sospensione dal servizio

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Memole80123
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sospensione dal servizio

Messaggio da Memole80123 »

Salve a tutti mi sono appena iscritto. Vorrei fare una domanda sperando che qualche collega dell arma mi sappia rispondere con certezza... La sospensione obbligatoria è facoltativa ha una durata massima?


mauri64
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Re: sospensione dal servizio

Messaggio da mauri64 »

Salve, in rete ho trovato quanto segue vedi se è di tuo interesse, non essendo sostenitore non puoi leggere/scaricare gli allegati nei messaggi pubblici, pertanto, sono stato costretto ad inserirla come lettera.

1. La sospensione dall’impiego o dal servizio

Il rapporto di impiego può subire sospensioni determinate da cause di varia natura (1). La sospensione dall’impiego (o, secondo le formulazioni di alcune leggi di stato giuridico, dal servizio (2)) congela il rapporto tra il militare e l’amministrazione, con conseguenze relative ai reciproci doveri e diritti anche di natura patrimoniale. Durante la sospensione dall’impiego il militare non è più tenuto ad alcune prestazioni di servizio, anche se permane nella posizione di servizio permanente, ma non effettivo (la ferma o la rafferma volontaria non si prosciolgono automaticamente con la sospensione dal servizio). D’altra parte, l’amministrazione non è tenuta a corrispondere il contenuto della controprestazione economica, almeno nella misura intera, dovendo comunque salvaguardare, anche in questa posizione di stato giuridico, le esigenze di mantenimento del militare e della sua famiglia.

Il militare, quindi, ha diritto al godimento di una prestazione economica a titolo di assegno alimentare, ma non al trattamento economico intero. Anche per il militare permangono alcuni doveri, soprattutto di carattere disciplinare, mentre la legge penale militare, ai fini della sua applicazione, precisa che l’interessato deve continuare a considerarsi militare in servizio alle armi, ai sensi dell’art. 5 c.p.m.p. In particolare: - al militare continuano ad applicarsi le norme sulle incompatibilità con il servizio permanente previste dalle leggi di stato giuridico (3), per cui non può intraprendere nel frattempo un’altra professione od occupazione economica qualsiasi (tranne quelle autorizzate (4)); - per quanto riguarda la regolamentazione disciplinare, il militare (incorporato e sino alla cessazione dal servizio attivo, quindi anche sospeso dall’impiego) è tenuto comunque ad osservare i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari, senza considerare che, ancorché sospeso, può rivolgersi ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali, quindi vedersi applicato globalmente il Regolamento di disciplina militare (5); - per quel che concerne - in generale - lo stato giuridico, il militare conserva la posizione ad esso connessa e, eccezionalmente, le attribuzioni inerenti al grado (con alcune particolarità inerenti alle singole categorie di militari (6)).

Le leggi di stato giuridico distinguono normalmente tre tipi di sospensione: quella precauzionale, quella disciplinare e quella penale (7). Al di là delle note comuni, precedentemente illustrate, questi diversi tipi di sospensione presentano alcune caratteristiche peculiari e soprattutto differiscono per i presupposti applicativi. Inoltre, la loro concreta disciplina giuridica è rinvenibile nelle leggi di stato giuridico o nei codici penali militari, a seconda - rispettivamente - della loro diversa natura amministrativa o penale. Per i militari non forniti di un rapporto di impiego e rientranti nelle categorie del congedo (ausiliaria, riserva, ufficiali e sottufficiali di complemento, ufficiali della riserva di complemento, ufficiali in ferma prefissata) si parla di sospensione dalle funzioni o dalle attribuzioni del grado, anch’essa distinta in precauzionale, disciplinare e penale, con una disciplina analoga, in quanto applicabile, a quella della sospensione dall’impiego (8). Mentre la sospensione dall’impiego o dal servizio incide sul rapporto giuridico di impiego, la sospensione dal grado rileva nei rapporti gerarchici, togliendo temporaneamente al militare interessato quella posizione soggettiva, determinata dalla sua collocazione nella scala gerarchica, che il grado gli conferisce.

