Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da rispetta
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
1)- L'amministrazione, dopo aver comunicato al OMISSIS di poter prendere visione di tutti gli atti inerenti alla procedura di trasferimento, contestava allo stesso la violazione dell'art. 12, comma 2, dell'allora vigente regolamento di disciplina militare, per aver inoltrato la missiva del ....2009 senza rispettare l'ordine gerarchico.
2)- Il Ministero riferente ritiene che il ricorso sia fondato.
3)- In particolare, lo stesso Ministero reputa che l'obbligo di ogni militare di osservare la via gerarchica, sancito dall'art. 12, secondo comma dell'abrogato regolamento di disciplina militare, fa unicamente riferimento all'obbligo di "osservare la via gerarchica nelle relazioni di servizio e disciplinari", motivo per cui non è possibile farvi rientrare anche la contestata richiesta di accesso formulata dal militare.
4)- Va disattesa l'interpretazione operata dall'amministrazione di appartenenza del militare che ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti del militare, ritenendo che le istanze di accesso alla documentazione amministrativa possano in qualche modo rientrare nella categoria delle "relazioni di servizio e disciplinari". Né si rinvengono ulteriori disposizioni nel menzionato regolamento di disciplina militare, né nell’odierno testo unico di cui al D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, che possano avallare una siffatta interpretazione.
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Numero 00526/2012 e data 01/02/2012
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 12 ottobre 2011
NUMERO AFFARE 03288/2010
OGGETTO:
Ministero della Difesa.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal maresciallo capo OMISSIS per l'annullamento, previa sospensiva, del rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso la sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero".
LA SEZIONE
Vista la relazione prot. n. M_D GMIL III 7 2^ ……. del 29 aprile 2011, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;
esaminati gli atti ed udito il relatore-estensore, cons. Nicolò Pollari;
PREMESSO:
Il 16 ottobre 2009, il maresciallo capo OMISSIS presentava al 17° reggimento addestramento volontari "Acqui" istanza tesa a prendere visione ed a estrarre copia del piano di impiego decentrato (P.I.D.), al fine di comprendere le ragioni che avessero determinato l'amministrazione militare a disporre il suo trasferimento.
In data 3 novembre 2009, l'amministrazione invitava il sottufficiale a chiarire i motivi che lo avevano indotto a formulare tale istanza di accesso senza osservare la via gerarchica. Il militare chiedeva se tale comunicazione dovesse intendersi quale avvio di un procedimento disciplinare.
Il 19 novembre 2009, l'amministrazione militare, nel rassicurare lo stesso della natura non disciplinare dell'atto in questione, lo invitava comunque ad inoltrare l'istanza di accesso per la via gerarchica.
Il ricorrente ottemperava a tale richiesta in data 2 dicembre 2009. L'amministrazione, dopo aver comunicato al OMISSIS di poter prendere visione di tutti gli atti inerenti alla procedura di trasferimento, contestava allo stesso la violazione dell'art. 12, comma 2, dell'allora vigente regolamento di disciplina militare, per aver inoltrato la missiva del 16 ottobre 2009 senza rispettare l'ordine gerarchico.
Il procedimento disciplinare si concludeva il 15 gennaio 2010 con l'adozione della sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero". Contro tale provvedimento il ricorrente proponeva ricorso gerarchico successivamente rigettato dall'amministrazione.
Con il presente ricorso straordinario, il ricorrente chiede l'annullamento, previa sospensiva, del rigetto del ricorso gerarchico, deducendo i seguenti motivi di diritto: eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, dell'irragionevolezza, dell'illogicità, nonché della carenza e/o errore sui presupposti; illogicità e incongruità della motivazione; difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta; violazione del diritto di difesa; violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Il Ministero riferente ritiene che il ricorso sia fondato.
In particolare, lo stesso Ministero reputa che l'obbligo di ogni militare di osservare la via gerarchica, sancito dall'art. 12, secondo comma dell'abrogato regolamento di disciplina militare, fa unicamente riferimento all'obbligo di "osservare la via gerarchica nelle relazioni di servizio e disciplinari", motivo per cui non è possibile farvi rientrare anche la contestata richiesta di accesso formulata dal militare.
CONSIDERATO:
Il ricorso è fondato.
Va disattesa l'interpretazione operata dall'amministrazione di appartenenza del militare che ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti del militare, ritenendo che le istanze di accesso alla documentazione amministrativa possano in qualche modo rientrare nella categoria delle "relazioni di servizio e disciplinari". Né si rinvengono ulteriori disposizioni nel menzionato regolamento di disciplina militare, né nell’odierno testo unico di cui al D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, che possano avallare una siffatta interpretazione.
E' oltretutto irragionevole il comportamento stesso dell'amministrazione che prima rassicura il militare del contenuto non disciplinare della richiesta di chiarimenti esortando il militare a presentare l'istanza per la via gerarchica, e successivamente infligge la citata sanzione disciplinare.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso sia accolto unitamente all'istanza di sospensiva.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicolo' Pollari Pietro Falcone
IL SEGRETARIO
Dr.ssa Tiziana Tomassini
2)- Il Ministero riferente ritiene che il ricorso sia fondato.
3)- In particolare, lo stesso Ministero reputa che l'obbligo di ogni militare di osservare la via gerarchica, sancito dall'art. 12, secondo comma dell'abrogato regolamento di disciplina militare, fa unicamente riferimento all'obbligo di "osservare la via gerarchica nelle relazioni di servizio e disciplinari", motivo per cui non è possibile farvi rientrare anche la contestata richiesta di accesso formulata dal militare.
4)- Va disattesa l'interpretazione operata dall'amministrazione di appartenenza del militare che ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti del militare, ritenendo che le istanze di accesso alla documentazione amministrativa possano in qualche modo rientrare nella categoria delle "relazioni di servizio e disciplinari". Né si rinvengono ulteriori disposizioni nel menzionato regolamento di disciplina militare, né nell’odierno testo unico di cui al D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, che possano avallare una siffatta interpretazione.
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Numero 00526/2012 e data 01/02/2012
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 12 ottobre 2011
NUMERO AFFARE 03288/2010
OGGETTO:
Ministero della Difesa.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal maresciallo capo OMISSIS per l'annullamento, previa sospensiva, del rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso la sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero".
LA SEZIONE
Vista la relazione prot. n. M_D GMIL III 7 2^ ……. del 29 aprile 2011, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;
esaminati gli atti ed udito il relatore-estensore, cons. Nicolò Pollari;
PREMESSO:
Il 16 ottobre 2009, il maresciallo capo OMISSIS presentava al 17° reggimento addestramento volontari "Acqui" istanza tesa a prendere visione ed a estrarre copia del piano di impiego decentrato (P.I.D.), al fine di comprendere le ragioni che avessero determinato l'amministrazione militare a disporre il suo trasferimento.
In data 3 novembre 2009, l'amministrazione invitava il sottufficiale a chiarire i motivi che lo avevano indotto a formulare tale istanza di accesso senza osservare la via gerarchica. Il militare chiedeva se tale comunicazione dovesse intendersi quale avvio di un procedimento disciplinare.
Il 19 novembre 2009, l'amministrazione militare, nel rassicurare lo stesso della natura non disciplinare dell'atto in questione, lo invitava comunque ad inoltrare l'istanza di accesso per la via gerarchica.
Il ricorrente ottemperava a tale richiesta in data 2 dicembre 2009. L'amministrazione, dopo aver comunicato al OMISSIS di poter prendere visione di tutti gli atti inerenti alla procedura di trasferimento, contestava allo stesso la violazione dell'art. 12, comma 2, dell'allora vigente regolamento di disciplina militare, per aver inoltrato la missiva del 16 ottobre 2009 senza rispettare l'ordine gerarchico.
Il procedimento disciplinare si concludeva il 15 gennaio 2010 con l'adozione della sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero". Contro tale provvedimento il ricorrente proponeva ricorso gerarchico successivamente rigettato dall'amministrazione.
Con il presente ricorso straordinario, il ricorrente chiede l'annullamento, previa sospensiva, del rigetto del ricorso gerarchico, deducendo i seguenti motivi di diritto: eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, dell'irragionevolezza, dell'illogicità, nonché della carenza e/o errore sui presupposti; illogicità e incongruità della motivazione; difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta; violazione del diritto di difesa; violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Il Ministero riferente ritiene che il ricorso sia fondato.
In particolare, lo stesso Ministero reputa che l'obbligo di ogni militare di osservare la via gerarchica, sancito dall'art. 12, secondo comma dell'abrogato regolamento di disciplina militare, fa unicamente riferimento all'obbligo di "osservare la via gerarchica nelle relazioni di servizio e disciplinari", motivo per cui non è possibile farvi rientrare anche la contestata richiesta di accesso formulata dal militare.
CONSIDERATO:
Il ricorso è fondato.
Va disattesa l'interpretazione operata dall'amministrazione di appartenenza del militare che ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti del militare, ritenendo che le istanze di accesso alla documentazione amministrativa possano in qualche modo rientrare nella categoria delle "relazioni di servizio e disciplinari". Né si rinvengono ulteriori disposizioni nel menzionato regolamento di disciplina militare, né nell’odierno testo unico di cui al D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, che possano avallare una siffatta interpretazione.
E' oltretutto irragionevole il comportamento stesso dell'amministrazione che prima rassicura il militare del contenuto non disciplinare della richiesta di chiarimenti esortando il militare a presentare l'istanza per la via gerarchica, e successivamente infligge la citata sanzione disciplinare.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso sia accolto unitamente all'istanza di sospensiva.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicolo' Pollari Pietro Falcone
IL SEGRETARIO
Dr.ssa Tiziana Tomassini
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Per notizia
La vicenda di questo ricorso straordinario al PDR riguarda il personale della GdF, cmq. il regolamento di disciplina militare e uguale, in pratica viene contestata "Omessa comunicazione, ai sensi dell’art. 52 del d.P.R. n. 545 del 1986" al comando competente di un impegno di giustizia. Infatti , nella motivazione si legge che l’interessato “ometteva di dare sollecita comunicazione al proprio comando circa un impegno di giustizia, denotando nell’occasione uno scarso senso di responsabilità, così violando gli artt. 14 e 52 – comma 5 b del vigente regolamento di disciplina militare”
Menomale che ha fatto ricorso.
Auguri.
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Numero 00613/2012 e data 14/02/2012
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 14 dicembre 2011
NUMERO AFFARE 01435/2010
OGGETTO:
Ministero dell'economia e delle finanze.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da OMISSIS, per chiedere l’annullamento del provvedimento con il quale è stato rigettato il suo ricorso gerarchico (provvedimento datato 8 maggio 2009), con il quale lo stesso contestava la sanzione disciplinare del rimprovero a lui comminata , con determinazione n. ……, in data 15 gennaio 2009, dal comandante del reparto tecnico logistico amministrativo OMISSIS
LA SEZIONE
Vista la relazione n. ….. in data 10 marzo 2010, con la quale il Ministero dell'economia e delle finanze , comando generale della guardia finanza , ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;
Esaminati tutti gli atti e udito il relatore Consigliere Paolo De Ioanna;
Premesso.
1. Il ricorrente, OMISSIS, maresciallo capo della guardia di finanza, chiede l’annullamento del provvedimento con il quale è stato rigettato il suo ricorso gerarchico (provvedimento datato 8 maggio 2009), ricorso gerarchico con il quale lo stesso contestava la sanzione disciplinare del rimprovero a lui comminata , con determinazione n. ….., in data 15 gennaio 2009, dal comandante del reparto tecnico logistico amministrativo OMISSIS.
2. Il ricorrente riferisce che la questura di OMISSIS in data 4 novembre 2008 lo invitava a presentarsi presso i propri uffici per essere ascoltato in merito ad un procedimento penale aperto presso la locale Procura della Repubblica., come persona informata dei fatti. Riferisce che la notifica dell’invito della questura gli era stata effettuata per il tramite del direttore del OMISSIS, nella persona del tenente colonnello competente, in data 6 novembre 2008. Il ricorrente dunque rendeva la propria testimonianza presso gli uffici della squadra mobile di OMISSIS il 7 novembre 2008.
3. La sanzione disciplinare del rimprovero , comminata con la determinazione n. ….. in data 15 gennaio 2009, oggetto dell’impugnativa, parte dalla considerazione , secondo il ricorrente, che le giustificazioni portate dall’interessato sarebbero solo parzialmente idonee ad esimerlo dalla responsabilità derivante dal comportamento tenuto nella circostanza “riguardante il contegno assunto di fronte a terzi”; mentre ; la motivazione sostanziale alla base della sanzione viene individuata esclusivamente nella omessa comunicazione, ai sensi dell’art. 52 del d.P.R. n. 545 del 1986 (regolamento di disciplina militare), al comando competente di un impegno di giustizia. Infatti , nella motivazione si legge che l’interessato “ometteva di dare sollecita comunicazione al proprio comando circa un impegno di giustizia, denotando nell’occasione uno scarso senso di responsabilità, così violando gli artt. 14 e 52 – comma 5 b del vigente regolamento di disciplina militare”. Il ricorrente ritiene di poter contestare la ricostruzione dei fatti offerta dall’amministrazione, in particolare per quanto riguarda il punto della mancata comunicazione al proprio comando del suindicato impegno di giustizia.
4. L’amministrazione militare ha trasmesso la prevista relazione istruttoria, sostenendo la legittimità del proprio operato. Gli elementi in atti consentono di procedere all’esame di merito.
CONSIDERATO
1. Il ricorso verte essenzialmente sulla ricostruzione delle circostanze di fatto che hanno condotto all’irrogazione della sanzione disciplinare in questione. In particolare , assume un ruolo cruciale il punto delle modalità con le quali l’invito a comparire per ragioni di giustizia davanti alla questura di OMISSIS era stato in fatto notificato al ricorrente. E’ su tale circostanza che si fonda la sanzione e sulla quale pertanto va portato l’esame.
2. In atti la stessa relazione istruttoria e la documentazione ad essa allegata confermano che la predetta comunicazione era già pervenuta all’amministrazione della guardia di finanza da altre fonti. Infatti era proprio il comando provinciale della guardia di finanza di OMISSIS che a mezzo della nota n. ….. del 6 novembre 2008 trasmetteva all’interessato la convocazione inviata dalla questura di OMISSIS. La tesi del ricorrente secondo la quale sarebbe stato ultroneo effettuare la comunicazione della convocazione all’ente di appartenenza in quanto è stato lo stesso direttore dell’ente non solo a notificargli l’invito ma a concedergli formale permesso di assenza dal servizio (proprio per consentirgli di recarsi presso gli uffici della questura di OMISSIS) offre una ricostruzione dei fatti che non solo è plausibile ma risulta confermata dagli atti e dalla stessa relazione istruttoria del ministero. Pertanto questa circostanza vale a fondare la doglianza del ricorrente il cui comportamento non è censurabile dal momento che egli in modo del tutto ragionevole era convinto che l’ente di appartenenza fosse già pienamente a conoscenza del suo impegno di giustizia presso la questura di OMISSIS.
Ora poiché la sanzione si fonda in via prioritaria e sostanziale su tale profilo della omessa comunicazione, e poiché risulta verificato in atti che tale profilo invece non è fondato, dal momento che l’amministrazione di appartenenza era comunque a conoscenza dell’impegno di giustizia del ricorrente, deve concludersi che sotto tale aspetto, peraltro prioritario come si è detto nell’irrogazione della sanzione, il ricorso risulta fondato e deve essere accolto.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso straordinario in oggetto è fondato, come da motivazione, e che per gli effetti il provvedimento impugnato deve essere annullato.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paolo De Ioanna Alessandro Pajno
IL SEGRETARIO
La vicenda di questo ricorso straordinario al PDR riguarda il personale della GdF, cmq. il regolamento di disciplina militare e uguale, in pratica viene contestata "Omessa comunicazione, ai sensi dell’art. 52 del d.P.R. n. 545 del 1986" al comando competente di un impegno di giustizia. Infatti , nella motivazione si legge che l’interessato “ometteva di dare sollecita comunicazione al proprio comando circa un impegno di giustizia, denotando nell’occasione uno scarso senso di responsabilità, così violando gli artt. 14 e 52 – comma 5 b del vigente regolamento di disciplina militare”
Menomale che ha fatto ricorso.
Auguri.
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Numero 00613/2012 e data 14/02/2012
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 14 dicembre 2011
NUMERO AFFARE 01435/2010
OGGETTO:
Ministero dell'economia e delle finanze.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da OMISSIS, per chiedere l’annullamento del provvedimento con il quale è stato rigettato il suo ricorso gerarchico (provvedimento datato 8 maggio 2009), con il quale lo stesso contestava la sanzione disciplinare del rimprovero a lui comminata , con determinazione n. ……, in data 15 gennaio 2009, dal comandante del reparto tecnico logistico amministrativo OMISSIS
LA SEZIONE
Vista la relazione n. ….. in data 10 marzo 2010, con la quale il Ministero dell'economia e delle finanze , comando generale della guardia finanza , ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;
Esaminati tutti gli atti e udito il relatore Consigliere Paolo De Ioanna;
Premesso.
1. Il ricorrente, OMISSIS, maresciallo capo della guardia di finanza, chiede l’annullamento del provvedimento con il quale è stato rigettato il suo ricorso gerarchico (provvedimento datato 8 maggio 2009), ricorso gerarchico con il quale lo stesso contestava la sanzione disciplinare del rimprovero a lui comminata , con determinazione n. ….., in data 15 gennaio 2009, dal comandante del reparto tecnico logistico amministrativo OMISSIS.
2. Il ricorrente riferisce che la questura di OMISSIS in data 4 novembre 2008 lo invitava a presentarsi presso i propri uffici per essere ascoltato in merito ad un procedimento penale aperto presso la locale Procura della Repubblica., come persona informata dei fatti. Riferisce che la notifica dell’invito della questura gli era stata effettuata per il tramite del direttore del OMISSIS, nella persona del tenente colonnello competente, in data 6 novembre 2008. Il ricorrente dunque rendeva la propria testimonianza presso gli uffici della squadra mobile di OMISSIS il 7 novembre 2008.
3. La sanzione disciplinare del rimprovero , comminata con la determinazione n. ….. in data 15 gennaio 2009, oggetto dell’impugnativa, parte dalla considerazione , secondo il ricorrente, che le giustificazioni portate dall’interessato sarebbero solo parzialmente idonee ad esimerlo dalla responsabilità derivante dal comportamento tenuto nella circostanza “riguardante il contegno assunto di fronte a terzi”; mentre ; la motivazione sostanziale alla base della sanzione viene individuata esclusivamente nella omessa comunicazione, ai sensi dell’art. 52 del d.P.R. n. 545 del 1986 (regolamento di disciplina militare), al comando competente di un impegno di giustizia. Infatti , nella motivazione si legge che l’interessato “ometteva di dare sollecita comunicazione al proprio comando circa un impegno di giustizia, denotando nell’occasione uno scarso senso di responsabilità, così violando gli artt. 14 e 52 – comma 5 b del vigente regolamento di disciplina militare”. Il ricorrente ritiene di poter contestare la ricostruzione dei fatti offerta dall’amministrazione, in particolare per quanto riguarda il punto della mancata comunicazione al proprio comando del suindicato impegno di giustizia.
4. L’amministrazione militare ha trasmesso la prevista relazione istruttoria, sostenendo la legittimità del proprio operato. Gli elementi in atti consentono di procedere all’esame di merito.
CONSIDERATO
1. Il ricorso verte essenzialmente sulla ricostruzione delle circostanze di fatto che hanno condotto all’irrogazione della sanzione disciplinare in questione. In particolare , assume un ruolo cruciale il punto delle modalità con le quali l’invito a comparire per ragioni di giustizia davanti alla questura di OMISSIS era stato in fatto notificato al ricorrente. E’ su tale circostanza che si fonda la sanzione e sulla quale pertanto va portato l’esame.
2. In atti la stessa relazione istruttoria e la documentazione ad essa allegata confermano che la predetta comunicazione era già pervenuta all’amministrazione della guardia di finanza da altre fonti. Infatti era proprio il comando provinciale della guardia di finanza di OMISSIS che a mezzo della nota n. ….. del 6 novembre 2008 trasmetteva all’interessato la convocazione inviata dalla questura di OMISSIS. La tesi del ricorrente secondo la quale sarebbe stato ultroneo effettuare la comunicazione della convocazione all’ente di appartenenza in quanto è stato lo stesso direttore dell’ente non solo a notificargli l’invito ma a concedergli formale permesso di assenza dal servizio (proprio per consentirgli di recarsi presso gli uffici della questura di OMISSIS) offre una ricostruzione dei fatti che non solo è plausibile ma risulta confermata dagli atti e dalla stessa relazione istruttoria del ministero. Pertanto questa circostanza vale a fondare la doglianza del ricorrente il cui comportamento non è censurabile dal momento che egli in modo del tutto ragionevole era convinto che l’ente di appartenenza fosse già pienamente a conoscenza del suo impegno di giustizia presso la questura di OMISSIS.
