Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da angelo.16 »
Buonasera, cortesemente volevo chiedere? Sono un vice brigadiere dei carabinieri, riformato parziale per dipendenza da causa di servizio. Avendo sempre dei forti dolori causa la mia infernità, se durante l'anno supero i 45 giorni di assenza straordinaria per malattia, cosa succede? ringrazio anticipatamente per la risposta.
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da Henry6.3 »
Caro collega non ti succede assolutamente niente, poichè da riformato parziale hai ovviamente la mallattia si dipendente causa di servizio, quindi ammesso che superi nella malaugurata ipotesi il 12 mese continuativo continui a percepire lo stipendio senza decurtazioni, così fino alla fine del perioso massimo di convalescenza i celeberrumi 730 giorni nel quinquennio. Ti faccio i miei auguri di risolvere nel miglior dei modi il tuo stato di salute, cosa essenziale per il resto dal punto di vista amministrativo devi stare sereno.
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da angelo.16 »
Henry6.3 ha scritto:Caro collega non ti succede assolutamente niente, poichè da riformato parziale hai ovviamente la mallattia si dipendente causa di servizio, quindi ammesso che superi nella malaugurata ipotesi il 12 mese continuativo continui a percepire lo stipendio senza decurtazioni, così fino alla fine del perioso massimo di convalescenza i celeberrumi 730 giorni nel quinquennio. Ti faccio i miei auguri di risolvere nel miglior dei modi il tuo stato di salute, cosa essenziale per il resto dal punto di vista amministrativo devi stare sereno.

Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da Henry6.3 »
Dunque, la prossima volta quando firmi Angelo, fallo a capo sai com'è di questi tempi... pensavo che dicevi angelo a me
a parte le battute, che fanno bene alla salute sempre, ti dico la mia. In una Regione (ex) qualsiasi un qualsiasi rappresentante COBAR riformato parziale- da sempre -indossava l'abito civile in compiti amministrativi, senza problemi o autorizzazioni particolari.
Un bel giorno (o brutto) venne a comandare un Generale di quelli mandati direttamente da un entità superiore, che mise a ferro e fuoco quella Regione (ex) ed in particolare scrisse una Divina Commedia per quel rappresentante COBAR in borghese.
Non riuscii mai ad avere tra le mani quella benedetta circolare che lo esonerava dall'indossare l'uniforme da riformato, ma credo anzi sono quasi certo collegato a motivi di salute, anche perché quel "caro" Gen. se ne andò dopo un paio d'annetti e dopo aver raso al suolo ogni cosa che si muovesse mentre il rappresentante è ancora lì in borghese. Ogni riferimento a persone e fatti o luoghi è puramente....VERO.

a parte le battute, che fanno bene alla salute sempre, ti dico la mia. In una Regione (ex) qualsiasi un qualsiasi rappresentante COBAR riformato parziale- da sempre -indossava l'abito civile in compiti amministrativi, senza problemi o autorizzazioni particolari.
Un bel giorno (o brutto) venne a comandare un Generale di quelli mandati direttamente da un entità superiore, che mise a ferro e fuoco quella Regione (ex) ed in particolare scrisse una Divina Commedia per quel rappresentante COBAR in borghese.
Non riuscii mai ad avere tra le mani quella benedetta circolare che lo esonerava dall'indossare l'uniforme da riformato, ma credo anzi sono quasi certo collegato a motivi di salute, anche perché quel "caro" Gen. se ne andò dopo un paio d'annetti e dopo aver raso al suolo ogni cosa che si muovesse mentre il rappresentante è ancora lì in borghese. Ogni riferimento a persone e fatti o luoghi è puramente....VERO.

Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da Henry6.3 »
Ecco stanotte devo dire a mia moglie che se mi sente urlare è per colpa tua, per aver fatto riaffiorare alcuni episodi del passato. 

Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
PRECISAZIONE se può interessare a qualcuno:
Circ. C.G.A. -SM - Uff. Legislazione nr. 133/89-9-12-1976 datata 9 agosto 1994 ad oggetto: Licenza di convalescenza. Quesito." recita:
1. Pervengono quesiti circa la decorrenza da attribuire alla licenza in oggetto, in caso di permanenza in luogo di cura "in osservazione", al termine o durante altra licenza di convalescenza.
2. Sull'argomento, sentiti anche i competenti Organi Centrali della Difesa, si chiarisce che:
- il periodo di permanenza in luogo di cura, anche se soltanto ai fini dell'osservazione, è da considerarsi a tutti gli effetti come "ricovero" e quindi non computabile quale licenza di convalecenza;
- la decorrenza di una eventuale ulteriore licenza di convalecenza, pertanto, non può che coincidere con il giorno successivo a quello della dimissione del militare dal luogo di cura.
3. Per norma.
d'ordine, carica grado e firma.
Circ. C.G.A. -SM - Uff. Legislazione nr. 133/89-9-12-1976 datata 9 agosto 1994 ad oggetto: Licenza di convalescenza. Quesito." recita:
1. Pervengono quesiti circa la decorrenza da attribuire alla licenza in oggetto, in caso di permanenza in luogo di cura "in osservazione", al termine o durante altra licenza di convalescenza.
2. Sull'argomento, sentiti anche i competenti Organi Centrali della Difesa, si chiarisce che:
- il periodo di permanenza in luogo di cura, anche se soltanto ai fini dell'osservazione, è da considerarsi a tutti gli effetti come "ricovero" e quindi non computabile quale licenza di convalecenza;
- la decorrenza di una eventuale ulteriore licenza di convalecenza, pertanto, non può che coincidere con il giorno successivo a quello della dimissione del militare dal luogo di cura.
3. Per norma.
d'ordine, carica grado e firma.
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Ai colleghi che interessa il conteggio del periodo massimo di aspettativa fruibile nel quinquennio faccio presente che il C.G.A. SM - Uff. Legislazione con f. n. 133/2-1 datato 26 ottobre 2005 ha allegato un "esempio" di periodi da calcolare per raggiungere la somma di 730 giorni.
-
- Riferimento
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Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da giuseppedemarco »
Come ti ho già detto essendo riformato parziale, ed essendo impiegato solo in lavoro d'ufficio, senza alcun contatto con il pubblico, posso durante il servizio indossare l'abito civile.
PUOI INDOSSARE L'ABITO CIVILE SOLO NEL CASO IN CUI LA TUA INFERMITA' COMPORTA CONDIZIONI CHE APPAIONO PREGIUDIZIEVOLI AL CORRETTO UTILIZZO DELL'UNIFORME ED IDONEE AD INGENERARE NELL'INTERESSATO UN SENSO DI DISAGIO NEL CONTATTO ANCHE POTENZIALE CON IL PUBBLICO, PREVIA ISTANZA DA PRESENTARE DA PARTE DELL'INTERESSATO ALLA LEGIONE DI APPARTENENZA - UFFICIO DEL PERSONALE.
QUANTO SOPRA MENZIONATO POSSO DARTELA COME NOTIZIA CERTA E SICURA, IN QUANTO SONO UN RIFORMATO IN MODO PARZIALE - AUTORIZZATO DAL COMANDO LEGIONE ALL'USO DELL'ABITO CIVILE.
ALLEGA ALLA EVENTUALE DOMANDA PER L'AUTORIZZAZIONE ALL'USO "DELL'ABITO CIVILE" IL VERBALE MODELLO BL/B DELLA CMO DA DOVE SI EVINCE LA TUA PATOLOGIA PER CUI SEI STATO RIFORMATO IN MODO "PARZIALE" IN QUANTO L'UFFICIO PERSONALE, IN BASE ALLA TUA PATOLOGIA ACQUISISCE IL PARERE TECNICO (POSITIVO O NEGATIVO) DELLA SEZIONE SANITA'.
PER EVENTUALI RIFERIMENTI NORMATIVI FAI CAPO A:
D.LGS 66/2010 CODICE DELL'ORDINAMENTO MILITARE
ART. 721 D.P.R. 90/2010 TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI IN MATERIA DI ORDINAMENTO MILITARE
I NN. 63-64-65 E 66 REGOLAMENTO GENERALE DELL'ARMA DEI CC
CIRCOLARE N. 137/72-257-11-2002 DATATA 02.08.2004 DEL COMANDO GENERALE CC - SM UFFICIO LEGISLAZIONE.
CIAO
PUOI INDOSSARE L'ABITO CIVILE SOLO NEL CASO IN CUI LA TUA INFERMITA' COMPORTA CONDIZIONI CHE APPAIONO PREGIUDIZIEVOLI AL CORRETTO UTILIZZO DELL'UNIFORME ED IDONEE AD INGENERARE NELL'INTERESSATO UN SENSO DI DISAGIO NEL CONTATTO ANCHE POTENZIALE CON IL PUBBLICO, PREVIA ISTANZA DA PRESENTARE DA PARTE DELL'INTERESSATO ALLA LEGIONE DI APPARTENENZA - UFFICIO DEL PERSONALE.
QUANTO SOPRA MENZIONATO POSSO DARTELA COME NOTIZIA CERTA E SICURA, IN QUANTO SONO UN RIFORMATO IN MODO PARZIALE - AUTORIZZATO DAL COMANDO LEGIONE ALL'USO DELL'ABITO CIVILE.
