Transito ruolo civile

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Re: Transito ruolo civile

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Ricorso ACCOLTO Parzialmente. Questo apre sicuramente la strada a tanti contenziosi.
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1) - parte attrice, ex militare in congedo dal 28-09-2005 transitato con decorrenza 01-03-2007 nel ruolo del personale civile del Ministero della Difesa, ha rilevato l'illegittimità del provvedimento del 09-02-2009 del Ministero della Difesa – PERSMIL, con cui è stato espresso diniego, a seguito dell'istanza pensionistica presentata il 20-12-2007, all'attivazione del procedimento di concessione di pensione privilegiata (per dipendenza da c.s.m. di infermità) ai sensi degli artt. 133 e 139 DPR 1092/1973, cioè per aver ritenuto incumulabile la richiesta pensione di privilegio con il trattamento di attività (percepito quale dipendente civile della medesima Amministrazione della Difesa).

2) - Parte attrice ha, in primo luogo, sostenuto -con l'ausilio di vari riferimenti giurisprudenziali- la cumulabilità dei suddetti trattamenti e, in secondo luogo, la sussistenza dell'obbligo per l'Amministrazione di svolgere l'iter finalizzato alla concessione della pensione privilegiata non restando esclusa la possibilità dell'interessato di optare per quest'ultima anziché per il trattamento retributivo da lavoro dipendente.

3) - La questione dedotta in giudizio concerne la cumulabilità del trattamento pensionistico privilegiato ordinario, richiesto per dipendenza dal servizio svolto in E.I. come Caporal Maggiore dal 11-06-1996 al 28-09-2005, con il trattamento di attività percepito quale dipendente civile, con la qualifica di Operatore di Amministrazione, della medesima Amministrazione della Difesa in virtù di contratto di lavoro stipulato il 01-03-2007.

4) - Peraltro, come chiarito dalle Sezioni Riunite di questa Corte nella sentenza n. 21/QM del 24 settembre 1998 già menzionata in narrativa, il rapporto di natura diversa che non esclude il diritto al cumulo va individuato in termini derogatori nell’ambito del più esteso genere dei rapporti derivati, nel senso che la norma permissiva di cui all’art. 139 “si caratterizza come deroga al criterio del divieto e introduce una condizione speciale della natura affatto nuova del rapporto quand’anche derivata: la diversità”.

5) - Quindi, avendo riguardo alla relazione genetica tra i due rapporti, non vi è dubbio che il rapporto di impiego civile che lega l'A. M. all’Amministrazione della Difesa costituisce derivazione da quello militare;

6) - Di conseguenza il rapporto di impiego dell'A. M., pur proveniente da un rapporto di servizio militare ad esso collegato da una relazione di presupposizione, viene a ricadere nella condizione della diversità del rapporto cui il più volte citato art. 139 DPR n. 1092/1973 subordina il cumulo di trattamento privilegiato ordinario (conseguito nell’ambito del pregresso rapporto) e trattamento di attività.

7) - Ne discende, sempre conformemente a quanto statuito dalle SS.RR., la cumulabilità tra trattamento di attività e pensione privilegiata ordinaria conseguita nel contesto del precedente rapporto.

Il resto leggetelo qui sotto.
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CAMPANIA SENTENZA 475 09/05/2014
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CAMPANIA SENTENZA 475 2014 PENSIONI 09/05/2014



SENTENZA 475/2014

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CAMPANIA
In composizione monocratica nella persona del consigliere Rossella Cassaneti in funzione di Giudice unico delle pensioni ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 60492/PM del registro di segreteria depositato in data 22-04-2009 dal sig. A. M., nato a Omissis il Omissis ed ivi residente alla Omissis, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del ricorso, dall'avv. Carlo Grasso ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli alla via Depretis n. 62, contro la nota prot. n. M_D_GPREV/ex20^/39059/20^ del 09-02-2009 del Ministero della Difesa – PERSMIL di diniego di attivazione del procedimento di concessione di pensione privilegiata (per dipendenza da c.s.m. di infermità) ai sensi degli artt. 133 e 139 DPR 1092/1973;

Esaminati i documenti e gli atti tutti della causa;
Udito alla pubblica udienza del giorno 8 maggio 2014 l’avv. Carlo Grasso in difesa del ricorrente, che riportandosi integralmente agli scritti difensivi ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

Ritenuto in
FATTO

Con il ricorso indicato in epigrafe parte attrice, ex militare in congedo dal 28-09-2005 transitato con decorrenza 01-03-2007 nel ruolo del personale civile del Ministero della Difesa, ha rilevato l'illegittimità del provvedimento prot. n. M_D_GPREV/ex20^/39059/20^ del 09-02-2009 del Ministero della Difesa – PERSMIL, con cui è stato espresso diniego, a seguito dell'istanza pensionistica presentata dal A. M. il 20-12-2007, all'attivazione del procedimento di concessione di pensione privilegiata (per dipendenza da c.s.m. di infermità) ai sensi degli artt. 133 e 139 DPR 1092/1973, cioè per aver ritenuto incumulabile la richiesta pensione di privilegio con il trattamento di attività (percepito quale dipendente civile della medesima Amministrazione della Difesa). Parte attrice ha, in primo luogo, sostenuto -con l'ausilio di vari riferimenti giurisprudenziali- la cumulabilità dei suddetti trattamenti e, in secondo luogo, la sussistenza dell'obbligo per l'Amministrazione di svolgere l'iter finalizzato alla concessione della pensione privilegiata non restando esclusa la possibilità dell'interessato di optare per quest'ultima anziché per il trattamento retributivo da lavoro dipendente. Ha concluso chiedendo di vedersi riconosciuto il diritto a percepire pensione privilegiata almeno di ottava categoria tabella A con decorrenza dalla data del congedo.

Il Ministero della Difesa, che si è costituito in giudizio per il tramite dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, ha inviato il fascicolo pensionistico di A. M. e nota difensiva (richiamata e confermata in nota pervenuta il 06-05-2014, in cui viene altresì fatta subordinata istanza di applicazione della decisione n. 6/2008/QM delle SS.RR. contabili nel caso di accoglimento del ricorso), in cui ha chiesto il rigetto del gravame, sostenendo di aver legittimamente operato nell'esprimere l'impugnato diniego.

In memoria difensiva integrativa pervenuta il 28-04-2014 parte attrice ha ulteriormente argomentato circa la spettanza al A. M. del richiesto trattamento pensionistico privilegiato, formulando istanza subordinata di acquisizione di CTU medico-legale e chiedendo, altresì, l'attribuzione, in riferimento ai ratei pensionistici arretrati, degli oneri accessori come da decisione n. 10/2002/QM delle SS.RR. contabili.

Il giudizio è quindi passato in decisione con la lettura del dispositivo in udienza.

Considerato in
DIRITTO

La questione dedotta in giudizio concerne la cumulabilità del trattamento pensionistico privilegiato ordinario, richiesto dal A. M. per dipendenza dal servizio svolto in E.I. come Caporal Maggiore dal 11-06-1996 al 28-09-2005, con il trattamento di attività percepito quale dipendente civile, con la qualifica di Operatore di Amministrazione, della medesima Amministrazione della Difesa in virtù di contratto di lavoro stipulato il 01-03-2007.

Al riguardo occorre fare riferimento al complesso normativo costituito dagli artt. 130 e seguenti del DPR 1092/1973, che regolano il cumulo tra pensione per il rapporto pregresso e trattamento di attività.

In particolare, l’art. 130 dispone che “è ammesso il cumulo , salvo quanto disposto negli articoli seguenti, di una pensione normale diretta o di un assegno equivalente con un trattamento di attività quando detti trattamenti derivino da servizi resi alle dipendenze di amministrazioni statali…”.

Il successivo art. 133 afferma, al primo comma, che “il cumulo dei trattamenti di cui al primo comma dell'art. 130 non è ammesso nei casi in cui il nuovo rapporto costituisce derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente che ha dato luogo alla pensione”, specificando, al secondo coma, che tale divieto opera nei casi di: “a) riammissione in servizio di personale civile; b) richiamo alle armi di personale militare provvisto di pensione per il precedente servizio militare; c) nomina all'impiego civile di sottufficiale o graduato, in applicazione delle particolari disposizioni concernenti riserva di posti in favore di detti militari; d) nomina conseguita mediante concorso riservato esclusivamente a soggetti che hanno già prestato servizio ovvero a tali soggetti insieme con appartenenti a particolari categorie di professionisti; e) conferimento di incarichi di insegnamento in scuole o istituti dello stesso grado di quelli presso cui è stato prestato il servizio precedente in qualità di incaricato; f) nomina senza concorso a posto statale o presso gli enti di cui all'art. 130, conseguita in derivazione o in continuazione o, comunque, in costanza di un precedente rapporto d'impiego rispettivamente con lo Stato o con gli enti stessi”.

Ne consegue che in materia di pensioni ordinarie l’esistenza di una relazione genetica di derivazione del nuovo rapporto con quello precedente esclude la cumulabilità dei relativi trattamenti economici (di attività e di pensione) e comporta la riunione o ricongiunzione dei servizi.

Quanto, invece, ai trattamenti privilegiati, l’art. 139 dello stesso DPR n. 1092/1973 dispone che “la pensione privilegiata o l’assegno rinnovabile sono cumulabili con un trattamento di attività ovvero con altro trattamento pensionistico derivante da un rapporto di servizio diverso da quello che ha dato luogo alla pensione o all’assegno anzidetti”.

L’articolo da ultimo citato, quindi, prevede una deroga al principio del divieto di cumulo come sopra specificato, consentendo di cumulare il trattamento privilegiato ordinario con il trattamento di attività nel caso in cui il rapporto di attività sia “diverso” da quello che ha dato luogo alla pensione .

In altre parole, mentre per l’art. 133 la relazione genetica di derivazione tra vecchio e nuovo rapporto esclude in ogni caso il cumulo per le pensioni ordinarie, per le pensioni privilegiate la norma di cui all’art. 139 consente la cumulabilità dei due trattamenti, subordinando la deroga al divieto alla condizione della “diversità”.

Peraltro, come chiarito dalle Sezioni Riunite di questa Corte nella sentenza n. 21/QM del 24 settembre 1998 già menzionata in narrativa, il rapporto di natura diversa che non esclude il diritto al cumulo va individuato in termini derogatori nell’ambito del più esteso genere dei rapporti derivati, nel senso che la norma permissiva di cui all’art. 139 “si caratterizza come deroga al criterio del divieto e introduce una condizione speciale della natura affatto nuova del rapporto quand’anche derivata: la diversità”.

In sostanza -argomenta la citata sentenza delle Sezioni Riunite- “rapporto diverso non può essere inteso come rapporto non derivato, altrimenti la norma con diversa previsione non avrebbe significato”, laddove la diversità “va individuata come specificazione nell’ambito derivato, essendo già fuori del divieto i rapporti non derivati”.

Pertanto, ai fini della decisione della controversia, va valutato se fra i servizi svolti da A. M. alle dipendenze del Ministero della Difesa (in E.I. come Caporal Maggiore fino al 28-09-2005 e poi nel ruolo civile come di Operatore di Amministrazione dal 01-03-2007) vi sia (o meno) il suddetto rapporto di derivazione, e, dunque, di non diversità -come sostenuto dall'Amministrazione resistente- che esclude, ai sensi delle surriportate disposizioni, la possibilità di cumulare la pensione privilegiata riferita al servizio svolto da militare e la retribuzione percepita quale dipendente appartenente al personale civile.

Orbene, nel contratto di lavoro stipulato da A. M. con il Ministero della Difesa – D.G. per il Personale Civile per esservi assunto come Operatore di Amministrazione con decorrenza 01-03-2007, è espressamente chiarito che per l'odierno ricorrente “è stato autorizzato il transito nel personale civile della Difesa -ai sensi della legge 28.07.1999 n. 266- …” e del D.E.L. del 18-04-2002 conseguentemente adottato. Quindi, il A. M. rientra nella previsione dell'art. 1 del D.E.L. citato, a tenore del quale:

“1) Il personale delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio transita, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, secondo la corrispondenza definita nell'annessa tabella A, sempreché l'infermità accertata ne consenta l'ulteriore impiego.

2) Il giudizio di inidoneita' e' espresso dalla commissione medico-ospedaliera competente che deve fornire indicazioni sull'ulteriore utilizzazione del personale, tenendo conto dell'infermità accertata”.

In effetti, A. M. è stato congedato dal servizio svolto in E.I. come Caporal Maggiore con decorrenza 28-09-2005 in virtù del p.v. Mod. ML/B n. 737 del 28-09-2005 della CMO di Napoli che gli ha diagnosticato “1) Disturbo ansioso e note depressive in soggetto con marcati tratti di immaturità affettiva e labile; 2) pregresso trauma distorsivo del rachide cervicolombare e della spalla dx; 3) esiti stabilizzati di microdistacco osseo dalla base della falange prossimale I dito piede sx da pregresso trauma contusivo”, riconoscendolo non idoneo permanentemente in modo assoluto al S.M.I. e da collocare in congedo assoluto, ma altresì, idoneo al transito nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell'Amministrazione della Difesa.

Quindi, avendo riguardo alla relazione genetica tra i due rapporti, non vi è dubbio che il rapporto di impiego civile che lega l'A. M. all’Amministrazione della Difesa costituisce derivazione da quello militare; del resto, la fattispecie rileva nella previsione della lettera c) dell’art. 133 d.P.R. n. 1092 /1973 che espressamente contempla la “nomina all'impiego civile di sottufficiale o graduato, in applicazione delle particolari disposizioni concernenti riserva di posti in favore di detti militari”, essendo presupposta, ai fini dell’accesso al ruolo del personale civile, l’appartenenza all’Amministrazione della Difesa, come espressamente disposto dall’art. 1 del D.E.L. del 18-04-2002 precedentemente riportato.

Nondimeno, lo stesso contratto stipulato in data 01-03-2007 per il transito del A. M. nel ruolo del personale civile del Ministero della Difesa -dianzi menzionato- chiarisce che egli è “tenuto a svolgere tutte le mansioni proprie della professionalità rivestita …” e che “Il rapporto di lavoro è costituito e regolato dal presente contratto e dai contratti collettivi nazionali di lavoro – comparto personale dipendente dai Ministeri …”; quindi, egli viene a trovarsi, quale dipendente civile dell'Amministrazione della Difesa, in una condizione affatto diversa da quella militare da cui proviene, essendo transitato ad un ruolo civile alle dipendenze della medesima Amministrazione della Difesa, come, del resto, giustamente evidenziato da parte attrice nella memoria integrativa presentata il 28-04-2014.

Di conseguenza il rapporto di impiego dell'A. M., pur proveniente da un rapporto di servizio militare ad esso collegato da una relazione di presupposizione, viene a ricadere nella condizione della diversità del rapporto cui il più volte citato art. 139 DPR n. 1092/1973 subordina il cumulo di trattamento privilegiato ordinario (conseguito nell’ambito del pregresso rapporto) e trattamento di attività.

Ne discende, sempre conformemente a quanto statuito dalle SS.RR., la cumulabilità tra trattamento di attività e pensione privilegiata ordinaria conseguita nel contesto del precedente rapporto.

Su tale principio è da tempo assestata la giurisprudenza della Corte dei Conti, sia di prime cure (cfr. Sez. Giur. Lazio, 1550/2006; Sez. Giur. Toscana, n. 701 e n. 1311 del 2001; Sez. Giur. Puglia, 875/2001) che di appello (cfr. Sezione II Centr. Appello, 239/A/1999 e 348/A/2000).

Nel caso di specie, pertanto, devesi riconoscere la cumulabilità del trattamento di attività connesso al servizio svolto come Operatore Amministrativo con il trattamento privilegiato ordinario eventualmente da conseguire in collegamento con il precedente rapporto di servizio militare (Sez. Giur. Emilia Romagna, sentenza n. 2071/2010).

Per l'effetto: l'istanza di P.P.O. dell'interessato del 14-01-2008 avrebbe dovuto essere esaminata nel merito dall'Amministrazione della Difesa, che avrebbe dovuto conseguentemente azionare il prescritto procedimento inteso all'accertamento della sussistenza dei requisiti indicati nelle disposizioni normative regolanti l'attribuibilità della richiesta pensione di privilegio.

Pertanto, la nota prot. n. M_D_GPREV/ex20^/39059/20^ del 09-02-2009 del Ministero della Difesa – PERSMIL di diniego di attivazione del procedimento di concessione di pensione privilegiata (per dipendenza da c.s.m. di infermità) ai sensi degli artt. 133 e 139 DPR 1092/1973, non dà luogo a censure di merito, in quanto le infermità per cui l'ex Caporal Maggiore ha chiesto pensione privilegiata, non è stata affatto constatata nei termini e nei modi prescritti dalle suddette norme; ai sensi delle quali, pertanto, il ricorso va parzialmente accolto, di modo che deve disporsi il rinvio degli atti alla competente Amministrazione della Difesa perché esamini l'istanza pensionistica presentata il 14-01-2008 dall'odierno ricorrente nel senso dianzi precisato, ovvero mediante verifica della sussistenza (o meno) dei requisiti richiesti ex lege, previa naturalmente valutazione dell'ammissibilità (o meno) da un punto di vista procedimentale della domanda stessa.

Data la complessa natura della causa, sussistono apprezzabili motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA CAMPANIA

In composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico consigliere Rossella Cassaneti, definitivamente pronunciando, ACCOGLIE PARZIALMENTE il ricorso n. 60492/PM, promosso dal signor A. M., e per l'effetto, dispone il rinvio degli atti al Ministero della Difesa perché provveda ai sensi del DPR 1092/1973 all'esame dell'ammissibilità procedimentale e del merito della domanda pensionistica presentata il 14-01-2008.

Spese del giudizio compensate.
Così deciso in Napoli, nella pubblica udienza del giorno 8 maggio 2014.

IL GIUDICE UNICO
Rossella Cassaneti

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 09/05/2014

Il Direttore della segreteria (Dott. Carmine De Michele)


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Re: Transito ruolo civile

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La Corte dei Conti Campania Accoglie un altro ricorso relativo al cumulo di cui qui sotto, con l'aiuto dello stesso avvocato.
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1) - riconoscimento a favore del ricorrente del cumulo tra il trattamento pensionistico privilegiato, come già concesso dall’amministrazione con il decreto n. 283/2004 e la retribuzione derivante dall’attività lavorativa presso la medesima amministrazione (in termini analoghi Corte conti, sezione Campania, n.475/2014).

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CAMPANIA SENTENZA 931 30/07/2014
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CAMPANIA SENTENZA 931 2014 PENSIONI 30/07/2014



SENTENZA 931/2014

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
La Corte dei conti
sezione giurisdizionale per la Campania
Giudice Unico delle Pensioni
Dott. Massimo Balestieri
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso del Sig. N. S., iscritto al n. 62538 del registro di segreteria contro il Ministero della Difesa.
Visto l’atto introduttivo del giudizio.

Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.

Udito all’udienza del 16/07/2014, con l’assistenza del segretario Sig. Pasquale Corbo, l’Avv. Carlo Grasso per il ricorrente.

Letto il dispositivo al termine della camera di consiglio.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, rappresentato e difeso dall’Avv. Carlo Grasso, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Napoli, alla via A. Depretis n.62, ha rappresentato di essere titolare di pensione privilegiata con Decreto n. 283/2004 e di essere transitato nel ruolo civile del medesimo Ministero della Difesa, che, poi, ha annullato il suddetto provvedimento con successivo Decreto n. 1204, notificato nel mese di agosto 2006. Ha rilevato la legittimità del cumulo tra il trattamento pensionistico privilegiato e l’attività lavorativa e ha concluso chiedendo la concessione del suddetto trattamento privilegiato oltre oneri accessori e, in subordine, di riconoscere il diritto al trattamento privilegiato allorquando venga a cessare il rapporto di lavoro con il Ministero della Difesa.

Con memoria difensiva il Ministero della Difesa ha rappresentato che ai sensi degli articoli 133 e 139 del D.p.r. n. 1092/1973 non è ammesso il cumulo tra la pensione privilegiata l’attività lavorativa, in quanto entrambe le prestazioni derivano dal medesimo rapporto di lavoro; il ricorrente è, infatti, transitato nel ruolo civile del Ministero della Difesa proprio per l’infermità che ha determinato la non idoneità al servizio militare. Ha concluso per il rigetto del ricorso e in subordine ha eccepito la prescrizione quinquennale.

Con successiva memoria il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso, richiamando la recente sentenza n. 475/2014 della sezione Campania e allegando copia del contratto individuale di lavoro.

All’udienza del 16/07/2014 l’Avv. Grasso si è riportato alla documentazione in atti.

DIRITTO

La questione in esame verte sulla possibilità o meno di cumulare il trattamento pensionistico di privilegio con l’attività lavorativa svolta presso la medesima amministrazione, in virtù del transito nei ruoli civili .

Al riguardo occorre soffermarsi sul quadro normativo di riferimento.

L’art. 133 del D.p.r. n. 1092/1973 così recita:

“Il cumulo dei trattamenti di cui al primo comma dell'art. 130 non è ammesso nei casi in cui il nuovo rapporto costituisce derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente che ha dato luogo alla pensione.

Il divieto di cui sopra opera nei casi di:

a) riammissione in servizio di personale civile;
b) richiamo alle armi di personale militare provvisto di pensione per il precedente servizio militare;
c) nomina all'impiego civile di sottufficiale o graduato, in applicazione delle particolari disposizioni concernenti riserva di posti in favore di detti militari;
d) nomina conseguita mediante concorso riservato esclusivamente a soggetti che hanno già prestato servizio ovvero a tali soggetti insieme con appartenenti a particolari categorie di professionisti;
e) conferimento di incarichi di insegnamento in scuole o istituti dello stesso grado di quelli presso cui è stato prestato il servizio precedente in qualità di incaricato;
f) nomina senza concorso a posto statale o presso gli enti di cui all'art. 130, conseguita in derivazione o in continuazione o, comunque, in costanza di un precedente rapporto d'impiego rispettivamente con lo Stato o con gli enti stessi.

Nei casi in cui il precedente rapporto abbia dato titolo alla liquidazione di un trattamento di pensione, il trattamento stesso è sospeso.

Al termine del nuovo servizio spetta il trattamento di quiescenza secondo il disposto del quarto comma dell'art. 131”.

L’art. 130, comma 1, dispone: “È ammesso il cumulo, salvo quanto disposto negli articoli seguenti, di una pensione normale diretta o di un assegno equivalente con un trattamento di attività quando detti trattamenti derivino da servizi resi alle dipendenze di amministrazioni statali, comprese quelle con ordinamento autonomo, di regioni, di province, di comuni o di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenze, di enti parastatali, di enti o istituzioni di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi a carattere continuativo, nonché di aziende annesse o direttamente dipendenti dalle regioni, dalle province, dai comuni o dagli altri enti suindicati”.

L’art. 139 così recita: “La pensione privilegiata o l'assegno rinnovabile sono cumulabili con un trattamento di attività ovvero con altro trattamento pensionistico derivante da un rapporto di servizio diverso da quello che ha dato luogo alla pensione o all'assegno anzidetti.

Qualora l'interessato chieda la riunione o la ricongiunzione dei servizi, si applicano le norme di cui al titolo VII.

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche per i sottufficiali e i graduati che abbiano conseguito, con o senza soluzione di continuità, la nomina ad impiego civile di cui all'art. 133, lettera c)”.

