Riliquidazione indennità di buonuscita.

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Sempreme064
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da Sempreme064 »

è possibile far funzionare bene le cose in Italia? adesso il privato può chiedere un anticipo del tfr per avere uno stipendio più alto ""al posto di rinnovare i contratti di lavoro"" e non so sino a che punto gli conviene richiederlo in quanto fà reddito quindi più tasse e la pensione sarà più bassa..

altra questione : a Noi la liquidazione la danno al termine dell'attività lavorativa ma ta la fanno ""spendere"" in attesa di definitive riliquidazioni ricalcoli rimesse rivedute raccomandate ricevute ritornate ricalcoli attese scatti etc etc etc etc etc etc ... ma si può?


Sempreme064
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da Sempreme064 »

p.s. dimenticavo i ricorsi...Buona serata..
Sempreme064
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da Sempreme064 »

ma lo sapevate che c'era una manovra in previsione da 40 Miliardi? grazie al p.i.l. 0,1 % e spread basso che ne siamo usciti.. gli investitori hanno più fiducia.. ma di cosa? se domani va via qualch investitore che non si sa dove abbia investito paghiamo la manovra è-- sti soldi quanto vorrei gestirli io altro che manovra..ribuona serata..
Sempreme064
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da Sempreme064 »

comunque speriamo bene.. se in pochi mesi si è riusciti a fare quello che in 20 anni non si è fatto.. l'importante sono i risultati.. chi c'è chi non c'è fa lo stesso...l'importante andare avanti .. lavoro disoccupazione ripresa e benessere.. legalità onestà e libertè..
salvo 63
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da salvo 63 »

Se può essere utile guardando la mia cartella personale nel sito Inps ex INPDAP ho notato che la pratica di riliquidazione indennità di buonuscita è stata chiusa il 16 di questo mese in applicazione alla legge 228/2012 che non capisco il significato, considerate che il progetto di riliquidazione mi è pervenuto il 30 gennaio di quest’anno, comunque sia non ho visto un centesimo .
Un saluto a tutti salvo 63
gino59
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da gino59 »

salvo 63 ha scritto:Se può essere utile guardando la mia cartella personale nel sito Inps ex INPDAP ho notato che la pratica di riliquidazione indennità di buonuscita è stata chiusa il 16 di questo mese in applicazione alla legge 228/2012 che non capisco il significato, considerate che il progetto di riliquidazione mi è pervenuto il 30 gennaio di quest’anno, comunque sia non ho visto un centesimo .
Un saluto a tutti salvo 63
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Beffa per i dipendenti che hanno puntato alla restituzione della trattenuta del 2,50% a titolo di contribuzione sul Tfr prevista dal Dl 78/2010. Nonostante le numerose diffide pervenute, l'Inps - gestione dipendenti pubblici ex Inpdap - non vuole restituire nulla sia ai lavoratori in gestione Tfs che a quelli in regime Tfr, con buona pace della sentenza della Corte costituzionale 223/2012 che aveva stabilito l'incostituzionalità del prelievo forzoso sui trattamenti di fine rapporto e fine servizio.
L'Istituto di previdenza, con il messaggio n. 10065, risponde in questo senso ai dipendenti che, sollecitati soprattutto dalle organizzazioni sindacali, hanno chiesto il rimborso della trattenuta del 2,50% a loro effettuata a titolo di contribuzione Tfr.
Sulla questione è intervenuto dapprima il Dl 185/2012 e poi la legge 228/2012 (legge di stabilità 2013, articolo 1, commi 98-101), i quali hanno abrogato in toto l'articolo 12, comma 10, del Dl 78/2010, azzerandone tutti gli effetti e riportando, in pratica, sempre dal 1° gennaio 2011, i dipendenti pubblici interessati nel regime Tfs.
Contemporaneamente è stata anche disposta l'estinzione di diritto di tutti i ricorsi in essere, fatti salvi quelli già passati in giudicato.
Sulla base del nuovo quadro normativo, l'istituto di previdenza ha, giustamente, rispedito ai richiedenti le lettere di diffida ricevute per la restituzione delle trattenute a titolo di Tfr. Ma la questione che è stata, comunque, posta è un'altra: può una legge del 24 dicembre 2012 (appunto la 228/2012) disporre un reinquadramento del personale in regime Tfs con decorrenza 1° gennaio 2011? Come si concilia questa previsione con il principio della irretroattività delle norme sancito dall'articolo 11 delle disposizioni preliminari del Codice civile, derivazione dell'articolo 25 della Costituzione?
Ma se i dipendenti assunti a tempo indeterminato fino al 2000 potrebbero anche avere ragione di reclamare per le trattenute effettuate nel 2011 e nel 2012, di gran lunga maggiori rivendicazioni dovrebbero vantare i soggetti divenuti dipendenti pubblici dal 2001. Per loro si applica, sin dall'assunzione, il regime Tfr, così come previsto dal Codice civile.
Ma per garantire l'invarianza della retribuzione netta rispetto ai loro colleghi in Tfs, il datore di lavoro è stato obbligato a ridurre lo stipendio lordo di un importo pari al 2,50% della base imponibile. Cioè l'importo proprio della contribuzione a carico del dipendente in regime di Tfs.
È evidente una "molto particolare" salvaguardia della parità del risultato in busta paga dei dipendenti pubblici in regimi previdenziali diversi, ma è altrettanto evidente la disparità di trattamento fra lavoratori pubblici e quelli del settore privato, ai quali viene applicata la medesima normativa di stampo civilistico. È certo che i giudici costituzionali saranno nuovamente chiamati a esprimersi e potrebbero offrire una risposta ancora più ampia sulla questione.
La partita, però, non si gioca solo sul mero piano giuridico. In prospettiva ci sono, infatti, maggiori oneri per le casse dello Stato che potrebbero ammontare a qualche miliardo di euro.
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TFS E TFR TRATTENUTA 2,50 IN LEGGE DI STABILITA’
IN MERITO per rimediare a tale illegittimità il Governo Monti è stato costretto in un primo
momento ad intervenire stabilendo, con il Decreto Legge 185 del 29 ottobre 2012, di
riportare in regime di TFS tutti coloro che erano stati assunti prima del 2001,
ripristinando così per questi lavoratori la legittimità della trattenuta del 2,50%.
Successivamente il decreto legge non è stato convertito in legge ma il suo contenuto è stato di
fatto inserito in legge di stabilità L.228/2012 ai commi 98-99-100.
salvo 63
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da salvo 63 »

