15/2008:
1) Accoglie l’appello, e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, e in accoglimento del ricorso proposto in primo grado, riconosce il diritto dell’appellante alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo, e condanna le Autorità statali intimate al pagamento delle relative somme;
2) Dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati
Antonino Anastasi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/07/2016
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
pubblico 2 sentenze del CdS che riguardano la stessa persona.
La 1^ riguarda che l'Amministrazione perde l'Appello per Revocazione in quanto è inammissibile.
La 2^ riguarda l'ottemperanza alla sentenza del CdS e viene anche indicata la somma percepita.
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(Revocazione):
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803251
– Public 2018-05-31 -
Pubblicato il 31/05/2018
N. 03251/2018 REG. PROV. COLL.
N. 01260/2017 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1260 del 2017, proposto da:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Antonio V.., rappresentato e difeso dall'avvocato Eugenio Barrile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via E. Gianturco, n. 6;
per la riforma
della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione IV, n. 3341 del 26 luglio 2016, resa tra le parti, concernente indennità di trasferimento ex art.1 della legge 29 marzo 2001, n.86.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor Antonio V..;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato dello Stato Damiani e l’avvocato Barrile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3341 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento di indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Antonio V.., maresciallo della Guardia di Finanza.
2. Con la revocanda sentenza, nella resistenza della difesa erariale, il Collegio:
a) ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione II, n. 10865 del 23 ottobre 2006, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha accertato il diritto dell’appellante alla corresponsione dell’indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo;
b) ha dichiarato compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado di giudizio.
3. Il Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiesto la revocazione della sentenza in epigrafe perché “ricorre l’ipotesi di revocazione indicata al numero 4 dell’art. 395 c.p.c., apparendo la sentenza viziata da errore di fatto, rilevabile dall’esame della sola pronuncia alla luce degli atti o dei documenti di causa” (cfr. pagina 4 del ricorso).
4. In data 20 marzo 2017, si è costituito in giudizio il signor Antonio V.. al fine di resistere.
5. Con ordinanza n. 1657 del 21 aprile 2017, il Collegio ha respinto la domanda cautelare “Considerato, ad un primo esame proprio della fase cautelare, che la vicenda richiede adeguato approfondimento in sede di merito e che tuttavia, allo stato, non appaiono ricorrere le condizioni di gravità ed urgenza evidenziate dal ricorrente per concedere la misura cautelare richiesta”.
6. All’udienza pubblica del 19 aprile 2018, in prossimità della quale le parti hanno depositato difese scritte, la causa è stata assunta in decisione.
7. La domanda di revocazione è inammissibile.
7.1. Giova preliminarmente riportare l’orientamento espresso da questo Consiglio in ordine alla configurazione dell’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 n. 4 c.p.c., alla luce dell’indeclinabile esigenza di evitare che detta forma di impugnazione si trasformi in una forma di gravame idonea a condizionare sine die il passaggio in giudicato di una pronuncia giurisdizionale: “l'errore di fatto revocatorio si sostanzia, dunque, in una svista o "abbaglio dei sensi" che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’ "abbaglio dei sensi"; pertanto, mentre l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale, esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 2015, n. 4975; Sez. IV, 21 aprile 2017, n. 1869).
Ai fini dell’enucleazione del concetto giuridico di errore di fatto soccorre anche una specifica recente pronuncia dell’Adunanza plenaria (27 luglio 2016, n. 21), secondo cui “Non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell'esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni; occorre, infatti, distinguere tra motivo di ricorso e argomentazione a sostegno di ciascuno dei motivi del medesimo; il motivo di ricorso, infatti, delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l'obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi; a sostegno del motivo — che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice — la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volto a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per sé stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda; rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati”.
7.2. Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali, per le seguenti ragioni:
- il Ministero ricorrente assume che il Collegio di seconde cure sarebbe incorso in una “errata percezione dei fatti di causa” in quanto il trasferimento al quale è stato sottoposto il maresciallo V.. presso il Servizio amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza è scaturito da apposita domanda in tal senso del militare e non in conseguenza della soppressione/ridislocazione del Reparto (2^ Compagnia di Bologna) ove prestava servizio;
- è utile ripercorrere brevemente i passaggi essenziali che hanno condotto al trasferimento del V.., emergendo dagli atti di causa che:
a) il maresciallo Antonio V.. presentava, in data 7 novembre 2000, una prima domanda di trasferimento indicando tre sedi di servizio ubicate nella città di Roma;
b) con radiomessaggio n.7097/1241/5, in data 22 febbraio 2001, il Comando Generale chiedeva di verificare la disponibilità del V.. al trasferimento “a domanda” al Servizio amministrativo – 2^ Divisione;
c) il V.., in data 28 febbraio 2001, dichiarava di “……gradire ed accettare il trasferimento a domanda……” presso il Servizio amministrativo – 2^ Divisione;
d) il trasferimento si perfezionava in virtù del provvedimento n.73288/1241/5 in data 20 marzo 2001;
e) con istanza del 4 giugno 2002, il V.. chiedeva il riconoscimento dei benefici economici previsti dall’art.1 della legge 29 marzo 2001, n.86, istanza che veniva respinta dall’amministrazione evidenziando che “…..la movimentazione è avvenuta a domanda (…), mancando il presupposto di legge del <<trasferimento d’autorità>>…..”.