2. La sospensione precauzionale (9)

La sospensione precauzionale consente all’amministrazione di congelare il rapporto di impiego in occasione di particolari vicende che coinvolgono il militare dipendente e che potrebbero concludersi con provvedimenti penali di condanna o disciplinari di stato che possono compromettere l’ulteriore durata dello stesso rapporto di impiego o di servizio. La sospensione precauzionale è un provvedimento amministrativo autoritativo cautelare, per sua stessa natura provvisorio, è - cioè - destinato a venire meno nel momento in cui la vicenda di carattere penale o disciplinare riguardante il militare interessato si conclude, in senso sfavorevole o meno per quest’ultimo, o anche quando sia decorso un certo lasso di tempo, stabilito dalla legge, senza che la predetta vicenda si sia conclusa. Questo tipo di sospensione non ha, quindi, natura sanzionatoria, ma soltanto precauzionale, consentendo all’amministrazione di anticipare gli effetti di un eventuale e successivo provvedimento disciplinare di stato che possa consolidare definitivamente la situazione temporanea di sospensione del rapporto di impiego.

La mancata adozione di un provvedimento disciplinare di stato fa sorgere per il militare interessato il diritto alla restitutio in integrum e per l’amministrazione l’obbligo restitutorio, con la necessaria ricostruzione economica della carriera (10). Le leggi di stato giuridico parlano, per l’appunto, di sospensione precauzionale e distinguono una sospensione obbligatoria ed una facoltativa. La sospensione precauzionale obbligatoria si applica quando nei confronti del militare viene adottato dalla competente autorità giudiziaria un provvedimento restrittivo della libertà personale di natura cautelare (11). È stato rilevato come la sospensione obbligatoria tutela gli interessi dell’amministrazione, in relazione alla circostanza oggettiva per la quale il dipendente non è nelle condizioni di effettuare alcuna prestazione di servizio (conseguentemente l’amministrazione non deve corrispondere la dovuta controprestazione) e, inoltre, l’interesse teso a salvaguardare la pubblica funzione militare, in relazione a fatti di particolare gravità che possono recare danno al prestigio e all’immagine dell’istituzione e turbare l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa (12).

Questo secondo aspetto diventa assorbente nel caso di sospensione precauzionale facoltativa per la quale l’amministrazione deve soprattutto valutare queste circostanze. Sono rilevanti anche le misure precautelari (arresto e fermo), in quanto incidono anch’esse sul rapporto sinallagmatico ed hanno sostanzialmente la stesso potenziale contenuto di danno e di turbativa, per l’amministrazione, delle altre misure cautelari processuali penali (13). La sospensione obbligatoria è sostanzialmente un atto vincolato, i cui effetti decorrono dal momento in cui venga eseguito il provvedimento restrittivo, con la privazione della libertà personale dell’interessato, o venga anche solo emesso e rimanga ineseguito a causa dello stato di latitanza del soggetto. Non ha bisogno di particolare motivazione, né di essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, anche se in giurisprudenza non c’è piena concordanza sul punto (14). La sospensione precauzionale obbligatoria, poi, non decade automaticamente nel momento in cui l’interessato viene messo in libertà dalla competente autorità giudiziaria, al cessare delle esigenze cautelari o per altre cause legali, anche se l’amministrazione dovrebbe, nel quadro di un’eventuale possibile restitutio in integrum del militare, esaminare complessivamente la situazione del militare in relazione alla vicenda processuale penale, recuperando la sua piena capacità di valutazione discrezionale, e decidere se mantenere il militare nella posizione di sospensione o invece riammetterlo in servizio, magari trasferendolo di sede.