Ora poiché la sanzione si fonda in via prioritaria e sostanziale su tale profilo della omessa comunicazione, e poiché risulta verificato in atti che tale profilo invece non è fondato, dal momento che l’amministrazione di appartenenza era comunque a conoscenza dell’impegno di giustizia del ricorrente, deve concludersi che sotto tale aspetto, peraltro prioritario come si è detto nell’irrogazione della sanzione, il ricorso risulta fondato e deve essere accolto.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso straordinario in oggetto è fondato, come da motivazione, e che per gli effetti il provvedimento impugnato deve essere annullato.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paolo De Ioanna Alessandro Pajno
IL SEGRETARIO
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Per opportuna notizia.
Tar Lazio su "Sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari" a seguito di "ARRESTO". Accolto.
Lo stesso è stato condannato alla pena (sospesa) di anni uno di reclusione ed € 2000,00 di multa.
nel ricorso viene detto:
1)- il ricorrente insiste per l’accoglimento del gravame, anche alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 62 del 5 marzo 2009 con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 75 della legge 31 luglio 1954, n. 599.
Il Tar riferisce:
Il ricorso è fondato.
1)- Il ricorrente ha dedotto, come primo motivo di gravame, l’illegittimità del decreto per violazione dei termini di avvio e conclusione del procedimento disciplinare (art. 9, c. 2^ della legge 7 febbraio 1990, n. 19).
2)- La questione, in punto di diritto, trova soluzione nell‘art. 9 della legge n. 19 del 1990 secondo, però, l’interpretazione che di essa ha fornito la giurisprudenza.
L’art. 9 citato riguarda, segnatamente, i procedimenti disciplinari (e solo quelli) attivati a seguito di condanna penale riportata dal pubblico dipendente.
La disposizione dianzi indicata prevede che il procedimento disciplinare “…deve essere proseguito o promosso entro centoottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni”.
3)- Maggiore puntualizzazione merita il profilo di censura in cui si fa questione della scadenza del “secondo termine”, cioè quello dei 90 gg.
Sulla questione si era già pronunciata la Plenaria con decisioni nn. 4, 5 e 7 del 25 gennaio 2000 stabilendo che il termine di 90 gg. decorreva dalla “scadenza virtuale” del primo, sicché il tempo che non poteva essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, era quello totale di 270 gg. (180 + 90) desumibile dalla legge.
La questione è tornata all’attenzione della Plenaria, su ordinanza di remissione del CGARS.
4)- Orbene, la Plenaria, con decisione n. 1 del 14 gennaio 2004, ha confermato l’orientamento precedente anche alla luce della sopravvenuta legge 27 marzo 2001, n. 97, ribadendo che i due termini non sono in rapporto antitetico e vanno considerati unitariamente, dal che la massima che il termine di 90 gg. stabilito dall’art. 9 comma 2 L. 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico inizia a decorrere non già dalla data dell’effettivo avvio del procedimento stesso ma dalla scadenza dei centoottanta giorni, sempre previsti dall’art. 9 legge citata, che costituiscono il periodo temporale massimo entro il quale – avuta conoscenza della sentenza penale di condanna – deve avere inizio o proseguire il procedimento sicché il tempo che non può essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, è quello totale di 270 giorni.
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N. 01577/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06934/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6934 del 2008, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. OMISSIS in Roma, via Germanico, 107;
contro
Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato e presso la stessa ope legis domiciliato;
per l'annullamento del provvedimento con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con decreto dirigenziale n. …. del 18 aprile 2008, il direttore generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha irrogato al ricorrente, caporal maggiore scelto VSP, la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, disponendo contestualmente, nei suoi confronti, la cessazione dal servizio permanente.
In punto di fatto, l’interessato espone che:
-in data 11 luglio 2005 è stato tratto in arresto per possesso, OMISSIS;
--in data 13 luglio 2005, è stato sospeso dal servizio;
-con sentenza del tribunale di OMISSIS n. …/2006, depositata il giorno 11 marzo 2006, divenuta irrevocabile il successivo 9 maggio, egli è stato condannato alla pena (sospesa) di anni uno di reclusione ed € 2000,00 di multa;
-con D.M. del 27 marzo 2006 è stato riammesso in servizio;
-con provvedimento del 12 settembre 2007 è stata disposta inchiesta formale nei suoi confronti in ordine all’accertamento di eventuali responsabilità disciplinari scaturenti dai fatti già oggetto di procedimento penale;
-l’ufficiale inquirente, a conclusione dell’inchiesta, ha formulato la proposta della sanzione della sospensione dal servizio per mesi due;
-non concordando con le conclusioni dell’inquirente, il comandante delle Forze Operative Terrestri, con atto del 22 gennaio 2008, ha disposto il deferimento del ricorrente innanzi alla commissione di disciplina;
-all’esito del giudizio disciplinare, il collegio, in data 26 febbraio 2008, ha ritenuto il militare meritevole del mantenimento del grado;
-in dissenso con la valutazione espressa dalla commissione di disciplina, il direttore generale per il personale militare, con l’impugnato provvedimento, ha decretato nei confronti del ricorrente la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari e, conseguentemente, la cessazione dal servizio permanente.
Come seguono i motivi di ricorso:
1)violazione dell’art. 9, c. 2^ della legge 7 febbraio 1990, n. 19;
2)violazione dell’art. 3, c. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 nonché carenza di motivazione;
3)violazione mediata degli artt. 3 e 97 della Costituzione, per illegittimità costituzionale dell’art. 75 della legge n. 599/1954.
Il ricorrente conclude con domanda di annullamento del provvedimento impugnato (decreto dirigenziale 18 aprile 2008).
Il Ministero della Difesa non si è costituito in giudizio.
Con memoria depositata il 31 ottobre 2011, il ricorrente insiste per l’accoglimento del gravame, anche alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 62 del 5 marzo 2009 con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 75 della legge 31 luglio 1954, n. 599.
All’udienza del 14 dicembre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è fondato.
Il ricorrente ha dedotto, come primo motivo di gravame, l’illegittimità del decreto per violazione dei termini di avvio e conclusione del procedimento disciplinare (art. 9, c. 2^ della legge 7 febbraio 1990, n. 19).
In punto di fatto, va chiarito che:
- il ricorrente è stato condannato dal Tribunale penale di OMISSIS;
- la sentenza emessa il 10 marzo 2006 dal G.U.P, è divenuta irrevocabile il 9 maggio 2006;
- l’amministrazione è venuta a conoscenza della pronuncia giudiziale in data 3 luglio 2007 (cfr allegato 1 al ricorso)
- il procedimento disciplinare è stato avviato il 12 settembre 2007, giorno in cui il Comandante ha disposto l’avvio dell’inchiesta formale nei confronti del ricorrente;
- il provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare è stato adottato il 18 aprile 2008.
La questione, in punto di diritto, trova soluzione nell‘art. 9 della legge n. 19 del 1990 secondo, però, l’interpretazione che di essa ha fornito la giurisprudenza.
L’art. 9 citato riguarda, segnatamente, i procedimenti disciplinari (e solo quelli) attivati a seguito di condanna penale riportata dal pubblico dipendente.
La disposizione dianzi indicata prevede che il procedimento disciplinare “…deve essere proseguito o promosso entro centoottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni”.
Il ricorrente lamenta che il procedimento disciplinare sia stato promosso il 5 dicembre 2007 e concluso il 18 aprile 2008, ben oltre il doppio termine di complessivi 270 giorni previsto dall’art. 9 , c. 2^ della legge n. 19/1990.
Il Collegio osserva che i centottanta giorni per instaurare o riprendere il procedimento disciplinare decorrono dal momento in cui l’amministrazione procedente è venuta a conoscenza della pronuncia di condanna irrevocabile. Nel caso di specie, tale conoscenza si è avuta da parte dell’amministrazione il 3 luglio 2007.
Il termine di avvio del procedimento disciplinare giungeva, pertanto, a scadenza soltanto il successivo 30 dicembre 2007 (180 gg. decorrenti dal 3 luglio 2007).
Nel caso in esame, il primo atto del procedimento disciplinare è stato compiuto il 12 settembre 2007, giorno in cui è stata promossa l’inchiesta formale a carico del ricorrente (cfr legge 31 luglio 1954 n. 599 recante lo Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, il cui Capo II, relativo al procedimento disciplinare, prevede all’art.. 65 che l'inchiesta formale sia disposta dall'autorità militare da cui il sottufficiale dipende per ragioni di impiego).
Per incidens, ove anche l’avvio del procedimento de quo lo si volesse far coincidere con la contestazione degli addebiti (5 dicembre 2007), il suddetto termine (30 dicembre 2007) comunque non risulterebbe violato.
Maggiore puntualizzazione merita il profilo di censura in cui si fa questione della scadenza del “secondo termine”, cioè quello dei 90 gg.
Sulla questione si era già pronunciata la Plenaria con decisioni nn. 4, 5 e 7 del 25 gennaio 2000 stabilendo che il termine di 90 gg. decorreva dalla “scadenza virtuale” del primo, sicché il tempo che non poteva essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, era quello totale di 270 gg. (180 + 90) desumibile dalla legge.
La questione è tornata all’attenzione della Plenaria, su ordinanza di remissione del CGARS.
Orbene, la Plenaria, con decisione n. 1 del 14 gennaio 2004, ha confermato l’orientamento precedente anche alla luce della sopravvenuta legge 27 marzo 2001, n. 97, ribadendo che i due termini non sono in rapporto antitetico e vanno considerati unitariamente, dal che la massima che il termine di 90 gg. stabilito dall’art. 9 comma 2 L. 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico inizia a decorrere non già dalla data dell’effettivo avvio del procedimento stesso ma dalla scadenza dei centoottanta giorni, sempre previsti dall’art. 9 legge citata, che costituiscono il periodo temporale massimo entro il quale – avuta conoscenza della sentenza penale di condanna – deve avere inizio o proseguire il procedimento sicché il tempo che non può essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, è quello totale di 270 giorni.
Orbene, nel caso in esame l’amministrazione ha avuto conoscenza della sentenza penale irrevocabile il 3 luglio 2007, ha avviato il procedimento disciplinare il successivo 12 settembre ed ha, infine, adottato il provvedimento finale il 18 aprile 2008.
Patente la violazione del termine perentorio di durata (inizio/prosecuzione-conclusione) del procedimento disciplinare.
Il provvedimento finale è stato, infatti, adottato il 18 aprile 2008 allorquando risultava ormai esauritosi l’arco temporale massimo di esercizio del potere stabilito in duecentosettanta giorni decorrente dalla conoscenza (3 luglio 2007) della sentenza penale di condanna.
Ed invero, il termine ultimo per l’adozione dell’atto risultava giunto a scadenza in data 28 marzo 2008.
Ne consegue, che tempestivo s’appalesa l’avvio del procedimento disciplinare; non altrettanto la sua conclusione.
La Sezione ribadisce il principio più volte affermato dalla Plenaria ( nel 2000 e nel 2004) e, cioè, che il tempo che non può essere superato – pena violazione della perentorietà del termine - è quello complessivo di 270 gg..
Ebbene, partendo dal dies a quo del 3 luglio 2007 (giorno in cui l’amministrazione, si ribadisce, ha avuto piena conoscenza della sentenza penale irrevocabile di condanna), si ottiene che i 270 gg per la conclusione del procedimento de quo venivano a scadenza il 28 marzo 2008.
Il provvedimento definitivo, adottato soltanto il 18 aprile 2008, e notificato il successivo 5 maggio, viola, pertanto, il termine perentorio di legge.
E’ bene precisare, ad ogni buon fine, che il termine decadenziale di cui si discetta, previsto per la conclusione del procedimento disciplinare nei confronti degli impiegati civili dello Stato, si applica anche al procedimento disciplinare nei confronti del personale militare.
Infatti, dopo l'intervento della Corte costituzionale contenuto nelle decisioni 145/1976 e 264/1990, deve ritenersi ingiustificata in materia ogni differenziazione tra dipendenti civili e dipendenti militari e, quindi, costituzionalmente imposta la previsione di un termine di decadenza per l’adozione del provvedimento disciplinare.
Il primo motivi di ricorso è, quindi, fondato.
Merita accoglimento anche il secondo motivo di gravame.
Va premesso, in fatto, che l’inchiesta formale si era conclusa con la proposta di sanzione disciplinare di stato della sospensione dal servizio del ricorrente per mesi due.
Sennonché, il Comandante delle Forze Operative Terrestri dell’Esercito, esaminate le risultanze dell’inchiesta, non concordando con l’inquirente, aveva disposto il deferimento del militare al giudizio di una commissione di disciplina perché questa si pronunciasse sulla meritevolezza del militare conservare il grado.
Il Collegio disciplinare, all’esito della complessa valutazione dei fatti, dopo avere verificato l’esistenza dell’illecito disciplinare ed accertata la responsabilità del militare incolpato, ha espresso un giudizio globale tenuto conto dell’insieme dei fatti relativi alla mancanza contestata, della incidenza che questa aveva avuto sulla disciplina del militare, della lesione arrecata all’elevato livello di onorabilità che deve essere posseduto dagli appartenenti alle Forze Armate, nonché della personalità dell’incolpato.
Il giudizio è stato: “meritevole di conservare il grado”.
Sennonché, il direttore generale discostandosi in malam partem dal giudizio del collegio di disciplina, ha decretato la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinare cui è conseguita, inevitabilmente, la cessazione dal servizio.
Il dirigente ha agito, ratione temporis, in forza dell’art. 75 della legge n. 599/1954 secondo cui “il Ministro (oggi il dirigente responsabile: n.d.r.) può discostarsi dal giudizio della Commissione di disciplina a favore del sottufficiale e, soltanto in casi di particolare gravità, anche a sfavore”.
Sennonché, la Corte Costituzionale, con sentenza 25 febbraio 2009, n. 62 (in Gazz. Uff., 11 marzo, n. 10), ha pronunciato l’incostituzionalità dell’art. 75 cit., e della clausola di reformatio in malam partem ivi prevista, limitatamente alle parole ”e, soltanto in casi di particolare gravita', anche a sfavore”.
Il giudice delle leggi ha osservato che “la commissione, nel pronunciarsi sul mantenimento o sulla perdita del grado, non limita la sua valutazione a verificare l’esistenza dell’illecito disciplinare e la responsabilità del militare incolpato, ma esprime un giudizio globale. Vale a dire che una volta accertata la responsabilità disciplinare, la quale costituisce, generalmente, il primo passaggio che il suddetto organo deve compiere, quest’ultimo deve valutare tutto l’insieme dei fatti relativi alla mancanza contestata … ivi compresi quei casi di particolare gravità che, secondo la censurata disposizione, facoltizzerebbero il ribaltamento della decisione”.
La Consulta ha precisato, nella circostanza, che il giudizio della commissione di disciplina costituisce “la fase conclusiva di un procedimento che, pur avendo natura amministrativa, deve essere rispettato dall’amministrazione militare di appartenenza dell’incolpato (fatta salva la possibilità, riconosciuta in virtù di un principio generale che attualmente impronta i processi disciplinari, della irrogazione, per motivi umanitari, di una sanzione più lieve) sia per non vanificare l’attività defensionale ivi dispiegata dall’incolpato, sia per non rendere inutile lo svolgimento della fase procedurale davanti alla commissione di disciplina con violazione del canone del buon andamento …”
Il ricorrente, è bene precisarlo, si era onerato di censurare espressamente il divisato decreto per invalidità derivata dalla illegittimità costituzionale dell’art. 75 della legge n. 599 del 1954. La censura consente all’interessato di attualizzare il proprio interesse alla rilevanza della pronuncia di incostituzionalità della norma la cui violazione è stata espressamente dedotta in ricorso.
Sotto il profilo intertemporale, la pronuncia della Corte trova senz’altro applicazione al caso in esame trattandosi di controversia ancora sub iudice alla data del giorno seguente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza n. 62/2009.
Essa, pertanto, è idonea ad incidere sul rapporto controverso i cui effetti non sono ancora esauriti.
L’art. 75 della legge n. 599/1954 costituisce, dunque, nel testo emendato della pronuncia della Corte Costituzionale, la fonte paradigmatica di riferimento per la soluzione della controversia de qua.
Alla luce del novellato testo normativo, s’appalesa illegittimo il decreto impugnato, per violazione dell’art. 75 della legge n. 599/1954, non essendo in facoltà del direttore generale potersi discostare dal giudizio vincolante del collegio di disciplina espresso in data 26 febbraio 2008.
Per opportuna completezza, va osservato che l’art. 1389 del Codice dell’Ordinamento militare (approvato con D.Lvo n. 66/2010) ha previsto che il Ministro della Difesa, ove – discostandosi dal giudizio della commissione di disciplina favorevole al mantenimento in servizio del militare – intenda “per gravi ragioni di opportunità” che “deve essere inflitta la sanzione della perdita del grado per rimozione ovvero la cessazione della ferma o della rafferma” ordina, per una sola volta, “la convocazione di una diversa commissione di disciplina, ai sensi dell’art. 1387”.
La disposizione in commento non si applica ratione temporis al caso in esame.
Il Collegio osserva, tuttavia ed incidentalmente, che la scelta del Codice di rimessione della decisione definitiva a una diversa commissione di disciplina ove non sia condiviso il verdetto assolutorio dell’originario commissione finisce probabilmente per eludere la decisione della Corte Costituzionale, ridondando, in pratica, nel consentire il formarsi delle condizioni e dei presupposti per decisioni irragionevoli e arbitrarie che il Giudice delle leggi aveva inteso eliminare con la citata sentenza n. 62/2009.
In conclusione, il ricorso in esame è fondato.
Il particolare quadro storico normativo nell’ambito del quale è maturata la controversia è giusta causa per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/02/2012
Tar Lazio su "Sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari" a seguito di "ARRESTO". Accolto.
Lo stesso è stato condannato alla pena (sospesa) di anni uno di reclusione ed € 2000,00 di multa.
nel ricorso viene detto:
1)- il ricorrente insiste per l’accoglimento del gravame, anche alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 62 del 5 marzo 2009 con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 75 della legge 31 luglio 1954, n. 599.
Il Tar riferisce:
Il ricorso è fondato.
1)- Il ricorrente ha dedotto, come primo motivo di gravame, l’illegittimità del decreto per violazione dei termini di avvio e conclusione del procedimento disciplinare (art. 9, c. 2^ della legge 7 febbraio 1990, n. 19).
2)- La questione, in punto di diritto, trova soluzione nell‘art. 9 della legge n. 19 del 1990 secondo, però, l’interpretazione che di essa ha fornito la giurisprudenza.
L’art. 9 citato riguarda, segnatamente, i procedimenti disciplinari (e solo quelli) attivati a seguito di condanna penale riportata dal pubblico dipendente.
La disposizione dianzi indicata prevede che il procedimento disciplinare “…deve essere proseguito o promosso entro centoottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni”.
3)- Maggiore puntualizzazione merita il profilo di censura in cui si fa questione della scadenza del “secondo termine”, cioè quello dei 90 gg.
Sulla questione si era già pronunciata la Plenaria con decisioni nn. 4, 5 e 7 del 25 gennaio 2000 stabilendo che il termine di 90 gg. decorreva dalla “scadenza virtuale” del primo, sicché il tempo che non poteva essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, era quello totale di 270 gg. (180 + 90) desumibile dalla legge.
La questione è tornata all’attenzione della Plenaria, su ordinanza di remissione del CGARS.
4)- Orbene, la Plenaria, con decisione n. 1 del 14 gennaio 2004, ha confermato l’orientamento precedente anche alla luce della sopravvenuta legge 27 marzo 2001, n. 97, ribadendo che i due termini non sono in rapporto antitetico e vanno considerati unitariamente, dal che la massima che il termine di 90 gg. stabilito dall’art. 9 comma 2 L. 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico inizia a decorrere non già dalla data dell’effettivo avvio del procedimento stesso ma dalla scadenza dei centoottanta giorni, sempre previsti dall’art. 9 legge citata, che costituiscono il periodo temporale massimo entro il quale – avuta conoscenza della sentenza penale di condanna – deve avere inizio o proseguire il procedimento sicché il tempo che non può essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, è quello totale di 270 giorni.