ALLEGA ALLA EVENTUALE DOMANDA PER L'AUTORIZZAZIONE ALL'USO "DELL'ABITO CIVILE" IL VERBALE MODELLO BL/B DELLA CMO DA DOVE SI EVINCE LA TUA PATOLOGIA PER CUI SEI STATO RIFORMATO IN MODO "PARZIALE" IN QUANTO L'UFFICIO PERSONALE, IN BASE ALLA TUA PATOLOGIA ACQUISISCE IL PARERE TECNICO (POSITIVO O NEGATIVO) DELLA SEZIONE SANITA'.
PER EVENTUALI RIFERIMENTI NORMATIVI FAI CAPO A:
D.LGS 66/2010 CODICE DELL'ORDINAMENTO MILITARE
ART. 721 D.P.R. 90/2010 TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI IN MATERIA DI ORDINAMENTO MILITARE
I NN. 63-64-65 E 66 REGOLAMENTO GENERALE DELL'ARMA DEI CC
CIRCOLARE N. 137/72-257-11-2002 DATATA 02.08.2004 DEL COMANDO GENERALE CC - SM UFFICIO LEGISLAZIONE.
CIAO
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Faccio ulteriore presente che la circ. del C.G.A. SM – Uff. Legislazione n. 133/89-12-2-1976 datata 27 ottobre 1994 ad oggetto: “Licenze di convalescenza. Quesito” precisa quanto segue:
Nel richiamare il foglio nr. 133/89-9-12-1976 del 9 agosto 1994 (precedentemente da me citato) ha chiarito che:
- Il periodo che il militare trascorre a disposizione della C.M.O. al termine della licenza di convalescenza deve considerarsi a tutti gli effetti come “ricovero” e quindi non computabile quale licenza di convalescenza;
- La posizione di “a disposizione” della C.M.O. è equivalente alla posizione di invio in osservazione alla C.M.O.; in entrambi i casi, il militare al termine della licenza di convalescenza deve presentarsi alla C.M.O. con regolare bassa di entrata.
D’ordine, carica e firma.
-------------------------------------------------
Spero di aver fatto cosa gradita.
Nel richiamare il foglio nr. 133/89-9-12-1976 del 9 agosto 1994 (precedentemente da me citato) ha chiarito che:
- Il periodo che il militare trascorre a disposizione della C.M.O. al termine della licenza di convalescenza deve considerarsi a tutti gli effetti come “ricovero” e quindi non computabile quale licenza di convalescenza;
- La posizione di “a disposizione” della C.M.O. è equivalente alla posizione di invio in osservazione alla C.M.O.; in entrambi i casi, il militare al termine della licenza di convalescenza deve presentarsi alla C.M.O. con regolare bassa di entrata.
D’ordine, carica e firma.
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Spero di aver fatto cosa gradita.
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da vincent62 »
Graditissima.Devo ammettere che sei veramente bravo!!!!!
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da jhwh »
scusa e' se uno come me che era in aspettativa ed e' stato tenuto piu giorni a disposizione come risulta sempre dentro i famosi 731 giorni?
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Messaggio da Dylan »
Salve a tutti, mi inserisco nella discussione rivolgendomi a "Panorama", approfittando della sua competenza e disponibilità. Io sono un Sergente dell' Esercito attualmente in "convalescenza" per un periodo totale continuativo di circa 180 giorni. Però tra una scadenza e l' altra mi ritrovo circa 50 giorni (inclusi nei 180) in cui ero in posizione di <<a disposizione della CMO>> in attesa di visita. Detto ciò volevo, gentilmente chiederti, se (anche alla luce delle disposizioni chiarite dalla circ. del C.G.A. SM – Uff. Legislazione n. 133/89-12-2-1976 datata 27 ottobre 1994), i giorni in cui si è a disposizione della C.M.O. ovvero in attesa di visita collegiale presso la stessa, <<devono essere conteggiati>> al fine del computo dei periodi di <<aspettativa>> ??? Oppure non devono essere computati in tale conteggio..???
Siccome la questione, come ben molti di noi sanno, è alquanto delicata soprattutto in ragione di un eventuale superamento del 12° mese di aspettativa con riduzione dello stipendio annessa (50 o 60 giorni fanno la differenza..!!!).
In attesa di risposte vi saluto tutti cordialmente...
Dylan
Siccome la questione, come ben molti di noi sanno, è alquanto delicata soprattutto in ragione di un eventuale superamento del 12° mese di aspettativa con riduzione dello stipendio annessa (50 o 60 giorni fanno la differenza..!!!).
In attesa di risposte vi saluto tutti cordialmente...
Dylan
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenza da
Questa è una sentenza del Tar di Milano che può eliminare molti dubbi circa le assenze per aspettativa da computare o meno e riguarda un Carabiniere.
Spero di aver fatto nuovamente cosa gradita a molti.
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N. 01179/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02904/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2904 del 2006, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti ….., con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, Viale Romagna n. …;
contro
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n.1; Comando Carabinieri Regione Lombardia;
per l'annullamento
del provvedimento n. …… adottato dall’ufficio Personale del Comando Regionale Carabinieri Lombardia in data 21 settembre 2006 con il quale si disponeva la collocazione in aspettativa per infermità allo stato degli atti dipendente da causa di servizio per la durata di 65 giorni dal 3 novembre 2003 al 6 gennaio 2004;
del provvedimento n. ……. adottato in data 12 settembre 2006 dalla Regione Carabinieri Lombardia – Reparto …..;
della nota via e-mail n. ……. emessa in data 7 settembre 2006 ove si dava atto della maturazione nei confronti di OMISSIS in data 3 novembre 2006 del termine del periodo di 715 giorni di aspettativa computabile nel periodo di riferimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2011 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. OMISSIS, odierno ricorrente, è un Carabiniere che, al momento dei fatti causa, era in servizio presso il Reparto …….. di Milano.
Con il ricorso in esame impugna i seguenti provvedimenti: a) il provvedimento del 21 settembre 2006 con il quale è stata disposta la sua collocazione in aspettativa per infermità per un periodo di 65 giorni a decorrere dal 3 novembre 2003; b) la nota del 12 settembre 2006 con la quale il Comandante del Reparto …… di Milano ha comunicato al Comando Regionale Carabinieri Lombardia e all’Ospedale Militare di Milano che il OMISSIS si trovava allo stato in licenza straordinaria di convalescenza per un periodo di 150 giorni, e che al termine della licenza (3 novembre 2006) lo stesso avrebbe maturato un periodo di aspettativa di giorni 715 nel quinquennio; c) la nota del 7 settembre 2006 con la quale il Capo Ufficio del Personale invitava il Reparto …… di Milano ad informare il OMISSIS che alla data del 3 novembre 2006 egli avrebbe maturato 715 giorni di aspettativa nel quinquennio, e che per tale ragione lo stesso avrebbe potuto godere successivamente di soli altri 15 giorni di aspettativa, superati i quali sarebbe stato posto in congedo illimitato.
Il ricorrente ritiene tali atti pregiudizievoli per i propri interessi, giacché dal loro insieme emerge, come visto, che egli avrebbe potuto beneficiare, per il periodo successivo al 3 novembre 2006, di soli 15 giorni di aspettativa per infermità; e che se tale limite temporale fosse stato in ipotesi superato, egli sarebbe stato collocato in congedo illimitato.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa per resistere al gravame.
La Sezione, con ordinanza n. 2379 del 21 dicembre 2006 ha respinto l’istanza cautelare.
Tenutasi la pubblica udienza in data 16 marzo 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
Prima di affrontare il merito del ricorso, è opportuno illustrare brevemente il quadro giuridico sul quale si innesta la controversia.
Dal combinato disposto degli artt. 8, comma secondo, della legge 1 febbraio 1989 n. 53 e 49, comma primo, del d.P.R. 31 luglio 1995 n. 395 emerge che il personale appartenente ai ruoli dell’Arma dei carabinieri può essere collocato in aspettativa per infermità per un periodo non superiore a due anni in un quinquennio.
Ai sensi dell’art. 13 della legge 18 ottobre 1961 n. 1168 (recante “Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri”), oggi trasfuso nell’art. 929 del d.lgs. n. 66/2010, “Il militare (…) che non abbia riacquistato l'idoneità fisica allo scadere del periodo massimo di aspettativa (…) cessa dal servizio continuativo ed è collocato in congedo o in congedo assoluto, a seconda della idoneità”.
Da queste norme discende dunque che il personale appartenente ai ruoli dell’Arma dei carabinieri può essere posto in aspettativa per infermità per un periodo massimo di due anni in un quinquennio (periodo di comporto), scaduto il quale senza che si sia riacquistata l’idoneità fisica, scatta il collocamento in congedo.
Le stesse disposizioni prevedono tuttavia che, in casi particolari, allorquando le infermità siano particolarmente gravi e siano strettamente collegate ai compiti di istituto, il periodo di assenza ad esse afferente non sia computato ai fini della determinazione del periodo massimo di aspettativa.
Sovvengono al riguardo i commi secondo e terzo del citato art. 49 del d.P.R. n. 395/95.
In base al secondo comma “il periodo di ricovero in luoghi di cura a seguito di ferite o lesioni riportate per cause di servizio non è computato ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa”.
Tale norma richiede dunque tre condizioni affinché si vernichi l’effetto da essa previsto: a) l’infermità deve conseguire a ferite o a lesioni traumatiche; b) l’infermità deve dipendere da causa di servizio; c) l’infermità deve aver determinato il ricovero in un luogo di cura.