Dal suddetto quadro normativo emerge che la problematica del cumulo tra pensione ordinaria ed attività lavorativa è risolta dal combinato disposto degli articoli 130 e 133, nel senso che non è ammesso il cumulo se tra i due rapporti sussiste derivazione, continuazione o rinnovo.

L’art. 139, invece, si occupa del medesimo tema per le pensioni privilegiate e prevede la possibilità del cumulo qualora il trattamento privilegiato e la retribuzione derivino da un rapporto di servizio diverso.

Nel caso in esame dalla lettura del contratto individuale di lavoro emerge la diversità del servizio svolto dal ricorrente come impiegato civile rispetto a quello che ha dato origine al trattamento pensionistico privilegiato.

Pertanto il ricorso è accolto, con conseguenziale riconoscimento a favore del ricorrente del cumulo tra il trattamento pensionistico privilegiato, come già concesso dall’amministrazione con il decreto n. 283/2004 e la retribuzione derivante dall’attività lavorativa presso la medesima amministrazione (in termini analoghi Corte conti, sezione Campania, n.475/2014).

E’ respinta l’eccezione di prescrizione, in quanto il ricorrente ha dichiarato che il decreto n. 1204/2004 è stato notificato nel mese di agosto 2006 e l’amministrazione non ha mosso alcuna specifica contestazione su detta tempistica; il ricorso è stato notificato all’amministrazione il 26/03/2010 e il decreto n. 1204/2004 reca il timbro del Dipartimento della Ragioneria – Ufficio centrale del bilancio del 10/12/2004.

Sulle somme arretrate dovute a titolo di sorte capitale spettano, secondo i principi espressi nelle sentenze n.10/2002/QM e n.6/2008/QM, delle Sezioni Riunite di questo Istituto, interessi legali e rivalutazione monetaria, ai sensi degli artt. 429, 3° comma, c.p.c., e 150 delle relative disposizioni di attuazione, solo sui ratei scaduti dopo la data di entrata in vigore della legge n.205/2000 (ossia dal 10 agosto 2000), emolumenti da calcolarsi dalla scadenza di ogni singolo rateo e sino al pagamento della sorte capitale e da liquidarsi cumulativamente, nel senso di una possibile integrazione degli interessi legali ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale). Per i ratei maturati prima del 10 agosto 2000, andranno corrisposti al ricorrente i soli interessi legali.

Sussistono apprezzabili motivi per la compensazione delle spese tenuto conto della complessità della questione.

P.Q.M.
La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Campania, in composizione monocratica di Giudice Unico delle Pensioni, accoglie il ricorso, con gli oneri accessori come in motivazione. Spese compensate.

Fissa in giorni 60, ai sensi dell’art. 429 c.p.c., il termine per il deposito della sentenza.

Manda alla segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 16 luglio 2014.

Il Giudice
Massimo Balestieri


Depositato in segreteria il 30 luglio 2014

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Re: Transito ruolo civile

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Il CGA Siciliana ha rigettato l'Appello del M.D..
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1) - Il punto centrale della controversia risede, piuttosto, come detto, nella valutazione di una condotta della stessa amministrazione (C.M.C.), la quale, in ragione della tempistica adottata per esprimere la possibilità o meno del transito nei ruoli civili, per proprie ragioni organizzative, è stata causa del decorso del termine successivamente invocato per annullare gli esiti da essa stessa prodotti.

2) - Nella vicenda in esame, il militare odierno appellato, è stato messo nelle condizioni di poter presentare l’istanza di transito soltanto dopo gli esiti della visita, svolta in una data discrezionalmente determinata dall’Amministrazione.

3) - Ne consegue, quindi, l’illegittimità delle determinazioni impugnate in primo grado, le quali finiscono per riversare sul dipendente i ritardi cagionati dalla stessa amministrazione.

Leggete tutto il resto qui sotto.
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24/10/2014 201400573 Sentenza 1


N. 00573/2014REG.PROV.COLL.
N. 00939/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso n. 939/ 2013 R.G. proposto da:
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso cui è per legge domiciliato,, in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81;

contro
M. A., rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Bernarda Bondì, in Palermo, via Sammartino n. 55;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA – PALERMO (Sez. I n. 01448/2013) resa tra le parti, concernente: Lavoro – Rigetto istanza di transito di militare della Guardia di Finanza nei ruoli civili

Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A. M.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 10 aprile 2014 il Cons. Giuseppe Mineo e uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Ciani e l’Avvocato A. F. Tartaglia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza impugnata, il TAR ha accolto il ricorso, integrato con motivi aggiunti, proposto da M. A., tenente della Guardia di Finanza, per l’annullamento dei provvedimenti con i quali era stato espresso il diniego di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione ed era stata disposta la cessazione dal servizio permanente, per superamento del limite massimo di aspettativa fruibile in un quinquennio, con decorrenza dal 2 ottobre 2011.

Nel giudizio di appello si è costituto con memoria il Ten. M…, il quale, con ulteriore memoria, depositata il 5 marzo 2014, ha riaffermato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado e dei successivi motivi aggiunti, insistendo per il rigetto dell’appello.

Nell’udienza del 10 marzo 2014 l’appello è stato trattenuto per la decisone.

DIRITTO

La decisione resa in prime cure merita di essere confermata, per le ragioni che qui di seguito si precisano.
Ai fini della soluzione della presente controversia, è utile evidenziare i seguenti fatti:

a) il Ten. M… ha superato il periodo massimo di aspettativa fruibile in un quinquennio in data 2.10.2011;

b) in data 18.10.2011, il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Caserta, con atto prot. n. MDE2428D/CMO TLC (versato in atti), ha precisato che il Ten. M… “rimarrà nella posizione di temporanea non idoneità in attesa di P.M.L. con visita collegiale (C. M. O.) … fino alla visita collegiale che sin d’ora si indica per il giorno 3.11.2011 alle ore 8,30”;

c) in data 15.11.2011, lo stesso militare è stato giudicato dalla C. M. O. “non idoneo temporaneamente al S.M.I. ( Servizio Militare Incondizionata), idoneo alla riserva e reimpiegabile nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell’Amministrazione”;

d) il successivo 22.11.2010, a seguito degli esiti della visita medica, il ricorrente di primo grado ha presentato istanza di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione Militare;

e) in data 22.03.2012 la competente D.G. del Ministero della Difesa ha disposto la cessazione del servizio permanente per superamento del limite massimo di aspettativa nel quinquennio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 905, comma 5, e 929, comma 1, lett. b), del D. Lgs. n. 66/2010;

f) quindi, con nota del 18.04.2012, l’amministrazione ha respinto l’istanza di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione Militare.

Dalla superiore narrazione emerge, dunque, come esattamente evidenziato dal TAR, che il superamento del termine massimo di aspettativa debba essere imputato, esclusivamente, alla tempistica adottata dall’Amministrazione, in particolare, per come la C.M.C. ha proceduto ad accertare la inidoneità temporanea al S.M.I. del ten. M… e, al contempo, la sua idoneità alla riserva e reimpiego nei corrispondenti ruoli civili dell’Amministrazione Militare.

Nelle more del procedimento valutativo svolto dalla C.M.C., il Ten. M… non ha avuto la possibilità materiale e giuridica di esercitare il proprio diritto al transito nei ruoli civili, così come ritenuto dalla stessa Commissione con atto del 15.11.2011, all’esito degli accertamenti medici.

Tutto quanto sopra evidenziato, appare già sufficiente, a giudizio di questo Consiglio, per confermare la pronuncia del TAR, che ha accertato l’illegittimità dei successivi provvedimenti adottati dall’amministrazione.

Nella condotta dell’amministrazione, infatti, si evidenziano i tratti tipici del divieto di “venire contra factum proprium” che costituisce principio generale di valutazione, idoneo a paralizzare ogni tipo di pretesa alla cui base si manifesta un uso capzioso e irrituale del potere giuridico esercitato dal soggetto che ne è il titolare.

In questo senso, la questione non riguarda tanto la natura costitutiva o meramente accertativa dell’atto di congedo, ovvero la sua efficacia retroattiva al verificarsi del ‘fatto’ ( decorso temporale al 2 ottobre 2011 del periodo massimo di aspettativa) che ne costituisce il presupposto materiale., così come insiste nell’eccepire anche in questa sede la Difesa Erariale per censurare la decisione resa in prime cure. Il punto centrale della controversia risede, piuttosto, come detto, nella valutazione di una condotta della stessa amministrazione (C.M.C.), la quale, in ragione della tempistica adottata per esprimere la possibilità o meno del transito nei ruoli civili, per proprie ragioni organizzative, è stata causa del decorso del termine successivamente invocato per annullare gli esiti da essa stessa prodotti.

Sotto questo profilo, d’altra parte, i provvedimenti impugnati in prime cure risultano in palese contraddizione con il cit. atto del 18. 10. 2011, prodotto dal Dipartimento Militare di Medicina Legale di Caserta, laddove si aveva cura di precisare che il ten. M… “rimarrà nella posizione di Temporanea Non Idoneità in attesa di P.M.L. con visita collegiale (C. M. O.) … fino alla visita collegiale che sin d’ora si indica per il giorno 3.11.2011 alle ore 8,30 ”.

Tale precisazione va reputata superflua, se intesa nel senso sostenuto in questa sede dalla Difesa Erariale.

Essa è però significativa di un riconoscimento, da parte della stessa Amministrazione, di vicende organizzative che, non facciano ricadere sul militare soggetto alla visita di controllo gli svolgimenti temporali della propria azione di accertamento.

In tal modo, l’amministrazione si premurava, correttamente, di mantenere nello stato di aspettativa il ricorrente, consentendogli così di poter esercitare, se del caso, il diritto al transito altrimenti riconosciutogli dalla normativa di appartenenza. Al riguardo, va evidenziato che l’ordinamento già conosce altre disposizioni per le quali la presentazione dell’istanza di transito nei ruoli civili “da parte del personale interessato sospende, per lo stesso, l’applicazione di tutte le disposizioni riguardanti modifiche di posizioni di status” (art. 2, comma 3, D.M. 18 aprile 2002”. Detta norma per un verso impedisce, o comunque rende inefficace, un successivo provvedimento di congedo (come viceversa accaduto nella fattispecie de qua), per altro verso presuppone e rafforza il principio secondo il quale fatti che impediscono la presentazione della istanza di transito, non altrimenti imputabili allo stesso interessato, non possono giustificare un mutamento di status.

Nella vicenda in esame, il militare odierno appellato, è stato messo nelle condizioni di poter presentare l’istanza di transito soltanto dopo gli esiti della visita, svolta in una data discrezionalmente determinata dall’Amministrazione. Ne consegue, quindi, l’illegittimità delle determinazioni impugnate in primo grado, le quali finiscono per riversare sul dipendente i ritardi cagionati dalla stessa amministrazione.

Per questi motivi, pertanto, l’appello deve essere respinto.

Le spese del grado, come di regola, seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Condanna l’Amministrazione appellante al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 2.000,00 (= duemila//00), oltre oneri ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella Camera di Consiglio del giorno 10 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Ermanno de Francisco, Consigliere
Silvia La Guardia, Consigliere
Giuseppe Mineo, Consigliere, Estensore
Giuseppe Barone, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 24/10/2014
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Re: Transito ruolo civile

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Ricorso ACCOLTO ed è una novità.
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il Ministero della Difesa negava il transito del ricorrente nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa.
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1) - avviato, in data 14 luglio 2011, ad accertamenti medico legali presso la competente C.M.O. al fine di accertare le condizioni di idoneità al servizio militare;

2) - giudicato, con verbale del 18 aprile 2012, “permanentemente non idoneo al servizio M.M. incondizionato. Non idoneo alla riserva. Da porre in congedo assoluto. Idoneo all’impiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa .....;

3) - di avere presentato istanza di transito nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della difesa;

4) - proposto ricorso gerarchico avverso il predetto verbale del 18 aprile 2012 alla C.M.O. di seconda istanza con raccomandata del 22 maggio 2012;

5) - invitato, il 12 settembre 2012, in pendenza del procedimento per l’accertamento sanitario definitivo, alla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato e l’assunzione in servizio in qualità di funzionario sanitario, con avvertimento che, in caso di ingiustificata presenza, il rapporto di lavoro si intenderà non costituito;

6) - definitivamente giudicato, con verbale del 3 ottobre 2012, “ non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato nella M.M.. Non idoneo alla riserva. Da collocare in congedo assoluto. Idoneo all’impiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell’A.D .....

7) - proposto ricorso avverso il verbale del 3 ottobre 2012;

8) - di avere formalizzato, con raccomandata del 28 dicembre 2012, il non gradimento della sede di servizio assegnata con rinuncia al transito;

9) - di avere ricevuto dispaccio dell’8 gennaio 2013, a mezzo del quale gli è stato comunicato che “..il rapporto di lavoro non si è costituito”

10) - gli è stata comunicata la cessazione dal servizio permanente per infermità ed il collocamento in congedo assoluto a decorrere dal 18 aprile 2012, con collocamento in aspettativa per il periodo dal 18 aprile 2012 al 28 dicembre 2012;

11) - di avere impugnato anche dette ultime determinazioni e di avere vinto il relativo ricorso con sentenza 1151/2013 del Tar Lecce, II;

12) - di avere pertanto, riproposto la domanda di transito nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa.

13) - la domanda di transito sarebbe stata respinta a causa di una precedente rinuncia da parte del ricorrente la quale, però, andrebbe considerata inesistente in quanto inserita in un procedimento di transito privo del requisito essenziale e cioè, in difetto di un accertamento sanitario definitivo di non idoneità ( cosa questa sancita dal Tar con sentenza 1153/2013);

14) - i provvedimenti adottati dall’amministrazione sarebbero nulli perché assunti in elusione al giudicato, in violazione dell’art. 21 septies

IL TAR di Lecce scrive:

15) - Secondo il ricorrente, il primo procedimento di transito, avviato ad istanza dell’interessato, dovrebbe considerarsi nullo in quanto istruito e concluso in difetto di un elemento essenziale, tale dovendo considerarsi l’accertamento sanitario definitivo di permanente non idoneità al servizio militare, in linea con quanto sancito dall’art. 2 del decreto interministeriale del 18 aprile 2002.

15.1) - La censura è fondata.

16) - La norma in commento richiede, quale presupposto essenziale del procedimento, la presenza di un accertamento sanitario definitivo di non idoneità al servizio militare.

17) - Il giudizio sanitario definitivo di non idoneità implica, tuttavia, per definizione, che si sia consumato inappellabilmente il potere dell’amministrazione di procedere ad una verifica in ordine al perdurante possesso, in capo al dipendente, dei requisiti idoneativi al servizio militare.

18) - Nel caso concreto, detto giudizio ha raggiunto il crisma della definitività solo quando la Commissione Medica Ospedaliera di seconda istanza di Bari ha reso la sua pronuncia nei riguardi del Maresciallo OMISSIS in data 3 ottobre 2012, stimandolo ” non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato nella M.M.. Non idoneo alla riserva. Da collocare in congedo assoluto. Idoneo all’impiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell’A.D. .......” .

19) - E’ infatti evidente che definitivo non potesse considerarsi il giudizio adottato dalla Commissione Medica Ospedaliera di primo grado del 18 aprile 2012 per la sua naturale assoggettabilità a revisione innanzi a Commissione di superiore istanza, come verificatosi nella specie.

20) - E d’altra parte, la stessa Avvocatura erariale non ha mancato di rilevare che, una volta accertato che il giudizio definitivo di non idoneità va rintracciato nella valutazione compiuta dalla C.M.O. di seconda istanza in data 3 ottobre 2012, il relativo procedimento di transito deve prendere le mosse esclusivamente a partire da quella data e non da altro momento, con ripercussioni giuridiche sul procedimento illegittimamente avviato dall’amministrazione in precedenza.

N.B.: rileggete i punti n. 17, 18, 19 e 20.

Per completezza cmq. leggete anche il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di LECCE ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201500385 - Pubblicata 2015-01-29 -


N. 00385/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01111/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1111 del 2014, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Danilo Lorenzo, con domicilio eletto presso lo studio del predetto difensore in Lecce, Via 47° Reggimento Fanteria, 4;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le Lecce, domiciliata in Lecce, Via F.Rubichi 23;

per l'annullamento
- del dispaccio n. MD/GMIL/…… del 12 febbraio2014, ricevuto via posta il 19 febbraio 2014 con cui il Ministero della Difesa negava il transito del ricorrente nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa;

- del teledispaccio n. MD/GMIL/2/V/DGM/II/5/1/2014/……. del 20 gennaio 2014, notificato l'1 marzo 2014 e del relativo decreto n. … datato 10 gennaio 2014, nello stesso indicato, con cui il Ministero della Difesa comunicava la decorrenza della cessazione del servizio permanente ed il relativo collocamento in congedo assoluto del ricorrente;

- di tutti gli atti ed i verbali allo stesso preordinati, connessi e/o consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2014 il dott. Carlo Dibello e uditi i difensori nei preliminari avv. D. Lorenzo per il ricorrente e avv. dello Stato S. Libertini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Primo maresciallo OMISSIS chiede l’annullamento del dispaccio del 12 febbraio 2014, con il quale il Ministero della difesa gli ha negato il transito nelle qualifiche funzionali del personale civile dello stesso Ministero.

L’impugnazione è estesa al teledispaccio del 20 gennaio 2014, con il quale il Ministero della Difesa ha comunicato all’interessato la decorrenza della cessazione dal servizio permanente ed il relativo collocamento in congedo assoluto.

Il ricorrente assume in fatto:

di avere prestato la propria attività di servizio come sottufficiale della Marina Militare a far tempo dal 24 settembre 1986;

di essere stato avviato, in data 14 luglio 2011, ad accertamenti medico legali presso la competente C.M.O. al fine di accertare le condizioni di idoneità al servizio militare;

di essere stato giudicato, con verbale del 18 aprile 2012, “permanentemente non idoneo al servizio M.M. incondizionato. Non idoneo alla riserva. Da porre in congedo assoluto. Idoneo all’impiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa ai sensi della legge 266/99…;

di avere presentato istanza di transito nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della difesa;

di avere proposto ricorso gerarchico avverso il predetto verbale del 18 aprile 2012 alla C.M.O. di seconda istanza con raccomandata del 22 maggio 2012;

di essere stato invitato, il 12 settembre 2012, in pendenza del procedimento per l’accertamento sanitario definitivo, alla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato e l’assunzione in servizio in qualità di funzionario sanitario, con avvertimento che, in caso di ingiustificata presenza, il rapporto di lavoro si intenderà non costituito;

di essere stato definitivamente giudicato, con verbale del 3 ottobre 2012, “ non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato nella M.M.. Non idoneo alla riserva. Da collocare in congedo assoluto.

Idoneo all’impiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell’A.D ai sensi della legge 266/99…

di avere proposto ricorso avverso il verbale del 3 ottobre 2012;

di avere formalizzato, con raccomandata del 28 dicembre 2012, il non gradimento della sede di servizio assegnata con rinuncia al transito;

di avere ricevuto dispaccio dell’8 gennaio 2013, a mezzo del quale gli è stato comunicato che “..il rapporto di lavoro non si è costituito”

di avere ricevuto ulteriore dispaccio con il quale gli è stata comunicata la cessazione dal servizio permanente per infermità ed il collocamento in congedo assoluto a decorrere dal 18 aprile 2012, con collocamento in aspettativa per il periodo dal 18 aprile 2012 al 28 dicembre 2012;

di avere impugnato anche dette ultime determinazioni e di avere vinto il relativo ricorso con sentenza 1151/2013 del Tar Lecce, II;

di avere pertanto, riproposto la domanda di transito nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa.

Sta di fatto che, con il primo dei due dispacci censurati, la Direzione Generale per il personale Militare ha sostenuto che la valutazione del procedimento di transito da personale militare a personale civile è di competenza della Direzione Generale per il Personale Civile, che, allo stato degli atti, risulta essersi già espressa con nota del 22 luglio 2013; con il secondo dei dispacci, si comunica al OMISSIS che, con decreto n. … del 10 gennaio 2014, cessa a decorrere dal 3 ottobre 2012 dal servizio permanente per infermità ed è collocato in congedo assoluto; per il periodo dal 3 ottobre al 28 dicembre 2012 deve essere considerato in aspettativa.

Questi provvedimenti sono ritenuti illegittimi in quanto:

la domanda di transito sarebbe stata respinta a causa di una precedente rinuncia da parte del ricorrente la quale, però, andrebbe considerata inesistente in quanto inserita in un procedimento di transito privo del requisito essenziale e cioè, in difetto di un accertamento sanitario definitivo di non idoneità ( cosa questa sancita dal Tar con sentenza 1153/2013);

i provvedimenti adottati dall’amministrazione sarebbero nulli perché assunti in elusione al giudicato, in violazione dell’art. 21 septies

Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio per resistere al ricorso del quale ha chiesto la reiezione per infondatezza nel merito.

La controversia è passata in decisione alla pubblica udienza del 27 novembre 2014.

DIRITTO

Con il primo motivo di gravame il Maresciallo OMISSIS, premettendo di avere riproposto, in data 10 giugno 2013, domanda di transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero lamenta che l’amministrazione abbia respinto l’istanza ritenendo già concluso il relativo procedimento, a motivo di una precedente rinuncia formalizzata dall’interessato quando ancora pendeva l’accertamento sanitario per la verifica dei requisiti di idoneità al servizio militare.

Secondo il ricorrente, il primo procedimento di transito, avviato ad istanza dell’interessato, dovrebbe considerarsi nullo in quanto istruito e concluso in difetto di un elemento essenziale, tale dovendo considerarsi l’accertamento sanitario definitivo di permanente non idoneità al servizio militare, in linea con quanto sancito dall’art. 2 del decreto interministeriale del 18 aprile 2002.

La censura è fondata.

Il procedimento amministrativo di transito del personale militare nelle aree funzionali del personale civile del Ministero è disciplinato dall’art. 2 del sopra citato decreto interministeriale, adottato al fine di dare attuazione compiuta alle previsioni di cui all’art.14, comma 5 della legge 28 luglio 1999, n.266 ( oggi art. 930 del d.lvo 15 marzo 2010 n. 66)

La norma in commento richiede, quale presupposto essenziale del procedimento, la presenza di un accertamento sanitario definitivo di non idoneità al servizio militare.

Il giudizio sanitario definitivo di non idoneità implica, tuttavia, per definizione, che si sia consumato inappellabilmente il potere dell’amministrazione di procedere ad una verifica in ordine al perdurante possesso, in capo al dipendente, dei requisiti idoneativi al servizio militare.

Nel caso concreto, detto giudizio ha raggiunto il crisma della definitività solo quando la Commissione Medica Ospedaliera di seconda istanza di Bari ha reso la sua pronuncia nei riguardi del Maresciallo OMISSIS in data 3 ottobre 2012, stimandolo” non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato nella M.M.. Non idoneo alla riserva. Da collocare in congedo assoluto. Idoneo all’impiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell’A.D. ai sensi della legge 266/99. …” .

E’ infatti evidente che definitivo non potesse considerarsi il giudizio adottato dalla Commissione Medica Ospedaliera di primo grado del 18 aprile 2012 per la sua naturale assoggettabilità a revisione innanzi a Commissione di superiore istanza, come verificatosi nella specie.

