Buongiorno a tutti!
Avrei urgente bisogno di un parere sull argomento in epigrafe.
Sono un maresciallo r.f. con ruolo di comandante con un bimbo di 7 mesi, per il quale ho chiesto di essere trasferita ex art. 42bis, nella stessa provincia di residenza, ma mi viene negato perché già in regione e perché il vic. Brig. è parzialmente inidoneo al servizio(causa di servizio). Il punto che, seppur vero che sono in regione, la distanza da casa è di ben 150km,ovvero 300km al giorno che di fatto non mi permettono di poter fruire del permesso per allattamento perché questo tempo lo uso per viaggiare.
Ho provato ma arrivo stremata e non ci sono mezzi pubblici che mi permettano di raggiungere la sede di servizio. Sto pensando sia di fare ricorso al tar che, nel frattempo istanza di autorizzazione a viaggiare.
Che ne pensate?
Trasferimento temporaneo ex art. 42bis l. 151/2001
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Re: Trasferimento temporaneo ex art. 42bis l. 151/2001
Messaggio da naturopata »
Marilauca ha scritto: ↑dom set 01, 2019 11:35 am Buongiorno a tutti!
Avrei urgente bisogno di un parere sull argomento in epigrafe.
Sono un maresciallo r.f. con ruolo di comandante con un bimbo di 7 mesi, per il quale ho chiesto di essere trasferita ex art. 42bis, nella stessa provincia di residenza, ma mi viene negato perché già in regione e perché il vic. Brig. è parzialmente inidoneo al servizio(causa di servizio). Il punto che, seppur vero che sono in regione, la distanza da casa è di ben 150km,ovvero 300km al giorno che di fatto non mi permettono di poter fruire del permesso per allattamento perché questo tempo lo uso per viaggiare.
Ho provato ma arrivo stremata e non ci sono mezzi pubblici che mi permettano di raggiungere la sede di servizio. Sto pensando sia di fare ricorso al tar che, nel frattempo istanza di autorizzazione a viaggiare.
Che ne pensate?
Assolutamente si, ricorso al TAR con sospensiva e autorizzazione a viaggiare con mezzo proprio. Poi procurati tutti gli orari per attestare i tempi di percorrenza che esibirai al TAR e cerca di contabilizzare tutte le spese nell'utilizzo del mezzo proprio (benzina, pedaggi, etc), da chiedere come risarcimento come spese vive.
Re: Trasferimento temporaneo ex art. 42bis l. 151/2001
Il CdS ha accolto l'appello dell'Amministrazione in quanto la norma è stata modificata, ed è in vigore dal 20.02.2020
Il CdS scrive:
1) - l’introduzione della previsione normativa di cui all’art. 45, comma 31 bis del d.lgs. n. 95/2017 (inserito dall’art. 40, comma 1, lett. q), del d.lgs. 27 dicembre 2019, n. 172, pubblicato sulla gazzetta ufficiale in data 05.02.2020 e pertanto in vigore dal 20.02.2020), ha modificato, per le Forze armate e di polizia, le condizioni di applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 42-bis, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, prevedendo che l’Amministrazione di appartenenza possa negare il beneficio “… per motivate esigenze organiche o di servizio…”, superando quindi il precedente regime che limitava la possibilità di diniego ai soli casi di esigenze eccezionali.
2) - Dunque, a far data dal 20 febbraio 2020, a seguito della riforma introdotta dal d.lgs. n. 172 del 2019, le ragioni di servizio che ostano all’assegnazione temporanea del personale militare o delle forze di polizia, pur dovendo essere effettive e adeguatamente rappresentate, non devono più avere il detto carattere della eccezionalità.
3) - Quanto al provvedimento di causa, è fondamentale rimarcare che la determina di rigetto è stata adottata in data 10 giugno 2020 e richiama espressamente l’art. 45, comma 31 bis del d.lgs. n. 95/2017, indicando come ostative le preminenti esigenze della sede di titolarità la quale, pur non presentando una scopertura elevata o patologica, presenta comunque un significativo vuoto di organico ed è ubicata in un contesto connotato da peculiari esigenze operative.
Il CdS scrive:
1) - l’introduzione della previsione normativa di cui all’art. 45, comma 31 bis del d.lgs. n. 95/2017 (inserito dall’art. 40, comma 1, lett. q), del d.lgs. 27 dicembre 2019, n. 172, pubblicato sulla gazzetta ufficiale in data 05.02.2020 e pertanto in vigore dal 20.02.2020), ha modificato, per le Forze armate e di polizia, le condizioni di applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 42-bis, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, prevedendo che l’Amministrazione di appartenenza possa negare il beneficio “… per motivate esigenze organiche o di servizio…”, superando quindi il precedente regime che limitava la possibilità di diniego ai soli casi di esigenze eccezionali.
2) - Dunque, a far data dal 20 febbraio 2020, a seguito della riforma introdotta dal d.lgs. n. 172 del 2019, le ragioni di servizio che ostano all’assegnazione temporanea del personale militare o delle forze di polizia, pur dovendo essere effettive e adeguatamente rappresentate, non devono più avere il detto carattere della eccezionalità.
3) - Quanto al provvedimento di causa, è fondamentale rimarcare che la determina di rigetto è stata adottata in data 10 giugno 2020 e richiama espressamente l’art. 45, comma 31 bis del d.lgs. n. 95/2017, indicando come ostative le preminenti esigenze della sede di titolarità la quale, pur non presentando una scopertura elevata o patologica, presenta comunque un significativo vuoto di organico ed è ubicata in un contesto connotato da peculiari esigenze operative.
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Re: Trasferimento temporaneo ex art. 42bis l. 151/2001
Il CdS con la SENTENZA NON DEFINITIVA in Rif. al Tar Toscana appellata dal Ministero dell’Interno - Dipartimento Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile, dispone l'invio alla Corte Costituzionale.
Quì alcuni brani:
1) - Ad avviso del Collegio, la questione di diritto devoluta con il mezzo in esame postula che venga sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”), inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilità di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attività lavorativa (e non l’attività lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione ove è ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento.
2) - Va pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell’articolo 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’articolo 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”), inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilità di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attività lavorativa (e non l’attività lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione ove è ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento.
CONCLUDENDO:
- lo respinge in parte, nei sensi di cui in parte motiva;
- dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 29, 30, e 31 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
Sospende il giudizio in corso e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.
N.B.: vi invito a leggere il tutto direttamente dall'allegato.
Quì alcuni brani:
1) - Ad avviso del Collegio, la questione di diritto devoluta con il mezzo in esame postula che venga sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”), inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilità di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attività lavorativa (e non l’attività lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione ove è ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento.
2) - Va pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell’articolo 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’articolo 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”), inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilità di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attività lavorativa (e non l’attività lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione ove è ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento.
CONCLUDENDO:
- lo respinge in parte, nei sensi di cui in parte motiva;
- dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 29, 30, e 31 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
Sospende il giudizio in corso e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.
N.B.: vi invito a leggere il tutto direttamente dall'allegato.
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Re: Trasferimento temporaneo ex art. 42bis l. 151/2001
Messaggio da aeronatica »
Buon giorno a tutti.
Consiglio, sulla base di quanto dalla stessa espresso, alla Collega Marilauca di proporre ricorso trovandomi d'accordo con il contenuto del post di Naturopata valutando però con attenzione tutti i presupposti specifici.
Oltre a ciò, proprio in ragione dell'esame sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale il cui esito potrebbe essere ulteriormente favorevole, pubblico per intero la pronuncia richiamata da Panorama dato che la lettura integrale dell'atto porta maggiore chiarezza per tutti, ove si voglia effettivamente fare corretta informazione per tutti i partecipanti al forum e non solo per taluni.
Dato che le sentenze per legge sono pubbliche mi pare giusto pubblicarle per intero per tutta la comunità.
In effetti dalla lettura della stessa emerge anche decisione del CDS che sembra ulteriormente interessante per il caso di specie della Collega che ha posto il quesito e chiesto il nostro aiuto, per quanto possibile.
Viene citata dallo stesso CDS la sentenza n. 6713/22 che riguarda interessato già in servizio nella stessa regione il cui esito è comunque sfavorevole all'interessato ma può essere di interesse il vaglio valutativo.
Non comprendo nel post della Collega il suo inciso riguardante il Vice Brigadiere (?).
In ogni caso di seguito le pronunce integrali per le opportune considerazioni.
Cordiali saluti a tutti.
Pubblicato il 15/11/2023
N. 09795/2023REG.PROV.COLL.
N. 08446/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 8446 del 2022, proposto dal Ministero dell’Interno - Dipartimento Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
contro
la signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Grazia Carcione e Alessandro Russo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Grazia Carcione in Roma, via Bocca di Leone, 78,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. -OMISSIS- resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023, il Cons. Giovanni Tulumello e viste le conclusioni delle parti come in atti;
Visto l’art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La signora -OMISSIS-, Vigile del Fuoco, presta servizio presso il Comando dei Vigili del Fuoco di Firenze.
Ella è residente, insieme al proprio nucleo familiare, nel Comune di -OMISSIS-.
Con istanza in data 10 luglio 2020 ha chiesto il trasferimento temporaneo, ai sensi dell’art. 42-bis del d. lgs. n. 151 del 2001, al Comando dei Vigili del Fuoco di Napoli.
L’istanza è stata rigettata una prima volta con provvedimento dell’11 settembre 2020, annullato dal T.A.R. della Toscana con sentenza n. -OMISSIS-.
