DESTITUZIONE E PENSIONE

Diritto Militare e per le Forze di Polizia
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Mario bis

DESTITUZIONE E PENSIONE

Messaggio da Mario bis »

Buongiorno dottore, se possibile vorrei sapere da Lei come comportarmi. Sono stato destituito dalla Polizia che avevo 33+5 anni di contributi quindi un totale di 38 anni. Secondo la circolare INPS nr.545 del 10/1/2013, chi appartiene al comparto sicurezza fino al 31/12/2015 può andare in pensione anticipata con 40 anni e 3 mesi di contributi. Io ho fatto richiesta e sono stato autorizzato a proseguire la contribuzione volontaria. Ma proprio ieri un addetto dell'INPDAP dove ero andato per avere chiarimenti, ha sostenuto pur non essendone certo, che siccome io non faccio più parte del comparto sicurezza, non posso più andare in pensione anticipata con i 40 anni e tre mesi ma pur pagando quei contributi, andrò con la normativa generale che prevede 42 anni e 5 mesi. E' possibile? Sa darmi delle certezze magari anche con riferimenti a qualche legge? La ringrazio anticipatamente Mario.


dolomitiko
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Re: DESTITUZIONE E PENSIONE

Messaggio da dolomitiko »

ciao, mi puoi tenere informato sullo stato della tua vicenda ? Io ho 27 anni effettivi e 3 anni e 7 mesi riscattati di lavoro precedente. sto affrontando un procedimento penale presso il Tribunale militare e nelle peggiori delle ipotesi potrei essere congedato . Simulata infermità e truffa ai danni dello stato sono i reati contestatemi. Se al termine dei vari gradi di provesso dovessi essere destituito che fine farei ? Grazie
indio
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Re: DESTITUZIONE E PENSIONE

Messaggio da indio »

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 463 2016 RESPONSABILITA 03/10/2016