La sospensione precauzionale facoltativa ha, invece, altri presupposti che differiscono sensibilmente per gli ufficiali rispetto alle altre categorie di militari. In particolare la sospensione facoltativa può essere adottata: - per l’ufficiale, quando gli siano addebitati fatti per i quali possa essere sottoposto a procedimento penale o disciplinare e la cui gravità consigli l’adozione del provvedimento (15); - per il restante personale militare, quando lo stesso sia sottoposto a procedimento penale per imputazione da cui possa derivare la perdita del grado o che sia sottoposto a procedimento disciplinare per fatti di notevole gravità (16). La sospensione facoltativa lascia ampi margini di scelta discrezionale all’amministrazione, soprattutto riguardo ai presupposti per fatti penali previsti per gli ufficiali che, ad una prima analisi letterale, consentono la sospensione anche quando non sia ancora pendente un procedimento penale, con l’acquisizione della qualità di imputato, ma l’ufficiale si trovi ancora nella posizione di indagato (avendo solo ricevuto, magari, un avviso di garanzia). La tesi non soddisfa pienamente e la disposizione di cui all’art. 29, 1° comma, l. n. 113/1954, deve essere interpretata alla luce dell’attuale sistema processuale penale.

Posto che, soprattutto per la sospensione facoltativa, l’amministrazione deve tener conto dell’eventuale danno al prestigio e all’immagine dell’istituzione (tanto più colpiti, quanto più il militare ha una posizione gerarchica e funzionale elevata) ed inoltre salvaguardare lo svolgimento imparziale e il buon andamento della sua attività istituzionale, deve poter disporre, in sede istruttoria, di elementi sufficienti per una scelta discrezionale congrua e ragionevole. Le attività di indagine preliminare, poste in atto dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, se non portano a provvedimenti restrittivi della libertà personale, per i quali interviene necessariamente il giudice per le indagini preliminari, non possono fornire elementi idonei all’amministrazione, sia perché comunque coperte da segreto, sia perché rappresentano un’attività di parte non (ancora) vagliata alla luce del contraddittorio e, quindi, non (ancora) avente valore di prova. Non a caso il pubblico ministero, che cura l’interesse punitivo dello Stato, non ha, in questa fase, obblighi di comunicazione all’amministrazione interessata circa l’avvio di indagini nei confronti di un ufficiale da quella dipendente, mentre ai sensi dell’art. 129 disp. att. c.p.p., ha un obbligo de quo nel momento in cui decide di esercitare l’azione penale, richiedendo il rinvio a giudizio dell’interessato o quest’ultimo sia stato arrestato o fermato ovvero si trovi in stato di custodia cautelare (17).

È evidente allora che l’interesse dell’amministrazione non può essere soverchiante l’interesse privato dell’ufficiale, a mantenere l’impiego e il relativo trattamento economico, soprattutto quando gli elementi a disposizione non consentono un quadro sufficientemente chiaro per l’adozione di un provvedimento di sospensione precauzionale, comunque negativo per l’interessato (18). Per quanto riguarda la comunicazione di avvio del procedimento si ritiene che il carattere urgente e le particolari esigenze di celerità siano rilevanti in questo contesto ed esonerino l’amministrazione dall’obbligo in argomento (19). Per quel che concerne la motivazione non possono ritenersi valide le stesse considerazioni effettuate per la sospensione obbligatoria, poiché qui l’amministrazione deve, sia pur succintamente e in base a presupposti rinvenibili da un’attività esterna, motivare soprattutto riguardo alle esigenze istituzionali e, per le categorie del personale militare per cui è richiesto, all’eventualità che i fatti penali per i quali viene instaurato il procedimento penale possano condurre ad un provvedimento amministrativo di perdita del grado (20). La sospensione facoltativa in pendenza di un procedimento penale viene meno automaticamente qualora l’interessato venga prosciolto con una delle formule previste dalle leggi di stato, preclusive in base anche all’art. 652 c.p.p. di eventuali provvedimenti disciplinari (21).

Questo tipo di revoca, detto anche ex tunc, comporta la reintegrazione retroattiva del militare interessato, mentre l’eventuale revoca ex nunc, effettuata discrezionalmente dall’amministrazione, che non ritiene più sussistente le ragioni del provvedimento sospensivo, non comporta il diritto alla corresponsione degli emolumenti non percepiti durante il periodo di sospensione (22). Per quanto concerne la sospensione facoltativa collegata al procedimento disciplinare (di stato), da instaurare (23), o già instaurato (24), la sospensione facoltativa che, in relazione ai termini del procedimento disciplinare, avrà una durata relativamente breve, potrà essere adottata con un maggior margine di discrezionalità da parte dell’amministrazione che dovrà valutare fatti emersi dalla violazione di norme disciplinari, rilevanti, quindi, proprio in virtù della loro efficacia interna. La sospensione facoltativa è un provvedimento recettizio che acquista efficacia dal momento della notifica all’interessato, la cui provvisorietà implica una revoca della stessa sia in senso favorevole per l’interessato, con conseguente restitutio in integrum, sia perché un successivo provvedimento di destituzione la rende inutile.

