SEI SCATTI SUL TFS PER USCITA ANZIANITA'

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Re: SEI SCATTI SUL TFS PER USCITA ANZIANITA'

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Il Tar Lazio con la sentenza n. 8298 resa pubblica oggi (udienza del 6 maggio 2022), accoglie il ricorso dei colleghi della GdF.


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Re: SEI SCATTI SUL TFS PER USCITA ANZIANITA'

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Il Tar di Catania accoglie con la n. 1679 CC. e la n. 1682 pure CC., pubblicate oggi.

Il Tar Campania sezione di Salerno con la n. 1786 resa pubblica oggi, dichiara il ricorso INAMMISSIBILE per i motivi in essa meglio indicati.
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Il Tar di T.A.A. sede di Trento con la n. 130 pubblicata oggi, rigetta il ricorso del collega della GdF

1) - Pertanto per la posizione del OMISSIS trova applicazione il secondo comma dello stesso art. 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997, il quale prevede l’attribuzione di sei scatti stipendiali solo subordinatamente al “previo pagamento della relativa contribuzione previdenziale” e tale pagamento non è stato eseguito nel caso di specie. Infatti, non può convenirsi sul rilievo, espresso nel secondo motivo di ricorso, secondo il quale tale contribuzione sarebbe stata versata, come emergerebbe nella sezione “note” del decreto di conferimento della pensione (a pag. 2) che, in tesi del ricorrente, “rende evidenza del recupero della contribuzione previdenziale aggiuntiva relativa all’attribuzione dei sei scatti stipendiali dal mese di agosto 2019 al mese di marzo 2021, con trattenute mensili. Deriva pertanto che, anche applicando l’art. 4 del d.lgs. 165/1997, il ricorrente avrebbe diritto al riconoscimento dei sei scatti contributivi tra le voci computabili al fine della liquidazione dell’indennità di fine servizio”. Invero, come osservato dal resistente Istituto, la contribuzione versata a fini di incremento del trattamento pensionistico riguarda esclusivamente tale trattamento, e non può per contro assolvere alla finalità prevista dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 1997 relativamente al trattamento di fine servizio. Infatti, il “previo pagamento della restante contribuzione previdenziale” di cui in parola deve essere puntualmente addebitato con specifico riferimento causale all’indennità di buona uscita di cui si rivendica l’adeguamento, ed invero un pagamento a quest’ultimo titolo incontrovertibilmente non si è realizzato nel caso di specie. Inoltre, quand’anche si volesse ammettere quanto asserito dal ricorrente, tale “previa contribuzione previdenziale”, non è neppure suscettibile di determinazione a posteriori. Infatti, coglie nel segno il resistente Istituto, allorquando argomenta che non si può certamente ipotizzare, al di fuori di una previsione di legge, “una sorta <di riscatto> dell’aumento retributivo contrattuale riconosciuto retroattivamente rispetto alla cessazione del rapporto”. Vale a questo riguardo evidenziare che il trattamento di fine servizio corrisponde alla ratio di erogare un emolumento retributivo differito a fine rapporto, che viene maturato mediante l’accantonamento (un tempo solo virtuale, ma ora effettivo nel fondo di tesoreria gestito dall’I.N.P.S.) di circa una mensilità retributiva per ogni anno di servizio secondo un meccanismo del tutto simile a quanto accade con un capitale investito per un periodo determinato. Poiché detto accantonamento (con riferimento all’importo aggiuntivo dei sei scatti in argomento) non vi è stato, non si vede come possa essere incrementato questo trattamento a posteriori al fine di conseguentemente determinare il contributo previdenziale a carico del lavoratore su tale mancato accantonamento annuale. A ragione sostiene l’Istituto che, in difetto dell’accumulo tempo per tempo di tale maggior importo retributivo e del rendimento ad esso conseguente, tale contribuzione calcolata a posteriori restituirebbe nel TFS, senza significativa cesura temporale, quanto erogato in uscita dall’interessato a tale titolo e, pertanto, finirebbe per far gravare sulla fiscalità generale il maggior importo erogato, in violazione dell’obbligo di pareggio di bilancio, come sopra dedotto, in assenza di una norma giustificativa.
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Oggi 28 giugno 2022, viene pubblicata la sentenza con cui l'INPS perde l'Appello in Sicilia.

Speriamo anche che l'INPS perde gli Appelli al CdS di Roma.
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Oggi invece il C.G.A. Regione Siciliana pubblica una sentenza sull'Appello proposto dai ricorrenti e che accoglie. Praticamente l'inverso di quella di ieri.