E d’altra parte, la stessa Avvocatura erariale non ha mancato di rilevare che, una volta accertato che il giudizio definitivo di non idoneità va rintracciato nella valutazione compiuta dalla C.M.O. di seconda istanza in data 3 ottobre 2012, il relativo procedimento di transito deve prendere le mosse esclusivamente a partire da quella data e non da altro momento, con ripercussioni giuridiche sul procedimento illegittimamente avviato dall’amministrazione in precedenza.

Ne consegue che l’amministrazione ha erroneamente ritenuto di non poter accogliere la domanda di transito presentata dal ricorrente, opponendogli la manifestazione della volontà di rinunciare alla sede individuata per svolgere il servizio nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile .

Il procedimento di transito avviato a far data dal 18 aprile 2012 deve, infatti, considerarsi del tutto nullo in quanto avviato in difetto dell’essenziale presupposto di un giudizio definitivo di non idoneità del dipendente al servizio militare incondizionato, con conseguente opzione per le aree funzionali del servizio civile.

Per questa essenziale ragione, il ricorso è meritevole di accoglimento, con annullamento degli atti impugnati.

Le spese processuali possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Carlo Dibello, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 29/01/2015
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Re: Transito ruolo civile

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1 - diritto soggettivo del ricorrente a percepire tutte le somme non corrisposte a titolo di retribuzione mensile durante il periodo di aspettativa in attesa di transito all'impiego civile.

2) - di avere dovuto subire la decurtazione del 50 % della propria retribuzione essendo rimasto in aspettativa oltre i dodici mesi, come previsto dall’art. 26 della legge 187/1976;

3) -avanzato, in data 18 dicembre 2008, istanza di transito nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa

4) - avuto comunicazione, in data 27 settembre 2011, di essere stato autorizzato al predetto transito nei ruoli del personale civile e di essere stato convocato presso la Diremag Taranto per la sottoscrizione del contratto individuale, poi effettivamente siglato a distanza di trentacinque mesi dalla ricezione della domanda di transito;

5) - di avere, cionondimeno, continuato a percepire una retribuzione dimezzata del 50% lungo tutto il periodo intercorrente tra la data del giudizio di non idoneità e la convocazione per la firma del nuovo contratto di lavoro,

6) - Il ricorrente si è così rivolto al Tar per conseguire la restituzione di tutte le somme non corrisposte a titolo di emolumenti mensili (quota stipendio non percepita e quota tredicesima mensilità) dal 18 dicembre 2008 al 2 novembre 2011,

IL TAR di Lecce precisa:

7) - In particolare, il T.A.R. ha chiarito, con argomentazioni dalle quali il Collegio non ha ragione di discostarsi in questa sede, che il superamento del termine di 150 giorni concesso alla P.a. dall’art. 2, comma 4 del D.M. 18 aprile 2002 per assumere le proprie determinazioni in merito all’accoglimento della domanda di transito all’impiego civile non può ripercuotersi in pregiudizio del richiedente, sotto il profilo del trattamento economico che gli va riconosciuto.

8) - Se dunque è vero che “ in attesa delle determinazioni dell’amministrazione in ordine all’accoglimento della domanda il personale è da considerarsi in aspettativa, con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità” (vedi art. 2, comma 7 del citato d.m.) è pur vero che la corresponsione concreta di siffatto trattamento economico – il quale può avere subito, nel frattempo, decurtazioni come nella specie, ai sensi dell’art. 26 legge 187/1976 e quindi vicende peggiorative per il dipendente- si giustifica non oltre il termine di 150 giorni fissato per la conclusione del procedimento di transito.

9) - In altri termini, “ eventuali inerzie e/o inattività nella definizione della nuova collocazione non possono implicare il mantenimento, in capo all’interessato, del vecchio trattamento economico, che risentiva, evidentemente, di una “ inidoneità”, la quale però, dopo l’accettazione nei nuovi ruoli civili, non si giustifica più” (così, ancora, Tar Lecce, III sez. 998/2013).

Il resto leggetelo qui sotto.
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SENTENZA ,sede di LECCE ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201502266 - Public 2015-07-09 -


N. 02266/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01591/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1591 del 2014, proposto da:
A. C., rappresentato e difeso dall'avv. Laura Lieggi, con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Lecce, Via F. Rubichi 23;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Lecce, Via Rubichi;

per l'accertamento
- del diritto soggettivo del ricorrente a percepire tutte le somme non corrisposte a titolo di retribuzione mensile durante il periodo di aspettativa in attesa di transito all'impiego civile nonchè per la condanna
- del Ministero della Difesa a corrispondere tutte le somme non versate.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2015 il dott. Carlo Dibello e uditi i difensori avv. L. Lieggi per il ricorrente e avv. dello Stato G. Matteo;

'MOTIVAZIONI'

Il ricorrente espone:

- di aver prestato servizio nella Marina Militare con il grado di Sergente in servizio permanente fino alla data del 18 dicembre 2008 quando, a seguito di accertamenti sanitari, veniva dichiarato dal Centro Ospedaliero Militare di Taranto “permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato in modo assoluto. Sì idoneo alla riserva, sì idoneo al transito nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa ai sensi della legge 266/99…”;

- di essere stato giudicato inidoneo a cagione di una patologia insorta in costanza di servizio militare che aveva comportato il suo collocamento in aspettativa;

- di avere dovuto subire la decurtazione del 50 % della propria retribuzione essendo rimasto in aspettativa oltre i dodici mesi, come previsto dall’art. 26 della legge 187/1976;

- di avere avanzato, in data 18 dicembre 2008, istanza di transito nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa in applicazione della normativa di settore che concede tale facoltà ai militari giudicati non idonei al servizio militare incondizionato;

- di avere avuto comunicazione, in data 27 settembre 2011, di essere stato autorizzato al predetto transito nei ruoli del personale civile e di essere stato convocato presso la Diremag Taranto per la sottoscrizione del contratto individuale, poi effettivamente siglato a distanza di trentacinque mesi dalla ricezione della domanda di transito;

- di avere, cionondimeno, continuato a percepire una retribuzione dimezzata del 50% lungo tutto il periodo intercorrente tra la data del giudizio di non idoneità e la convocazione per la firma del nuovo contratto di lavoro, malgrado il termine concesso alla P.a. per pronunciarsi sull’accoglimento della domanda di transito fosse solo quello di 150 giorni, ai sensi dell’art. 2, comma 4 del D.M. 18 aprile 2002.

Sostiene, dunque, il ricorrente che, a fronte di un lungo periodo di tempo in attesa delle determinazioni sulla domanda di transito “avrebbe dovuto essere reintegrato immediatamente nella propria attività lavorativa o, per lo meno, avrebbe dovuto percepire nuovamente lo stipendio per intero data la cessazione delle cause ostative al reintegro in servizio”.

Il ricorrente si è così rivolto al Tar per conseguire la restituzione di tutte le somme non corrisposte a titolo di emolumenti mensili (quota stipendio non percepita e quota tredicesima mensilità) dal 18 dicembre 2008 al 2 novembre 2011, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria per un totale di € 36.446, 37.

Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio per resistere al ricorso del quale ha chiesto che il Tribunale voglia dichiarare l’irricevibilità, l’inammissibilità o l’infondatezza nel merito.

La controversia è stata trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 15 aprile 2015.

Il ricorso è fondato nei termini che vanno ad esporsi.

Il Collegio è già stato chiamato a pronunciarsi sulla questione del trattamento economico spettante al militare delle forze armate giudicato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato ma, al tempo stesso, idoneo al transito nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa, autorizzato tardivamente dalla P.a. ben oltre il termine di centocinquanta giorni per il perfezionamento del procedimento di transito.

In particolare, il T.A.R. ha chiarito, con argomentazioni dalle quali il Collegio non ha ragione di discostarsi in questa sede, che il superamento del termine di 150 giorni concesso alla P.a. dall’art. 2, comma 4 del D.M. 18 aprile 2002 per assumere le proprie determinazioni in merito all’accoglimento della domanda di transito all’impiego civile non può ripercuotersi in pregiudizio del richiedente, sotto il profilo del trattamento economico che gli va riconosciuto.

Ciò dipende dal fatto che la stessa disposizione regolamentare citata contempla una fattispecie di silenzio assenso in quanto “ l’Amministrazione è tenuta a pronunciarsi entro centocinquanta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza. Qualora entro il predetto termine l’Amministrazione non si sia pronunciata, l’istanza si intende accolta”.

Se dunque è vero che “ in attesa delle determinazioni dell’amministrazione in ordine all’accoglimento della domanda il personale è da considerarsi in aspettativa, con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità” (vedi art. 2, comma 7 del citato d.m.) è pur vero che la corresponsione concreta di siffatto trattamento economico – il quale può avere subito, nel frattempo, decurtazioni come nella specie, ai sensi dell’art. 26 legge 187/1976 e quindi vicende peggiorative per il dipendente- si giustifica non oltre il termine di 150 giorni fissato per la conclusione del procedimento di transito.

In altri termini, “ eventuali inerzie e/o inattività nella definizione della nuova collocazione non possono implicare il mantenimento, in capo all’interessato, del vecchio trattamento economico, che risentiva, evidentemente, di una “ inidoneità”, la quale però, dopo l’accettazione nei nuovi ruoli civili, non si giustifica più” (così, ancora, Tar Lecce, III sez. 998/2013).

Deriva, da tanto, che mentre è sicuramente legittima la corresponsione dello stipendio al ricorrente nella misura del 50% per il periodo dal 18 dicembre 2008 (data di formulazione del giudizio di non idoneità al servizio militare incondizionato) al 18 maggio 2009 (data di scadenza dei 150 giorni dalla presentazione della domanda di transito nei ruoli civili del Ministero di appartenenza) altrettanto non può dirsi per quel che concerne il periodo che va dal 18 maggio 2009 al 2 novembre 2011 “ laddove con l’accettazione (tacita) al transito, il rapporto di lavoro si ricostituisce sotto altre forme e non può risentire dell’inidoneità e neppure del corrispettivo a quella correlato” ( sempre Tar Lecce, III Sez. 998/2013).

Per queste ragioni, il ricorso va accolto solo in parte, limitatamente cioè alla richiesta di corrispettivo pieno (non decurtato) dal 18 maggio 2009 al 2 novembre 2011.

L’accertamento e la condanna sono correlati al capitale, oltre che alla maggior somma fra interessi legali e rivalutazione monetaria, come previsto dall’art. 22, comma 36 della legge 23 dicembre 1994, n.724.

Le spese processuali possono essere compensate, tenuto conto dell’accoglimento solo parziale delle domande azionate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei limiti precisati in motivazione e, per l’effetto, condanna il Ministero resistente a pagare al ricorrente il corrispettivo pieno (non decurtato) dal 18 maggio 2009 fino alla data di sottoscrizione del nuovo contratto avvenuta in data 2 novembre 2011, oltre alla maggior somma fra interessi legali e rivalutazione monetaria.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Carlo Dibello, Consigliere, Estensore
Claudia Lattanzi, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/07/2015
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Re: Transito ruolo civile

Messaggio da panorama »

Fa seguito al precedente post da me pubblicato in data 09/03/2014

Quesito "non ancora definitivo" ma che cmq. spiega delle informazioni, poiché si parla anche della riduzione del trattamento economico nel momento "SPECIALE ASPETTATIVA" a quando si firma il contratto.

Leggete il tutto qui sotto "provvisoriamente".
----------------------------------------------------------------------------------------------

PARERE INTERLOCUTORIO ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201502102
- Public 2015-07-16 -


Numero 02102/2015 e data 16/07/2015 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 24 giugno 2015

NUMERO AFFARE 00281/2014

OGGETTO:
Ministero della Difesa Direzione Generale Personale Civile.

Quesito al Consiglio di Stato, proposto dal Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Civile, riguardante il transito di personale militare non idoneo al servizio militare incondizionato nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa, ai sensi dell'art. 930 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 e del decreto 18.04.2002

LA SEZIONE
Vista la nota n. M_D GCIV 0003820 del 21 gennaio 2014, con la quale il Ministero della Difesa ha trasmesso la propria relazione per la richiesta del parere del Consiglio di Stato sul quesito indicato in oggetto;

Visto il parere interlocutorio reso in data 5 febbraio 2014;

Vista la nota prot. n. M_D GCIV 0075771 del 24 novembre 2014 del Ministero della Difesa;

Esaminati gli atti ed udito il relatore estensore, Consigliere Nicolò Pollari;

Premesso:

Il Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Civile, ha sottoposto al Consiglio di Stato un quesito in ordine al transito di personale militare non idoneo al servizio militare incondizionato nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa.

L'Amministrazione descrive il quadro giuridico di riferimento, soffermandosi preliminarmente sul contenuto dell’art. 930 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il “codice dell'ordinamento militare” che, nel riprendere le disposizioni già recate dall'art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, prevede che “il personale delle Forze armate giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, transita nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa, secondo modalità e procedure definite con decreto del Ministro della Difesa, di concerto con i Ministri dell'Economia e delle Finanze e della Pubblica Amministrazione e Innovazione”.

Le modalità di attuazione del transito sono state regolate, per il personale delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri, dal d.m. 18 aprile 2002, il cui art. 2 disciplina le “Modalità di transito” del personale in discorso, giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio, a seguito di giudizio di non idoneità espresso dalla competente Commissione medico ospedaliera che deve fornire indicazioni sull’ulteriore utilizzazione del personale, tenendo conto dell’infermità accertata. Il transito suddetto è, quindi, disposto con provvedimento del Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale civile, di concerto con il Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare.

Ai sensi dell'art. 2, comma 7, d.m. 18 aprile 2002, in attesa delle determinazioni dell'Amministrazione, in ordine alla domanda, il personale è considerato in (speciale) aspettativa, con il trattamento economico goduto all'atto del giudizio di non idoneità (intero per i primi 12 mesi, ridotto al 50% per i successivi 6 mesi, 0 per i restanti 6 mesi).

Tale posizione di stato e il relativo trattamento economico si protraggono fino alla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, momento nel quale cessa lo status di militare del soggetto interessato, che assume la qualifica di impiegato civile (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV 4 dicembre 2007, n. 6825, che testualmente afferma che “il militare giudicato inidoneo mantiene lo status proprio in s.p.e., ma nella posizione di aspettativa, ex art. 2, co. 7, d.m. cit., fino al momento dell’assunzione nell’amministrazione civile previa stipulazione del relativo contratto individuale di lavoro”).

Tale regolamentazione si è tradotta, all’atto pratico, in casi in cui, sempre più spesso, militari, invitati alla sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, a seguito di decretazioni che ne dispongono il transito all'impiego civile, non si presentano, inviando certificazione medica attestante stati morbosi incompatibili con il servizio, con ciò prolungando di fatto “sine die” la suddetta posizione di aspettativa e continuando a percepire i relativi emolumenti da parte dell’amministrazione, pur in assenza del corrispondente sinallagma, venendosi a prospettare ipotesi di danno erariale.

Peraltro, evidenzia sempre il Ministero della Difesa, la particolare posizione del militare in transito nei ruoli civili, che non è più considerato in forza presso l'ente militare di appartenenza, fa sì che quest’ultimo non richieda gli accertamenti medici volti a verificare l’effettiva esistenza dello stato morboso denunciato e la sua concreta incidenza sulla possibilità di prestare servizio.

Per ovviare alle prospettate eventualità, l’Amministrazione, con la circolare 43267/BI del 21 giugno 2011, ha chiarito che la mancata presentazione in servizio per malattia debitamente certificata non può considerarsi rinuncia al transito per tutto il periodo certificato. Al termine di tale periodo, peraltro, l’interessato è tenuto a presentarsi in servizio. L'eventuale mancata presentazione (in tale ultima circostanza) equivarrebbe a rinuncia al transito all’impiego civile, con conseguente mancata costituzione del rapporto di lavoro.

La Circolare ha, poi, chiarito che “qualora l’impedimento si protragga oltre i novanta giorni, l’ente presso il quale il dipendente deve assumere servizio, per il tramite dell’ente presso il quale lo stesso risulta ancora in forza, deve provvedere a richiedere al Dipartimento di medicina legale di competenza di avviare il militare a nuova visita medica collegiale, ai fini dell'accertamento della permanenza delle condizioni di idoneità all'ulteriore impiego in qualità di dipendente civile”.

Il Ministero riferisce che tale ulteriore accertamento medico non ha, tuttavia, svolto l’azione deterrente aspettata. Ciò in quanto, a seguito dei giudizi del Dipartimento di medicina legale, che confermano l’idoneità all’impiego civile, i militari interessati producono nuovi certificati medici di parte attestanti la persistenza di stati morbosi incompatibili con l'effettivo servizio.

Il Ministero ritiene che la particolare posizione del militare interessato al transito non può dirsi equiparata a quella di un vincitore di concorso, mentre appare più prossima “a quella di un dipendente oggetto di mobilità per cessione di contratto ai sensi dell'art. 30 d.lgs. 165/01”.

Potrebbe, conseguentemente, ritenersi per analogia applicabile “l’istituto del comporto previsto dall'art. 21 CCNL Ministeri 17 maggio 1995 con la durata massima dei 18 mesi e con le percentuali di riduzione del trattamento economico previste in detta disposizione contrattuale”.

Tale linea sarebbe aderente con l'orientamento di questo Consiglio di Stato, che, con sentenza della Sezione IV n. 5758/06, ha ritenuto che il transito all'impiego civile del militare non idoneo “deve qualificarsi come una peculiare fattispecie di trasferimento nell'ambito della medesima amministrazione”, e che, con la sentenza n. 6825/07 cit., ha ritenuto che la speciale aspettativa prevista dall'art. 2, comma 7, del citato d.m. sia finalizzata ad evitare soluzione di continuità del rapporto di impiego durante il periodo in concreto impegnato dall'amministrazione per effettuare il transito nei ruoli civili.

In altri termini, come precisa il Ministero, “si attuerebbe una fictio iuris, in base alla quale il rapporto di lavoro quale dipendente civile, che di fatto si costituisce solo attraverso la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, verrebbe fatto retroagire, quanto ad alcuni effetti giuridici”.

In alternativa, il Ministero prospetta un’ulteriore soluzione ermeneutica, più aderente ad un’interpretazione letterale dell'art. 2, comma 7, del citato decreto del 2002, che, come già evidenziato, recita: “in attesa delle determinazioni dell'amministrazione in ordine alla domanda il personale è considerato in aspettativa, con il trattamento economico goduto all'atto del giudizio di non idoneità”.

Il tenore letterale della disposizione in commento farebbe dedurre all’Amministrazione riferente che “il trattamento economico, così come individuato al momento del giudizio di non idoneità, spetterebbe al personale, soltanto fino al momento in cui l'Amministrazione esprime le proprie determinazioni in ordine alla domanda di transito. Ciò posto, il decreto interdirettoriale che autorizza il transito nei ruoli civili e ancor più la lettera che, nel trasmettere all'Ente il contratto individuale di lavoro da sottoporre alla firma dell'interessato, contiene data e sede di presentazione in servizio, potrebbero ragionevolmente intendersi quale precisa e finale determinazione dell'Amministrazione in ordine alla domanda di transito”.

Siffatta interpretazione farebbe venir meno l'aspettativa per il transito dalla data in cui l'interessato è stato invitato a presentarsi, e da tale momento tornerebbe ad applicarsi la normativa relativa all'aspettativa per infermità del personale militare, così come era stata applicata fino al momento del giudizio di non idoneità (con le conseguenti decurtazioni derivanti dai periodi di aspettativa per infermità fruiti, applicandosi, in tal caso, le particolari disposizioni riguardanti il personale militare - art. 13, comma 2, d.P.R. 163/2002, che richiama l'art. 26, commi 1 e 2, della legge 187/1976 -, secondo cui al personale interessato compete il trattamento economico intero per i primi 12 mesi, ridotto al 50% per i successivi 6 mesi e 0 per i restanti 6 mesi).

Con parere interlocutorio in data 5 febbraio 2014 è stato preliminarmente rilevato che:

- il D.M. 18 aprile 2002, con il quale è stata data attuazione all’art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, è stato adottato dal Ministro della Difesa, di concerto con i Ministri dell'Economia e delle Finanze e per la Funzione pubblica;

- l'art. 2, comma 7, del d.m. citato è identico all’art. 4, comma 2, del Decreto, avente pari data (18 aprile 2002), adottato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, per il transito nei ruoli civili da parte del personale della Guardia di Finanza.

Di conseguenza, è stato disposto che anche il Ministero dell'Economia e delle Finanze ed il Dipartimento per la Funzione Pubblica esprimessero il proprio avviso in merito, con il coordinamento del Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio.

Al Ministero della Difesa, invece, è stata chiesta una relazione integrativa con la quale:

- chiarire quale applicazione viene attualmente data all'art. 2, comma 7, d.m. 18 aprile 2002, e quale interpretazione intenda proporre, soffermandosi, in modo particolare, sul computo dell’aspettativa e delle prescritte decurtazioni, avuto riguardo al periodo antecedente e successivo al giudizio di inidoneità e fino “al momento in cui l'Amministrazione esprime le proprie determinazioni in ordine alla domanda di transito”;

- riferisca se, con riferimento alla questione sottoposta all’attenzione di questo Consiglio di Stato, si sia determinato del contenzioso.

All’interlocutoria ha dato seguito solo il Ministero della Difesa, il quale ha evidenziato che al personale militare, che, a seguito di giudizio medico-legale di permanente inidoneità al servizio militare, avanza domanda di transito, viene corrisposto un trattamento economico pari alla retribuzione spettante al militare al momento del suddetto giudizio medico. Retribuzione che è, a sua volta, legata al periodo di aspettativa per infermità usufruito nell'arco del quinquennio antecedente (per i primi 12 mesi di aspettativa per infermità nell'arco del quinquennio, il militare percepisce lo stipendio per intero; dal 13° al 18° mese di assenza percepisce lo stipendio ridotto del 50; per l'ulteriore periodo di assenza dal lavoro per infermità non percepisce nulla). Nel caso, invece, di riconoscimento della causa di servizio, al militare spetta la retribuzione piena per tutto il periodo di assenza dal lavoro.

Inoltre, in applicazione dell'art. 2, comma 7, d.m. 18 aprile 2002, durante il periodo di aspettativa, per il transito, che perdura fino quando il militare non sottoscriva il contratto di lavoro come dipendente civile della difesa, l'Amministrazione è obbligata a corrispondere il citato trattamento economico anche nell’ipotesi in cui il militare non sottoscriva il contratto per la sussistenza di uno stato di malattia che gli impedisca di presentarsi in servizio. Durante l'intero lasso di tempo (dal giudizio medico-legale fino alla sottoscrizione del contratto di lavoro come civile), in cui il militare è posto in aspettativa per il transito, il trattamento economico non subisce decurtazioni, rimanendo fissato, nella sua entità, nella misura pari alla retribuzione goduta al momento del giudizio medico-legale.

Con l’interpretazione proposta dal Ministero nella propria relazione introduttiva, pertanto, si porrebbe fine all’aspettativa per il transito, rendendo nuovamente applicabile la normativa relativa all'aspettativa per infermità prevista per il personale militare. Quindi, per il militare giudicato inidoneo che avanza domanda di transito (e che mantiene lo status di militare fintanto che non sottoscriva il contratto di lavoro come civile), l'eventuale ulteriore periodo di assenza dal servizio, successivo all'invito a sottoscrivere il contratto come civile, verrebbe a sommarsi al precedente periodo di aspettativa per infermità usufruito dal militare prima del giudizio medico-legale di inidoneità. In questo modo la retribuzione tornerebbe a subire le decurtazioni retributive legate al periodo di aspettativa usufruito nel quinquennio.