gino ti ringrazio per la risposta, infatti mi chiedevo cosa c...zz potevo entrarci io visto che sono andato via a giugno del 2011, in buona sostanza tutto il TFS e stato fatto con la legga 228/2012, sempre in quel posto per lortolano..
buona serata salvo 63
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da salvo 63 »

Gentili amici/colleghi vi informo che in data odierna mi sono recato all’inps per avere notizie della mia pratica chiusa per fine lavorazione ai primi di marzo di quest’anno,con grande ed amara sorpresa mi è stato riferito “con carta stampata”che tutti quelli che fino ad oggi non abbiamo ricevuto un solo centesimo, è dovuto al fatto che abbiamo avuto di più, nel mio caso circa € 260, la cosa positiva che non dobbiamo ritornare indietro queste somme “ forse per legge o per regalo” e che comunque arriveranno a casa per posta queste comunicazioni.
salvo 63
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da panorama »

Ricorso perso
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1) - riliquidazione del trattamento pensionistico, anche privilegiato, con maggiorazione del 18% sui sei scatti aggiuntivi ex art. 11 lege n. 231 del 1990.

2) - i ricorrenti – sottufficiali della Guardia di Finanza che hanno compiuto 30 anni contributivi alla data del 31/12/1992, e poi posti in quiescenza dal 2008 al 2012 (con Decreti n. 52441 del 15 giugno 2009 il C.., n. 5526 del 10 ottobre 2012 il T.., n. 5520 del 3 luglio 2015 il F.., n. 5510 del 01/10/2012 il C.., n. 5011 del 24 giugno 2008 il B.. –
- ) - si dolgono della mancata concessione sulla pensione ordinaria dei sei scatti aggiuntivi di cui all’art.11 della L. n. 231/1990, e della conseguente privazione della maggiorazione del 18% prevista dall'art. 53 T.U. n. 1092/73, come modificato dall'art. 16 L. 176/77.