Cmq. sia in quella di ieri che in quella di oggi, possiamo leggere che l'INPS ci tiene molto agli "effetti finanziari" ma non a chi fa ricorso, praticamente sta giocando lo stesso discorso dell'art. 54 e per fortuna che, nelle 2 sentenze (ieri e oggi) possiamo leggere con serenità che il Giudice d'Appello Siciliano valuta il ricorso così come segue:

1) - La documentazione depositata è comunque inconferente, in quanto contenente valutazioni metagiuridiche (riguardanti non il merito della causa ma gli effetti finanziari di una decisione del giudice favorevole ai militari), che non possono in alcun modo influenzare la decisione del giudice, soggetto soltanto alla legge.

Il resto leggetelo che poi non cambia rispetto a ieri.
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Il Tar Lazio con la sentenza n. 9033 pubblicata oggi (Udienza del giorno 20 maggio 2022), si pronuncia con 2 separati giudizi, in quanto alcuni ricorrenti appartengono alla PolStato e GdF (FF.PP.), mentre, 3 sono ex appartenenti all’Aeronautica Militare.

Quindi accoglie per le FF.PP. e, rigetta in quanto infondato per i ricorrenti ex appartenenti all’Aeronautica Militare.
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Il Tar Valle D'Aosta con la sentenza pubblicata oggi, rigetta il ricorso del collega CC.
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Decreto ingiuntivo
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situazione Tar Basilicata verificata questa mattina

Ric. n. 515/2021
DICHIARAZIONE DI RINUNZIA AL RICORSO DI PRIMO GRADO 22/06/2022 (discussione prevista il 6 Luglio u.s. ma ad oggi nessun atto pubblicato)

Ric. n. 517/2021
DICHIARAZIONE DI RINUNZIA AL RICORSO DI PRIMO GRADO 23/06/2022 (discussione prevista il 6 Luglio u.s. ma ad oggi nessun atto pubblicato) stessi Avvocati di cui al ricorso di sopra. La rinuncia al ricorso - sicuramente - perché il Giudice nel documento precedente, aveva fatto capire che la competenza e del Tar Lazio a livello centrale e non quello territoriale.

- Ric. n. 327/2021 discusso nel merito il 20/07/2022 ma ad oggi nessuna notizia. Attendiamo l'esito.
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Per notizia, partecipo che il Consiglio di Stato ha fissato una Udienza per il 21 dicembre 2022 per un Appello.
Quindi, probabilmente penso che verso il 1° Trimestre del 2023, sapremo l'esito, morte o vita dei 6 scatti nel TFS.
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Ieri Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA ha pubblicato 3 sentenze ove rigetta gli Appelli proposti dall'INPS

Posto soltanto la n. 864.

Anche le sentenze n. 865 e 866 (N.B.: nella 866 su 2 ricorrenti, UNO solo non si è costituito ed il Giudice d’Appello ugualmente ha confermato la sentenza di 1° grado, così come è avvenuto più volte per l’art. 54) riguardano personale della GdF
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Il Tar Campania sede di Napoli con la sentenza n. 5210 resa pubblica oggi, RIGETTA il ricorso.
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Il Tar di Trento con la sentenza n. 148 rigetta il ricorso del collega della PolStato.

N.B.: Anche il Tar Liguria di Genova con la sentenza n. 684 resa pubblica oggi, rigetta il ricorso del collega della GdF e si legge:

- Il ricorrente invoca l’applicazione dello speciale beneficio di cui all’art. 6-bis commi 1 e 2 del D.L. 21.9.1987, n. 387, .....

- Si tratta di una normativa di favore (“in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante”) di carattere sicuramente eccezionale, in quanto deroga al principio generale di corrispondenza tra contribuzione obbligatoria e misura delle prestazioni, che informa di sé tutta la materia previdenziale (cfr. l’art. 19 del D.P.R. n. 1032/1973, a mente del quale “la valutazione di servizi senza il pagamento del contributo previdenziale non è ammessa se non per disposizione di legge”).

- Tanto ciò è vero che l’art. 2268 comma 1 n. 844 del codice dell’ordinamento militare ha disposto l’abrogazione espressa dell’art. 1 del D.L. 16.9.1987, n. 379, ma limitatamente ai commi 1, 2, 2-bis, 3, 4, 5, 6 e 7: e, quindi, con salvezza del comma 15-bis, che contempla il beneficio in favore del personale della Guardia di Finanza, ma con limiti più stringenti.
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Oggi il C.G.A. Regione Siciliana pubblica 5 sentenze, con n. 926, 927, 928, 929 e 930, che rigetta gli Appelli dell'INPS.
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Il Tar Lazio oggi Accoglie con la n. 11391; la n. 11398; la n. 11402; la n. 11431 e con la n. 11435. - Viceversa, con la n. 11406 lo Accoglie per le FF.PP. (CC. + GdF) ad ordinamento militare, e lo rigetta per il personale E.I. e A.M. in quanto non appartenenti a FF.PP. ad ordinamento militare.