Quindi, in sede di riedizione del potere, l’istanza in questione è stata nuovamente rigettata con provvedimento del 14 aprile 2021, per due ordini di ragioni: perché “il coniuge dell’interessata attualmente presta servizio presso il Comando di -OMISSIS-”; e perché “nella sede di Napoli non vi era alla data dell’istanza, e non vi è ancora oggi, disponibilità di posti vacanti di corrispondente posizione retributiva, anche considerando i posti ‘extra organico’ di cui al decreto n. -OMISSIS-del 30.11.2020 (…)”.
2. La signora -OMISSIS-ha impugnato tale provvedimento davanti al T.A.R. della Toscana, che con sentenza n. -OMISSIS- ha accolto il ricorso, annullando il diniego.
Il T.A.R. ha, in particolare, osservato:
- che l’art. 42-bis del d.lgs. n. 151 del 2001 non osta all’accoglimento della domanda, avuto riguardo al fatto che se è effettivamente vero che il coniuge della richiedente ha la propria sede di servizio in altra Regione (che raggiunge quotidianamente dal luogo di comune residenza), nondimeno la valorizzazione del dato della residenza del nucleo familiare, alla luce di un’interpretazione adeguatrice dell’indicata disposizione, conduce alla conclusione della sussistenza del presupposto del richiesto trasferimento;
- che “Con riguardo invece alla carenza di posti disponibili nella sede di Napoli la ricorrente (evidenziando movimentazioni verso quella sede coeve al rigetto della sua domanda) ha offerto elementi tali da mettere in dubbio tale assunto ostativo che l’Amministrazione dovrà riconsiderare alla luce di una rinnovata istruttoria”.
3. L’indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dal Ministero dell’Interno - Dipartimento Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile, che ha dedotto le seguenti censure:
3.1. la sentenza del T.A.R. sarebbe viziata da incompetenza territoriale: “Tra gli atti impugnati v’è infatti il decreto del Vice Capo Dipartimento Vicario VVFF. del 30.11.2020 prot. -OMISSIS-, che è l’atto amministrativo generale con il quale è stato previsto un tetto, per i trasferimenti e le assegnazioni c.d. speciali, nel numero massimo del 2% della dotazione organica teorica del ruolo dei VVFF., decreto che, richiamato dal provvedimento impugnato quale atto presupposto, osta unitamente alle altre ragioni all'accoglimento dell'istanza della -OMISSIS-”; la competenza, dunque, secondo questa prospettazione sarebbe stata del T.A.R. del Lazio, sede di Roma, ai sensi dell’art. 13, comma 4-bis, cod. proc. amm.
3.2. In via subordinata, l’amministrazione appellante ha dedotto la violazione dell’art. 42-bis del d. lgs n. 151 del 2001, in ragione del fatto che il coniuge dell’interessata ha la propria attività lavorativa al di fuori della Regione Campania.
Ciò non consentirebbe di ritenere perfezionato il presupposto del trasferimento, che l’indicata disposizione indica nella comune Regione di servizio (e non di residenza).
Nell’ambito dello stesso motivo, l’appellante contesta – con un secondo profilo di censura - anche il capo di sentenza con cui il T.A.R. ha accolto la censura relativa alla contraddittorietà fra il diniego opposto alla signora -OMISSIS-per pretesa carenza di posti vacanti nella sede di Napoli, ed i coevi trasferimenti disposti proprio verso quella sede.
4. Questa Sezione, con ordinanza n. -OMISSIS-, ha respinto la domanda di sospensione cautelare degli effetti della sentenza impugnata, avanzata dalla parte appellante.
Il ricorso è stato quindi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 28 settembre 2023.
DIRITTO
5. Ritiene anzitutto il Collegio che il primo motivo di appello sia infondato.
Va anzitutto osservato che l’impugnazione in parte qua dell’atto generale che ad avviso dell’appellante sposterebbe la competenza territoriale è stata formulata dalla ricorrente in via cautelativa, nella misura in cui la sua applicazione potesse pregiudicare l’esito del ricorso.
In realtà non sono stati dedotti profili di censura contro tale provvedimento, tanto che esso è rimasto estraneo all’oggetto della sentenza gravata: il T.A.R. non lo ha neppure menzionato nella struttura argomentativa della motivazione dell’accoglimento del ricorso di primo grado, incentrata esclusivamente su due (diversi) profili - applicativi - del tutto estranei alla relazione con l’atto generale, ritenuti nel caso di specie assorbenti e dirimenti, senza minimamente porre in discussione la disciplina portata da tale atto generale, che non è stata dunque oggetto di esame nell’ambito del giudizio.
6. Infondato è anche il secondo motivo di appello, nella parte in cui critica la sentenza gravata laddove ha rilevato il contrasto fra l’affermazione della carenza di posti nella sede di Napoli, contenuta nel provvedimento impugnato, ed i coevi trasferimenti presso tale sede documentati dalla ricorrente nel giudizio di primo grado.
L’appellante argomenta tale censura osservando che “il TAR non ha all’evidenza tenuto in adeguato conto quanto già rappresentato in memoria dall’Avvocatura Distrettuale e dall’Amministrazione nella sua relazione versata in atti (nota ministeriale del 13.4.2022), nelle quali si faceva presente che quelle assegnazioni erano dovute unicamente alla necessità di dare esecuzione ad ordinanze cautelari emesse da TAR o Consiglio di Stato e dunque non avevano valore probatorio o, non risultando pertanto smentita la circostanza della inesistenza del posto vacante e disponibile, anche considerato il possibile sovraorganico del 2%, ampiamente superato nella sede desiderata”.
Il mezzo è infondato.
L’argomento su cui esso poggia era già stato sottoposto al giudice di primo grado (come deduce la stessa appellante): il quale, come ricordato, ha ritenuto che gli elementi rappresentati dall’Amministrazione – peraltro soltanto come forma di integrazione in giudizio della motivazione, sul punto, del provvedimento di diniego - non fossero tali da superare la documentata (dalla ricorrente) difformità fra quanto indicato nel provvedimento di diniego (la carenza di posti nella sede di Napoli) ed oggettive risultanze di segno contrario (i coevi trasferimenti disposti verso tale sede).
Il T.A.R., preso atto della sussistenza di trasferimenti (non menzionati nel provvedimento impugnato, neppure per evidenziarne la causale in tesi compatibile con le ragioni del diniego) verso la sede di Napoli, e ritenute evidentemente irrilevanti le integrazioni in giudizio della (omessa) motivazione sul punto del provvedimento impugnato, ha pertanto coerentemente disposto che l’Amministrazione, alla luce di elementi tali da mettere in dubbio l’assunto ostativo ritenuto nel provvedimento di diniego, “dovrà riconsiderare alla luce di una rinnovata istruttoria” la sussistenza o meno di tale profilo preclusivo.
L’Amministrazione, nel motivo in esame, ha reiterato il tentativo di integrazione postuma della motivazione: senza però che il mero richiamo alla produzione documentale in primo grado superi il rilievo del difetto istruttorio e motivazionale del provvedimento di diniego contenuto nella sentenza impugnata.
È peraltro significativo che, a causa della ridetta carenza istruttoria e motivazionale del diniego, e in presenza dell’evidenza di trasferimenti che almeno in apparenza smentiscono le ragioni del diniego medesimo, la ricorrente si sia dovuta fare carico di supplire ad essa.
Sullo standard motivazionale minimo che deve supportare l’indicazione delle eccezionali ragioni organizzative che possono opporsi all’accoglimento dell’istanza in parola, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. II, sentenza n. 5223/2023) ha recentemente ricordato che “la disposizione, malgrado sia evidentemente volta a salvaguardare le ragioni di servizio nell’impiego del personale in settori peculiari dell’Amministrazione per i quali il legislatore ha ritenuto necessario adottare una norma derogatoria ad hoc, non spinge il favor per le esigenze di servizio sino al punto di consentire una motivazione generica inerente a tali ragioni senza che esse risultino particolarmente gravi, stante il rilievo costituzionale degli interessi tutelati dall’art. 42-bis, comma 1, cit., che deve trovare un necessario bilanciamento, anche in sede motivazionale, con le esigenze di servizio dell’Amministrazione delle forze di polizia e della difesa (cfr. C.d.S., sez. II, 5 ottobre 2022, n. 8527; id., 20 gennaio 2023, n. 686; id., 24 aprile 2023, n. 4163)”.
Neppure la norma speciale per le forze di polizia e gli appartenenti all’amministrazione della Difesa, il comma 31-bis dell’art. 45 del d. lgs. 29 maggio 2017, n. 95, “spinge il favor per le esigenze di servizio dell’Amministrazione sino al punto di consentire una motivazione generica inerente alle ragioni di servizio che faccia riferimento alle scoperture di organico, senza che queste ultime risultino particolarmente gravi, o in generale si richiami alle funzioni svolte dal reparto di attuale assegnazione del dipendente, senza evidenziare specifiche ragioni, anche legate ai compiti svolti da colui che richiede il trasferimento temporaneo. Ciò in considerazione delle anzidette esigenze di tutela di valori aventi rilievo costituzionale, che devono trovare un necessario bilanciamento, anche in sede motivazionale, con le esigenze di servizio dell’Amministrazione delle forze di polizia” (Consiglio di Stato, sez. II, sentenza n. 4163/2023).
7. Deve essere ora esaminato il primo profilo del secondo motivo di appello, con cui si censura la sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto l’istanza dell’odierna appellata conforme alle condizioni poste dal citato art. 42-bis, d. lgs. n. 151/2001, ancorché la sede di servizio del coniuge fosse in Regione diversa da quella verso la quale si chiede il trasferimento (e nella quale è però residente il nucleo familiare).
L’Amministrazione appellante allega a sostegno della propria pretesa la sentenza di questo Consiglio di Stato, n. 6713/2022.
Il richiamo non è conferente, perché tale pronuncia è relativa a fattispecie in cui l’interessato già lavorava nella stessa Regione del coniuge.