Al ricorrere di questi tre elementi, il periodo di ricovero non viene computato ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa.
Il terzo comma dell’art. 49 prevede un’altra ipotesi di esenzione dal computo.
Stabilisce tale disposizione che “Fino a completa guarigione clinica, i periodi di assenza del personale dovuti a ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, che non comportino inidoneità assoluta al servizio, non sono computati ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa”.
E’ importante ai fini della soluzione della presente controversia comparare le due disposizioni esaminate.
La differenza sostanziale fra le due fattispecie è che, nella seconda, condizione necessaria e sufficiente affinché si determini l’effetto dell’esenzione dal computo ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa è che le lesioni o le ferite traumatiche non solo dipendano da causa di servizio, ma siano state riportate in servizio, quando cioè il dipendente sta svolgendo i propri compiti di istituto. Vi deve essere dunque un doppio legame funzionale: il primo che lega l’attività svolta dal militare, nel momento in cui subisce le lesioni, e le funzioni proprie dell’amministrazione di appartenenza; ed il secondo che lega le lesioni all’attività svolta, nel senso che le prime debbono essere state riportate per adempiere ai doveri istituzionali del militare (si pensi ad esempio alle ferite riportate in un conflitto a fuoco, o alle lesioni riportate in caso di incidente stradale occorso in occasione di un inseguimento).
In questo caso, l’esclusione dal computo riguarda tutto il periodo di aspettativa e non solo quello afferente a periodi di ricovero in luoghi di cura.
In altre parole, e per concludere sul punto, può dirsi che se l’infermità dipende da ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio tutto il periodo di aspettativa è escluso dal computo; se invece l’infermità dipende da causa di servizio, ma non da ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, non tutto il periodo di aspettativa è escluso dal computo, ma solo quello connesso a periodi di degenza in luoghi di cura.
Ciò premesso può ora essere affrontato il merito del ricorso.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta che l’Amministrazione avrebbe tenuto conto, computandoli nel calcolo di determinazione del periodo massimo di aspettativa, di periodi di assenza determinati da infermità per le quali è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio.
Come detto poc’anzi tuttavia tale allegazione non è di per sé sufficiente per far ritenere che quei periodi di assenza dovessero essere effettivamente non computati nel suddetto calcolo.
Si è visto sopra che, in base ai commi secondo e terzo dell’art. 49 del d.P.R. n. 395/95, la dipendenza da causa di servizio è solo uno degli elementi che debbono concorrere affinché l’aspettativa possa essere non computata nel periodo di comporto. Accanto ad esso vi debbono essere altri elementi che nel caso specifico non risultano: in particolare il ricorrente, oltre a non dimostrare, neppure allega che le infermità di cui egli chiede l’esclusione dal computo fossero dovute a ferite o a lesioni traumatiche; e non dimostra, pur avendolo allegato, che i periodi di assenza di 258 giorni complessivi (dal 22 luglio 2002 al 30 gennaio 2003 e dal 3 novembre 2003 al 6 gennaio 2004) siano coincisi con periodi di ricovero in luoghi di cura.
Per queste ragioni non è applicabile la disposizione di cui al citato secondo comma dell’art. 49 il quale, come visto, richiede, oltre alla dipendenza da causa di servizio, il ricorrere delle altre due circostanze suindicate.
A maggior deve ritenersi non integrata la fattispecie di cui al terzo comma dello stesso articolo giacché l’interessato non dimostra, e neppure allega, che le infermità qui considerate fossero connesse a ferite o a lesioni traumatiche riportate in servizio.
Per queste ragioni il motivo in esame non può essere accolto.
Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, atteso che, a dire del ricorrente, l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente dato conto delle ragioni che sorreggono i provvedimenti impugnati.
In proposito va osservato che l’attività amministrativa qui considerata è totalmente vincolata.
L’Amministrazione, nel caso concreto, non doveva far altro che conteggiare i periodi di aspettativa in precedenza maturati dal dipendente e computarli nel periodo di comporto.
Nei provvedimenti impugnati, ed in particolare nella nota del 12 settembre 2006, vengono indicati i risultati dei conteggi effettuati dall’Amministrazione (che peraltro non vengono neppure contestati dall’interessato), e risultano dunque chiare le ragioni per le quali la stessa ha ritenuto che alla data del 3 novembre 2006 il ricorrente avrebbe maturato un toltale di 715 giorni di aspettativa per infermità.
Anche questo motivo è pertanto infondato.
Con il terzo motivo si deduce l’incompetenza del Vice Comandante ad adottare il provvedimento del 21 settembre 2006, con il quale si è disposta la collocazione in aspettativa del ricorrente per un periodo di 65 giorni.
In proposito si osserva quanto segue.
Stabilisce l’art. 56, comma 6, del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 254 che “Il provvedimento di collocamento in aspettativa, che non comporti riduzione o sospensione del trattamento stipendiale, è emanato dal comandante di corpo”.
Nel caso concreto, il provvedimento impugnato ha disposto il collocamento in aspettativa del dipendente per soli 65 giorni, e non ha disposto la sospensione o la riduzione del suo trattamento stipendiale. Per questa ragione, lo stesso è stato correttamente adottato dal Vice Comandante (su delega del Comandante) di Corpo e non dal Comandante Generale.
Infine, con l’ultimo mezzo, viene dedotta la violazione di diverse disposizioni della legge n. 241/90, ed in particolare: la violazione dell’art. 3 per mancanza di motivazione; la violazione delle norme che garantiscono la partecipazione procedimentale all’interessato; la violazione dell’art. 4 per mancata comunicazione del responsabile del procedimento; la mancata indicazione negli atti impugnati dell’autorità e dei termini per la proposizione del ricorso.
Anche questo motivo non può essere accolto.
Per ciò che concerne il difetto di motivazione si rinvia quanto esposto con riferimento al secondo mezzo di gravame.
Per ciò che concerne la partecipazione dell’interessato al procedimento amministrativo, ritiene il Collegio che - al di là di ogni considerazione circa l’effettiva necessità di inviare nel caso concreto al ricorrente la comunicazione di avviso di avvio del procedimento - sia applicabile la disposizione di cui all’art. 21 octies, comma secondo, della legge n. 241/90, in base al quale “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Come detto, l’impugnazione riguarda atti vincolati; e dai conteggi effettuati dall’Amministrazione risulta evidente che il periodo residuo di aspettativa fruibile dall’interessato non poteva superare i quindici giorni.
Il contenuto dispositivo degli atti impugnati non potava quindi essere differente.
Per ciò concerne infine la mancata indicazione del responsabile del procedimento, dei termini e dell’autorità cui proporre ricorso avverso gli atti impugnati, si rinvia alla copiosa giurisprudenza intervenuta in materia secondo la quale tali omissioni non rilevano ai fini della legittimità del provvedimento, concretando mere irregolarità dello stesso e potendo aver rilievo, se del caso, ai fini della concessione dell'errore scusabile (cfr. ex multis C.d.S sez. VI, 28 gennaio 2011, n. 642; T.A.R. Toscana Firenze sez. I 01 settembre 2005 n. 4287).
Anche questo motivo non può quindi trovare accoglimento.
In conclusione, per le ragioni illustrate il ricorso deve essere respinto.
Ragioni di equità inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Referendario, Estensore
Dario Simeoli, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2011
Spero di aver fatto nuovamente cosa gradita a molti.
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N. 01179/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02904/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2904 del 2006, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti ….., con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, Viale Romagna n. …;
contro
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n.1; Comando Carabinieri Regione Lombardia;
per l'annullamento
del provvedimento n. …… adottato dall’ufficio Personale del Comando Regionale Carabinieri Lombardia in data 21 settembre 2006 con il quale si disponeva la collocazione in aspettativa per infermità allo stato degli atti dipendente da causa di servizio per la durata di 65 giorni dal 3 novembre 2003 al 6 gennaio 2004;
del provvedimento n. ……. adottato in data 12 settembre 2006 dalla Regione Carabinieri Lombardia – Reparto …..;
della nota via e-mail n. ……. emessa in data 7 settembre 2006 ove si dava atto della maturazione nei confronti di OMISSIS in data 3 novembre 2006 del termine del periodo di 715 giorni di aspettativa computabile nel periodo di riferimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2011 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. OMISSIS, odierno ricorrente, è un Carabiniere che, al momento dei fatti causa, era in servizio presso il Reparto …….. di Milano.
Con il ricorso in esame impugna i seguenti provvedimenti: a) il provvedimento del 21 settembre 2006 con il quale è stata disposta la sua collocazione in aspettativa per infermità per un periodo di 65 giorni a decorrere dal 3 novembre 2003; b) la nota del 12 settembre 2006 con la quale il Comandante del Reparto …… di Milano ha comunicato al Comando Regionale Carabinieri Lombardia e all’Ospedale Militare di Milano che il OMISSIS si trovava allo stato in licenza straordinaria di convalescenza per un periodo di 150 giorni, e che al termine della licenza (3 novembre 2006) lo stesso avrebbe maturato un periodo di aspettativa di giorni 715 nel quinquennio; c) la nota del 7 settembre 2006 con la quale il Capo Ufficio del Personale invitava il Reparto …… di Milano ad informare il OMISSIS che alla data del 3 novembre 2006 egli avrebbe maturato 715 giorni di aspettativa nel quinquennio, e che per tale ragione lo stesso avrebbe potuto godere successivamente di soli altri 15 giorni di aspettativa, superati i quali sarebbe stato posto in congedo illimitato.