N.B.: leggete il tutto qui sotto per comprendere tutta la vicenda.
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Sezione PUGLIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 380 Pubblicazione 04/05/2018
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Sentenza. n. 380/2018


REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA PUGLIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Marcello Iacubino ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio iscritto al n. 33205 del registro di segreteria, sul ricorso presentato ad
istanza di:

C.. Gaetano, nato a OMISSIS il ……..1943 (c.f. ……..) residente in Bari alla via ……..;
T.. Pasquale, nato a OMISSIS il ……1946 (c.f. ……..) ed ivi residente alla via ……;
F.. Pasquale, nato a OMISSIS il ……1946 (c.f. …….) ed ivi residente alla via …..;
C.. Francesco, nato a OMISSIS l’…….1946 (c.f. …….) ivi residente alla via ……;
B.. Giuseppe, nato a OMISSIS il …….1942 (c.f. ……..) e residente in Bari alla via …..;

tutti rappresentati e difesi dall'avvocata Maria Dolores Gaudiomonte (c.f. GDMMDL76A43E038Y), e domiciliati presso il suo studio in Bari alla via Principessa Iolanda 4 (fax 0805426623; pec: avvocato.gaudiomonte@pec.it), in virtù di procura in calce al ricorso;

contro:

Comando Guardia di Finanza, R.T.L.A. Puglia (Ufficio Amministrazione), in persona del Ministro dell’Economia p.t., ovvero del legale rappresentante p.t. con sede in Bari alla via Gioacchino Murat n. 59, rappresentato e domiciliato ope legis presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari con sede in Bari alla via Melo n. 97;

per il riconoscimento:
e la riliquidazione del trattamento pensionistico, anche privilegiato, con maggiorazione del 18% sui sei scatti aggiuntivi ex art. 11 lege n. 231 del 1990.

Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;

visti: la legge n. 205/2000 e il Codice di giustizia contabile approvato con d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, in particolare gli artt. 151 e ss.;

uditi, nella pubblica udienza del 3 maggio 2018, l’avv.ta Gaudiomonte e il Luogotenente Donato Pascazio per il Comando della Guardia di Finanza.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso depositato in data 26.1.2017 e notificato il 26.03.2018, i ricorrenti – sottufficiali della Guardia di Finanza che hanno compiuto 30 anni contributivi alla data del 31/12/1992, e poi posti in quiescenza dal 2008 al 2012 (con Decreti n. 52441 del 15 giugno 2009 il C.., n. 5526 del 10 ottobre 2012 il T.., n. 5520 del 3 luglio 2015 il F.., n. 5510 del 01/10/2012 il C.., n. 5011 del 24 giugno 2008 il B.. – si dolgono della mancata concessione sulla pensione ordinaria dei sei scatti aggiuntivi di cui all’art.11 della L. n. 231/1990, e della conseguente privazione della maggiorazione del 18% prevista dall'art. 53 T.U. n. 1092/73, come modificato dall'art. 16 L. 176/77.

A fondamento del ricorso hanno dedotto, in via preliminare:

- che i ricorrenti, militari collocati in quiescenza per limiti di età, alla data del 31/12/1992 avevano già maturato il massimo di anzianità contributiva, e dunque 30 anni di servizio utile, corrispondente alla massima aliquota di rendimento pari all'80% della base pensionabile (art. 6 della legge 1543/1963);

- in secondo luogo, l’irrilevanza del disposto di cui all’art. 4 del D. Lgs. n. 165/1997, in quanto tale norma riguarda le pensioni liquidate in due quote, come previsto dall’art. 13 del D. Lgs. n. 503/1992 (disciplina che non è stata applicata per la liquidazione del loro trattamento per essere gli stessi in possesso della massima anzianità contributiva alla data del 31.12.1992), mentre la base pensionabile della propria pensione è definita soltanto dall’art. 53 del TU n. 1092/1973.

Hanno richiamato, quindi, la deliberazione della sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti della Toscana n. 3/2002 del 4.4.2002, l’orientamento espresso dalla richiamata giurisprudenza di diverse sezioni della Corte dei Conti, il contenuto della circolare INPDAP n. 18 del 18.9.2009 e della circolare del Ministero della Difesa del 4.3.2003, tutti concordi nel ritenere che quando il soggetto abbia raggiunto alla data del 31.12.1992 il massimo dell’anzianità contributiva la pensione deve essere liquidata integralmente in base alla sola quota A di cui all’art. 13 del D. Lgs. n. 503/1992, rappresentando che in base all’interpretazione recata da tali atti il beneficio dei sei scatti deve essere considerato quale unicum con lo stipendio e come tale assoggettato alla maggiorazione del 18 per cento.

2. Il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo di Puglia della Guardia di Finanza, costituito in giudizio con memoria depositata in data 5.4.2018, ha rappresentato che:

i) la mancata inclusione del beneficio dei sei scatti dello stipendio nella base pensionabile è dovuta alla circostanza che la Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti, a suo tempo, aveva mosso rilievi su provvedimenti di liquidazione di pensione di altri colleghi proprio sul punto della maggiorazione di tale beneficio del 18%;

ii) il provvedimento impugnato aveva conseguito la registrazione da parte della Sezione di controllo stessa;
iii) ha operato con legittimità.