Essa, inoltre, nella motivazione valorizza il criterio della “casa familiare”: il che, paradossalmente, fornisce argomenti tali da supportare una decisione di segno diverso, come si specificherà nei successivi passaggi argomentativi.
7.1. In punto di fatto va anzitutto osservato che è incontestato che la signora -OMISSIS-, al momento della presentazione dell’istanza, era residente ad -OMISSIS- insieme ai propri figli (di cui uno affetto da una grave patologia ed uno infratreenne), ed al coniuge; quest’ultimo ha la propria sede di lavoro ad -OMISSIS-, ove si reca giornalmente.
In presenza di questa situazione, l’appellata ha quindi “chiesto il trasferimento in un reparto di stanza a Napoli per potersi ricongiungere con il suo nucleo familiare” (questa piattaforma fattuale indicata nel ricorso di primo grado e nella sentenza gravata non è oggetto di contestazione fra le parti).
7.2. Ad avviso del Collegio, la questione di diritto devoluta con il mezzo in esame postula che venga sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”), inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilità di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attività lavorativa (e non l’attività lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione ove è ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento.
Tale disposizione stabilisce infatti che “Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda”.
7.3. Il T.A.R., nella sentenza oggetto di appello, ha praticato – come già indicato - un’interpretazione adeguatrice di tale disposizione nella sua applicazione al caso di specie, osservando che essa non deve “essere interpretata in senso strettamente letterale a pena di avallare situazioni palesemente irragionevoli come quella in cui il coniuge lavori a pochi chilometri dalla sede in cui viene richiesto il trasferimento ma questa si trovi oltre il confine di una diversa regione. Vero è, come osserva la avvocatura, che il legislatore ha inteso attribuire rilevanza non alla residenza del nucleo familiare ma al luogo di lavoro del coniuge, tuttavia ove questo si trovi in una posizione che consenta (per distanza, rete viaria, rete di trasporto, etc.) di raggiungere quotidianamente il luogo di ricongiungimento, la ratio legis (che è quella di agevolare la riunione della famiglia nei primi anni di vita della prole) deve ritenersi realizzata al pari di quanto accadrebbe se la sede di servizio del primo si trovasse nella medesima regione, non potendo ragionevolmente costituire le linee di confine fra i diversi ambiti amministrativi in cui è suddiviso il Paese elemento discriminante nella materia di cui ci si occupa. Nel caso di specie la sede di lavoro del Coniuge della ricorrente non appare essere collocata ad una distanza tale dal luogo di residenza della famiglia da precluderne il raggiungimento quotidiano; sicché, il fatto che -OMISSIS- non si trovi in Campania ma in Molise non costituisce un elemento ostativo all’accoglimento della istanza di trasferimento”.
7.4. La rilevanza della questione poggia sul fatto che ad avviso del Collegio una simile interpretazione, pur muovendo da premesse pienamente condivisibili, non può essere praticata, in ragione della sua contrarietà al dato testuale: il quale fa infatti espresso riferimento, quale elemento che dà titolo al richiesto trasferimento (nella medesima Provincia o Regione), alla sede di servizio del coniuge, e non alla sua (e del nucleo familiare) residenza.
Nondimeno, l’applicazione al caso di specie del criterio testuale stabilito dalla disposizione in esame condurrebbe ad un esito irragionevole, e dunque contrario all’art. 3 della Costituzione, nonché contrastante, come dedotto in memoria dall’appellante (sia pur nel contesto di un’argomentazione funzionale alla conferma della sentenza di primo grado), con la tutela costituzionale della famiglia recata dagli artt. 29, 30 e 31 della Costituzione.
Esclusa la praticabilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata, perché impedita dal chiaro tenore letterale della disposizione, l’applicazione di quest’ultima è del resto ineludibile per la definizione del giudizio, posto che da essa dipende l’accoglimento o il rigetto dell’appello proprio sulla residua questione - condizionante la pretesa dell’interessata al bene della vita - della spettanza o meno del trasferimento per motivi familiari in relazione alla sussistenza del presupposto legittimante.
7.5. Sul piano della non manifesta infondatezza va considerato, anche in chiave evolutiva, che l’elemento della sede di servizio del coniuge, probabilmente conforme - quale parametro di riferimento per individuare la localizzazione territoriale del nucleo familiare, e le relative esigenze di unità e stabilità - ad un criterio di normalità sociale al momento dell’introduzione della disposizione di cui si discute (circa un ventennio or sono), e dunque tale da costituire in modo non irragionevole il perno della disciplina della tutela del nucleo familiare in relazione agli spostamenti dettati da esigenze lavorative dei suoi componenti adulti, si presta ora - anche a seguito dei mutamenti indotti negli ultimi due decenni (non escluso quello relativo al c.d. lavoro a distanza), e comunque alla maggiore facilità di spostamenti quotidiani fra Regioni limitrofe - ad applicazioni che, come nel caso di specie, possono tradire o frustrare l’intenzione del legislatore, con violazione degli indicati parametri di costituzionalità.
Sul punto è sufficiente richiamare quanto affermato dalla Corte cost., nella sentenza numero 209 del 2022, allorché ha osservato – peraltro con riferimento ad una fattispecie ancora più evoluta ed avanzata rispetto a quella oggetto del presente giudizio - che “In un contesto come quello attuale, infatti, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale”.
È pertanto condivisibile, ad avviso del Collegio, l’argomento fattuale speso dalla parte appellata, laddove evidenzia come “Dalla sede di -OMISSIS-, infatti, entrambi i coniugi, potrebbero raggiungere facilmente le rispettive sedi di lavoro, benché collocate in due regioni confinanti diverse”.
Il paradosso dell’applicazione della disposizione nel suo significato testuale, invocato dall’appellante, è che ad oggi il coniuge dell’appellata “– pur in assenza della moglie - ha continuato a vivere e risiedere ad -OMISSIS- (NA), insieme ai figli (di cui uno ammalato e l’altro con età inferiore a tre anni), e, quotidianamente, si sposta dalla località di residenza per raggiungere quella in cui lavora (-OMISSIS-)” (circostanza fattuale anch’essa incontestata).
Si tratta di una conseguenza applicativa esattamente contraria alla ratio del citato art. 42-bis, come recentemente ricordata da questo Consiglio di Stato (sentenza n. 7725/2023): “È considerazione di intuitiva consistenza, infatti, quella in forza della quale qualsivoglia garanzia di parità nell’accudimento dei figli non può trovare effettiva esplicazione se il nucleo familiare è diviso e distante per esigenze lavorative dei genitori. In tale ottica, agevolare l’avvicinamento delle sedi di lavoro costituisce l’antecedente logico, prima che giuridico, di tutto il sistema delle tutele, vero e proprio presupposto “logistico” delle stesse, in assenza del quale esse finiscono per “gravare” (tale divenendo a quel punto l’espressione più consona) esclusivamente su quello tra i genitori che ha la possibilità “fisica” di prendersi cura dei figli (….)”.
7.6. D’altra parte, l’unica soluzione alternativa ipotizzabile, ove si volesse applicare la disposizione nel suo significato testuale, sarebbe quella per cui il nucleo familiare dovrebbe mutare residenza in funzione della sede di servizio di uno dei coniugi: il che appare una conseguenza sproporzionata, comportante lo sradicamento del nucleo familiare medesimo, laddove – come nel caso di specie – residenza familiare e sede (o sedi) di servizio, pur se collocati in Regioni diverse (ma limitrofe), sono compatibili con spostamenti quotidiani, che non alterano il radicamento territoriale del nucleo familiare.
Il superiore argomento peraltro nel caso di specie assume una valenza peculiare, perché come dedotto dalla parte appellata – e non contestato dalla parte appellante – il nucleo familiare in questione non ha “potuto stabilire la casa familiare a Firenze in quanto priva di legami familiari sul posto e, soprattutto, in ragione del precario stato di salute in cui versa il figlio maggiore, affetto da una importante patologia cardiaca, patologia che non consente di esporre il bambino ad alcun tipo di stress o cambiamento emotivo (o di abitudini) tale da alterare il suo già delicato quadro clinico”.
Pur prescindendo da tale ultimo (e peculiare) rilievo, in linea generale si è posto in evidenza in giurisprudenza come “la ratio del citato art. 42 bis (sia) finalizzata al soddisfacimento di esigenze di vicinanza di entrambi i coniugi lavoratori alla residenza del figlio minore di età non superiore agli anni tre” (Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, sentenza n. 7417/2006).
La disposizione, d’altra parte, si applica anche ai figli successivi al primo, e può dunque essere invocata più volte dal medesimo dipendente (Consiglio di Stato, sez. II, sentenza n. 7725/2023, cit.).
In sede di applicazione della disposizione in esame, la giurisprudenza – evidenziando come la stessa, attraverso la tutela del nucleo familiare, sia funzionale principalmente alla protezione dei figli minori – non ha mancato di ricordare che “le esigenze del minore trovano un’esplicita tutela non solo a livello costituzionale (si veda, ad esempio, l’articolo 31 della Costituzione), ma anche in fonti di rango sovranazionale, quali la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), precisamente all’art.24, e la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 20.11.1989 (ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176) all’art. 3” (Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano, sentenza n. 532/2023).
Analogamente si è pure affermato che l’istituto del trasferimento temporaneo disciplinato dal citato art. 42-bis “ha la funzione di agevolare la cura dei minori nella primissima infanzia, e quindi protegge i valori della famiglia, e più in generale della genitorialità, tutelati dall’art. 30 della Costituzione, per cui “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”, e dal successivo art. 31, per cui “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. 15.3. Nello stesso senso, sono poi le norme di trattati internazionali ai quali l’Italia aderisce, in primo luogo l’art. 24 della Carta di Nizza, per cui “I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere... In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente...”. Contenuto analogo ha l’art. 3 della Convenzione delle Nazioni unite 5 settembre 1991 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176 (….)” (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 1418/2021).