Il ricorrente ritiene tali atti pregiudizievoli per i propri interessi, giacché dal loro insieme emerge, come visto, che egli avrebbe potuto beneficiare, per il periodo successivo al 3 novembre 2006, di soli 15 giorni di aspettativa per infermità; e che se tale limite temporale fosse stato in ipotesi superato, egli sarebbe stato collocato in congedo illimitato.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa per resistere al gravame.
La Sezione, con ordinanza n. 2379 del 21 dicembre 2006 ha respinto l’istanza cautelare.
Tenutasi la pubblica udienza in data 16 marzo 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.
Prima di affrontare il merito del ricorso, è opportuno illustrare brevemente il quadro giuridico sul quale si innesta la controversia.
Dal combinato disposto degli artt. 8, comma secondo, della legge 1 febbraio 1989 n. 53 e 49, comma primo, del d.P.R. 31 luglio 1995 n. 395 emerge che il personale appartenente ai ruoli dell’Arma dei carabinieri può essere collocato in aspettativa per infermità per un periodo non superiore a due anni in un quinquennio.
Ai sensi dell’art. 13 della legge 18 ottobre 1961 n. 1168 (recante “Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri”), oggi trasfuso nell’art. 929 del d.lgs. n. 66/2010, “Il militare (…) che non abbia riacquistato l'idoneità fisica allo scadere del periodo massimo di aspettativa (…) cessa dal servizio continuativo ed è collocato in congedo o in congedo assoluto, a seconda della idoneità”.
Da queste norme discende dunque che il personale appartenente ai ruoli dell’Arma dei carabinieri può essere posto in aspettativa per infermità per un periodo massimo di due anni in un quinquennio (periodo di comporto), scaduto il quale senza che si sia riacquistata l’idoneità fisica, scatta il collocamento in congedo.
Le stesse disposizioni prevedono tuttavia che, in casi particolari, allorquando le infermità siano particolarmente gravi e siano strettamente collegate ai compiti di istituto, il periodo di assenza ad esse afferente non sia computato ai fini della determinazione del periodo massimo di aspettativa.
Sovvengono al riguardo i commi secondo e terzo del citato art. 49 del d.P.R. n. 395/95.
In base al secondo comma “il periodo di ricovero in luoghi di cura a seguito di ferite o lesioni riportate per cause di servizio non è computato ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa”.
Tale norma richiede dunque tre condizioni affinché si vernichi l’effetto da essa previsto: a) l’infermità deve conseguire a ferite o a lesioni traumatiche; b) l’infermità deve dipendere da causa di servizio; c) l’infermità deve aver determinato il ricovero in un luogo di cura.
Al ricorrere di questi tre elementi, il periodo di ricovero non viene computato ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa.
Il terzo comma dell’art. 49 prevede un’altra ipotesi di esenzione dal computo.
Stabilisce tale disposizione che “Fino a completa guarigione clinica, i periodi di assenza del personale dovuti a ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, che non comportino inidoneità assoluta al servizio, non sono computati ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa”.
E’ importante ai fini della soluzione della presente controversia comparare le due disposizioni esaminate.
La differenza sostanziale fra le due fattispecie è che, nella seconda, condizione necessaria e sufficiente affinché si determini l’effetto dell’esenzione dal computo ai fini del compimento del periodo massimo di aspettativa è che le lesioni o le ferite traumatiche non solo dipendano da causa di servizio, ma siano state riportate in servizio, quando cioè il dipendente sta svolgendo i propri compiti di istituto. Vi deve essere dunque un doppio legame funzionale: il primo che lega l’attività svolta dal militare, nel momento in cui subisce le lesioni, e le funzioni proprie dell’amministrazione di appartenenza; ed il secondo che lega le lesioni all’attività svolta, nel senso che le prime debbono essere state riportate per adempiere ai doveri istituzionali del militare (si pensi ad esempio alle ferite riportate in un conflitto a fuoco, o alle lesioni riportate in caso di incidente stradale occorso in occasione di un inseguimento).
In questo caso, l’esclusione dal computo riguarda tutto il periodo di aspettativa e non solo quello afferente a periodi di ricovero in luoghi di cura.
In altre parole, e per concludere sul punto, può dirsi che se l’infermità dipende da ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio tutto il periodo di aspettativa è escluso dal computo; se invece l’infermità dipende da causa di servizio, ma non da ferite o lesioni traumatiche riportate in servizio, non tutto il periodo di aspettativa è escluso dal computo, ma solo quello connesso a periodi di degenza in luoghi di cura.
Ciò premesso può ora essere affrontato il merito del ricorso.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta che l’Amministrazione avrebbe tenuto conto, computandoli nel calcolo di determinazione del periodo massimo di aspettativa, di periodi di assenza determinati da infermità per le quali è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio.
Come detto poc’anzi tuttavia tale allegazione non è di per sé sufficiente per far ritenere che quei periodi di assenza dovessero essere effettivamente non computati nel suddetto calcolo.
Si è visto sopra che, in base ai commi secondo e terzo dell’art. 49 del d.P.R. n. 395/95, la dipendenza da causa di servizio è solo uno degli elementi che debbono concorrere affinché l’aspettativa possa essere non computata nel periodo di comporto. Accanto ad esso vi debbono essere altri elementi che nel caso specifico non risultano: in particolare il ricorrente, oltre a non dimostrare, neppure allega che le infermità di cui egli chiede l’esclusione dal computo fossero dovute a ferite o a lesioni traumatiche; e non dimostra, pur avendolo allegato, che i periodi di assenza di 258 giorni complessivi (dal 22 luglio 2002 al 30 gennaio 2003 e dal 3 novembre 2003 al 6 gennaio 2004) siano coincisi con periodi di ricovero in luoghi di cura.
Per queste ragioni non è applicabile la disposizione di cui al citato secondo comma dell’art. 49 il quale, come visto, richiede, oltre alla dipendenza da causa di servizio, il ricorrere delle altre due circostanze suindicate.
A maggior deve ritenersi non integrata la fattispecie di cui al terzo comma dello stesso articolo giacché l’interessato non dimostra, e neppure allega, che le infermità qui considerate fossero connesse a ferite o a lesioni traumatiche riportate in servizio.
Per queste ragioni il motivo in esame non può essere accolto.
Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, atteso che, a dire del ricorrente, l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente dato conto delle ragioni che sorreggono i provvedimenti impugnati.
In proposito va osservato che l’attività amministrativa qui considerata è totalmente vincolata.
L’Amministrazione, nel caso concreto, non doveva far altro che conteggiare i periodi di aspettativa in precedenza maturati dal dipendente e computarli nel periodo di comporto.
Nei provvedimenti impugnati, ed in particolare nella nota del 12 settembre 2006, vengono indicati i risultati dei conteggi effettuati dall’Amministrazione (che peraltro non vengono neppure contestati dall’interessato), e risultano dunque chiare le ragioni per le quali la stessa ha ritenuto che alla data del 3 novembre 2006 il ricorrente avrebbe maturato un toltale di 715 giorni di aspettativa per infermità.
Anche questo motivo è pertanto infondato.
Con il terzo motivo si deduce l’incompetenza del Vice Comandante ad adottare il provvedimento del 21 settembre 2006, con il quale si è disposta la collocazione in aspettativa del ricorrente per un periodo di 65 giorni.
In proposito si osserva quanto segue.
Stabilisce l’art. 56, comma 6, del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 254 che “Il provvedimento di collocamento in aspettativa, che non comporti riduzione o sospensione del trattamento stipendiale, è emanato dal comandante di corpo”.
Nel caso concreto, il provvedimento impugnato ha disposto il collocamento in aspettativa del dipendente per soli 65 giorni, e non ha disposto la sospensione o la riduzione del suo trattamento stipendiale. Per questa ragione, lo stesso è stato correttamente adottato dal Vice Comandante (su delega del Comandante) di Corpo e non dal Comandante Generale.
Infine, con l’ultimo mezzo, viene dedotta la violazione di diverse disposizioni della legge n. 241/90, ed in particolare: la violazione dell’art. 3 per mancanza di motivazione; la violazione delle norme che garantiscono la partecipazione procedimentale all’interessato; la violazione dell’art. 4 per mancata comunicazione del responsabile del procedimento; la mancata indicazione negli atti impugnati dell’autorità e dei termini per la proposizione del ricorso.
Anche questo motivo non può essere accolto.
Per ciò che concerne il difetto di motivazione si rinvia quanto esposto con riferimento al secondo mezzo di gravame.
Per ciò che concerne la partecipazione dell’interessato al procedimento amministrativo, ritiene il Collegio che - al di là di ogni considerazione circa l’effettiva necessità di inviare nel caso concreto al ricorrente la comunicazione di avviso di avvio del procedimento - sia applicabile la disposizione di cui all’art. 21 octies, comma secondo, della legge n. 241/90, in base al quale “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Come detto, l’impugnazione riguarda atti vincolati; e dai conteggi effettuati dall’Amministrazione risulta evidente che il periodo residuo di aspettativa fruibile dall’interessato non poteva superare i quindici giorni.
