Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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enea57
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Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

Messaggio da enea57 »

Gentilmente se qualcuno mi può rispondere:
Sono andato in pensione Febbraio 2011. Mi hanno liguidato tutto compreso il TFS .
A maggio 2017 a seguito di istanza fatta al Cna per omesso pagamento dei parametri stipendiali di Brig. Cap avanzamento a Brig Capo +8 l’INPS provvedeva ad aggiornare la mia pensione con un aumento di circa 30 euro mensili pagando anche 6 anni di arretrati, ma non provvedeva ad aggiornare il mio TFS , è seguito di ulteriore istanza all’INPS rispondevano che sono trascorsi oltre 5 anni e pertanto non mi tocca la riliquidazione.
Chiedo se qualche esperto mi può delucidare in merito e se hanno ragione i cervelloni dell’inps o meno?Graxie per eventuali risposte .
Buona serata a tutti


panorama
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

Messaggio da panorama »

Forse questa Sentenza / Ordinanza farà al caso tuo circa la prescrizione.
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TRENTINO ALTO ADIGE - TN - SENTENZA\ORDINANZA - 44 - 31/10/2017
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SEZIONE - ESITO - NUMERO - ANNO - MATERIA - PUBBLICAZIONE
TRENTINO ALTO ADIGE - TN  - SENTENZA/ORDINANZA - 44 - 2017 - PENSIONI - 31/10/2017



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TRENTINO
ALTO ADIGE - SEDE DI TRENTO

nella persona del Consigliere dott.ssa Grazia Bacchi, in funzione di giudice monocratico in materia di ricorsi pensionistici, a norma dell’art. 5, primo comma, della legge 21 luglio 2000, n. 205;

Esaminati gli atti e documenti di causa;

ha pronunciato, nella udienza del giorno 25 ottobre 2017, con l’assistenza del Segretario, dott. Bruno Mazzon, uditi l’avv. Carlo Costantino De Pompeis in rappresentanza dell’INPS e l’avv. Martina Sacco in sostituzione dell’avv.  Mauro Vecchietti per il ricorrente, la seguente

SENTENZA PARZIALE - ORDINANZA

nel giudizio in materia di pensioni militari, iscritto al n. 4172 del Registro di segreteria, instaurato dal sig. A.M., nato il OMISSIS a OMISSIS, residente in OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Vecchietti, presso il cui studio in Arco (TN), via Santa Caterina, 74/D, ha eletto domicilio, con ricorso avverso l’INPS - Istituto Nazionale Previdenza Sociale, ex Gestione Inpdap.

PREMESSO IN FATTO

Con il ricorso in esame, depositato il 24 luglio 2017, l’interessato, rappresentando di avere prestato servizio presso l'Esercito Italiano in qualità di Maresciallo Maggiore Aiutante sino alla data del 31 dicembre 1992 e di essere transitato in ausiliaria  fino al 26 novembre 1997, ha riferito di essere stato collocato nella riserva dal 27 novembre successivo e che con decreto n. 1291 in data 27 giugno 2006 gli è stata conferita la pensione annua lorda di euro 19.240,14, aumentata con decorrenza dal 27 novembre 1997 delle somme precedentemente maturate a titolo di perequazione; che,  nel frattempo, egli aveva presentato istanza di pensione privilegiata, accolta con il conseguente conferimento del trattamento privilegiato di 8^ categoria con decorrenza dal 1° gennaio 1993.

Allegando un prospetto relativo al trattamento percepito fino al 30 giugno 1998, il ricorrente lamenta che gli siano stati erogati gli emolumenti pensionistici senza incrementarli della perequazione alla data prevista dal decreto del 27 giugno 2006, ed ha sostenuto l’imprescrittibilità del diritto a pensione, il fatto che la rivalutazione o perequazione del trattamento pensionistico ordinario concorre a determinare l'oggetto della prestazione pensionistica stessa,  e che il termine prescrizionale decorre dalla data del provvedimento con il quale i benefici vengono riconosciuti, e non dalla data di spettanza dei ratei; ha soggiunto che la previsione dell'obbligo di perequazione del trattamento pensionistico di cui al decreto del 27 giugno 2006 non è mai stata adempiuta, ed ha rivendicato il diritto alla corresponsione delle somme derivanti dall'applicazione della perequazione anteriore al riconoscimento, avvenuto nel 2006, con il conseguente ricalcolo di  tutti i trattamenti successivi sulla nuova base pensionistica derivante dalla corretta applicazione della norma; ha concluso chiedendo quindi che questa Corte dei conti gli riconosca il diritto “a percepire la perequazione sulle somme a titolo di pensione così come liquidata in data 27 giugno 2006, ad. 3 comma 2° del decreto e per l'effetto condannare l'INPS — Istituto Nazionale Previdenza Sociale, ex gestione INPDAP, a riliquidare il trattamento pensionistico tenuto conto della perequazione maturata e della sua incidenza sugli assegni successivi sino ad oggi, e per l'effetto condannarlo al pagamento del dovuto a titolo di arretrati con rivalutazione ed interessi legali”, con rifusione delle spese di lite.

Con comparsa depositata il 12 ottobre 2017 l'INPS — Istituto Nazionale Previdenza Sociale ha eccepito l’intervenuto decorso del termine di decadenza triennale previsto dall'art. 47 D.P.R. 639/70 come novellato dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv. con  legge n. 111/2011, con riferimento ad una comunicazione indirizzata dall’Inps – gestione ex Inpdap nell'agosto 2012  al sig. M., di rigetto di una sua istanza riguardante la perequazione, allegata dall’Istituto previdenziale agli atti del giudizio; ha sostenuto che la norma, a suo avviso, sarebbe applicabile anche ai pensionati “pubblici” a pena della violazione dei principi costituzionali di eguaglianza, e, pur non avendo portata retroattiva, deve considerarsi applicabile a tutte le prestazioni aventi origine precedente alla sua entrata in vigore come prima decorrenza, e con riferimento a detta data alla stregua di quanto previsto dall’art. 252 delle disposizioni di attuazione del codice civile, in modo che il ricorso avrebbe dovuto essere presentato entro il triennio indicato dalla norma; ha, poi, negato la fondatezza dell’assunto relativo all'operatività della decadenza soltanto con riferimento ai ratei di pensione pregressi ed ha affermato che anche nel regime delle pensioni pubbliche sussiste una norma analoga nel D.P.R.1092/73, ovvero l’art. 205 in materia di revoca e modifica di provvedimenti errati o presunti, la cui validità sarebbe stata confermata dall’art. 8 del successivo D.P.R n 538 del 8 agosto 1986, ed ha infine concesso che, nell'ipotesi più favorevole al ricorrente, data la natura "indisponibile" della pensione si potrebbe ritenere che la decadenza si applichi solo  al diritto ai singoli ratei pregressi, e quindi sarebbero fatti salvi gli eventuali arretrati per i tre anni  precedenti l'inoltro del ricorso giudiziario, avvenuto in data 24 luglio 2017.

L’INPS ha inoltre dedotto la nullità della domanda per carenza di interesse, poiché il ricorrente avrebbe già percepito e continuerebbe a percepire il trattamento pensionistico parametrato ai criteri dei quali qui chiede l’applicazione; anzi, fino alla definitiva riliquidazione egli avrebbe percepito somme anche maggiori di quelle che gli spettavano, con la conseguente formazione di un indebito pensionistico la cui irripetibilità è stata sancita da questa stessa Sezione Giurisdizionale Regionale con sentenza n. 31 del 29 aprile 2009, parzialmente riformata dalla Sezione Seconda Centrale d’Appello con decisione n. 1259 del 2016 unicamente per quanto riguarda la non debenza degli interessi; ad avviso dell’INPS, tale giudicato sarebbe esattamente inerente alla causa petendi dell'attuale ricorso, in quanto la relativa controversia scaturì dal ricalcolo della pensione del ricorrente a seguito del decreto ministeriale del 27 giugno 2006, la cui corretta applicazione è invocata in questa sede.

Evidenziando la mancanza di elementi di fatto e di diritto a supporto della pretesa qui dedotta, l’INPS ha quindi sottolineato come il ricorrente non abbia fatto alcun riferimento al precedente giudizio, limitandosi ad allegare prospetti di calcolo risalenti al 1999, che non possono contenere ovviamente il ricalcolo effettuato in base al decreto del 2006; ha indicato che il trattamento percepito dal ricorrente, con riferimento alla data del 27 novembre 1997, ammontava all’importo di euro 23.475,58, superiore a quello di euro 19.240,14 indicato dal decreto del 2006, aumentato della maggiorazione del 10% per il riconoscimento della pensione privilegiata fino alla concorrenza di euro 21.164,15; importo che il ricorrente riterrebbe incongruo perché privo della perequazione, ed invece in costante aumento fino a raggiungere l’attuale somma di euro 31.428,90.

Sostenendo che controparte non può ignorare la circostanza di avere percepito una somma maggiore di quella derivante dall’applicazione dei decreti di pensione ordinaria del 2006 e di pensione privilegiata del 2008, somma che deriverebbe appunto dalla applicazione della perequazione, e prospettando quindi la sussistenza di una lite temeraria e comunque sicuramente manifestamente infondata, l'INPS ha concluso chiedendo che questa Corte voglia: “In via pregiudiziale dichiarare inammissibile la domanda giudiziale per essere il ricorrente decaduto da ogni possibilità di adire in giudizio l'INPS (gestione pubblica) sulla contestazione per cui è causa, definita amministrativamente nel 2007 con il ricalcolo della pensione o al più nel 2012 e, quindi, ben oltre il termine triennale previsto a pena di decadenza dall'art 47 D.P.R. 639/70 e/o art 205 del D.P.R. 1092/73 applicabile per i trattamenti di quiescenza della Gestione Pubblica.