Dalla superiore prassi giurisprudenziale, ispirata al criterio teleologico, si evince pertanto che oggetto della tutela sia la stabilità del nucleo familiare, e segnatamente dei figli infratreenni, altrimenti soggetti a cambi di residenza nel primo (e più delicato, sotto il profilo psicologico e materiale) periodo di vita: cambi di residenza ingiustificati e sproporzionati tenuto conto della possibilità di conciliare esigenze lavorative e tutela del nucleo familiare in situazioni di pendolarismo quotidiano anche extraregionale.
L’applicazione letterale della disposizione in esame alla fattispecie dedotta condurrebbe invece (e fino alla pronuncia del T.A.R. ha condotto) ad un risultato esattamente opposto a quello che essa intende tutelare.
Sicché il Collegio, preclusa – per le ragioni sopra indicate - la possibilità di praticare un’interpretazione adeguatrice, non può che sollevare l’indicata questione incidentale di legittimità costituzionale.
Va pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell’articolo 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’articolo 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”), inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilità di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attività lavorativa (e non l’attività lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione ove è ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento.
8. Resta riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione nel merito e sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:
- lo respinge in parte, nei sensi di cui in parte motiva;
- dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 29, 30, e 31 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
Sospende il giudizio in corso e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.
Spese al definitivo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
Luca Di Raimondo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Tulumello Raffaele Greco
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
CDS, SEZIONE II, SENTENZA N. 6713 pubblicata il 29.07.2022
Pubblicato il 29/07/2022
N. 06713/2022REG.PROV.COLL.
N. 01539/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1539 del 2022, proposto dal
Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Olga Perugini e Giuseppe Pecorilla, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, c.so Vittorio Emanuele II, n. 18;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42-bis del decreto legislativo n.151/2001;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2022 il Cons. Carla Ciuffetti e uditi l’avvocato Olga Perugini e l’Avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in esame è impugnata la sentenza in epigrafe che ha accolto il ricorso principale dell’odierno appellante diretto all’annullamento del provvedimento recante “diniego/inammissibilità” dell’istanza di trasferimento temporaneo dal medesimo presentata ex art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001, nonché i motivi aggiunti diretti all’annullamento del provvedimento di diniego emanato dall’Amministrazione in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. -OMISSIS-.
2. L’Amministrazione appellante rappresenta in fatto che l’appellato, in servizio in sede in -OMISSIS-, aveva presentato un’istanza di assegnazione temporanea presso la sede di -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 42-bis d. lgs. n. 151/2001, ritenuta inammissibile, in quanto diretta ad ottenere un beneficio non previsto dal citato articolo. Infatti, la disciplina in questione stabilisce la facoltà del genitore di chiedere l’assegnazione temporanea presso la regione o provincia in cui l’altro genitore presta la propria attività lavorativa. Ma, poiché nella fattispecie l’altro genitore prestava servizio a -OMISSIS- e l’appellato era già servizio nella regione -OMISSIS-, quest’ultimo avrebbe potuto essere assegnato in sede nella provincia di -OMISSIS-, “destinazione tuttavia inutile in quanto non corrispondente alla casa familiare” sita nella provincia di -OMISSIS-. A seguito dell’accoglimento da parte del Tar dell’istanza cautelare ai fini del riesame, l’Amministrazione aveva emanato un provvedimento di diniego in quanto il ricorrente non sarebbe stato utilmente collocabile nella sede di -OMISSIS-.
2.1. In diritto, l’Amministrazione deduce l’ “errata applicazione dell’art. 42- bis D.lgs. n. 151/01, come modificato dalla L.7 agosto 2015, n. 124” da parte del Tar, poiché tale articolo, in caso di figlio di età inferiore a tre anni e di vacanza della medesima posizione retributiva, stabilisce che il genitore possa chiedere l’assegnazione temporanea presso la stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa; cosicché l’interessato avrebbe potuto essere trasferito a -OMISSIS-, sede di servizio della moglie, ma non a -OMISSIS-, provincia di residenza del nucleo familiare, ma non di servizio del coniuge. Non sussisterebbe nella fattispecie il presupposto per la realizzazione dello scopo delle disposizioni dell’art. 42-bis, vale a dire “che vi sia un nucleo cui ricongiungersi o avvicinarsi”.
2.2. L’Amministrazione rappresenta inoltre di essersi già adoperata nei confronti del nucleo familiare, a seguito di istanza ai sensi dell’art. 2209-sexties lett. b) d.lgs. n. 66/2010 (“Norme sul ricongiungimento familiare”), consentendo ad entrambi gli interessati di prestare servizio in -OMISSIS-: l’appellato era stato confermato nella sede di -OMISSIS- e la moglie, in servizio a -OMISSIS-, era stata trasferita a -OMISSIS-. I coniugi avevano escluso la possibilità di ricongiungersi, attraverso il trasferimento dell’appellato a -OMISSIS-, cioè a breve distanza dalla sede di servizio della moglie a -OMISSIS- (80 km), poiché avevano deciso di mantenere la residenza a -OMISSIS-.
Il Tar avrebbe omesso l’esame del fatto e della normativa ad esso applicabile. In particolare avrebbe dovuto valutarsi che entrambi i genitori prestavano servizio in sedi diverse da quella di residenza e che “la norma che prevede tale situazione è l’art. 2209 sexties, lett. b) del Codice Ordinamento Militare, che disciplina il ricongiungimento familiare presso una sede gradita di possibile collocazione organica”. Invece, nella fattispecie mancherebbe il presupposto di fatto per l’applicazione dell’art. 42-bis “consistente nella collocazione del figlio presso la sede in cui presta servizio l’altro genitore”.
2.3. Il provvedimento emanato a seguito dell’ordinanza cautelare, al cui annullamento erano diretti i motivi aggiunti accolti dal Tar, sarebbe stato adeguatamente motivato, in quanto evidenziava da un lato la mancanza nella provincia di -OMISSIS- di posizioni disponibili corrispondenti alla qualifica dell’interessato (conduttore automezzi/operatore TRAMAT) e, dall’altro, la vacanza di tali posizioni nella misura del 15% nella provincia di -OMISSIS-. Erroneamente il Tar avrebbe escluso l’applicabilità al personale militare dell’Esercito dell’art. 45 co. 31-bis, d.lgs. 2017, n. 95, come modificato dal d.lgs. n.172/2019 - che prevede che il diniego delle istanze di cui all’art. 42-bis d.lgs. n.151/2001 possa essere motivato da esigenze organiche e di servizio - la cui applicabilità alla fattispecie sarebbe invece confortata dalla giurisprudenza amministrativa. Il Tar avrebbe dovuto tenere conto dell’art. 1493 d.lgs. n. 66/2010, che prevede che i benefici di cui all’art. 42-bis si applichino, nel limite della posizione retributiva vacante, al personale delle Forze Armate, compatibilmente con lo status militare del personale.
3. L’appellato si è costituito in giudizio con atto depositato in data 4 marzo 2022, chiedendo il rigetto dell’appello, previa eccezione di inammissibilità, nell’assunto della genericità delle affermazioni dell’Avvocatura, dell’omissione di specifico riferimento alle statuizioni del Tar e della mera riproposizione delle difese del primo grado di giudizio.
4. L’istanza cautelare contenuta nel gravame è stata accolta, ritenuto che “l’Amministrazione, nell’atto impugnato in primo grado con i motivi aggiunti, abbia adeguatamente esposto, ai sensi dell’articolo 1493, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare, l’elemento ostativo alla richiesta assegnazione provvisoria tenendo conto del particolare stato del militare” (Cons. Stato, sez. II, 16 marzo 2022 n. 1200).
5. Preliminarmente si rileva che non può darsi seguito alla tesi dell’appellato di inammissibilità del gravame, poiché esso, al di là di citazioni di specifici passaggi della sentenza impugnata è con sufficiente specificità diretto ad avversare l’interpretazione dell’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001 che il Tar ha ritenuto di seguire, sia con riferimento al meccanismo applicativo, sia con riferimento alla natura delle esigenze che possono legittimamente supportare l’opposizione di un diniego alla relativa istanza. Perciò l’eccezione di inammissibilità del gravame deve essere respinta.
6. L’appello è fondato.
6.1. La pronuncia gravata si basa su un’interpretazione dell’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001 disancorata dagli elementi che compongono la fattispecie normativa. In nome di un’interpretazione “ragionevole” delle disposizioni ivi contenute, tale pronuncia oltrepassa il perimetro normativo del citato articolo, richiamandone in modo contraddittorio lo scopo. Infatti, l’obiettivo indicato dal Tar - di un “avvicinamento dei genitori, al fine di poter provvedere entrambi in concreto alla tutela dei fanciulli minori dei tre anni d’età”, in particolare con riferimento “al luogo dove entrambi i genitori possano curare il neonato o minore dei tre anni d’età” - non è conseguito nella fattispecie, in quanto, con il trasferimento dell’appellato a -OMISSIS-, l’altro genitore resta comunque in servizio in provincia diversa da quella di residenza del minore. Ciò dimostra che il richiamo alle circoscrizioni territoriali nelle quali “l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa”, contenuto nello stesso art. 42-bis, non costituisce un “mero dato di tipo formale”, secondo l’avviso del Tar, ma un elemento di carattere sostanziale, coerente con la finalità della disposizione, individuata dalla giurisprudenza nella tutela della genitorialità e nella promozione e tutela della famiglia (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2021, n. 1360/2021; id., 5 gennaio 2021, n. 137). La non riconducibilità dell’istanza dell’interessato al paradigma del citato art. 42-bis e all’effetto che esso mira a raggiungere - il trasferimento di uno dei genitori nella sede di servizio dell’altro - porta a ritenere infondate le difese proposte dall’interessato in questo grado di giudizio, non solo quanto al preteso difetto di istruttoria, ma anche alla disparità di trattamento rispetto ad altri colleghi, ai quali sarebbe stato concesso il beneficio in questione.