Il contenuto dispositivo degli atti impugnati non potava quindi essere differente.
Per ciò concerne infine la mancata indicazione del responsabile del procedimento, dei termini e dell’autorità cui proporre ricorso avverso gli atti impugnati, si rinvia alla copiosa giurisprudenza intervenuta in materia secondo la quale tali omissioni non rilevano ai fini della legittimità del provvedimento, concretando mere irregolarità dello stesso e potendo aver rilievo, se del caso, ai fini della concessione dell'errore scusabile (cfr. ex multis C.d.S sez. VI, 28 gennaio 2011, n. 642; T.A.R. Toscana Firenze sez. I 01 settembre 2005 n. 4287).
Anche questo motivo non può quindi trovare accoglimento.
In conclusione, per le ragioni illustrate il ricorso deve essere respinto.
Ragioni di equità inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Referendario, Estensore
Dario Simeoli, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2011
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenz
Anche se la sentenza del Tar Veneto è del Febbraio 2009 potrebbe essere utile ancora oggi a quei colleghi che si rispecchiano nelle stesse condizioni, per l’azione di risarcimento dei danni morali ed esistenziali sofferti a causa del congedo illimitato disposto dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
In questa sentenza vengono richiamate le 2 circolari del C.G.A. CC già da me sopra citate.
Una sentenza Vittoriosa che solo in pochissimi (o qualcuno) conoscono.
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02/02/2009 200900229 Sentenza 1
Ricorso n. 267/2006 Sent. n. 229/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Bruno Amoroso Presidente
Italo Franco Consigliere
Alessandra Farina Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 267/2006 proposto da T. F., rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Fiore Tartaglia e successivamente anche dall’avv. Giulia Turetta, con elezione di domicilio presso lo studio della stessa in Venezia, Piazzale Roma 464,
contro
il Ministero della Difesa in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege presso la sua sede in Venezia, San Marco, 63,
il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio,
per
l’azione di risarcimento dei danni morali ed esistenziali sofferti dal ricorrente a causa del congedo illimitato disposto nei suoi confronti dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione del Ministero della Difesa;
visti gli atti tutti della causa;
uditi alla pubblica udienza del 9 ottobre 2008 (relatore il Consigliere Alessandra Farina) gli avvocati: Turetta per il ricorrente e Cerillo per la P.A.;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Fatto
Espone l’odierno ricorrente, al tempo Carabiniere in s.p. presso il Comando della Regione Carabinieri Veneto, di essere stato collocato in aspettativa per infermità dipendente da causa di servizio con determinazione n. 226871/M-1-12 del 20.2.1997, periodo computato dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri in giorni 731 nel periodo compreso fra l’8.03.1994 ed il 7.03.1996.
Con determinazione n. 226871/M-3-13 di pari data veniva disposta la cessazione dal servizio permanente del Carabiniere T. F., a decorrere dal giorno 8.03.1996.
Successivamente, in data 7.3.1997, il Comando Regione Carabinieri Veneto emetteva il formale provvedimento di cessazione dal servizio permanente (foglio di congedo illimitato).
Contro le due determinazioni assunte dal Comando Generale, nonché avverso il provvedimento di collocazione in congedo illimitato, veniva proposto ricorso avanti al T.A.R. del Veneto, che, con sentenza della Prima Sezione, n. 1523/1997, accogliendo il gravame, annullava gli atti impugnati, condannando il Ministero della Difesa, intimato insieme al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, ordinando l’esecuzione della sentenza.
Con tale pronuncia veniva riconosciuta l’illegittimità degli atti impugnati, in quanto il computo delle assenze maturate dal ricorrente (ritenuto eccedente il limite massimo consentito di due anni nel quinquennio) era stato effettuato in violazione delle circolari dello stesso Comando Generale (prot. 133/89-9-12-1976 dd. 9.8.1994 e prot. 133/89-12-2-1976 dd. 27.10.1994), le quali stabilivano che i periodi trascorsi nei luoghi di cura, seppure ai soli fini dell’osservazione, nonché le giornate trascorse a disposizione delle commissioni mediche ospedaliere, non dovevano essere computati agli effetti della decorrenza della licenza di convalescenza.
Inoltre, veniva riconosciuta la violazione degli artt. 7 eseguenti della legge n. 241/90.
La sentenza di primo grado veniva quindi confermata in sede di appello con sentenza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato, n. 4218/2000, di reiezione del ricorso in appello presentato dal Ministero della Difesa.
In esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4218/00, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con prot. 226871/CONT- M- 42 dd. 27.10.2000, determinava la reintegrazione in servizio del ricorrente, a decorrere dall’8.3.1996, presso il Comando Regione Veneto.
In data 22.4.2005 il ricorrente adiva il T.A.R. del Lazio mediante azione di risarcimento dei danni morali ed esistenziali sofferti per effetto del congedo illimitato disposto illegittimamente, così come accertato in sede giurisdizionale.
A seguito della proposizione da parte del Ministero intimato del regolamento di competenza, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, con sentenza n. 197/2005, accoglieva il regolamento di competenza proposto ed individuava quale giudice competente a conoscere della controversia, originariamente instaurata dal ricorrente davanti al T.A.R. del Lazio, il T.A.R. del Veneto.
Pertanto in data 22.3.2006 il ricorrente provvedeva a depositare ricorso in riassunzione davanti al T.A.R. Veneto.
La pretesa avanzata dall’odierno istante di risarcimento dei danni morali ed esistenziali, sofferti per effetto degli atti illegittimamente assunti dall’Ente di appartenenza, si fonda sulla denunciata responsabilità di tipo contrattuale gravante sull’amministrazione intimata, stante il preciso dovere cui era tenuto l’Ente di appartenenza del ricorrente di provvedere correttamente al computo dei periodi di assenza per infermità, in osservanza delle circolari espressamente disciplinanti la materia, senza dare luogo al congedo illimitato.
Il congedo illimitato disposto nei confronti del ricorrente a decorrere dalla data dell’8.3.1996 sino alla reintegrazione in servizio avvenuta il 27.10.2000, annullato per effetto delle pronunce giurisdizionali, risulta quindi diretta conseguenza dell’illecito contrattuale nel quale è incorso l’Ente di appartenenza.
Da ciò l’applicabilità del disposto di cui all’art. 2946 c.c., in tema di responsabilità contrattuale, che computa al riguardo il termine decennale per la prescrizione della pretesa al risarcimento del danno patito per effetto degli atti illegittimamente assunti, termine pienamente rispettato dal ricorrente, in quanto decorrente dal 1997, data della sentenza di primo grado, la cui esecutività non è mai stata sospesa.
In ogni caso, anche nell’ipotesi in cui si dovesse dubitare della natura contrattuale della responsabilità dell’amministrazione, stante il carattere permanente dell’illecito di cui la stessa si è resa responsabile, permarrebbe la legittimazione del ricorrente a proporre istanza di risarcimento dei danni morali ed esistenziali patiti, posto che il termine prescrizionale, avente in tal caso durata quinquennale, decorrerebbe dal giorno in cui la compressione ha avuto termine e dunque dal giorno in cui il ricorrente è stato formalmente reintegrato in servizio (27.10.2000).
Ciò premesso, parte istante ribadisce la sussistenza del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni di carattere non patrimoniale (ex art. 2059 c.c.) derivanti dagli atti illegittimamente assunti dall’amministrazione di appartenenza, conformemente ai principi elaborati dalla giurisprudenza sul punto, calcolandoli nella somma complessiva di € 350.000,00 salva la maggiore o minore somma che il giudice potrà ritenere.
L’amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, con memoria di stile ha chiesto la reiezione del ricorso.
All’udienza del 9 ottobre 2008 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Diritto
Con il ricorso indicato in epigrafe l’Appuntato C.C. T. F. avanza la richiesta di riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni morali ed esistenziali sofferti a causa dell’illegittimo congedo illimitato disposto nei suoi confronti dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
La vicenda, così come ricostruita in fatto, ha avuto per oggetto la declaratoria dell’illegittimità dei provvedimenti assunti nei riguardi del ricorrente, illegittimità relativa all’erroneo computo delle assenze per malattia e del conseguente collocamento in congedo illimitato.
La vicenda processuale si è protratta per un periodo di tempo considerevole, in quanto il ricorrente, benché vittorioso già in primo grado con sentenza favorevole immediatamente esecutiva, non sospesa in sede di appello, ha conseguito il formale reintegro in servizio solo dopo quarantaquattro mesi.
Per effetto del lungo tempo trascorso fuori dall’Arma a causa dei provvedimenti illegittimamente assunti dall’Ente di appartenenza, con il ricorso in esame l’odierno istante rivendica il proprio diritto ad ottenere il ristoro del danni morali ed esistenziali subiti.
La materia della risarcibilità dei danni morali nonché di quelli esistenziali è stata oggetto, come noto, di una evoluzione giurisprudenziale, che ha portato ad una estensione del concetto di danno di natura non patrimoniale suscettibile di ristoro.
Punto di partenza è la disposizione contenuta nell’art. 2059 del codice civile, che ammette la risarcibilità del danno non patrimoniale “…solo nei casi determinati dalla legge”.
Inizialmente, stante il disposto normativo richiamato, l’unica ipotesi configurabile era quella rinvenibile nell’art. 185 del codice penale, ammettendosi la risarcibilità del danno non patrimoniale nei soli casi in cui il fatto costituisce reato.