- il Ministero, a suffragio della propria domanda di revocazione, ha evidenziato che il V.. “presentava in data 07.11.2000 (All. 1) apposita istanza di trasferimento, per essere destinato a Roma (sua città di origine, nde), confermando immediatamente dopo detta manifestazione di volontà, in data 28.02.2001” (cfr. pagina 6 del ricorso);
- il Collegio, contrariamente a quanto opina il Ministero ricorrente, ha mostrato di essersi esattamente soffermato sulle circostanze valorizzate in questa sede avendo precisato quanto segue: <<Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di
disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda” >>;
- il Collegio ha quindi affrontato la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che, come si evince dai menzionati passaggi della vicenda di causa, la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal V.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 22 febbraio 2001;
- tale passaggio investe quindi un preciso caput controversum, avendo il T.a.r. disatteso il ricorso originario e sul quale l’appellante aveva formulato specifiche contestazioni nell’impugnare il provvedimento reiettivo appunto imperniato sulla pretesa natura “a domanda” del trasferimento;
- da tanto consegue che non ricorre l’errore di fatto configurato dal Ministero istante proprio per l’avvenuta sottoposizione della questione alle valutazioni del Collegio, così palesandosi che la contestazione sollevata impinge nel giudizio espresso piuttosto che nella percezione delle circostanze di fatto sottese al gravame.
8. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile, ciò precludendo il riesame del merito della controversia già precedentemente decisa.
9. La regolazione delle spese di lite del presente grado, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., segue il principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto (R.G. n. 1260/2017), lo dichiara inammissibile e condanna parte ricorrente al rimborso, in favore del signor Antonio V.., delle spese di lite liquidate in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli
IL SEGRETARIO
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(ottemperanza):
importo pagato per indennità di trasferimento.
1) - risulta che “per effetto della Sentenza richiamata in oggetto è stato emesso apposito titolo di pagamento, in data 22 marzo 2018, per una somma lorda pari a € 14.260,52, comprensiva degli interessi legali maturati fino alla data del soddisfo. Pertanto, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali, in data 23 marzo c.a. è stato effettuato un bonifico a Suo favore di € 10.499,45”;
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803254
– Public 2018-05-31 -
Pubblicato il 31/05/2018
N. 03254/2018 REG. PROV. COLL.
N. 07043/2017 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7043 del 2017, proposto da:
Antonio V.., rappresentato e difeso dall'avvocato Eugenio Barrile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Oslavia, n. 14;
contro
Ministero dell'economia e delle finanze - Comando Generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l’ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione IV n. 3341 del 2016, resa tra le parti, concernente corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001.
Visti il ricorso per l’ottemperanza e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'economia e delle finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 35, co. 1 lett. c), 38 e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Barrile e l’avvocato dello Stato Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Considerato che:
- con la epigrafata sentenza n. 3341 del 26 luglio 2016 questa Sezione ha accolto il gravame proposto dal signor Antonio V.., maresciallo della Guardia di Finanza, ai fini dell’accertamento del suo diritto alla corresponsione dell’indennità di trasferimento ex art. 1 della legge n. 86/2001;
- per l’effetto questa Sezione, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. per il Lazio-Roma- Sezione II n. 10865 del 23 ottobre 2006, che respingeva il ricorso originario per insussistenza dei presupposti del diritto invocato, ha stabilito quanto segue:
a) la clausola di gradimento espressa dall’appellante “non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”;
b) il trasferimento disposto dall’amministrazione non era “direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato”;
c) “E’ peraltro destituita di fondamento l’eccezione di prescrizione spiegata dall’Avvocatura dello Stato, posto che il diritto all’indennità poteva essere fatto valere solo a decorrere dal trasferimento, e il ricorso giurisdizionale è stato proposto entro il termine quinquennale invocato”;
d) ha dichiarato compensate le spese di lite.
- stante il perdurante inadempimento dell’amministrazione, il signor V.. ha chiesto l’intervento di questo Consiglio, in espressa applicazione degli artt. 112 e ss. c.p.a., per ordinare al Ministero dell’economia e delle finanze nonché al Comando Generale della Guardia di Finanza, ciascuno secondo le rispettive competenze, di dare piena esecuzione al giudicato de quo anche mediante la nomina di un Commissario ad Acta per provvedere in sostituzione, con richiesta di risarcimento del danno e di astreintes ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e) c.p.a.;
- il Ministero, costituitosi in giudizio in data 25 ottobre 2017, ha successivamente depositato la nota prot. n. 0146988 del 29 marzo 2018, indirizzata all’appellante, dalla quale risulta che “per effetto della Sentenza richiamata in oggetto è stato emesso apposito titolo di pagamento, in data 22 marzo 2018, per una somma lorda pari a € 14.260,52, comprensiva degli interessi legali maturati fino alla data del soddisfo.
Pertanto, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali, in data 23 marzo c.a. è stato effettuato un bonifico a Suo favore di € 10.499,45”;
- le parti del presente giudizio, nel corso dell’odierna camera di consiglio del 19 aprile 2018, hanno pertanto concordemente richiesto la declaratoria di improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse;
- alla stregua dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sentenza sez. V, n. 3563 del 2014; sez. V, n. 1258 del 2012) e delle norme di riferimento (art. 34, co. 5, 35, co. 1, lett. c), 84, co. 4, c.p.a.) deve darsi atto che la dichiarazione dell’appellante in ordine al venir meno dell’interesse per l’intervenuta corresponsione delle somme dovute costituisce evenienza che fa venir meno l’interesse alla coltivazione del ricorso per ottemperanza;
- a tanto consegue la declaratoria di improcedibilità del ricorso, con compensazione delle spese di lite.
- ai fini della liquidazione del contributo unificato, deve considerarsi soccombente, in relazione al presente giudizio, il Ministero dell’economia e finanze.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto (R.G. n. 7043/2017), lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli
IL SEGRETARIO
La 1^ riguarda che l'Amministrazione perde l'Appello per Revocazione in quanto è inammissibile.
La 2^ riguarda l'ottemperanza alla sentenza del CdS e viene anche indicata la somma percepita.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
(Revocazione):
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803251
– Public 2018-05-31 -
Pubblicato il 31/05/2018
N. 03251/2018 REG. PROV. COLL.
N. 01260/2017 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1260 del 2017, proposto da:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Antonio V.., rappresentato e difeso dall'avvocato Eugenio Barrile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via E. Gianturco, n. 6;
per la riforma
della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione IV, n. 3341 del 26 luglio 2016, resa tra le parti, concernente indennità di trasferimento ex art.1 della legge 29 marzo 2001, n.86.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor Antonio V..;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato dello Stato Damiani e l’avvocato Barrile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3341 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento di indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Antonio V.., maresciallo della Guardia di Finanza.