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Sent
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
composta dai seguenti magistrati
dr. Enzo Rotolo, Presidente
dr. Galeota Antonio, Consigliere
dr.ssa Giuseppa Maneggio, Consigliere
dr.ssa Giuseppina Maio, Consigliere relatore
dr. Giovanni Comite, Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di appello iscritto al n. 46493 del Registro di Segreteria, proposto dal Sig. ARPA Rodolfo, rappresentato e difeso dall' Avv. Angelo Fiore TARTAGLIA ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma in Viale delle Medaglie d'Oro n. 266;
contro
il Ministero della Difesa, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (ex gestione INPDAP);
per la riforma della sentenza della Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna n. 117/2013, depositata il 25 luglio 2013;
Visti tutti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del 9 settembre 2016, con l’assistenza del segretario, sig.ra Gerarda Calabrese, il relatore, dr.ssa Giuseppina Maio, l’Avv. Angelo Fiore Tartaglia per parte appellante, l’Avv. Luigi Caliulo per delega dell’Avv. Clementina Pulli in rappresentanza dell’INPS, la dr.ssa Antonella Giammichele per il Ministero dell’Economia e Finanze e la dr.ssa Maria Luisa Guttuso per il Ministero della Difesa;
Ritenuto in
FATTO
1.- Con sentenza n. 117/13/M depositata in data 25 luglio 2013, la Sezione giurisdizionale per la regione Emilia Romagna ha respinto, il ricorso del sig. ARPA volto a far annullare: il provvedimento del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - Centro Nazionale Amministrativo, in data 9 settembre 2010 prot. n. 225442WZ/5-PNP avente ad oggetto: "Recupero somme erogate a titolo di trattamento economico di attività e di quiescenza"; il provvedimento del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - Centro Nazionale Amministrativo, in data 9 novembre 2010 prot. n. 225442WZ/5-2-PNP avente ad oggetto il "Recupero somme erogate a titolo di trattamento economico di attività e di quiescenza. 2° SOLLECITO", nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e conseguente;il Decreto n. 445/111-9/2009 con cui il Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare ha disposto, a far data dal 13 settembre 2006, la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari nei confronti del ricorrente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 37 e 60, n. 6) della legge 31 luglio 1954, n. 599; la nota n. 225442W1/4-1-PNP datata 03.08.2010 dell'Ufficio T.E.Q. del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri di Chieti Scalo, con cui il Comando disponeva che l'INPDAP di Bergamo procedesse alla "sospensione del trattamento pensionistico provvisorio" erogato a favore del ricorrente; la lettera n. 24631 del 17.08.2010 con cui l'INPDAP di Bergamo informava l'Ufficio T.E.Q. del Comando Generale dell'Arma dei. Carabinieri ed il ricorrente di aver "sospeso i relativi pagamenti di pensione a favore dell'interessato a decorrere dal 01 settembre 2010".
2. Risulta dagli atti che l'odierno ricorrente, ex Maresciallo dell'Arma dei Carabinieri, con decreto ministeriale n. 1027 del 5 aprile 2007, veniva posto in congedo assoluto, a decorrere dal 13.09.2006, siccome riconosciuto "non idoneo permanentemente al SMI in modo assoluto.
Prima della cessazione, il militare, all'epoca dei fatti penalmente indagato per la commissione di alcuni reati, con D.M. n. 0093/3-7/2006 del in data 20 marzo 2006, era stato sospeso precauzionalmente dall'impiego ex art. 20, comma 2, della legge n599/154, con decorrenza dal 6.03.2006.
A seguito di sentenza n. 2400/08 del 27.10.2008, divenuta irrevocabile il 21.12.2008, con la quale il Tribunale di Bergamo aveva applicato, ex art. 444 c.p.p., nei confronti del ricorrente la pena sospesa di anni 2 (due) in ordine ai reati di "tentata concussione in concorso", il Sig. ARPA veniva sottoposto a procedimento disciplinare, avviato con inchiesta formale il 7 aprile 2009 e conclusosi con l'emissione del D. M. n..445/III-7/2009 in data 27.11.2009, con il quale veniva disposta a far data dal 13.09.2006, la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, ai sensi del combinato disposto degli artt. 37 e 60, n. 6) della Legge 31 luglio 1954 n. 599.
Successivamente, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha revocato, tramite l’I.N.P.D.A.P., il beneficio del trattamento pensionistico allo stesso corrisposto in virtù di congedo per riforma, in quanto alla data del 19.09.2006, ossia dalla data di effettività della perdita del grado per rimozione, il ricorrente non avrebbe avuto i requisiti contributivi e di anzianità per percepire tale trattamento.
3. Con ricorso in appello depositato presso la Segreteria in data 10 ottobre 2013, il sig. Arpa ha rilevato vari motivi di gravame.