Le censure esposte sub 2.1 devono quindi ritenersi fondate e possono considerarsi assorbite quelle indicate sub 2.2.
6.2. Devono essere considerate fondate anche le censure esposte sub 2.3 con riferimento alle statuizioni del Tar concernenti il provvedimento in data 15 dicembre 2021, impugnato in primo grado con motivi aggiunti. Tale atto, con adeguata motivazione, evidenzia la mancanza nella sede di -OMISSIS- di posizioni vacanti in organico riferite alla qualifica dell’interessato e la carenza organica del 15% della stessa qualifica nella sede di -OMISSIS-. In proposito, a prescindere alla questione dell’applicabilità agli appartenenti alle Forze Armate dell’art. 45, co. 31-bis, d.lgs. n. 95/2017 - che pure, come evidenzia l’appellante, risulta già positivamente affrontata, sia pur in termini a contrario, dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato sez. IV, 24 novembre 2020, n. 7359) - la mancanza di vacanze organiche per la qualifica dell’interessato nella sede richiesta non solo potrebbe integrare le eccezionali esigenze di cui all’art. 42-bis (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 gennaio 2021, n. 196), ma porta ad escludere il ricorso nella fattispecie del presupposto stabilito dallo stesso articolo ai fini del beneficio in questione, costituito dalla sussistenza di un “posto vacante e disponibile di corrispondente posizione”, avuto riguardo “alle specifiche mansioni affidate all’interessato, pena l’indebito stravolgimento del funzionamento dell’organizzazione militare, fondata su una rigida distinzione di ruoli, compiti e funzioni tra il personale” (cfr. Cons. Stato, sez. II, 15 dicembre 2021, n. 6939). Occorre considerare che “nell’interpretazione e applicazione della normativa in questione, vige il principio secondo cui le misure di sostegno alla maternità e alla paternità vanno applicate tenendo conto delle specificità settoriali delle Forze armate e di tutti i Corpi di polizia, ad ordinamento militare e civile, giacché si tratta di settori dell’amministrazione strettamente preordinati alla tutela di interessi pubblici primari (difesa della Patria, pubblica sicurezza e ordine pubblico) e perciò connotati da forti elementi di specialità”, cosicché, per la delicatezza degli interessi pubblici sottesi allo status di militare, “non può essere considerato come assoluto il diritto all’unità familiare” (Cons. Stato, sez. IV, 1 dicembre 2020, n. 7619). Unità familiare che, come considerato sub 5.1., nella fattispecie, date le circostanze di fatto, non avrebbe potuto essere raggiunta con l’attivazione dell’istituto di cui all’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001.
7. Per quanto esposto l’appello deve essere accolto.
La natura interpretativa della controversia costituisce giustificato motivo per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado e i motivi aggiunti presentati nel corso del giudizio.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere
Antonella Manzione, Consigliere
Carla Ciuffetti, Consigliere, Estensore
Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Carla Ciuffetti Carlo Saltelli
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Consiglio, sulla base di quanto dalla stessa espresso, alla Collega Marilauca di proporre ricorso trovandomi d'accordo con il contenuto del post di Naturopata valutando però con attenzione tutti i presupposti specifici.
Oltre a ciò, proprio in ragione dell'esame sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale il cui esito potrebbe essere ulteriormente favorevole, pubblico per intero la pronuncia richiamata da Panorama dato che la lettura integrale dell'atto porta maggiore chiarezza per tutti, ove si voglia effettivamente fare corretta informazione per tutti i partecipanti al forum e non solo per taluni.
Dato che le sentenze per legge sono pubbliche mi pare giusto pubblicarle per intero per tutta la comunità.
In effetti dalla lettura della stessa emerge anche decisione del CDS che sembra ulteriormente interessante per il caso di specie della Collega che ha posto il quesito e chiesto il nostro aiuto, per quanto possibile.
Viene citata dallo stesso CDS la sentenza n. 6713/22 che riguarda interessato già in servizio nella stessa regione il cui esito è comunque sfavorevole all'interessato ma può essere di interesse il vaglio valutativo.
Non comprendo nel post della Collega il suo inciso riguardante il Vice Brigadiere (?).
In ogni caso di seguito le pronunce integrali per le opportune considerazioni.
Cordiali saluti a tutti.
Pubblicato il 15/11/2023
N. 09795/2023REG.PROV.COLL.
N. 08446/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 8446 del 2022, proposto dal Ministero dell’Interno - Dipartimento Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
contro
la signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Grazia Carcione e Alessandro Russo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Grazia Carcione in Roma, via Bocca di Leone, 78,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. -OMISSIS- resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023, il Cons. Giovanni Tulumello e viste le conclusioni delle parti come in atti;
Visto l’art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La signora -OMISSIS-, Vigile del Fuoco, presta servizio presso il Comando dei Vigili del Fuoco di Firenze.
Ella è residente, insieme al proprio nucleo familiare, nel Comune di -OMISSIS-.
Con istanza in data 10 luglio 2020 ha chiesto il trasferimento temporaneo, ai sensi dell’art. 42-bis del d. lgs. n. 151 del 2001, al Comando dei Vigili del Fuoco di Napoli.
L’istanza è stata rigettata una prima volta con provvedimento dell’11 settembre 2020, annullato dal T.A.R. della Toscana con sentenza n. -OMISSIS-.
Quindi, in sede di riedizione del potere, l’istanza in questione è stata nuovamente rigettata con provvedimento del 14 aprile 2021, per due ordini di ragioni: perché “il coniuge dell’interessata attualmente presta servizio presso il Comando di -OMISSIS-”; e perché “nella sede di Napoli non vi era alla data dell’istanza, e non vi è ancora oggi, disponibilità di posti vacanti di corrispondente posizione retributiva, anche considerando i posti ‘extra organico’ di cui al decreto n. -OMISSIS-del 30.11.2020 (…)”.
2. La signora -OMISSIS-ha impugnato tale provvedimento davanti al T.A.R. della Toscana, che con sentenza n. -OMISSIS- ha accolto il ricorso, annullando il diniego.
Il T.A.R. ha, in particolare, osservato:
- che l’art. 42-bis del d.lgs. n. 151 del 2001 non osta all’accoglimento della domanda, avuto riguardo al fatto che se è effettivamente vero che il coniuge della richiedente ha la propria sede di servizio in altra Regione (che raggiunge quotidianamente dal luogo di comune residenza), nondimeno la valorizzazione del dato della residenza del nucleo familiare, alla luce di un’interpretazione adeguatrice dell’indicata disposizione, conduce alla conclusione della sussistenza del presupposto del richiesto trasferimento;
- che “Con riguardo invece alla carenza di posti disponibili nella sede di Napoli la ricorrente (evidenziando movimentazioni verso quella sede coeve al rigetto della sua domanda) ha offerto elementi tali da mettere in dubbio tale assunto ostativo che l’Amministrazione dovrà riconsiderare alla luce di una rinnovata istruttoria”.
3. L’indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dal Ministero dell’Interno - Dipartimento Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile, che ha dedotto le seguenti censure:
3.1. la sentenza del T.A.R. sarebbe viziata da incompetenza territoriale: “Tra gli atti impugnati v’è infatti il decreto del Vice Capo Dipartimento Vicario VVFF. del 30.11.2020 prot. -OMISSIS-, che è l’atto amministrativo generale con il quale è stato previsto un tetto, per i trasferimenti e le assegnazioni c.d. speciali, nel numero massimo del 2% della dotazione organica teorica del ruolo dei VVFF., decreto che, richiamato dal provvedimento impugnato quale atto presupposto, osta unitamente alle altre ragioni all'accoglimento dell'istanza della -OMISSIS-”; la competenza, dunque, secondo questa prospettazione sarebbe stata del T.A.R. del Lazio, sede di Roma, ai sensi dell’art. 13, comma 4-bis, cod. proc. amm.
3.2. In via subordinata, l’amministrazione appellante ha dedotto la violazione dell’art. 42-bis del d. lgs n. 151 del 2001, in ragione del fatto che il coniuge dell’interessata ha la propria attività lavorativa al di fuori della Regione Campania.
Ciò non consentirebbe di ritenere perfezionato il presupposto del trasferimento, che l’indicata disposizione indica nella comune Regione di servizio (e non di residenza).
Nell’ambito dello stesso motivo, l’appellante contesta – con un secondo profilo di censura - anche il capo di sentenza con cui il T.A.R. ha accolto la censura relativa alla contraddittorietà fra il diniego opposto alla signora -OMISSIS-per pretesa carenza di posti vacanti nella sede di Napoli, ed i coevi trasferimenti disposti proprio verso quella sede.
4. Questa Sezione, con ordinanza n. -OMISSIS-, ha respinto la domanda di sospensione cautelare degli effetti della sentenza impugnata, avanzata dalla parte appellante.
Il ricorso è stato quindi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 28 settembre 2023.
DIRITTO
5. Ritiene anzitutto il Collegio che il primo motivo di appello sia infondato.
Va anzitutto osservato che l’impugnazione in parte qua dell’atto generale che ad avviso dell’appellante sposterebbe la competenza territoriale è stata formulata dalla ricorrente in via cautelativa, nella misura in cui la sua applicazione potesse pregiudicare l’esito del ricorso.