2. Con la revocanda sentenza, nella resistenza della difesa erariale, il Collegio:
a) ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione II, n. 10865 del 23 ottobre 2006, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha accertato il diritto dell’appellante alla corresponsione dell’indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo;
b) ha dichiarato compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado di giudizio.
3. Il Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiesto la revocazione della sentenza in epigrafe perché “ricorre l’ipotesi di revocazione indicata al numero 4 dell’art. 395 c.p.c., apparendo la sentenza viziata da errore di fatto, rilevabile dall’esame della sola pronuncia alla luce degli atti o dei documenti di causa” (cfr. pagina 4 del ricorso).
4. In data 20 marzo 2017, si è costituito in giudizio il signor Antonio V.. al fine di resistere.
5. Con ordinanza n. 1657 del 21 aprile 2017, il Collegio ha respinto la domanda cautelare “Considerato, ad un primo esame proprio della fase cautelare, che la vicenda richiede adeguato approfondimento in sede di merito e che tuttavia, allo stato, non appaiono ricorrere le condizioni di gravità ed urgenza evidenziate dal ricorrente per concedere la misura cautelare richiesta”.
6. All’udienza pubblica del 19 aprile 2018, in prossimità della quale le parti hanno depositato difese scritte, la causa è stata assunta in decisione.
7. La domanda di revocazione è inammissibile.
7.1. Giova preliminarmente riportare l’orientamento espresso da questo Consiglio in ordine alla configurazione dell’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 n. 4 c.p.c., alla luce dell’indeclinabile esigenza di evitare che detta forma di impugnazione si trasformi in una forma di gravame idonea a condizionare sine die il passaggio in giudicato di una pronuncia giurisdizionale: “l'errore di fatto revocatorio si sostanzia, dunque, in una svista o "abbaglio dei sensi" che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’ "abbaglio dei sensi"; pertanto, mentre l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale, esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 2015, n. 4975; Sez. IV, 21 aprile 2017, n. 1869).
Ai fini dell’enucleazione del concetto giuridico di errore di fatto soccorre anche una specifica recente pronuncia dell’Adunanza plenaria (27 luglio 2016, n. 21), secondo cui “Non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell'esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni; occorre, infatti, distinguere tra motivo di ricorso e argomentazione a sostegno di ciascuno dei motivi del medesimo; il motivo di ricorso, infatti, delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l'obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi; a sostegno del motivo — che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice — la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volto a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per sé stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda; rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati”.
7.2. Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali, per le seguenti ragioni:
- il Ministero ricorrente assume che il Collegio di seconde cure sarebbe incorso in una “errata percezione dei fatti di causa” in quanto il trasferimento al quale è stato sottoposto il maresciallo V.. presso il Servizio amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza è scaturito da apposita domanda in tal senso del militare e non in conseguenza della soppressione/ridislocazione del Reparto (2^ Compagnia di Bologna) ove prestava servizio;
- è utile ripercorrere brevemente i passaggi essenziali che hanno condotto al trasferimento del V.., emergendo dagli atti di causa che:
a) il maresciallo Antonio V.. presentava, in data 7 novembre 2000, una prima domanda di trasferimento indicando tre sedi di servizio ubicate nella città di Roma;
b) con radiomessaggio n.7097/1241/5, in data 22 febbraio 2001, il Comando Generale chiedeva di verificare la disponibilità del V.. al trasferimento “a domanda” al Servizio amministrativo – 2^ Divisione;
c) il V.., in data 28 febbraio 2001, dichiarava di “……gradire ed accettare il trasferimento a domanda……” presso il Servizio amministrativo – 2^ Divisione;
d) il trasferimento si perfezionava in virtù del provvedimento n.73288/1241/5 in data 20 marzo 2001;
e) con istanza del 4 giugno 2002, il V.. chiedeva il riconoscimento dei benefici economici previsti dall’art.1 della legge 29 marzo 2001, n.86, istanza che veniva respinta dall’amministrazione evidenziando che “…..la movimentazione è avvenuta a domanda (…), mancando il presupposto di legge del <<trasferimento d’autorità>>…..”.
- il Ministero, a suffragio della propria domanda di revocazione, ha evidenziato che il V.. “presentava in data 07.11.2000 (All. 1) apposita istanza di trasferimento, per essere destinato a Roma (sua città di origine, nde), confermando immediatamente dopo detta manifestazione di volontà, in data 28.02.2001” (cfr. pagina 6 del ricorso);
- il Collegio, contrariamente a quanto opina il Ministero ricorrente, ha mostrato di essersi esattamente soffermato sulle circostanze valorizzate in questa sede avendo precisato quanto segue: <<Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di
disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda” >>;
- il Collegio ha quindi affrontato la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che, come si evince dai menzionati passaggi della vicenda di causa, la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal V.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 22 febbraio 2001;
- tale passaggio investe quindi un preciso caput controversum, avendo il T.a.r. disatteso il ricorso originario e sul quale l’appellante aveva formulato specifiche contestazioni nell’impugnare il provvedimento reiettivo appunto imperniato sulla pretesa natura “a domanda” del trasferimento;
- da tanto consegue che non ricorre l’errore di fatto configurato dal Ministero istante proprio per l’avvenuta sottoposizione della questione alle valutazioni del Collegio, così palesandosi che la contestazione sollevata impinge nel giudizio espresso piuttosto che nella percezione delle circostanze di fatto sottese al gravame.
8. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile, ciò precludendo il riesame del merito della controversia già precedentemente decisa.