3.1. Erroneità ed illogicità dell’impugnata sentenza. Violazione e/o falsa applicazione dell’art.21 bis della l.n.241/1990; Violazione di tutti i principi in tema di diritti previdenziali acquisiti; Violazione del principio del divieto di reformatio in pejus.
Sostiene che, del tutto erroneamente, l’impugnata sentenza ritiene applicabili le previgenti norme dell’ordinamento militare in quanto superate dall’art.21 bis della l.n.241/1990; richiama sul punto la sentenza del Consiglio di Stato n.5582/2012; afferma, altresì, che il collocamento in congedo assoluto, per infermità ex art.29 l.n.599/1954, prevale sulla sanzione disciplinare successivamente intervenuta.
In ordine, poi, agli effetti della sanzione disciplinare della perdita del grado rispetto all’anzianità contributiva necessaria per l’accesso alla pensione ex l.n.449/1997, l’appellante richiama giurisprudenza delle Sezioni giurisdizionali regionali secondo cui la rilevanza retroattiva del provvedimento è irrilevante ai fini pensionistici (cita giurisprudenza delle Sezioni di primo grado sulla questione).
3.2. Erroneità dell’impugnata sentenza ed omessa motivazione sul punto; Violazione di tutti i principi in materia di irripetibilità delle somme erroneamente corrisposte al pensionato in buona fede. Eccezione di prescrizione.
In via subordinata, rispetto al motivo assorbente, l’appellante richiama i principi giurisprudenziali espressi dalle Sezioni Riunite di questa Corte dei conti nella sent. n.7/QM/2007, secondo cui il decorso di un lungo termine per l’emanazione del provvedimento pensionistico definitivo, unitamente all’assenza di dolo, costituiscono condizioni ostative al recupero dell’indebito pensionistico; ribadisce, altresì, l’eccezione di prescrizione dell’azione di recupero.
In conclusione, l’appellante ha ritenuto che il provvedimento disciplinare non potesse incidere sul diritto quesito al trattamento pensionistico concessogli dall’INPS nel 2010 ed ha chiesto che gli venga riconosciuto il diritto a percepire la pensione ordinaria e quella privilegiata dalla data del provvedimento di riforma con conseguente condanna delle intimate amministrazioni a corrispondergli il relativo trattamento pensionistico.
4. Con memoria depositata in data 12 febbraio 2015 (che ha rilevato l’inammissibilità del secondo motivo d’appello) si è costituito il Ministero della Difesa e con successiva memoria in data 21 luglio 2016 dopo aver ripercorso i termini fattuali e giuridici della vicenda, ha chiesto, il rigetto dell’appello, con vittoria di spese per euro 1.000,00; in subordine, in caso d’accoglimento dell’appello, ha chiesto l’applicazione della prescrizione quinquennale.
5. In data 30 agosto 2016 l’appellante ha depositato una memoria, per l’odierna udienza di discussione, nella quale ha richiamato precedenti giurisprudenziali delle Sezioni di appello (Sez. I n.48/2015; Sez. II n. 789/2015 n. 256/2016, n. 706/2016), le quali affermano che il provvedimento di perdita del grado per rimozione non può incidere, travolgendolo, sul maturato diritto a percepire la pensione per effetto della riforma per inidoneità fisica.
Conclusivamente, il sig. Arpa chiede che il gravame venga accolto, ribadendone integralmente le conclusioni ivi rassegnate.
L’INPS si è costituito in giudizio, quale successore ex art.21, d.l.n.201/2011, conv. nella l.n.214/2011 dell’INPDAP, depositando una memoria, in data 5 febbraio 2015, ripropone le eccezioni sollevate nel primo rado di giudizio confermando la legittimità del proprio operato.
6. All’udienza del 9 settembre 2016, dopo l’esposizione introduttiva del Giudice relatore, i difensori delle parti si sono riportati agli atti scritti, confermandone il contenuto e le relative conclusioni. La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.
Ritenuto in
DIRITTO
1. Preliminarmente la Sezione deve dare atto dell’ estromissione del MEF dal presente giudizio, peraltro già disposta dal Giudice di primo grado per difetto di legittimazione passiva.
2. La questione oggetto del presente giudizio concerne essenzialmente l’individuazione dei corretti termini d’applicazione della disciplina normativa posta dagli artt. 37 e 61 della l. n. 599 del 1954, applicabile ratione temporis ai fatti di causa.
A tal fine, occorre in primo luogo tener presente che la normativa in esame si colloca nel medesimo contesto operativo di riferimento di una serie di varie disposizioni (p.es., art. 1 del decreto - legge 3 giugno 1938, n. 1032, contenente norme sulla perdita del diritto a pensione per il personale statale destituito, convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 84) che prevedevano la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro ente pubblico, a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare.