La sospensione precauzionale, sia obbligatoria sia facoltativa, che, per le ragioni sinora illustrate, rientra nell’ampio genus della sospensione cautelare, conserva efficacia, se non prima revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni, in base al disposto dell’art. 9, comma 2, l. 7 febbraio 1990, n. 19, recante, tra l’altro, modifiche in tema di destituzione dei pubblici dipendenti. Se il problema non si pone per la sospensione facoltativa collegata ad un procedimento disciplinare, destinata ad esaurirsi comunque nei termini previsti per la conclusione dei procedimenti disciplinari di stato, la norma potrebbe non tutelare efficacemente l’amministrazione in caso di pendenza di procedimento penale per fatti di notevole gravità, che comunque possano comportare la perdita del grado, quando l’interessato, sospeso obbligatoriamente o facoltativamente, alla scadenza dei cinque anni non abbia ancora subito una condanna irrevocabile. Per questa particolare ipotesi la giurisprudenza della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato hanno apprestato uno strumento peculiare che consente la reiterabilità della sospensione, in base al disposto dell’art. 92, 2° comma, d.P.R. n. 3/1957, applicabile anche al personale militare (25).

3. Le ipotesi speciali di sospensione cautelare
a. La sospensione processuale penale

Tra le misure cautelari interdittive contemplate dal codice di procedura penale, agli artt. 287 ss. c.p.p., troviamo la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, con la quale il giudice interdice, in tutto o in parte, le attività ad essi inerenti (26). Le misure interdittive costituiscono una novità del Codice Vassalli e nascono dal filone delle pene accessorie applicate provvisoriamente (27). Hanno sia la finalità di impedire all’imputato di influire indebitamente sullo svolgimento del processo, poiché l’ufficio rivestito o il servizio da svolgere potrebbero creare situazioni di concreto ed attuale pericolo per l’acquisizione e le genuinità della prova, sia quella di evitare che l’interessato possa commettere ulteriori reati della stessa specie di quelli per cui si procede, proprio per la posizione funzionale occupata (28). È stato rilevato come le misure in questione comportino obblighi omissivi da parte dell’interessato, con eventuali responsabilità disciplinari per chi non si conforma agli obblighi in questione (29).

La responsabilità de qua può essere fatta valere esclusivamente dall’amministrazione interessata che, nonostante il silenzio delle norme, dovrà pur essere informata ufficialmente dal giudice che ha emesso il provvedimento interdittivo, sia per dare esecuzione allo stesso, in merito alla sospensione del rapporto sinallagmatico, evitando indebite controprestazioni, sia per curare l’osservanza del provvedimento del giudice con l’eventuale applicazione di appropriate misure disciplinari. Riteniamo, inoltre, che l’eventuale applicazione della sospensione interdittiva da parte del giudice non inibisca l’amministrazione dall’applicare la sospensione precauzionale che ha presupposti, natura giuridica, durata e modalità di revoca differenti.

b. La sospensione degli appartenenti ad associazioni segrete

La legge 25 gennaio 1982, n. 17, recante norme di attuazione dell’art. 18 Cost. in materia di associazioni segrete, ha introdotto alcune fattispecie criminose in tema di promozione, direzione e partecipazione riguardante le associazioni segrete, definite dall’art. 1, l. n. 17/1982 (30). Inoltre, il provvedimento di legge inserisce anche un’apposita disciplina riguardante i pubblici dipendenti, civili e militari, che siano coinvolti nelle attività illecite di cui sopra. In particolare, il militare può essere sospeso dal servizio quando risulti, sulla base di concreti elementi, il fondato sospetto che appartenga ad associazioni segrete, vietate dalla legge, dopo che l’autorità competente abbia valutato il grado di corresponsabilità nell’associazione, la posizione ricoperta dall’interessato nella propria amministrazione, nonché l’eventualità che la permanenza in servizio possa compromettere l’accertamento delle responsabilità del dipendente stesso (31). Inoltre, l’amministrazione deve inviare immediatamente gli atti acquisiti all’autorità giudiziaria e contestualmente promuovere l’azione disciplinare, portando a compimento gli accertamenti istruttori che devono essere successivamente inviati ad un’apposita commissione disciplinare che ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è costituita in base alla legge (32). La sospensione cessa di avere efficacia qualora, entro il termine di centottanta giorni dalla data di adozione del relativo provvedimento, non sia stata esercitata l’azione penale ovvero non si sia concluso il procedimento disciplinare (33).