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N. 01577/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06934/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6934 del 2008, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. OMISSIS in Roma, via Germanico, 107;
contro
Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato e presso la stessa ope legis domiciliato;
per l'annullamento del provvedimento con il quale è stata inflitta la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con decreto dirigenziale n. …. del 18 aprile 2008, il direttore generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha irrogato al ricorrente, caporal maggiore scelto VSP, la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, disponendo contestualmente, nei suoi confronti, la cessazione dal servizio permanente.
In punto di fatto, l’interessato espone che:
-in data 11 luglio 2005 è stato tratto in arresto per possesso, OMISSIS;
--in data 13 luglio 2005, è stato sospeso dal servizio;
-con sentenza del tribunale di OMISSIS n. …/2006, depositata il giorno 11 marzo 2006, divenuta irrevocabile il successivo 9 maggio, egli è stato condannato alla pena (sospesa) di anni uno di reclusione ed € 2000,00 di multa;
-con D.M. del 27 marzo 2006 è stato riammesso in servizio;
-con provvedimento del 12 settembre 2007 è stata disposta inchiesta formale nei suoi confronti in ordine all’accertamento di eventuali responsabilità disciplinari scaturenti dai fatti già oggetto di procedimento penale;
-l’ufficiale inquirente, a conclusione dell’inchiesta, ha formulato la proposta della sanzione della sospensione dal servizio per mesi due;
-non concordando con le conclusioni dell’inquirente, il comandante delle Forze Operative Terrestri, con atto del 22 gennaio 2008, ha disposto il deferimento del ricorrente innanzi alla commissione di disciplina;
-all’esito del giudizio disciplinare, il collegio, in data 26 febbraio 2008, ha ritenuto il militare meritevole del mantenimento del grado;
-in dissenso con la valutazione espressa dalla commissione di disciplina, il direttore generale per il personale militare, con l’impugnato provvedimento, ha decretato nei confronti del ricorrente la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari e, conseguentemente, la cessazione dal servizio permanente.
Come seguono i motivi di ricorso:
1)violazione dell’art. 9, c. 2^ della legge 7 febbraio 1990, n. 19;
2)violazione dell’art. 3, c. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 nonché carenza di motivazione;
3)violazione mediata degli artt. 3 e 97 della Costituzione, per illegittimità costituzionale dell’art. 75 della legge n. 599/1954.
Il ricorrente conclude con domanda di annullamento del provvedimento impugnato (decreto dirigenziale 18 aprile 2008).
Il Ministero della Difesa non si è costituito in giudizio.
Con memoria depositata il 31 ottobre 2011, il ricorrente insiste per l’accoglimento del gravame, anche alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 62 del 5 marzo 2009 con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 75 della legge 31 luglio 1954, n. 599.
All’udienza del 14 dicembre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è fondato.
Il ricorrente ha dedotto, come primo motivo di gravame, l’illegittimità del decreto per violazione dei termini di avvio e conclusione del procedimento disciplinare (art. 9, c. 2^ della legge 7 febbraio 1990, n. 19).
In punto di fatto, va chiarito che:
- il ricorrente è stato condannato dal Tribunale penale di OMISSIS;
- la sentenza emessa il 10 marzo 2006 dal G.U.P, è divenuta irrevocabile il 9 maggio 2006;
- l’amministrazione è venuta a conoscenza della pronuncia giudiziale in data 3 luglio 2007 (cfr allegato 1 al ricorso)
- il procedimento disciplinare è stato avviato il 12 settembre 2007, giorno in cui il Comandante ha disposto l’avvio dell’inchiesta formale nei confronti del ricorrente;
- il provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare è stato adottato il 18 aprile 2008.
La questione, in punto di diritto, trova soluzione nell‘art. 9 della legge n. 19 del 1990 secondo, però, l’interpretazione che di essa ha fornito la giurisprudenza.
L’art. 9 citato riguarda, segnatamente, i procedimenti disciplinari (e solo quelli) attivati a seguito di condanna penale riportata dal pubblico dipendente.
La disposizione dianzi indicata prevede che il procedimento disciplinare “…deve essere proseguito o promosso entro centoottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni”.
Il ricorrente lamenta che il procedimento disciplinare sia stato promosso il 5 dicembre 2007 e concluso il 18 aprile 2008, ben oltre il doppio termine di complessivi 270 giorni previsto dall’art. 9 , c. 2^ della legge n. 19/1990.
Il Collegio osserva che i centottanta giorni per instaurare o riprendere il procedimento disciplinare decorrono dal momento in cui l’amministrazione procedente è venuta a conoscenza della pronuncia di condanna irrevocabile. Nel caso di specie, tale conoscenza si è avuta da parte dell’amministrazione il 3 luglio 2007.
Il termine di avvio del procedimento disciplinare giungeva, pertanto, a scadenza soltanto il successivo 30 dicembre 2007 (180 gg. decorrenti dal 3 luglio 2007).
Nel caso in esame, il primo atto del procedimento disciplinare è stato compiuto il 12 settembre 2007, giorno in cui è stata promossa l’inchiesta formale a carico del ricorrente (cfr legge 31 luglio 1954 n. 599 recante lo Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, il cui Capo II, relativo al procedimento disciplinare, prevede all’art.. 65 che l'inchiesta formale sia disposta dall'autorità militare da cui il sottufficiale dipende per ragioni di impiego).
Per incidens, ove anche l’avvio del procedimento de quo lo si volesse far coincidere con la contestazione degli addebiti (5 dicembre 2007), il suddetto termine (30 dicembre 2007) comunque non risulterebbe violato.
Maggiore puntualizzazione merita il profilo di censura in cui si fa questione della scadenza del “secondo termine”, cioè quello dei 90 gg.
Sulla questione si era già pronunciata la Plenaria con decisioni nn. 4, 5 e 7 del 25 gennaio 2000 stabilendo che il termine di 90 gg. decorreva dalla “scadenza virtuale” del primo, sicché il tempo che non poteva essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, era quello totale di 270 gg. (180 + 90) desumibile dalla legge.
La questione è tornata all’attenzione della Plenaria, su ordinanza di remissione del CGARS.
Orbene, la Plenaria, con decisione n. 1 del 14 gennaio 2004, ha confermato l’orientamento precedente anche alla luce della sopravvenuta legge 27 marzo 2001, n. 97, ribadendo che i due termini non sono in rapporto antitetico e vanno considerati unitariamente, dal che la massima che il termine di 90 gg. stabilito dall’art. 9 comma 2 L. 7 febbraio 1990 n. 19 per la conclusione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico inizia a decorrere non già dalla data dell’effettivo avvio del procedimento stesso ma dalla scadenza dei centoottanta giorni, sempre previsti dall’art. 9 legge citata, che costituiscono il periodo temporale massimo entro il quale – avuta conoscenza della sentenza penale di condanna – deve avere inizio o proseguire il procedimento sicché il tempo che non può essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, è quello totale di 270 giorni.
Orbene, nel caso in esame l’amministrazione ha avuto conoscenza della sentenza penale irrevocabile il 3 luglio 2007, ha avviato il procedimento disciplinare il successivo 12 settembre ed ha, infine, adottato il provvedimento finale il 18 aprile 2008.
Patente la violazione del termine perentorio di durata (inizio/prosecuzione-conclusione) del procedimento disciplinare.
Il provvedimento finale è stato, infatti, adottato il 18 aprile 2008 allorquando risultava ormai esauritosi l’arco temporale massimo di esercizio del potere stabilito in duecentosettanta giorni decorrente dalla conoscenza (3 luglio 2007) della sentenza penale di condanna.
Ed invero, il termine ultimo per l’adozione dell’atto risultava giunto a scadenza in data 28 marzo 2008.
Ne consegue, che tempestivo s’appalesa l’avvio del procedimento disciplinare; non altrettanto la sua conclusione.
La Sezione ribadisce il principio più volte affermato dalla Plenaria ( nel 2000 e nel 2004) e, cioè, che il tempo che non può essere superato – pena violazione della perentorietà del termine - è quello complessivo di 270 gg..
Ebbene, partendo dal dies a quo del 3 luglio 2007 (giorno in cui l’amministrazione, si ribadisce, ha avuto piena conoscenza della sentenza penale irrevocabile di condanna), si ottiene che i 270 gg per la conclusione del procedimento de quo venivano a scadenza il 28 marzo 2008.
Il provvedimento definitivo, adottato soltanto il 18 aprile 2008, e notificato il successivo 5 maggio, viola, pertanto, il termine perentorio di legge.
E’ bene precisare, ad ogni buon fine, che il termine decadenziale di cui si discetta, previsto per la conclusione del procedimento disciplinare nei confronti degli impiegati civili dello Stato, si applica anche al procedimento disciplinare nei confronti del personale militare.
Infatti, dopo l'intervento della Corte costituzionale contenuto nelle decisioni 145/1976 e 264/1990, deve ritenersi ingiustificata in materia ogni differenziazione tra dipendenti civili e dipendenti militari e, quindi, costituzionalmente imposta la previsione di un termine di decadenza per l’adozione del provvedimento disciplinare.
Il primo motivi di ricorso è, quindi, fondato.
Merita accoglimento anche il secondo motivo di gravame.
Va premesso, in fatto, che l’inchiesta formale si era conclusa con la proposta di sanzione disciplinare di stato della sospensione dal servizio del ricorrente per mesi due.
Sennonché, il Comandante delle Forze Operative Terrestri dell’Esercito, esaminate le risultanze dell’inchiesta, non concordando con l’inquirente, aveva disposto il deferimento del militare al giudizio di una commissione di disciplina perché questa si pronunciasse sulla meritevolezza del militare conservare il grado.
Il Collegio disciplinare, all’esito della complessa valutazione dei fatti, dopo avere verificato l’esistenza dell’illecito disciplinare ed accertata la responsabilità del militare incolpato, ha espresso un giudizio globale tenuto conto dell’insieme dei fatti relativi alla mancanza contestata, della incidenza che questa aveva avuto sulla disciplina del militare, della lesione arrecata all’elevato livello di onorabilità che deve essere posseduto dagli appartenenti alle Forze Armate, nonché della personalità dell’incolpato.
Il giudizio è stato: “meritevole di conservare il grado”.
Sennonché, il direttore generale discostandosi in malam partem dal giudizio del collegio di disciplina, ha decretato la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinare cui è conseguita, inevitabilmente, la cessazione dal servizio.
Il dirigente ha agito, ratione temporis, in forza dell’art. 75 della legge n. 599/1954 secondo cui “il Ministro (oggi il dirigente responsabile: n.d.r.) può discostarsi dal giudizio della Commissione di disciplina a favore del sottufficiale e, soltanto in casi di particolare gravità, anche a sfavore”.
Sennonché, la Corte Costituzionale, con sentenza 25 febbraio 2009, n. 62 (in Gazz. Uff., 11 marzo, n. 10), ha pronunciato l’incostituzionalità dell’art. 75 cit., e della clausola di reformatio in malam partem ivi prevista, limitatamente alle parole ”e, soltanto in casi di particolare gravita', anche a sfavore”.
Il giudice delle leggi ha osservato che “la commissione, nel pronunciarsi sul mantenimento o sulla perdita del grado, non limita la sua valutazione a verificare l’esistenza dell’illecito disciplinare e la responsabilità del militare incolpato, ma esprime un giudizio globale. Vale a dire che una volta accertata la responsabilità disciplinare, la quale costituisce, generalmente, il primo passaggio che il suddetto organo deve compiere, quest’ultimo deve valutare tutto l’insieme dei fatti relativi alla mancanza contestata … ivi compresi quei casi di particolare gravità che, secondo la censurata disposizione, facoltizzerebbero il ribaltamento della decisione”.
La Consulta ha precisato, nella circostanza, che il giudizio della commissione di disciplina costituisce “la fase conclusiva di un procedimento che, pur avendo natura amministrativa, deve essere rispettato dall’amministrazione militare di appartenenza dell’incolpato (fatta salva la possibilità, riconosciuta in virtù di un principio generale che attualmente impronta i processi disciplinari, della irrogazione, per motivi umanitari, di una sanzione più lieve) sia per non vanificare l’attività defensionale ivi dispiegata dall’incolpato, sia per non rendere inutile lo svolgimento della fase procedurale davanti alla commissione di disciplina con violazione del canone del buon andamento …”
Il ricorrente, è bene precisarlo, si era onerato di censurare espressamente il divisato decreto per invalidità derivata dalla illegittimità costituzionale dell’art. 75 della legge n. 599 del 1954. La censura consente all’interessato di attualizzare il proprio interesse alla rilevanza della pronuncia di incostituzionalità della norma la cui violazione è stata espressamente dedotta in ricorso.
Sotto il profilo intertemporale, la pronuncia della Corte trova senz’altro applicazione al caso in esame trattandosi di controversia ancora sub iudice alla data del giorno seguente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza n. 62/2009.
Essa, pertanto, è idonea ad incidere sul rapporto controverso i cui effetti non sono ancora esauriti.
L’art. 75 della legge n. 599/1954 costituisce, dunque, nel testo emendato della pronuncia della Corte Costituzionale, la fonte paradigmatica di riferimento per la soluzione della controversia de qua.
Alla luce del novellato testo normativo, s’appalesa illegittimo il decreto impugnato, per violazione dell’art. 75 della legge n. 599/1954, non essendo in facoltà del direttore generale potersi discostare dal giudizio vincolante del collegio di disciplina espresso in data 26 febbraio 2008.
Per opportuna completezza, va osservato che l’art. 1389 del Codice dell’Ordinamento militare (approvato con D.Lvo n. 66/2010) ha previsto che il Ministro della Difesa, ove – discostandosi dal giudizio della commissione di disciplina favorevole al mantenimento in servizio del militare – intenda “per gravi ragioni di opportunità” che “deve essere inflitta la sanzione della perdita del grado per rimozione ovvero la cessazione della ferma o della rafferma” ordina, per una sola volta, “la convocazione di una diversa commissione di disciplina, ai sensi dell’art. 1387”.
La disposizione in commento non si applica ratione temporis al caso in esame.
Il Collegio osserva, tuttavia ed incidentalmente, che la scelta del Codice di rimessione della decisione definitiva a una diversa commissione di disciplina ove non sia condiviso il verdetto assolutorio dell’originario commissione finisce probabilmente per eludere la decisione della Corte Costituzionale, ridondando, in pratica, nel consentire il formarsi delle condizioni e dei presupposti per decisioni irragionevoli e arbitrarie che il Giudice delle leggi aveva inteso eliminare con la citata sentenza n. 62/2009.
In conclusione, il ricorso in esame è fondato.
Il particolare quadro storico normativo nell’ambito del quale è maturata la controversia è giusta causa per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/02/2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Per notizia.
Il Tar F.V.G. sede di Trieste ha precisato:
1)- Il ricorrente impugna la sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego per 12 mesi, comminata in esito ad un procedimento aperto a seguito della condanna patteggiata (alla pena di mesi due e giorni 20 di reclusione, convertiti in sanzione pecuniaria di € 3.40,00) da parte del Tribunale Militare di Verona, per il reato di diserzione aggravata, per essersi l’istante - nel luglio 2008 - ingiustificatamente assentato dal servizio per 5 giorni.
2)- Il ricorso è fondato. Non, ad avviso del Collegio, per la tardività della comunicazione della sanzione, ma per l’irragionevolezza della stessa.
3)- L’art. 1392, comma 3, del D.Lg. 66/10 stabilisce che “il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili”. Nel caso di specie, il procedimento disciplinare si è bensì concluso (con la formalizzazione del provvedimento finale) entro i 270 giorni, ma la sanzione è stata notificata al ricorrente dopo il decorso di tale termine.
4)- La stessa Amministrazione ha infatti riconosciuto che - in fatto - non vi è stata alcuna assenza ingiustificata, dal momento che risulta documentalmente provato che l’interessato aveva, a suo tempo, inviato regolare certificato medico attestante lo stato di malattia che gli impediva di rientrare al Reparto alla fine della licenza (documento di cui la P.A. conferma l’esistenza - infatti è anche stato dimesso agli atti - e non contesta la veridicità), con la conseguenza che l’azione penale risulta - sia pure a posteriori e nonostante la condanna (patteggiata) inflitta - del tutto priva di presupposti e destituita di fondamento. E, infatti, la giustificazione della sanzione non si riferisce al fatto materiale contestato (come detto, insussistente), bensì alla circostanza che il ricorrente “all’epoca dei fatti, non si sia difeso come avrebbe potuto e dovuto, evitando di essere processato per diserzione aggravata”.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00019/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00491/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 491 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, piazza Unita' D'Italia 7;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. DM …./III/-7/2011 dd. 26.8.2011, con il quale il Ministero della Difesa ha decretato la sospensione disciplinare dall'impiego per dodici mesi del ricorrente;
- del decreto n. DGPM/…./6/36/EI/2011 dell'11.32011 col quale è stata annullata la sua promozione al grado superiore;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. -Il ricorrente impugna la sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego per 12 mesi, comminata in esito ad un procedimento aperto a seguito della condanna patteggiata (alla pena di mesi due e giorni 20 di reclusione, convertiti in sanzione pecuniaria di € 3.40,00) da parte del Tribunale Militare di Verona, per il reato di diserzione aggravata, per essersi l’istante - nel luglio 2008 - ingiustificatamente assentato dal servizio per 5 giorni.
1.1. - Contro l’atto propone le seguenti doglianze:
1) violazione di legge per tardività nella comunicazione della sanzione;
2) irragionevolezza.
2. - L’Amministrazione, costituita, chiede la reiezione del ricorso.
3. - Il ricorso è fondato. Non, ad avviso del Collegio, per la tardività della comunicazione della sanzione, ma per l’irragionevolezza della stessa.
3.1. - L’art. 1392, comma 3, del D.Lg. 66/10 stabilisce che “il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili”. Nel caso di specie, il procedimento disciplinare si è bensì concluso (con la formalizzazione del provvedimento finale) entro i 270 giorni, ma la sanzione è stata notificata al ricorrente dopo il decorso di tale termine.
Quanto al problema se lo spatium per la conclusione del procedimento disciplinare debba intendersi (o no) comprensivo della notificazione dell’atto conclusivo, ancorchè si tratti pacificamente di atto recettizio, la giurisprudenza non è concorde. Infatti a pronunce che ritengono insanabilmente illegittimo l’atto sanzionatorio notificato oltre i termini previsti dalla legge (si vedano: TAR Lazio n. 3836/11 e TAR Puglia – Bari n. 3836/07), si oppongono un ben maggior numero di decisioni che affermano il contrario, alla stregua della (condivisibile) considerazione dell’irrilevanza della natura recettizia dell’atto stesso (per tutti: C.S. n. 3078/08), poichè “la comunicazione del provvedimento disciplinare costituisce atto integrativo dell'efficacia, e quindi non rileva al fine della verifica del rispetto dei termini di massima durata del relativo procedimento”. Anche nel caso di specie, il procedimento sanzionatorio deve ritenersi tempestivamente concluso alla data di adozione del provvedimento finale, irrilevante essendo, quindi. la sua successiva notificazione.
Il primo motivo di ricorso va quindi respinto.
3.2. - E’ invece fondato il secondo motivo, con cui si eccepisce l’irragionevolezza della sanzione.
La stessa Amministrazione ha infatti riconosciuto che - in fatto - non vi è stata alcuna assenza ingiustificata, dal momento che risulta documentalmente provato che l’interessato aveva, a suo tempo, inviato regolare certificato medico attestante lo stato di malattia che gli impediva di rientrare al Reparto alla fine della licenza (documento di cui la P.A. conferma l’esistenza - infatti è anche stato dimesso agli atti - e non contesta la veridicità), con la conseguenza che l’azione penale risulta - sia pure a posteriori e nonostante la condanna (patteggiata) inflitta - del tutto priva di presupposti e destituita di fondamento. E, infatti, la giustificazione della sanzione non si riferisce al fatto materiale contestato (come detto, insussistente), bensì alla circostanza che il ricorrente “all’epoca dei fatti, non si sia difeso come avrebbe potuto e dovuto, evitando di essere processato per diserzione aggravata”.