In realtà non sono stati dedotti profili di censura contro tale provvedimento, tanto che esso è rimasto estraneo all’oggetto della sentenza gravata: il T.A.R. non lo ha neppure menzionato nella struttura argomentativa della motivazione dell’accoglimento del ricorso di primo grado, incentrata esclusivamente su due (diversi) profili - applicativi - del tutto estranei alla relazione con l’atto generale, ritenuti nel caso di specie assorbenti e dirimenti, senza minimamente porre in discussione la disciplina portata da tale atto generale, che non è stata dunque oggetto di esame nell’ambito del giudizio.
6. Infondato è anche il secondo motivo di appello, nella parte in cui critica la sentenza gravata laddove ha rilevato il contrasto fra l’affermazione della carenza di posti nella sede di Napoli, contenuta nel provvedimento impugnato, ed i coevi trasferimenti presso tale sede documentati dalla ricorrente nel giudizio di primo grado.
L’appellante argomenta tale censura osservando che “il TAR non ha all’evidenza tenuto in adeguato conto quanto già rappresentato in memoria dall’Avvocatura Distrettuale e dall’Amministrazione nella sua relazione versata in atti (nota ministeriale del 13.4.2022), nelle quali si faceva presente che quelle assegnazioni erano dovute unicamente alla necessità di dare esecuzione ad ordinanze cautelari emesse da TAR o Consiglio di Stato e dunque non avevano valore probatorio o, non risultando pertanto smentita la circostanza della inesistenza del posto vacante e disponibile, anche considerato il possibile sovraorganico del 2%, ampiamente superato nella sede desiderata”.
Il mezzo è infondato.
L’argomento su cui esso poggia era già stato sottoposto al giudice di primo grado (come deduce la stessa appellante): il quale, come ricordato, ha ritenuto che gli elementi rappresentati dall’Amministrazione – peraltro soltanto come forma di integrazione in giudizio della motivazione, sul punto, del provvedimento di diniego - non fossero tali da superare la documentata (dalla ricorrente) difformità fra quanto indicato nel provvedimento di diniego (la carenza di posti nella sede di Napoli) ed oggettive risultanze di segno contrario (i coevi trasferimenti disposti verso tale sede).
Il T.A.R., preso atto della sussistenza di trasferimenti (non menzionati nel provvedimento impugnato, neppure per evidenziarne la causale in tesi compatibile con le ragioni del diniego) verso la sede di Napoli, e ritenute evidentemente irrilevanti le integrazioni in giudizio della (omessa) motivazione sul punto del provvedimento impugnato, ha pertanto coerentemente disposto che l’Amministrazione, alla luce di elementi tali da mettere in dubbio l’assunto ostativo ritenuto nel provvedimento di diniego, “dovrà riconsiderare alla luce di una rinnovata istruttoria” la sussistenza o meno di tale profilo preclusivo.
L’Amministrazione, nel motivo in esame, ha reiterato il tentativo di integrazione postuma della motivazione: senza però che il mero richiamo alla produzione documentale in primo grado superi il rilievo del difetto istruttorio e motivazionale del provvedimento di diniego contenuto nella sentenza impugnata.
È peraltro significativo che, a causa della ridetta carenza istruttoria e motivazionale del diniego, e in presenza dell’evidenza di trasferimenti che almeno in apparenza smentiscono le ragioni del diniego medesimo, la ricorrente si sia dovuta fare carico di supplire ad essa.
Sullo standard motivazionale minimo che deve supportare l’indicazione delle eccezionali ragioni organizzative che possono opporsi all’accoglimento dell’istanza in parola, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. II, sentenza n. 5223/2023) ha recentemente ricordato che “la disposizione, malgrado sia evidentemente volta a salvaguardare le ragioni di servizio nell’impiego del personale in settori peculiari dell’Amministrazione per i quali il legislatore ha ritenuto necessario adottare una norma derogatoria ad hoc, non spinge il favor per le esigenze di servizio sino al punto di consentire una motivazione generica inerente a tali ragioni senza che esse risultino particolarmente gravi, stante il rilievo costituzionale degli interessi tutelati dall’art. 42-bis, comma 1, cit., che deve trovare un necessario bilanciamento, anche in sede motivazionale, con le esigenze di servizio dell’Amministrazione delle forze di polizia e della difesa (cfr. C.d.S., sez. II, 5 ottobre 2022, n. 8527; id., 20 gennaio 2023, n. 686; id., 24 aprile 2023, n. 4163)”.
Neppure la norma speciale per le forze di polizia e gli appartenenti all’amministrazione della Difesa, il comma 31-bis dell’art. 45 del d. lgs. 29 maggio 2017, n. 95, “spinge il favor per le esigenze di servizio dell’Amministrazione sino al punto di consentire una motivazione generica inerente alle ragioni di servizio che faccia riferimento alle scoperture di organico, senza che queste ultime risultino particolarmente gravi, o in generale si richiami alle funzioni svolte dal reparto di attuale assegnazione del dipendente, senza evidenziare specifiche ragioni, anche legate ai compiti svolti da colui che richiede il trasferimento temporaneo. Ciò in considerazione delle anzidette esigenze di tutela di valori aventi rilievo costituzionale, che devono trovare un necessario bilanciamento, anche in sede motivazionale, con le esigenze di servizio dell’Amministrazione delle forze di polizia” (Consiglio di Stato, sez. II, sentenza n. 4163/2023).
7. Deve essere ora esaminato il primo profilo del secondo motivo di appello, con cui si censura la sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto l’istanza dell’odierna appellata conforme alle condizioni poste dal citato art. 42-bis, d. lgs. n. 151/2001, ancorché la sede di servizio del coniuge fosse in Regione diversa da quella verso la quale si chiede il trasferimento (e nella quale è però residente il nucleo familiare).
L’Amministrazione appellante allega a sostegno della propria pretesa la sentenza di questo Consiglio di Stato, n. 6713/2022.
Il richiamo non è conferente, perché tale pronuncia è relativa a fattispecie in cui l’interessato già lavorava nella stessa Regione del coniuge.
Essa, inoltre, nella motivazione valorizza il criterio della “casa familiare”: il che, paradossalmente, fornisce argomenti tali da supportare una decisione di segno diverso, come si specificherà nei successivi passaggi argomentativi.
7.1. In punto di fatto va anzitutto osservato che è incontestato che la signora -OMISSIS-, al momento della presentazione dell’istanza, era residente ad -OMISSIS- insieme ai propri figli (di cui uno affetto da una grave patologia ed uno infratreenne), ed al coniuge; quest’ultimo ha la propria sede di lavoro ad -OMISSIS-, ove si reca giornalmente.
In presenza di questa situazione, l’appellata ha quindi “chiesto il trasferimento in un reparto di stanza a Napoli per potersi ricongiungere con il suo nucleo familiare” (questa piattaforma fattuale indicata nel ricorso di primo grado e nella sentenza gravata non è oggetto di contestazione fra le parti).
7.2. Ad avviso del Collegio, la questione di diritto devoluta con il mezzo in esame postula che venga sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”), inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilità di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attività lavorativa (e non l’attività lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione ove è ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento.
Tale disposizione stabilisce infatti che “Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda”.
7.3. Il T.A.R., nella sentenza oggetto di appello, ha praticato – come già indicato - un’interpretazione adeguatrice di tale disposizione nella sua applicazione al caso di specie, osservando che essa non deve “essere interpretata in senso strettamente letterale a pena di avallare situazioni palesemente irragionevoli come quella in cui il coniuge lavori a pochi chilometri dalla sede in cui viene richiesto il trasferimento ma questa si trovi oltre il confine di una diversa regione. Vero è, come osserva la avvocatura, che il legislatore ha inteso attribuire rilevanza non alla residenza del nucleo familiare ma al luogo di lavoro del coniuge, tuttavia ove questo si trovi in una posizione che consenta (per distanza, rete viaria, rete di trasporto, etc.) di raggiungere quotidianamente il luogo di ricongiungimento, la ratio legis (che è quella di agevolare la riunione della famiglia nei primi anni di vita della prole) deve ritenersi realizzata al pari di quanto accadrebbe se la sede di servizio del primo si trovasse nella medesima regione, non potendo ragionevolmente costituire le linee di confine fra i diversi ambiti amministrativi in cui è suddiviso il Paese elemento discriminante nella materia di cui ci si occupa. Nel caso di specie la sede di lavoro del Coniuge della ricorrente non appare essere collocata ad una distanza tale dal luogo di residenza della famiglia da precluderne il raggiungimento quotidiano; sicché, il fatto che -OMISSIS- non si trovi in Campania ma in Molise non costituisce un elemento ostativo all’accoglimento della istanza di trasferimento”.
7.4. La rilevanza della questione poggia sul fatto che ad avviso del Collegio una simile interpretazione, pur muovendo da premesse pienamente condivisibili, non può essere praticata, in ragione della sua contrarietà al dato testuale: il quale fa infatti espresso riferimento, quale elemento che dà titolo al richiesto trasferimento (nella medesima Provincia o Regione), alla sede di servizio del coniuge, e non alla sua (e del nucleo familiare) residenza.
Nondimeno, l’applicazione al caso di specie del criterio testuale stabilito dalla disposizione in esame condurrebbe ad un esito irragionevole, e dunque contrario all’art. 3 della Costituzione, nonché contrastante, come dedotto in memoria dall’appellante (sia pur nel contesto di un’argomentazione funzionale alla conferma della sentenza di primo grado), con la tutela costituzionale della famiglia recata dagli artt. 29, 30 e 31 della Costituzione.