Di conseguenza, ha chiesto il rigetto del ricorso; in subordine ha eccepito la prescrizione quinquennale in relazione ai maggiori ratei eventualmente dovuti.

3. All’udienza del 3.5.2018, l’avv.ta Gaudiomonte per la parte ricorrente ed il Luogotenente Pascazio per la Guardia di Finanza si sono riportati agli atti scritti, insistendo per le conclusioni ivi rassegnate e chiedendo la prima la compensazione delle spese di giudizio in caso di eventuale soccombenza.

Il giudizio è stato quindi introitato per la decisione e definito come da dispositivo, letto nella stessa udienza, di seguito trascritto.

4. Nel merito, il ricorso è infondato.

Il giudizio verte sul computo in base pensionabile, con conseguente maggiorazione del 18%, del beneficio dei sei scatti stipendiali di cui all’art. 11 della legge n. 231/1990.

Tale disposizione ha sostituito il comma 15-bis dell'art. 1, D.L. 16 settembre 1987, n. 379: tale comma, così novellato (poi abrogato dal D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66), prevedeva che “Ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della legge 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati, che cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti, sono attribuiti, ai soli fini pensionistici e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, sei scatti calcolati sull'ultimo stipendio, ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e gli scatti generici, in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante”.

Ai fini del calcolo della base pensionabile, nel caso di specie, occorre far riferimento all’art. 53 del d.P.R. n. 1092/1973, in applicazione dell’art. 13 della legge 503/1992 che fa salva la previgente disciplina per i dipendenti, come i ricorrenti, che alla data del 31.12.19992 vantavano la massima anzianità contributiva prevista dalla legge (per i sottufficiali della Guardia di Finanza 30 anni).

Tale disposizione sancisce che: “Ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, escluso quello indicato nell'articolo 54, penultimo comma, la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati, integralmente percepiti, è aumentata del 18 per cento:

a) indennità di funzione per i generali di brigata ed i colonnelli, prevista dall'articolo 8 della legge 10 dicembre 1973, n. 804;

b) assegno perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti dall'articolo 1 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, in favore degli ufficiali di grado inferiore a colonnello o capitano di vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa;

c) assegno personale previsto dall'articolo 202 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, applicabile al personale militare in base all'articolo 3 della legge 8 agosto 1957, n. 751.

Agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”.

Da quanto riportato circa il quadro normativo di riferimento è evidente che, seppure i ricorrenti si trovino nelle condizioni previste dall’art. 1, comma 15-bis, del D.L. 16 settembre 1987, n. 379 (cessazione dal servizio per limiti di età) per l’attribuzione del beneficio dei sei scatti di stipendio ai soli fini pensionistici e nei suoi confronti il trattamento di pensione vada calcolato interamente in base al metodo retributivo di cui all’art. 53 del DPR 1092/1973 (per essere in possesso alla data del 31.12.2992 della massima anzianità contributiva), tuttavia l’inclusione del beneficio di che trattasi nella base pensionabile non è espressamente previsto da alcuna disposizione di legge.

Non è peraltro convincente la distinzione che, in base alla delibera della Sezione del Controllo Toscana (n. 3/2002 del 4.4.2002), opera la circolare del Ministero della Difesa del 4.3.2003, in relazione alla diversa formulazione del predetto art. 1, comma 15-bis del D.L. 16 settembre 1987, n. 379 rispetto al successivo art. 4 del D. Lgs. n. 165/1997 (ritenendo applicabile la maggiorazione del 18% su tale beneficio pensionistico per il personale che, pur cessato dal servizio dopo il 1998, abbia maturato la massima anzianità di servizio alla data del 31.12.1992), né la motivazione di alcune pronunce giurisdizionali (Sez. App. Sicilia sent. n. 380/2011) che fondano l’interpretazione favorevole ai ricorrenti sulla natura stipendiale del beneficio in parola.

Invero, la ritenuta diversità di disciplina tra quanto previsto dalla norma del 1987, come modificata nel 1990, e quanto previsto nel 1997 (D. Lgs. n. 167), ad avviso del giudicante non sussiste. Quest’ultima norma, infatti, si limita a stabilire che i vari benefici, tra cui anche quello previsto dall’art. 11 della legge 1/1990, “sono attribuiti, in aggiunta alla base pensionabile definita ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, all'atto della cessazione dal servizio da qualsiasi causa determinata, con esclusione del collocamento in congedo a domanda, e sono assoggettati alla contribuzione previdenziale …”. In sostanza, con tale disposizione da un lato si amplia la previsione della valorizzazione a fini pensionistici di tale beneficio anche per i pensionamenti per i quali il trattamento deve essere liquidato secondo le due quote previste dall’art. 13 del D. Lgs. n. 503/1992 (per le cessazioni dal servizio da qualunque causa determinate), dall’altro lo si assoggetta a contribuzione previdenziale, senza nulla prevedere, analogamente a quanto disponeva il precedente art. 11 della Legge 231 del 1990, circa l’inclusione di tale emolumento nella base pensionabile.