Orbene, anche ammesso che tale comportamento dell’istante abbia “evidenziato responsabilità, sotto il profilo disciplinare, che ledono il prestigio dell’Istituzione, della categoria di appartenenza e della dignità del grado rivestito”, appare irragionevole che, in sede disciplinare, non si sia tenuto conto (quanto meno ai fini dell’entità della sanzione) della provata insussistenza del fatto materiale e (piuttosto) della responsabilità di chi ha - con grave leggerezza - deferito il ricorrente in sede penale nonostante l’evidente inesistenza di adeguati presupposti (dimostrata dal fatto che una semplice compulsazione dei documenti in possesso dell’Amministrazione ha consentito all’Ufficiale inquirente di accertare la presenza delle certificazioni mediche, regolarmente dimesse e ricevute dal Reparto stesso).
In definitiva, per le ragioni esposte, il ricorso va accolto con conseguente annullamento della sanzione disciplinare impugnata.
Le spese e competenze di causa possono essere compensate. Nulla per il contributo unificato, trattandosi di causa esente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Rita De Piero, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2012
Il Tar F.V.G. sede di Trieste ha precisato:
1)- Il ricorrente impugna la sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego per 12 mesi, comminata in esito ad un procedimento aperto a seguito della condanna patteggiata (alla pena di mesi due e giorni 20 di reclusione, convertiti in sanzione pecuniaria di € 3.40,00) da parte del Tribunale Militare di Verona, per il reato di diserzione aggravata, per essersi l’istante - nel luglio 2008 - ingiustificatamente assentato dal servizio per 5 giorni.
2)- Il ricorso è fondato. Non, ad avviso del Collegio, per la tardività della comunicazione della sanzione, ma per l’irragionevolezza della stessa.
3)- L’art. 1392, comma 3, del D.Lg. 66/10 stabilisce che “il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili”. Nel caso di specie, il procedimento disciplinare si è bensì concluso (con la formalizzazione del provvedimento finale) entro i 270 giorni, ma la sanzione è stata notificata al ricorrente dopo il decorso di tale termine.
4)- La stessa Amministrazione ha infatti riconosciuto che - in fatto - non vi è stata alcuna assenza ingiustificata, dal momento che risulta documentalmente provato che l’interessato aveva, a suo tempo, inviato regolare certificato medico attestante lo stato di malattia che gli impediva di rientrare al Reparto alla fine della licenza (documento di cui la P.A. conferma l’esistenza - infatti è anche stato dimesso agli atti - e non contesta la veridicità), con la conseguenza che l’azione penale risulta - sia pure a posteriori e nonostante la condanna (patteggiata) inflitta - del tutto priva di presupposti e destituita di fondamento. E, infatti, la giustificazione della sanzione non si riferisce al fatto materiale contestato (come detto, insussistente), bensì alla circostanza che il ricorrente “all’epoca dei fatti, non si sia difeso come avrebbe potuto e dovuto, evitando di essere processato per diserzione aggravata”.
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N. 00019/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00491/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 491 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale T.A.R. in Trieste, piazza Unita' D'Italia 7;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. DM …./III/-7/2011 dd. 26.8.2011, con il quale il Ministero della Difesa ha decretato la sospensione disciplinare dall'impiego per dodici mesi del ricorrente;
- del decreto n. DGPM/…./6/36/EI/2011 dell'11.32011 col quale è stata annullata la sua promozione al grado superiore;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. -Il ricorrente impugna la sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego per 12 mesi, comminata in esito ad un procedimento aperto a seguito della condanna patteggiata (alla pena di mesi due e giorni 20 di reclusione, convertiti in sanzione pecuniaria di € 3.40,00) da parte del Tribunale Militare di Verona, per il reato di diserzione aggravata, per essersi l’istante - nel luglio 2008 - ingiustificatamente assentato dal servizio per 5 giorni.
1.1. - Contro l’atto propone le seguenti doglianze:
1) violazione di legge per tardività nella comunicazione della sanzione;
2) irragionevolezza.
2. - L’Amministrazione, costituita, chiede la reiezione del ricorso.
3. - Il ricorso è fondato. Non, ad avviso del Collegio, per la tardività della comunicazione della sanzione, ma per l’irragionevolezza della stessa.
3.1. - L’art. 1392, comma 3, del D.Lg. 66/10 stabilisce che “il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili”. Nel caso di specie, il procedimento disciplinare si è bensì concluso (con la formalizzazione del provvedimento finale) entro i 270 giorni, ma la sanzione è stata notificata al ricorrente dopo il decorso di tale termine.
Quanto al problema se lo spatium per la conclusione del procedimento disciplinare debba intendersi (o no) comprensivo della notificazione dell’atto conclusivo, ancorchè si tratti pacificamente di atto recettizio, la giurisprudenza non è concorde. Infatti a pronunce che ritengono insanabilmente illegittimo l’atto sanzionatorio notificato oltre i termini previsti dalla legge (si vedano: TAR Lazio n. 3836/11 e TAR Puglia – Bari n. 3836/07), si oppongono un ben maggior numero di decisioni che affermano il contrario, alla stregua della (condivisibile) considerazione dell’irrilevanza della natura recettizia dell’atto stesso (per tutti: C.S. n. 3078/08), poichè “la comunicazione del provvedimento disciplinare costituisce atto integrativo dell'efficacia, e quindi non rileva al fine della verifica del rispetto dei termini di massima durata del relativo procedimento”. Anche nel caso di specie, il procedimento sanzionatorio deve ritenersi tempestivamente concluso alla data di adozione del provvedimento finale, irrilevante essendo, quindi. la sua successiva notificazione.
Il primo motivo di ricorso va quindi respinto.
3.2. - E’ invece fondato il secondo motivo, con cui si eccepisce l’irragionevolezza della sanzione.
La stessa Amministrazione ha infatti riconosciuto che - in fatto - non vi è stata alcuna assenza ingiustificata, dal momento che risulta documentalmente provato che l’interessato aveva, a suo tempo, inviato regolare certificato medico attestante lo stato di malattia che gli impediva di rientrare al Reparto alla fine della licenza (documento di cui la P.A. conferma l’esistenza - infatti è anche stato dimesso agli atti - e non contesta la veridicità), con la conseguenza che l’azione penale risulta - sia pure a posteriori e nonostante la condanna (patteggiata) inflitta - del tutto priva di presupposti e destituita di fondamento. E, infatti, la giustificazione della sanzione non si riferisce al fatto materiale contestato (come detto, insussistente), bensì alla circostanza che il ricorrente “all’epoca dei fatti, non si sia difeso come avrebbe potuto e dovuto, evitando di essere processato per diserzione aggravata”.
Orbene, anche ammesso che tale comportamento dell’istante abbia “evidenziato responsabilità, sotto il profilo disciplinare, che ledono il prestigio dell’Istituzione, della categoria di appartenenza e della dignità del grado rivestito”, appare irragionevole che, in sede disciplinare, non si sia tenuto conto (quanto meno ai fini dell’entità della sanzione) della provata insussistenza del fatto materiale e (piuttosto) della responsabilità di chi ha - con grave leggerezza - deferito il ricorrente in sede penale nonostante l’evidente inesistenza di adeguati presupposti (dimostrata dal fatto che una semplice compulsazione dei documenti in possesso dell’Amministrazione ha consentito all’Ufficiale inquirente di accertare la presenza delle certificazioni mediche, regolarmente dimesse e ricevute dal Reparto stesso).
In definitiva, per le ragioni esposte, il ricorso va accolto con conseguente annullamento della sanzione disciplinare impugnata.
Le spese e competenze di causa possono essere compensate. Nulla per il contributo unificato, trattandosi di causa esente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Corasaniti, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Rita De Piero, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Perdita del grado per rimozione è posto a disposizione del centro documentale, come semplice soldato.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
OMISSIS
FATTO e DIRITTO
1 – Il ricorso qui posto all’attenzione del Collegio è volto all’annullamento di un provvedimento disciplinare con il quale il ricorrente – appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, a seguito di procedimento disciplinare dopo l’emanazione di una sentenza penale di secondo grado con confermativa ascrizione del reato di OMISSIS ed una successiva sentenza della Cassazione che declinava la intervenuta prescrizione di tale reato, - è stato degradato a soldato semplice.
1.1 – Con lo stesso ricorso si chiede altresì la corresponsione della retribuzione in relazione all’entità non corrisposte nel corso della sospensione cautelare dal servizio e che ebbe durata quinquennale.
1.2 – L’istante, dopo aver puntualmente illustrato lo svolgimento della vicenda penale che lo ha coinvolto, assume l’insistenza delle seguenti censure:
a – violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 78 L. 113/1954; eccesso di potere sotto vari profili. In buona sostanza si sostiene che la competente Commissione di disciplina non avrebbe condotto, in modo autonomo, le proprie ponderazioni intorno alla vicenda penale come altrimenti dipanata nei giudizi di merito inerenti, essendosi la stessa limitata ad una presa d’atto delle risultanze in tale ultima sede definite;
b – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 1 del D.P.R. n. 34/1999; incompetenza del Comando interregionale; in sintesi si denuncia l’incompetenza relativa a disporre, con provvedimento finale e nel senso qui criticato, da parte del Comandante interregionale;
c - violazione di legge ed eccesso di potere sotto il profilo della sproporzionalità tra i fatti ascritti e la sanzione irrogata; si sostiene, relazionandosi a circostanze di vario tipo asseritamene utili, la sproporzionalità dell’intervenuta degradazione a soldato semplice.
2 – L’Avvocatura erariale – all’uopo costituitasi in giudizio – ha partitamente controdedotto, anche per il tramite l’allegazione di puntuali note dell’Amministrazione resistente, concludendo per la infondatezza dei motivi addotti e per l’impraticabilità della ulteriore domanda di rifusione di emolumenti stipendiali (ut supra 1.1).
3 – All’Udienza Pubblica del 22.2.2012, dopo breve discussione, la causa è stata spedita in decisione.
4 – Il Collegio non condivide le tesi del ricorrente.
4.1 – Quanto alla denunciata incompetenza relativa basta por mente a quanto altrimenti dedotto ed allegato dall’Amministrazione con la nota depositata il 6.4.2011. Infatti, verificata la congruenza e la effettività dell’impianto normativo richiamato in essa, può affermarsi che detto Comando interregionale è chiamato a provvedere, in relazione allo specifico caso, per puntuale delega.
4.2 – Quanto alla prima censura - che, nella sostanza, tende a richiedere una rivisitazione da parte della Commissione di disciplina della ricostruzione dei fatti e delle circostanze operata dai giudici penali - basta por altrimenti mente a diametralmente opposta e consolidata giurisprudenza in base alla quale il compito della detta Commissione risulta solo caratterizzato dalla necessità di considerare la vicenda nel suo insieme al solo fine poter ricondurre, in modo razionale e logico, il fatto storico negativo ascritto ad un’ipotesi sanzionatoria congruente. Aspetto questo che, nel caso, pare essere stato altrimenti razionalmente posto in essere senza che risultino evidenti illogicità.
4.3 – Quanto all’ultima censura, che è quella con la quale viene assunta una condizione di sproporzionalità tra il fatto negativo definitivamente ascritto sotto il profilo storico e l’entità della sanzione disciplinare comminata, ritiene il Collegio che, anche nel caso, non sussista o comunque non sia rilevabile all’evidenza la detta denunciata sproporzionalità.
5 – Quanto alla domanda di restituzione di emolumenti stipendiali sottratti durante il periodo di sospensione dal servizio, è altrimenti evidente, tutto tralasciando in rito, che questa stessa è priva di utili presupposti, sia per la permanente insistenza del fatto storico di cui sopra, sia per il fatto che, pur anche in relazione al tempo in cui la stessa sospensione era stata adottata, non si vede che cosa di diverso avrebbe potuto disporre l’Amministrazione anche per tutelare sé stessa ed il suo “buon nome”: così tralasciando anche il fatto che il ricorrente non prova di non aver svolto, durante il detto periodo, altra attività remunerativa.
Del resto una siffatta domanda restitutoria viene soddisfatta, di norma, solo allorquando si perviene, in sede penale, ad un giudizio che, al di là delle formule, definisca la piena assoluzione del presunto reo.
6 – Le spese di lite possono compensarsi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in uno con la domanda di restituzione di emolumenti stipendiali.
Spese di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario
Carmine Russo, Primo Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2012
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
OMISSIS
FATTO e DIRITTO
1 – Il ricorso qui posto all’attenzione del Collegio è volto all’annullamento di un provvedimento disciplinare con il quale il ricorrente – appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, a seguito di procedimento disciplinare dopo l’emanazione di una sentenza penale di secondo grado con confermativa ascrizione del reato di OMISSIS ed una successiva sentenza della Cassazione che declinava la intervenuta prescrizione di tale reato, - è stato degradato a soldato semplice.
1.1 – Con lo stesso ricorso si chiede altresì la corresponsione della retribuzione in relazione all’entità non corrisposte nel corso della sospensione cautelare dal servizio e che ebbe durata quinquennale.
1.2 – L’istante, dopo aver puntualmente illustrato lo svolgimento della vicenda penale che lo ha coinvolto, assume l’insistenza delle seguenti censure:
a – violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 78 L. 113/1954; eccesso di potere sotto vari profili. In buona sostanza si sostiene che la competente Commissione di disciplina non avrebbe condotto, in modo autonomo, le proprie ponderazioni intorno alla vicenda penale come altrimenti dipanata nei giudizi di merito inerenti, essendosi la stessa limitata ad una presa d’atto delle risultanze in tale ultima sede definite;
b – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 1 del D.P.R. n. 34/1999; incompetenza del Comando interregionale; in sintesi si denuncia l’incompetenza relativa a disporre, con provvedimento finale e nel senso qui criticato, da parte del Comandante interregionale;
c - violazione di legge ed eccesso di potere sotto il profilo della sproporzionalità tra i fatti ascritti e la sanzione irrogata; si sostiene, relazionandosi a circostanze di vario tipo asseritamene utili, la sproporzionalità dell’intervenuta degradazione a soldato semplice.
2 – L’Avvocatura erariale – all’uopo costituitasi in giudizio – ha partitamente controdedotto, anche per il tramite l’allegazione di puntuali note dell’Amministrazione resistente, concludendo per la infondatezza dei motivi addotti e per l’impraticabilità della ulteriore domanda di rifusione di emolumenti stipendiali (ut supra 1.1).
3 – All’Udienza Pubblica del 22.2.2012, dopo breve discussione, la causa è stata spedita in decisione.
4 – Il Collegio non condivide le tesi del ricorrente.
4.1 – Quanto alla denunciata incompetenza relativa basta por mente a quanto altrimenti dedotto ed allegato dall’Amministrazione con la nota depositata il 6.4.2011. Infatti, verificata la congruenza e la effettività dell’impianto normativo richiamato in essa, può affermarsi che detto Comando interregionale è chiamato a provvedere, in relazione allo specifico caso, per puntuale delega.
4.2 – Quanto alla prima censura - che, nella sostanza, tende a richiedere una rivisitazione da parte della Commissione di disciplina della ricostruzione dei fatti e delle circostanze operata dai giudici penali - basta por altrimenti mente a diametralmente opposta e consolidata giurisprudenza in base alla quale il compito della detta Commissione risulta solo caratterizzato dalla necessità di considerare la vicenda nel suo insieme al solo fine poter ricondurre, in modo razionale e logico, il fatto storico negativo ascritto ad un’ipotesi sanzionatoria congruente. Aspetto questo che, nel caso, pare essere stato altrimenti razionalmente posto in essere senza che risultino evidenti illogicità.
4.3 – Quanto all’ultima censura, che è quella con la quale viene assunta una condizione di sproporzionalità tra il fatto negativo definitivamente ascritto sotto il profilo storico e l’entità della sanzione disciplinare comminata, ritiene il Collegio che, anche nel caso, non sussista o comunque non sia rilevabile all’evidenza la detta denunciata sproporzionalità.
5 – Quanto alla domanda di restituzione di emolumenti stipendiali sottratti durante il periodo di sospensione dal servizio, è altrimenti evidente, tutto tralasciando in rito, che questa stessa è priva di utili presupposti, sia per la permanente insistenza del fatto storico di cui sopra, sia per il fatto che, pur anche in relazione al tempo in cui la stessa sospensione era stata adottata, non si vede che cosa di diverso avrebbe potuto disporre l’Amministrazione anche per tutelare sé stessa ed il suo “buon nome”: così tralasciando anche il fatto che il ricorrente non prova di non aver svolto, durante il detto periodo, altra attività remunerativa.
Del resto una siffatta domanda restitutoria viene soddisfatta, di norma, solo allorquando si perviene, in sede penale, ad un giudizio che, al di là delle formule, definisca la piena assoluzione del presunto reo.
6 – Le spese di lite possono compensarsi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in uno con la domanda di restituzione di emolumenti stipendiali.
Spese di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Primo Referendario
Carmine Russo, Primo Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Esemplare sentenza del Tar Lazio su "Sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione" che ha accolto il ricorso.
E' stato precisato che:
1)- Preliminarmente la Sezione deve ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione per discostarsi, nel sistema delineato dalla legge 31 luglio 1954 n. 599 (in particolare nell’art. 74) deve confermarsi come il voto espresso dai componenti della commissione di disciplina deve risultare SEGRETO, di modo che non possa evincersi dagli atti della procedura (e quindi soprattutto dal verbale che raccoglie le operazioni svolte dalla commissione) se la decisione sia stata assunta all’unanimità ovvero vi sia stato qualche componente che abbia espresso voto contrario, di talché non può condividersi l’assunto difensivo dell’Amministrazione volto a sostenere che, nel caso di specie, non vi sarebbe stata la violazione del principio della segretezza del voto in sede di giudizio sulla meritevolezza dell'incolpato a conservare il grado, atteso che la disposizione contenuta nel decimo comma dell'articolo 74 della n. 599 del 1994 avrebbe solo una efficacia esterna e concernerebbe solo l'obbligo dei componenti della commissione di mantenere il segreto sul contenuto del voto espresso. (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 23 settembre 2008 n. 4630).
2)- Pertanto la disposizione della legge del 1954 va interpretata come volta ad imporre lo scrutinio segreto nei procedimenti disciplinari riguardanti i militari (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2006 n. 339, 20 dicembre 2005 n. 7276, 31 marzo 2003 n. 1669 e 27 ottobre 1998 n. 1397).
Per completezza leggete l'intera sentenza.
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N. 02276/2012 REG.PROV.COLL.
N. 12155/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12155 del 2002, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, Via Giuseppe Ferrari n. 4;
contro
il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE-COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, nella cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, domicilia per legge;
per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia
- della determinazione n. OMISSIS del 5 luglio 2002, con la quale il Comando generale della Guardia di finanza ha inflitto al ricorrente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione;
- di tutti gli atti del procedimento disciplinare;
- OMISSIS;
Vista l’ordinanza istruttoria n. 858 del 2002 e il deposito degli atti in adempimento effettuato dall’Amministrazione intimata;
Vista l’ordinanza cautelare n. 379 del 23 gennaio 2003 con la quale questo Tribunale ha accolto la relativa istanza proposta dal ricorrente nonché l’ordinanza 21 maggio 2003 n. 2026, con la quale la Quarta sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello spiegato dall’Amministrazione;
OMISSIS;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2011 il dott. Stefano Toschei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso meglio indicato in epigrafe il Signor OMISSIS, all’epoca dei fatti militare del Corpo della Guardia di finanza con il grado di finanziere scelto, ha impugnato il provvedimento con il quale il Comando generale del predetto corpo ha disposto nei suoi confronti la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.
Era avvenuto che l’odierno ricorrente mentre era in licenza ordinaria, in data 23 maggio 2001, fosse stato sottoposto ad un controllo e ad una successiva perquisizione ……… da parte di militari dell’Arma dei carabinieri alla ricerca di ……..
Lo stesso finanziere avvisava del fatto il Comandante del reparto di OMISSIS presso il quale prestava servizio che, successivamente, lo invitava a recarsi presso il Servizio sanitario di OMISSIS che, all’esito di una visita, lo giudicava temporaneamente non idoneo al servizio militare per il “OMISSIS”.
Ritenuto che i fatti, come sopra sommariamente descritti, rilevavano in ambito disciplinare, il Comandante regionale Calabria disponeva un’inchiesta formale a carico del OMISSIS, all’esito della quale il finanziere veniva deferito e sottoposto a procedimento disciplinare che si concludeva con l’inflizione della sanzione della perdita del grado per rimozione.
Il OMISSIS, con il ricorso proposto, lamenta plurime illegittimità poste in essere nel corso del procedimento disciplinare, che poi si sono concretizzate in specifici vizi dell’atto qui gravato e del quale si chiede l’annullamento in sede giudiziale.
2. - Si è costituita l’Amministrazione intimata contestando le avverse prospettazioni e chiedendo la reiezione del gravame.