L’evoluzione interpretativa della giurisprudenza – a partire dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 134/1986 – ha condotto ad un’interpretazione più ampia del concetto di danno non patrimoniale suscettibile di risarcimento, il quale trova in tal modo una più ampia ed articolata tutela.
L’art.2059 c.c. non va più interpretato restrittivamente ed applicato in via esclusiva ai casi tradizionali di danno morale soggettivo (ex art. 185 c.p.), ma deve assicurare la riparazione di ogni altra ipotesi normativamente prevista di danno non patrimoniale risarcibile, nonché delle lesioni che, incidendo sui valori (della persona) costituzionalmente garantiti, non possono non costituire figure di danno risarcibile, a prescindere dai risvolti penalistici, non più condizionanti.
Si è così giunti a configurare il danno non patrimoniale come una categoria ampia nella quale confluiscono tutte le ipotesi di lesione di valori inerenti alla persona, ovvero sia il danno morale soggettivo (concretatesi nella perturbatio dell’animus della vittima), sia il danno biologico in senso stretto (ossia il danno all’integrità fisica o psichica, coperto dalla garanzia dell’art. 32 Cost.), sia il cd. danno esistenziale, inteso quale danno conseguente alla lesione di altri beni non patrimoniali di rango costituzionale, primo fra tutti il diritto alla tutela della personalità.
Ne deriva, con particolare riguardo alla pretesa fatta valere in giudizio dal ricorrente, la possibilità di conseguire il risarcimento dei danni non patrimoniali non solo laddove sia identificabile un danno morale, così come sopra definito quale patema d’animo e sofferenza psichica del soggetto passivo, ma anche nelle ipotesi in cui si configuri un danno esistenziale, consistente nei riflessi esistenziali negativi (perdita di compiacimento o di benessere per il danneggiato), che ogni violazione di un diritto della personalità produce.
A differenza del danno biologico, tale voce sussiste indipendentemente da una patologia (lesione fisica o psichica) suscettibile di accertamento e valutazione medico-legale; a differenza dal danno patrimoniale prescinde da una diminuzione della capacità reddituale; a differenza dal danno morale, inteso come turbamento dello stato d’animo, non consiste in una sofferenza o in un dolore, bensì in un peggioramento della qualità della vita.
Ciò premesso, il Collegio ritiene che le richieste avanzate dal ricorrente possano trovare accoglimento, sussistendo la responsabilità dell’amministrazione intimata ed essendo rilevabili nel caso di specie i presupposti per la risarcibilità del danno esistenziale causato al ricorrente per effetto degli atti illegittimamente assunti, in riconosciuta violazione delle disposizioni vigenti in materia di computo dei periodi di aspettativa per motivi di salute, cui l’amministrazione doveva attenersi.
Sussistono infatti gli estremi per poter ritenere la violazione della posizione del ricorrente in conseguenza degli atti assunti dall’amministrazione, che, tenuto conto anche della vicenda giudiziaria, è stata lesa, essendo stato ingiustamente ostacolato il libero esercizio dell’attività lavorativa e della personalità del ricorrente (valori entrambi tutelati dagli articoli 2 e 4 della Costituzione).
Invero, per effetto degli atti annullati dalle sentenze di primo e secondo grado emesse a seguito del gravame proposto dall’interessato, il ricorrente è stato costretto ad astenersi dal servizio in conseguenza del congedo illimitato illegittimamente impostogli dall’amministrazione.
A ciò si aggiunge la considerazione del lungo tempo trascorso fuori dal servizio, benché già la sentenza di primo grado, favorevole al ricorrente, essendo pronuncia immediatamente esecutiva, consentisse l’immediata reintegra, non essendo stata oggetto peraltro di sospensione all’atto della proposizione del ricorso in appello da parte del Ministero della Difesa.
A quanto sin qui rilevato va altresì aggiunta la particolare considerazione del prestigio che sia a livello personale che sociale ha senza dubbio l’attività lavorativa prestata dal ricorrente (appartenente all’Arma dei Carabinieri).
Ciò ritenuto in ordine alla riconoscibilità del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni morali, ma soprattutto esistenziali subiti, resta da stabilire la quantificazione del danno da risarcire.
Orbene, come noto, in materia di quantificazione del danno non patrimoniale è ammesso il ricorso alla liquidazione in via equitativa, ex artt. 1226 e 2056 c.c., proprio in ragione della natura particolare del danno ristorato, non riconducibile ad una diminuzione patrimoniale, ma avente funzione compensativa del pregiudizio sofferto.
Tenuto conto di tali principi, alla luce delle considerazioni sopra espresse, il Collegio accoglie il ricorso, provvedendo per l’effetto a quantificare in via equitativa la somma che l’amministrazione intimata dovrà corrispondere al ricorrente a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti nella misura di € 25.000,00 (venticinquemila/00 Euro).
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni altra domanda o eccezione, lo accoglie e per l’effetto condanna l’amministrazione convenuta a corrispondere al ricorrente il risarcimento del danno quantificato in € 25.000,00 (venticinquemila/00 Euro)
Condanna la parte resistente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese delle competenze di causa che liquida complessivamente in € 2000,00 ( duemila/00 Euro) oltre ad i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, addì 9 ottobre 2008.
Il Presidente L’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Prima Sezione
In questa sentenza vengono richiamate le 2 circolari del C.G.A. CC già da me sopra citate.
Una sentenza Vittoriosa che solo in pochissimi (o qualcuno) conoscono.
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02/02/2009 200900229 Sentenza 1
Ricorso n. 267/2006 Sent. n. 229/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Bruno Amoroso Presidente
Italo Franco Consigliere
Alessandra Farina Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 267/2006 proposto da T. F., rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Fiore Tartaglia e successivamente anche dall’avv. Giulia Turetta, con elezione di domicilio presso lo studio della stessa in Venezia, Piazzale Roma 464,
contro
il Ministero della Difesa in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege presso la sua sede in Venezia, San Marco, 63,
il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio,
per
l’azione di risarcimento dei danni morali ed esistenziali sofferti dal ricorrente a causa del congedo illimitato disposto nei suoi confronti dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione del Ministero della Difesa;
visti gli atti tutti della causa;
uditi alla pubblica udienza del 9 ottobre 2008 (relatore il Consigliere Alessandra Farina) gli avvocati: Turetta per il ricorrente e Cerillo per la P.A.;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Fatto
Espone l’odierno ricorrente, al tempo Carabiniere in s.p. presso il Comando della Regione Carabinieri Veneto, di essere stato collocato in aspettativa per infermità dipendente da causa di servizio con determinazione n. 226871/M-1-12 del 20.2.1997, periodo computato dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri in giorni 731 nel periodo compreso fra l’8.03.1994 ed il 7.03.1996.
Con determinazione n. 226871/M-3-13 di pari data veniva disposta la cessazione dal servizio permanente del Carabiniere T. F., a decorrere dal giorno 8.03.1996.
Successivamente, in data 7.3.1997, il Comando Regione Carabinieri Veneto emetteva il formale provvedimento di cessazione dal servizio permanente (foglio di congedo illimitato).
Contro le due determinazioni assunte dal Comando Generale, nonché avverso il provvedimento di collocazione in congedo illimitato, veniva proposto ricorso avanti al T.A.R. del Veneto, che, con sentenza della Prima Sezione, n. 1523/1997, accogliendo il gravame, annullava gli atti impugnati, condannando il Ministero della Difesa, intimato insieme al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, ordinando l’esecuzione della sentenza.
Con tale pronuncia veniva riconosciuta l’illegittimità degli atti impugnati, in quanto il computo delle assenze maturate dal ricorrente (ritenuto eccedente il limite massimo consentito di due anni nel quinquennio) era stato effettuato in violazione delle circolari dello stesso Comando Generale (prot. 133/89-9-12-1976 dd. 9.8.1994 e prot. 133/89-12-2-1976 dd. 27.10.1994), le quali stabilivano che i periodi trascorsi nei luoghi di cura, seppure ai soli fini dell’osservazione, nonché le giornate trascorse a disposizione delle commissioni mediche ospedaliere, non dovevano essere computati agli effetti della decorrenza della licenza di convalescenza.
Inoltre, veniva riconosciuta la violazione degli artt. 7 eseguenti della legge n. 241/90.
La sentenza di primo grado veniva quindi confermata in sede di appello con sentenza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato, n. 4218/2000, di reiezione del ricorso in appello presentato dal Ministero della Difesa.
In esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4218/00, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con prot. 226871/CONT- M- 42 dd. 27.10.2000, determinava la reintegrazione in servizio del ricorrente, a decorrere dall’8.3.1996, presso il Comando Regione Veneto.
In data 22.4.2005 il ricorrente adiva il T.A.R. del Lazio mediante azione di risarcimento dei danni morali ed esistenziali sofferti per effetto del congedo illimitato disposto illegittimamente, così come accertato in sede giurisdizionale.
A seguito della proposizione da parte del Ministero intimato del regolamento di competenza, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, con sentenza n. 197/2005, accoglieva il regolamento di competenza proposto ed individuava quale giudice competente a conoscere della controversia, originariamente instaurata dal ricorrente davanti al T.A.R. del Lazio, il T.A.R. del Veneto.