9. La regolazione delle spese di lite del presente grado, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., segue il principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto (R.G. n. 1260/2017), lo dichiara inammissibile e condanna parte ricorrente al rimborso, in favore del signor Antonio V.., delle spese di lite liquidate in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli
IL SEGRETARIO
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(ottemperanza):
importo pagato per indennità di trasferimento.
1) - risulta che “per effetto della Sentenza richiamata in oggetto è stato emesso apposito titolo di pagamento, in data 22 marzo 2018, per una somma lorda pari a € 14.260,52, comprensiva degli interessi legali maturati fino alla data del soddisfo. Pertanto, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali, in data 23 marzo c.a. è stato effettuato un bonifico a Suo favore di € 10.499,45”;
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803254
– Public 2018-05-31 -
Pubblicato il 31/05/2018
N. 03254/2018 REG. PROV. COLL.
N. 07043/2017 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7043 del 2017, proposto da:
Antonio V.., rappresentato e difeso dall'avvocato Eugenio Barrile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Oslavia, n. 14;
contro
Ministero dell'economia e delle finanze - Comando Generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l’ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione IV n. 3341 del 2016, resa tra le parti, concernente corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001.
Visti il ricorso per l’ottemperanza e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'economia e delle finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 35, co. 1 lett. c), 38 e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Barrile e l’avvocato dello Stato Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Considerato che:
- con la epigrafata sentenza n. 3341 del 26 luglio 2016 questa Sezione ha accolto il gravame proposto dal signor Antonio V.., maresciallo della Guardia di Finanza, ai fini dell’accertamento del suo diritto alla corresponsione dell’indennità di trasferimento ex art. 1 della legge n. 86/2001;
- per l’effetto questa Sezione, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. per il Lazio-Roma- Sezione II n. 10865 del 23 ottobre 2006, che respingeva il ricorso originario per insussistenza dei presupposti del diritto invocato, ha stabilito quanto segue:
a) la clausola di gradimento espressa dall’appellante “non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”;
b) il trasferimento disposto dall’amministrazione non era “direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato”;
c) “E’ peraltro destituita di fondamento l’eccezione di prescrizione spiegata dall’Avvocatura dello Stato, posto che il diritto all’indennità poteva essere fatto valere solo a decorrere dal trasferimento, e il ricorso giurisdizionale è stato proposto entro il termine quinquennale invocato”;
d) ha dichiarato compensate le spese di lite.
- stante il perdurante inadempimento dell’amministrazione, il signor V.. ha chiesto l’intervento di questo Consiglio, in espressa applicazione degli artt. 112 e ss. c.p.a., per ordinare al Ministero dell’economia e delle finanze nonché al Comando Generale della Guardia di Finanza, ciascuno secondo le rispettive competenze, di dare piena esecuzione al giudicato de quo anche mediante la nomina di un Commissario ad Acta per provvedere in sostituzione, con richiesta di risarcimento del danno e di astreintes ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e) c.p.a.;
- il Ministero, costituitosi in giudizio in data 25 ottobre 2017, ha successivamente depositato la nota prot. n. 0146988 del 29 marzo 2018, indirizzata all’appellante, dalla quale risulta che “per effetto della Sentenza richiamata in oggetto è stato emesso apposito titolo di pagamento, in data 22 marzo 2018, per una somma lorda pari a € 14.260,52, comprensiva degli interessi legali maturati fino alla data del soddisfo.
Pertanto, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali, in data 23 marzo c.a. è stato effettuato un bonifico a Suo favore di € 10.499,45”;
- le parti del presente giudizio, nel corso dell’odierna camera di consiglio del 19 aprile 2018, hanno pertanto concordemente richiesto la declaratoria di improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse;
- alla stregua dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sentenza sez. V, n. 3563 del 2014; sez. V, n. 1258 del 2012) e delle norme di riferimento (art. 34, co. 5, 35, co. 1, lett. c), 84, co. 4, c.p.a.) deve darsi atto che la dichiarazione dell’appellante in ordine al venir meno dell’interesse per l’intervenuta corresponsione delle somme dovute costituisce evenienza che fa venir meno l’interesse alla coltivazione del ricorso per ottemperanza;
- a tanto consegue la declaratoria di improcedibilità del ricorso, con compensazione delle spese di lite.
- ai fini della liquidazione del contributo unificato, deve considerarsi soccombente, in relazione al presente giudizio, il Ministero dell’economia e finanze.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto (R.G. n. 7043/2017), lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli
IL SEGRETARIO
Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO SPETTA ....
L'Amministrazione perde l'Appello al CdS
Ancora una volta il CdS bacchetta l'Amministrazione, ribadendo che per aver diritto a tale beneficio deve essere considerata la distanza tra l'ubicazione da Sede servizio a Nuova sede di Servizio e non come erroneamente sostenuto dal Comando, ove fa riferimento, da Casa Comunale a Casa Comunale (Municipio).
N.B.: ai colleghi, che ancora hanno in pendenza ricorsi del genere, consiglio di insistere ai loro Avvocati di citare eventualmente ancor prima di andare la causa a sentenza, i numeri delle sentenze in tal senso.
1) - Con sentenza n. 600 dell’8 giugno 2012, il ricorso è stato accolto, rilevando che - ormai ferma e acclarata la spettanza dell’indennità di trasferimento in base alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23/2011 -, la distanza deve misurarsi tra le sedi di servizio ……….
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201805056
- Public 2018-08-24 –
Pubblicato il 24/08/2018
N. 05056/2018 REG. PROV. COLL.
N. 08237/2012 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8237 del 2012, proposto da
Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando generale della Guardia di Finanza Reparto tecnico logistico amministrativo Sardegna, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
contro
Roberto Saddi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Renato Margelli e Sara Merella e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cosseria n. 2, per mandato a margine dell’atto di costituzione;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. della Sardegna, Sezione I, n. 600 dell’8 giugno 2012, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso in primo grado n. 265/2007, integrato da motivi aggiunti, proposto per l’annullamento della determinazione di diniego dell’indennità di trasferimento di autorità
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roberto Saddi;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2018 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avvocato dello Stato Marrone per l’Autorità statale appellante e l’avv. D. Jouvenal Long, per delega dell’avv. Merella, per la parte privata appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Il signor Roberto Saddi, maresciallo aiutante della Guardia di Finanza, con determinazione del Comando regionale del 10 agosto 2004 è stato trasferito d’autorità dal Comando del Nucleo di Polizia Tributaria di Cagliari al Comando sezione aerea di Elmas.