In ordine al secondo quesito, evidenzia che, allo stato, la problematica non ha determinato contenzioso.

Con riferimento alla richiesta di questo Collegio di acquisire una relazione sull'argomento da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Dipartimento della Funzione Pubblica, il Ministero riferisce di essersi attivata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi, affinché possa essere dato riscontro alla richiesta istruttoria.

Considerato:

Preso atto di quanto sopra esposto, ritiene la Sezione che sul tema permanga la necessità di acquisire, preliminarmente, anche l’avviso del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Dipartimento per la Funzione Pubblica. Pertanto, in attesa dell’adempimento del prefato incombente istruttorio, che nell’occasione si ritiene di sollecitare, rimane sospesa l’emissione del richiesto parere.

P.Q.M.

Sospende l’emissione del prescritto parere, in attesa degli incombenti istruttori assegnati in motivazione.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicolo' Pollari Sergio Santoro




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Re: Transito ruolo civile

Messaggio da gino59 »

impiego civile
Inviato: mar set 15, 2015 9:19 am
Da: vince64
A: gino59

Ciao Gino59, ti volevo fare una domanda, sempre che mi possa rispondere, mi hanno detto che per chi passa all'impiego civile pur conservando lo stipendio goduto in servizio, ha comunque una riduzione dovuta alla riduzione dei coefficenti, sai per caso di cosa si tratta? ovviamente parliamo di tutto ciò che sono gli assegni fissi e che poi vengono trasformati ad assegno a personam rispetto alla differenza del pari livello dell'impiegato civile puro. Cmq sono un Lgt MM con 32 anni di svc e penso che passerò all'impiego civile per completare tutto il periodo, anzchè, al contrario di come tutti fanno, andare in pensione, cio buona giornata.
panorama
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Re: Transito ruolo civile

Messaggio da panorama »

- ) - nota prot. MDGMILO IV1140144983 del 31 marzo 2011

- ) - circolare del Ministero della Difesa MDGMILO IV 1140086008 del 28 febbraio 2011.

- ) - percepire integralmente i compensi sostitutivi per ferie non godute anche durante il periodo di aspettativa ex lege n. 266/1999, d.lgs 66/2010 e D.M. 22680 del 18 aprile 2002.

1) - I ricorrenti militari sono stati giudicati dalla competente CMO permanentemente inidonei al servizio militare incondizionato e, conseguentemente, congedati.

2) - I predetti nei termini di legge presentavano istanza, a mente della normativa vigente ( oggi art. 930 del d.lgs 66/2010), per transitare nei corrispettivi ruoli civili del Ministero della Difesa.

3) - Nella more della definizione della prevista procedura per il transito nei ruoli civili i predetti venivano posti in aspettativa sino al giorno precedente l’assunzione in servizio nei citati ruoli.

4) - Rileva, di contro, il difensore che la situazione giuridica dei militari ricorrenti definita dall’amministrazione, nella circolare contestata, come “aspettativa tecnica” non è assimilabile alla aspettativa per infermità di servizio e risulta, invero, estranea e non prevista dall’ordinamento, “frutto di un’arbitraria costruzione dell’Amministrazione intimata…”.

IL TAR LAZIO precisa:

5) - E’ opportuno premettere che il procedimento di transito dei militari già in servizio permanente nei ruoli civili è disciplinato, tutt’ora, ai sensi dell’art. 2186 d.lgs cit., dal d.m. 18 aprile 2002, che, agli artt. 1 e 2, ha delineato l'ambito applicativo e le modalità puntuali del transito.

6) - Tale passaggio di ruolo costituisce, per il dipendente inidoneo al servizio militare, un vero e proprio diritto soggettivo ( Cons.St., sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4854) non limitabile neppure per evidenti ragioni organizzative ( Cons.St., sez. IV, 21 luglio 2009, n. 6951).

7) - Pertanto il transito nei ruoli civili del personale militare non idoneo costituisce una peculiare forma di trasferimento nell’ambito della stessa amministrazione ( Cons. St., sez.IV, 2 ottobre 2006, n. 5758).

8) - Ciò detto è opportuno ricordare che l’art. 11, comma 4, del DPR 11 settembre 2007, n. 171, ha precisato che, in caso di transito del personale militare non idoneo al servizio nei ruoli civili, è possibile il pagamento delle ferie non godute solo quando, nell’amministrazione di nuova destinazione, non è prevista la fruizione del congedo maturato e non fruito.

9) - Ebbene non consta dagli atti di causa, né i ricorrenti hanno fornito prova, che le ferie maturate nel periodo di aspettativa in attesa del transito di ruolo sono state, dall’amministrazione civile, negate.

10) - Infatti, secondo il riportato insegnamento giurisprudenziale il transito di ruolo non è altro che un peculiare trasferimento del dipendente che non estingue, né cancella il precedente rapporto giuridico, ma ne opera soltanto una sua modificazione, così che permangono inalterati tutti i diritti quesiti, compresi quelli di natura patrimoniale e previdenziale in precedenza ottenuti, nonché e a maggior ragione, le ferie già maturate.

11) - Era, pertanto, onere dei ricorrenti richiedere alla amministrazione civile di poter usufruire delle ferie non godute.

12) - Tale evenienza non risulta attivata dai ricorrenti, perché solo in caso di negativo riscontro dell’istanza poteva, infatti, reclamarsi il pagamento in termini sostitutivi del congedo non goduto, diversamente opinando verrebbe lasciato all’iniziativa dell’interessato se godere del congedo ovvero richiederne il pagamento.

N.B.: rileggi bene i nr. 9, 10, 11 e 12 di cui sopra.

Leggete cmq. il tutto qui sotto.

Ragazzi, allora datevi da fare.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201511199, - Public 2015-09-10 -


N. 11199/2015 REG.PROV.COLL.
N. 05709/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5709 del 2011, proposto da:
(congruo nr. di ricorrenti – OMISSIS per questione di spazio - ), tutti rappresentati e difesi dagli avv. Alessandra Angiuli, Stefano Moleas, con domicilio eletto presso Paolo Girolami in Roma, Via Vincenzo Picardi, 4;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato nel domicilio di Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
della nota prot. MDGMILO IV1140144983 del 31 marzo 2011, pervenuta ai ricorrenti il 7 aprile 2011; della circolare del Ministero della Difesa MDGMILO IV 1140086008 del 28 febbraio 2011; nonché per l’accertamento dei ricorrenti a percepire integralmente i compensi sostitutivi per ferie non godute anche durante il periodo di aspettativa ex lege n. 266/1999, d.lgs 66/2010 e D.M. 22680 del 18 aprile 2002.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2015 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti militari sono stati giudicati dalla competente CMO permanentemente inidonei al servizio militare incondizionato e, conseguentemente, congedati.

I predetti nei termini di legge presentavano istanza, a mente della normativa vigente ( oggi art. 930 del d.lgs 66/2010), per transitare nei corrispettivi ruoli civili del Ministero della Difesa.

Nella more della definizione della prevista procedura per il transito nei ruoli civili i predetti venivano posti in aspettativa sino al giorno precedente l’assunzione in servizio nei citati ruoli.

Con nota del 17 febbraio 2011 tutti i ricorrenti hanno diffidato la parte resistente perché fosse loro corrisposto il compenso maturato successivamente al giudizio di inidoneità al servizio militare incondizionato e, segnatamente, l’equivalente monetario del congedo ordinario non fruito nel periodo di aspettativa successiva alla accertata inidoneità.

La richiesta veniva respinta dall’amministrazione della difesa.

Avverso tale negativa determinazione sono insorti giudizialmente i ricorrenti con il ricorso oggetto del presente scrutinio.

In particolare la difesa ricorrente contesta l’interpretazione fornita al riguardo dalla p.a. che, mutuando il contenuto del provvedimento negativo dalle disposizioni contenute nella circolare ministeriale, anch’essa in questa sede censurata, ha ritenuto che il citato periodo di aspettativa non potesse comportare il pagamento del congedo ordinario non usufruito perché tale evenienza è limitata alle ipotesi in cui alla aspettativa segue la cessazione del servizio per ragioni indipendenti dalla volontà del militare mentre, nel caso in esame, tutti predetti sono transitati nei ruoli civili senza soluzione di continuità con il precedente servizio.

Rileva, di contro, il difensore che la situazione giuridica dei militari ricorrenti definita dall’amministrazione, nella circolare contestata, come “aspettativa tecnica” non è assimilabile alla aspettativa per infermità di servizio e risulta, invero, estranea e non prevista dall’ordinamento, “frutto di un’arbitraria costruzione dell’Amministrazione intimata…”.

Ne consegue che la mancata fruizione del congedo ordinario, nel periodo in cui i ricorrenti sono stati posti in aspettativa, deve essere congruamente ristorato con la corresponsione dell’equivalente monetario, proprio perché il congedo non è stato, dai predetti, goduto per motivi indipendenti dalla volontà di essi ricorrenti.

E’ opportuno premettere che il procedimento di transito dei militari già in servizio permanente nei ruoli civili è disciplinato, tutt’ora, ai sensi dell’art. 2186 d.lgs cit., dal d.m. 18 aprile 2002, che, agli artt. 1 e 2, ha delineato l'ambito applicativo e le modalità puntuali del transito.

Tale passaggio di ruolo costituisce, per il dipendente inidoneo al servizio militare, un vero e proprio diritto soggettivo ( Cons.St., sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4854) non limitabile neppure per evidenti ragioni organizzative ( Cons.St., sez. IV, 21 luglio 2009, n. 6951).

Pertanto il transito nei ruoli civili del personale militare non idoneo costituisce una peculiare forma di trasferimento nell’ambito della stessa amministrazione ( Cons. St., sez.IV, 2 ottobre 2006, n. 5758).

Ciò detto è opportuno ricordare che l’art. 11, comma 4, del DPR 11 settembre 2007, n. 171, ha precisato che, in caso di transito del personale militare non idoneo al servizio nei ruoli civili, è possibile il pagamento delle ferie non godute solo quando, nell’amministrazione di nuova destinazione, non è prevista la fruizione del congedo maturato e non fruito.

Ebbene non consta dagli atti di causa, né i ricorrenti hanno fornito prova, che le ferie maturate nel periodo di aspettativa in attesa del transito di ruolo sono state, dall’amministrazione civile, negate.

Infatti, secondo il riportato insegnamento giurisprudenziale il transito di ruolo non è altro che un peculiare trasferimento del dipendente che non estingue, né cancella il precedente rapporto giuridico, ma ne opera soltanto una sua modificazione, così che permangono inalterati tutti i diritti quesiti, compresi quelli di natura patrimoniale e previdenziale in precedenza ottenuti, nonché e a maggior ragione, le ferie già maturate.

Era, pertanto, onere dei ricorrenti richiedere alla amministrazione civile di poter usufruire delle ferie non godute.

Tale evenienza non risulta attivata dai ricorrenti, perché solo in caso di negativo riscontro dell’istanza poteva, infatti, reclamarsi il pagamento in termini sostitutivi del congedo non goduto, diversamente opinando verrebbe lasciato all’iniziativa dell’interessato se godere del congedo ovvero richiederne il pagamento.

Per tali ragioni il ricorso deve essere respinto.

Sussistono valide ragioni per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2015
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Re: Transito ruolo civile

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PolPen transitato nei ruoli civili.

Ricorso ACCOLTO per la P.P.O..
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1) - è stata respinta l'istanza, presentata dal ricorrente il 9 novembre 2006, di concessione della pensione privilegiata per l’infermità "stato d'ansia generalizzato" contratta durante il servizio prestato nel Corpo di Polizia Penitenziaria.

2) - In data 7 marzo 2006, fu sottoposto a visita collegiale presso la C.M.O. di Palermo che, ........ e giudicò l'interessato NON idoneo permanentemente al servizio d'Istituto e da collocare in congedo assoluto e SI idoneo al transito in altri ruoli dell'Amministrazione Penitenziaria o in altre Amministrazioni dello Stato.

3) - non è cessato dal servizio ma è transitato nel ruolo civile del medesimo Ministero, incorrendo, pertanto, nel divieto di cumulo tra pensione e stipendio, disciplinata dagli art. 133 e 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973.

4) - L’oggetto della presente controversia riguarda l’eventuale diritto del ricorrente, dipendente civile del Ministero della Giustizia, alla pensione privilegiata a causa dell’infermità contratta durante lo svolgimento del servizio nel Corpo della Polizia Penitenziaria.

La Corte dei Conti chiarisce:

5) - Pertanto, il passaggio del R. all'impiego “civile” ha determinato l'assoggettamento alle disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato, sicché il ricorrente è venuto a trovarsi in una condizione assolutamente diversa da quella da cui proveniva, essendo transitato ad un ruolo civile alle dipendenze della medesima Amministrazione della giustizia con una disciplina del rapporto di lavoro e contrattuale assolutamente diversa.

Cmq. per completezza leggete il contesto completo qui sotto.
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SICILIA SENTENZA 970 27/12/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 970 2016 RESPONSABILITA 27/12/2016



REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei conti
Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana

Il Giudice Unico delle Pensioni
Dott. Sergio Vaccarino ha pronunciato la seguente

SENTENZA 970/2016

sul ricorso in materia di pensione iscritto al n. 62403 del registro di segreteria, proposto da R. S. nato a OMISSIS, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Paolo Guerra e Maurizio Maria Guerra ed elettivamente domiciliato in Palermo, Via Marchese di Villabianca n. 82, presso lo Studio Legale Associato Guerra,

CONTRO
INPS (ex gestione INPDAP) Direzione Regionale Sicilia, rappresentata e difesa dall’avv. Tiziana Giovanna Norrito, giusta procura generale alle liti conferita con atto del Notaio Paolo Castellini del 21 luglio 2015, elettivamente domiciliato in Palermo, via F. Laurana 59;

VISTI il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205;

VISTI il ricorso e gli altri atti e documenti di causa.

Uditi all’udienza del 21 dicembre 2016, l’avv. Alessandro Maggio, per delega depositata degli avv.ti Paolo e Maurizio Maria Guerra, per il ricorrente e l’avv. Maria Grazia Sparacino, per delega orale dell’avv. Tiziana Giovanna Norrito per l’INPS.

FATTO

Con ricorso depositato in data 10 aprile 2015, il Sig. R. già Assistente Capo di Polizia Penitenziaria, dal 1987 fino al 3 novembre 2006, ricorre avverso la determinazione dell'INPS, gestione ex INPDAP, n. 42 del 6 marzo 2013, con la quale è stata respinta l'istanza, presentata dal ricorrente il 9 novembre 2006, di concessione della pensione privilegiata per l’infermità "stato d'ansia generalizzato" contratta durante il servizio prestato nel Corpo di Polizia Penitenziaria.

Riferisce il ricorrente che, in seguito alla domanda inoltrata il 26 febbraio 1999, la C.M.O. di Palermo con processo verbale n. 857 del 27 settembre 2000 riconosceva la dipendenza da causa di servizio dell’infermità "pregresso disturbo d'ansia" anche sulla scorta dei pareri favorevoli dell'Ufficio Sanitario dell'Ente di appartenenza e del Direttore della Casa Circondariale "Ucciardone" di Palermo e giudicò, comunque, il ricorrente idoneo al servizio d'Istituto.

Successivamente, il ricorrente, che usufruì di diversi periodi di malattia, fu sottoposto a numerose altre visite presso la CMO di Palermo che diagnosticò, nel tempo, “note d'ansia reattive - tratti ansiosi reattivi - note d'ansia reattive, note disforiche, lievi tratti di oppositività - sindrome ansiosa reattiva - sindrome ansioso depressiva reattiva - note d'ansia e note depressive reattive - iperemotività reattiva - personalità immatura con ambivalenza affettiva, tratti di disadattabilità e deflessione del tono dell'umore”.

In data 7 marzo 2006, fu sottoposto a visita collegiale presso la C.M.O. di Palermo che, con il verbale n. 123, diagnosticò: "personalità immatura con ambivalenza affettiva e con disadattabilità e lieve deflessione del tono dell'umore" e giudicò l'interessato NON idoneo permanentemente al servizio d'Istituto e da collocare in congedo assoluto e SI idoneo al transito in altri ruoli dell'Amministrazione Penitenziaria o in altre Amministrazioni dello Stato.

Detta infermità fu ascritta, ai fini della pensione privilegiata, alla Tabella A, VI categoria per anni quattro.

Infine, il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio nell’adunanza n. 26 del 30 gennaio 2012, si esprimeva negativamente in merito alla dipendenza da causa di servizio della predetta infermità.

Chiede, pertanto, nel merito, il riconoscimento della pensione privilegiata di VI categoria, tabella “A” a vita, con interessi e rivalutazione monetaria e, in linea subordinata, eventuale attività istruttoria tesa sia all’acquisizione di alcuni verbali di visite mediche collegiali analiticamente elencate nel ricorso, sia acquisizione di una CTU medico legale da effettuarsi da parte della Commissione Medico Legale presso questa Sezione.

In data 4 luglio 2016, si è costituito in giudizio l’INPS, depositando una memoria con la quale chiede il rigetto del ricorso.

Ad avviso dell’Istituto previdenziale mancherebbe, nella fattispecie, l’interesse ad agire del ricorrente atteso che lo stesso non è cessato dal servizio ma è transitato nel ruolo civile del medesimo Ministero, incorrendo, pertanto, nel divieto di cumulo tra pensione e stipendio, disciplinata dagli art. 133 e 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973.

In data 8 luglio 2016, parte ricorrente depositava in segreteria ulteriore memoria al fine di controdedurre alla difesa dell’INPS, affermando, la sussistenza dell’interesse ad agire del ricorrente e, conseguentemente, il diritto dello stesso alla percezione della pensione privilegiata in costanza di servizio, in quanto il passaggio dal ruolo militare a quello civile del Ministero della Giustizia ha implicato la costituzione di un diverso rapporto di servizio. Questa circostanza, ad avviso del difensore escluderebbe il divieto di cumulo di cui all’art. 133 del su citato d.P.R..

Insiste, pertanto, nelle richieste formulate con l’atto introduttivo.

Alla precedente udienza del 13 luglio 2016, questo giudicante emetteva ordinanza istruttoria n. 132/2016 con la quale chiedeva alla Commissione Medico Legale presso questa Sezione di esprimere il parere in ordine all’eventuale accertamento della dipendenza da causa di servizio delle lamentate infermità, indicando, eventualmente il corrispondente trattamento di privilegio, se spettante.

In data 27 settembre 2016 la Commissione Medico Legale depositava in cancelleria il richiesto parere.

In data 12 dicembre 2016, parte ricorrente depositava ulteriore memoria difensiva nella quale riproponeva le domande ed eccezioni formulate sia nel ricorso introduttivo che nella precedente memoria e insisteva nella richiesta di accoglimento del ricorso e nel rigetto dell’eccezione di prescrizione proposta dall’istituto previdenziale.

All’odierna pubblica udienza, l’avv. Maggio, per il ricorrente e l’avv. Sparacino, per l’INPS, insistevano nelle rispettive domande e la causa, pertanto, è stata posta in decisione.

DIRITTO

L’oggetto della presente controversia riguarda l’eventuale diritto del ricorrente, dipendente civile del Ministero della Giustizia, alla pensione privilegiata a causa dell’infermità contratta durante lo svolgimento del servizio nel Corpo della Polizia Penitenziaria.

A tal fine, è, pertanto, necessario accertare se nel caso di specie possa configurarsi un’ipotesi di divieto di cumulo, disciplinato dalle norme dianzi richiamate, tra pensione privilegiata e trattamento di attività.

L’art. 130 del D.P.R. n. 1092 del 1973 dispone che “E’ ammesso il cumulo, salvo quanto disposto negli articoli seguenti, di una pensione normale diretta o di un assegno equivalente con un trattamento di attività quando detti trattamenti derivino da servizi resi alle dipendenze di amministrazioni statali (….)”.

La norma, pertanto, nell’affermare il principio generale della legittimità del cumulo fra trattamento pensionistico e trattamento di attività, puntualizza l’esistenza di deroghe: “salvo quanto disposto nei seguenti articoli”.

Infatti, il primo comma del successivo art. 133 afferma che “il cumulo dei trattamenti di cui al primo comma dell’art. 130 (pensione e trattamento di attività) non è ammesso nei casi in cui il nuovo rapporto costituisce derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente che ha dato luogo alla pensione”.

Il terzo comma afferma che “nei casi in cui il precedente rapporto abbia dato titolo alla liquidazione di un trattamento di pensione, il trattamento stesso è sospeso”.

Dall’esegesi delle predette norme se ne ricava il principio che l’esistenza di una derivazione genetica del nuovo rapporto di lavoro con il vecchio, esclude in radice la cumulabilità dei due trattamenti di attività e di pensione, trovando applicazione la riunione o ricongiunzione dei servizi di cui all’art. 131.

Per quanto concerne le pensioni privilegiate, l’art.139 dispone che “la pensione privilegiata o l’assegno rinnovabile sono cumulabili con un trattamento di attività, ovvero con un altro trattamento pensionistico derivante da un rapporto di servizio diverso da quello che ha dato luogo alla pensione o all’assegno anzidetti”.

Pertanto, dal combinato disposto degli artt. 133 e 139 del testo normativo su citato consegue che la pensione privilegiata è cumulabile con un trattamento di attività, ovvero con un altro trattamento pensionistico normale, soltanto se questi ultimi afferiscono ad un rapporto di servizio diverso da quello che ha dato luogo alla pensione, laddove, invece, non è cumulabile qualora ne sia derivazione o continuazione.

Il secondo comma del predetto art. 133 elenca tutta una serie di ipotesi in cui viene confermato il divieto di cumulo, escludendo, per ciò stesso, la “diversità del rapporto”.

Da quanto sopra sono gli artt. 130 e 133, comma 2 cui si deve fare riferimento al fine di dare una connotazione giuridica al concetto di “diverso rapporto”, al fine di escludere la relazione genetica tra vecchio e nuovo rapporto di lavoro.

Come affermato dalle Sezioni Riunite di questa Corte nella sentenza n. 21/QM/1998, “il rapporto di natura diversa, che non esclude il diritto al cumulo, va individuato in termini derogatori nell’ambito del più esteso genere dei rapporti derivati”, nel senso che la norma permissiva di cui all’art. 139 “si caratterizza come deroga al criterio del divieto e introduce una condizione speciale della natura affatto nuova del rapporto quand’anche derivata: la diversità”.

La citata sentenza delle Sezioni Riunite afferma che “rapporto diverso non può essere inteso come rapporto non derivato, altrimenti la norma con diversa previsione non avrebbe significato”, in quanto la diversità “va individuata come specificazione nell’ambito derivato, essendo già fuori del divieto i rapporti non derivati”.

Conseguentemente, il “rapporto diverso” deve essere individuato nella concreta disciplina del nuovo rapporto in termini oggettivi avuto riguardo alla natura della prestazione e allo status del dipendente.

Nel caso di specie, non appare revocabile in dubbio che il rapporto d’impiego civile che lega il R. al Ministero della Giustizia sia derivato dal precedente rapporto nel Corpo della Polizia Penitenziaria dipendente dalla medesima Amministrazione e tra il trattamento pensionistico privilegiato e il trattamento di attività, sussista una relazione genetica.