In via preliminare, dichiarare l'improponibilità e/o improcedibilità della domanda in quanto coperta dal giudicato implicito scaturito dalle sentenze di codesta Corte n.31/2009 parzialmente riformata in grado di appello con sentenza 1259/2016 della Sezione Giurisdizionale Centrale.

Nel merito, dichiarare la domanda nulla ed infondata per carenza di interesse sostanziale essendo stato già riconosciuto al ricorrente, dalla ricorrenza della pensione, il presunto leso diritto e pagato ogni emolumento relativo a seguito del ricalcolo della pensione in ottemperanza del decreto ministeriale del 27 giugno 2006 e di quello del 22/1/2008 che hanno reso definitivi i precedenti trattamenti di pensione provvisori.

 Il tutto con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa con aggravio di responsabilità per aver agito in giudizio con colpa grave intentando una lite temeraria o manifestamente infondata.

In via subordinata, per il solo improbabile caso di accoglimento in parte della pretesa avversa, limitarne la declaratoria di debenza di eventuali potenziali arretrati ai ratei pensionistici degli ultimi tre anni calcolati a ritroso dall'inoltro del ricorso giudiziario in applicazione di quell'interpretazione della norma sulla decadenza, art 47 D.P.R. 639/70, secondo cui, per l'indisponibilità della prestazione, il termine ha effetto solo sui singoli ratei a maturazione successiva periodica.

Ancora in via subordinata, in caso di accoglimento della pretesa, limitare il diritto a percepire eventuali arretrati che dovessero risultare dovuti, entro il termine a ritroso di cinque anni dalla domanda essendo prescritti quelli anteriori.

In ambo tali ultime eventualità dichiarare non spettanti ulteriori accessori sugli arretrati né gli interessi legali (anche in ossequio alla sentenza in grado di appello del precedente giudizio) e tanto più la rivalutazione monetaria in quanto assorbita eventualmente dal maggior tasso degli interessi”.

Alla odierna udienza l’avv. Sacco in sostituzione dell’avv. Vecchietti per il ricorrente ha precisato che l’esecuzione  del decreto del 27 giugno 2006 da parte dell’Inps è scorretta in quanto non tiene conto delle somme precedentemente maturate a titolo di perequazione nel periodo dal 1993 al 1997; ha poi chiesto, pur ammettendo di non avere preso visione della documentazione allegata agli atti dalla difesa dell’Inps, che venga ordinato a detto Istituto di produrre il prospetto dei conteggi relativi alla liquidazione del trattamento pensionistico spettante al suo assistito in applicazione di detto decreto.

L’avv. De Pompeis ha insistito nella eccezione pregiudiziale di decadenza contenuta nella comparsa di costituzione; dietro richiesta del G.U., di specificare i conteggi contenuti nei prospetti allegati a detta comparsa sub nn. 4 e 5, ha precisato che le somme riportate nel doc. n. 4 indicano l’importo degli arretrati corrisposti dall’Inps al ricorrente anche a titolo di perequazione, ed  ha ribadito che era onere del ricorrente stesso specificare il titolo esatto in base al quale gli sono stati corrisposti emolumenti pensionistici di importo superiore rispetto a quelli che gli spettavano in applicazione dei provvedimenti del 2006 e del 2008.

La difesa del ricorrente ha contestato i contenuti della comparsa di costituzione dell’Inps, ed in particolare le eccezioni di decadenza e di prescrizione ; ha negato l’applicabilità del D.P.R. n. 639/70 in quanto riguardante il regime pensionistico privato, e l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 205 del D.P.R. n. 1092/73 in quanto non viene richiesta alcuna revoca o modifica del provvedimento pensionistico, bensì la sua corretta esecuzione.

La difesa dell’Inps ha ribadito l’applicabilità del disposto dell’art. 47 del D.P.R. n. 639/70 alla fattispecie in esame a pena della violazione del principio di uguaglianza, invitando il G.U. a valutare i profili di incostituzionalità prospettati; ha, poi, preso atto che viene contestato il quantum della prestazione pensionistica ed ha invitato la difesa del ricorrente a produrre il prospetto degli emolumenti che a suo avviso quest’ultimo avrebbe dovuto percepire in base ai provvedimenti del 2006 e del 2008.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1) La pretesa dedotta in giudizio, relativa al riconoscimento del diritto  del ricorrente a percepire la perequazione sulle somme a titolo di pensione così come liquidata in data 27 giugno 2006, e ad ottenere la condanna dell’INPS, ex gestione INPDAP, “a riliquidare il trattamento pensionistico tenuto conto della perequazione maturata e della sua incidenza sugli assegni successivi sino ad oggi, e per l'effetto condannarlo al pagamento del dovuto a titolo di arretrati con rivalutazione ed interessi legali”, non appare matura per la decisione nel merito.

Può invece essere resa pronuncia definitiva sulla questione posta dall’Istituto previdenziale in via pregiudiziale, e relativa alla intervenuta decadenza dall’azione, per il decorso del termine triennale previsto dall'art 47 D.P.R. 639/70. Detta norma, novellata dall’art. 38 D.l. n. 98/2011, con il comma 1 ha previsto che, esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l'azione dinanzi l'autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 459 e seguenti del codice di procedura civile; la norma, nei commi successivi, ha previsto espresse decadenze, ed ha statuito, all’ultimo comma, aggiunto dal numero 1) della lettera d) del comma 1 dell'art. 38, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, che “le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”.

Tuttavia, la normativa invocata dall’INPS attiene alle diverse controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, mentre la normativa sostanziale che riguarda la previdenza pubblica fa riferimento al DPR n. 1092/1973, in cui non sono previste norme che sottopongano a termini di decadenza l’esercizio dell’azione giudiziaria, salva la prescrizione dei ratei pensionistici.

Non appaiono inoltre apprezzabili le censure di incostituzionalità prospettate dall’Inps sotto il profilo della disparità di trattamento tra i pensionati “privati” e quelli “pubblici”, proprio alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale: infatti, il Giudice delle leggi, pronunciandosi con sentenza n. 126 del 26 marzo 1991 sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 del D.P.R. n. 1092/93 sollevata con ordinanza del 4 aprile 1990  dalla Corte dei conti, Sezione quarta giurisdizionale, con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, “per la parte in cui ha stabilito la imprescrittibilità del diritto al trattamento di quiescenza dei lavoratori pubblici dipendenti e conseguentemente ha consentito la impugnabilità in sede giurisdizionale dei relativi provvedimenti amministrativi senza limiti di tempo, in difformità a quanto stabilito nella stessa materia dagli artt. 58 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, per tutti gli altri lavoratori”, ha indicato che “La comparazione non può essere istituita tra norme che non hanno lo stesso oggetto: quella impugnata prevede la non prescrittibilità del diritto sostanziale mentre le altre due, impropriamente confrontate, stabiliscono il termine di decadenza per l'impugnativa in giudizio dei provvedimenti dell'I.N.P.S.”.

Pertanto, come rilevato dalla S.G. Sardegna con la recente  sentenza n. 102/2017  “La differenza tra i regimi pensionistici aveva a suo tempo superato il vaglio di costituzionalità, avendo ritenuto, il Giudice delle Leggi, che l’art. 5, del DPR 29 dicembre 1973, n. 1092, non fosse in contrasto con l'art. 3 Cost., non essendo possibile una comparazione tra tale norma, che stabilisce l'imprescrittibilità del diritto sostanziale alla pensione, e quelle degli art. 58, l. n. 153 del 1969 e 47, d. p. r. n. 639 del 1970, che invece stabiliscono termini di decadenza per l'impugnativa dei provvedimenti dell'Inps, in materia di prestazioni pensionistiche (cfr. Corte cost., 26-03-1991, n. 126)”. In linea con detto orientamento - e nel senso di negare l’applicazione della normativa invocata ai giudizi pensionistici davanti alla Corte dei conti, in  quanto essa trova applicazione solo nelle controversie in materia di trattamenti pensionistici gestiti dall’Assicurazione Generale Obbligatoria su cui ha giurisdizione il G.O. e non nel giudizio pensionistico dinanzi alla Corte dei conti, regolato da specifiche disposizioni -  è peraltro costante giurisprudenza di questa Corte dei conti: si vedano, al proposito, anche S.G. Puglia, n. 420/2017, S.G. Piemonte, n. 1/2017; n. 251/2016; S.G. Liguria, n. 65/2014, e giurisprudenza ivi richiamata; S.G. Lazio, n. 337/2005, e conformi.

Ne’, a tal fine, rileva il parallelismo con l’invocata norma che l’INPS ha individuato nel disposto dell’art. 205 del D.P.R. n. 1092 del 1973, poiché esso riguarda la iniziativa ed i termini per la modifica del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, nel caso in esame il decreto n. 1291 del 27 giugno 2006, il cui contenuto non è in contestazione, mentre la materia del contendere verte piuttosto sulla sua corretta esecuzione.