1.1) Con istanza in data 28 novembre 2006 l’interessato ha richiesto il riconoscimento della indennità prevista dall’art. 1 della legge n. 86/2001, negata con determinazione n. 42227 del 20 dicembre 2006 sul rilievo che “…la distanza chilometrica intercorrente tra Elmas e Cagliari risulta essere inferiore” a dieci chilometri.
1.2) Con ricorso in primo grado n.r. 265/2007, l’interessato ha proposto cumulative domande di annullamento, accertamento e condanna, deducendo in sintesi i seguenti motivi:
1) Violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all’ art. 1 della legge n. 86/2001 e all’art. 1 della legge n. 417/1978 e della circolare n. 442621 del 16.12.1998 del Comando generale della Guardia di Finanza, perché la nuova sede si trova in comune (Elmas) diverso da quello (Cagliari), nel cui territorio rientra la sede a quo, e la distanza chilometrica tra le due sedi è superiore ai dieci chilometri, e pari, come da attestazione del Comune di Elmas, a km. 13,7 misurati secondo il percorso più breve, e peraltro la nuova sede ricade in località isolata esterna al centro abitato.
2) Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta, erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, perché il diniego fa riferimento alla distanza tra i comuni e non tra le sedi di servizio.
1.3) Costituitasi in giudizio l’Amministrazione intimata ha dedotto, a sua volta, l’infondatezza del ricorso.
1.4) Con motivi aggiunti al ricorso, l’interessato ha altresì impugnato, quale atto presupposto conosciuto a seguito del deposito in giudizio, la nota n. 199088 dell’11 giugno 2004 del Comando generale della Guardia di Finanza nella parte in cui stabilisce che l’indennità “…compete esclusivamente, al personale trasferito d’autorità ad altra sede di servizio, sita in Comune diverso da quello di provenienza, ma che si trovi ad una distanza di almeno dieci chilometri, calcolata prendendo a riferimento le case comunali”, deducendo sintesi:
1) Violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all'art. 1 della legge n. 86/2001 e all’art. 1 della legge n. 417/1978, perché il contrasto giurisprudenziale composto con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 23/2011 non ha mai revocato in dubbio che la distanza debba essere computata tra le sedi a quo e ad quem, e quindi non può assumere alcuna rilevanza quella tra le case comunali, ossia gli stabili in cui risiedono i municipi.
2) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto, contraddittorietà ed illogicità manifeste.
Disparità di trattamento. Violazione di legge in relazione all’art. 3 Cost. Difetto di istruttoria e difetto di motivazione, perché comunque l’attestazione dell’A.C.I. esibita dall’Amministrazione si riferisce alla distanza tra i due centri abitati (indicata come pari a km. 9) e non già tra le case comunali.
3) Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, ribadendosi che la sede ad quem si trova in località isolata e non già nel centro abitato.
2.) Con sentenza n. 600 dell’8 giugno 2012, il ricorso è stato accolto, rilevando che - ormai ferma e acclarata la spettanza dell’indennità di trasferimento in base alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23/2011 -, la distanza deve misurarsi tra le sedi di servizio “…atteso che la legge (art. 3 L. n. 100 del 1987) reca come riferimento la “sede di servizio” e quella “di destinazione”, che è requisito relativo alla distanza che si aggiunge al fatto che il trasferimento deve intervenire, come è nel caso, fra differenti Comuni. In tal senso depone anche recente giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 08.03.2012, n. 1338)”.
3.) Con appello notificato il 6 novembre 2012 e depositato il 21 novembre 2012, la sentenza è stata impugnata, deducendosene l’erroneità e ingiustizia, senza rubricazione di motivi: dopo accurata ricostruzione normativa dell’istituto, si evidenzia che il riconoscimento dell’indennità, in virtù del richiamo di cui all’art. 1 della legge n. 86/2001 al trattamento economico di missione, deve ritenersi assoggettato agli stessi requisiti di quest’ultimo, e quindi, ferma la diversità dei comuni in cui ricade la sede di servizio a quo rispetto a quella ad quem, al computo della distanza tra le due case municipali.
3.1) Con la memoria difensiva di costituzione, depositata il 30 novembre 2012, l’appellato ha dedotto a sua volta l’infondatezza dell’appello, ribadendo che la distanza deve computarsi tra le sedi di servizio, e che in ogni caso la nuova sede è posta in località isolata rispetto al centro abitato di Elmas.
3.2) Con ordinanza n. 4848 del 12 dicembre 2012 l’istanza cautelare incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza è stata rigettata “…posto che la sede di destinazione è ubicata in località distinta e isolata rispetto al centro urbano”.
3.3) Con memoria depositata il 27 dicembre 2017, l’appellato ha insistito per la reiezione dell’appello, richiamando anche la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1/2016.
3.4) All’udienza pubblica del 1° febbraio 2018 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato con la conseguente conferma della sentenza gravata.
4.1) Giova premettere un quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale.
4.1.1) L'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 (recante “Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia”) dispone testualmente che:
“Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi”.
4.1.2) Ai sensi del successivo art. 13 della legge la disposizione trova applicazione ai trasferimenti effettuati con decorrenza dal 1° gennaio 2001, laddove quelli antecedenti continuano a essere regolati dalla legge 10 marzo 1987, n. 100.
4.1.3) L’art. 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100 (recante “Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare”), a sua volta dispone al primo comma che:
“A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.