Va, inoltre, sottolineato che, sebbene il Corpo di polizia penitenziaria, al pari della polizia di Stato sia stato smilitarizzato, i loro appartenenti sono pur sempre soggetti alla speciale disciplina che regola il rapporto di lavoro della forze di Polizia.

Infatti, ai sensi dell’art. 1, comma 2 della legge 15 dicembre 1990 n. 395, il Corpo di polizia penitenziaria “(…..) ha ordinamento, organizzazione e disciplina rispondenti ai propri compiti istituzionali.

Il successivo terzo comma afferma che “Ferme restando le proprie attribuzioni, il Corpo fa parte delle forze di polizia”.

Trattasi, pertanto, di un rapporto di lavoro estremamente gerarchizzato che prevede, tra l’altro, l’obbligo di permanenza e di reperibilità, doveri di subordinazione e soprattutto la sottoponibilità alle speciali norme disciplinari e penali di cui al capo sesto, articoli 70 e seguenti della legge n. 121 del 1981, applicabile per espressa previsione della medesima legge.

La specialità e “diversità” del rapporto può essere rinvenuta pure nella circostanza che il trattamento economico del personale del Corpo è equiparato a quello previsto per gli appartenenti alla Polizia di Stato, appartenendo allo stesso “comparto sicurezza” e non a quello previsto per i dipendenti civili dello Stato

Pertanto, il passaggio del R. all'impiego “civile” ha determinato l'assoggettamento alle disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato, sicché il ricorrente è venuto a trovarsi in una condizione assolutamente diversa da quella da cui proveniva, essendo transitato ad un ruolo civile alle dipendenze della medesima Amministrazione della giustizia con una disciplina del rapporto di lavoro e contrattuale assolutamente diversa.

Inoltre, con la nota operativa n. 27 del 25 luglio 2007, applicabile ratione temporis, l’Inpdap detta disposizioni applicative per la concessione della pensione di privilegio al personale appartenente alle forze di polizia ad ordinamento civile affermando che:

“Nei confronti del personale dei ruoli della Polizia di Stato, del Corpo della Polizia penitenziaria del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché per il personale del Corpo forestale dello Stato appartenente ai ruoli degli agenti ed assistenti dei sovrintendenti e degli ispettori, dichiarato non idoneo all'espletamento del servizio di istituto, specifiche disposizioni normative (rispettivamente DPR 24 aprile 1982, n. 339, D. lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, DPR 10 aprile 19841 n. 210, D.M. 7 ottobre 2005, n. 228 nonché articolo 134 del D. lgs. 13 ottobre 2005, n. 217) disciplinano il passaggio ad altri ruoli della medesima amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche.

Ai fini che qui interessano si rappresenta che l'interessato ha facoltà di chiedere, per il servizio prestato presso l'Amministrazione di provenienza, il trattamento pensionistico privilegiato per le infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio quando tale passaggio è avvenuto con cessazione o cancellazione dai ruoli dell'amministrazione di appartenenza; tale pensione di privilegio è cumulabile con il trattamento di attività, a norma dell'articolo 139 del DPR n. 1092/1973”.

Conseguentemente il rapporto di impiego civile del ricorrente, pur proveniente dal presupposto rapporto di servizio nella forza di polizia rientra a pieno titolo nella ipotesi di diversità del rapporto di cui al già citato art. 139 del d.P.R. n. 1092 del 1973.

Pertanto, l’eccezione, proposta dall’Istituto resistente, di inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse fondata sulla non cumulabilità del trattamento privilegiato con altro trattamento di attività, va rigettata.

Superato, per quanto sopra esposto, il predetto problema della incumulabilità dei trattamenti, deve, ora, essere verificato il diritto del ricorrente all’ottenimento della pensione privilegiata ordinaria con riferimento alla sussistenza del requisito della dipendenza da causa di servizio dell’infermità e la sua ascrivibilità a categoria di pensione.

In considerazione della questione eminentemente tecnica, questo giudicante affidava alla Commissione Medico Legale la redazione della relativa consulenza tecnica.

Nel parere n. R/3843/2016 del 27 settembre 2016 l’Organo di consulenza afferma che l’infermità “disturbo d’ansia generalizzato”, riconosciuta nel 1999, non andò mai in remissione definitiva. Infatti il ricorrente fu sottoposto a più visite collegiali e dalle diagnosi poste si rileva come nel tempo le note d'ansia reattiva assunsero i connotati di sindrome ansiosa reattiva e poi di sindrome ansioso depressiva reattiva. L'ultima diagnosi collegiale posta fu di personalità immatura con ambivalenza affettiva, tratti di disadattabilità e deflessione del tono dell'umore.

Ebbene, ad avviso della CML, la personalità immatura è inquadrabile nel capitolo dei disturbi di personalità che si evidenziano già dall’infanzia, sono presenti per tutta la vita e, conseguentemente, si sarebbero dovuti rivelare all’arruolamento e non dopo circa vent’anni di servizio. Pertanto, ritiene che l'infermità del ricorrente fosse meglio inquadrabile come disturbo d'ansia generalizzato, diagnosi già posta nel 1999, riformulata per diversi anni dal 2000 in poi e, ancora, nel referti del 2012, del 2014 e del 2016.

Nel caso in esame, in considerazione del servizio svolto dal ricorrente, caratterizzato da turnazioni e dal contatto diretto con i detenuti, molti dei quali particolarmente pericolosi, da mansioni particolarmente delicate e stressanti specie dal punto di vista psichico e da eventi di pericolo, come le numerose minacce subite e la tragica morte di un collega, la CML ritiene che il servizio “abbia potuto costituire un insulto psichico tale da determinare l'infermità personalità immatura con ambivalenza affettiva e con disadattabilità e lieve deflessione del tono dell'umore meglio inquadrabile, per le motivazioni suddette, come disturbo d'ansia generalizzato.

Pertanto, può essere riconosciuta la dipendenza dell’infermità da causa di servizio e la sua ascrivibilità, alla data del congedo assoluto, alla Tab. A, VI categoria per anni quattro e, successivamente, Tab. A VIII categoria a vita.

Per quanto sopra esposto, questo Giudice condivide il parere espresso dalla Commissione Medico Legale presso questa Sezione che appare correttamente formulato e supportato dalla scienza medica e dalla documentazione presente in atti.

Pertanto, la pretesa pensionistica dell’odierno ricorrente va accolta e riconosciuto il suo diritto alla corresponsione della pensione privilegiata di cui alla Tab. A, VI categoria per anni quattro e successivamente Tab. A, VIII categoria a vita, a decorrere dalla data del congedo (3 novembre 2006).

Rigetta, altresì, l’eccezione di prescrizione proposta dall’INPS considerato che tra la determinazione negativa impugnata e la data di notifica del presente ricorso non è maturato il termine quinquennale di prescrizione.

Le somme dovute a titolo di arretrati vanno maggiorate con il calcolo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 429, comma 3, c. p. c., tenendo conto dei principi enunciati dalla sentenza delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002, sino al soddisfo.

In relazione alle spese di giudizio, attesa la complessità della questione trattata, ritiene questo Giudice, che sussistano gli eccezionali e giustificati motivi per ritenerle compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana in funzione di Giudice Unico delle Pensioni , definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso come in motivazione e dichiara:

1) il diritto del ricorrente al cumulo del trattamento pensionistico privilegiato con il trattamento di attività ai sensi dell’art. 139 del d.P.R. n. 1092 del 1973;

2) il diritto del ricorrente, a decorrere dal 3 novembre 2006, alla pensione privilegiata di cui alla Tab. A, VI categoria per anni quattro e successivamente Tab. A, VIII categoria a vita.

Le somme dovute a titolo di arretrati vanno maggiorate con il calcolo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 429, comma 3, c. p. c., tenendo conto dei principi enunciati dalla sentenza delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002, sino al soddisfo.

Spese compensate.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 21 dicembre 2016.
IL GIUDICE
F.to Sergio Vaccarino

Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 21 dicembre 2016

Pubblicata in Palermo il 27 dicembre 2016

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F.to Piera Maria Tiziana Ficalora
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Re: Transito ruolo civile

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Il Ministero della Difesa vince l'Appello al CdS.
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1) - L’art. 2 disciplina le modalità di transito e, al comma 9, dispone che “il militare trasferito nei ruoli del personale civile del Ministero della difesa non può essere riammesso nel ruolo di provenienza”.

2) - maggiore degli Alpini, è stato collocato in congedo assoluto per inidoneità al servizio militare incondizionato in data 28 giugno 2007 e quindi - con provvedimento del 19 dicembre 2008 - è transitato nelle corrispondenti aree amministrative del personale civile del Ministero della difesa con la qualifica di direttore di amministrazione.

3) - Il signor Camilleri ha chiesto la riammissione in servizio nell’Esercito con istanza del 28 gennaio 2011, respinta in base all’art. 2, comma 9, del decreto del Ministro della difesa 18 aprile 2002, n. 22680.

4) - Come è messo in luce nei precedenti specifici in materia, dai quali non vi è ragione per discostarsi [C.G.A.R.S. 16 febbraio 2011, n. 135, Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2225; Cons. Stato, sez. IV, 6 luglio 2017, n. 3330; alle quali decisioni si rinvia anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.],
l'ordinamento militare non contempla la possibilità che un militare cessato dal servizio permanente a domanda possa esservi in seguito riammesso.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201802514
- Public 2018-04-26 –


Pubblicato il 26/04/2018

N. 02514/2018 REG. PROV. COLL.
N. 02469/2013 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2469 del 2013, proposto dal Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
Loris Camilleri, rappresentato e difeso dagli avvocati Claudio Pipitone Federico, Carlo Marzano, Umberto Giardini, con domicilio eletto presso lo studio Carlo Marzano in Roma, via Sabotino, 45;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sezione I bis, 15 novembre 2012, n. 9416.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Loris Camilleri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato Carlo Marzano e l'avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor Loris Camilleri, maggiore degli Alpini, è stato collocato in congedo assoluto per inidoneità al servizio militare incondizionato in data 28 giugno 2007 e quindi - con provvedimento del 19 dicembre 2008 - è transitato nelle corrispondenti aree amministrative del personale civile del Ministero della difesa con la qualifica di direttore di amministrazione.

2. Il signor Camilleri ha chiesto la riammissione in servizio nell’Esercito con istanza del 28 gennaio 2011, respinta in base all’art. 2, comma 9, del decreto del Ministro della difesa 18 aprile 2002, n. 22680.

3. Avverso il diniego il signor Camilleri ha proposto ricorso gerarchico, dichiarato inammissibile in data 19 luglio 2011.

4. Egli ha impugnato il provvedimento di diniego, quello di reiezione del ricorso gerarchico e in parte qua il presupposto decreto ministeriale n. 22680/2002 formulando un ricorso che il T.A.R. per il Lazio, sez. I bis, ha accolto con sentenza 15 novembre 2012, n. 9416, condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio.

5. Il Tribunale regionale ha ritenuto che il citato decreto ministeriale - là dove prevede che “il militare trasferito nei ruoli del personale civile del Ministero della difesa non può essere riammesso nel ruolo di provenienza” - sarebbe illegittimo per contrasto con i principi enunciati in tema di riassunzione in servizio dalla Corte costituzionale (sentenze 26 gennaio 1994, n. 3, e 13 novembre 2009, n. 294), che avrebbero dovuto orientare l’esercizio della potestà regolamentare attribuita dall’art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266. Ferma restando l’inesistenza di un diritto soggettivo alla riammissione, sarebbe irragionevole una disciplina che privi l’Amministrazione di qualsiasi valutazione circa la sussistenza in concreto dell’interesse pubblico ad avvalersi nuovamente della prestazione di lavoro del richiedente, mentre non vi sarebbero motivi per non applicare la norma dell’art. 132 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (testo unico del pubblico impiego).

6. Il Ministero della difesa ha interposto appello avverso la sentenza n. 9416/2012, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva.

7. L’Amministrazione appellante sostiene che:

- la decisione di primo grado non avrebbe tenuto conto delle peculiarità del rapporto di impiego del personale militare che - come risulterebbe dal sistema delineato dalla complessiva normativa vigente - sarebbe tale da integrare uno specifico e particolare status, acquisito unicamente all’atto dell’arruolamento;

- la disposizione primaria che prevede il transito nei ruoli civili dei soggetti divenuti inidonei (art. 14, comma 5, della legge n. 266/1999) sarebbe norma speciale attributiva di un vantaggio e non suscettibile di applicazioni estensive, non avendo ragion d’essere per il passaggio inverso anche in considerazione degli effetti potenzialmente dirompenti che potrebbe comportare un tale rientro nei ranghi;

- l’art. 132 t.u. riguarderebbe i soli impiegati civili dello Stato e non sarebbe estensibile per analogia a un rapporto di lavoro (quello militare) oggetto di una normativa speciale e organica, così come espressamente sancito dall’art. 19 della legge 4 novembre 2010, n. 19;

- diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, tale restrizione della riammissione in servizio sarebbe costituzionalmente legittima alla luce dei pertinenti precedenti della Corte costituzionale, orientati a valorizzare la peculiarità di determinati status (ord. 30 gennaio 2002, n. 10, in tema di magistrati cessati a domanda dal servizio; ord. 25 novembre 2005, n. 430, in tema di ufficiali cessati a domanda dal servizio permanente).

8. Con ordinanza 2 maggio 2013, n. 1588, la Sezione ha accolto la domanda cautelare, sospendendo l’efficacia della sentenza impugnata.

9. La parte privata si è costituita in giudizio con un nuovo difensore e ha depositato una memoria.

10. All’udienza pubblica del 12 aprile 2018, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

11. L’art. 1, comma 1, del decreto ministeriale n. 22680/2002 stabilisce che:

“Il personale delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio transita, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, secondo la corrispondenza definita nell'annessa tabella A, sempreché l'infermità accertata ne consenta l'ulteriore impiego”.

12. L’art. 2 disciplina le modalità di transito e, al comma 9, dispone che “il militare trasferito nei ruoli del personale civile del Ministero della difesa non può essere riammesso nel ruolo di provenienza”.

13. Il decreto ministeriale è stato adottato sulla base dell’art. 19, comma 5, della legge n. 266/1999 ed è sopravvissuto alla parziale abrogazione della norma primaria (con unica salvezza del personale della Guardia di finanza) disposta dal codice dell’ordinamento militare (artt. 2268 e 2269) a partire dalla sua entrata in vigore (art. 2272: cinque mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, avvenuta sul n. 106 dell’8 maggio 2010).

14. Sulla base della disposizione del d.m., l’Amministrazione ha rigettato l’istanza dell’originario ricorrente, volta a ottenere la riammissione nei ruoli militari.

15. L’appello è fondato e merita di essere accolto.

16. Come è messo in luce nei precedenti specifici in materia, dai quali non vi è ragione per discostarsi [C.G.A.R.S. 16 febbraio 2011, n. 135, Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2225; Cons. Stato, sez. IV, 6 luglio 2017, n. 3330; alle quali decisioni si rinvia anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.], l'ordinamento militare non contempla la possibilità che un militare cessato dal servizio permanente a domanda possa esservi in seguito riammesso.

17. A tale riguardo:

a) non valgono in termini generali gli articoli 961 e 935 bis c.o.m., recanti norme palesemente eccezionali, come tali insuscettibili di interpretazione analogica;

b) neppure potrebbe essere valorizzato l'art. 795 c.o.m., in quanto disposizione che si limita a dettare le modalità operative e concrete della "riammissione in ruolo" di militari in precedenza cessati e che, pertanto, non ha autonoma portata innovativa sulla ipotetica ammissibilità di tale "riammissione in ruolo" (fattispecie, oltretutto, non solo lessicalmente diversa dall'anelata "riammissione in servizio");

c) visto il carattere tendenzialmente compiuto e autosufficiente dell’ordinamento militare - diverso da quello proprio del Corpo di Polizia penitenziaria (su cui Corte cost. n. 249/2009) che, pur nelle sua specificità, si muove tendenzialmente sul piano della disciplina comune del pubblico impiego - non può trovare spazio di applicazione l’art. 132 del t.u. n. 3/1957, che prevede la generale possibilità di riammissione in servizio per gli impiegati civili dello Stato, poiché le norme dell'ordinamento militare "non solo derogano a quelle poste per la generalità degli impiegati dello Stato, ma si configurano come un sistema di rapporti sostanzialmente diverso e chiuso rispetto alle immissioni della disciplina comune" (C.G.A.R.S. n. 135/2011);

d) tale disciplina è costituzionalmente legittima, dal momento:

“che la normativa sul rapporto di impiego degli ufficiali delle Forze armate in servizio permanente, nel regolare la cessazione dal servizio permanente a domanda dell'interessato, ignora del tutto l'istituto della riammissione in servizio, nel senso che non detta un'autonoma disciplina né contiene, in proposito, norme di rinvio a quella vigente per il personale civile dello Stato, e questo silenzio del legislatore viene non implausibilmente inteso dal giudice remittente come disconoscimento dei presupposti essenziali perché possa disporsi la ricostituzione del rapporto d'impiego con l'ufficiale che sia cessato dal servizio a domanda;

che la mancata previsione di questa possibilità rinviene la propria ratio nel particolare status dell'ufficiale in servizio permanente, per il quale il legislatore prevede peculiari forme di selezione attitudinale, di addestramento e di formazione professionale, in connessione con i compiti che la Repubblica assegna alle Forze armate …;

che - premesso che non è consentito al controllo di costituzionalità di travalicare nel merito delle opzioni legislative (sentenza n. 5 del 2000) - deve escludersi che la norma denunciata [art. 43, secondo comma, della legge 10 aprile 1954, n. 113 (Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), nella parte in cui non prevede che l'Amministrazione della difesa possa riassumere in servizio l'ufficiale cessato a domanda dal servizio permanente effettivo e collocato in congedo] sia manifestamente irragionevole o arbitraria o contrasti con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, tenuto conto che al legislatore ordinario spetta un'ampia discrezionalità nella materia dell'inquadramento e dell'articolazione delle carriere degli ufficiali, e che la riammissione in servizio di colui che abbia cessato di far parte, in seguito a sua domanda, di un'amministrazione, non costituisce un istituto caratterizzante” (Corte cost., n. 430/2005);

e) alla luce di tali considerazioni, la disposizione regolamentare, posta a base dei provvedimenti amministrativi impugnati e censurata dal T.A.R., non appare in contrasto con i principi enunciati dal giudice delle leggi né rappresenta “lo sbocco di un irragionevole esercizio della discrezionalità amministrativa”.

18. In conclusione, come anticipato, l’appello dell’Amministrazione è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

19. Considerata la natura della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Antonino Anastasi





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Re: Transito ruolo civile

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Ricorso Accolto.
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1) - diritto soggettivo del ricorrente a percepire tutte le somme non corrisposte a titolo di retribuzione mensile durante il periodo di aspettativa, eccedente i centocinquanta giorni dalla domanda di transito, in attesa di transito all’impiego civile

2) - tutte le somme non versate, quantificate in euro 31.840,80 o la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, durante il periodo di aspettativa eccedente i centocinquanta giorni dalla domanda di transito, in attesa del transito all’impiego civile con interessi e rivalutazione del credito fino al soddisfo del credito medesimo;

3) - In data 17.06.2008, …….., il ricorrente veniva dichiarato non idoneo permanentemente al servizio militare, ma idoneo ai ruoli civili dell’Amministrazione.

4) - In data 14.07.2008,...., il ricorrente presentava formale istanza di autorizzazione al transito nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa

5) - Con provvedimento del 22.06.2009, dodici mesi dopo la ricezione della domanda, l’Amministrazione autorizzava il transito ..... all’impiego civile.

6) - Il ricorrente, decorsi diciotto mesi dalla ricezione da parte dell’Amministrazione della domanda di transito, sottoscriveva quindi il nuovo contratto di lavoro in data 15.12.2009 e veniva inquadrato …. nei ruoli civili dello Stato Maggiore della Marina;

7) - Con atto datato 26.09.2013 il sig. …. proponeva ricorso ex art. 414 c.p.c al Tribunale civile di Roma chiedendo la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione delle somme a lui spettanti e non percepite durante il periodo di aspettativa.

8) - Con sentenza n.1890/2016 il Giudice del Lavoro si pronunciava esclusivamente sulle richieste relative al mese di dicembre 2009, quando già ...... era passato nei ruoli civili, mentre veniva dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario in relazione alle somme dovute prima del transito.

9) - Il ricorrente, quindi, presentava l’odierno ricorso al T.A.R., chiedendo l’accertamento del proprio diritto a percepire le somme spettanti a titolo di retribuzione mensile, con esclusivo riferimento al periodo eccedente i centocinquanta giorni previsti …….. per il perfezionamento dell’iter burocratico della pratica di transito, fino alla sottoscrizione del nuovo contratto di lavoro e alla presa di servizio nei ruoli civili.

10) - Il ricorrente chiedeva, in particolare, la condanna del Ministero della Difesa alla restituzione di tutte le somme non corrisposte a titolo di emolumenti mensili, dal 14.12.2008 al 15.12.2009, per un totale di € 31.840,80, o per le maggiori o minori somme ritenute di giustizia, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria fino all’effettiva soddisfazione del credito.

Cmq. leggete tutto il contesto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di VENEZIA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201800617, - Public 2018-06-07 -

Pubblicato il 07/06/2018

N. 00617/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00581/2016 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 581 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Laura Lieggi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Venezia, domiciliata ex lege in Venezia, San Marco, 63;

per l’accertamento
del diritto soggettivo del ricorrente a percepire tutte le somme non corrisposte a titolo di retribuzione mensile durante il periodo di aspettativa, eccedente i centocinquanta giorni dalla domanda di transito, in attesa di transito all’impiego civile;

con conseguente condanna
del Ministero della Difesa a corrispondere tutte le somme non versate, quantificate in euro 31.840,80 o la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, durante il periodo di aspettativa eccedente i centocinquanta giorni dalla domanda di transito, in attesa del transito all’impiego civile con interessi e rivalutazione del credito fino al soddisfo del credito medesimo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2018 la dott.ssa Silvia De Felice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso indicato in epigrafe il sig. -OMISSIS- evidenziava di aver prestato servizio -OMISSIS- di prima classe in servizio permanente effettivo.

2. Il ricorrente veniva collocato in aspettativa, per motivi di salute, e durante tale periodo la sua retribuzione veniva progressivamente decurtata, fino al totale azzeramento, in applicazione di quanto previsto dall’ art. 26 della legge n. 187/1976.

3. In data 17.06.2008, a seguito di accertamenti sanitari, il ricorrente veniva dichiarato non idoneo permanentemente al servizio militare, ma idoneo ai ruoli civili dell’Amministrazione.

4. In data 14.07.2008, pertanto, il ricorrente presentava formale istanza di autorizzazione al transito nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 14, co. 5°, della legge 28 luglio 1999, n. 266 - norma oggi trasfusa nell'art. 930 del Codice dell'Ordinamento Militare, emanato con D.Lgs. n. 66/2010 - e dell’art. 1, del D.M. 18 aprile 2002.

5. Con provvedimento del 22.06.2009, dodici mesi dopo la ricezione della domanda, l’Amministrazione autorizzava il transito del ricorrente all’impiego civile.