Esclusa la praticabilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata, perché impedita dal chiaro tenore letterale della disposizione, l’applicazione di quest’ultima è del resto ineludibile per la definizione del giudizio, posto che da essa dipende l’accoglimento o il rigetto dell’appello proprio sulla residua questione - condizionante la pretesa dell’interessata al bene della vita - della spettanza o meno del trasferimento per motivi familiari in relazione alla sussistenza del presupposto legittimante.
7.5. Sul piano della non manifesta infondatezza va considerato, anche in chiave evolutiva, che l’elemento della sede di servizio del coniuge, probabilmente conforme - quale parametro di riferimento per individuare la localizzazione territoriale del nucleo familiare, e le relative esigenze di unità e stabilità - ad un criterio di normalità sociale al momento dell’introduzione della disposizione di cui si discute (circa un ventennio or sono), e dunque tale da costituire in modo non irragionevole il perno della disciplina della tutela del nucleo familiare in relazione agli spostamenti dettati da esigenze lavorative dei suoi componenti adulti, si presta ora - anche a seguito dei mutamenti indotti negli ultimi due decenni (non escluso quello relativo al c.d. lavoro a distanza), e comunque alla maggiore facilità di spostamenti quotidiani fra Regioni limitrofe - ad applicazioni che, come nel caso di specie, possono tradire o frustrare l’intenzione del legislatore, con violazione degli indicati parametri di costituzionalità.
Sul punto è sufficiente richiamare quanto affermato dalla Corte cost., nella sentenza numero 209 del 2022, allorché ha osservato – peraltro con riferimento ad una fattispecie ancora più evoluta ed avanzata rispetto a quella oggetto del presente giudizio - che “In un contesto come quello attuale, infatti, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale”.
È pertanto condivisibile, ad avviso del Collegio, l’argomento fattuale speso dalla parte appellata, laddove evidenzia come “Dalla sede di -OMISSIS-, infatti, entrambi i coniugi, potrebbero raggiungere facilmente le rispettive sedi di lavoro, benché collocate in due regioni confinanti diverse”.
Il paradosso dell’applicazione della disposizione nel suo significato testuale, invocato dall’appellante, è che ad oggi il coniuge dell’appellata “– pur in assenza della moglie - ha continuato a vivere e risiedere ad -OMISSIS- (NA), insieme ai figli (di cui uno ammalato e l’altro con età inferiore a tre anni), e, quotidianamente, si sposta dalla località di residenza per raggiungere quella in cui lavora (-OMISSIS-)” (circostanza fattuale anch’essa incontestata).
Si tratta di una conseguenza applicativa esattamente contraria alla ratio del citato art. 42-bis, come recentemente ricordata da questo Consiglio di Stato (sentenza n. 7725/2023): “È considerazione di intuitiva consistenza, infatti, quella in forza della quale qualsivoglia garanzia di parità nell’accudimento dei figli non può trovare effettiva esplicazione se il nucleo familiare è diviso e distante per esigenze lavorative dei genitori. In tale ottica, agevolare l’avvicinamento delle sedi di lavoro costituisce l’antecedente logico, prima che giuridico, di tutto il sistema delle tutele, vero e proprio presupposto “logistico” delle stesse, in assenza del quale esse finiscono per “gravare” (tale divenendo a quel punto l’espressione più consona) esclusivamente su quello tra i genitori che ha la possibilità “fisica” di prendersi cura dei figli (….)”.
7.6. D’altra parte, l’unica soluzione alternativa ipotizzabile, ove si volesse applicare la disposizione nel suo significato testuale, sarebbe quella per cui il nucleo familiare dovrebbe mutare residenza in funzione della sede di servizio di uno dei coniugi: il che appare una conseguenza sproporzionata, comportante lo sradicamento del nucleo familiare medesimo, laddove – come nel caso di specie – residenza familiare e sede (o sedi) di servizio, pur se collocati in Regioni diverse (ma limitrofe), sono compatibili con spostamenti quotidiani, che non alterano il radicamento territoriale del nucleo familiare.
Il superiore argomento peraltro nel caso di specie assume una valenza peculiare, perché come dedotto dalla parte appellata – e non contestato dalla parte appellante – il nucleo familiare in questione non ha “potuto stabilire la casa familiare a Firenze in quanto priva di legami familiari sul posto e, soprattutto, in ragione del precario stato di salute in cui versa il figlio maggiore, affetto da una importante patologia cardiaca, patologia che non consente di esporre il bambino ad alcun tipo di stress o cambiamento emotivo (o di abitudini) tale da alterare il suo già delicato quadro clinico”.
Pur prescindendo da tale ultimo (e peculiare) rilievo, in linea generale si è posto in evidenza in giurisprudenza come “la ratio del citato art. 42 bis (sia) finalizzata al soddisfacimento di esigenze di vicinanza di entrambi i coniugi lavoratori alla residenza del figlio minore di età non superiore agli anni tre” (Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, sentenza n. 7417/2006).
La disposizione, d’altra parte, si applica anche ai figli successivi al primo, e può dunque essere invocata più volte dal medesimo dipendente (Consiglio di Stato, sez. II, sentenza n. 7725/2023, cit.).
In sede di applicazione della disposizione in esame, la giurisprudenza – evidenziando come la stessa, attraverso la tutela del nucleo familiare, sia funzionale principalmente alla protezione dei figli minori – non ha mancato di ricordare che “le esigenze del minore trovano un’esplicita tutela non solo a livello costituzionale (si veda, ad esempio, l’articolo 31 della Costituzione), ma anche in fonti di rango sovranazionale, quali la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), precisamente all’art.24, e la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 20.11.1989 (ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176) all’art. 3” (Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano, sentenza n. 532/2023).
Analogamente si è pure affermato che l’istituto del trasferimento temporaneo disciplinato dal citato art. 42-bis “ha la funzione di agevolare la cura dei minori nella primissima infanzia, e quindi protegge i valori della famiglia, e più in generale della genitorialità, tutelati dall’art. 30 della Costituzione, per cui “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”, e dal successivo art. 31, per cui “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. 15.3. Nello stesso senso, sono poi le norme di trattati internazionali ai quali l’Italia aderisce, in primo luogo l’art. 24 della Carta di Nizza, per cui “I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere... In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente...”. Contenuto analogo ha l’art. 3 della Convenzione delle Nazioni unite 5 settembre 1991 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176 (….)” (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 1418/2021).
Dalla superiore prassi giurisprudenziale, ispirata al criterio teleologico, si evince pertanto che oggetto della tutela sia la stabilità del nucleo familiare, e segnatamente dei figli infratreenni, altrimenti soggetti a cambi di residenza nel primo (e più delicato, sotto il profilo psicologico e materiale) periodo di vita: cambi di residenza ingiustificati e sproporzionati tenuto conto della possibilità di conciliare esigenze lavorative e tutela del nucleo familiare in situazioni di pendolarismo quotidiano anche extraregionale.
L’applicazione letterale della disposizione in esame alla fattispecie dedotta condurrebbe invece (e fino alla pronuncia del T.A.R. ha condotto) ad un risultato esattamente opposto a quello che essa intende tutelare.
Sicché il Collegio, preclusa – per le ragioni sopra indicate - la possibilità di praticare un’interpretazione adeguatrice, non può che sollevare l’indicata questione incidentale di legittimità costituzionale.
Va pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell’articolo 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’articolo 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”), inserito dall’art. 3, comma 105, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per violazione degli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui subordina la possibilità di ottenere il trasferimento funzionale alla tutela delle esigenze familiari al fatto che il coniuge del richiedente abbia la propria attività lavorativa (e non l’attività lavorativa o la residenza del nucleo familiare, ove le nozioni non coincidano) nella stessa Provincia o Regione ove è ubicata la sede di servizio presso la quale si domanda il trasferimento.
8. Resta riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione nel merito e sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:
- lo respinge in parte, nei sensi di cui in parte motiva;
- dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 29, 30, e 31 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis, comma 1, del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
Sospende il giudizio in corso e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.
Spese al definitivo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
Luca Di Raimondo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Tulumello Raffaele Greco
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
CDS, SEZIONE II, SENTENZA N. 6713 pubblicata il 29.07.2022
Pubblicato il 29/07/2022
N. 06713/2022REG.PROV.COLL.
N. 01539/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1539 del 2022, proposto dal
Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Olga Perugini e Giuseppe Pecorilla, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, c.so Vittorio Emanuele II, n. 18;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42-bis del decreto legislativo n.151/2001;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2022 il Cons. Carla Ciuffetti e uditi l’avvocato Olga Perugini e l’Avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in esame è impugnata la sentenza in epigrafe che ha accolto il ricorso principale dell’odierno appellante diretto all’annullamento del provvedimento recante “diniego/inammissibilità” dell’istanza di trasferimento temporaneo dal medesimo presentata ex art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001, nonché i motivi aggiunti diretti all’annullamento del provvedimento di diniego emanato dall’Amministrazione in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. -OMISSIS-.
2. L’Amministrazione appellante rappresenta in fatto che l’appellato, in servizio in sede in -OMISSIS-, aveva presentato un’istanza di assegnazione temporanea presso la sede di -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 42-bis d. lgs. n. 151/2001, ritenuta inammissibile, in quanto diretta ad ottenere un beneficio non previsto dal citato articolo. Infatti, la disciplina in questione stabilisce la facoltà del genitore di chiedere l’assegnazione temporanea presso la regione o provincia in cui l’altro genitore presta la propria attività lavorativa. Ma, poiché nella fattispecie l’altro genitore prestava servizio a -OMISSIS- e l’appellato era già servizio nella regione -OMISSIS-, quest’ultimo avrebbe potuto essere assegnato in sede nella provincia di -OMISSIS-, “destinazione tuttavia inutile in quanto non corrispondente alla casa familiare” sita nella provincia di -OMISSIS-. A seguito dell’accoglimento da parte del Tar dell’istanza cautelare ai fini del riesame, l’Amministrazione aveva emanato un provvedimento di diniego in quanto il ricorrente non sarebbe stato utilmente collocabile nella sede di -OMISSIS-.