La disposizione, quindi, individuava il trattamento economico per i trasferimenti di autorità mediante la tecnica del rinvio ricettizio all’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
4.1.4) L’art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, interamente sostituito dall’art. 6 della legge n. 27/1981, a sua volta stabilisce che:
“Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, si applicano agli uditori giudiziari destinati ad esercitare le funzioni giudiziarie.
L’indennità di cui al primo comma è corrisposta, con decorrenza dal 1° luglio 1980, con le modalità di cui all'art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, ai magistrati trasferiti d’ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all’art. 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno”.
4.1.5) L’art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, cui rinvia l’art. 13 della legge n. 97/1979 individua a sua volta il trattamento economico mediante ulteriore rinvio alle disposizioni del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 gennaio 1947, n. 7 (recante “Trattamento economico per le missioni o per i trasferimenti dei dipendenti statali”).
4.1.6) Quest’ultimo disciplinava il trattamento di missione a condizione che la località di svolgimento della missione fosse superiore alle distanze di cui al successivo art. 15 e che la durata della missione fosse almeno pari a 24 ore di assenza dalla residenza “incluso il tempo trascorso in viaggio”, costituito da una diaria e dal supplemento di pernottazione.
Il limite minimo di distanza, da calcolarsi “... per la via ferrata od ordinaria più breve... dal perimetro del centro urbano o rurale ove il dipendente ha la sede dell’ufficio, scuola, impianto, comando, caserma, ecc”, era fissato in misura pari a quindici chilometri nei comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti, 12 per quelli con popolazione superiore ai 200.000 abitanti e 8 chilometri in tutti gli altri comuni.
4.1.7) Tali limiti di distanza e i criteri della sua determinazione hanno perso validità per effetto della disposizione di cui all’art. 1 della legge 26 luglio 1978, n. 417 (recante “Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali”), secondo il cui disposto, per quanto qui interessa:
“A decorrere dal 1° dicembre 1977 le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 chilometri, sono stabilite come segue...(comma primo);
Per sede di servizio si intende il centro abitato o la località isolata in cui hanno sede l’ufficio o l’impianto presso il quale il dipendente presta abitualmente servizio”(comma secondo).
In sostanza, agli originari limiti differenziati per classi demografiche dei comuni sede dell’ufficio è stato sostituito l’unico limite minimo di dieci chilometri, riferito al centro abitato (quindi anche frazione comunale) o località isolata (sia pure ovviamente ricadente nell’ambito territoriale di un comune) di allocazione dell’ufficio o impianto.
4.2.1) Deve rammentarsi che l’Adunanza Plenaria aveva composto un primo contrasto giurisprudenziale, sorto tra il C.g.a. (decisione 28 luglio 1993 n. 277) e la Sezione IV (decisioni 1° febbraio 1994 n. 90 e 30 luglio 1994 n. 643), in ordine alla portata del rinvio, contenuto nell’art. 1 della legge n. 100/1987, all’art. 13 della legge n. 97/1979; con decisione n. 7 del 28 aprile 1999 era stato chiarito che “…l’indennità di cui all’art. 1 della legge n. 100/1987 deve ritenersi sottoposta, nel silenzio del legislatore, allo stesso regime giuridico dell’indennità di missione, compresa la sussistenza, ai fini della sua erogazione, della distanza chilometrica minima di dieci chilometri tra la nuova e l’originaria sede di servizio”.
4.2.3) Sorto poi ulteriore contrasto sulla persistenza del requisito di distanza in relazione alla disposizione dell’art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 -negata dalla decisione della Sez. VI, n. 8211 del 24 novembre 2010 e affermata dalla decisione della Sez. IV, n. 8293 del 27 novembre 2010- esso è stato risolto con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23 del 14 dicembre 2011, che ha statuito che “…l’attribuzione dell’indennità per il trasferimento di autorità, prevista dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione”.
4.3) Ciò posto, nel caso di specie, si può prescindere dalla questione se la distanza debba misurarsi tra le “case comunali” (secondo quanto pure sostenuto da questa Sezione con la sentenza n. 2937 del 30 settembre 2013), allorché ricorra la fattispecie eccettuativa della località isolata, in relazione al quale “...l’elemento della distanza recede in presenza di una decisa separazione con il nucleo abitato”, in riferimento al quale “…rileva ai fini del riconoscimento dell’indennità per distanze inferiori ai 10 km…l’isolamento della caserma dal contesto delle zone urbanizzate” (così Sez. IV, 2 luglio 2012, n. 3868 e 24 aprile 2012, n. 2426; la stessa sentenza n. 2937/2013 faceva salva la fattispecie della località isolata.
4.4) Nel caso di specie non è contestata, e quindi deve ritenersi ammessa, la circostanza che la sede ad quem è collocata a oltre tredici chilometri dal centro abitato di Elmas, e quindi da essa isolata, con conseguente diritto al riconoscimento dell’indennità e correlata illegittimità del diniego.
5.) In conclusione, l’appello deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
6.) Il regolamento delle spese del giudizio d’appello, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n.r. 8237 del 2012, come in epigrafe proposto, così provvede:
1) rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza del T.A.R. per la Sardegna, Sezione I, n. 600 dell’8 giugno 2012;
2) condanna il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro in carica, al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del giudizio di appello, liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Leonardo Spagnoletti Paolo Troiano
IL SEGRETARIO
Ancora una volta il CdS bacchetta l'Amministrazione, ribadendo che per aver diritto a tale beneficio deve essere considerata la distanza tra l'ubicazione da Sede servizio a Nuova sede di Servizio e non come erroneamente sostenuto dal Comando, ove fa riferimento, da Casa Comunale a Casa Comunale (Municipio).
N.B.: ai colleghi, che ancora hanno in pendenza ricorsi del genere, consiglio di insistere ai loro Avvocati di citare eventualmente ancor prima di andare la causa a sentenza, i numeri delle sentenze in tal senso.
1) - Con sentenza n. 600 dell’8 giugno 2012, il ricorso è stato accolto, rilevando che - ormai ferma e acclarata la spettanza dell’indennità di trasferimento in base alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23/2011 -, la distanza deve misurarsi tra le sedi di servizio ……….