6. Il ricorrente, decorsi diciotto mesi dalla ricezione da parte dell’Amministrazione della domanda di transito, sottoscriveva quindi il nuovo contratto di lavoro in data 15.12.2009 e veniva inquadrato come “assistente amministrativo” nei ruoli civili dello Stato Maggiore della Marina;

7. Con atto datato 26.09.2013 il sig. -OMISSIS- proponeva ricorso ex art. 414 c.p.c al Tribunale civile di Roma chiedendo la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione delle somme a lui spettanti e non percepite durante il periodo di aspettativa.

8. Con sentenza n.1890/2016 il Giudice del Lavoro si pronunciava esclusivamente sulle richieste relative al mese di dicembre 2009, quando già il sig. -OMISSIS- era passato nei ruoli civili, mentre veniva dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario in relazione alle somme dovute prima del transito.

9. Il ricorrente, quindi, presentava l’odierno ricorso al T.A.R., chiedendo l’accertamento del proprio diritto a percepire le somme spettanti a titolo di retribuzione mensile, con esclusivo riferimento al periodo eccedente i centocinquanta giorni previsti dall’art. 2 comma 4 del D.M. del 18.04.2002 per il perfezionamento dell’iter burocratico della pratica di transito, fino alla sottoscrizione del nuovo contratto di lavoro e alla presa di servizio nei ruoli civili.

11. Il ricorrente chiedeva, in particolare, la condanna del Ministero della Difesa alla restituzione di tutte le somme non corrisposte a titolo di emolumenti mensili, dal 14.12.2008 al 15.12.2009, per un totale di € 31.840,80, o per le maggiori o minori somme ritenute di giustizia, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria fino all’effettiva soddisfazione del credito.

12. Si costituiva il Ministero della Difesa che:

- in via principale, contestava la configurabilità del diritto del ricorrente a percepire una qualsiasi retribuzione durante tutto il periodo di aspettativa e comunque sino all’effettiva sottoscrizione del nuovo contratto di lavoro;

- in via subordinata, affermava che tale diritto possa al massimo essere configurabile per il periodo eccedente i 150 giorni previsti per la conclusione del procedimento di transito, ma non oltre la data di adozione del provvedimento di autorizzazione allo stesso.

13. Alla Pubblica Udienza del 9 maggio 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Prima di passare ad esaminare il ricorso nel merito, osserva il Collegio che la presente controversia riguarda la fase non contrattualizzata del rapporto di pubblico impiego del ricorrente, sottoposta al regime di diritto pubblico e in quanto tale rientrante nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. i) c.p.a.

Il ricorso deve ritenersi fondato per le ragioni di seguito indicate.

In via preliminare, l’Avvocatura ha eccepito il formarsi del giudicato sulle somme spettanti al sig. -OMISSIS- per il mese di dicembre 2009, in forza della sentenza pronunciata dal Giudice del Lavoro, n. 1890/2016.

Tale eccezione, tuttavia, non merita accoglimento.

Infatti, la decisione del Giudice del Lavoro, pur riferendosi in modo generico al mese di dicembre 2009, ha avuto ad oggetto solo ed esclusivamente le somme spettanti al sig. -OMISSIS- a titolo di corrispettivo dopo la sottoscrizione del nuovo contratto di lavoro, con riferimento alla prestazione lavorativa svolta nei ruoli civili. Infatti, solo in relazione a tale rapporto era configurabile la giurisdizione del Giudice Ordinario adito.

Al contrario, per quella parte del mese di dicembre 2009 durante la quale il sig. -OMISSIS- si trovava ancora inquadrato nei ruoli militari del Ministero della Difesa, il Giudice Ordinario ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e non si è quindi pronunciato. Pertanto, non può ritenersi formato il giudicato con riferimento alle somme eventualmente spettanti all’odierno ricorrente per il periodo in cui si trovava ancora nei ruoli militari.

Per tali ragioni deve essere respinta l’eccezione sollevata dall’Avvocatura.

Ciò premesso, ai fini del corretto inquadramento della vicenda, occorre brevemente delineare il quadro normativo di riferimento.

L’articolo art. 14 della legge 266/99 - oggi confluito nell’art. 930 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n.66/2010 “Codice dell’ordinamento militare” - prevede che “il personale delle Forze armate giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, transita nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della difesa, secondo modalità e procedure definite con decreto del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della pubblica amministrazione”.

Il procedimento di transito viene quindi disciplinato in modo puntuale dal D.M. del 18.04.2002, ancora in vigore per effetto di quanto disposto dall’art. 186, comma 2 del già citato D.Lgs. n. 66/2010.

In particolare, all’art. 2, comma 4 di tale decreto si stabilisce che “l’amministrazione è tenuta a pronunciarsi entro centocinquanta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza. Qualora entro il predetto termine l’amministrazione non si sia pronunciata, l’istanza si intende accolta”.

Inoltre, la medesima norma, al successivo comma 7, prevede che “in attesa delle determinazioni dell’amministrazione in ordine all’accoglimento della domanda il personale è considerato in aspettativa, con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità”.

La normativa appena richiamata prevede pertanto un’ipotesi di silenzio-assenso, posto che, una volta trascorso il termine massimo di conclusione del procedimento, la domanda di transito deve intendersi accolta.

La tesi di parte ricorrente si fonda sull’assunto che ogni eventuale decurtazione del trattamento economico operata durante il periodo di aspettativa, in applicazione della normativa richiamata, diviene illegittima una volta trascorsi inutilmente i 150 giorni previsti dalla legge per la conclusione del procedimento di transito nei ruoli civili, dopo che si è formato il silenzio-assenso ed è stato quindi autorizzato il transito.

Tale argomentazione è condivisibile.

Infatti, ritiene il Collegio che la legge abbia posto termini precisi per la conclusione del procedimento di transito e abbia previsto il meccanismo del silenzio-assenso, al fine di assicurare una tutela effettiva e forte agli interessi primari dei privati coinvolti in fattispecie del genere.

Pertanto, per giurisprudenza ormai consolidata, durante il periodo di 150 giorni previsto dalla legge per la conclusione del procedimento, sono ritenute legittime eventuali decurtazioni del trattamento economico, operanti al momento in cui viene espresso il giudizio di non idoneità lavoratore e legate proprio a tale condizione di inidoneità e alla conseguente collocazione in aspettativa (Cfr. ex multis T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 12.12.2017, n. 12259).

Ciò premesso, occorre altresì precisare che il dipendente è titolare di un vero e proprio diritto soggettivo al transito, che deriva dal giudizio positivo formulato dalla Commissione medico-ospedaliera, unico organo abilitato a valutare l'idoneità al servizio civile (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 29.09.2015, n. 11436; Cons. Stato, sez. IV, 31.07.2009, n. 4854). Inoltre, come rilevato da condivisibile giurisprudenza, il Ministero della Difesa, al quale viene richiesto il transito al servizio civile da parte del militare non più idoneo al servizio militare incondizionato, non è titolare di un potere di natura discrezionale nel valutare l'istanza presentata. Infatti, ove ricorrano i presupposti di fatto stabiliti dalla legge, il transito deve essere autorizzato (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 29.09.2015, n. 11436, cit.; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 08.11.2006, n. 12139 e T.A.R. Sardegna, sez. I, 01.02.2010, n. 108).

Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che, una volta scaduto tale termine, con il tacito accoglimento dell’istanza di transito, deve essere riconosciuto anche il diritto del soggetto a percepire il trattamento economico in godimento prima della fase di aspettativa, senza alcuna decurtazione (Cfr. ex multis Tar Campania, Napoli, VI, 09.05.2017, n. 2465; Tar Puglia, Lecce, 09.07.2015, n. 2266).

In sostanza, la legge ha espressamente previsto che l’aspettativa possa avere una durata massima di 150 giorni, durante i quali la posizione del dipendente rimane sospesa, in una posizione di attesa, e durante i quali sono quindi ammesse le decurtazioni stipendiali legate a tale accertata situazione di inidoneità al servizio del lavoratore. Tuttavia, con il formarsi del silenzio-assenso e con il conseguente accoglimento dell’istanza di transito, cessa tale situazione di sospensione, tipica del periodo di aspettativa, e di fatto viene superata la condizione di inidoneità al servizio che ha inizialmente giustificato le decurtazioni di cui all’art. 26, comma 1 della legge 05 maggio 1976 n.187. Si deve pertanto ritenere che “con l’accettazione (tacita) al transito, il rapporto di lavoro si ricostituisce sotto altre forme e non può risentire dell’inidoneità, e neppure del corrispettivo a quella correlato” (Cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 03.04.2013 n. 998). Il dipendente viene nuovamente riconosciuto idoneo al servizio (nei ruoli civili), con il conseguente diritto a sottoscrivere immediatamente il nuovo contratto di lavoro, ovvero – in caso di ritardi imputabili all’Amministrazione – a godere del trattamento economico spettante prima dell’aspettativa.

In conclusione, deve ritenersi che non possano essere fatte ricadere sul privato le conseguenze negative derivanti dall’inerzia dell’Amministrazione procedente nell’espletamento della procedura di transito nel suo complesso.

In questi stessi termini ha già avuto modo di pronunciarsi anche l’adito Tribunale, che ha affermato che “il ritardo o l’inerzia dell’Amministrazione nel compiere l’attività di propria competenza non può riverberarsi negativamente sulla posizione dell’interessato; invero, l’inadempienza dell’Amministrazione non può determinare il mantenimento in capo al ricorrente del trattamento economico precedente, che, come detto, era caratterizzato (…) dal superamento del limite massimo di aspettativa” (Cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 03.12.2014, n. 1476).

Tutto ciò chiarito, devono ritenersi prive di rilievo le circostanze evidenziate dall’Amministrazione, che tenta di attribuire allo stesso ricorrente la responsabilità del ritardo nell’espletamento della procedura di transito.

Sotto tale profilo, non è dato riscontrare quanto affermato dall’Amministrazione, secondo la quale l’istanza di transito presentata dal sig. -OMISSIS- non sarebbe stata corredata dal verbale di inidoneità della commissione medica competente. Infatti, la domanda di transito presentata in data 14.07.2008 richiama tale verbale, espressamente, come allegato. Né l’Amministrazione ha fornito la prova dell’assenza effettiva di tale documento.

In ogni caso, dalla lettura dei documenti in atti, emerge chiaramente che tra un adempimento e l’altro l’Amministrazione ha impiegato tempi lunghissimi, difficilmente giustificabili, anche a voler tenere conto della complessità dell’iter procedimentale nel suo complesso.

Inoltre, è vero che a carico del soggetto interessato può configurarsi un generale dovere di leale collaborazione, ma non certo un vero e proprio obbligo di sollecitazione - quasi di sostituzione - nei confronti dell’Amministrazione che rimane inerte. Senza contare che il privato non possiede una conoscenza chiara e completa dei passaggi procedimentali e delle singole iniziative che l’Amministrazione deve assumere per portare a conclusione il procedimento.

L’Amministrazione nei propri scritti difensivi eccepisce, inoltre, che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare, nei termini di decadenza previsti dalla legge, il decreto di autorizzazione al transito e l’invito a sottoscrivere il contratto. Tale rilievo è del tutto privo di pregio. Infatti, l’odierno ricorrente non avrebbe avuto alcun interesse ad impugnare tali provvedimenti che, seppure tardivi, avevano un contenuto a lui favorevole.

L’Amministrazione, infine, non evidenzia situazioni davvero particolari, tali da rendere giustificabile un ritardo così netto, ma si limita a ripercorrere gli ordinari passaggi procedurali previsti dalla normativa. Il fatto stesso che sia stata emessa nel 2011 una specifica circolare, la n. 43267, per la riduzione dei passaggi procedurali del transito nei ruoli civili e la conseguente accelerazione dell’iter nel suo complesso, significa che il rispetto del termine massimo di 150 giorni è stato ritenuto essenziale e prioritario dal legislatore e dallo stesso Ministero.

L’Amministrazione, nei propri scritti difensivi, tenta poi di fornire una ricostruzione particolare dell’istituto del silenzio-assenso previsto dal citato D.M. 18.04.2002. Si afferma, infatti, che la verifica dei presupposti per il passaggio nei ruoli civili costituisce attività vincolata e che, in quanto tale, la stessa non può essere sostituita dal mero decorso del tempo, con la formazione del silenzio-assenso. La norma richiamata avrebbe quindi previsto il termine di 150 giorni al solo fine di indurre l’Amministrazione a provvedere in tempi ragionevoli, senza tuttavia che al silenzio-assenso possa attribuirsi valore ricognitivo di un diritto del dipendente.

In realtà la norma è chiara: essa dispone che trascorsi 150 giorni l’istanza si intende accolta. La ricostruzione fornita dall’Amministrazione verrebbe di fatto a svuotare di efficacia l’istituto del silenzio-assenso, voluto dal legislatore proprio allo scopo di imporre tempi ragionevoli per la conclusione del procedimento, anche tenuto conto del tipo di interessi primari coinvolti (diritto al lavoro, diritto alla retribuzione, diritto alla salute). Una tale interpretazione verrebbe a vanificare l’istituto stesso, posto che eliderebbe proprio quell’automatismo nella formazione della fattispecie che è essenza stessa del silenzio-assenso.

Del resto, una volta formatosi il silenzio, l’Amministrazione può comunque intervenire in via di autotutela per correggere eventuali situazioni di contrasto con la normativa, verificatesi come conseguenza dell’autorizzazione tacita al transito.

In conclusione, il meccanismo di silenzio-assenso di cui al citato art. 2, comma 4 del D.M. 18.04.2002, comporta l’accoglimento della domanda di transito allo scadere del termine di 150 giorni e il conseguente mutamento della posizione lavorativa del dipendente. Ciò comporta che durante tale periodo, in attesa della sottoscrizione del contratto individuale di lavoro e della effettiva presa di servizio, al dipendente deve essere riconosciuto il diritto al trattamento economico spettante in precedenza a titolo di retribuzione mensile.

Infine, l’Amministrazione eccepisce, in via subordinata, che l’eventuale condanna al pagamento delle somme spettanti a titolo di retribuzione dovrebbe essere pronunciata per il periodo eccedente i 150 giorni, ma comunque non oltre la data di adozione del provvedimento di autorizzazione al transito nei ruoli civili.

Parte resistente, in sostanza, ritiene che il termine massimo di 150 giorni previsto dalla legge si riferisca solo all’obbligo di provvedere dell’Amministrazione, mediante l’adozione del provvedimento di autorizzazione. Entro il medesimo termine di 150 giorni non sarebbe invece configurabile l’ulteriore obbligo dell’Amministrazione di assumere e far prendere servizio al dipendente.

Tale tesi non convince. Infatti, il termine massimo di 150 giorni normativamente previsto per il completamento dell’iter amministrativo di transito si riferisce a tutta la procedura nel suo complesso, dalla presentazione dell’istanza di transito, fino alla sottoscrizione del nuovo contratto di lavoro e alla immissione in servizio.

Non vi sono indici normativi che giustifichino la configurabilità di due distinte fasi del procedimento di transito. Il procedimento delineato è in realtà unitario e ha come scopo quello di consentire al dipendente il passaggio dal ruolo militare al ruolo civile entro tempi rapidi e senza soluzione di continuità. Non solo. La fase di ricerca del nuovo impiego, di assegnazione alla nuova sede e di sottoscrizione del nuovo contratto costituisce un segmento procedurale assolutamente necessario ed essenziale del procedimento di transito nel suo complesso.

Pertanto, a carico dell’Amministrazione non può configurarsi il solo obbligo di adottare il provvedimento di autorizzazione, disinteressandosi poi di quello che accade dopo; sulla stessa, infatti, grava certamente anche l’obbligo di condurre il dipendente sino al perfezionamento del nuovo rapporto di lavoro. In caso contrario il privato rimarrebbe privo di tutela a fronte del ritardo dell’Amministrazione nella fase esecutiva successiva all’autorizzazione.

Per le ragioni sopra esposte, il ricorso è fondato e va accolto, con condanna del Ministero resistente alla corresponsione del trattamento economico dovuto quale retribuzione mensile a decorrere dal 14.12.2008 (data di scadenza del termine di centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di transito) fino al 15.12.2009, data di sottoscrizione del nuovo contratto individuale di lavoro e presa di servizio.

L’accertamento e la condanna sono riferiti al capitale oltre che alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria, come previsto dall’art. 22, comma 36 della legge n.724/1994.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna il Ministero della Difesa al pagamento in favore del ricorrente del corrispettivo dovuto quale retribuzione mensile a decorrere dalla data del 14.12.2008 fino alla data del 15.12.2009, oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Pietro De Berardinis, Consigliere
Silvia De Felice, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Silvia De Felice Maurizio Nicolosi





IL SEGRETARIO



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Re: Transito ruolo civile

Messaggio da panorama »

Il CdS ha ACCOLTO l'Appello del ricorrente, dando torto al Ministero della Difesa circa la data da prendere in considerazione in caso di rinuncia al transito.
Quindi è stato stabilito dal CdS che, la data è quella della sottoscrizione alla rinuncia e non dalla data retroattiva della dichiarata Riforma da parte della C.M.O..
----------------------------------------------------------

Ecco alcuni brani.

1) - in data 21 giugno 2006, il CMO, Sede di Roma, ha accertato la sua inidoneità permanente al servizio nella Marina militare, ma ha riconosciuto altresì l’idoneità alla riserva navale e ad essere reimpiegato nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa ai sensi dell’art. 14 della legge n. 266 del 1999.

2) - Soggiunge di avere chiesto, di conseguenza, in data 4 luglio 2006, il transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa
e, successivamente,
con istanza del 24 gennaio 2007, di avere rinunciato ad ottenere il suddetto transito.

3) - La Direzione Generale per il Personale Militare, con atto del 18 aprile 2007, ha disposto la cessazione dal servizio permanente dell’interessato per infermità ed ha collocato lo stesso in congedo, categoria della riserva, a decorrere dal 21 giugno 2006, ai sensi dell’art. 29 della legge n. 559 del 1954.

4) - L’Amministrazione, con nota del 17 luglio 2007, in ordine alla pensione provvisoria, ha disposto che avrebbe provveduto:
- a considerare il periodo di tre mesi (21 giugno 2006 – 20 settembre 2006), ai sensi dell’art. 29, ultimo comma, della legge n. 599 del 1954, come corresponsione degli interi assegni spettanti al pari grado in servizio effettivo;
- a corrispondere il trattamento pensionistico provvisorio a decorrere dal 21 settembre 2006;
- a recuperare, per differenza con la suddetta pensione, a carico dell’interessato il trattamento economico di servizio già corrisposto.

5) - L’Amministrazione, con successiva nota del 3 dicembre 2007, ha informato che la somma da addebitare all’odierno appellante ……….., quale addebito per il periodo dal 21 settembre 2006 al 31 marzo 2007, e che tale somma sarebbe stata recuperata mediante 60 trattenute mensili, in misura percentuale inferiore al quinto delle competenze percepite.

Il C.d.S precisa:

6) - La rinuncia effettuata dall’interessato, di conseguenza, non può qualificarsi come revoca della domanda di transito, esprimendo un autentico negozio abdicativo di un diritto soggettivo già entrato nel patrimonio del disponente e come tale produttivo di effetti ex nunc e non già ex tunc (in tema cfr. Cons. Stato, Sez. II, parere 6 novembre 2017, n. 2301; Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2007, n. 6825).

7) - Ne consegue che il thema decidendum del presente giudizio è costituito solo ed esclusivamente dalla valutazione della fondatezza della pretesa dedotta dall’appellante ad individuare la data di collocamento in congedo a decorrere dal 24 gennaio 2017 (data della rinunzia al transito) e ad ottenere il corrispondente trattamento economico, in posizione di aspettativa, sino a tale data.

8) - Di talché, essendosi formato al compimento del centocinquantesimo giorno dal ricevimento dell’istanza (vale a dire, verosimilmente, all’inizio del mese di dicembre 2006) il silenzio assenso sull’istanza di transito e costituendo la rinuncia al transito nei ruoli un’abdicazione al diritto soggettivo garantito dalla normativa, come tale efficace ex nunc, la data di collocamento in congedo dell’appellante deve essere individuata nel giorno della sua rinuncia (24 gennaio 2007) e sino a tale data l’interessato deve essere considerato in aspettativa, con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità.

9) - L’appello, pertanto, è fondato e deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado ed accertato il diritto al collocamento in congedo a decorrere dal 24 gennaio 2007 ed il diritto, sino a tale data, alla percezione del trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità.

N.B.: leggete il tutto qui sotto per comprendere al meglio.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201805043
- Public 2018-08-24 -


Pubblicato il 24/08/2018


N. 05044/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00720/2009 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 720 del 2009, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Zito, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, 26;

contro
Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I bis, n. 9851 del 15 ottobre 2008.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2018 il Cons. Roberto Caponigro e uditi per le parti l’avvocato Salvatore Dettori, su delega di Alberto Zito, e l’avvocato dello Stato Roberta Guizzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS- espone di avere prestato servizio come sottufficiale della Marina militare dal 16 settembre 1985 e che, in data 21 giugno 2006, il CMO, Sede di Roma, ha accertato la sua inidoneità permanente al servizio nella Marina militare, ma ha riconosciuto altresì l’idoneità alla riserva navale e ad essere reimpiegato nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa ai sensi dell’art. 14 della legge n. 266 del 1999.

Soggiunge di avere chiesto, di conseguenza, in data 4 luglio 2006, il transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa e, successivamente, con istanza del 24 gennaio 2007, di avere rinunciato ad ottenere il suddetto transito.

La Direzione Generale per il Personale Militare, con atto del 18 aprile 2007, ha disposto la cessazione dal servizio permanente dell’interessato per infermità ed ha collocato lo stesso in congedo, categoria della riserva, a decorrere dal 21 giugno 2006, ai sensi dell’art. 29 della legge n. 559 del 1954.

L’Amministrazione, con nota del 17 luglio 2007, in ordine alla pensione provvisoria, ha disposto che avrebbe provveduto:

- a considerare il periodo di tre mesi (21 giugno 2006 – 20 settembre 2006), ai sensi dell’art. 29, ultimo comma, della legge n. 599 del 1954, come corresponsione degli interi assegni spettanti al pari grado in servizio effettivo;

- a corrispondere il trattamento pensionistico provvisorio a decorrere dal 21 settembre 2006;

- a recuperare, per differenza con la suddetta pensione, a carico dell’interessato il trattamento economico di servizio già corrisposto.

L’Amministrazione, con successiva nota del 3 dicembre 2007, ha informato che la somma da addebitare all’odierno appellante è di euro 6.920,56, quale addebito per il periodo dal 21 settembre 2006 al 31 marzo 2007, e che tale somma sarebbe stata recuperata mediante 60 trattenute mensili, in misura percentuale inferiore al quinto delle competenze percepite.

L’interessato ha chiesto l’annullamento dei predetti atti, ma il T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione Prima Bis, con sentenza n. 9851 del 6 novembre 2008, ha dichiarato inammissibile (rectius: irricevibile) il ricorso per tardività.

Di talché, il signor -OMISSIS- ha proposto il presente appello, articolando i seguenti motivi di impugnativa:
Erronea declaratoria di inammissibilità per tardività del ricorso.