Dette disposizioni vennero, anche a seguito di pronunce dell’illegittimità costituzionale delle relative norme (v. C. cost. sent. nn. 3 del 1966; 78 del 1967; 112 del 1968), definitivamente abrogate dalla l. n. 08.06.1966, n. 424.
Il complessivo disegno ordinamentale avviato con tale abrogazione, ponendosi nel solco della tutela rafforzata del credito previdenziale prevista dall’art. 36 Cost., così come interpretato dalle richiamate sentenze della Corte costituzionale, è stato poi completato dall’art. 5 del d.P.R. 1092 del 1973 che ha previsto che, in linea generale, “Il diritto al trattamento di quiescenza, diretto o di riversibilità, non si perde per prescrizione, per perdita della cittadinanza italiana o per altre cause, salvo quanto disposto per il trattamento di riversibilità dagli articoli 81, comma settimo, e 86, comma secondo”.
Il descritto contesto normativo impone, quindi, al Collegio una ricostruzione ed applicazione particolarmente attenta delle norme in esame, che rappresentano una disciplina oggettivamente e soggettivamente speciale, proprio al fine di evitare che l’effetto della loro interpretazione riproponga conseguenze non più compatibili con l’Ordinamento costituzionale.
L’art. 37 della l. n. 599 del 1954 sullo Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica stabiliva che “Il sottufficiale, nei cui riguardi si verifichi una delle cause di cessazione dal servizio permanente previste dal presente capo, cessa dal servizio anche se si trovi sottoposto a procedimento penale o disciplinare.
Qualora il procedimento si concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che importi la perdita del grado , la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta”.
In sostanza, la normativa ora richiamata - poi essenzialmente riprodotta nel D.lgs. n. 66 del 2010 e s.m.i. recante le norme sull’Ordinamento militare - assegna effetti retroattivi, che travolgono la causa di cessazione dal servizio, alla circostanza della pendenza di un procedimento penale o disciplinare che si concluda, dopo l’intervenuta cessazione dal servizio, con una sentenza di condanna alla perdita del grado o con l’irrogazione della sanzione disciplinare della rimozione/perdita del grado, sostituendo quest’ultima causa di cessazione dal servizio a quella in precedenza verificatasi.
Infatti, l’art. 61, comma 2, della l. n. 599 del 1954 disponeva che “Qualora ricorra l'applicazione del secondo comma dell'art. 37, la perdita del grado per le cause indicate al primo comma, nn. 6 (ossia, come nel caso in esame, la rimozione per motivi disciplinari, previo giudizio di una Commissione di disciplina) e 7, dell'art. 60 decorre dalla data in cui il sottufficiale ha cessato dal servizio permanente”.
In altre parole, la predetta normativa, senz’altro ancora applicabile alla fattispecie per effetto della norma di salvaguardia recata dall’art.1, comma 2, del d.lgvo n.66/2010, come giustamente affermato nella sentenza impugnata, attribuisce effetti retroattivi alla circostanza della pendenza di un procedimento penale o disciplinare che si concludano, dopo la cessazione dal servizio, con la conseguente perdita del grado, (quale pena accessoria ex art.19 c.p. ovvero sanzione disciplinare), sostituendosi al precedente titolo giuridico estintivo del rapporto d’impiego.
Ciò posto, passando alla soluzione del caso in esame, in primo luogo, il Collegio osserva che, pur essendo stato sottoposto l’appellante a procedimento penale al momento della cessazione dal servizio per invalidità, tuttavia detto procedimento si è concluso con una sentenza che – alla stregua degli atti di causa – non risulta abbia condannato anche alla perdita del grado , rimanendo per l’effetto inapplicabile a tale titolo l’art. 37, comma 2, l. n. 599 del 1954.
Quanto alla configurabilità degli effetti retroattivi con decorrenza dal 13 settembre 2006 della causa di cessazione della rimozione per perdita del grado di cui al procedimento disciplinare conclusosi nel 2009, questione che ha originato il presente giudizio, occorre osservare che, come ricordato, detti effetti retroattivi – secondo l’art. 37 della l. n. 599 del 1954 - conseguono al fatto che il procedimento disciplinare fosse in atto, ossia pendente, al momento della cessazione dal servizio per altra causa, nel caso in esame per invalidità.
Ed infatti, come ricordato, l’art. 37 della l. n. 599 del 1954 prevede che il sottufficiale, nei cui riguardi si verifichi una delle cause di cessazione dal servizio permanente, tra le quali quella per invalidità, cessi dal servizio anche se si trovi sottoposto a procedimento penale o disciplinare, e soltanto ‘qualora il procedimento - ossia quello al quale il sottufficiale si trovava sottoposto al momento del verificarsi dell’altra causa di cessazione - si concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che importi la perdita del grado , la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente si
considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta’.
Sul punto il Collegio rileva che dagli atti risulta che il procedimento disciplinare conclusosi con l'emissione del D. M. n..445/III-7/2009 in data 27.11.2009, con il quale veniva disposta a far data dal 13.09.2006, la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, ai sensi del combinato disposto degli artt. 37 e 60, n. 6) della Legge 31 luglio 1954 n. 599, è stato avviato con inchiesta formale il 27 novembre 2009.
Ciò posto, all’atto della cessazione dal servizio per invalidità, ossia al 13 settebre 2006, il procedimento disciplinare doveva essere ancora avviato, nonostante l’Ente militare già conoscesse i fatti dalla sentenza di primo grado, che aveva portato alla sospensione dell’appellante.
Anche con riferimento al procedimento disciplinare, allora, rimangono inconfigurabili gli effetti retroattivi previsti dall’art. 37, comma 2, della l. n. 599 del 1954, in quanto, in questo caso, il procedimento disciplinare non era pendente al momento della cessazione dal servizio.
2.1. Quanto precede, induce il Collegio ad escludere l’applicabilità al caso in esame della disciplina speciale posta dagli artt. 37 e 61, comma 2, della l. n. 599 del 1954, e consente di poter ritenere come definitivo il provvedimento dell’INPDAP col quale l’appellante venne dispensato ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 12, l. n. 335 del 1995 a far data dal 13 settembre 2006.
3. All’accoglimento di questo motivo d’appello consegue l’assorbimento delle eccezioni formulate dalla difesa dell’appellante relativa alla violazione degli art. 203 e ss del d.P.R. 1092 del 1973 essendo venuto meno il titolo giuridico sostanziale del credito erariale accertato dall’INPS per ratei pensionistici indebitamente erogati al sig. Alpa.
Per quanto precede l’appello va integralmente accolto.
4. Dall’accoglimento dell’appello consegue l’interesse dell’INPS a vedersi accogliere l’eccezione di prescrizione formulata nella memoria di costituzione del presente giudizio.
Tuttavia, proprio perché formulata per la prima volta in grado d’appello, l’eccezione di prescrizione – notoriamente non rilevabile d’ufficio ex art. 2938 c.c. – si rivela inammissibile ai sensi dell’art. 345, comma 2, c.p.c.
5. In conclusione, per quanto precede il Collegio accoglie l’appello e, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara il diritto dell’appellante a mantenere il trattamento pensionistico attribuitogli con provvedimento col quale l’appellante venne dispensato dal servizio per inabilità assoluta a far data dal 13 settembre 2006.
6. Sulle somme arretrate spettanti a titolo di ratei pensionistici decorrenti dalla sospensione, spettano gli interessi legali e rivalutazione monetaria, da calcolarsi non in cumulo integrale, quale matematica sommatoria dell’una e dell’altra componente accessoria del credito pensionistico liquidato con ritardo, bensì parziale, quale possibile integrazione degli interessi legali ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi, secondo i principi affermati nella sentenza delle Sezioni Riunite n. 10/QM/2002.
7. Le spese legali seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
8. Nulla per le spese di giudizio.
P.Q.M.
la Corte dei conti - Terza Sezione giurisdizionale centrale d’appello, disattesa ogni contraria istanza, azione, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando,
dichiara il difetto d legittimazione passiva del M.E.F.;
accoglie l’appello iscritto al n. 46493 del Registro di segreteria e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara il diritto del sig. Rodolfo Arpa a mantenere il trattamento pensionistico attribuitogli con provvedimento dell’INPDAP col quale l’appellante venne dispensato dal servizio a far data dal 13 settembre 2006;
Sulle somme arretrate spettanti a titolo di ratei pensionistici decorrenti dalla sospensione, spettano gli interessi legali e rivalutazione monetaria, da calcolarsi come stabilito in motivazione.
Liquida le spese legali nella misura di euro 1.000,00 in favore di parte appellante, ponendole a carico, in parti uguali delle amministrazioni appellate (Ministero della Difesa ed I.N.P.S.).
Nulla per le spese di giudizio.
Manda alla segreteria per il seguito di competenza.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 9 settembre 2016.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Cons. Giuseppina Maio F.to Pres. Enzo Rotolo

Depositata in Segreteria il giorno 03-10-2016
Il Dirigente
F.to Dott. Massimo Biagi

G 46493 Sent 463/2016
dolomitiko
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Re: DESTITUZIONE E PENSIONE

Messaggio da dolomitiko »

ciao mario, mi potresti contattare in pvt per dirmi com'è andata a finire ? Grazie
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