Pertanto in data 22.3.2006 il ricorrente provvedeva a depositare ricorso in riassunzione davanti al T.A.R. Veneto.
La pretesa avanzata dall’odierno istante di risarcimento dei danni morali ed esistenziali, sofferti per effetto degli atti illegittimamente assunti dall’Ente di appartenenza, si fonda sulla denunciata responsabilità di tipo contrattuale gravante sull’amministrazione intimata, stante il preciso dovere cui era tenuto l’Ente di appartenenza del ricorrente di provvedere correttamente al computo dei periodi di assenza per infermità, in osservanza delle circolari espressamente disciplinanti la materia, senza dare luogo al congedo illimitato.
Il congedo illimitato disposto nei confronti del ricorrente a decorrere dalla data dell’8.3.1996 sino alla reintegrazione in servizio avvenuta il 27.10.2000, annullato per effetto delle pronunce giurisdizionali, risulta quindi diretta conseguenza dell’illecito contrattuale nel quale è incorso l’Ente di appartenenza.
Da ciò l’applicabilità del disposto di cui all’art. 2946 c.c., in tema di responsabilità contrattuale, che computa al riguardo il termine decennale per la prescrizione della pretesa al risarcimento del danno patito per effetto degli atti illegittimamente assunti, termine pienamente rispettato dal ricorrente, in quanto decorrente dal 1997, data della sentenza di primo grado, la cui esecutività non è mai stata sospesa.
In ogni caso, anche nell’ipotesi in cui si dovesse dubitare della natura contrattuale della responsabilità dell’amministrazione, stante il carattere permanente dell’illecito di cui la stessa si è resa responsabile, permarrebbe la legittimazione del ricorrente a proporre istanza di risarcimento dei danni morali ed esistenziali patiti, posto che il termine prescrizionale, avente in tal caso durata quinquennale, decorrerebbe dal giorno in cui la compressione ha avuto termine e dunque dal giorno in cui il ricorrente è stato formalmente reintegrato in servizio (27.10.2000).
Ciò premesso, parte istante ribadisce la sussistenza del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni di carattere non patrimoniale (ex art. 2059 c.c.) derivanti dagli atti illegittimamente assunti dall’amministrazione di appartenenza, conformemente ai principi elaborati dalla giurisprudenza sul punto, calcolandoli nella somma complessiva di € 350.000,00 salva la maggiore o minore somma che il giudice potrà ritenere.
L’amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, con memoria di stile ha chiesto la reiezione del ricorso.
All’udienza del 9 ottobre 2008 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Diritto
Con il ricorso indicato in epigrafe l’Appuntato C.C. T. F. avanza la richiesta di riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni morali ed esistenziali sofferti a causa dell’illegittimo congedo illimitato disposto nei suoi confronti dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
La vicenda, così come ricostruita in fatto, ha avuto per oggetto la declaratoria dell’illegittimità dei provvedimenti assunti nei riguardi del ricorrente, illegittimità relativa all’erroneo computo delle assenze per malattia e del conseguente collocamento in congedo illimitato.
La vicenda processuale si è protratta per un periodo di tempo considerevole, in quanto il ricorrente, benché vittorioso già in primo grado con sentenza favorevole immediatamente esecutiva, non sospesa in sede di appello, ha conseguito il formale reintegro in servizio solo dopo quarantaquattro mesi.
Per effetto del lungo tempo trascorso fuori dall’Arma a causa dei provvedimenti illegittimamente assunti dall’Ente di appartenenza, con il ricorso in esame l’odierno istante rivendica il proprio diritto ad ottenere il ristoro del danni morali ed esistenziali subiti.
La materia della risarcibilità dei danni morali nonché di quelli esistenziali è stata oggetto, come noto, di una evoluzione giurisprudenziale, che ha portato ad una estensione del concetto di danno di natura non patrimoniale suscettibile di ristoro.
Punto di partenza è la disposizione contenuta nell’art. 2059 del codice civile, che ammette la risarcibilità del danno non patrimoniale “…solo nei casi determinati dalla legge”.
Inizialmente, stante il disposto normativo richiamato, l’unica ipotesi configurabile era quella rinvenibile nell’art. 185 del codice penale, ammettendosi la risarcibilità del danno non patrimoniale nei soli casi in cui il fatto costituisce reato.
L’evoluzione interpretativa della giurisprudenza – a partire dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 134/1986 – ha condotto ad un’interpretazione più ampia del concetto di danno non patrimoniale suscettibile di risarcimento, il quale trova in tal modo una più ampia ed articolata tutela.
L’art.2059 c.c. non va più interpretato restrittivamente ed applicato in via esclusiva ai casi tradizionali di danno morale soggettivo (ex art. 185 c.p.), ma deve assicurare la riparazione di ogni altra ipotesi normativamente prevista di danno non patrimoniale risarcibile, nonché delle lesioni che, incidendo sui valori (della persona) costituzionalmente garantiti, non possono non costituire figure di danno risarcibile, a prescindere dai risvolti penalistici, non più condizionanti.
Si è così giunti a configurare il danno non patrimoniale come una categoria ampia nella quale confluiscono tutte le ipotesi di lesione di valori inerenti alla persona, ovvero sia il danno morale soggettivo (concretatesi nella perturbatio dell’animus della vittima), sia il danno biologico in senso stretto (ossia il danno all’integrità fisica o psichica, coperto dalla garanzia dell’art. 32 Cost.), sia il cd. danno esistenziale, inteso quale danno conseguente alla lesione di altri beni non patrimoniali di rango costituzionale, primo fra tutti il diritto alla tutela della personalità.
Ne deriva, con particolare riguardo alla pretesa fatta valere in giudizio dal ricorrente, la possibilità di conseguire il risarcimento dei danni non patrimoniali non solo laddove sia identificabile un danno morale, così come sopra definito quale patema d’animo e sofferenza psichica del soggetto passivo, ma anche nelle ipotesi in cui si configuri un danno esistenziale, consistente nei riflessi esistenziali negativi (perdita di compiacimento o di benessere per il danneggiato), che ogni violazione di un diritto della personalità produce.
A differenza del danno biologico, tale voce sussiste indipendentemente da una patologia (lesione fisica o psichica) suscettibile di accertamento e valutazione medico-legale; a differenza dal danno patrimoniale prescinde da una diminuzione della capacità reddituale; a differenza dal danno morale, inteso come turbamento dello stato d’animo, non consiste in una sofferenza o in un dolore, bensì in un peggioramento della qualità della vita.
Ciò premesso, il Collegio ritiene che le richieste avanzate dal ricorrente possano trovare accoglimento, sussistendo la responsabilità dell’amministrazione intimata ed essendo rilevabili nel caso di specie i presupposti per la risarcibilità del danno esistenziale causato al ricorrente per effetto degli atti illegittimamente assunti, in riconosciuta violazione delle disposizioni vigenti in materia di computo dei periodi di aspettativa per motivi di salute, cui l’amministrazione doveva attenersi.
Sussistono infatti gli estremi per poter ritenere la violazione della posizione del ricorrente in conseguenza degli atti assunti dall’amministrazione, che, tenuto conto anche della vicenda giudiziaria, è stata lesa, essendo stato ingiustamente ostacolato il libero esercizio dell’attività lavorativa e della personalità del ricorrente (valori entrambi tutelati dagli articoli 2 e 4 della Costituzione).
Invero, per effetto degli atti annullati dalle sentenze di primo e secondo grado emesse a seguito del gravame proposto dall’interessato, il ricorrente è stato costretto ad astenersi dal servizio in conseguenza del congedo illimitato illegittimamente impostogli dall’amministrazione.
A ciò si aggiunge la considerazione del lungo tempo trascorso fuori dal servizio, benché già la sentenza di primo grado, favorevole al ricorrente, essendo pronuncia immediatamente esecutiva, consentisse l’immediata reintegra, non essendo stata oggetto peraltro di sospensione all’atto della proposizione del ricorso in appello da parte del Ministero della Difesa.
A quanto sin qui rilevato va altresì aggiunta la particolare considerazione del prestigio che sia a livello personale che sociale ha senza dubbio l’attività lavorativa prestata dal ricorrente (appartenente all’Arma dei Carabinieri).
Ciò ritenuto in ordine alla riconoscibilità del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni morali, ma soprattutto esistenziali subiti, resta da stabilire la quantificazione del danno da risarcire.
Orbene, come noto, in materia di quantificazione del danno non patrimoniale è ammesso il ricorso alla liquidazione in via equitativa, ex artt. 1226 e 2056 c.c., proprio in ragione della natura particolare del danno ristorato, non riconducibile ad una diminuzione patrimoniale, ma avente funzione compensativa del pregiudizio sofferto.
Tenuto conto di tali principi, alla luce delle considerazioni sopra espresse, il Collegio accoglie il ricorso, provvedendo per l’effetto a quantificare in via equitativa la somma che l’amministrazione intimata dovrà corrispondere al ricorrente a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali subiti nella misura di € 25.000,00 (venticinquemila/00 Euro).
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni altra domanda o eccezione, lo accoglie e per l’effetto condanna l’amministrazione convenuta a corrispondere al ricorrente il risarcimento del danno quantificato in € 25.000,00 (venticinquemila/00 Euro)
Condanna la parte resistente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese delle competenze di causa che liquida complessivamente in € 2000,00 ( duemila/00 Euro) oltre ad i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, addì 9 ottobre 2008.