Il Tribunale, nel corso del giudizio, disponeva con l’ordinanza istruttoria n. 858 del 2002 il deposito di tutti i documenti inerenti il procedimento disciplinare la cui legittimità è qui oggetto di contestazione, di talché l’Amministrazione intimata produceva i documenti richiesti
All’esito della verifica del contenuto dei nuovi atti depositati il Tribunale accoglieva, con ordinanza cautelare n. 379 del 23 gennaio 2003, l’istanza proposta dal ricorrente, avendo in particolare stimato fondata la seconda delle censure dedotte con l’atto introduttivo.
Spiegato appello da parte dell’Amministrazione nei confronti della predetta decisione cautelare, la Quarta sezione del Consiglio di Stato lo respingeva con ordinanza 21 maggio 2003 n. 2026, ribadendo nella motivazione di condividere l’assunto che aveva condotto il giudice di prime cure ad accogliere l’istanza cautelare proposta dal OMISSIS.
Le parti hanno poi presentato memorie conclusive confermando le già rassegnate conclusioni.
Alla Camera di consiglio del 13 luglio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
3. – Ad avviso del Collegio la lettura della documentazione prodotta dalle parti permette di confermare l’esito della fase cautelare del presente giudizio.
Va detto, in particolare, che il OMISSIS contesta, con il secondo motivo di gravame, la violazione dell’art. 74, comma 10, della legge n. 599 del 1954 e del paragrafo 4.1. della Circolare n. 1 del 1993 del Comando generale della Guardia di finanza, vigente all’epoca dei fatti, che impongono una particolare segretezza rispetto all’espressione dell’avviso di ciascuno dei componenti della commissione chiamata a giudicare l’incolpato, tanto da disporsi che “la votazione è segreta e non sono previsti strumenti per far risultare l’eventuale dissenso di uno dei membri del collegio. In particolare, nella compilazione del verbale, non deve essere riportata la locuzione “all’unanimità” (ovvero a maggioranza dei voti), nella parte relativa all’esito della votazione” (così il citato punto della Circolare).
4. – Preliminarmente la Sezione deve ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione per discostarsi, nel sistema delineato dalla legge 31 luglio 1954 n. 599 (in particolare nell’art. 74) e poi confermato nella circolare n. 1 del 1993, più sopra richiamata, deve confermarsi come il voto espresso dai componenti della commissione di disciplina deve risultare segreto, di modo che non possa evincersi dagli atti della procedura (e quindi soprattutto dal verbale che raccoglie le operazioni svolte dalla commissione) se la decisione sia stata assunta all’unanimità ovvero vi sia stato qualche componente che abbia espresso voto contrario, di talché non può condividersi l’assunto difensivo dell’Amministrazione volto a sostenere che, nel caso di specie, non vi sarebbe stata la violazione del principio della segretezza del voto in sede di giudizio sulla meritevolezza dell'incolpato a conservare il grado, atteso che la disposizione contenuta nel decimo comma dell'articolo 74 della n. 599 del 1994 avrebbe solo una efficacia esterna (cfr. pagg. 5 e 6 della memoria conclusiva della difesa erariale) e concernerebbe solo l'obbligo dei componenti della commissione di mantenere il segreto sul contenuto del voto espresso.
Ed infatti sul punto si è detto (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 23 settembre 2008 n. 4630) convincentemente che:
a) sebbene per quanto riguarda le analoghe prescrizioni contenute nello Statuto degli impiegati civili, fin da tempo risalente la giurisprudenza ritiene trattarsi di un'esigenza di segretezza "esterna", da reputarsi salvaguardata purché dei voti dei singoli membri non sia fatta menzione nel verbale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2002 n. 5711), tuttavia le disposizioni contenute nell'art. 112 del T.U. n. 3 del 1957 esibiscono - rispetto a quelle relative ai militari - notevoli differenze;
b) la regola per i collegi disciplinari degli impiegati civili risulta piuttosto mutuata da quella del codice di rito civile il quale infatti prevede (art. 276 cod. proc. civ.) che "la decisione è deliberata in segreto", evidentemente prescrivendo la sola segretezza esterna: è pacifico infatti (cfr. ad es. art. 118 c. 4 disp. att. cod. proc. civ.) che in seno agli organi giurisdizionali il voto si esprime in forma palese, con la conseguenza, per un verso, che le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza con riferimento al T.U. impiegati civili non possono essere valorizzate per quanto riguarda i procedimenti disciplinari a carico dei militari e, per altro verso, che la circostanza che il legislatore del 1954 abbia invece espressamente imposto la segretezza della votazione (e non del deliberato) appare già di per sé particolarmente significativa. Pertanto la disposizione della legge del 1954 va interpretata come volta ad imporre lo scrutinio segreto nei procedimenti disciplinari riguardanti i militari (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2006 n. 339, 20 dicembre 2005 n. 7276, 31 marzo 2003 n. 1669 e 27 ottobre 1998 n. 1397);
5. – Nello specifico è accaduto che nel verbale della commissione di disciplina della riunione del 9 aprile 2002 (allegato dall’Amministrazione) possono leggersi testualmente le seguenti parole: “i membri della Commissione di disciplina che si sono espressi in maniera conforme al verdetto finale provvedono a redigere idonea motivazione (…)” (così a pag. 5 del verbale).
Appare quindi evidente l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione (e per essa i componenti della commissione di disciplina che hanno sottoscritto il verbale) che ha reso palese la circostanza secondo la quale i componenti della commissione si erano espressi con unanime e conforme avviso sull’esito del procedimento e quindi concordavano sull’inflizione della sanzione della perdita del grado.
Tale elemento è stato puntualmente colto nella fase cautelare del presente giudizio sia dal giudice di prime cure che da quello di appello, di talché non v’è ragione giuridica per discostarsene in esito allo scrutinio attinente al merito.
6. – In ragione delle suesposte osservazioni, stante la acclarata fondatezza della seconda tra le censure dedotte nel ricorso, quest’ultimo non può che essere accolto con annullamento dell’atto impugnato ed assorbimento degli altri motivi.
Le spese, ai sensi dell’art. 91 c.p.c. per come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo nella misura complessiva di € 2.000,00 (euro duemila/00).
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna il Ministero dell’economia e delle finanze-Comando generale della Guardia di finanza, in persona del Ministro pro tempore, a rifondere le spese di giudizio in favore del ricorrente Signor OMISSIS che liquida in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 13 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2012
E' stato precisato che:
1)- Preliminarmente la Sezione deve ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione per discostarsi, nel sistema delineato dalla legge 31 luglio 1954 n. 599 (in particolare nell’art. 74) deve confermarsi come il voto espresso dai componenti della commissione di disciplina deve risultare SEGRETO, di modo che non possa evincersi dagli atti della procedura (e quindi soprattutto dal verbale che raccoglie le operazioni svolte dalla commissione) se la decisione sia stata assunta all’unanimità ovvero vi sia stato qualche componente che abbia espresso voto contrario, di talché non può condividersi l’assunto difensivo dell’Amministrazione volto a sostenere che, nel caso di specie, non vi sarebbe stata la violazione del principio della segretezza del voto in sede di giudizio sulla meritevolezza dell'incolpato a conservare il grado, atteso che la disposizione contenuta nel decimo comma dell'articolo 74 della n. 599 del 1994 avrebbe solo una efficacia esterna e concernerebbe solo l'obbligo dei componenti della commissione di mantenere il segreto sul contenuto del voto espresso. (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 23 settembre 2008 n. 4630).
2)- Pertanto la disposizione della legge del 1954 va interpretata come volta ad imporre lo scrutinio segreto nei procedimenti disciplinari riguardanti i militari (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2006 n. 339, 20 dicembre 2005 n. 7276, 31 marzo 2003 n. 1669 e 27 ottobre 1998 n. 1397).
Per completezza leggete l'intera sentenza.
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N. 02276/2012 REG.PROV.COLL.
N. 12155/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12155 del 2002, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, Via Giuseppe Ferrari n. 4;
contro
il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE-COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, nella cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, domicilia per legge;
per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia
- della determinazione n. OMISSIS del 5 luglio 2002, con la quale il Comando generale della Guardia di finanza ha inflitto al ricorrente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione;
- di tutti gli atti del procedimento disciplinare;
- OMISSIS;
Vista l’ordinanza istruttoria n. 858 del 2002 e il deposito degli atti in adempimento effettuato dall’Amministrazione intimata;
Vista l’ordinanza cautelare n. 379 del 23 gennaio 2003 con la quale questo Tribunale ha accolto la relativa istanza proposta dal ricorrente nonché l’ordinanza 21 maggio 2003 n. 2026, con la quale la Quarta sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello spiegato dall’Amministrazione;
OMISSIS;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2011 il dott. Stefano Toschei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso meglio indicato in epigrafe il Signor OMISSIS, all’epoca dei fatti militare del Corpo della Guardia di finanza con il grado di finanziere scelto, ha impugnato il provvedimento con il quale il Comando generale del predetto corpo ha disposto nei suoi confronti la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.
Era avvenuto che l’odierno ricorrente mentre era in licenza ordinaria, in data 23 maggio 2001, fosse stato sottoposto ad un controllo e ad una successiva perquisizione ……… da parte di militari dell’Arma dei carabinieri alla ricerca di ……..
Lo stesso finanziere avvisava del fatto il Comandante del reparto di OMISSIS presso il quale prestava servizio che, successivamente, lo invitava a recarsi presso il Servizio sanitario di OMISSIS che, all’esito di una visita, lo giudicava temporaneamente non idoneo al servizio militare per il “OMISSIS”.
Ritenuto che i fatti, come sopra sommariamente descritti, rilevavano in ambito disciplinare, il Comandante regionale Calabria disponeva un’inchiesta formale a carico del OMISSIS, all’esito della quale il finanziere veniva deferito e sottoposto a procedimento disciplinare che si concludeva con l’inflizione della sanzione della perdita del grado per rimozione.
Il OMISSIS, con il ricorso proposto, lamenta plurime illegittimità poste in essere nel corso del procedimento disciplinare, che poi si sono concretizzate in specifici vizi dell’atto qui gravato e del quale si chiede l’annullamento in sede giudiziale.
2. - Si è costituita l’Amministrazione intimata contestando le avverse prospettazioni e chiedendo la reiezione del gravame.
Il Tribunale, nel corso del giudizio, disponeva con l’ordinanza istruttoria n. 858 del 2002 il deposito di tutti i documenti inerenti il procedimento disciplinare la cui legittimità è qui oggetto di contestazione, di talché l’Amministrazione intimata produceva i documenti richiesti
All’esito della verifica del contenuto dei nuovi atti depositati il Tribunale accoglieva, con ordinanza cautelare n. 379 del 23 gennaio 2003, l’istanza proposta dal ricorrente, avendo in particolare stimato fondata la seconda delle censure dedotte con l’atto introduttivo.
Spiegato appello da parte dell’Amministrazione nei confronti della predetta decisione cautelare, la Quarta sezione del Consiglio di Stato lo respingeva con ordinanza 21 maggio 2003 n. 2026, ribadendo nella motivazione di condividere l’assunto che aveva condotto il giudice di prime cure ad accogliere l’istanza cautelare proposta dal OMISSIS.
Le parti hanno poi presentato memorie conclusive confermando le già rassegnate conclusioni.
Alla Camera di consiglio del 13 luglio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
3. – Ad avviso del Collegio la lettura della documentazione prodotta dalle parti permette di confermare l’esito della fase cautelare del presente giudizio.
Va detto, in particolare, che il OMISSIS contesta, con il secondo motivo di gravame, la violazione dell’art. 74, comma 10, della legge n. 599 del 1954 e del paragrafo 4.1. della Circolare n. 1 del 1993 del Comando generale della Guardia di finanza, vigente all’epoca dei fatti, che impongono una particolare segretezza rispetto all’espressione dell’avviso di ciascuno dei componenti della commissione chiamata a giudicare l’incolpato, tanto da disporsi che “la votazione è segreta e non sono previsti strumenti per far risultare l’eventuale dissenso di uno dei membri del collegio. In particolare, nella compilazione del verbale, non deve essere riportata la locuzione “all’unanimità” (ovvero a maggioranza dei voti), nella parte relativa all’esito della votazione” (così il citato punto della Circolare).
4. – Preliminarmente la Sezione deve ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione per discostarsi, nel sistema delineato dalla legge 31 luglio 1954 n. 599 (in particolare nell’art. 74) e poi confermato nella circolare n. 1 del 1993, più sopra richiamata, deve confermarsi come il voto espresso dai componenti della commissione di disciplina deve risultare segreto, di modo che non possa evincersi dagli atti della procedura (e quindi soprattutto dal verbale che raccoglie le operazioni svolte dalla commissione) se la decisione sia stata assunta all’unanimità ovvero vi sia stato qualche componente che abbia espresso voto contrario, di talché non può condividersi l’assunto difensivo dell’Amministrazione volto a sostenere che, nel caso di specie, non vi sarebbe stata la violazione del principio della segretezza del voto in sede di giudizio sulla meritevolezza dell'incolpato a conservare il grado, atteso che la disposizione contenuta nel decimo comma dell'articolo 74 della n. 599 del 1994 avrebbe solo una efficacia esterna (cfr. pagg. 5 e 6 della memoria conclusiva della difesa erariale) e concernerebbe solo l'obbligo dei componenti della commissione di mantenere il segreto sul contenuto del voto espresso.
Ed infatti sul punto si è detto (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 23 settembre 2008 n. 4630) convincentemente che:
a) sebbene per quanto riguarda le analoghe prescrizioni contenute nello Statuto degli impiegati civili, fin da tempo risalente la giurisprudenza ritiene trattarsi di un'esigenza di segretezza "esterna", da reputarsi salvaguardata purché dei voti dei singoli membri non sia fatta menzione nel verbale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2002 n. 5711), tuttavia le disposizioni contenute nell'art. 112 del T.U. n. 3 del 1957 esibiscono - rispetto a quelle relative ai militari - notevoli differenze;
b) la regola per i collegi disciplinari degli impiegati civili risulta piuttosto mutuata da quella del codice di rito civile il quale infatti prevede (art. 276 cod. proc. civ.) che "la decisione è deliberata in segreto", evidentemente prescrivendo la sola segretezza esterna: è pacifico infatti (cfr. ad es. art. 118 c. 4 disp. att. cod. proc. civ.) che in seno agli organi giurisdizionali il voto si esprime in forma palese, con la conseguenza, per un verso, che le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza con riferimento al T.U. impiegati civili non possono essere valorizzate per quanto riguarda i procedimenti disciplinari a carico dei militari e, per altro verso, che la circostanza che il legislatore del 1954 abbia invece espressamente imposto la segretezza della votazione (e non del deliberato) appare già di per sé particolarmente significativa. Pertanto la disposizione della legge del 1954 va interpretata come volta ad imporre lo scrutinio segreto nei procedimenti disciplinari riguardanti i militari (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 31 gennaio 2006 n. 339, 20 dicembre 2005 n. 7276, 31 marzo 2003 n. 1669 e 27 ottobre 1998 n. 1397);
5. – Nello specifico è accaduto che nel verbale della commissione di disciplina della riunione del 9 aprile 2002 (allegato dall’Amministrazione) possono leggersi testualmente le seguenti parole: “i membri della Commissione di disciplina che si sono espressi in maniera conforme al verdetto finale provvedono a redigere idonea motivazione (…)” (così a pag. 5 del verbale).
Appare quindi evidente l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione (e per essa i componenti della commissione di disciplina che hanno sottoscritto il verbale) che ha reso palese la circostanza secondo la quale i componenti della commissione si erano espressi con unanime e conforme avviso sull’esito del procedimento e quindi concordavano sull’inflizione della sanzione della perdita del grado.
Tale elemento è stato puntualmente colto nella fase cautelare del presente giudizio sia dal giudice di prime cure che da quello di appello, di talché non v’è ragione giuridica per discostarsene in esito allo scrutinio attinente al merito.
6. – In ragione delle suesposte osservazioni, stante la acclarata fondatezza della seconda tra le censure dedotte nel ricorso, quest’ultimo non può che essere accolto con annullamento dell’atto impugnato ed assorbimento degli altri motivi.
Le spese, ai sensi dell’art. 91 c.p.c. per come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo nella misura complessiva di € 2.000,00 (euro duemila/00).
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna il Ministero dell’economia e delle finanze-Comando generale della Guardia di finanza, in persona del Ministro pro tempore, a rifondere le spese di giudizio in favore del ricorrente Signor OMISSIS che liquida in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 13 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Posto la Sentenza del TAR per l' Umbria che ha accolto il ricorso del collega e l'Ordinanza Cautelare relativa al ricorso proposto dal Ministero della Difesa contro tale sentenza il quale HA RESPINTO la domanda di sospensione della sentenza impugnata. Questi i motivi che hanno portato il CdS ha respingere il ricorso del M.D.:
1)- "considerato che nella fattispecie non sussistono profili che inducono alla previsione di un esito favorevole del ricorso in appello, avuto riguardo al fatto che, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, la motivazione resa dalla sentenza gravata, sulla violazione del termine defensionale, appare corretta".
Ora l'appello è stato fissato al 30 ottobre 2012.
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"Sospensione precauzionale dal servizio"
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GIUDIZIO DEL Tar:
1)- Il Collegio ritiene fondato il motivo con il quale si censura la violazione del termine a difesa.
2)- Orbene, risulta dagli atti che l’osteggiato provvedimento di sospensione sia stato emanato 20 giorni prima dello scadere di tale termine, per cui il diritto di difesa è stato effettivamente leso.
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N. 00368/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00569/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 569 del 2010, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Pierluigi Vecchiotti, con domicilio eletto presso l’avv. Daniela Franchi in Perugia, via XX Settembre, 76;
contro
Ministero della Difesa, Comando Generale Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Perugia, via degli Offici, 14;
per l'annullamento
della determinazione n. OMISSIS di prot. del 15.10.2010 a firma del Vice Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri con la quale veniva disposta la sospensione precauzionale dal servizio del ricorrente a decorrere dalla data della determinazione medesima, nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1- Viene impugnata la sospensione cautelare discrezionale dal servizio del ricorrente, Appuntato Scelto dell'Arma dei Carabinieri.
Si formulano censure di eccesso di potere e violazione di legge, con le quali, in estrema sintesi, si sostiene:
- gli atti impugnati sarebbero stati emessi da soggetti privi del requisito della terzietà giacché parti offese nel procedimento penale dal quale trae origine la sospensione;
- la sospensione sarebbe illegittima poiché l'eventuale condanna del ricorrente per i reati ascrittigli non provocherebbe la perdita del grado, presupposto necessario del provvedimento di sospensione;
- il difetto di motivazione e di istruttoria;
- la violazione dei termini procedimentali a difesa poiché il provvedimento sarebbe stato adottato 20 giorni prima dello scadere del termine di 140 giorni espressamente concesso, nell’avviso d’avvio del procedimento, per la presentazione di atti difensivi.
2- L'Amministrazione si è costituita controdeducendo.
3- Il Collegio ritiene fondato il motivo con il quale si censura la violazione del termine a difesa.
Invero, nell’avviso d’avvio del procedimento (punto 4, lettera b) si concedono espressamente al ricorrente 140 giorni dalla notifica dell'avviso stesso per "presentare memorie scritte e documenti".
Orbene, risulta dagli atti che l’osteggiato provvedimento di sospensione sia stato emanato 20 giorni prima dello scadere di tale termine, per cui il diritto di difesa è stato effettivamente leso.
4- Non possono infatti condividersi le argomentazioni dell’Amministrazione con le quali si sostiene che in realtà non sarebbe stato concesso un termine di 140 giorni, ma sarebbe stato soltanto richiamato l'art. 6, comma 2, D.M. n. 603/1993 (attuativo della L. n.241/1990).
Norma che prevede un termine a difesa "pari ai due terzi di quello stabilito per la durata del procedimento, sempre che questo non sia già stato concluso".
Donde il termine di 140 giorni, giacché pari ai due terzi di quello di 210 giorni previsto dallo stesso DM per l’emanazione della sospensione.
In questo caso, sembra sostenere l'Amministrazione, l'anticipata emanazione del provvedimento impugnato avrebbe ridotto il termine di 140 giorni in virtù del menzionato inciso "sempre che questo non sia già stato concluso".
5- Il precetto in rassegna (la cui legittimità non è qui all’esame non essendo impugnato) non è di facile lettura.