c. La sospensione obbligatoria antimafia (34)

La legge 19 marzo 1990, n. 55, recante nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale, ha introdotto, tra l’altro, una speciale sospensione dalla funzione o dall’ufficio nei confronti del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche, tra cui, ovviamente, rientra anche il personale militare (35). La norma prevede che qualora ricorra una delle condizioni previste dalle lettere a), b), c), d), ed f), dell’art. 15, comma 1, l. n. 55/1990, si fa luogo immediatamente alla sospensione dell’interessato dal servizio. In particolare le predette condizioni sono: - l’aver riportato una condanna definitiva per i delitti previsti dagli artt. 416- bis c.p. (associazione per delinquere di tipo mafioso), 74 (associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) e 73, d.P.R. n. 309/1990, in relazione alla produzione, il traffico, la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o la cessione delle sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché per un delitto concernente il porto, il trasporto o la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, il favoreggiamento personale o reale, commesso in relazione ai predetti reati, quando venga inflitta in questi ultimi casi la pena della reclusione non inferiore ad un anno (36); - l’aver riportato una condanna definitiva per i delitti di cui agli artt. 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto di ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) c.p. (37); - l’aver riportato una condanna definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli precedentemente indicati (38); - l’aver riportato una condanna definitiva per delitto non colposo ad una pena non inferiore a due anni di reclusione (39); - l’applicazione, con provvedimento definitivo, di una misura di prevenzione da parte del tribunale, in quanto si è indiziati di appartenere ad una delle associazioni di tipo mafioso, comunque localmente denominate, di cui all’art. 1, l. 31 maggio 1965, n. 575 (40). I predetti provvedimenti, emanati dal giudice, sono comunicati a cura della cancelleria competente o della segreteria del pubblico ministero, ai responsabili delle amministrazioni pubbliche per i conseguenti adempimenti (41).

d. La sospensione in tema di reati contro la pubblica amministrazione (42)

La legge 27 marzo 2001, n. 97, recante norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare e sugli effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ha introdotto, tra l’altro, una speciale ipotesi di sospensione dal servizio (43). Il pubblico dipendente, civile o militare, nel caso di condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per i reati contemplati dall’art. 3, comma 1, l. n. 97/2001, cioè per i delitti di cui agli artt. 314, 1° comma (peculato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto di ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari) e 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) c.p., nonché per i delitti di cui all’art. 3, l. 9 dicembre 1941, n. 1383, viene sospeso dal servizio.

La sospensione de qua perde efficacia se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva; inoltre - originariamente - era previsto che la sospensione perdesse efficacia, in ogni caso, decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato (44). Per quest’ultimo aspetto è intervenuta la Corte costituzionale che, con sentenza 3 maggio 2002, n. 145, ha dichiarato l’illegittimità della disposizione di legge in questione nella parte in cui stabilisce una sospensione cautelare di durata pari alla prescrizione del reato e non di durata quinquennale come previsto in generale dall’art. 9, comma 2, l. n. 19/1990. La sospensione in argomento, anche se interviene a seguito di condanna, ha sicuramente natura cautelare e dal tenore della norma dovrebbe conseguire obbligatoriamente al concretizzarsi dei previsti presupposti legali.