Pertanto, l’eccezione di decadenza prospettata dall’Inps, per l’intervenuto decorso del termine triennale previsto dall'art 47 D.P.R. 639/70 e/o dall’art. 205 del D.P.R. 1092/73 applicabile per i trattamenti di quiescenza della Gestione Pubblica, non merita accoglimento.

2) Si rileva, inoltre, che la difesa dell’Istituto previdenziale ha depositato la nota prot. 25384/2012 in data 8 agosto 2012 dell’Inps – Gestione ex Inpdap, con la quale, corrispondendo ad una “richiesta di revisione della pensione del 25.7.2012” inoltrata dal ricorrente con riferimento all’applicazione dei decreti di pensione ordinaria n. 1291 del 27 giugno 2006 e di PPO n. 189/3 del 22 gennaio 2008, “si fa presente che il calcolo delle perequazioni è stato correttamente determinato in base a quanto previsto dalla L. 177/76 e dai Decreti che annualmente stabiliscono le percentuali di accrescimento delle pensioni, in base all’aumento del costo della vita”; non è stata tuttavia allegata la corrispondente richiesta del ricorrente, il cui esame è necessario ai fini del presente giudizio.

Ciò premesso, e per quanto riguarda il merito del giudizio, si osserva che il nucleo della questione, come anche delimitato all’esito della discussione alla odierna udienza, riguarda la corretta attuazione del decreto del Comando Logistico dell’Esercito n. 1291 del 27 giugno 2006, di conferimento della pensione ordinaria annua al ricorrente, nella parte in cui dispone, con riferimento alla data del 27 novembre 1997, di transito nella riserva, che “La presente pensione dovrà essere aumentata, alla stessa data, delle somme precedentemente maturate a titolo di perequazione”.

Il ricorrente, allegando agli atti del giudizio prospetti relativi al calcolo della pensione relativi agli anni 1993 -1998, nega di avere ricevuto le somme dovutegli a detto titolo, mentre l’Inps, dopo avere sollevato in via preliminare l’eccezione di improponibilità e/o improcedibilità della domanda in quanto coperta dal giudicato implicito scaturito dalle sentenze di questa Sezione Giurisdizionale Regionale n.31/2009 parzialmente riformata in grado di appello con sentenza 1259/2016 della Sezione Giurisdizionale Centrale, relative ad una fattispecie di irripetibilità di indebito formatosi per l’erogazione di maggiori somme sul trattamento pensionistico provvisorio del ricorrente, ha allegato agli atti a propria volta i prospetti relativi al trattamento pensionistico percepito da quest’ultimo fino al 2007, comprensivi di arretrati che la difesa dell’Istituto previdenziale assume essere pertinenti alle somme dovute a titolo perequativo, addirittura versate in eccedenza rispetto a quanto dovuto a titolo di trattamento pensionistico definitivo.

Tuttavia, allo stato degli atti, non è possibile individuare con certezza se gli importi globalmente indicati nel prospetto allegato dall’Inps  e genericamente definiti come arretrati corrispondano effettivamente – in mancanza dei pertinenti conteggi - alle somme dovute al ricorrente  come disposto dal decreto del Comando Logistico dell’Esercito n. 1291 del 27 giugno 2006, e, d’altro canto, la sua domanda non appare supportata da una prova sufficiente circa la relativa, omessa corresponsione; inoltre, gli uffici Inps non hanno provveduto al deposito della “documentazione in base alla quale è stato proposto il ricorso in oggetto”, richiesta dalla Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale Regionale con nota  del 29 agosto 2017.

Pertanto, si rende necessaria, ai fini di una informata decisione, l’acquisizione, a cura degli uffici Inps, Gestione ex Inpdap, di copia del fascicolo amministrativo del sig. A.M., comprensivo, in particolare, della richiesta del ricorrente cui corrisponde la nota prot. 25384/2012 in data 8 agosto 2012 dell’Inps – Gestione ex Inpdap, nonché di una relazione esplicativa della documentazione prodotta, in particolare diretta a specificare i criteri di applicazione dei meccanismi perequativi sul trattamento di quiescenza del ricorrente in applicazione del decreto n. 1291 del 27 giugno 2006 del Comando Logistico dell’Esercito Italiano ed al decreto di PPO n. 189/3 del 22 gennaio 2008 del Ministero della Difesa - Dir. Gen.le pensioni Militari. Sulla scorta di detta documentazione, la difesa dell’INPS dovrà depositare una memoria integrativa con cui si prenda motivata e dettagliata posizione in ordine ai conteggi prodotti dagli uffici amministrativi dello stesso Istituto previdenziale e si precisino le conclusioni; infine, la difesa del ricorrente dovrà depositare una memoria integrativa di replica, con la quale vengano indicate in dettaglio le somme che si sostengono dovute e non corrisposte a titolo di perequazione, con preciso riferimento alle norme vigenti nel tempo e delle quali si richiede l’applicazione, nonché vengano precisate le conclusioni.

PER QUESTI MOTIVI

Il Giudice Unico presso la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per il Trentino – Alto Adige con sede in Trento, non definitivamente pronunciando sul ricorso iscritto al n. 4172 del Registro di Segreteria, proposto dal sig. A.M., respinge l’eccezione di decadenza sollevata in via pregiudiziale dall’Inps;
Interlocutoriamente pronunziando, ex art. 165 CGC,

ORDINA

che gli uffici Inps, gestione ex Inpdap provvedano a depositare entro il 15 novembre 2017 copia del fascicolo amministrativo del sig. A.M., comprensivo, in particolare, della richiesta del ricorrente cui corrisponde la nota prot. 25384/2012 in data 8 agosto 2012 dell’Inps – Gestione ex Inpdap, nonché una relazione esplicativa della documentazione prodotta, in particolare diretta a specificare i criteri di applicazione dei meccanismi perequativi sul trattamento di quiescenza del ricorrente in applicazione del decreto n. 1291 del 27 giugno 2006 del Comando Logistico dell’Esercito Italiano ed al decreto di PPO n. 189/3 del 22 gennaio 2008 del Ministero della Difesa - Dir. Gen.le pensioni Militari;

da’ termine alla difesa dell’INPS fino al 30 novembre 2017 per il deposito di una memoria integrativa con cui si prenda motivata e dettagliata posizione in ordine ai conteggi prodotti dagli uffici amministrativi dello stesso Istituto previdenziale e per precisare le conclusioni;

da’ termine alla difesa del ricorrente fino al 15 dicembre 2017 per il deposito di una memoria integrativa di replica, con la quale vengano indicate in dettaglio le somme che si sostengono dovute e non corrisposte a titolo di perequazione, con preciso riferimento alla normativa vigente, nonché vengano precisate le conclusioni;

rinvia la trattazione della causa all’udienza del 24 gennaio 2018 ad ore 10,00.

Spese al definitivo.
Così deciso in Trento, il giorno 25 ottobre 2017.
IL GIUDICE UNICO
                                               (Grazia BACCHI)
 

Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 31 ottobre 2017
 

PER Il DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
Il Funzionario f.f.
Adriano Rosa
 
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N.B.: riserva
 
 
 
 
 
 
 
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

Messaggio da enea57 »

Grazie per la risposta , la leggerò con attenzione,ma
Credo che la mia situazione è un po’ diversa,
A me hanno ri liquidato la pensione con gli arretrati dal 2011 a oggi,
Ma non vogliono riliquidare il TFS in quando dicono che sono trascorsi oltre 5 anni dalla pensione.
Praticamente io mi sono accorto, purtroppo , agli inizi di gennaio 2017 che il Cna aveva inviato nel 2011 il PA04 all’INPS omettendo di inserire i nuovi parametri di brig. Capo + 8 e gli scatti malattia per causa di servizio ex codice 100 dell’allora statino paga . E su mia istanza
A maggio del 2017 il Cna provvedeva a pagarmi gli arretrati dovuti fino a quando ero in Servizio , e inviava il nuovo modello PA04 aggiornato all’INPS , per rivalutare il tutto . Cosa che L’Ente ha fatto solo con la pensione e negando la riliquidazione del TFS.
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

Messaggio da panorama »

A mio parere, Non avendo Tu colpa dell'omesso aggiornamento del tuo parametro stipendiale relativo al grado di Brig.Ca. ma la colpa e del CNA di Chieti, io farei ricorso alla Corte dei Conti citando in giudizio il CNA per la responsabilità amministrativa e l'INPS per la mancata riliquidazione del TFS anche se le somme saranno di poca somma ma per una questione personale non la farei morire così questa situazione. Ciò perchè, se il CNA ha fatto dei sbagli sulla tua pensione e poi ha rimediato a correggere l'omesso aggiornamento parametrale e l'ha fatto oggi per allora, sicuramente non dovrebbe andare a prescrizione per come dice lINPS. Ecco perchè non condivido la tesi dell'INPS.
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

Messaggio da enea57 »

SICURAMENTE, e una questione di puntiglio e poi non capisco la pensione si e il TFS no ,
ma che tu sappia c'è qualche legge che prevede questa scadenza dei termini?
COMUNQUE SEMPRE GRAZIE PER LE RISPOSTE
gino59
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

Messaggio da gino59 »

enea57 ha scritto:SICURAMENTE, e una questione di puntiglio e poi non capisco la pensione si e il TFS no ,
ma che tu sappia c'è qualche legge che prevede questa scadenza dei termini?
COMUNQUE SEMPRE GRAZIE PER LE RISPOSTE
======================Leggi attentamente quanto è scritto sotto======================


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I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica)
Nota 14-4-2006 n. 6
Riliquidazione indennità di buonuscita. Prescrizione del diritto.
Emanata dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, Direzione centrale TFS TFR e previdenza complementare, Ufficio I - TFS TFR.
D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032

L. 15 luglio 1950, n. 539

R.D. 30 settembre 1922, n. 1290



Nota 14 aprile 2006, n. 6

Riliquidazione indennità di buonuscita. Prescrizione del diritto.