La decisione del giudice di primo grado sarebbe errata in quanto nella controversia verrebbe in rilievo un diritto soggettivo e non un interesse legittimo; la giurisprudenza del Consiglio di Stato, infatti, afferma che la pretesa al transito, quale discende dal combinato disposto dell’art. 14 della legge n. 266 del 1999 e dell’art. 2 del D.M. 18 aprile 2002, si configurerebbe come un vero e proprio diritto soggettivo in capo al dipendente giudicato inidoneo al servizio militare, ma idoneo a quello civile.

Tale diritto soggettivo sarebbe condizionato unicamente al giudizio formulato dalla CMO e alla tempestiva presentazione della domanda di transito da parte dell’interessato, circostanze entrambe presenti nella fattispecie.

La rinuncia al transito da parte del dipendente non potrebbe qualificarsi come revoca, ma dovrebbe essere ricostruita in termini di negozio abdicativo di un diritto soggettivo già entrato nel patrimonio giuridico del dipendente che, come tale, sarebbe produttivo di effetti ex nunc e non già ex tunc.

La natura di diritto soggettivo della pretesa al transito determinerebbe la possibilità di proporre azione di accertamento innanzi al giudice amministrativo nel termine di prescrizione previsto per la tutela dei diritti soggettivi.

Violazione e falsa applicazione della legge n. 599 del 1954.

Il militare giudicato idoneo al servizio nel personale civile manterrebbe lo status proprio di un militare, ma nella posizione di aspettativa, ex art. 2, comma 7, del D.M. 18 aprile 2002, fino al momento del passaggio nei ruoli dell’Amministrazione civile oppure, come nel caso di specie, fino alla rinuncia al transito, per cui l’Amministrazione, nel retrodatare gli effetti della rinuncia al transito al momento dell’accertamento dell’invalidità, avrebbe posto in essere un’attività illegittima, lesiva del diritto soggettivo dell’appellante.

Nella fattispecie, infatti, vi sarebbe stata sia l’attestazione della CMO di inabilità al servizio militare e di abilità a quello civile in data 21 giugno 2006 sia la domanda di transita dell’interessato, in data 4 luglio 2006, con successiva rinuncia al transito da parte del medesimo in data 24 gennaio 2007.

L’appellante, in definitiva, sarebbe da considerarsi a tutti gli effetti dipendente dell’amministrazione militare fino al 24 gennaio 2007, giorno in cui ha rinunziato all’istanza di transito precedentemente presentata.

L’Avvocatura generale dello Stato si è costituita in giudizio per resistere all’appello.

Il signor -OMISSIS- ha depositato altra memoria a sostegno ed illustrazione delle proprie difese.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza di questa Sezione n. 845 del 2009.

All’udienza pubblica del 12 luglio 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. La questione principale consiste nell’individuazione della natura della posizione giuridica soggettiva di cui l’interessato ha chiesto tutela in giudizio.

La ricostruzione dei fatti è la seguente:

- il 21 giugno 2006, la CMO ha accertato che l’appellante è permanentemente inidoneo al servizio nella marina militare ed idoneo alla riserva navale e ad essere reimpiegato nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa;

- il 4 luglio 2006, l’interessato ha presentato istanza al fine di ottenere il transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa;

- il 24 gennaio 2007, l’interessato ha rinunciato al transito;

- il 18 aprile 2007 (preannunciato con atto del 29 marzo 2007), il Ministero della Difesa ha decretato il collocamento in congedo del signor -OMISSIS-, categoria della riserva, a decorrere dal 21 giugno 2006;

- il 3 dicembre 2007, l’Amministrazione, in esito a quanto indicato in data 17 luglio 2007, ha comunicato che la somma da addebitare, quale differenza tra il trattamento di pensione spettante e quanto già corrisposto quale trattamento economico di servizio, è pari ad euro 6.920,56 per il periodo dal 21 settembre 2006 al 31 marzo 2007.

L’art. 1 del D.M. 18 aprile 2002 – transito di personale delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa, ai sensi dell’art. 14, comma 5, della legge n. 266 del 1999 – prevede che il personale delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio transita, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, sempreché l’infermità accertata ne consenta l’ulteriore impiego.

Il successivo art. 2 dispone che la domanda deve essere presentata, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notifica all’interessato del giudizio definitivo di inidoneità, per il tramite gerarchico, al Comando del corpo di appartenenza.

Il transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, quindi, è subordinato al realizzarsi delle seguenti condizioni: giudizio di inidoneità al servizio militare incondizionato; giudizio di idoneità all’ulteriore impiego; tempestiva presentazione della domanda da parte dell’interessato.

Nel caso di specie, come emerge dalla descrizione dei fatti, tali presupposti sono oggettivamente sussistenti.

La giurisprudenza di questa Sezione che ha fatto applicazione dell’art. 14 della legge n. 266 del 2009 e del decreto ministeriale attuativo ha avuto modo di precisare che quello al transito è un vero diritto soggettivo che scaturisce dal giudizio positivo formulato dalla C.M.O. (unico organo abilitato a valutare l’idoneità al servizio civile) e dalla presentazione di apposita tempestiva domanda da parte del militare (da ultimo: Cons Stato, Sez. IV. 14 luglio 2017, n. 3471).

La rinuncia effettuata dall’interessato, di conseguenza, non può qualificarsi come revoca della domanda di transito, esprimendo un autentico negozio abdicativo di un diritto soggettivo già entrato nel patrimonio del disponente e come tale produttivo di effetti ex nunc e non già ex tunc (in tema cfr. Cons. Stato, Sez. II, parere 6 novembre 2017, n. 2301; Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2007, n. 6825).

La declaratoria di irricevibilità del ricorso per tardività, statuita dal giudice di primo grado, quindi, alla luce di tali considerazioni, non può essere condivisa in quanto la posizione giuridica soggettiva di cui l’interessato ha chiesto tutela in giudizio è di diritto soggettivo, sicché l’azione proposta, sebbene prospettata come azione di annullamento, è qualificabile come azione di accertamento e non involge la legittimità dell’esercizio di un potere di natura pubblicistica.

Il ricorrente nel giudizio di primo grado, nella sostanza, ha agito per l’accertamento del suo diritto soggettivo alla corretta determinazione della data di congedo e per l’accertamento della spettanza del trattamento economico, correlato alla posizione di aspettativa, sino a tale data, per cui, con esclusivo riferimento a tali profili (e non anche alla determinazione di cessazione dal servizio permanente e di collocamento in congedo, che, invece, ha indubbia natura autoritativa), gli atti adottati dal Ministero della difesa non mettono in moto alcun termine di decadenza e sono sostanzialmente irrilevanti ai fini della definizione del rapporto in quanto la soddisfazione della situazione giuridica soggettiva, vale a dire l’accertamento del diritto, è realizzabile indipendentemente dal riconoscimento derivante dalla intermediazione di un provvedimento amministrativo (in tal senso tutta la giurisprudenza sulla distinzione tra atti paritetici ed atti autoritativi, sviluppatasi a seguito della c.d. sentenza Fagiolari, Cons. St., V, 1° dicembre 1939 n. 795).

Ne consegue che il thema decidendum del presente giudizio è costituito solo ed esclusivamente dalla valutazione della fondatezza della pretesa dedotta dall’appellante ad individuare la data di collocamento in congedo a decorrere dal 24 gennaio 2017 (data della rinunzia al transito) e ad ottenere il corrispondente trattamento economico, in posizione di aspettativa, sino a tale data.

La pretesa è fondata.

L’art. 2, comma 4, del D.M. 18 aprile 2002 stabilisce che l’amministrazione è tenuta a pronunciarsi entro centocinquanta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza di transito e che, qualora entro il predetto termine l’amministrazione non si sia pronunciata, l’istanza si intende accolta.

Il successivo settimo comma, inoltre, sancisce che, in attesa delle determinazioni dell’amministrazione in ordine alla domanda, il personale è considerato in aspettativa, con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità.

Di talché, essendosi formato al compimento del centocinquantesimo giorno dal ricevimento dell’istanza (vale a dire, verosimilmente, all’inizio del mese di dicembre 2006) il silenzio assenso sull’istanza di transito e costituendo la rinuncia al transito nei ruoli un’abdicazione al diritto soggettivo garantito dalla normativa, come tale efficace ex nunc, la data di collocamento in congedo dell’appellante deve essere individuata nel giorno della sua rinuncia (24 gennaio 2007) e sino a tale data l’interessato deve essere considerato in aspettativa, con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità.

L’appello, pertanto, è fondato e deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado ed accertato il diritto al collocamento in congedo a decorrere dal 24 gennaio 2007 ed il diritto, sino a tale data, alla percezione del trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità.

3. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre accessori di legge, sono poste a carico del Ministero della difesa ed a favore dell’appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed accerta il diritto del signor -OMISSIS- al collocamento in congedo a decorrere dal 24 gennaio 2007 ed il diritto, sino a tale data, alla percezione del trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità.

Condanna il Ministero della difesa al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate complessivamente in euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre accessori di legge, in favore dell’appellante.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberto Caponigro Filippo Patroni Griffi





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Re: Transito ruolo civile

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La suindicata sentenza del CdS mette in evidenza che:

- in data 21 giugno 2006, è stata dichiarata la sua inidoneità permanente al servizio nella Marina militare, ma ha riconosciuto altresì l’idoneità alla riserva navale e ad essere reimpiegato nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa ai sensi dell’art. 14 della legge n. 266 del 1999;

- in data 4 luglio 2006 ha chiesto, il transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa;

- in data 24 gennaio 2007, ha fatto richiesta di rinuncia al suddetto transito;

- in data 18 aprile 2007, la Direzione Generale per il Personale Militare, ha disposto la cessazione dal servizio permanente dell’interessato per infermità ed ha collocato lo stesso in congedo, categoria della riserva (preannunciato con atto del 29 marzo 2007), a decorrere dal 21 giugno 2006 ( data in cui la CMO lo dichiarava inidoneo permanente), ai sensi dell’art. 29 della legge n. 559 del 1954;

- in data 17 luglio 2007, l’Amministrazione in ordine alla pensione provvisoria, ha disposto che avrebbe provveduto:

- a considerare il periodo di tre mesi (21 giugno 2006 – 20 settembre 2006), ai sensi dell’art. 29, ultimo comma, della legge n. 599 del 1954, come corresponsione degli interi assegni spettanti al pari grado in servizio effettivo:
N.B.: riporto qui sotto quanto sancito dall’ultimo comma succitato:

LEGGE 31 luglio 1954, n. 599
Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica.

CAPO IV

Cessazione dal servizio permanente.
Art. 29 (ultimo comma riporta quanto segue)

“Dalla data di cessazione dal servizio permanente, e per un periodo di tre mesi, sono corrisposti al sottufficiale gli interi assegni spettanti al pari grado in servizio effettivo; tali assegni non sono cumulabili con quelli di quiescenza”.


- a corrispondere il trattamento pensionistico provvisorio a decorrere dal 21 settembre 2006;

- a recuperare, per differenza con la suddetta pensione, a carico dell’interessato il trattamento economico di servizio già corrisposto.

- in data 3 dicembre 2007, l’Amministrazione ha informato che la somma da addebitare all’odierno appellante è di euro 6.920,56, quale addebito per il periodo dal 21 settembre 2006 al 31 marzo 2007, e che tale somma sarebbe stata recuperata mediante 60 trattenute mensili, in misura percentuale inferiore al quinto delle competenze percepite.

- N.B.: per il motivo suindicato il CdS chiarisce meglio i motivi dell’addebito è scrive: il 3 dicembre 2007, l’Amministrazione, in esito a quanto indicato in data 17 luglio 2007, ha comunicato che la somma da addebitare, quale differenza tra il trattamento di pensione spettante e quanto già corrisposto quale trattamento economico di servizio, è pari ad euro 6.920,56 per il periodo dal 21 settembre 2006 al 31 marzo 2007.

- Praticamente l’appellante, sarebbe da considerarsi a tutti gli effetti dipendente dell’amministrazione militare fino al 24 gennaio 2007, giorno in cui ha rinunziato all’istanza di transito precedentemente presentata;

- N.B. il CdS specifica che: Il transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, quindi, è subordinato al realizzarsi delle seguenti condizioni: giudizio di inidoneità al servizio militare incondizionato; giudizio di idoneità all’ulteriore impiego; tempestiva presentazione della domanda da parte dell’interessato.
Nel caso di specie, come emerge dalla descrizione dei fatti, tali presupposti sono oggettivamente sussistenti.

- N.B. ma il CdS specifica anche che: La rinuncia effettuata dall’interessato, di conseguenza, non può qualificarsi come revoca della domanda di transito, esprimendo un autentico negozio abdicativo di un diritto soggettivo già entrato nel patrimonio del disponente e come tale produttivo di effetti ex nunc e non già ex tunc (in tema cfr. Cons. Stato, Sez. II, parere 6 novembre 2017, n. 2301; Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2007, n. 6825).
P.S.: Qui nasce spontaneo chiedersi: “Se la rinuncia non è una revoca” allora cos’è?

La parte centrale del contesto che si legge in Sentenza e che il CdS delucida meglio, è questa qui sotto:

Il ricorrente nel giudizio di primo grado, nella sostanza, ha agito per l’accertamento del suo diritto soggettivo alla corretta determinazione della data di congedo e per l’accertamento della spettanza del trattamento economico, correlato alla posizione di aspettativa, sino a tale data,
- ) - per cui,
con esclusivo riferimento a tali profili (e non anche alla determinazione di cessazione dal servizio permanente e di collocamento in congedo, che, invece, ha indubbia natura autoritativa),
- ) - gli atti adottati dal Ministero della difesa non mettono in moto alcun termine di decadenza e sono sostanzialmente irrilevanti ai fini della definizione del rapporto in quanto la soddisfazione della situazione giuridica soggettiva, vale a dire l’accertamento del diritto,
- ) - è realizzabile indipendentemente dal riconoscimento derivante dalla intermediazione di un provvedimento amministrativo (in tal senso tutta la giurisprudenza sulla distinzione tra atti paritetici ed atti autoritativi, sviluppatasi a seguito della c.d. sentenza Fagiolari, Cons. St., V, 1° dicembre 1939 n. 795).
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Re: Transito ruolo civile

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Ricorso Accolto
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1) - in data 27 ottobre 2008, dichiarato “non idoneo permanentemente al s. m. i. in modo assoluto e da congedare dalla data odierna” e “reimpiegabile nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell'A.D. (L.266/99)”.

2) - in data del 12 novembre 2008, il ricorrente ha chiesto, ai sensi dell'art. 14 della legge 266/1999 (norma oggi abrogata e sostituita dall'art. 930 del ed. Codice dell'ordinamento Militare, emanato con d.lgs. n. 66/2010), nonché del D.M. 18 aprile 2002, di transitare nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa.

3) - solo in data 15 marzo 2010, dopo la sottoscrizione del contratto in data 1° marzo 2010, è stato assunto

4) - Lo stesso lamenta che nel periodo intercorrente tra la presentazione della domanda di transito nei ruoli civili o meglio dalla data della accertata inidoneità al servizio e la stipula del contratto di impiego, non ha percepito alcun tipo di trattamento economico nei termini indicati dal D.M. 18.4.2002 e dall'art. 14 della legge 266/1999 (oggi art. 930 del ed. Codice dell'ordinamento Militare)

5) - in data 12 aprile 2009 (termine di scadenza di 150 giorni previsto dall'art. 2 DM 18 aprile 2002).


IL TAR LAZIO precisa:

6) - alla parte ricorrente, ……., non sono stati corrisposti gli emolumenti relativi al periodo di Aspettativa, così come statuito dalla normativa vigente e sopra riportata, mentre lo stipendio afferente al nuovo impiego è stato riconosciuto, dopo i 150 giorni previsti e solo dopo la stipula del relativo contratto.

7) - accertata la inidoneità e presentata la domanda di transito, l’istante è posto in Aspettativa ed ha diritto, dal giorno in cui è stato dichiarato non idoneo al servizio e per tutti i successivi 150 giorni, al trattamento economico goduto all'atto del giudizio di non idoneità nei termini indicati dall’art. 26 della Legge n. 187/1976.

8) - La seconda fase è affidata alla valutazione della p.a. che entro gli indicati 150 giorni dovrà determinarsi sulla istanza avanzata.

9) - In questo caso, però, la valutazione non ha natura discrezionale, ma la p.a. è tenuta ad adottare il provvedimento ove ricorrano i presupposti di fatto stabiliti dalla legge (Consiglio di Stato, IV Sezione, 31 Luglio 2009, n. 4854).

10) - Ne consegue che il ricorrente ha titolo alla corresponsione della indennità di aspettativa a far data dal giorno della accertata inidoneità per i successivi 150 giorni dalla presentazione della domanda di transito presso l’amministrazione, assegnati dal legislatore all’amministrazione per definire il procedimento e cioè sino al 12 aprile 2009, secondo le previsioni normative di cui all’art. 26 della Legge n. 187/1976.

11) - Successivamente e sino alla effettiva presa in servizio nell’amministrazione civile il predetto ha diritto, a titolo di risarcimento, allo stipendio previsto per la qualifica successivamente acquisita con il transito.

N.B.: rileggi il punto n. 4, 6-7 e 10-11.

Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201809066, - Public 2018-08-29 –

Pubblicato il 29/08/2018


N. 09066/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00209/2013 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 209 del 2013, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Lanza ed Emilio Forrisi, con domicilio eletto presso lo studio Francesca Cucchiarelli in Roma, via Lazio, 9;

contro
Ministero della Difesa, Ministero della Difesa Direzione Generale per il personale Militare, Ministero della Difesa Direzione Generale per il personale Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'accertamento
del diritto a percepire il trattamento economico corrispondente alla propria qualifica ed anzianità, a norma dell'art. 14 della l. n. 266/1999, nonché per la condanna del Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, in persona del legale rappresentante p.t., del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Civile, in persona del legale rappresentante p.t., ciascuno per quanto di ragione e competenza, a corrispondere le relative somme maturate dal ricorrente, maggiorate degli interessi legali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero della Difesa Direzione Generale per il personale Militare e del Ministero della Difesa Direzione Generale per il personale Civile;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2018 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, già sergente in servizio presso il Reggimento di Artiglieria a Cavallo di Milano, è stato, con verbale della C.M.O. di Caserta, n. 511 del 27 ottobre 2008, dichiarato “non idoneo permanentemente al s. m. i. in modo assoluto e da congedare dalla data odierna” e “reimpiegabile nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell'A.D. (L.266/99)”.

Con istanza del 12 novembre 2008, il ricorrente ha chiesto, ai sensi dell'art. 14 della legge 266/1999 (norma oggi abrogata e sostituita dall'art. 930 del ed. Codice dell'ordinamento Militare, emanato con d.lgs. n. 66/2010), nonché del D.M. 18 aprile 2002, di transitare nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa.

Il predetto, solo in data 15 marzo 2010, dopo la sottoscrizione del contratto in data 1° marzo 2010, è stato assunto presso il …… con le mansioni dì assistente di amministrazione, profilo professionale cod 0103, settore 0100, seconda area, fascia retributiva F3 (ex area B, posizione economica B3).

Lo stesso lamenta che nel periodo intercorrente tra la presentazione della domanda di transito nei ruoli civili o meglio dalla data della accertata inidoneità al servizio e la stipula del contratto di impiego, non ha percepito alcun tipo di trattamento economico nei termini indicati dal D.M. 18.4.2002 e dall'art. 14 della legge 266/1999 (oggi art. 930 del ed. Codice dell'ordinamento Militare)

Recita, infatti, l’art. 2, settimo comma del D.M. cit. (tutt’ora vigente) : "in attesa delle determinazioni dell'amministrazione in ordine alla domanda il personale è considerato in aspettativa, con il trattamento economico goduto all'atto del giudizio di non idoneità".

Con nota raccomandata a/r del 14 giugno 2011 il ricorrente ha inoltrato richiesta di pagamento delle somme spettanti in base al trattamento economico goduto all'atto del giudizio di non idoneità.

La Direzione Generale per il Personale Civile del Ministero della Difesa, con nota prot. n. 59292 del 1° settembre 2011, ha rappresentato, tra l'altro, che "la gestione del collocamento in aspettativa per i periodi di assenza tra la data di cessazione dal servizio e quella di non idoneità al transito, comprensiva di qualsivoglia richiesta di carattere economico, non essendosi ancora costituito il rapporto di lavoro con l'Amministrazione civile, spetta agli organismi militari, competenti in materia".

Con nota prot. n. M_DACE001/12844 DEL 8.8.2011, invece, l'Ufficio Comando — Sezione Personale Civile del 9° Stormo "F. Baracca" dell'Aeronautica Militare ha comunicato che "per le azioni di competenza, si trasmette copia del foglio in riferimento (non allegato) significando che il Dipendente in parola è stato trasferito presso Codesto comando in data 15 giugno 2011".

Successivamente, con nota prot. n. 0011644 del 18 agosto 2011, l'Ufficio Amministrazione del "Reggimento Artiglieria a Cavallo" di Milano ha precisato che "... prendendo atto di quanto comunicato con lettera a riferimento, provvederà ad esaminare ed espletare gli atti di propria competenza e renderne edotte, successivamente, le parti interessate".

Emerge dal carteggio prodotto in atti dalla parte e non contestato dalla resistente, che i diversi reparti interessati hanno, in buona sostanza, declinato la loro competenza a liquidare gli emolumenti richiesti, tanto che il ricorrente lamenta che, alla data di presentazione del presente ricorso, l'Amministrazione Militare non aveva ancora corrisposto le somme per legge a lui spettanti.

Conseguentemente la parte ricorrente ha chiesto la declaratoria del pagamento delle indicate somme, a far data dal 27 ottobre 2008 (data del verbale di inidoneità pronunciato dal CMO di Caserta) ovvero, in subordine, a far data dal 12 novembre 2008 (data di presentazione della domanda di transito) oppure, in via ulteriormente subordinata, a far data dal 12 aprile 2009 (termine di scadenza di 150 giorni previsto dall'art. 2 DM 18 aprile 2002).

Alla udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2018, il Collegio con ordinanza interlocutoria n. 2818/18 ha chiesto alla resistente : “l’acquisizione di dettagliati e documentati chiarimenti in merito alla vicenda per cui è causa”.

La p.a. ha prodotto, peraltro oltre i termini previsti, la chiesta relazione, in cui, in buona sostanza ed a prescindere dalle asserite e non condivisibili ragioni del ritardo nella stipulazione del contratto di impego, ha confermato che al ricorrente non è stato corrisposto il pagamento del periodo di aspettativa.

In prossimità dell’udienza la parte ha prodotto una memoria riepilogativa.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Risulta dagli atti di causa, confermato peraltro dalla stessa resistente, che alla parte ricorrente, dichiarata non idonea al servizio per cause ad esso estranee, non sono stati corrisposti gli emolumenti relativi al periodo di aspettativa, così come statuito dalla normativa vigente e sopra riportata, mentre lo stipendio afferente al nuovo impiego è stato riconosciuto, dopo i 150 giorni previsti e solo dopo la stipula del relativo contratto.

La normativa di riferimento, invero, descrive, in modo chiaro ed univoco, le differenti fasi procedimentali previsto per i militari non più idonei al servizio che hanno, nel termine decadenziale, avanzato istanza di transito nell’amministrazione civile.

Ora, accertata la inidoneità e presentata la domanda di transito, l’istante è posto in aspettativa ed ha diritto, dal giorno in cui è stato dichiarato non idoneo al servizio e per tutti i successivi 150 giorni, al trattamento economico goduto all'atto del giudizio di non idoneità nei termini indicati dall’art. 26 della Legge n. 187/1976.