Può avere un significato ove lo si interpreti nel senso che esso consenta comunque un termine a difesa pari ai due terzi di quello entro il quale venga concluso il procedimento.
Nella specie il termine sarebbe stato quindi di 80 giorni e non di 140.
Invero, il provvedimento impugnato è stato emesso il 15 ottobre 2010, cioè 120 giorni dopo la notifica (17 giugno 2010) dell'avviso di avvio del procedimento ed i due terzi di 120 giorni sono pari ad 80 giorni.
6- Tuttavia, nel ripetuto avviso è stato espressamente accordato un termine di 140 giorni ed il suo mancato rispetto vizia comunque il successivo provvedimento di sospensione, considerando sia la tassatività dei termini in materia disciplinare, ancorché in sede cautelare, sia la rilevante gravità degli effetti dell'atto impugnato.
In più, pur ammettendo, in ipotesi, che la menzione del termine di 140 giorni possa interpretarsi anche quale mera esplicitazione del ridetto, ambiguo testo normativo (art. 6, comma 2, D.M. n. 603/1993 cit.), si ricorda che nella materia in questione non è consentita un'interpretazione diversa da quella strettamente formale, attesa la funzione di garanzia dei termini.
Ciò a maggior ragione ove si consideri che il ripetuto art. 6 cit. non è certo di agevole interpretazione.
7- Nella presente fattispecie non soccorre poi nemmeno l'art. 21 octies L. n. 241/1990, invocato dall’Amministrazione, giacché il termine violato è funzionale alla difesa nell’ambito di un procedimento volto all'emanazione di un atto ampiamente discrezionale rispetto al quale, quindi, le deduzioni dell'interessato assumono primaria importanza, consentendo all’Amministrazione di disporre di più articolati elementi di giudizio.
8- Per le considerazioni sin qui espresse il ricorso deve essere accolto, con assorbimento dell'esame dei restanti motivi di ricorso attesa la natura di antecedente logico della censura accolta.
Sussistono tuttavia ragioni sufficienti per compensare fra le parti le spese del giudizio in considerazione della natura meramente formale del vizio riscontrato e dell’ambiguità del quadro normativo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
definitivamente pronunciando
- accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento di sospensione dal servizio come specificato in motivazione;
- compensa le spese del giudizio ;
- ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere, Estensore
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/11/2011
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ORDINANZA CAUTELARE 201201436 14/04/2012 RESPINGE
N. 01436/2012 REG.PROV.CAU.
N. 02026/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 2026 del 2012, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Ernesto Sticchi Damiani in Roma, via Bocca di Leone 78 (St.Bdl);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA: SEZIONE I n. 00368/2011, resa tra le parti, concernente SOSPENSIONE CAUTELARE DAL SERVIZIO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'art. 98 cod. proc. amm.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Saverio Sticchi Damiani e Daniela Giacobbe (avv.St.);
considerato che nella fattispecie non sussistono profili che inducono alla previsione di un esito favorevole del ricorso in appello, avuto riguardo al fatto che, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, la motivazione resa dalla sentenza gravata, sulla violazione del termine defensionale, appare corretta;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge la domanda di sospensione della sentenza impugnata.
Fissa la trattazione dell’appello nel merito alla pubblica udienza del 30 ottobre 2012.
Spese della presente fase del giudizio compensate.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/04/2012
1)- "considerato che nella fattispecie non sussistono profili che inducono alla previsione di un esito favorevole del ricorso in appello, avuto riguardo al fatto che, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, la motivazione resa dalla sentenza gravata, sulla violazione del termine defensionale, appare corretta".
Ora l'appello è stato fissato al 30 ottobre 2012.
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"Sospensione precauzionale dal servizio"
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GIUDIZIO DEL Tar:
1)- Il Collegio ritiene fondato il motivo con il quale si censura la violazione del termine a difesa.
2)- Orbene, risulta dagli atti che l’osteggiato provvedimento di sospensione sia stato emanato 20 giorni prima dello scadere di tale termine, per cui il diritto di difesa è stato effettivamente leso.
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N. 00368/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00569/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 569 del 2010, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Pierluigi Vecchiotti, con domicilio eletto presso l’avv. Daniela Franchi in Perugia, via XX Settembre, 76;
contro
Ministero della Difesa, Comando Generale Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Perugia, via degli Offici, 14;
per l'annullamento
della determinazione n. OMISSIS di prot. del 15.10.2010 a firma del Vice Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri con la quale veniva disposta la sospensione precauzionale dal servizio del ricorrente a decorrere dalla data della determinazione medesima, nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1- Viene impugnata la sospensione cautelare discrezionale dal servizio del ricorrente, Appuntato Scelto dell'Arma dei Carabinieri.
Si formulano censure di eccesso di potere e violazione di legge, con le quali, in estrema sintesi, si sostiene:
- gli atti impugnati sarebbero stati emessi da soggetti privi del requisito della terzietà giacché parti offese nel procedimento penale dal quale trae origine la sospensione;
- la sospensione sarebbe illegittima poiché l'eventuale condanna del ricorrente per i reati ascrittigli non provocherebbe la perdita del grado, presupposto necessario del provvedimento di sospensione;
- il difetto di motivazione e di istruttoria;
- la violazione dei termini procedimentali a difesa poiché il provvedimento sarebbe stato adottato 20 giorni prima dello scadere del termine di 140 giorni espressamente concesso, nell’avviso d’avvio del procedimento, per la presentazione di atti difensivi.
2- L'Amministrazione si è costituita controdeducendo.
3- Il Collegio ritiene fondato il motivo con il quale si censura la violazione del termine a difesa.
Invero, nell’avviso d’avvio del procedimento (punto 4, lettera b) si concedono espressamente al ricorrente 140 giorni dalla notifica dell'avviso stesso per "presentare memorie scritte e documenti".
Orbene, risulta dagli atti che l’osteggiato provvedimento di sospensione sia stato emanato 20 giorni prima dello scadere di tale termine, per cui il diritto di difesa è stato effettivamente leso.
4- Non possono infatti condividersi le argomentazioni dell’Amministrazione con le quali si sostiene che in realtà non sarebbe stato concesso un termine di 140 giorni, ma sarebbe stato soltanto richiamato l'art. 6, comma 2, D.M. n. 603/1993 (attuativo della L. n.241/1990).
Norma che prevede un termine a difesa "pari ai due terzi di quello stabilito per la durata del procedimento, sempre che questo non sia già stato concluso".
Donde il termine di 140 giorni, giacché pari ai due terzi di quello di 210 giorni previsto dallo stesso DM per l’emanazione della sospensione.
In questo caso, sembra sostenere l'Amministrazione, l'anticipata emanazione del provvedimento impugnato avrebbe ridotto il termine di 140 giorni in virtù del menzionato inciso "sempre che questo non sia già stato concluso".
5- Il precetto in rassegna (la cui legittimità non è qui all’esame non essendo impugnato) non è di facile lettura.
Può avere un significato ove lo si interpreti nel senso che esso consenta comunque un termine a difesa pari ai due terzi di quello entro il quale venga concluso il procedimento.
Nella specie il termine sarebbe stato quindi di 80 giorni e non di 140.
Invero, il provvedimento impugnato è stato emesso il 15 ottobre 2010, cioè 120 giorni dopo la notifica (17 giugno 2010) dell'avviso di avvio del procedimento ed i due terzi di 120 giorni sono pari ad 80 giorni.
6- Tuttavia, nel ripetuto avviso è stato espressamente accordato un termine di 140 giorni ed il suo mancato rispetto vizia comunque il successivo provvedimento di sospensione, considerando sia la tassatività dei termini in materia disciplinare, ancorché in sede cautelare, sia la rilevante gravità degli effetti dell'atto impugnato.
In più, pur ammettendo, in ipotesi, che la menzione del termine di 140 giorni possa interpretarsi anche quale mera esplicitazione del ridetto, ambiguo testo normativo (art. 6, comma 2, D.M. n. 603/1993 cit.), si ricorda che nella materia in questione non è consentita un'interpretazione diversa da quella strettamente formale, attesa la funzione di garanzia dei termini.
Ciò a maggior ragione ove si consideri che il ripetuto art. 6 cit. non è certo di agevole interpretazione.
7- Nella presente fattispecie non soccorre poi nemmeno l'art. 21 octies L. n. 241/1990, invocato dall’Amministrazione, giacché il termine violato è funzionale alla difesa nell’ambito di un procedimento volto all'emanazione di un atto ampiamente discrezionale rispetto al quale, quindi, le deduzioni dell'interessato assumono primaria importanza, consentendo all’Amministrazione di disporre di più articolati elementi di giudizio.
8- Per le considerazioni sin qui espresse il ricorso deve essere accolto, con assorbimento dell'esame dei restanti motivi di ricorso attesa la natura di antecedente logico della censura accolta.
Sussistono tuttavia ragioni sufficienti per compensare fra le parti le spese del giudizio in considerazione della natura meramente formale del vizio riscontrato e dell’ambiguità del quadro normativo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
definitivamente pronunciando
- accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento di sospensione dal servizio come specificato in motivazione;
- compensa le spese del giudizio ;
- ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere, Estensore
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/11/2011
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ORDINANZA CAUTELARE 201201436 14/04/2012 RESPINGE
N. 01436/2012 REG.PROV.CAU.
N. 02026/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 2026 del 2012, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Ernesto Sticchi Damiani in Roma, via Bocca di Leone 78 (St.Bdl);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA: SEZIONE I n. 00368/2011, resa tra le parti, concernente SOSPENSIONE CAUTELARE DAL SERVIZIO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'art. 98 cod. proc. amm.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Saverio Sticchi Damiani e Daniela Giacobbe (avv.St.);
considerato che nella fattispecie non sussistono profili che inducono alla previsione di un esito favorevole del ricorso in appello, avuto riguardo al fatto che, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, la motivazione resa dalla sentenza gravata, sulla violazione del termine defensionale, appare corretta;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge la domanda di sospensione della sentenza impugnata.
Fissa la trattazione dell’appello nel merito alla pubblica udienza del 30 ottobre 2012.
Spese della presente fase del giudizio compensate.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/04/2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Il Ministero della Difesa per l'Appello al CdS.
1)- Sospensione dal servizio per motivi disciplinari per la durata di cinque mesi dopo aver avuto conoscenza di una condanna (con pena sospesa) patteggiata dal ricorrente per il reato di cui agli artt. OMISSIS c.p.;
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N. 02604/2012REG.PROV.COLL.
N. 02866/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 2866 del 2012, proposto dal Ministero della difesa, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Tafuro, con domicilio eletto presso Francesco Tafuro in Roma, via Orazio n. 3;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, n. 22 del 12 gennaio 2012;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti l’avvocato Francesco Tafuro e l’avvocato dello Stato Gesualdo D'Elia;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
considerato che con il ricorso in grado di appello viene gravata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, n. 22 del 12 gennaio 2012, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da S. C., sottufficiale dell’Aeronautica Militare, per l’annullamento del decreto ministeriale n. ……./2011 datato 8 febbraio del 2011 col quale veniva disposta la sua sospensione dal servizio per motivi disciplinari per la durata di cinque mesi dopo aver avuto conoscenza di una condanna (con pena sospesa) patteggiata dal ricorrente per il reato di cui agli artt. OMISSIS c.p.;
considerato che in appello la parte ricorrente contesta le statuizioni del primo giudice, evidenziando l’errata ricostruzione di diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione ad entrambe le ragioni che sostengono la decisione;
considerato che, in relazione alla prima di queste ragioni, l’appellante contesta la cattiva applicazione della disciplina degli artt. 97 e 120 del D.P.R. n. 3/1957 poiché il procedimento disciplinare nei confronti dell’appellato è stato svolto nel rispetto dei termini fissati ex lege e consistenti nei complessivi 270 giorni calcolati da quando l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza penale a carico del dipendente incolpato;
considerato che tale censura appare fondata, in quanto la procedura sanzionatoria è stata conclusa nei 270 giorni previsti dagli artt. 97 e 120 del D.P.R. n. 3/1957, non rilevando nel computo il periodo necessario alla sua notifica, trattandosi di fatto esterno al suo perfezionamento (da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV, 30 giugno 2010 n. 4163);
considerato che la seconda ragione della sentenza si fonda sull’avvenuto superamento del termine massimo endoprocedimentale di novanta giorni di cui all’art. 120, 1 comma del D.P.R. n. 3/1957, atteso che tra la proposta di sanzione del 6 ottobre del 2010 e l’adozione del provvedimento disciplinare emesso in data 8 febbraio 2011 sono trascorsi 125 giorni;
considerato che, in disparte il minimo rilievo che tale motivo ha assunto nell’atto di appello, non essendo stato espressamente affrontato, tale circostanza risulta accertata dalla produzione documentale agli atti, per cui va fatta applicazione della giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 3 maggio 2011 n. 2643) che ritiene il superamento di tale segmento temporale come fatto estintivo del procedimento disciplinare, non rinvenendosi alcun atto proprio del procedimento, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocamente desumersi la volontà dell'Amministrazione di portare a conclusione il procedimento;
considerato di dover quindi respingere l’appello, con conseguente condanna dell’appellante alle spese di giudizio, come liquidate in dispositivo;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 2866 del 2012;
2. Condanna il Ministero della difesa a rifondere a OMISSIS le spese del presente grado di giudizio, che liquida in €. 3.000,00 (euro tremila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Anna Leoni, Presidente FF
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2012
1)- Sospensione dal servizio per motivi disciplinari per la durata di cinque mesi dopo aver avuto conoscenza di una condanna (con pena sospesa) patteggiata dal ricorrente per il reato di cui agli artt. OMISSIS c.p.;
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 02604/2012REG.PROV.COLL.
N. 02866/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 2866 del 2012, proposto dal Ministero della difesa, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Tafuro, con domicilio eletto presso Francesco Tafuro in Roma, via Orazio n. 3;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, n. 22 del 12 gennaio 2012;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti l’avvocato Francesco Tafuro e l’avvocato dello Stato Gesualdo D'Elia;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
considerato che con il ricorso in grado di appello viene gravata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, n. 22 del 12 gennaio 2012, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da S. C., sottufficiale dell’Aeronautica Militare, per l’annullamento del decreto ministeriale n. ……./2011 datato 8 febbraio del 2011 col quale veniva disposta la sua sospensione dal servizio per motivi disciplinari per la durata di cinque mesi dopo aver avuto conoscenza di una condanna (con pena sospesa) patteggiata dal ricorrente per il reato di cui agli artt. OMISSIS c.p.;
considerato che in appello la parte ricorrente contesta le statuizioni del primo giudice, evidenziando l’errata ricostruzione di diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione ad entrambe le ragioni che sostengono la decisione;
considerato che, in relazione alla prima di queste ragioni, l’appellante contesta la cattiva applicazione della disciplina degli artt. 97 e 120 del D.P.R. n. 3/1957 poiché il procedimento disciplinare nei confronti dell’appellato è stato svolto nel rispetto dei termini fissati ex lege e consistenti nei complessivi 270 giorni calcolati da quando l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza penale a carico del dipendente incolpato;
considerato che tale censura appare fondata, in quanto la procedura sanzionatoria è stata conclusa nei 270 giorni previsti dagli artt. 97 e 120 del D.P.R. n. 3/1957, non rilevando nel computo il periodo necessario alla sua notifica, trattandosi di fatto esterno al suo perfezionamento (da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV, 30 giugno 2010 n. 4163);
considerato che la seconda ragione della sentenza si fonda sull’avvenuto superamento del termine massimo endoprocedimentale di novanta giorni di cui all’art. 120, 1 comma del D.P.R. n. 3/1957, atteso che tra la proposta di sanzione del 6 ottobre del 2010 e l’adozione del provvedimento disciplinare emesso in data 8 febbraio 2011 sono trascorsi 125 giorni;
considerato che, in disparte il minimo rilievo che tale motivo ha assunto nell’atto di appello, non essendo stato espressamente affrontato, tale circostanza risulta accertata dalla produzione documentale agli atti, per cui va fatta applicazione della giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 3 maggio 2011 n. 2643) che ritiene il superamento di tale segmento temporale come fatto estintivo del procedimento disciplinare, non rinvenendosi alcun atto proprio del procedimento, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocamente desumersi la volontà dell'Amministrazione di portare a conclusione il procedimento;
considerato di dover quindi respingere l’appello, con conseguente condanna dell’appellante alle spese di giudizio, come liquidate in dispositivo;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 2866 del 2012;
2. Condanna il Ministero della difesa a rifondere a OMISSIS le spese del presente grado di giudizio, che liquida in €. 3.000,00 (euro tremila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Anna Leoni, Presidente FF
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Guido Romano, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Per notizia:
1)- Il collega omissis appuntato scelto dei Carabinieri, era incaricato della difesa di ufficio di due carabinieri nell’ambito di un procedimento disciplinare. La comunicazione dell’incarico difensivo arrivava pochi giorni prima, sicchè il sottufficiale si recava nell’ufficio del comandante di reparto, il maresciallo OMISSIS, e chiedeva di poter conferire con i medesimi in vista dell’udienza. Il maresciallo ne negava la possibilità nell’immediato, per ragioni relative al servizio che i due carabinieri erano al momento impegnati a svolgere; il OMISSIS reiterava la richiesta. Il primo ribadiva il proprio diniego alzando i toni, il secondo invocava le norme regolamentari; ne nasceva un alterco, alla presenza dei subordinati.
2)- A seguito della vicenda, al OMISSIS era comminata la sanzione disciplinare della consegna per giorni tre “per aver mantenuto un atteggiamento irrispettoso nei confronti del proprio comandante di reparto, rivolgendo inopportunamente una ingiusta richiesta di impiego di colleghi di reparto, reiterando più volte la richiesta, malgrado il diniego oppostogli, sino ad intraprendere un’accesa polemica con il superiore alla presenza di altri militari”.
L'intera vicenda potete leggerla nella sentenza del CdS.
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N. 02583/2012REG.PROV.COLL.
N. 09456/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9456 del 2009, proposto da:
Ministero della Difesa - Comando Generale Arma dei Carabinieri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Brunello De Rosa, con domicilio eletto presso Riccardo Vicere in Roma, via Lima 31;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - Milano - Sezione feriale n. 04095/2008, resa tra le parti, concernente sanzione disciplinare della consegna per tre giorni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Stefano Varone, avvocato dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. OMISSIS, appuntato scelto dei Carabinieri, era incaricato della difesa di ufficio di due carabinieri nell’ambito di un procedimento disciplinare. La comunicazione dell’incarico difensivo arrivava pochi giorni prima, sicchè il sottufficiale si recava nell’ufficio del comandante di reparto, il maresciallo OMISSIS, e chiedeva di poter conferire con i medesimi in vista dell’udienza. Il maresciallo ne negava la possibilità nell’immediato, per ragioni relative al servizio che i due carabinieri erano al momento impegnati a svolgere; il OMISSIS reiterava la richiesta. Il primo ribadiva il proprio diniego alzando i toni, il secondo invocava le norme regolamentari; ne nasceva un alterco, alla presenza dei subordinati.
A seguito della vicenda, al OMISSIS era comminata la sanzione disciplinare della consegna per giorni tre “per aver mantenuto un atteggiamento irrispettoso nei confronti del proprio comandante di reparto, rivolgendo inopportunamente una ingiusta richiesta di impiego di colleghi di reparto, reiterando più volte la richiesta, malgrado il diniego oppostogli, sino ad intraprendere un’accesa polemica con il superiore alla presenza di altri militari”.
Il medesimo ricorreva al TAR Lombardia, ottenendo l’annullamento della sanzione.
Propone ora gravame il Ministero della difesa.
Il TAR ha affermato che la richiesta dell’appuntato OMISSIS non potesse ritenersi ingiusta essendo pertinente alla funzione di difensore, né poteva ritenersi contraria al dovere d’ufficio l’insistenza a fronte di un diniego ingiustificato. La discussione inoltre sarebbe avvenuta solo dopo che il m.llo OMISSIS aveva alzato i toni.
Secondo l’appellante, il diniego di un colloquio immediato sarebbe invece del tutto giustificato alla luce della mancanza di un preavviso e delle incombenze di servizio dei due carabinieri; in ogni caso l’appuntato OMISSIS avrebbe dovuto, soprattutto alla presenza di altri militari, astenersi da ogni osservazione ed obbedire all’ordine ricevuto, potendo semmai, con spirito di collaborazione, farne presente la non conformità a legge e comunque eseguire, una volta che l’ordine era stato perentoriamente confermato.