Inoltre, in merito alla prescrizione dei 6 scatti, il Giudice non condivide la tesi dell’INPS, in quanto infondata e cioè a far data dal congedo dei militari, e precisa:

L'articolo 1 del D.P.R. 29-12-1973, n. 1032 (recante il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) dispone, al comma 1, che “I dipendenti statali, all'atto della cessazione dal servizio, conseguono il diritto all'indennità di buonuscita o all'assegno vitalizio secondo le norme del presente testo unico”.

Il successivo articolo 20, rubricato “Cause di perdita del diritto”, prevede, al comma 2, che “il diritto del dipendente e dei suoi aventi causa all'indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto il diritto”.

Va premesso che la giurisprudenza ha seguito diversi orientamenti sulla data di decorrenza del termine di prescrizione del diritto disciplinato dall'articolo 20 citato: per un orientamento, tale data coincide con quella di emanazione dell'ultimo ordinativo di pagamento del credito principale (cfr. Cons. Stato, VI, 18 agosto 2010, n. 5870; VI, n. 1526 del 2012; VI, 14 novembre 2014, n. 5598), mentre per un altro orientamento rileva la data di cessazione del servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1887; sez. VI, 25 maggio 2005, n. 2653).

- Il Collegio ritiene di condividere la più recente statuizione con il quale il Consiglio di Stato (Sez. VI, 10/08/2018, n. 4898) – dato atto dei propri precedenti orientamenti e sul rilievo che l'ordinativo di pagamento del credito principale costituisce l'atto con il quale, successivamente alla cessazione del servizio, viene liquidata la buonuscitaha precisato che:

a) quando il diritto sia sorto precedentemente alla cessazione dal servizio ed alla liquidazione dell'indennità di buonuscita, il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale deve essere individuato nell'originario provvedimento di liquidazione della buonuscita (e non dalla semplice data di cessazione dal servizio del dipendente come implicitamente sostenuto dall’Inps), il quale non abbia tenuto conto dei relativi miglioramenti economici;

b) allorquando, invece, dopo la liquidazione dell’indennità di buonuscita interviene un successivo atto di inquadramento recante l'attribuzione di un diverso trattamento economico (a seguito di D.P.R. o norma di legge o provvedimento amministrativo) dalla quale deriva un diverso ammontare dell'indennità di buonuscita, il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale deve essere individuato nell’ultimo provvedimento di liquidazione della buonuscita, il quale non abbia tenuto conto dei relativi miglioramenti economici; in tal caso, infatti, il diritto alle somme dovute sorge successivamente ed è, quindi, ragionevole ritenere che il termine prescrizionale decorra dalla entrata in vigore del trattamento economico previsto dai suddetti atti successivi.

- Orbene nel caso di specie è certo che il diritto a miglioramenti economici che avrebbero avuto incidenza sull'indennità di buonuscita era sorto precedentemente alla cessazione del servizio, sicché il dies a quo di decorrenza della prescrizione quinquennale andrebbe correttamente individuato nel primo ordinativo di pagamento della indennità di buonuscita successivo alla cessazione del servizio.

- Infatti, giacché non calcolata in tale ordinativo di pagamento, la riliquidazione dell'indennità di buonuscita riveniente dalla predetta normativa si sarebbe dovuta chiedere nel quinquennio decorrente dalla suddetta data.

- Tuttavia nel caso di specie, l’Inps si è limitata a dubitativamente indicare, ai fini del computo del dies a quo, la data di collocazione a riposo dei dipendenti pubblici, e comunque non deduce e non documenta quale sia la data in cui è stato rispettivamente loro liquidato il trattamento di fine servizio, mentre costituisce principio pacifico in giurisprudenza che “Poiché l'eccezione di prescrizione di un credito costituisce eccezione in senso proprio, essa deve essere sollevata dalla parte, alla quale spetta specificare i fatti che ne costituiscono il fondamento, ivi compresa la data di inizio del corso prescrizionale” (Consiglio di Stato , sez. IV , 01/03/2006 , n. 936).

- Ne consegue che essendo ignota la data di liquidazione del TFS, l’eccezione per come proposta è infondata, risultando pertanto superfluo prendere in esame le date degli ultimi ordinativi di pagamento e degli atti interruttivi della prescrizione documentati dai ricorrenti.
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