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Emanata dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, Direzione centrale TFS TFR e previdenza complementare, Ufficio I - TFS TFR.







Ai Dirigenti generali centrali e compartimentali
Ai Dirigenti degli Uffici centrali, autonomi,
compartimentali e provinciali
Ai Coordinatori generali delle consulenze
Loro Sedi




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Alcune Sedi provinciali hanno chiesto chiarimenti in merito ai termini prescrizionali del diritto all'indennità di buonuscita, considerato che talvolta le Amministrazioni statali trasmettono la documentazione necessaria alla riliquidazione delle prestazioni (mod. PL/2) anche a distanza di dieci o più anni dall'avvenuta risoluzione del rapporto di lavoro.

Stanno ad esempio pervenendo all'Istituto richieste di riliquidazione per l'applicazione dei benefici previsti dagli artt. 43 e 43 del R.D. n. 1290 del 1922, come integrato dalla legge n. 539 del 1950, relativi a personale cessato dal servizio fin dal 1986.

Come è noto, l'art. 20 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, dispone che il diritto alla buonuscita da parte dell'ex iscritto o dei suoi aventi causa si prescrive nel termine di cinque anni dalla data in cui è sorto.

In caso di riliquidazione della prestazione, pertanto, fermo restando il termine quinquennale di prescrizione, la questione non può che riguardare l'individuazione del "dies a quo" da prendere a riferimento per il computo di detto termine.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai risalente nel tempo, e in base al quale l'Istituto ha diramato la lettera circolare n. 974/M del 20 maggio 1999, nell'ipotesi in cui «per fatto dell'Amministrazione fosse intercorso un notevole intervallo di tempo tra il sorgere del diritto ed il concreto suo riconoscimento in capo al soggetto attraverso l'intermediazione di un atto amministrativo adottato d'ufficio» il "dies a quo" per la prescrizione del diritto andava computato dalla data di assunzione di tale ultimo atto.

Nel corso degli ultimi anni, però, tale orientamento è stato superato e la più recente giurisprudenza non attribuisce più rilievo decisivo a momenti diversi e distinti da quello genetico che determina il sorgere del diritto.

In particolare, il Consiglio di Stato, in caso di benefici economici riconosciuti da un D.P.R., ha fissato il termine prescrizionale dal momento della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, indipendentemente dalla adozione dei necessari atti successivi da parte dell'Amministrazione di appartenenza dell'iscritto.

Tanto premesso, e considerato che l'Istituto non può rinunciare ad eccepire l'intervenuta prescrizione del diritto ad una prestazione a suo carico, si precisa, su conforme parere dell'Avvocatura interna, che nel caso in cui pervengano all'I.N.P.D.A.P. progetti di riliquidazione (mod. PL/2) a seguito di disposizioni normative o contrattuali che modifichino lo stato giuridico o il trattamento economico dell'iscritto, le Sedi dovranno eccepire la prescrizione laddove i provvedimenti siano stati assunti dalle Amministrazioni di appartenenza oltre il quinquennio dalla data di entrata in vigore della legge o del contratto che ne costituiscono il presupposto, o gli stessi atti, sebbene assunti in tempo utile, siano stati trasmessi oltre il termine dei cinque anni.

Si rammenta che la prescrizione non potrà essere però eccepita in presenza di validi atti interruttivi prodotti dall'ex iscritto pure se indirizzati alla sola Amministrazione di appartenenza.



Il Dirigente generale

Dr. Maurizio Manente
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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per orientamento
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L’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla resistente è solo parzialmente fondata.

- ) - In particolare, la rideterminazione del trattamento di fine rapporto costituisce una questione estranea alla giurisdizione pensionistica della Corte dei conti, delineata dall’art. 62 del T.U. 12 luglio 1934, n.1214, dall’art. 6 della L. 14 gennaio 1994, n.19, e dall’art. 5 della L. 21 luglio 2000, n.205, trattandosi di un beneficio di natura retributiva, inerente il rapporto di pubblico impiego e, di conseguenza, ricompresa nella giurisdizione del giudice di tale rapporto.

La Corte dei Conti così decreta:

1. rigetta la domanda volta ad ottenere la riliquidazione del trattamento di quiescenza;

2. dichiara inammissibile la domanda volta al ricalcolo della buonuscita per difetto di giurisdizione della Corte dei Conti e indica, quale giudice munito di giurisdizione il giudice amministrativo;

N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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SICILIA SENTENZA 953 23/12/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 953 2016 PENSIONI 23/12/2016
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REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
Il Giudice Unico delle Pensioni
Adriana Parlato

ha pronunciato la seguente
sentenza n. 953/2016

sul giudizio in materia di pensione iscritto al n. 60797 del registro di segreteria, depositato in data 28 dicembre 2012, proposto da T. F., nato OMISSIS, elettivamente domiciliato a Catania, in via Musumeci n.139, presso lo studio dell’avvocato Antonino Pastore, che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;

contro

il Ministero della Difesa - Direzione Generale Marina Militare – Direzione di Commissariato Marina Militare;

Visti il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;

Esaminati gli atti ed i documenti della causa;
Udito, alla pubblica udienza del 29 settembre 2016, l’avvocato Antonino Pastore;

Premesso in
Fatto

Il ricorrente, già Capitano di Vascello a decorrere dalla data dal 1° luglio 2011, attualmente in quiescenza, ha proposto il presente gravame per ottenere la riliquidazione del proprio trattamento pensionistico provvisorio, liquidato, in osservanza di quanto stabilito dagli commi 1 e 21 dell’art. 9 della legge 122/2010, senza tener conto dell’indennità perequativa corrispondente al grado di Capitano di Vascello e degli incrementi stipendiali maturati sino al limite di età.

L’amministrazione, in data 27 gennaio 2016, trasmetteva documentazione afferente la posizione pensionistica controversa.

Il G.U., in esito all’udienza del 29 settembre 2016, richiedeva al Ministero della Difesa di trasmettere una dettagliata relazione riguardante la liquidazione del trattamento pensionistico attribuito al ricorrente, con particolare riguardo agli emolumenti contestati, corredandola della pertinente documentazione.

L’amministrazione faceva pervenire i chiarimenti richiesti con una nota depositata il 16 settembre 2016, in cui eccepiva pure il difetto di giurisdizione del giudice adito, trattandosi di questioni concernenti aspetti stipendiali, seppure comportanti riflessi pensionistici.

All’udienza del 29 settembre 2016 l’avvocato Pastore insisteva nelle richieste formulate con il ricorso introduttivo; la causa, quindi era trattenuta per la decisione e, al termine dell’udienza, previa camera di consiglio, il Giudicante, costatata l’assenza di pubblico effettuava gli adempimenti di cui al nuovo testo dell’art. 429 c.p.c.

Considerato in
Diritto

1. L’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla resistente è solo parzialmente fondata.

a. In particolare, la rideterminazione del trattamento di fine rapporto costituisce una questione estranea alla giurisdizione pensionistica della Corte dei conti, delineata dall’art. 62 del T.U. 12 luglio 1934, n.1214, dall’art. 6 della L. 14 gennaio 1994, n.19, e dall’art. 5 della L. 21 luglio 2000, n.205, trattandosi di un beneficio di natura retributiva, inerente il rapporto di pubblico impiego e, di conseguenza, ricompresa nella giurisdizione del giudice di tale rapporto.

Nel caso di specie, la controversia deve essere devoluta al giudice amministrativo, ricorrendo un’ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 165/2001, lo stesso ha mantenuto la propria giurisdizione esclusiva.

Si provvede, pertanto, ad individuare, secondo quanto stabilito dall’art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, il G. A., quale giudice munito di giurisdizione sulla domanda in questione.

b. Per il resto, invece, il giudice contabile è munito di giurisdizione, trattandosi di pretese non aventi ad oggetto lo stipendio spettante all’istante quando svolgeva il servizio attivo ma la ricostruzione della retribuzione ai soli fini del trattamento di quiescenza.

2. Nel merito, si osserva che l’indennità perequativa di Capitano di Vascello è già stata concessa a far data dalla promozione dell’interessato, secondo quanto stabilito dalla circolare della Direzione Generale per il personale Militare, adottata in data 5 marzo 2015, determinandosi sotto tale profilo la cessazione della materia del contendere.

Gli incrementi stipendiali non corrisposti a causa del c.d. blocco stipendiale, invece, non sono stati computati nella base pensionistica.

Sotto tale profilo l’operato dell’amministrazione appare corretto.

Si rammenta, infatti, che, in base all’art. 53 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (recante il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato dello stesso D.P.R.), riguardante il personale militare, la base pensionabile è costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga o retribuzione e dagli assegni o indennità pensionabili, specificamente indicati, “integralmente percepiti”.