4. La sospensione disciplinare

La sospensione disciplinare è una sanzione disciplinare di stato prevista da tutte le leggi di stato giuridico, sia per il personale provvisto di rapporto di impiego (45), sia per il personale militare delle categorie in congedo (46). Nel primo caso viene definita sospensione disciplinare dall’impiego (ufficiali e sottufficiali) o dal servizio (appartenenti ai ruoli iniziali); nel secondo, sospensione disciplinare dalle funzioni (ufficiali) o dalle attribuzioni (sottufficiali) del grado. La sospensione disciplinare viene irrogata, a seguito di un apposito procedimento di accertamento, definito inchiesta formale (47), con decreto ministeriale. La sanzione in argomento ha una durata non inferiore a due mesi né superiore a dodici per gli ufficiali e i sottufficiali e non inferiore a un mese né superiore a sei per gli appartenenti ai ruoli iniziali (48).

Quando viene inflitta la sospensione disciplinare bisogna tener conto dell’eventuale periodo di tempo in cui il militare sia stato sospeso precauzionalmente dall’impiego o dal servizio, poiché tale periodo viene computato nel calcolo della durata della sospensione disciplinare. Se il periodo di sospensione cautelare è superiore a quello inflitto con la sospensione disciplinare quest’ultima si considera già scontata e il periodo in eccedenza in cui il militare è stato sospeso precauzionalmente dà diritto alla restitutio in integrum, mentre se succede il contrario il militare deve scontare soltanto il periodo di sospensione disciplinare che residua dalla sottrazione dell’eventuale periodo di sospensione cautelare (49). Un’ipotesi speciale di sospensione disciplinare dall’impiego è contemplata dall’art. 16 disp. att. c.p.p., in tema di infrazioni disciplinari che possono commettere gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (50). Naturalmente questa normativa disciplinare non riguarda tutto il personale militare, ma soltanto quello al quale sono attribuite le relative qualifiche di polizia giudiziaria.

La sospensione de qua, per un tempo non eccedente i sei mesi, costituisce la massima sanzione disciplinare che può essere irrogata a seguito di apposito procedimento di accertamento, previsto dall’art. 17 disp. att. c.p.p., da una commissione disciplinare composta da magistrati e ufficiali di polizia giudiziaria. Il competente procuratore generale presso la corte di appello comunica l’eventuale provvedimento sanzionatorio all’amministrazione di appartenenza dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria manchevole, per la conseguente esecuzione.

5. La sospensione penale

La sospensione penale è una pena accessoria prevista dalla legge penale militare, contemplata dagli artt. 30 e 31 c.p.m.p.. L’art. 30 c.p.m.p. prevede la sospensione dall’impiego per gli ufficiali, consistendo nella privazione temporanea dell’impiego durante l’espiazione della pena, e consegue alla condanna alla reclusione militare. L’art. 31 c.p.m.p. prevede la sospensione dal grado per il restante personale militare, consistendo nella privazione temporanea dal grado e conseguentemente dal servizio durante l’espiazione della pena, e consegue alla condanna alla reclusione militare (51). La disciplina penale militare prevede, quindi, oltre alla temporanea sospensione del rapporto di impiego o di servizio anche quella inerente alle attribuzioni del grado gerarchico, ma solo per alcune categorie di militari, mentre gli ufficiali, anche durante lo stato detentivo conservano il grado gerarchico. Le leggi di stato giuridico, inoltre, in materia penale comune, precisano che, oltre ai casi in cui la condanna importi una pena accessoria interdittiva dell’impiego o del servizio, la condanna all’arresto per un tempo non inferiore ad un mese ha per effetto la sospensione dall’impiego durante l’espiazione della pena (52).

È bene rammentare, però, che ai sensi dell’art. 63 c.p.m.p. l’esecuzione di pene comuni inflitte ai militari in servizio permanente (ma devono comprendersi nella dizione anche coloro che prestano servizio volontario temporaneo, attraverso il descritto sistema delle ferme o delle rafferme (53)) comporta una sostituzione di queste sanzioni penali con la reclusione militare (54). In particolare, tutte le pene comuni disposte a carico di un militare in servizio volontario, che non comportino l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, quindi - correlativamente - la degradazione del militare, con conseguente perdita dello stesso status militis, vengono convertite in reclusione militare, con la relativa applicazione degli artt. 30 e 31 c.p.m.p. In astratto anche le pene comuni che possano comportare la pena accessoria militare della rimozione (come quando venga applicata la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici) vengono convertite in pene militari, al fine di mantenere lo stesso militare in servizio volontario nell’ambito del proprio ordinamento e non recidere i vincoli con la disciplina militare che trova applicazione anche nel contesto dell’ordinamento penitenziario militare.