2.1. In diritto, l’Amministrazione deduce l’ “errata applicazione dell’art. 42- bis D.lgs. n. 151/01, come modificato dalla L.7 agosto 2015, n. 124” da parte del Tar, poiché tale articolo, in caso di figlio di età inferiore a tre anni e di vacanza della medesima posizione retributiva, stabilisce che il genitore possa chiedere l’assegnazione temporanea presso la stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa; cosicché l’interessato avrebbe potuto essere trasferito a -OMISSIS-, sede di servizio della moglie, ma non a -OMISSIS-, provincia di residenza del nucleo familiare, ma non di servizio del coniuge. Non sussisterebbe nella fattispecie il presupposto per la realizzazione dello scopo delle disposizioni dell’art. 42-bis, vale a dire “che vi sia un nucleo cui ricongiungersi o avvicinarsi”.
2.2. L’Amministrazione rappresenta inoltre di essersi già adoperata nei confronti del nucleo familiare, a seguito di istanza ai sensi dell’art. 2209-sexties lett. b) d.lgs. n. 66/2010 (“Norme sul ricongiungimento familiare”), consentendo ad entrambi gli interessati di prestare servizio in -OMISSIS-: l’appellato era stato confermato nella sede di -OMISSIS- e la moglie, in servizio a -OMISSIS-, era stata trasferita a -OMISSIS-. I coniugi avevano escluso la possibilità di ricongiungersi, attraverso il trasferimento dell’appellato a -OMISSIS-, cioè a breve distanza dalla sede di servizio della moglie a -OMISSIS- (80 km), poiché avevano deciso di mantenere la residenza a -OMISSIS-.
Il Tar avrebbe omesso l’esame del fatto e della normativa ad esso applicabile. In particolare avrebbe dovuto valutarsi che entrambi i genitori prestavano servizio in sedi diverse da quella di residenza e che “la norma che prevede tale situazione è l’art. 2209 sexties, lett. b) del Codice Ordinamento Militare, che disciplina il ricongiungimento familiare presso una sede gradita di possibile collocazione organica”. Invece, nella fattispecie mancherebbe il presupposto di fatto per l’applicazione dell’art. 42-bis “consistente nella collocazione del figlio presso la sede in cui presta servizio l’altro genitore”.
2.3. Il provvedimento emanato a seguito dell’ordinanza cautelare, al cui annullamento erano diretti i motivi aggiunti accolti dal Tar, sarebbe stato adeguatamente motivato, in quanto evidenziava da un lato la mancanza nella provincia di -OMISSIS- di posizioni disponibili corrispondenti alla qualifica dell’interessato (conduttore automezzi/operatore TRAMAT) e, dall’altro, la vacanza di tali posizioni nella misura del 15% nella provincia di -OMISSIS-. Erroneamente il Tar avrebbe escluso l’applicabilità al personale militare dell’Esercito dell’art. 45 co. 31-bis, d.lgs. 2017, n. 95, come modificato dal d.lgs. n.172/2019 - che prevede che il diniego delle istanze di cui all’art. 42-bis d.lgs. n.151/2001 possa essere motivato da esigenze organiche e di servizio - la cui applicabilità alla fattispecie sarebbe invece confortata dalla giurisprudenza amministrativa. Il Tar avrebbe dovuto tenere conto dell’art. 1493 d.lgs. n. 66/2010, che prevede che i benefici di cui all’art. 42-bis si applichino, nel limite della posizione retributiva vacante, al personale delle Forze Armate, compatibilmente con lo status militare del personale.
3. L’appellato si è costituito in giudizio con atto depositato in data 4 marzo 2022, chiedendo il rigetto dell’appello, previa eccezione di inammissibilità, nell’assunto della genericità delle affermazioni dell’Avvocatura, dell’omissione di specifico riferimento alle statuizioni del Tar e della mera riproposizione delle difese del primo grado di giudizio.
4. L’istanza cautelare contenuta nel gravame è stata accolta, ritenuto che “l’Amministrazione, nell’atto impugnato in primo grado con i motivi aggiunti, abbia adeguatamente esposto, ai sensi dell’articolo 1493, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare, l’elemento ostativo alla richiesta assegnazione provvisoria tenendo conto del particolare stato del militare” (Cons. Stato, sez. II, 16 marzo 2022 n. 1200).
5. Preliminarmente si rileva che non può darsi seguito alla tesi dell’appellato di inammissibilità del gravame, poiché esso, al di là di citazioni di specifici passaggi della sentenza impugnata è con sufficiente specificità diretto ad avversare l’interpretazione dell’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001 che il Tar ha ritenuto di seguire, sia con riferimento al meccanismo applicativo, sia con riferimento alla natura delle esigenze che possono legittimamente supportare l’opposizione di un diniego alla relativa istanza. Perciò l’eccezione di inammissibilità del gravame deve essere respinta.
6. L’appello è fondato.
6.1. La pronuncia gravata si basa su un’interpretazione dell’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001 disancorata dagli elementi che compongono la fattispecie normativa. In nome di un’interpretazione “ragionevole” delle disposizioni ivi contenute, tale pronuncia oltrepassa il perimetro normativo del citato articolo, richiamandone in modo contraddittorio lo scopo. Infatti, l’obiettivo indicato dal Tar - di un “avvicinamento dei genitori, al fine di poter provvedere entrambi in concreto alla tutela dei fanciulli minori dei tre anni d’età”, in particolare con riferimento “al luogo dove entrambi i genitori possano curare il neonato o minore dei tre anni d’età” - non è conseguito nella fattispecie, in quanto, con il trasferimento dell’appellato a -OMISSIS-, l’altro genitore resta comunque in servizio in provincia diversa da quella di residenza del minore. Ciò dimostra che il richiamo alle circoscrizioni territoriali nelle quali “l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa”, contenuto nello stesso art. 42-bis, non costituisce un “mero dato di tipo formale”, secondo l’avviso del Tar, ma un elemento di carattere sostanziale, coerente con la finalità della disposizione, individuata dalla giurisprudenza nella tutela della genitorialità e nella promozione e tutela della famiglia (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2021, n. 1360/2021; id., 5 gennaio 2021, n. 137). La non riconducibilità dell’istanza dell’interessato al paradigma del citato art. 42-bis e all’effetto che esso mira a raggiungere - il trasferimento di uno dei genitori nella sede di servizio dell’altro - porta a ritenere infondate le difese proposte dall’interessato in questo grado di giudizio, non solo quanto al preteso difetto di istruttoria, ma anche alla disparità di trattamento rispetto ad altri colleghi, ai quali sarebbe stato concesso il beneficio in questione.
Le censure esposte sub 2.1 devono quindi ritenersi fondate e possono considerarsi assorbite quelle indicate sub 2.2.
6.2. Devono essere considerate fondate anche le censure esposte sub 2.3 con riferimento alle statuizioni del Tar concernenti il provvedimento in data 15 dicembre 2021, impugnato in primo grado con motivi aggiunti. Tale atto, con adeguata motivazione, evidenzia la mancanza nella sede di -OMISSIS- di posizioni vacanti in organico riferite alla qualifica dell’interessato e la carenza organica del 15% della stessa qualifica nella sede di -OMISSIS-. In proposito, a prescindere alla questione dell’applicabilità agli appartenenti alle Forze Armate dell’art. 45, co. 31-bis, d.lgs. n. 95/2017 - che pure, come evidenzia l’appellante, risulta già positivamente affrontata, sia pur in termini a contrario, dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato sez. IV, 24 novembre 2020, n. 7359) - la mancanza di vacanze organiche per la qualifica dell’interessato nella sede richiesta non solo potrebbe integrare le eccezionali esigenze di cui all’art. 42-bis (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 gennaio 2021, n. 196), ma porta ad escludere il ricorso nella fattispecie del presupposto stabilito dallo stesso articolo ai fini del beneficio in questione, costituito dalla sussistenza di un “posto vacante e disponibile di corrispondente posizione”, avuto riguardo “alle specifiche mansioni affidate all’interessato, pena l’indebito stravolgimento del funzionamento dell’organizzazione militare, fondata su una rigida distinzione di ruoli, compiti e funzioni tra il personale” (cfr. Cons. Stato, sez. II, 15 dicembre 2021, n. 6939). Occorre considerare che “nell’interpretazione e applicazione della normativa in questione, vige il principio secondo cui le misure di sostegno alla maternità e alla paternità vanno applicate tenendo conto delle specificità settoriali delle Forze armate e di tutti i Corpi di polizia, ad ordinamento militare e civile, giacché si tratta di settori dell’amministrazione strettamente preordinati alla tutela di interessi pubblici primari (difesa della Patria, pubblica sicurezza e ordine pubblico) e perciò connotati da forti elementi di specialità”, cosicché, per la delicatezza degli interessi pubblici sottesi allo status di militare, “non può essere considerato come assoluto il diritto all’unità familiare” (Cons. Stato, sez. IV, 1 dicembre 2020, n. 7619). Unità familiare che, come considerato sub 5.1., nella fattispecie, date le circostanze di fatto, non avrebbe potuto essere raggiunta con l’attivazione dell’istituto di cui all’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001.
7. Per quanto esposto l’appello deve essere accolto.
La natura interpretativa della controversia costituisce giustificato motivo per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado e i motivi aggiunti presentati nel corso del giudizio.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere
Antonella Manzione, Consigliere
Carla Ciuffetti, Consigliere, Estensore
Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Carla Ciuffetti Carlo Saltelli
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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