Nell’ipotesi in esame il requisito stabilito dalla norma richiamata non risulta soddisfatto, in quanto, dal momento che l’erogazione e la percezione dei miglioramenti retributivi di cui si discute sono state bloccate ex lege, gli stessi non stati integralmente percepiti e, di conseguenza non possono confluire nella base pensionabile (cfr. la sentenza della Sezione Calabria n. 183/2016 e le decisione della Sezione Piemonte n. 247/2016 e 195/2016).

Con riguardo all’aspetto da ultimo esaminato, pertanto, il ricorso non merita accoglimento.

3. La novità e la difficoltà delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese fra le parti.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, il giudice Unico per le Pensioni, definitivamente pronunciando:

1. rigetta la domanda volta ad ottenere la riliquidazione del trattamento di quiescenza;

2. dichiara inammissibile la domanda volta al ricalcolo della buonuscita per difetto di giurisdizione della Corte dei Conti e indica, quale giudice munito di giurisdizione il giudice amministrativo;

3. Spese compensate.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Palermo, in data 29 settembre 2016.
Il Giudice
F.to Adriana Parlato
Depositata in Segreteria nei modi di legge
Palermo, 20 dicembre 2016


Pubblicata il 23 dicembre 2016


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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

Messaggio da panorama »

militare dell’Arma dei carabinieri posto in congedo per riforma dal 14.9.2002, ha chiesto la riliquidazione del TFR, dell’equo indennizzo e della pensione ordinaria e/o privilegiata, come conseguenti al provvedimento di promozione al grado superiore di brigadiere.
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La Corte dei Conti precisa:

1) - Per quanto riguarda la richiesta relativa alla riliquidazione del trattamento pensionistico, si ritiene necessario ordinare un supplemento istruttorio a cui si provvede con separata ordinanza.

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SICILIA SENTENZA 585 04/10/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 585 2017 PENSIONI 04/10/2017
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

Dott.ssa Igina Maio ha pronunciato la seguente
SENTENZA NON DEFINITIVA - 585/2017

nel giudizio di pensione, iscritto al n. 63267 del registro di segreteria,
promosso da
T. I., nato OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Angelico del Foro di Siracusa;

nei confronti di
INPS, rappresentato e difeso dall’avv. Adriana Giovanna Rizzo;

Comando Legione Carabinieri Sicilia;

VISTI il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;
UDITO, nella pubblica udienza del 28.9.2017, l’avv. Tiziana Giovanna Norrito, in sostituzione dell’avv. Adriana Giovanna Rizzo, per l’Inps, assenti parte ricorrente e l’amministrazione militare.

FATTO E DIRITTO

Il sig. T., titolare di trattamento pensionistico privilegiato erogato dall’Inpdap (oggi Inps) di Siracusa, quale militare dell’Arma dei carabinieri posto in congedo per riforma dal 14.9.2002, ha chiesto la riliquidazione del TFR, dell’equo indennizzo e della pensione ordinaria e/o privilegiata, come conseguenti al provvedimento di promozione al grado superiore di brigadiere.

Rappresentava che la promozione gli era stata attribuita con decreto n.198 del 2005, con decorrenza dal 12.9.2002; tuttavia, ne era venuto a conoscenza solo nel 2009. Riteneva, pertanto, che nessuna prescrizione poteva essere decorsa a suo danno, nonostante prima l’Inpdap e poi l’Inps avessero eccepito l’intervenuta prescrizione del diritto alla riliquidazione del TFR e dell’equo indennizzo, essendo trascorsi più di cinque anni tra il decreto di promozione e la prima richiesta di riliquidazione.

Quanto alla pensione, l’Inps con nota del 30.5.2013, aveva comunicato che il decreto n.184 del 14.10.2011 - con il quale il Comando legione carabinieri Sicilia aveva riliquidato l’importo della pensione ordinaria sulla base del grado di brigadiere – non era stato messo in pagamento in quanto ciò avrebbe determinato una riduzione della rata pensionistica, atteso che il ricorrente era titolare di pensione privilegiata. Attendeva, dunque, che l’amministrazione di appartenenza riliquidasse la pensione privilegiata.

Conseguentemente, il sig. T. citava in giudizio l’Inps, chiedendo la riliquidazione del TFR, dell’equo indennizzo, della pensione ordinaria e/o privilegiata con arretrati a decorrere dal 12.9.2002. In via istruttoria, chiedeva nominarsi CTU per la determinazione delle somme a lui spettanti.

L’Inps si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione di questa Corte sulle domande concernenti il TFR e l’equo indennizzo. In relazione alle stesse domande eccepiva altresì l’intervenuta prescrizione. Quanto alla domanda di riliquidazione della pensione, osservava, come già comunicato nella nota del 30.5.2013, che la riliquidazione del solo trattamento ordinario si sarebbe risolto in un peggioramento della posizione del ricorrente, mentre alla riliquidazione del trattamento privilegiato non poteva procedere nell’attesa del decreto concessivo della pensione privilegiata a vita. Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda; in via subordinata eccepiva la prescrizione dei ratei maturati nel periodo anteriore al quinquennio antecedente la domanda amministrativa presentata in data 8.1.2013.

Si opponeva, infine, alla richiesta di nomina di CTU, riservandosi di nominare un CTP nella denegata ipotesi di accoglimento.

Ad esito della precedente udienza del 6 aprile 2017, con ordinanza n. 76/2017, disponeva, a cura di parte attrice, l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Arma dei carabinieri - Comando Legione Carabinieri Sicilia, quale ordinatore primario di spesa.

In data 29.8.2017, il Comando Legione Carabinieri Sicilia faceva pervenire memoria, con allegata documentazione, nella quale rappresentava che, in data 14.10.2011, aveva trasmesso al Ministero della difesa il decreto di riliquidazione della pensione ordinaria n.134 per l’eventuale successiva riliquidazione della pensione privilegiata.

All’udienza odierna, il rappresentante dell’Inps insisteva nelle conclusioni agli atti.

Ciò premesso, preliminarmente, occorre dichiarare il difetto di giurisdizione relativamente alle domande concernenti l'equo indennizzo e il TFR.

L’equo indennizzo è, infatti, una prestazione indennitaria, di natura non previdenziale, attribuita al dipendente che abbia subito una perdita o menomazione della integrità psicofisica in conseguenza di infermità o lesione contratta per causa di servizio ed a prescindere dalla responsabilità a titolo di colpa o dolo del datore di lavoro.

Tale materia esula, quindi, dalla giurisdizione della Corte dei Conti in materia pensionistica (delineata dall’art. 62 del T.U. 12.7.1934, n.1214, dall’art. 6 della L. 14.1.1994, n.19, e dall’art. 5 della L. 21.7.2000, n.205), come anche sancito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (v. SS.UU, sent. n. 3601 del 28/5/1986) e da quella consolidata della Corte dei Conti (per tutte SS.RR. n.67/c del 8/10/1987).

Parimenti sulla domanda attorea tesa ad ottenere la riliquidazione dell’indennità di fine rapporto si osserva che la giurisprudenza, sia del Giudice contabile (ex multis Sezione Giurisdizionale Lombardia n. 1569 del 30.11.2000, Sezione Giurisdizionale Sicilia n. 60 del 22.03.1995), sia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 433 del 14 giugno 2000 n. 433; n. 130 del 12 aprile 2000), è unanime nell’affermare che non sussiste la competenza della Corte dei Conti in detta materia.

Alla luce delle disposizioni degli articoli 3 e 63 del decreto legislativo n.165/2001, va, pertanto, dichiarato il difetto di giurisdizione di questo Giudice, rientrando la controversia nella giurisdizione del giudice amministrativo.

Per quanto riguarda la richiesta relativa alla riliquidazione del trattamento pensionistico, si ritiene necessario ordinare un supplemento istruttorio a cui si provvede con separata ordinanza.

Spese al definitivo.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice Unico delle Pensioni, non definitivamente pronunciando, dichiara il difetto di giurisdizione di questa Corte relativamente alle domande concernenti l’equo indennizzo ed il TFR, dovendo ritenersi munito di giurisdizione il giudice del rapporto di lavoro.

Dispone con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio.

Spese al definitivo.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 28.9.2017.
IL GIUDICE
F.to Igina Maio
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 28 settembre 2017


Pubblicata il 04 ottobre 2017


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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201801508 - Public 2018-06-11 -

Numero 01508/2018 e data 11/06/2018 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 18 aprile 2018


NUMERO AFFARE 01335/2015

OGGETTO:
Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Gestione Commissariale del Fondo buonuscita lavoratori Poste italiane.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal sig. Sergio Granelli contro la Gestione Commissariale del Fondo buonuscita per i lavoratori delle Poste italiane -ex Ipost- per l’annullamento del provvedimento di diniego del ricalcolo della indennità di buonuscita.

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 36/0012061/MA004.A013 del 28 luglio 2015 con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha trasmesso la relazione e richiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Antonella Manzione;


Premesso e considerato:

Con il ricorso straordinario in oggetto il ricorrente, dipendente di ‘Poste italiane’ fino al 1° febbraio 1995, impugna il provvedimento datato 10 ottobre 2013 con il quale la Gestione Commissariale dell’apposito fondo per i lavoratori di Poste italiane gli ha negato il ricalcolo dell’indennità di buonuscita.