Saluti
avt8
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Re: sospensione dal servizio

Messaggio da avt8 »

La sospensione obbligatoria avviene quando si e colpiti da ordine di cattura( ordine della restrizione della libertà )

Mentre quella facoltativa a discrezione del ministero quando si e rinviati a giudizio, con l'assunzione della qualifica di imputato-

Di solito il Ministero la sospensione facoltativa la applica in base al tipo di reato di cui si e imputato tenendo conto del servizio dell'incolpato ed altri fattori.
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Re: sospensione dal servizio

Messaggio da naturopata »

Anche se mi hai scritto in privato, essendo d'interesse generale ti rispondo direttamente con una sentenza:

SOSPENSIONE CAUTELARE DAL SERVIZIO: COSTITUZIONALMENTE LEGITTIMA LA MANCANZA DI UN TERMINE MASSIMO
T.a.r. Campania – Napoli, Sez. VI, Sent. 20 maggio 2015, n. 2825, Pres. Maiello – Est. Corrado

Quando la sospensione cautelare dal servizio di un militare sia di applicazione discrezionale, nel senso che in tanto può essere adottata in quanto l’autorità competente riscontri in concreto la sussistenza delle esigenze cautelari che la motivano, e può essere mantenuta solo fino a quando tali esigenze permangano, allora si deve escludere che sia costituzionalmente necessaria la determinazione di un limite massimo di durata, oltre il quale la misura non possa essere mantenuta, pur permanendo, in ipotesi, le esigenze cautelari.
A.S., Sovrintendente della Guardia di Finanza, ricorreva in giudizio avverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Interregionale della Guardia di Finanza dell’Italia Meridionale, chiedendo l’annullamento della determina con la quale era stata disposta la sospensione precauzionale dal proprio impiego a titolo discrezionale, in prosecuzione di un provvedimento precedente.
La vicenda oggetto del giudizio era la seguente: nei confronti del ricorrente veniva adottato un provvedimento di sospensione dal servizio per un periodo di anni cinque. Successivamente, decorso tale periodo, era stata disposta una proroga della sospensione dal Comandante Interregionale su delega del Comandante Generale, motivata dalla condanna del Sovrintendente alla pena di anni uno di reclusione, con interdizione dai pubblici uffici per durata pari a quella della pena principale e quindi sospeso dal proprio impiego.
In primis, il T.a.r. ha affrontato una questione preliminare, chiarendo la natura del rapporto intercorrente tra Comando Generale e comandi interregionali, nonché le rispettive competenze, affermando che il rapporto de quo corrisponde a quello tra dirigenti generali e dirigenti così come regolato dagli artt. 16 e 17 D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165 (T.U. Pubblico Impiego).
In particolare, l’art. 16 D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165 dispone che “I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati” esercitano i compiti ed i poteri ad essi assegnati dal Testo Unico; il successivo art. 17 comma I lett. c stabilisce inoltre che i dirigenti “svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali”. Tali disposizioni sono da leggere in combinato disposto con l’art. 2 D.P.R. 29 gennaio 1999, n. 34 (Regolamento recante norme per la determinazione della struttura ordinativa del Corpo della Guardia di Finanza), in base al quale “1. Il Corpo della Guardia di finanza è ordinato su: a) comando generale; b) comandi e organi di esecuzione del servizio; (…) 2. I comandi e gli organi di esecuzione del servizio sono a loro volta distinti in: a) comandi territoriali: con competenza interregionale, regionale e provinciale (…)”. Stante quanto ut supra affermato e riportato, ne discende che il Comando Generale della Guardia di Finanza è considerato ufficio dirigenziale nei confronti dei comandi interregionali (cfr. T.a.r. Napoli, 25 gennaio 2011, n. 415).
A ciò si aggiunga che nello stesso senso dispone l’art. 2135 D.Lgs 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’Ordinamento militare): “1. Per il Corpo della Guardia di finanza restano ferme le competenze del Comandante generale in materia di adozione degli atti e provvedimenti di gestione del personale, in applicazione del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”