L’appellato si difende richiamando il contenuto delle relazioni di servizio redatte dai militari che hanno assistito ai fatti, dalle quali si evincerebbe che egli è stato notiziato con grave ritardo dell’udienza fissata per la discussione del procedimento disciplinare, che le sue contestazioni sono sempre state pacate e rispettose e che è stato il Comandante del reparto ad alzare i toni del colloquio sino a farlo degenerare.
L’appello è infondato.
Il nucleo sostanziale della contestazione disciplinare risiede nell’avere avanzato “una ingiusta richiesta di impiego di colleghi di reparto” e “nell’aver reiterato più volte la stessa, malgrado il diniego oppostogli”. Dagli atti emerge, tuttavia, che la fissazione dell’udienza di discussione del procedimento disciplinare era stata comunicata al difensore, App. sc. OMISSIS, solo due giorni prima, circostanza (da subito rappresentata al m.llo OMISSIS) che giustificava, oltre alla necessità del colloquio con i carabinieri sottoposti al procedimento, anche l’urgenza dello stesso.
A prescindere dalla validità del diniego e dall’inderogabilità e congruità delle ragioni ostative, emerge altresì che il OMISSIS ha contestato la decisione richiamando le norme regolamentari, salvo poi obbedire dinanzi alla conferma dell’ordine, in conformità ai limiti del dovere di obbedienza contemplati dall’art. 25 del r.d.m. L’aver replicato più volte sul punto, nell’ambito di una discussione protrattasi qualche minuto anche a causa del tono inizialmente adoperato dal superiore gerarchico, non è sufficiente a giustificare una sanzione disciplinare quale quella inflitta.
E’ piuttosto il modo di condurre la discussione alla presenza di altri militari che potrebbe rilevare. Tuttavia, in proposito, dalle relazioni di servizio redatte dai militari testimoni dell’accaduto, emerge che dinanzi ai toni elevati ed a tratti offensivi del superiore gerarchico, il contegno dell’appuntato OMISSIS è stato rispettoso, seppur conclusosi con la finale prospettazione di una querela per le offese subite.
L’appello è dunque respinto.
Avuto riguardo alla peculiarità della controversia le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2012
1)- Il collega omissis appuntato scelto dei Carabinieri, era incaricato della difesa di ufficio di due carabinieri nell’ambito di un procedimento disciplinare. La comunicazione dell’incarico difensivo arrivava pochi giorni prima, sicchè il sottufficiale si recava nell’ufficio del comandante di reparto, il maresciallo OMISSIS, e chiedeva di poter conferire con i medesimi in vista dell’udienza. Il maresciallo ne negava la possibilità nell’immediato, per ragioni relative al servizio che i due carabinieri erano al momento impegnati a svolgere; il OMISSIS reiterava la richiesta. Il primo ribadiva il proprio diniego alzando i toni, il secondo invocava le norme regolamentari; ne nasceva un alterco, alla presenza dei subordinati.
2)- A seguito della vicenda, al OMISSIS era comminata la sanzione disciplinare della consegna per giorni tre “per aver mantenuto un atteggiamento irrispettoso nei confronti del proprio comandante di reparto, rivolgendo inopportunamente una ingiusta richiesta di impiego di colleghi di reparto, reiterando più volte la richiesta, malgrado il diniego oppostogli, sino ad intraprendere un’accesa polemica con il superiore alla presenza di altri militari”.
L'intera vicenda potete leggerla nella sentenza del CdS.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 02583/2012REG.PROV.COLL.
N. 09456/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9456 del 2009, proposto da:
Ministero della Difesa - Comando Generale Arma dei Carabinieri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Brunello De Rosa, con domicilio eletto presso Riccardo Vicere in Roma, via Lima 31;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - Milano - Sezione feriale n. 04095/2008, resa tra le parti, concernente sanzione disciplinare della consegna per tre giorni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Stefano Varone, avvocato dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. OMISSIS, appuntato scelto dei Carabinieri, era incaricato della difesa di ufficio di due carabinieri nell’ambito di un procedimento disciplinare. La comunicazione dell’incarico difensivo arrivava pochi giorni prima, sicchè il sottufficiale si recava nell’ufficio del comandante di reparto, il maresciallo OMISSIS, e chiedeva di poter conferire con i medesimi in vista dell’udienza. Il maresciallo ne negava la possibilità nell’immediato, per ragioni relative al servizio che i due carabinieri erano al momento impegnati a svolgere; il OMISSIS reiterava la richiesta. Il primo ribadiva il proprio diniego alzando i toni, il secondo invocava le norme regolamentari; ne nasceva un alterco, alla presenza dei subordinati.
A seguito della vicenda, al OMISSIS era comminata la sanzione disciplinare della consegna per giorni tre “per aver mantenuto un atteggiamento irrispettoso nei confronti del proprio comandante di reparto, rivolgendo inopportunamente una ingiusta richiesta di impiego di colleghi di reparto, reiterando più volte la richiesta, malgrado il diniego oppostogli, sino ad intraprendere un’accesa polemica con il superiore alla presenza di altri militari”.
Il medesimo ricorreva al TAR Lombardia, ottenendo l’annullamento della sanzione.
Propone ora gravame il Ministero della difesa.
Il TAR ha affermato che la richiesta dell’appuntato OMISSIS non potesse ritenersi ingiusta essendo pertinente alla funzione di difensore, né poteva ritenersi contraria al dovere d’ufficio l’insistenza a fronte di un diniego ingiustificato. La discussione inoltre sarebbe avvenuta solo dopo che il m.llo OMISSIS aveva alzato i toni.
Secondo l’appellante, il diniego di un colloquio immediato sarebbe invece del tutto giustificato alla luce della mancanza di un preavviso e delle incombenze di servizio dei due carabinieri; in ogni caso l’appuntato OMISSIS avrebbe dovuto, soprattutto alla presenza di altri militari, astenersi da ogni osservazione ed obbedire all’ordine ricevuto, potendo semmai, con spirito di collaborazione, farne presente la non conformità a legge e comunque eseguire, una volta che l’ordine era stato perentoriamente confermato.
L’appellato si difende richiamando il contenuto delle relazioni di servizio redatte dai militari che hanno assistito ai fatti, dalle quali si evincerebbe che egli è stato notiziato con grave ritardo dell’udienza fissata per la discussione del procedimento disciplinare, che le sue contestazioni sono sempre state pacate e rispettose e che è stato il Comandante del reparto ad alzare i toni del colloquio sino a farlo degenerare.
L’appello è infondato.
Il nucleo sostanziale della contestazione disciplinare risiede nell’avere avanzato “una ingiusta richiesta di impiego di colleghi di reparto” e “nell’aver reiterato più volte la stessa, malgrado il diniego oppostogli”. Dagli atti emerge, tuttavia, che la fissazione dell’udienza di discussione del procedimento disciplinare era stata comunicata al difensore, App. sc. OMISSIS, solo due giorni prima, circostanza (da subito rappresentata al m.llo OMISSIS) che giustificava, oltre alla necessità del colloquio con i carabinieri sottoposti al procedimento, anche l’urgenza dello stesso.
A prescindere dalla validità del diniego e dall’inderogabilità e congruità delle ragioni ostative, emerge altresì che il OMISSIS ha contestato la decisione richiamando le norme regolamentari, salvo poi obbedire dinanzi alla conferma dell’ordine, in conformità ai limiti del dovere di obbedienza contemplati dall’art. 25 del r.d.m. L’aver replicato più volte sul punto, nell’ambito di una discussione protrattasi qualche minuto anche a causa del tono inizialmente adoperato dal superiore gerarchico, non è sufficiente a giustificare una sanzione disciplinare quale quella inflitta.
E’ piuttosto il modo di condurre la discussione alla presenza di altri militari che potrebbe rilevare. Tuttavia, in proposito, dalle relazioni di servizio redatte dai militari testimoni dell’accaduto, emerge che dinanzi ai toni elevati ed a tratti offensivi del superiore gerarchico, il contegno dell’appuntato OMISSIS è stato rispettoso, seppur conclusosi con la finale prospettazione di una querela per le offese subite.
L’appello è dunque respinto.
Avuto riguardo alla peculiarità della controversia le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Giusta sentenza.
Non ho parole per quello che ho letto: praticamente l'Arma voleva che la moglie (M.llo CC.) doveva .... sul marito C.re.
Cioè 2 colleghi (uno di grado inf.re e l'altro di grado sup.re) si sposano e ..... meglio che leggete.
- Sanzione disciplinare di corpo del “rimprovero”.
1) - le era stata irrogata la sanzione disciplinare di cui sopra, con la seguente motivazione: “sottufficiale a diporto ed in abiti borghesi, durante le operazioni propedeutiche all’imbarco su vettore aereo unitamente a militare inferiore in grado, dimostrando minore iniziativa e senso di responsabilità, assisteva passivamente ad animata discussione tra il coniugato e gli addetti preposti al controllo dei passeggeri. L’episodio determinava l’intervento del personale della Polstato e dell’Arma territoriale, alla presenza del quale veniva reiterata tale condotta omissiva. La vicenda, che non veniva riferita alla scala gerarchica, arrecava nocumento all’immagine dell’Istituzione”.
LA RICORRENTE ha precisato:
1) - con il provvedimento disciplinare impugnato, l’Amministrazione ha sostanzialmente preteso che essa, quale maresciallo, avrebbe dovuto esercitare il suo potere gerarchico nei confronti del marito, carabiniere, anche nei rapporti domestici ed in pubblico, come nella circostanza in argomento, e ciò in violazione delle norme costituzionali, Cedu e della Carta europea a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha precisato:
1) - Innanzitutto va escluso che la vicenda in argomento possa in qualche modo essere inquadrata alla stregua di un episodio di servizio in cui i suddetti coniugi siano intervenuti nella loro qualità, nel qual caso, indubbiamente, gli obblighi derivanti dal grado più elevato della OMISSIS rispetto al marito andavano assolti nei termini stigmatizzati dalla superiore gerarchia.
2) - Nel caso di specie, il Collegio ritiene, invece, che il comportamento della OMISSIS sia da considerare unicamente nell’ambito dei rapporti di coniugio con il carabiniere OMISSIS, a nulla rilevando il fatto che la stessa fosse anche sottufficiale dell’Arma.
3) - Non pare, pertanto, che il comportamento della OMISSIS, asseritamente omissivo nella circostanza, possa essere considerato passibile di sanzione disciplinare.
4) - Diversamente opinando, si ammetterebbe che l’Amministrazione possa intervenire nella sfera dei rapporti coniugali, allorché essi si svolgano al di fuori dell’attività di servizio, in violazione delle norme costituzionali e di rango sovranazionale poste a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e della famiglia.
5) - Conseguentemente, essa non aveva alcun obbligo di riferire la vicenda alla scala gerarchica ed, infine, per quanto riguarda il decoro dell’Arma, inciso nella circostanza, va rilevato che l’Amministrazione ha già proceduto nei confronti dell’unico responsabile.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 244/12 Reg.Sent.
N. 295 Reg.Ric.
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso in appello n. 295/2011 proposto da
OMISSIS
rappresentata e difesa dagli avv.ti Agatino Cariola e Carmelo Floreno ed elettivamente domiciliata in Palermo, via D. Trentacoste n. 89, presso lo studio Allotta;
c o n t r o
- il MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, l’ARMA DEI CARABINIERI, in persona del Comandante pro tempore, il COMANDO LEGIONE CARABINIERI “SICILIA, in persona del Comandante pro tempore e il COMANDO PROVINCIALE CARABINIERI DI MESSINA, in persona del Comandante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via A. De Gasperi n. 81, sono ope legis domiciliati;
per la riforma e/o l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania (sezione III int.), n. 4608/2010 del 3 dicembre 2010;
OMISSIS
F A T T O
OMISSIS
D I R I T T O
L’appello è fondato.
Pare utile richiamare gli aspetti salienti della “diatriba” suddetta al fine di individuare gli eventuali elementi di responsabilità addebitabili alla OMISSIS nella circostanza.
Dalla relazione di servizio redatta in data …/3/2010 dal sovrintendente capo della Polizia di Stato, OMISSIS, si evince che la OMISSIS viene citata solamente perché era in compagnia del carabiniere OMISSIS, suo marito. Alla stessa non vengono attribuiti specifici, e neppure generici, atteggiamenti biasimevoli.
Di contro, dalla relazione di servizio redatta in data …/4/2010 dalla pattuglia dei carabinieri intervenuti sul posto, a richiesta del carabiniere OMISSIS, risulta inequivocabilmente che la OMISSIS “non aveva avuto nessuna rimostranza, mantenendo invero un comportamento consono e tranquillo”.
In relazione a detta vicenda, la OMISSIS, con riferimento al suo comportamento, è stata punita perché, “dimostrando minore iniziativa e senso di responsabilità, assisteva passivamente ad animata discussione tra il coniugato e gli addetti preposti al controllo dei passeggeri” e per avere reiterato “tale condotta omissiva” alla presenza del personale della Polstato e dell’Arma territoriale intervenuta successivamente. Infine, veniva ritenuta responsabile di non aver riferito la vicenda alla scala gerarchica, vicenda che “arrecava nocumento all’immagine dell’Istituzione”.
Orbene, come osservato puntualmente dalle parti, che ovviamente giungono a conclusioni opposte, va verificato se un sottufficiale abbia nei confronti del coniuge, subordinato in grado, l’obbligo di attivarsi per evitare che determinati comportamenti possano in qualche modo incidere sul decoro dell’Arma.
Innanzitutto va escluso che la vicenda in argomento possa in qualche modo essere inquadrata alla stregua di un episodio di servizio in cui i suddetti coniugi siano intervenuti nella loro qualità, nel qual caso, indubbiamente, gli obblighi derivanti dal grado più elevato della OMISSIS rispetto al marito andavano assolti nei termini stigmatizzati dalla superiore gerarchia.
Nel caso di specie, il Collegio ritiene, invece, che il comportamento della OMISSIS sia da considerare unicamente nell’ambito dei rapporti di coniugio con il carabiniere OMISSIS, a nulla rilevando il fatto che la stessa fosse anche sottufficiale dell’Arma.
Non pare, pertanto, che il comportamento della OMISSIS, asseritamente omissivo nella circostanza, possa essere considerato passibile di sanzione disciplinare.
Diversamente opinando, si ammetterebbe che l’Amministrazione possa intervenire nella sfera dei rapporti coniugali, allorché essi si svolgano al di fuori dell’attività di servizio, in violazione delle norme costituzionali e di rango sovranazionale poste a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e della famiglia.
Conseguentemente, essa non aveva alcun obbligo di riferire la vicenda alla scala gerarchica ed, infine, per quanto riguarda il decoro dell’Arma, inciso nella circostanza, va rilevato che l’Amministrazione ha già proceduto nei confronti dell’unico responsabile.
Il comportamento del carabiniere OMISSIS, infatti, è stato stigmatizzato, disciplinarmente, con sanzione divenuta definitiva.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Conclusivamente, l’appello è fondato e, pertanto, va accolto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto annulla la sanzione disciplinare impugnata in primo grado.
Condanna parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, determinate in € 5.000,00 (cinquemila), in favore della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 1° dicembre 2011, con l’intervento dei signori: Paolo Turco, Presidente, Guido Salemi, Ermanno de Francisco, Pietro Ciani, estensore, Alessandro Corbino, componenti.
F.to Paolo Turco, Presidente
F.to Pietro Ciani, Estensore
Depositata in Segreteria
29 febbraio 2012
Non ho parole per quello che ho letto: praticamente l'Arma voleva che la moglie (M.llo CC.) doveva .... sul marito C.re.
Cioè 2 colleghi (uno di grado inf.re e l'altro di grado sup.re) si sposano e ..... meglio che leggete.
- Sanzione disciplinare di corpo del “rimprovero”.
1) - le era stata irrogata la sanzione disciplinare di cui sopra, con la seguente motivazione: “sottufficiale a diporto ed in abiti borghesi, durante le operazioni propedeutiche all’imbarco su vettore aereo unitamente a militare inferiore in grado, dimostrando minore iniziativa e senso di responsabilità, assisteva passivamente ad animata discussione tra il coniugato e gli addetti preposti al controllo dei passeggeri. L’episodio determinava l’intervento del personale della Polstato e dell’Arma territoriale, alla presenza del quale veniva reiterata tale condotta omissiva. La vicenda, che non veniva riferita alla scala gerarchica, arrecava nocumento all’immagine dell’Istituzione”.
LA RICORRENTE ha precisato:
1) - con il provvedimento disciplinare impugnato, l’Amministrazione ha sostanzialmente preteso che essa, quale maresciallo, avrebbe dovuto esercitare il suo potere gerarchico nei confronti del marito, carabiniere, anche nei rapporti domestici ed in pubblico, come nella circostanza in argomento, e ciò in violazione delle norme costituzionali, Cedu e della Carta europea a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha precisato:
1) - Innanzitutto va escluso che la vicenda in argomento possa in qualche modo essere inquadrata alla stregua di un episodio di servizio in cui i suddetti coniugi siano intervenuti nella loro qualità, nel qual caso, indubbiamente, gli obblighi derivanti dal grado più elevato della OMISSIS rispetto al marito andavano assolti nei termini stigmatizzati dalla superiore gerarchia.
2) - Nel caso di specie, il Collegio ritiene, invece, che il comportamento della OMISSIS sia da considerare unicamente nell’ambito dei rapporti di coniugio con il carabiniere OMISSIS, a nulla rilevando il fatto che la stessa fosse anche sottufficiale dell’Arma.
3) - Non pare, pertanto, che il comportamento della OMISSIS, asseritamente omissivo nella circostanza, possa essere considerato passibile di sanzione disciplinare.
4) - Diversamente opinando, si ammetterebbe che l’Amministrazione possa intervenire nella sfera dei rapporti coniugali, allorché essi si svolgano al di fuori dell’attività di servizio, in violazione delle norme costituzionali e di rango sovranazionale poste a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e della famiglia.
5) - Conseguentemente, essa non aveva alcun obbligo di riferire la vicenda alla scala gerarchica ed, infine, per quanto riguarda il decoro dell’Arma, inciso nella circostanza, va rilevato che l’Amministrazione ha già proceduto nei confronti dell’unico responsabile.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 244/12 Reg.Sent.
N. 295 Reg.Ric.
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso in appello n. 295/2011 proposto da
OMISSIS
rappresentata e difesa dagli avv.ti Agatino Cariola e Carmelo Floreno ed elettivamente domiciliata in Palermo, via D. Trentacoste n. 89, presso lo studio Allotta;
c o n t r o
- il MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, l’ARMA DEI CARABINIERI, in persona del Comandante pro tempore, il COMANDO LEGIONE CARABINIERI “SICILIA, in persona del Comandante pro tempore e il COMANDO PROVINCIALE CARABINIERI DI MESSINA, in persona del Comandante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via A. De Gasperi n. 81, sono ope legis domiciliati;
per la riforma e/o l’annullamento
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania (sezione III int.), n. 4608/2010 del 3 dicembre 2010;
OMISSIS
F A T T O
OMISSIS
D I R I T T O
L’appello è fondato.
Pare utile richiamare gli aspetti salienti della “diatriba” suddetta al fine di individuare gli eventuali elementi di responsabilità addebitabili alla OMISSIS nella circostanza.
Dalla relazione di servizio redatta in data …/3/2010 dal sovrintendente capo della Polizia di Stato, OMISSIS, si evince che la OMISSIS viene citata solamente perché era in compagnia del carabiniere OMISSIS, suo marito. Alla stessa non vengono attribuiti specifici, e neppure generici, atteggiamenti biasimevoli.
Di contro, dalla relazione di servizio redatta in data …/4/2010 dalla pattuglia dei carabinieri intervenuti sul posto, a richiesta del carabiniere OMISSIS, risulta inequivocabilmente che la OMISSIS “non aveva avuto nessuna rimostranza, mantenendo invero un comportamento consono e tranquillo”.
In relazione a detta vicenda, la OMISSIS, con riferimento al suo comportamento, è stata punita perché, “dimostrando minore iniziativa e senso di responsabilità, assisteva passivamente ad animata discussione tra il coniugato e gli addetti preposti al controllo dei passeggeri” e per avere reiterato “tale condotta omissiva” alla presenza del personale della Polstato e dell’Arma territoriale intervenuta successivamente. Infine, veniva ritenuta responsabile di non aver riferito la vicenda alla scala gerarchica, vicenda che “arrecava nocumento all’immagine dell’Istituzione”.
Orbene, come osservato puntualmente dalle parti, che ovviamente giungono a conclusioni opposte, va verificato se un sottufficiale abbia nei confronti del coniuge, subordinato in grado, l’obbligo di attivarsi per evitare che determinati comportamenti possano in qualche modo incidere sul decoro dell’Arma.