In particolare, lamenta la doverosità di suddetto ricalcolo in ragione della necessità di tener conto dell’avvenuta reintegra nel posto di lavoro a seguito di annullamento da parte del giudice (sentenza del Tribunale di Spoleto dell’8 novembre 2000, n. 386) dell’avvenuto collocamento unilaterale a riposo per raggiungimento del massimo dell’anzianità contributiva. L’istanza di riliquidazione dell’indennità di buonuscita, peraltro, sarebbe stata avanzata una prima volta dopo il collocamento in quiescenza per raggiunti limiti di età, sopravvenuto il 1° giugno 2001, e variamente reiterata, sempre con esito negativo. In particolare, il primo diniego gli perveniva da Ipost, per la asserita ragione della non doverosità dello stesso <<non essendo trascorso un anno dalla data di riassunzione – avvenuta il 29 dicembre 2000, n.d.r. - a quella di cessazione>>; i successivi, a firma della Gestione Commissariale, si appellavano invece alla asserita avvenuta maturazione della prescrizione quinquennale di cui all’ art. 20 del d. P.R. n. 1032/1973.

Il provvedimento oggetto dell’odierno gravame è confermativo dei precedenti dinieghi.

Il Ministero in via preliminare eccepisce la inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione. Nel merito, ne riconosce tuttavia la fondatezza, dovendo nel caso di specie trovare applicazione il termine di prescrizione decennale e non quello quinquennale posto a supporto da ultimo anche del provvedimento avversato.

La Sezione ritiene assorbente la rilevata eccezione di inammissibilità, cui aderisce.

In materia di indennità di buonuscita, l’art. 6 della l. 20 marzo 1980, n. 75, così statuiva: <<Le controversie in materia di indennità di buonuscita e di indennità di cessazione del rapporto d'impiego relative al personale dello Stato e delle aziende autonome appartengono alla giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi regionali; è abrogata ogni diversa disposizione.>> Tale disposizione, tuttavia, è stata abrogata esplicitamente dall'articolo 4, comma 1, punto 12, dell'Allegato 4 al C.P.A.

L’odierna controversia trae origine dall’invocato ricongiungimento tra il periodo lavorativo post reintegra disposta dal giudice e il tempo di indebito collocamento unilaterale a riposo per raggiungimento della massima età contributiva. La richiesta, peraltro, si inserisce in un complesso contenzioso dell’interessato con l’Amministrazione di appartenenza, che asserisce a sua volta di vantare un diritto al recupero dei ratei di pensione erogati in suddetto periodo.

La reiterazione della istanza di liquidazione dell’indennità di buonuscita, respinta con il provvedimento oggetto dell’odierno gravame, risponde all’evidente finalità di interrompere il termine di prescrizione decennale in procinto di maturazione e colloca la controversia ratione temporis nel quadro sopravvenuto di cui alle norme del C.P.A. poc’anzi ricordate.

La Sezione pertanto non può che dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia in favore del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, e quindi l’inammissibilità del ricorso straordinario, ex art. 7, comma 8, del medesimo Codice.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso sia dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonella Manzione Gerardo Mastrandrea




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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Importante sentenza del CdS che avendo accolto la tesi dell'INPS sul quinquennio, però, specifica i momenti decorrenti della prescrizione e non, della buonuscita.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 6 ,numero provv.: 201804899

- Public 2018-08-10 –


Pubblicato il 10/08/2018

N. 04899/2018 REG. PROV. COLL.
N. 07710/2012 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7710 del 2012, proposto dall’Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Dario Marinuzzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cesare Beccaria, n. 29;

contro
La signora Dorotea Maiorano, non costituita in giudizio;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia, Sede di Bari, Sez. II, n. 1074/2012, resa tra le parti, concernente la riliquidazione della indennità di buonuscita.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2018 il Cons. Francesco Mele e udito l’avvocato Marinuzzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza n. 1074 del 30 maggio 2012, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) accoglieva il ricorso n. 91 del 2010, proposto dalla signora Maiorano Dorotea e, per l’effetto, condannava l’I.N.P.D.A.P. al pagamento “di quanto dovuto in esito al progetto di riliquidazione del trattamento di buonuscita contenuto nella nota del 7.9.2009, mod. PL2, prot. 47786, oltre accessori”.

La sentenza del TAR esponeva in fatto quanto segue.

“Espone in fatto l’odierna ricorrente di essere stata, fino al 30-10-1995 (data del pensionamento), dipendente del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e di aver ricevuto il progetto di ricalcolo della indennità di buonuscita emessa in suo favore con nota del 7-9-2009 del Ministero di appartenenza.

In risposta a tale nota l’Istituto previdenziale comunicava il proprio rifiuto a procedere a riliquidazione, in ragione dell’intervenuto decorso del termine prescrizionale, essendo il ricalcolo intervenuto dopo 5 anni dalla data di cessazione dal servizio.

Ricorre dinanzi a questo TAR per ottenere la condanna, nei confronti dell’istituto previdenziale al pagamento di quanto dovuto, secondo il prospetto ricevuto (mod. PL2), previo accertamento del non intervenuto termine prescrizionale”.

Avverso la sentenza di accoglimento del ricorso, ha proposto appello l’I.N.P.S., quale successore ex lege dell’I.N.P.D.A.P., deducendone l’erroneità e chiedendone l’integrale riforma, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado.

Con unico ed articolato motivo di appello, l’Amministrazione ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 20 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032.

La causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione all’udienza del 26 giugno 2018.

DIRITTO

Con unico ed articolato motivo, l’I.N.P.S. lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1 e 20 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 ed evidenzia che il medesimo articolo 1 dispone che i dipendenti statali conseguono il diritto all’indennità di buonuscita “all’atto della cessazione dal servizio” e che l’articolo 20 prevede che il diritto “si prescrive nel termine di cinque anni decorrente dalla data in cui è sorto il diritto”.

L’Amministrazione censura la gravata sentenza nella parte in cui ha stabilito che i canoni di logica e ragionevolezza impongono di ritenere che solo all’indomani della liquidazione della prestazione sia possibile per il creditore valutare le conseguenze della propria inerzia e richiama in proposito l’orientamento del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione, per il quale il termine di prescrizione del diritto decorre dalla data di cessazione del servizio.

La gravata sentenza così motiva sul punto.

“…il ricorso è fondato, non potendosi ritenere decorso il termine prescrizionale.

L’istituto della prescrizione risponde alla ratio di determinare l’estinzione dell’azionabilità giudiziaria del diritto a seguito di non uso.

Esso si collega alla considerazione che il creditore perde la prerogativa di agire in giudizio a tutela del proprio diritto a causa della pregressa inerzia nel suo esercizio che legittima il disinteresse dell’ordinamento alle vicende del bene della vita, in quanto per congruo termine non se ne è interessato neppure il titolare.

Le conseguenza che l’ordinamento ricollega all’inerzia non possono che presupporre un consapevole apporto decisionale del creditore nella scelta di astenersi dall’esercitare il diritto per un congruo periodo di tempo.

Diversamente opinando, infatti, si giungerebbe a conclusioni incompatibili con canoni di logica e ragionevolezza che impongono di ritenere che solo quando conosca esattamente la consistenza del proprio diritto il creditore può scientemente determinarsi in ordine alla sua sorte.

Il termine prescrizionale, pertanto, può decorrere solo dal momento della liquidazione del credito (o della sua agevole liquidità), perché solo da tale momento egli può consapevolmente valutare le conseguenze della propria inerzia…..

Così chiarito il principio di diritto applicabile, deve rilevarsi che, nel caso di specie, solo con l’adozione della nota di riliquidazione mod. PL2, il credito in esame è stato dotato dei caratteri di liquidità richiesti per fare iniziare a decorrere il termine di prescrizione il cui dies ad quem , pertanto, non può considerarsi maturato prima di tale data….”

Ritiene la Sezione che l’appello sia fondato e vada accolto.

Non risulta condivisibile la determinazione di accoglimento del giudice di primo grado, per le ragioni che di seguito si espongono.

L’articolo 1 del D.P.R. 29-12-1973, n. 1032 (recante il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) dispone, al comma 1, che “I dipendenti statali, all’atto della cessazione dal servizio, conseguono il diritto all’indennità di buonuscita o all’assegno vitalizio secondo le norme del presente testo unico”.

Il successivo articolo 20, rubricato “Cause di perdita del diritto”, prevede, al comma 2, che “il diritto del dipendente e dei suoi aventi causa all’indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto il diritto”.

Va premesso che la giurisprudenza ha seguito diversi orientamenti sulla data di decorrenza del termine di prescrizione del diritto disciplinato dall’articolo 20 citato: per un orientamento, tale data coincide con quella di emanazione dell’ultimo ordinativo di pagamento del credito principale (cfr. Cons. Stato, VI, 18 agosto 2010, n. 5870; VI, n. 1526 del 2012; VI, 14 novembre 2014, n. 5598), mentre per un altro orientamento rileva la data di cessazione del servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1887; sez. VI, 25 maggio 2005, n. 2653).

Nella specie, pur se si seguisse il primo orientamento sopra richiamato, comunque la censura dell’appellante risulta fondata.

L’ordinativo di pagamento del credito principale è l’atto con il quale, successivamente alla cessazione del servizio, è stata liquidata la buonuscita.