----------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201805056
- Public 2018-08-24 –
Pubblicato il 24/08/2018
N. 05056/2018 REG. PROV. COLL.
N. 08237/2012 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8237 del 2012, proposto da
Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando generale della Guardia di Finanza Reparto tecnico logistico amministrativo Sardegna, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
contro
Roberto Saddi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Renato Margelli e Sara Merella e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cosseria n. 2, per mandato a margine dell’atto di costituzione;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. della Sardegna, Sezione I, n. 600 dell’8 giugno 2012, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso in primo grado n. 265/2007, integrato da motivi aggiunti, proposto per l’annullamento della determinazione di diniego dell’indennità di trasferimento di autorità
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roberto Saddi;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2018 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avvocato dello Stato Marrone per l’Autorità statale appellante e l’avv. D. Jouvenal Long, per delega dell’avv. Merella, per la parte privata appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Il signor Roberto Saddi, maresciallo aiutante della Guardia di Finanza, con determinazione del Comando regionale del 10 agosto 2004 è stato trasferito d’autorità dal Comando del Nucleo di Polizia Tributaria di Cagliari al Comando sezione aerea di Elmas.
1.1) Con istanza in data 28 novembre 2006 l’interessato ha richiesto il riconoscimento della indennità prevista dall’art. 1 della legge n. 86/2001, negata con determinazione n. 42227 del 20 dicembre 2006 sul rilievo che “…la distanza chilometrica intercorrente tra Elmas e Cagliari risulta essere inferiore” a dieci chilometri.
1.2) Con ricorso in primo grado n.r. 265/2007, l’interessato ha proposto cumulative domande di annullamento, accertamento e condanna, deducendo in sintesi i seguenti motivi:
1) Violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all’ art. 1 della legge n. 86/2001 e all’art. 1 della legge n. 417/1978 e della circolare n. 442621 del 16.12.1998 del Comando generale della Guardia di Finanza, perché la nuova sede si trova in comune (Elmas) diverso da quello (Cagliari), nel cui territorio rientra la sede a quo, e la distanza chilometrica tra le due sedi è superiore ai dieci chilometri, e pari, come da attestazione del Comune di Elmas, a km. 13,7 misurati secondo il percorso più breve, e peraltro la nuova sede ricade in località isolata esterna al centro abitato.
2) Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta, erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, perché il diniego fa riferimento alla distanza tra i comuni e non tra le sedi di servizio.
1.3) Costituitasi in giudizio l’Amministrazione intimata ha dedotto, a sua volta, l’infondatezza del ricorso.
1.4) Con motivi aggiunti al ricorso, l’interessato ha altresì impugnato, quale atto presupposto conosciuto a seguito del deposito in giudizio, la nota n. 199088 dell’11 giugno 2004 del Comando generale della Guardia di Finanza nella parte in cui stabilisce che l’indennità “…compete esclusivamente, al personale trasferito d’autorità ad altra sede di servizio, sita in Comune diverso da quello di provenienza, ma che si trovi ad una distanza di almeno dieci chilometri, calcolata prendendo a riferimento le case comunali”, deducendo sintesi:
1) Violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all'art. 1 della legge n. 86/2001 e all’art. 1 della legge n. 417/1978, perché il contrasto giurisprudenziale composto con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 23/2011 non ha mai revocato in dubbio che la distanza debba essere computata tra le sedi a quo e ad quem, e quindi non può assumere alcuna rilevanza quella tra le case comunali, ossia gli stabili in cui risiedono i municipi.
2) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto, contraddittorietà ed illogicità manifeste.
Disparità di trattamento. Violazione di legge in relazione all’art. 3 Cost. Difetto di istruttoria e difetto di motivazione, perché comunque l’attestazione dell’A.C.I. esibita dall’Amministrazione si riferisce alla distanza tra i due centri abitati (indicata come pari a km. 9) e non già tra le case comunali.
3) Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, ribadendosi che la sede ad quem si trova in località isolata e non già nel centro abitato.
2.) Con sentenza n. 600 dell’8 giugno 2012, il ricorso è stato accolto, rilevando che - ormai ferma e acclarata la spettanza dell’indennità di trasferimento in base alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23/2011 -, la distanza deve misurarsi tra le sedi di servizio “…atteso che la legge (art. 3 L. n. 100 del 1987) reca come riferimento la “sede di servizio” e quella “di destinazione”, che è requisito relativo alla distanza che si aggiunge al fatto che il trasferimento deve intervenire, come è nel caso, fra differenti Comuni. In tal senso depone anche recente giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 08.03.2012, n. 1338)”.
3.) Con appello notificato il 6 novembre 2012 e depositato il 21 novembre 2012, la sentenza è stata impugnata, deducendosene l’erroneità e ingiustizia, senza rubricazione di motivi: dopo accurata ricostruzione normativa dell’istituto, si evidenzia che il riconoscimento dell’indennità, in virtù del richiamo di cui all’art. 1 della legge n. 86/2001 al trattamento economico di missione, deve ritenersi assoggettato agli stessi requisiti di quest’ultimo, e quindi, ferma la diversità dei comuni in cui ricade la sede di servizio a quo rispetto a quella ad quem, al computo della distanza tra le due case municipali.
3.1) Con la memoria difensiva di costituzione, depositata il 30 novembre 2012, l’appellato ha dedotto a sua volta l’infondatezza dell’appello, ribadendo che la distanza deve computarsi tra le sedi di servizio, e che in ogni caso la nuova sede è posta in località isolata rispetto al centro abitato di Elmas.
3.2) Con ordinanza n. 4848 del 12 dicembre 2012 l’istanza cautelare incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza è stata rigettata “…posto che la sede di destinazione è ubicata in località distinta e isolata rispetto al centro urbano”.
3.3) Con memoria depositata il 27 dicembre 2017, l’appellato ha insistito per la reiezione dell’appello, richiamando anche la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1/2016.