Il Presidente L’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Prima Sezione
Re: Superamento dei 45 giorni di assenza annui per dipendenz
Ma quanti problemi ci creano gli uffici ???? Menomale che il nostro collega si è dato da fare subito.
Ricorso straordinario per:
- ) - collocamento in aspettativa per infermità per un totale di 56 giorni, effettuati in tre periodi di assenza , quali non dipendenti da causa di servizio.
RISVOLTI:
1) - Il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, nella relazione istruttoria, riferisce che la legione carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta, in data 10 luglio 2009, ha proceduto a rettificare il provvedimento impugnato , comunicando al Centro nazionale amministrativo del Comando generale ed al ricorrente che 3 dei 56 giorni sopra citati, relativi al primo dei tre periodi di assenza, dovevano essere considerati dipendenti da causa di servizio.
2) - Lo stesso Comando del corpo ha proceduto successivamente ad adottare due nuovi provvedimenti, notificati in data 7 gennaio 2010, con i quali rettificando ulteriormente il provvedimento in origine impugnato ,
) - ha proceduto a determinare il collocamento in aspettativa per infermità da causa di servizio anche dei primi due periodi di assenza effettuati dal ricorrente;
) - ha determinato altresì la non dipendenza da causa di servizio, allo stato attuale, dell’ultimo periodo di assenza effettuato dal ricorrente, in quanto l’istruzione relativa al riconoscimento della causa di servizio non è ancora terminata.
Il resto potete leggerlo qui sotto:
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15/11/2012 201002367 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 06/06/2012
Numero 04833/2012 e data 15/11/2012
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 6 giugno 2012
NUMERO AFFARE 02367/2010
OGGETTO:
Ministero della difesa. .
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da F. C., per chiedere l’annullamento del provvedimento n. 3627/7 , in data 6 febbraio 2009 , che ha determinato il suo collocamento in aspettativa per infermità per un totale di 56 giorni, effettuati in tre periodi di assenza , quali non dipendenti da causa di servizio.
LA SEZIONE
Vista la relazione n.266633 09/02/2010 in data 7 maggio 2010 , con la quale il Ministero della difesa , comando generale dell’ arma carabinieri , ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore Consigliere Paolo De Ioanna;
Premesso e considerato.
1. Il ricorrente, F. C., chiede l’annullamento del provvedimento n. 3627/7 , in data 6 febbraio 2009 , che ha determinato il suo collocamento in aspettativa per infermità per un totale di 56 giorni, effettuati in tre periodi di assenza , quali non dipendenti da causa di servizio.
2. Il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, nella relazione istruttoria, riferisce che la legione carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta, in data 10 luglio 2009, ha proceduto a rettificare il provvedimento impugnato , comunicando al Centro nazionale amministrativo del Comando generale ed al ricorrente che 3 dei 56 giorni sopra citati, relativi al primo dei tre periodi di assenza, dovevano essere considerati dipendenti da causa di servizio. Lo stesso Comando del corpo ha proceduto successivamente ad adottare due nuovi provvedimenti, notificati in data 7 gennaio 2010, con i quali rettificando ulteriormente il provvedimento in origine impugnato , ha proceduto a determinare il collocamento in aspettativa per infermità da causa di servizio anche dei primi due periodi di assenza effettuati dal ricorrente; ha determinato altresì la non dipendenza da causa di servizio, allo stato attuale, dell’ultimo periodo di assenza effettuato dal ricorrente, in quanto l’istruzione relativa al riconoscimento della causa di servizio non è ancora terminata.
3. Sulla base degli elementi in atti e della ricostruzione della vicenda che è possibile operare sulla base di tali elementi, la Sezione ritiene che il ricorso è in parte improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse , in quanto i nuovi provvedimenti adottati in autotutela appaiono satisfativi delle richieste avanzate dal ricorrente in ordine al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dei primi due periodi di assenza, effettuati dal 5 novembre 2007 al 7 novembre 2007 e dal 29 novembre 2007 al 7 dicembre 2007; ritiene altresì inammissibile per la restante parte il ricorso in quanto allo stato il periodo di assenza relativo ai giorni dal 28 settembre 2008 al 10 novembre 2008 è oggetto, sulla base degli elementi di conoscenza a disposizione della Sezione, del giudizio degli organi medico-legali competenti, per cui non sussiste una capacità direttamente lesiva dei provvedimenti impugnati: infatti non si è verificata alcuna delle condizioni normativamente previste perché tale ultimo periodo, sub judice dal punto di vista della verifica sanitaria, possa incidere negativamente sullo status economico e stipendiale del ricorrente.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso straordinario in oggetto debba essere dichiarato in parte improcedibile ed in parte inammissibile.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Paolo De Ioanna Roberto Garofoli
IL SEGRETARIO
Elvira Pallotta
Ricorso straordinario per:
- ) - collocamento in aspettativa per infermità per un totale di 56 giorni, effettuati in tre periodi di assenza , quali non dipendenti da causa di servizio.
RISVOLTI:
1) - Il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, nella relazione istruttoria, riferisce che la legione carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta, in data 10 luglio 2009, ha proceduto a rettificare il provvedimento impugnato , comunicando al Centro nazionale amministrativo del Comando generale ed al ricorrente che 3 dei 56 giorni sopra citati, relativi al primo dei tre periodi di assenza, dovevano essere considerati dipendenti da causa di servizio.
2) - Lo stesso Comando del corpo ha proceduto successivamente ad adottare due nuovi provvedimenti, notificati in data 7 gennaio 2010, con i quali rettificando ulteriormente il provvedimento in origine impugnato ,
) - ha proceduto a determinare il collocamento in aspettativa per infermità da causa di servizio anche dei primi due periodi di assenza effettuati dal ricorrente;
) - ha determinato altresì la non dipendenza da causa di servizio, allo stato attuale, dell’ultimo periodo di assenza effettuato dal ricorrente, in quanto l’istruzione relativa al riconoscimento della causa di servizio non è ancora terminata.
Il resto potete leggerlo qui sotto:
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15/11/2012 201002367 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 06/06/2012
Numero 04833/2012 e data 15/11/2012
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 6 giugno 2012
NUMERO AFFARE 02367/2010
OGGETTO:
Ministero della difesa. .
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da F. C., per chiedere l’annullamento del provvedimento n. 3627/7 , in data 6 febbraio 2009 , che ha determinato il suo collocamento in aspettativa per infermità per un totale di 56 giorni, effettuati in tre periodi di assenza , quali non dipendenti da causa di servizio.
LA SEZIONE
Vista la relazione n.266633 09/02/2010 in data 7 maggio 2010 , con la quale il Ministero della difesa , comando generale dell’ arma carabinieri , ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore Consigliere Paolo De Ioanna;
Premesso e considerato.
1. Il ricorrente, F. C., chiede l’annullamento del provvedimento n. 3627/7 , in data 6 febbraio 2009 , che ha determinato il suo collocamento in aspettativa per infermità per un totale di 56 giorni, effettuati in tre periodi di assenza , quali non dipendenti da causa di servizio.
2. Il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, nella relazione istruttoria, riferisce che la legione carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta, in data 10 luglio 2009, ha proceduto a rettificare il provvedimento impugnato , comunicando al Centro nazionale amministrativo del Comando generale ed al ricorrente che 3 dei 56 giorni sopra citati, relativi al primo dei tre periodi di assenza, dovevano essere considerati dipendenti da causa di servizio. Lo stesso Comando del corpo ha proceduto successivamente ad adottare due nuovi provvedimenti, notificati in data 7 gennaio 2010, con i quali rettificando ulteriormente il provvedimento in origine impugnato , ha proceduto a determinare il collocamento in aspettativa per infermità da causa di servizio anche dei primi due periodi di assenza effettuati dal ricorrente; ha determinato altresì la non dipendenza da causa di servizio, allo stato attuale, dell’ultimo periodo di assenza effettuato dal ricorrente, in quanto l’istruzione relativa al riconoscimento della causa di servizio non è ancora terminata.
3. Sulla base degli elementi in atti e della ricostruzione della vicenda che è possibile operare sulla base di tali elementi, la Sezione ritiene che il ricorso è in parte improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse , in quanto i nuovi provvedimenti adottati in autotutela appaiono satisfativi delle richieste avanzate dal ricorrente in ordine al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dei primi due periodi di assenza, effettuati dal 5 novembre 2007 al 7 novembre 2007 e dal 29 novembre 2007 al 7 dicembre 2007; ritiene altresì inammissibile per la restante parte il ricorso in quanto allo stato il periodo di assenza relativo ai giorni dal 28 settembre 2008 al 10 novembre 2008 è oggetto, sulla base degli elementi di conoscenza a disposizione della Sezione, del giudizio degli organi medico-legali competenti, per cui non sussiste una capacità direttamente lesiva dei provvedimenti impugnati: infatti non si è verificata alcuna delle condizioni normativamente previste perché tale ultimo periodo, sub judice dal punto di vista della verifica sanitaria, possa incidere negativamente sullo status economico e stipendiale del ricorrente.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso straordinario in oggetto debba essere dichiarato in parte improcedibile ed in parte inammissibile.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Paolo De Ioanna Roberto Garofoli
IL SEGRETARIO
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