Esso, poi, può essere individuato in un successivo atto di inquadramento, recante l’attribuzione di un diverso trattamento economico, solo quando la fonte normativa (D.P.R. o norma di legge o provvedimento amministrativo) dalla quale deriva un diverso ammontare dell’indennità di buonuscita sia intervenuta successivamente alla cessazione del servizio ed alla originaria liquidazione dell’indennità di buonuscita.

In tal caso, infatti, il diritto alle somme dovute sorge successivamente ed è, quindi, ragionevole ritenere che il termine prescrizionale decorra dalla entrata in vigore della norma modificativa del trattamento economico previsto dai suddetti atti successivi.

Quando, invece, il diritto sia sorto precedentemente alla cessazione dal servizio ed alla liquidazione dell’indennità di buonuscita, il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale deve essere individuato nell’originario provvedimento di liquidazione della buonuscita, il quale non abbia tenuto conto dei relativi miglioramenti economici.

Ciò posto, deve ritenersi che nel caso in esame la prescrizione quinquennale sia maturata.

L’appellata, ricorrente in primo grado, è cessata dal servizio in data 30 ottobre 1995 e successivamente le è stata liquidata l’indennità di buonuscita, rinvenendosi nel fascicolo di causa anche una ulteriore riliquidazione con ordinativo di pagamento del 7 maggio 2001.

Orbene, la riliquidazione oggetto del presente giudizio, per come si evince dal modello PL2, redatto dal Ministero della Giustizia, del 7 settembre 2009 consegue all’attribuzione del trattamento economico ai sensi della legge 216/92 (“per la riliquidazione dell’indennità di buonuscita emesso in favore del nominato in oggetto a seguito dell’attribuzione del trattamento economico ai sensi della legge 216/1992 si trasmette il D.M. di inquadramento”).

I cennati miglioramenti economici, comportanti un diverso ammontare della indennità di buonuscita, sorgono, quindi, da atti normativi precedenti alla cessazione dal servizio dell’appellato e, segnatamente, dalla richiamata legge n. 216/1992 e dal successivo d.lgs. 12 maggio 1995 n. 200 (“Attuazione dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992 n. 216, in materia di riordino delle carriere del personale non direttivo del Corpo di Polizia Penitenziaria”).

L’articolo 11 del decreto legislativo prevede che “Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto giuridico ed economico dal 1° settembre 1995 relativamente al personale in servizio alla predetta data” ed il successivo articolo 13 (“Trattamento economico”) dispone che “Con la medesima decorrenza di cui all’art. 11, al personale dei ruoli della polizia penitenziaria è attribuito il trattamento economico complessivo risultante dalla tabella C allegata al presente decreto nonché gli scatti stipendiali ivi previsti”.

Precedentemente alla cessazione del servizio, era dunque sorto il diritto a miglioramenti economici che avrebbero avuto incidenza sull’indennità di buonuscita.

Dunque, il dies a quo di decorrenza della prescrizione quinquennale va individuato nel primo ordinativo di pagamento della indennità di buonuscita successivo alla cessazione del servizio.

Giacchè non calcolata in tale ordinativo di pagamento, la riliquidazione dell’indennità di buonuscita riveniente dalla predetta normativa si sarebbe potuta chiedere nel quinquennio decorrente dalla suddetta data.

Orbene, non rilevandosi nel fascicolo di causa atti interruttivi della prescrizione, deve ritenersi maturata la prescrizione quinquennale, risultando intervenuta la richiesta, tramite il modello PL2 solo nel 2009, a distanza di oltre dieci anni dalla cessazione del servizio.

Va, inoltre, evidenziato che il provvedimento di inquadramento da parte del Ministero della Giustizia è stato emesso il 23 gennaio 2004, ben oltre il termine quinquennale decorrente dalla data di cessazione dal servizio e dal primo provvedimento di liquidazione dell’indennità di buonuscita ad essa conseguente, onde anche sotto tale profilo deve ritenersi maturato il termine di prescrizione quinquennale.

Va aggiunto, inoltre, che un ulteriore termine quinquennale risulta essere decorso dalla data del predetto inquadramento (23 gennaio 2004) alla data in cui lo stesso risulta essere stato trasmesso all’INPDAP (7 settembre 2009).

3. Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, deve, dunque, ritenersi prescritto il diritto alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita.

Pertanto, l’appello deve essere accolto e la sentenza di primo grado va riformata, con conseguente rigetto del ricorso di primo grado n. 91 del 2010

La peculiarità della controversia e ragioni di equità giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 7710 del 2012, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione seconda) n. 1074/2012, rigetta il ricorso di primo grado n. 91 del 2010.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2018, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Francesco Mele, Consigliere, Estensore
Dario Simeoli, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Mele Luigi Maruotti





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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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Fa seguito alla Sentenza / Ordinanza, quì da me postata in data 08/11/2017

Giusto per completezza della qui sopra indicata sentenza.

N.B.: questa si ricollega alla precedente


vedi allegato.
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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Fa seguito al precedente post del 25/12/2017 sulla prescrizione o meno a favore del collega CC..

Giusto per completezza con la precedente trattazione.

riliquidazione del trattamento pensionistico del ricorrente a seguito della promozione a brigadiere, ovvero la mancata riliquidazione del trattamento pensionistico privilegiato sulla base del nuovo decreto di pensione ordinaria.


vedi allegato
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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enea57, questo collega è stato più fortunato di te.
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Sezione SEZIONE GIURISDIZIONALE SARDEGNA Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 81 Pubblicazione 18/03/2019

Sent. n. 81/2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA,
in composizione monocratica, in persona del Consigliere Valeria Motzo, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24274 del registro di segreteria, proposto da A.S., nato a OMISSIS il OMISSIS, rappresentato e difeso dagli Avvocati Tiziana Frongia e Sara Zucca presso lo studio della quale in Cagliari, Via Abba n. 21, è elettivamente domiciliato
RICORRENTE

CONTRO
l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), rappresentato e difeso dagli Avvocati Alessandro Doa, Mariantonietta Piras e Stefania Sotgia, elettivamente domiciliato presso l’ufficio legale dell’Ente in Cagliari, via P. Delitala n. 2

il Ministero della Difesa

RESISTENTI

Uditi nell’udienza pubblica del 19 febbraio 2019 gli Avvocati Tiziana Frongia e Sara Zucca per il ricorrente e l’Avvocato Stefania Sotgia per l’INPS.

Non rappresentato il Ministero della Difesa.

MOTIVI DELLA DECISIONE
FATTO

Con atto depositato in data 24 maggio 2018 il ricorrente, già appartenente all’Arma dei Carabinieri, cessato dal servizio per invalidità con decorrenza dal 7/11/2007, ha chiesto che sia accertato e dichiarato il proprio diritto alla rideterminazione della pensione a fare data dal collocamento in congedo con l’adeguamento al superiore grado di Brigadiere Capo e che, per l’effetto, l’INPS sia condannato alla corresponsione della pensione adeguata e delle differenze maturate dalla data di decorrenza dell’avanzamento di carriera sino alla data di integrazione del trattamento pensionistico, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria come per legge, con il favore delle spese.

Il ricorrente deduce che in data 7/12/2010 gli è stato notificato il decreto n. 3723 del 30/11/2010 con il quale il Ministero della Difesa – Direzione generale per il personale militare, lo ha promosso al grado di Brigadiere Capo con decorrenza 6/11/2007 e che, pertanto, ha maturato il diritto all’adeguamento del proprio trattamento pensionistico al grado superiore mentre, invece, la pensione continua ad essergli corrisposta così come originariamente determinata con riferimento al grado di Brigadiere.

In data 14/9/2018 il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Centro Nazionale Amministrativo, Servizio Trattamento Economico ha depositato la memoria di costituzione a firma del Capo servizio trattamento economico Ten. Col. Amm. Giuseppe Davino, con la quale ha eccepito l’infondatezza del ricorso. In particolare, ha evidenziato che:

- successivamente al primo progetto di liquidazione della pensione (trasmesso all’INPDAP), è stato redatto un ulteriore Modello PL2 (anch’esso trasmesso all’INPDAP) con la motivazione “aumento contrattuale…+ promozione grado”;

- nella predisposizione del decreto di liquidazione della pensione ordinaria n. 130/2015, trasmesso all’INPS con nota del 5/2/2015, è stata correttamente considerata la promozione al grado di Brigadiere Capo.

Il CNA, quindi, nell’evidenziare l’assoluta correttezza del proprio operato, ha chiesto l’estromissione dal giudizio in quanto spetterebbe all’INPS, sulla base dei calcoli già operati dal CNA, la determinazione del trattamento pensionistico da corrispondere al signor A.

L’INPS si è costituito in giudizio con memoria difensiva depositata in segreteria a mezzo PEC in data 8/11/2018. L’Istituto convenuto ha confermato che il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha trasmesso il 5/2/2015 il decreto di liquidazione della pensione ordinaria n. 130/2015 riconoscendo al ricorrente il grado di Brigadiere Capo. Ha, inoltre, evidenziato che il predetto decreto è stato applicato con aggiornamento della rata di pensione spettante e che sono stati pagati gli arretrati di legge, comprensivi di accessori, con la rata del mese di luglio 2018. L’INPS ha chiesto in conclusione che il ricorso sia respinto, anche in considerazione dell’eccepita improcedibilità per mancanza di una preliminare istanza amministrativa, tenendo indenne l’Istituto da eventuali spese di lite; in subordine, che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere con compensazione integrale delle spese di lite.

