Sentenza TAR su diniego della domanda di cessazione di servizio

Feed - CARABINIERI

Rispondi
naturopata
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 1774
Iscritto il: ven mag 19, 2017 3:24 pm

Sentenza TAR su diniego della domanda di cessazione di servizio

Messaggio da naturopata »

Pubblicato il 26/07/2019
N. 01742/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01251/2018 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1251 del 2018, proposto da
SALVATORE GENEROSO, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Pandolfi e Marco Zambelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


contro

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia, n.1;
MINISTERO DELLA DIFESA DIREZIONE GENERALE PER IL PERSONALE MILITARE, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;


per l'annullamento

del provvedimento prot. M_DGMIL REG2018 0207724 della D.G.P.M. datato 26.03.2018, avente ad oggetto “diniego dell'istanza di cessazione dal servizio”;

di tutti gli atti prodromici, preordinati, consequenziali, anche se non ancora conosciuti, comunque connessi e lesivi per il ricorrente;

per la condanna del Ministero della Difesa a disporre l'immediata cessazione dal servizio del ricorrente.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2019 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, Maresciallo capo dell’Arma dei carabinieri, avendo maturato i requisiti per ottenere il trattamento pensionistico, in data 29 maggio 2017, ha presentato domanda di cessazione dal servizio.

Il Ministero della Difesa, con provvedimento in data 26 marzo 2018, ha respinto l’istanza in applicazione dell’art. 933, comma 7, del d.lgs. n. 66 del 2010, rilevando che il richiedente era sottoposto a procedimento penale per fatti che potevano ledere l’immagine dell’Amministrazione e che, quindi, era interesse dell’Amministrazione stessa trattenerlo in servizio al fine di poter meglio esercitare le proprie prerogative disciplinari ed amministrative.

Contro questo provvedimento è diretto il ricorso in esame. Oltre alla domanda di annullamento viene proposta domanda di condanna del Ministero della Difesa a disporre l'immediata cessazione dal servizio del ricorrente.

La Sezione, con ordinanza n. 895 del 21 giugno 2018, ha accolto l’istanza cautelare.

Tenutasi la pubblica udienza in data 13 giugno 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

Ritiene il Collegio che si debba iniziare dall’esame del secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce che, nella fattispecie in esame, non ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione dell’art. 933, comma 7, del d.lgs. n. 66 del 2010.

Ritiene il Collegio che la censura sia infondata per le motivazioni di seguito esposte.

L’art. 933 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare) disciplina le cessazioni a domanda del personale militare. Il settimo comma di questo articolo stabilisce che, nei casi previsti dai precedenti commi 4, 5 e 6, <<…l'amministrazione ha facoltà di non accogliere la domanda di cessazione per motivi penali o disciplinari, o di ritardarne l'accoglimento per gravi motivi di servizio….>>. Questa norma consente dunque all’Amministrazione di non accogliere, al ricorrere dei presupposti ivi indicati, la domanda di cessazione dal servizio formulata dai militari.


Ciò premesso, osserva il Collegio che, contrariamente da quanto sembra sostenere il ricorrente, i commi 4, 5 e 6 dell’art. 933 coprono tutte le ipotesi di domanda di cessazione dal servizio formulata dal personale militare: i commi quattro e cinque disciplinano i casi in cui la domanda sia proposta da ufficiali, sottufficiali o militari dei ruoli iniziali con almeno vent’anni di servizio, che vanno collocati nella riserva; il sesto comma disciplina invece i casi di domanda presentata da personale che non abbia ancora maturato vent’anni di servizio per i quali è previsto il collocamento nel complemento, nella riserva o nella riserva di complemento a seconda dell’età e della categoria di appartenenza.

Si deve pertanto ritenere che il richiamo ai precedenti commi, contenuto nel settimo comma dell’articolo 933, non comporti una limitazione del campo di applicazione di tale norma, la quale deve invece ritenersi applicabile a tutte le ipotesi di cessazione a domanda.

Ne consegue che, nel caso concreto, l’Amministrazione ben poteva applicare la suddetta disposizione, e ciò in quanto la cessazione dal servizio di cui ci si occupa è appunto una cessazione a domanda.

Va dunque ribadita l’infondatezza della censura.

Ritiene il Collegio che sia invece fondato primo motivo di ricorso con il quale il ricorrente deduce il difetto motivazionale dell’atto impugnato.

Si deve invero osservare che, sebbene l’Amministrazione abbia il potere di non accogliere la domanda di cessazione dal servizio formulata dal personale militare, ciò non toglie che, in applicazione dei principi generali, la stessa Amministrazione debba adeguatamente illustrare le ragioni che la inducono a stabilire in tal senso, e ciò tanto più se si considera che trattasi di decisione che incide fortemente sugli interessi del destinatario del provvedimento al quale viene compressa la libertà di determinarsi riguardo a basilari scelte di vita quali sono quelle inerenti la decisione se proseguire o meno nell’attività lavorativa.

Ritiene il Collegio che, nel caso concreto, l’Amministrazione non abbia fornito una motivazione adeguata.

Va invero osservato che sia il provvedimento finale che la comunicazione di preavviso di rigetto, inoltrata ai sensi dell’art. 10-bis, della legge n. 241 del 1990, si limitano a richiamare il fatto che il ricorrente è sottoposto a procedimento penale per fatti che potrebbero incidere sull’immagine dell’Amministrazione ed a rilevare che il trattenimento in servizio è funzionale all’esercizio delle prerogative amministrative e disciplinari che ad essa spettano.

Queste argomentazioni, tuttavia, non spiegano perché le prerogative di cui l’Amministrazione dispone possano essere adeguatamente esercitate solo con il trattenimento in servizio del ricorrente, e ciò tanto più se si considera che lo stesso ricorrente è attualmente sospeso dal servizio in ragione dell’avvenuto rinvio a giudizio nel procedimento penale di cui si discute, e che, in base all’art. 920, comma 5, del d.lgs. n. 66 del 2010, la cessazione dal servizio, a qualunque titolo prestato, non impedisce lo svolgimento del procedimento disciplinare nei confronti del militare sospeso.


Nel caso di specie, inoltre, il Comando Legione Carabinieri Lombardia – Stato Maggiore Ufficio Personale – ha espresso, in data 27 settembre 2017 (successiva alla disposta sospensione per rinvio a giudizio), parere favorevole all’accoglimento della domanda di cessazione dal servizio. Il provvedimento finale avrebbe quindi dovuto anche farsi carico di spiegare le ragioni per le quali si è ritenuto di superare tale parere favorevole.

Si deve pertanto ribadire la fondatezza della censura in esame; di conseguenza va disposto l’annullamento dell’atto impugnato.

La domanda di condanna del Ministero della Difesa non può invece essere accolta in quanto la cessazione dal servizio potrà essere eventualmente disposta solo a seguito del rinnovato esercizio del potere amministrativo.

Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019 con l'intervento dei magistrati:




Ugo Di Benedetto, Presidente

Stefano Celeste Cozzi, Consigliere, Estensore

Concetta Plantamura, Consigliere







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefano Celeste Cozzi Ugo Di Benedetto






IL SEGRETARIO


Rispondi