Innanzitutto va escluso che la vicenda in argomento possa in qualche modo essere inquadrata alla stregua di un episodio di servizio in cui i suddetti coniugi siano intervenuti nella loro qualità, nel qual caso, indubbiamente, gli obblighi derivanti dal grado più elevato della OMISSIS rispetto al marito andavano assolti nei termini stigmatizzati dalla superiore gerarchia.
Nel caso di specie, il Collegio ritiene, invece, che il comportamento della OMISSIS sia da considerare unicamente nell’ambito dei rapporti di coniugio con il carabiniere OMISSIS, a nulla rilevando il fatto che la stessa fosse anche sottufficiale dell’Arma.
Non pare, pertanto, che il comportamento della OMISSIS, asseritamente omissivo nella circostanza, possa essere considerato passibile di sanzione disciplinare.
Diversamente opinando, si ammetterebbe che l’Amministrazione possa intervenire nella sfera dei rapporti coniugali, allorché essi si svolgano al di fuori dell’attività di servizio, in violazione delle norme costituzionali e di rango sovranazionale poste a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e della famiglia.
Conseguentemente, essa non aveva alcun obbligo di riferire la vicenda alla scala gerarchica ed, infine, per quanto riguarda il decoro dell’Arma, inciso nella circostanza, va rilevato che l’Amministrazione ha già proceduto nei confronti dell’unico responsabile.
Il comportamento del carabiniere OMISSIS, infatti, è stato stigmatizzato, disciplinarmente, con sanzione divenuta definitiva.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Conclusivamente, l’appello è fondato e, pertanto, va accolto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto annulla la sanzione disciplinare impugnata in primo grado.
Condanna parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, determinate in € 5.000,00 (cinquemila), in favore della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 1° dicembre 2011, con l’intervento dei signori: Paolo Turco, Presidente, Guido Salemi, Ermanno de Francisco, Pietro Ciani, estensore, Alessandro Corbino, componenti.
F.to Paolo Turco, Presidente
F.to Pietro Ciani, Estensore
Depositata in Segreteria
29 febbraio 2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Perdita del grado e la cessazione dal servizio del ricorrente, già “graduato in servizio permanente”.
1) - Osserva, ai fini del decidere, il Collegio, che ai sensi dell’art. 1392 del d.lgs. 66/2010, il “procedimento disciplinare di stato” deve essere instaurato, previa contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza irrevocabile di condanna e concluso entro 270 giorni decorrenti dalla predetta data.
2) - Orbene risulta per tabulas che la sentenza con cui il ricorrente è stato riconosciuto colpevole del reato ascrittogli, è stato acquisita dall’Amministrazione della Difesa in data 22 novembre 2010 ed è divenuta irrevocabile il successivo 22 dicembre 2010 che rappresenta, nel caso di specie, il dies a quo dal quale sono cominciati a decorrere i suddetti termini perentori.
3) - Conseguentemente, il procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere instaurato entro il 22 marzo 2011 (data di scadenza del termine iniziale di 90 giorni) per concludersi non oltre il 18 settembre 2011 (data di scadenza del termine finale di 270 giorni).
4) - Tuttavia ciò non è avvenuto, atteso che l’inchiesta formale è partita il 1° aprile 2011 ed il provvedimento impugnato è stato emanato il 17 ottobre del medesimo stesso anno.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00859/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00602/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 602 del 2012, proposto da:
OMISSIS con domicilio eletto presso la segreteria del TAR Veneto;
contro
Ministero della Difesa, Ministero Difesa Direzione Generale Per il Personale Militare;
per l'annullamento
- del decreto 17.10.2011 con cui la Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha disposto la perdita del grado e la cessazione dal servizio del ricorrente, già “graduato in servizio permanente”;
- degli atti dell’inchiesta formale disposta il 1° aprile 2011;
- del giudizio della commissione di disciplina del 30 settembre 2011;
- nonchè di ogni altro atto annesso, connesso o presupposto.
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con atto di ricorso (n.r.g. 602/2012) notificato il 04.04.2012 e depositato il 26.04.2012, il sig. OMISSIS ha adito l’intestato Tribunale per chiedere l’annullamento del decreto 17.10.2011, con cui la Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha disposto, nei suoi confronti, la sanzione della perdita del grado e della cessazione dal servizio, in ragione della sentenza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Verona, 18.11.2010, n. …., con cui è stato riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 81 del c.p. e 73 del d.P.R. 309/1990.
2. Con il primo motivo di gravame parte ricorrente adduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1357,1376, 1392 e 1393 del d.lgs. 66/2010, per mancato rispetto dei termini perentori previsti per l’avvio e la conclusione del procedimento disciplinare.
Il motivo è fondato e, pertanto, dev’essere accolto.
3. Osserva, ai fini del decidere, il Collegio, che ai sensi dell’art. 1392 del d.lgs. 66/2010, il “procedimento disciplinare di stato” deve essere instaurato, previa contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza irrevocabile di condanna e concluso entro 270 giorni decorrenti dalla predetta data.
4. Orbene risulta per tabulas che la sentenza con cui il ricorrente è stato riconosciuto colpevole del reato ascrittogli, è stato acquisita dall’Amministrazione della Difesa in data 22 novembre 2010 ed è divenuta irrevocabile il successivo 22 dicembre 2010 che rappresenta, nel caso di specie, il dies a quo dal quale sono cominciati a decorrere i suddetti termini perentori.
5. Conseguentemente, il procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere instaurato entro il 22 marzo 2011 (data di scadenza del termine iniziale di 90 giorni) per concludersi non oltre il 18 settembre 2011 (data di scadenza del termine finale di 270 giorni).
6. Tuttavia ciò non è avvenuto, atteso che l’inchiesta formale è partita il 1° aprile 2011 ed il provvedimento impugnato è stato emanato il 17 ottobre del medesimo stesso anno.
7. In definitiva, il Collegio non può far altro che rilevare il mancato rispetto dei termini perentori di avvio e di conclusione del procedimento disciplinare e pronunciarsi, previo assorbimento delle ulteriori censure proposte, per l’accoglimento del ricorso.
8. Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’Amministrazione della Difesa al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente che si possono liquidare, tenuto conto dell’attività difensiva svolta, in complessivi € 1.500,00 oltre a IVA. e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nelle camere di consiglio dei giorni 9 maggio 2012 e 13 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Claudio Rovis, Consigliere
Enrico Mattei, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/06/2012
1) - Osserva, ai fini del decidere, il Collegio, che ai sensi dell’art. 1392 del d.lgs. 66/2010, il “procedimento disciplinare di stato” deve essere instaurato, previa contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza irrevocabile di condanna e concluso entro 270 giorni decorrenti dalla predetta data.
2) - Orbene risulta per tabulas che la sentenza con cui il ricorrente è stato riconosciuto colpevole del reato ascrittogli, è stato acquisita dall’Amministrazione della Difesa in data 22 novembre 2010 ed è divenuta irrevocabile il successivo 22 dicembre 2010 che rappresenta, nel caso di specie, il dies a quo dal quale sono cominciati a decorrere i suddetti termini perentori.
3) - Conseguentemente, il procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere instaurato entro il 22 marzo 2011 (data di scadenza del termine iniziale di 90 giorni) per concludersi non oltre il 18 settembre 2011 (data di scadenza del termine finale di 270 giorni).
4) - Tuttavia ciò non è avvenuto, atteso che l’inchiesta formale è partita il 1° aprile 2011 ed il provvedimento impugnato è stato emanato il 17 ottobre del medesimo stesso anno.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00859/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00602/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 602 del 2012, proposto da:
OMISSIS con domicilio eletto presso la segreteria del TAR Veneto;
contro
Ministero della Difesa, Ministero Difesa Direzione Generale Per il Personale Militare;
per l'annullamento
- del decreto 17.10.2011 con cui la Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha disposto la perdita del grado e la cessazione dal servizio del ricorrente, già “graduato in servizio permanente”;
- degli atti dell’inchiesta formale disposta il 1° aprile 2011;
- del giudizio della commissione di disciplina del 30 settembre 2011;
- nonchè di ogni altro atto annesso, connesso o presupposto.
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con atto di ricorso (n.r.g. 602/2012) notificato il 04.04.2012 e depositato il 26.04.2012, il sig. OMISSIS ha adito l’intestato Tribunale per chiedere l’annullamento del decreto 17.10.2011, con cui la Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa ha disposto, nei suoi confronti, la sanzione della perdita del grado e della cessazione dal servizio, in ragione della sentenza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Verona, 18.11.2010, n. …., con cui è stato riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 81 del c.p. e 73 del d.P.R. 309/1990.
2. Con il primo motivo di gravame parte ricorrente adduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1357,1376, 1392 e 1393 del d.lgs. 66/2010, per mancato rispetto dei termini perentori previsti per l’avvio e la conclusione del procedimento disciplinare.
Il motivo è fondato e, pertanto, dev’essere accolto.
3. Osserva, ai fini del decidere, il Collegio, che ai sensi dell’art. 1392 del d.lgs. 66/2010, il “procedimento disciplinare di stato” deve essere instaurato, previa contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza irrevocabile di condanna e concluso entro 270 giorni decorrenti dalla predetta data.
4. Orbene risulta per tabulas che la sentenza con cui il ricorrente è stato riconosciuto colpevole del reato ascrittogli, è stato acquisita dall’Amministrazione della Difesa in data 22 novembre 2010 ed è divenuta irrevocabile il successivo 22 dicembre 2010 che rappresenta, nel caso di specie, il dies a quo dal quale sono cominciati a decorrere i suddetti termini perentori.
5. Conseguentemente, il procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere instaurato entro il 22 marzo 2011 (data di scadenza del termine iniziale di 90 giorni) per concludersi non oltre il 18 settembre 2011 (data di scadenza del termine finale di 270 giorni).
6. Tuttavia ciò non è avvenuto, atteso che l’inchiesta formale è partita il 1° aprile 2011 ed il provvedimento impugnato è stato emanato il 17 ottobre del medesimo stesso anno.
7. In definitiva, il Collegio non può far altro che rilevare il mancato rispetto dei termini perentori di avvio e di conclusione del procedimento disciplinare e pronunciarsi, previo assorbimento delle ulteriori censure proposte, per l’accoglimento del ricorso.
8. Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’Amministrazione della Difesa al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente che si possono liquidare, tenuto conto dell’attività difensiva svolta, in complessivi € 1.500,00 oltre a IVA. e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nelle camere di consiglio dei giorni 9 maggio 2012 e 13 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Claudio Rovis, Consigliere
Enrico Mattei, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/06/2012
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
AUTO DI SERVIZIO E PECULATO
Cassazione penale - sezione VI sentenza 12.01.2012 n. 809
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Con la sentenza in epigrafe, il Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Napoli
dichiarava non luogo a procedere nei confronti di M. G., con la formula "perché il fatto
non sussiste", in ordine al reato di cui all'art. 314, comma secondo, cod. pen.,
contestato al medesimo perché, quale appuntato dei Carabinieri, si appropriava, per
farne uso precario, consistito nel rientro in casa e quindi per ritornare in caserma, di
un'autovettura militare a lui affidata (in Napoli, il 7 gennaio 2010)
2. Osservava il G.u.p. che non integrava il reato contestato, per mancanza di lesività,
la condotta dell'imputato, che, dopo averne informato il m.llo F. U., della Stazione
C.C. di Napoli-Centro, aveva usato l'auto di servizio per non più di trenta minuti,
percorrendo una distanza chilometrica trascurabile dovendo recarsi urgentemente
presso la propria abitazione per sincerarsi delle condizioni della figlia
3. Ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli,
che denuncia la violazione dell'art. 314 cod. pen., osservando che l'imputato,
nonostante il divieto del superiore, aveva utilizzato l'auto di servizio per recarsi dal
centro di Napoli all'estrema periferia della città, distante diversi chilometri, in luogo di
servirsi di mezzi pubblici. Tale condotta integrava, ad avviso dell’ Ufficio ricorrente, il
reato contestato.
4. Il difensore dell’imputato, avv. M. Z., ha depositato memoria, con la quale conclude
per la inammissibilità o per il rigetto del ricorso, sostenendo che nella specie, dato il
brevissimo tempo dell'uso del veicolo, la pubblica amministrazione non aveva subito
alcun danno apprezzabile, e considerato che l'urgenza del caso (notizia che la
fiqlioletta di tre anni di età era caduta rovinosamente a terra, battendo la testa)
configurava uno stato di necessità.
Si deduce inoltre la inammissibilità del ricorso, perché il ricorrente non ha indicato
quale diverso sviluppo probatorio sarebbe stato possibile nell'eventuale dibattimento.
5. Ad avviso della Corte il ricorso, prospettando censure in punto di fatto, deve essere
dichiarato inammissibile.
6. Il G.u.p, infatti, ha ritenuto provato che l'imputato, mosso da urgenti esigenze
familiari, aveva utilizzato l'autovettura di servizio per un tempo trascurabile e per un
limitato tragitto, considerando, con valutazione in questa sede non censurabile, che il
fatto doveva considerarsi privo di lesività, non essendo stata apprezzabilmente
pregiudicata la funzione pubblicistica cui il veicolo era asservito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Cassazione penale - sezione VI sentenza 12.01.2012 n. 809
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Con la sentenza in epigrafe, il Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Napoli
dichiarava non luogo a procedere nei confronti di M. G., con la formula "perché il fatto
non sussiste", in ordine al reato di cui all'art. 314, comma secondo, cod. pen.,
contestato al medesimo perché, quale appuntato dei Carabinieri, si appropriava, per
farne uso precario, consistito nel rientro in casa e quindi per ritornare in caserma, di
un'autovettura militare a lui affidata (in Napoli, il 7 gennaio 2010)
2. Osservava il G.u.p. che non integrava il reato contestato, per mancanza di lesività,
la condotta dell'imputato, che, dopo averne informato il m.llo F. U., della Stazione
C.C. di Napoli-Centro, aveva usato l'auto di servizio per non più di trenta minuti,
percorrendo una distanza chilometrica trascurabile dovendo recarsi urgentemente
presso la propria abitazione per sincerarsi delle condizioni della figlia
3. Ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli,
che denuncia la violazione dell'art. 314 cod. pen., osservando che l'imputato,
nonostante il divieto del superiore, aveva utilizzato l'auto di servizio per recarsi dal
centro di Napoli all'estrema periferia della città, distante diversi chilometri, in luogo di
servirsi di mezzi pubblici. Tale condotta integrava, ad avviso dell’ Ufficio ricorrente, il
reato contestato.
4. Il difensore dell’imputato, avv. M. Z., ha depositato memoria, con la quale conclude
per la inammissibilità o per il rigetto del ricorso, sostenendo che nella specie, dato il
brevissimo tempo dell'uso del veicolo, la pubblica amministrazione non aveva subito
alcun danno apprezzabile, e considerato che l'urgenza del caso (notizia che la
fiqlioletta di tre anni di età era caduta rovinosamente a terra, battendo la testa)
configurava uno stato di necessità.
Si deduce inoltre la inammissibilità del ricorso, perché il ricorrente non ha indicato
quale diverso sviluppo probatorio sarebbe stato possibile nell'eventuale dibattimento.
5. Ad avviso della Corte il ricorso, prospettando censure in punto di fatto, deve essere
dichiarato inammissibile.
6. Il G.u.p, infatti, ha ritenuto provato che l'imputato, mosso da urgenti esigenze
familiari, aveva utilizzato l'autovettura di servizio per un tempo trascurabile e per un
limitato tragitto, considerando, con valutazione in questa sede non censurabile, che il
fatto doveva considerarsi privo di lesività, non essendo stata apprezzabilmente
pregiudicata la funzione pubblicistica cui il veicolo era asservito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Notizia del 23.7.2012 da Grnet e penso che sia giusto postarla qui per completezza.
Corte europea dei diritti dell'Uomo: illegittime le sanzioni disciplinari militari detentive
Senza le opportune garanzie giurisdizionali.
Roma, 23 lug - La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) ha dato ragione a due militari turchi residenti ad Istanbul che hanno impugnato il provvedimento disciplinare loro inflitto dai rispettivi superiori gerarchici che li ha privati della libertà personale.
Ai due ricorrenti, Coskun Koç e Turgay Demir, in date diverse, è stata perfino negata la possibilità di ricorrere ad un giudice indipendente ed imparziale e quindi hanno invocato i giudici di Strasburgo i quali, dopo aver ribadito che la norma invocata dai ricorrenti trova applicazione in relazione a tutte le sanzioni privative della libertà personale, siano esse qualificate come penali o disciplinari dagli Stati contraenti, ha ravvisato nel caso di specie la violazione dell'art. 5 Cedu in quanto, appunto, "avverso il provvedimento coercitivo inflitto dai superiori gerarchici non è stato possibile ricorrere ad un Tribunale indipendente, in grado di assicurare garanzie giurisdizionali adeguate."
La sentenza è destinata a fare scalpore anche in Italia dove, com'è noto, la privazione della libertà personale è prevista come sanzione durante i procedimenti disciplinari. In particolare, il Codice dell'Ordinamento militare prevede per la consegna "la privazione della libera uscita fino al massimo di sette giorni consecutivi" e per la consegna di rigore "il vincolo di rimanere, fino al massimo di quindici giorni, in apposito spazio dell’ambiente militare - in caserma o a bordo di navi - o nel proprio alloggio", anche se, questa ultima fattispecie può essere fatta scontare nel proprio alloggio privato, a discrezione del superiore.
Le sentenze della CEDU hanno valore vincolatorio verso gli Stati firmatari della Convenzione, che si sono impegnati a dare esecuzione alle decisioni della Corte europea. Il controllo sull'adempimento di tale obbligo è rimesso al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
Corte europea dei diritti dell'Uomo: illegittime le sanzioni disciplinari militari detentive
Senza le opportune garanzie giurisdizionali.
Roma, 23 lug - La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) ha dato ragione a due militari turchi residenti ad Istanbul che hanno impugnato il provvedimento disciplinare loro inflitto dai rispettivi superiori gerarchici che li ha privati della libertà personale.
Ai due ricorrenti, Coskun Koç e Turgay Demir, in date diverse, è stata perfino negata la possibilità di ricorrere ad un giudice indipendente ed imparziale e quindi hanno invocato i giudici di Strasburgo i quali, dopo aver ribadito che la norma invocata dai ricorrenti trova applicazione in relazione a tutte le sanzioni privative della libertà personale, siano esse qualificate come penali o disciplinari dagli Stati contraenti, ha ravvisato nel caso di specie la violazione dell'art. 5 Cedu in quanto, appunto, "avverso il provvedimento coercitivo inflitto dai superiori gerarchici non è stato possibile ricorrere ad un Tribunale indipendente, in grado di assicurare garanzie giurisdizionali adeguate."
La sentenza è destinata a fare scalpore anche in Italia dove, com'è noto, la privazione della libertà personale è prevista come sanzione durante i procedimenti disciplinari. In particolare, il Codice dell'Ordinamento militare prevede per la consegna "la privazione della libera uscita fino al massimo di sette giorni consecutivi" e per la consegna di rigore "il vincolo di rimanere, fino al massimo di quindici giorni, in apposito spazio dell’ambiente militare - in caserma o a bordo di navi - o nel proprio alloggio", anche se, questa ultima fattispecie può essere fatta scontare nel proprio alloggio privato, a discrezione del superiore.
Le sentenze della CEDU hanno valore vincolatorio verso gli Stati firmatari della Convenzione, che si sono impegnati a dare esecuzione alle decisioni della Corte europea. Il controllo sull'adempimento di tale obbligo è rimesso al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
Re: Sanzioni disc. a carico di un milit. e procedure da risp
Hai avuto dei giorni di rigore è sei stato privato della liberta?
Come l'hai trascorsi le tue giornate da "carcerato" ed in quali luoghi?
La ritieni ingiusta?
Allora chiedi giustizia a chi di dovere.
Inoltre, vai in internet è metti la parola di ricerca "Militari, libertà personale" e leggi il pdf che è interessante ciò che è scritto:
Diritti fondamentali e ordinamento militare Egregi Signori, Autorità ...
Come l'hai trascorsi le tue giornate da "carcerato" ed in quali luoghi?
La ritieni ingiusta?
Allora chiedi giustizia a chi di dovere.
Inoltre, vai in internet è metti la parola di ricerca "Militari, libertà personale" e leggi il pdf che è interessante ciò che è scritto:
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