3.4) All’udienza pubblica del 1° febbraio 2018 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato con la conseguente conferma della sentenza gravata.
4.1) Giova premettere un quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale.
4.1.1) L'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 (recante “Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia”) dispone testualmente che:
“Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi”.
4.1.2) Ai sensi del successivo art. 13 della legge la disposizione trova applicazione ai trasferimenti effettuati con decorrenza dal 1° gennaio 2001, laddove quelli antecedenti continuano a essere regolati dalla legge 10 marzo 1987, n. 100.
4.1.3) L’art. 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100 (recante “Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare”), a sua volta dispone al primo comma che:
“A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.
La disposizione, quindi, individuava il trattamento economico per i trasferimenti di autorità mediante la tecnica del rinvio ricettizio all’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
4.1.4) L’art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, interamente sostituito dall’art. 6 della legge n. 27/1981, a sua volta stabilisce che:
“Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, si applicano agli uditori giudiziari destinati ad esercitare le funzioni giudiziarie.
L’indennità di cui al primo comma è corrisposta, con decorrenza dal 1° luglio 1980, con le modalità di cui all'art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, ai magistrati trasferiti d’ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all’art. 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno”.
4.1.5) L’art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, cui rinvia l’art. 13 della legge n. 97/1979 individua a sua volta il trattamento economico mediante ulteriore rinvio alle disposizioni del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 gennaio 1947, n. 7 (recante “Trattamento economico per le missioni o per i trasferimenti dei dipendenti statali”).
4.1.6) Quest’ultimo disciplinava il trattamento di missione a condizione che la località di svolgimento della missione fosse superiore alle distanze di cui al successivo art. 15 e che la durata della missione fosse almeno pari a 24 ore di assenza dalla residenza “incluso il tempo trascorso in viaggio”, costituito da una diaria e dal supplemento di pernottazione.
Il limite minimo di distanza, da calcolarsi “... per la via ferrata od ordinaria più breve... dal perimetro del centro urbano o rurale ove il dipendente ha la sede dell’ufficio, scuola, impianto, comando, caserma, ecc”, era fissato in misura pari a quindici chilometri nei comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti, 12 per quelli con popolazione superiore ai 200.000 abitanti e 8 chilometri in tutti gli altri comuni.
4.1.7) Tali limiti di distanza e i criteri della sua determinazione hanno perso validità per effetto della disposizione di cui all’art. 1 della legge 26 luglio 1978, n. 417 (recante “Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali”), secondo il cui disposto, per quanto qui interessa:
“A decorrere dal 1° dicembre 1977 le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 chilometri, sono stabilite come segue...(comma primo);
Per sede di servizio si intende il centro abitato o la località isolata in cui hanno sede l’ufficio o l’impianto presso il quale il dipendente presta abitualmente servizio”(comma secondo).
In sostanza, agli originari limiti differenziati per classi demografiche dei comuni sede dell’ufficio è stato sostituito l’unico limite minimo di dieci chilometri, riferito al centro abitato (quindi anche frazione comunale) o località isolata (sia pure ovviamente ricadente nell’ambito territoriale di un comune) di allocazione dell’ufficio o impianto.
4.2.1) Deve rammentarsi che l’Adunanza Plenaria aveva composto un primo contrasto giurisprudenziale, sorto tra il C.g.a. (decisione 28 luglio 1993 n. 277) e la Sezione IV (decisioni 1° febbraio 1994 n. 90 e 30 luglio 1994 n. 643), in ordine alla portata del rinvio, contenuto nell’art. 1 della legge n. 100/1987, all’art. 13 della legge n. 97/1979; con decisione n. 7 del 28 aprile 1999 era stato chiarito che “…l’indennità di cui all’art. 1 della legge n. 100/1987 deve ritenersi sottoposta, nel silenzio del legislatore, allo stesso regime giuridico dell’indennità di missione, compresa la sussistenza, ai fini della sua erogazione, della distanza chilometrica minima di dieci chilometri tra la nuova e l’originaria sede di servizio”.
4.2.3) Sorto poi ulteriore contrasto sulla persistenza del requisito di distanza in relazione alla disposizione dell’art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 -negata dalla decisione della Sez. VI, n. 8211 del 24 novembre 2010 e affermata dalla decisione della Sez. IV, n. 8293 del 27 novembre 2010- esso è stato risolto con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23 del 14 dicembre 2011, che ha statuito che “…l’attribuzione dell’indennità per il trasferimento di autorità, prevista dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione”.
4.3) Ciò posto, nel caso di specie, si può prescindere dalla questione se la distanza debba misurarsi tra le “case comunali” (secondo quanto pure sostenuto da questa Sezione con la sentenza n. 2937 del 30 settembre 2013), allorché ricorra la fattispecie eccettuativa della località isolata, in relazione al quale “...l’elemento della distanza recede in presenza di una decisa separazione con il nucleo abitato”, in riferimento al quale “…rileva ai fini del riconoscimento dell’indennità per distanze inferiori ai 10 km…l’isolamento della caserma dal contesto delle zone urbanizzate” (così Sez. IV, 2 luglio 2012, n. 3868 e 24 aprile 2012, n. 2426; la stessa sentenza n. 2937/2013 faceva salva la fattispecie della località isolata.
4.4) Nel caso di specie non è contestata, e quindi deve ritenersi ammessa, la circostanza che la sede ad quem è collocata a oltre tredici chilometri dal centro abitato di Elmas, e quindi da essa isolata, con conseguente diritto al riconoscimento dell’indennità e correlata illegittimità del diniego.
5.) In conclusione, l’appello deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
6.) Il regolamento delle spese del giudizio d’appello, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n.r. 8237 del 2012, come in epigrafe proposto, così provvede:
1) rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza del T.A.R. per la Sardegna, Sezione I, n. 600 dell’8 giugno 2012;
2) condanna il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro in carica, al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del giudizio di appello, liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
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