La seconda fase è affidata alla valutazione della p.a. che entro gli indicati 150 giorni dovrà determinarsi sulla istanza avanzata.

In questo caso, però, la valutazione non ha natura discrezionale, ma la p.a. è tenuta ad adottare il provvedimento ove ricorrano i presupposti di fatto stabiliti dalla legge (Consiglio di Stato, IV Sezione, 31 Luglio 2009, n. 4854).

Infatti, l’art. 2 comma 4 del già citato D.M. del 18.04.2002 recita : “l’amministrazione è tenuta a pronunciarsi entro centocinquanta giorni dalla data di ricevimento dell’istanza. Qualora entro il predetto termine l’amministrazione non si sia pronunciata, l’istanza si intende accolta”.

Si tratta cioè di una ipotesi di silenzio assenso, in cui alla inerzia della p.a. consegue, senz’altro, il provvedimento positivo chiesto dall’istante.

Né il ritardo, della intervenuta convenzione negoziale, può essere imputato, come sostiene la resistente nei chiarimenti prodotti, al ricorrente quale conseguenza della mancata produzione documentale a sostegno dell’istanza.

Sul punto il legislatore ha inteso, con l’art. 18 della L. 241/90, superare ogni pretestuosa richiesta procedimentale della p.a., la quale, di contro, ha l’obbligo di attivarsi nell’acquisizione documentale : “ …sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni”.

In poche parole, il legislatore ha inteso, proprio in ossequio al principio di leale cooperazione tra le parti, obbligare la p.a. a svolgere le dovute e conseguenti attività acquisitive dei documenti già in possesso dell’amministrazione e non assumere comportamenti defatiganti con richieste oggettivamente non giustificate.

Nel caso di specie i documenti richiesti, in disparte le dichiarazioni di parte circa l’avvenuta produzione, erano, comunque, nella disponibilità dell’amministrazione militare.

Quindi le istanze interlocutorie avanzate dalla p.a. al ricorrente affinché questi producesse i documenti a conforto della richiesta di transito, non avevano ragion d’essere ed il procedimento doveva, in ogni caso, essere definito entro 150 giorni.

Ne consegue che il ricorrente ha titolo alla corresponsione della indennità di aspettativa a far data dal giorno della accertata inidoneità per i successivi 150 giorni dalla presentazione della domanda di transito presso l’amministrazione, assegnati dal legislatore all’amministrazione per definire il procedimento e cioè sino al 12 aprile 2009, secondo le previsioni normative di cui all’art. 26 della Legge n. 187/1976.

Successivamente e sino alla effettiva presa in servizio nell’amministrazione civile il predetto ha diritto, a titolo di risarcimento, allo stipendio previsto per la qualifica successivamente acquisita con il transito.

Sulla somma così complessivamente individuata dovranno essere corrisposti gli interessi, a decorrere dalla accertata inidoneità, sino al soddisfo, nei termini indicati dal D.M. n. 352/98, al netto delle ritenute previdenziali, assistenziali ed erariali (Cons. St. A.P. n. 18/2012; Cass. Sez. un. Civ. n. 14429/17).

Non sono dovute somme a titolo di rivalutazione monetaria, in applicazione del divieto di cumulo fra rivalutazione monetaria e interessi, sancito per i crediti di lavoro dall'art. 22, comma 36, l. 23 dicembre 1994 n. 724, trattandosi di crediti retributivi maturati dopo la data del 31 dicembre 1994 (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. V, 05/04/2017, n.1598; T.A.R. Roma (Lazio) sez. III 04 maggio 2017 n. 5262; Cons.Stato, Sez. V, 22/10/2015, n. 4864).

La peculiarità della vicenda convince il Collegio a compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Antonella Mangia, Consigliere
Roberto Vitanza, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberto Vitanza Concetta Anastasi





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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Re: Transito ruolo civile

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Il CdS Accoglie l'appello proposto dall'interessato, poiché, gli atti adottati dal M.D. sono illegittimi.

Finalmente una Buona notizia e una buona dritta per tutti.
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Ecco alcuni brani - anche abbreviati nello scritto - per velocizzare quanto accaduto.

1) - rigetto dell’istanza di transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa ed il risarcimento dei danni conseguenti.

2) - in ragione del giudizio di non idoneità permanente al S.M.I. nell’Arma dei Carabinieri di cui al verbale …. del 18 marzo 2011 della C.M.O. di Caserta, il maresciallo …..., in data 29 marzo 2011 e 31 marzo 2011, presentava domanda di transito nel personale civile del Ministero della Difesa.

3) - Il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Civile, con determinazione ……. del 20 luglio 2011, respingeva la domanda sul presupposto dell’inesistenza del rapporto di lavoro al momento del giudizio di inidoneità, per intervenuto collocamento in congedo, sin dal 19 dicembre 2010, a causa del superamento del termine massimo di aspettativa nel quinquennio.

4) - Il Ministero della Difesa – D.G.P.M., II Reparto, V Divisione – Stato Giuridico ed Avanzamento Sottoufficiali, I Sezione, con decreto ….. del 14 luglio 2011, notificata al ricorrente in data 26 marzo 2012, disponeva il collocamento del maresciallo in congedo, nella categoria della Riserva, a far data dal 19 dicembre 2010, sul presupposto che egli, a tale data, era ancora temporaneamente inabile al s.m.i., nonché il congedo assoluto a decorrere dal 18 marzo 2011, essendo lo stesso stato giudicato dalla C.M.O. di Caserta permanentemente inabile al servizio militare.

IL CdS precisa:

5) - ai fini della soluzione della presente controversia, è utile evidenziare i seguenti fatti:

a) ….. ha superato il periodo massimo di aspettativa fruibile in un quinquennio in data 19 dicembre 2010;

b) in data 18 marzo 2011, ...,,,,,, la C.M.O. di Caserta ha espresso, ...…., giudizio di non idoneità permanente al s.m.i. nell’Arma dei Carabinieri;

c) in data 29 marzo 2011 e 31 marzo 2011, il medesimo ….. ha presentato istanza di transito nel personale civile del M.D.;

d) in data 14 luglio 2011 la competente D.G. del M.D., con decreto ….., notificato al ricorrente in data 26 marzo 2012, ha disposto il collocamento del maresciallo in congedo, nella categoria della riserva, a far data dal 19 dicembre 2010, nonché il congedo assoluto a decorrere dal 18 marzo 2011;

e) quindi, con nota del 20 luglio 2011 (…..), l'amministrazione ha respinto l'istanza di transito nei ruoli civili dell'Amministrazione Militare.

6) - Il Collegio, passando all’esame delle summenzionate censure, rileva in primo luogo che, sebbene nella normativa citata non si rinvenga un obbligo per l’amministrazione di provvedere agli accertamenti sanitari in un momento anteriore alla scadenza del periodo massimo di aspettativa, emerge tuttavia - dalla lettera della legge - la necessità che gli accertamenti avvengano in maniera in qualche modo contestuale alla scadenza del periodo.

7) - In questo senso, invero, depongono le seguenti disposizioni: (N.B.: leggi direttamente in sentenza).

8) - Risulta pertanto che la normativa di riferimento, nonostante non preveda un termine perentorio per l’espletamento dell’accertamento sanitario, introduce allo stesso tempo un carattere di necessaria contestualità di esso con la scadenza del periodo massimo di aspettativa.

9) - La ragione di tale esigenza è ancora più comprensibile se si considera che, laddove la visita medica dovesse intervenire, come avvenuto nel caso di specie, in un momento successivo alla scadenza, si renderebbe di fatto impraticabile la possibilità per il personale giudicato non idoneo - accordabile dalla medesima C.M.O. – di transitare, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa.

10) - Invero, l’intervento - seppur in un momento successivo - del provvedimento di collocamento in congedo con efficacia retroattiva alla data di superamento del detto termine, comporterebbe inevitabilmente il rigetto dell’istanza di transito a causa dell’inesistenza del rapporto di lavoro al momento del giudizio di inidoneità.

11) - Secondo la costante giurisprudenza amministrativa, infatti: (N.B.: leggi direttamente in sentenza)

12) - In ragione di tali considerazioni, la scelta dell'amministrazione di effettuare la visita medica in un momento successivo alla scadenza del periodo massimo di aspettativa risulta essere in contrasto con il principio del "nemo venire contra factum proprium", idoneo a paralizzare ogni tipo di pretesa alla cui base si manifesta un uso capzioso e irrituale del potere giuridico esercitato dal soggetto che ne è il titolare (già in questi termini, Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 24 ottobre 2014, n. 573).

13) - Ciò in quanto, il militare odierno appellante è stato messo nelle condizioni di poter presentare l'istanza di transito soltanto dopo gli esiti della visita, svolta in una data - discrezionalmente determinata dall'amministrazione – successiva al superamento del periodo massimo di aspettativa fruibile nel quinquennio.

14) - Attesa la fondatezza della censura, merita altresì accoglimento la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, nella misura della differenza tra la pensione effettivamente percepita dall’appellante e lo stipendio che lo stesso avrebbe percepito, nel periodo che va dal mese di aprile 2011 fino all’effettivo transito nei ruoli civili dell’Amministrazione della Difesa.

15) - Conclusivamente, l'appello deve essere accolto nei limiti anzidetti, da ciò derivando l’annullamento degli atti impugnati, l’accertamento del diritto dell’appellante al transito nel personale civile del Ministero della Difesa e la condanna del Ministero stesso al risarcimento del solo danno patrimoniale.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201805343
- Public 2018-09-12 -


Pubblicato il 12/09/2018

N. 05343/2018 REG. PROV. COLL.
N. 02476/2013 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2476 del 2013, proposto da:
Antonio L.., rappresentato e difeso dagli avvocati Pasquale Coticelli, Alessandro Indipendente, con domicilio eletto presso lo studio Rita Chiara Furneri in Roma, via Paola Falconieri, n. 100;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VI n. 03581/2012, resa tra le parti, concernente il rigetto dell’istanza di transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa ed il risarcimento dei danni conseguenti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2018 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Angelo Vitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In seguito ed in ragione del giudizio di non idoneità permanente al S.M.I. nell’Arma dei Carabinieri di cui al verbale n. 1073 del 18 marzo 2011 della C.M.O. di Caserta, il maresciallo L.. Antonio, in data 29 marzo 2011 e 31 marzo 2011, presentava domanda di transito nel personale civile del Ministero della Difesa.

1.1. Il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Civile, con determinazione prot. n. 50660 del 20 luglio 2011, respingeva la domanda sul presupposto dell’inesistenza del rapporto di lavoro al momento del giudizio di inidoneità, per intervenuto collocamento in congedo, sin dal 19 dicembre 2010, a causa del superamento del termine massimo di aspettativa nel quinquennio.

2. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per la Campania, il maresciallo L.. impugnava detta determinazione, chiedendone l’annullamento ed insistendo per l’accertamento del diritto al transito nel personale civile e per il risarcimento dei danni patrimoniali e non.

3. Il Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare, II Reparto, V Divisione – Stato Giuridico ed Avanzamento Sottoufficiali, I Sezione, con decreto n. 1866 del 14 luglio 2011, notificata al ricorrente in data 26 marzo 2012, disponeva il collocamento del maresciallo in congedo, nella categoria della riserva, a far data dal 19 dicembre 2010, sul presupposto che egli, a tale data, era ancora temporaneamente inabile al servizio militare incondizionato, nonché il congedo assoluto a decorrere dal 18 marzo 2011, essendo lo stesso stato giudicato dalla C.M.O. di Caserta permanentemente inabile al servizio militare.

4. Detto decreto veniva quindi impugnato dal ricorrente con ricorso per motivi aggiunti, per chiederne l’annullamento.

2. Con sentenza n. 3581/2012, depositata il 25.07.2012, il T.a.r. per la Campania – Napoli, Sezione VI respingeva il ricorso, compensando tra le parti le spese di lite.

3. Con ricorso in appello Antonio L.. ha impugnato detta sentenza, chiedendone l’annullamento, sulla base dei seguenti motivi, riportati sinteticamente:

I) error in iudicando – violazione degli artt. 905, 923, 929, 930 del d.lgs. n. 66 del 2010, degli artt. 1 e 2 del d.m. n. 22680 del 2002 – eccesso di potere per violazione del procedimento e difetto di istruttoria;

II) error in iudicando – mancata rilevazione di eccesso di potere per difetto di istruttoria e falso presupposto;

III) violazione e falsa applicazione dell’art. 930 del d.lgs. n. 66/2010, degli artt. 1, 2, 3 del d.m. 18.04.2002 n. 22680, dell’art. 21 bis della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per falso presupposto;

IV) danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all’illegittimità della determinazione di rigetto del transito;

V) danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti alla violazione dell’art. 905 del d.lgs. n. 66 del 2010;

VI) violazione della circolare n. 806 del 26 ottobre 2000, punto 7 lettera a), del Ministero della Difesa, eccesso di potere per violazione di procedimento.

3.1. L’appellante ha altresì riproposto integralmente i motivi di ricorso già formulati nel corso del primo grado di giudizio.

3.2. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, depositando in data 22 maggio 2018 memoria difensiva, con cui si è opposto all’appello e ne ha chiesto il rigetto.

3.3. In data 15 maggio 2018 il ricorrente depositava infine ulteriore memoria.

4. All’udienza del 5 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione del Collegio.

DIRITTO

5. Con un primo motivo l’appellante lamenta la violazione dell’art. 905 del d.lgs. 66/2010, sostenendo che l’Amministrazione, alla stregua di tale disposto normativo, prima di disporre la cessazione del ricorrente dal servizio permanente, ed in particolare in un momento anteriore allo scadere del periodo massimo di aspettativa, avrebbe dovuto sottoporre lo stesso agli accertamenti sanitari per la verifica dell’idoneità al servizio.

5.1. Inoltre, con un’ulteriore censura avanzata dall’appellante nell’ambito del medesimo motivo, si sostiene che, una volta presentata domanda di transito nel personale civile, vi fosse l’obbligo per l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 2 d.m. n. 22680/2002, di sospendere l’applicazione di tutte le disposizioni riguardanti modifiche di posizioni di stato e di collocare in aspettativa il militare fino alla definizione del procedimento.

5.2. Il motivo è fondato.

5.3. Il Collegio rammenta che l’art. 1 del d.m. n. 22680 del 18 aprile 2002 prevede che il personale delle Forze armate e dell’Arma dei Carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio transita, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, sempreché l’infermità accertata ne consenta l’ulteriore impiego.

Il successivo art. 2 dispone che la domanda deve essere presentata, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notifica all’interessato del giudizio definitivo di inidoneità, per il tramite gerarchico, al Comando del corpo di appartenenza.

Il transito nelle aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa, quindi, è subordinato al realizzarsi delle seguenti condizioni: giudizio di inidoneità al servizio militare incondizionato; giudizio di idoneità all’ulteriore impiego; tempestiva presentazione della domanda da parte dell’interessato.

5.4. Ciò considerato, ai fini della soluzione della presente controversia, è utile evidenziare i seguenti fatti:

a) il maresciallo ha superato il periodo massimo di aspettativa fruibile in un quinquennio in data 19 dicembre 2010;

b) in data 18 marzo 2011, con verbale n. 1073, la C.M.O. di Caserta ha espresso, in relazione al maresciallo, giudizio di non idoneità permanente al s.m.i. nell’Arma dei Carabinieri;

c) in data 29 marzo 2011 e 31 marzo 2011, il medesimo maresciallo ha presentato istanza di transito nel personale civile del Ministero della Difesa;

d) in data 14 luglio 2011 la competente D.G. del Ministero della Difesa, con decreto n. 1866, notificato al ricorrente in data 26 marzo 2012, ha disposto il collocamento del maresciallo in congedo, nella categoria della riserva, a far data dal 19 dicembre 2010, nonché il congedo assoluto a decorrere dal 18 marzo 2011;

e) quindi, con nota del 20 luglio 2011 (prot. n. 50660), l'amministrazione ha respinto l'istanza di transito nei ruoli civili dell'Amministrazione Militare.

5.5. Il Collegio, passando all’esame delle summenzionate censure, rileva in primo luogo che, sebbene nella normativa citata non si rinvenga un obbligo per l’amministrazione di provvedere agli accertamenti sanitari in un momento anteriore alla scadenza del periodo massimo di aspettativa, emerge tuttavia - dalla lettera della legge - la necessità che gli accertamenti avvengano in maniera in qualche modo contestuale alla scadenza del periodo.

5.5.1. In questo senso, invero, depongono le seguenti disposizioni:

a) art. 905, comma 3, del d.lgs. n. 66/2010: “nei casi di aspettativa per infermità si provvede tempestivamente agli accertamenti sanitari”;

b) art. 905, comma 5, del d.lgs. n. 66/2010: “se allo scadere di detto periodo massimo il militare è ancora giudicato non idoneo al servizio incondizionato, lo stesso cessa dal servizio permanente, ai sensi dell’art. 929”;

c) art. 929, comma 1, del d.lgs. n. 66/2010: “il militare … cessa dal servizio permanente ed è collocato, a seconda dell’idoneità, in congedo, nella riserva o in congedo assoluto, quando ….b) non ha riacquistato l’idoneità allo scadere del periodo massimo di aspettativa per infermità temporanea”;

d) circolare n. 806/2000, n. 6 lett. g): “l’invio dell’interessato a visita medica – nel caso in cui lo stesso non riacquisti l’idoneità al servizio militare - in prossimità dello scadere del periodo massimo di aspettativa fruibile nel quinquennio”.

5.5.2. Risulta pertanto che la normativa di riferimento, nonostante non preveda un termine perentorio per l’espletamento dell’accertamento sanitario, introduce allo stesso tempo un carattere di necessaria contestualità di esso con la scadenza del periodo massimo di aspettativa.

5.5.3. La ragione di tale esigenza è ancora più comprensibile se si considera che, laddove la visita medica dovesse intervenire, come avvenuto nel caso di specie, in un momento successivo alla scadenza, si renderebbe di fatto impraticabile la possibilità per il personale giudicato non idoneo - accordabile dalla medesima C.M.O. – di transitare, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della Difesa.

Invero, l’intervento - seppur in un momento successivo - del provvedimento di collocamento in congedo con efficacia retroattiva alla data di superamento del detto termine, comporterebbe inevitabilmente il rigetto dell’istanza di transito a causa dell’inesistenza del rapporto di lavoro al momento del giudizio di inidoneità.

5.5.4. Secondo la costante giurisprudenza amministrativa, infatti:

a) tale fattispecie rappresenta una particolare tipologia di trasferimento nell'ambito della stessa amministrazione di appartenenza, per cui appare evidente come per la sua applicazione si richiede la sussistenza del requisito dell'attualità del rapporto di servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2 ottobre 2006, n. 5758);

b) il provvedimento di cessazione dal servizio presenterebbe natura interamente vincolata, e quindi portata meramente dichiarativa, concernendo dati e situazioni di servizio ai quali la legge direttamente riconnette effetti specificamente determinati, una volta verificata la loro oggettiva sussistenza. Da ciò consegue l’ulteriore corollario che gli effetti del provvedimento di collocamento in congedo dovrebbero retroagire alla data dell’intervenuto superamento del biennio di aspettativa;

invero:

b.1) la legittima aspettativa del dipendente ad essere reimpiegato in altri ruoli dall’amministrazione di appartenenza ha consistenza di vero diritto soggettivo, che scaturisce dal giudizio positivo formulato dalla C.M.O., unico organo abilitato a valutare l'idoneità al servizio civile (Cons. Stato, Sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4854; id., Sez. IV, 18 marzo 2009, n. 1598);

b.2) il diritto soggettivo del dipendente va dunque armonizzato con il riconosciuto carattere dichiarativo del provvedimento di dispensa dal servizio, adottato a seguito del superamento del periodo massimo di aspettativa, al quale la giurisprudenza ascrive effetti ex tunc, decorrenti cioè dalla scadenza del periodo massimo di aspettativa (Cons. Stato, Sez. IV, 28 novembre 2013, n. 5705).

5.6. In ragione di tali considerazioni, la scelta dell'amministrazione di effettuare la visita medica in un momento successivo alla scadenza del periodo massimo di aspettativa risulta essere in contrasto con il principio del "nemo venire contra factum proprium", idoneo a paralizzare ogni tipo di pretesa alla cui base si manifesta un uso capzioso e irrituale del potere giuridico esercitato dal soggetto che ne è il titolare (già in questi termini, Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 24 ottobre 2014, n. 573).

5.7. Calando tali considerazioni nella fattispecie in esame, si osserva quindi che la condotta tenuta dalla stessa amministrazione, in ragione della tempistica adottata per esprimere la possibilità o meno del transito nei ruoli civili, dovuta a proprie ragioni organizzative, è stata causa del decorso del termine successivamente invocato per annullare gli esiti da essa stessa prodotti.

Ciò in quanto, il militare odierno appellante è stato messo nelle condizioni di poter presentare l'istanza di transito soltanto dopo gli esiti della visita, svolta in una data - discrezionalmente determinata dall'amministrazione – successiva al superamento del periodo massimo di aspettativa fruibile nel quinquennio.

Ne consegue, quindi, l'illegittimità delle determinazioni impugnate, le quali finiscono per riversare sul dipendente i ritardi cagionati dalla amministrazione stessa.

6. Può pertanto ritenersi assorbito il secondo motivo di appello con cui si sostiene che nel computo del periodo massimo di aspettativa non avrebbero dovuto essere conteggiati i giorni in cui l’appellante è stato a disposizione degli organi sanitari, per un periodo pari a 104 giorni.

7. Attesa la fondatezza della censura, merita altresì accoglimento la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, nella misura della differenza tra la pensione effettivamente percepita dall’appellante e lo stipendio che lo stesso avrebbe percepito, nel periodo che va dal mese di aprile 2011 fino all’effettivo transito nei ruoli civili dell’Amministrazione della Difesa.

7.1. Non può invece trovare accoglimento la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali, non rinvenendosi nella certificazione medica prodotta sufficiente dimostrazione della circostanza che l’avvenuto congedo dall’Arma dei Carabinieri sarebbe stato causa (o concausa) efficiente del lamentato peggioramento della condizione psichica.

8. Conclusivamente, l'appello deve essere accolto nei limiti anzidetti, da ciò derivando l’annullamento degli atti impugnati, l’accertamento del diritto dell’appellante al transito nel personale civile del Ministero della Difesa e la condanna del Ministero stesso al risarcimento del solo danno patrimoniale.

9. Attesa la peculiarità della fattispecie in esame, le spese del doppio grado di giudizio devono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e:

a) annulla la determinazione prot. n. 50660 del 20 luglio 2011 del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Civile;

b) annulla il decreto n. 1866 del 14 luglio 2011 del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare, II Reparto, V Divisione – Stato Giuridico ed Avanzamento Sottoufficiali, I Sezione;

c) accerta il diritto dell’appellante al transito nel personale civile del Ministero della Difesa;

d) condanna il Ministero appellato al risarcimento dei danni patrimoniali sofferti dall’appellante, nella misura della differenza tra la pensione effettivamente percepita dall’appellante e lo stipendio che lo stesso avrebbe percepito, nel periodo che va dal mese di aprile 2011 fino all’effettivo transito nei ruoli civili dell’Amministrazione della Difesa.

Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessandro Verrico Antonino Anastasi





IL SEGRETARIO
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