All’udienza del 19 febbraio 2019, l’Avvocato Frongia ha confermato che l’INPS ha proceduto all’adeguamento del trattamento pensionistico dal mese di luglio 2018 corrispondendo anche tutti gli arretrati dovuti. Ha, inoltre, fatto osservare che non ricorre alcuna improcedibilità, come sostenuto dall’INPS, in quanto il ricorrente ha presentata istanza di ricalcolo della pensione all’Ente datoriale (come risulta dagli atti allegati al ricorso). Con riguardo alla determinazione delle spese si è rimessa alla valutazione del Giudice. L’Avvocato Sotgia, nel rimettersi agli atti, ha ribadito la correttezza dell’operato dell’INPS che una volta ricevuto il provvedimento di riliquidazione della pensione predisposto dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha provveduto a darvi esecuzione.

La causa è stata decisa con dispositivo letto nell’udienza del 19 febbraio 2019 per i motivi di seguito esposti in

DIRITTO

Alla luce di quanto sopra rappresentato deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

L’eccezione di improcedibilità formulata dall’INPS non può essere accolta in quanto il ricorrente ha proposto istanza amministrativa di ricalcolo della pensione all’Ente datoriale ritenendola sufficiente.

Con riguardo alla determinazione da assumere sulle spese, considerato che:

- il Ministero della Difesa fin dal 2015 ha adottato il provvedimento di ricalcolo della pensione adeguandola al superiore grado di Brigadiere Capo;

- l’INPS è l’unico legittimato ad emettere il provvedimento di riliquidazione della pensione;

- tra il provvedimento di rideterminazione della pensione tramesso dal CNA all’INPS ed il pagamento della pensione adeguata (con gli arretrati) è decorso un periodo di tempo di oltre tre anni;

- la riliquidazione del trattamento pensionistico è stata predisposta dall’INPS successivamente alla notifica del ricorso;

si ritiene che debbano essere poste a carico dell’INPS le spese di assistenza in favore della parte ricorrente che in assenza di apposita notula, e in applicazione dei criteri dettati dal D.M. del 10 marzo 2014, n. 55, si liquidano equitativamente in Euro 1.200,00, incluso il rimborso per le spese forfettarie (ex art. 2, comma 2, del D.M. citato), al netto di IVA e oneri di legge.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, dichiara la cessazione della materia del contendere.

Condanna l’INPS al pagamento delle spese di assistenza in favore della parte ricorrente che si liquidano equitativamente in Euro 1.200,00, al netto di IVA e oneri di legge.

Per il deposito della sentenza è fissato il termine di 60 giorni dalla data dell’udienza.

Così deciso in Cagliari, nell’udienza del 19 febbraio 2019.
Il Giudice unico
f.to Valeria Motzo


Depositata in Segreteria il 18/03/2019


Per il Dirigente
f.to Piera Tiana
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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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per enea57,

il TAR Sardegna accoglie il ricorso e non risulta che sia stato appellato al CdS

1) - Peraltro, il riferimento all’inizio della decorrenza del termine prescrizionale, testualmente agganciato alla data in cui è sorto il diritto, deve essere inquadrato e interpretato nel quadro dei principi generale che governano l’istituto della prescrizione; fra questi è fondamentale il principio posto dall’art. 2935 del codice civile, secondo cui la prescrizione «comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere». Norma che, per i diritti di credito, si specifica nel senso che la decorrenza del termine dipende dalla attuale esigibilità del diritto.
-----------------

SENTENZA sede di CAGLIARI, sezione SEZIONE 2, numero provv.: 201700435 ,

Pubblicato il 26/06/2017

N. 00435/2017 REG. PROV. COLL.
N. 00373/2013 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 373 del 2013, proposto da:
Atzori Natalino, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Pisano, Anna Maria Marrosu e Gianuario Carta, con domicilio eletto presso lo studio Francesca Maria Pisano in Cagliari, via Satta, N. 7;

contro
Inps Direzione Provinciale Cagliari Gestione ex Inpdap non costituito in giudizio;

per l'annullamento
- del provvedimento di diniego in data 28.2.2013 - prot. n. 7221 del 1° marzo 2013 - emesso dalla Gestione ex INPDAP Processo TFS/TFR - Sede Provinciale di Cagliari, con il quale è stato respinto il diritto di Atzori Natalino alla riliquidazione dell'indennità di buonuscita, notificato il 6.3.2013.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2017 il dott. Giorgio Manca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, dipendente del Ministero della Giustizia fino all’11 luglio 1997, in qualità di agente di polizia penitenziaria, chiede l’annullamento del provvedimento del 28 febbraio 2013, con cui l’INPS (gestione ex INPDAP) ha ritenuto prescritto il diritto alla indennità di buonuscita, in quanto il prospetto di riliquidazione della predetta indennità è stato adottato dal Ministero con atto del 2 febbraio 2007, prot. n. 7820; pertanto, oltre il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto il diritto, previsto dall’art. 20 del D.P.R. n. 1032 del 1973.

Con il ricorso viene essenzialmente dedotta la violazione dell’art. 20 cit., in quanto - pur considerato che il rapporto di lavoro si è concluso l’11 luglio 1997 – il Ministero ha provveduto alla riliquidazione del diritto alla indennità di buonuscita solo col richiamato atto del 2 febbraio 2007.
Pertanto, solo da tale data può essere iniziato a decorrere il termine prescrizionale di cui trattasi.

Il ricorso è fondato.

L’art. 20 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n.1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) prevede che il diritto alla buonuscita si prescrive nel «termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto il diritto».

Peraltro, il riferimento all’inizio della decorrenza del termine prescrizionale, testualmente agganciato alla data in cui è sorto il diritto, deve essere inquadrato e interpretato nel quadro dei principi generale che governano l’istituto della prescrizione; fra questi è fondamentale il principio posto dall’art. 2935 del codice civile, secondo cui la prescrizione «comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere». Norma che, per i diritti di credito, si specifica nel senso che la decorrenza del termine dipende dalla attuale esigibilità del diritto.

Per cui, se l’esigibilità dipende da una richiesta del creditore, la prestazione decorre dal momento in cui il credito è sorto. Ma se l’esigibilità del credito dipende da una attività rimessa al debitore, assume rilievo (al fine del decorso del termine prescrizionale) anche l’omissione o il ritardo nel compimento dell’atto o del comportamento che il debitore avrebbe dovuto tenere.

Nel caso di specie, la liquidazione dell’indennità di buonuscita è rimessa integralmente all’amministrazione presso la quale il dipendente prestava servizio (il Ministero della Giustizia), che vi ha provveduto solo con il “prospetto di riliquidazione” trasmesso all’INPDAP con atto del 2 febbraio 2007, n. 7820 (cfr. doc. 2 di parte ricorrente). Ne deriva come conseguenza che solo da tale data poteva iniziare a decorrere il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 20 del D.P.R. n. 1032 del 1973.

Il ricorso, in conclusione, deve essere integralmente accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento di diniego impugnato e la condanna dell’I.N.P.S. al pagamento dell’indennità di buonuscita sulla base della riliquidazione effettuata dal Ministero della Giustizia.

La disciplina delle spese giudiziali segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento di diniego in data 28 febbraio 2013 - prot. n. 7221 del 1° marzo 2013 - della Gestione ex INPDAP presso l’INPS, Sede Provinciale di Cagliari.

Condanna l’INPS, Gestione ex INPDAP, al pagamento dell’indennità di buonuscita sulla base della liquidazione disposta con atto del Ministero di Giustizia, n. 7820 del 2 febbraio 2007.

Condanna l’INPS al pagamento delle spese giudiziali in favore del ricorrente, che liquida in euro 2.000,00 (duemila), oltre IVA, cpa, 15% spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Scano, Presidente
Marco Lensi, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giorgio Manca Francesco Scano





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Re: Tempi di prescrizione per richiedere il T.F.S

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per notizia, l'INPS perde 2 Appelli proposti al CdS.

il 1° si riferisce al collocamento a riposo (23 dicembre 1995) ed il 2° caso al collocamento il primo gennaio 1999.

Il CdS per entrambe le sentenze precisa questo:

1) - Osserva, anzitutto, il Collegio che, il 2° comma dell’art. 20 del citato d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, dispone tra l’altro che: “Il diritto del dipendente e dei suoi aventi causa all'indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto il diritto”.

2) - Nella specie, l’Amministrazione di appartenenza ha, in realtà, provveduto ad una rideterminazione della base stipendiale rilevante ai fini del calcolo de quo inviandola, a distanza di quasi 10 anni dall’originaria liquidazione del T.F.S.

3) - Come precisato nella stessa decisione gravata, l’odierno appellato ha provveduto ad interrompere tale termine, con la diffida rivolta all’Inpdap, ..........., quando non era ancora decorso l’allegato termine prescrizionale (cinque anni).

4) - La prescrizione, infatti, non può che cominciare a decorrere dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere esercitato (actioni nondum natae non praescribitur), vale a dire – nella presente controversia - dalla data della riliquidazione del trattamento pensionistico.

N.B.: per meglio comprendere la vicenda, consiglio di leggere gli allegati.
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