Quindi, considerato che i provvedimenti disciplinari nell’ambito dell’ordinamento della Guardia di Finanza sono da ricondurre alla categoria dei provvedimenti amministrativi di gestione del personale, alla luce di una interpretazione sistematica non può che ritenersi sussistente un generale potere di delega da parte degli uffici dirigenziali nei confronti di quelli ad essi sottoposti.
Tutto ciò premesso, preliminarmente il T.a.r. ha concluso nel senso della legittimità della determinazione del Comandante generale della Guardia di Finanza con la quale era stata delegata ai Comandanti interregionali la competenza ad adottare sanzioni disciplinari di stato e, conseguentemente, afferma la legittimità dell’adozione della sospensione cautelare impugnata dal ricorrente (in senso conforme, T.a.r. Lazio, 24 luglio 2013, n. 7556).
Passando al merito della vicenda dedotta nel ricorso, il T.a.r. ha rilevato come la sospensione precauzionale facoltativa dal servizio sia regolata dall’art. 919 comma III D.Lgs 15 marzo 2010, n. 66, il quale dispone che “1. La sospensione precauzionale non puo’ avere una durata superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione precauzionale e’revocata di diritto…3. Scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se e’ ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l’amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti: a) sospende l’imputato dal servizio ai sensi dell’articolo 917; b) sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 1393”.
Trattandosi, come recita la rubrica della norma, di atto discrezionale e facoltativo, esso è sindacabile solo per manifesta illogicità, abnormità, irragionevolezza o palese travisamento dei fatti, non potendo essere sindacato nel merito. Non è invece necessaria l’esposizione analitica nel provvedimento delle ragioni che hanno portato a ritenere i fatti contestati al militare tanto gravi da legittimare la proroga della sospensione; tale giudizio di valore può infatti anche essere implicito nella gravità del reato per il quale il militare ha riportato la condanna, nella posizione da esso rivestita e nella commissione del reato in occasione od a causa del servizio.
L’eccezionale gravità dovrà essere valutata dal giudice di merito con riferimento ad ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti ex art. 917 D.Lgs 15 marzo 2010, n. 66.
Anche la Corte Costituzionale, sebbene in ambito diverso, ha chiarito che qualora l’applicazione della sospensione cautelare sia discrezionale, essa non possa comunque essere lasciata al libero arbitrio del giudice. È infatti necessaria la sussistenza in concreto di esigenze cautelari, potendo la misura perdurare solo fintanto che tali esigenze permangano. La necessaria attualità delle esigenze cautelari comporta il venir meno della necessità della predeterminazione di un limite massimo di durata della misura cautelare, essendo tale limite implicito nel venir meno delle esigenze in discorso (Corte Cost., 23 ottobre-2 novembre 2000, n. 454; Corte Cost., 3 – 22 luglio 2003, n. 264).
In base a tutte le considerazioni sopra riportate, il T.a.r. ha respinto il ricorso, in quanto infondato.

Qui sono io che scrivo:
Tuttavia, per il tuo caso, essendo sospeso già da oltre 10 anni e quindi già a far data dal 2001, la prosecuzione all'infinito della sospensione è entrata in vigore da fine 2014 e quindi dovrebbe (deve) essere applicata solo ai procedimenti post 2014. Non so chi fosse il tuo avvocato, ma già dopo i 5 anni dovevi impugnare il provvedimento di proroga che nemmeno era previsto nel COM. Puoi farlo anche ora alla successiva proroga, ma già ti dico che il giudici del TAR e CDS fanno orecchie da mercante sui procedimenti ante 2014 come il tuo e applicano la nuova normativa.
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Re: sospensione dal servizio

Messaggio da NavySeals »

Detto in modo semplice: ha durata massima di 5 anni, ma se adeguatamente motivata (del tipo il reato contestato è infamante e lesivo per l'immagine se si indossa la divisa) può essere prorogata.
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