L’argomento, poi, che fa leva sulla natura stipendiale del beneficio non è rilevante, posto che il citato art. 53 del DPR n. 1092/1973 prevede il computo nella base pensionabile con la maggiorazione del 18% solo dello stipendio integralmente percepito, sicché la natura stipendiale del beneficio stesso non è sufficiente ai fini della maggiorazione del 18%, reclamata dalla parte ricorrente, in assenza dell’effettiva percezione degli scatti stipendiali stessi.

Inoltre, è utile riportare le ulteriori argomentazioni svolte dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti (sent. n. 9/2011/QM) in occasione dell’esame della questione di massima concernente altro analogo beneficio pensionistico (assegno di funzione), che, come la stessa pronuncia ha chiarito, valgono anche per altri assegni, come quello di cui si discute nel presente giudizio, di cui è prevista per legge la mera valutazione a fini pensionistici:

«l’art. 53, come modificato dall’art. 16 della legge n. 177 del 1976, ha trasformato la tradizionale nozione della “base pensionabile” quale coacervo degli emolumenti utili a pensione da prendere a base per il calcolo del trattamento di quiescenza, tanto da non potersi affermare che vi sia ancora una perfetta sovrapponibilità tra “retribuzione pensionabile” e “base pensionabile”. In realtà, quella nozione unitaria è stata spezzata in due frammenti, nel senso che la “base pensionabile” è pur sempre l’insieme degli emolumenti “pensionabili” che costituiscono il termine di riferimento per il calcolo della pensione, ma «la base pensionabile … aumentata del 18 per cento» è solo quella costituita dallo stipendio e dagli assegni indicati nel comma 1 dell’art. 53 e da quegli altri assegni pensionabili relativamente ai quali, ai sensi del comma 2, sia espressamente prevista da una disposizione di legge «la valutazione nella base pensionabile».

In definitiva, le Sezioni Riunite hanno affermato che ai fini della maggiorazione del 18% occorre di volta in volta verificare se un assegno o un’indennità utili a pensione rientrino tra quelli espressamente indicati nell’art. 53, comma 1, del D.P.R. n. 1092 del 1973 ovvero se, come previsto nel comma 2, si tratti di assegno o indennità che – oltre ad essere previsti come pensionabili – abbiano ricevuto dalla legge istitutiva la connotazione espressamente dichiarata di componenti della base pensionabile.

Su tale presupposto, per ciò che attiene all’assegno funzionale, le Sezioni Riunite hanno ribadito il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 9/2006/QM del 29 settembre 2006 secondo cui l’assegno, ancorché pensionabile, non può beneficiare dell’aumento del 18%, evidenziando che:

- l’assegno in questione non ha le connotazioni previste nei commi 1 e 2 dell’art. 53 affinché un emolumento entri a far parte della base pensionabile aumentata del 18%. Per un verso, non rientra nel disposto del comma 2, trattandosi di assegno che la legge istitutiva (decreto legge n. 379 del 1987, convertito in legge n. 468 del 1987, per i sottufficiali delle Forze armate; decreto legge n. 387 del 1987, convertito in legge n. 472 del 1987, per gli appartenenti ai Corpi di Polizia) qualifica come utile a pensione senza enunciarne «espressamente la valutazione nella base pensionabile».

- che l’espressione secondo cui i relativi importi «si aggiungono alla retribuzione individuale di anzianità», contenuta nell’art. 1, comma 9, del decreto legge n. 379 del 1987, convertito in legge n. 468 del 1987, non può essere valorizzata fino al punto da affermare – senza altre esplicite indicazioni normative – che l’assegno funzionale acquisti per ciò solo, e per tutti gli effetti di legge, natura retributiva. In realtà, deve rilevarsi che l’espressione evidenzia proprio l’autonomia di tale assegno rispetto alla retribuzione cui si “aggiunge”; l’assegno funzionale mantiene, quindi, la sua natura giuridica di complemento accessorio dello stipendio, avendo peraltro “effetto” – come gli altri elementi che concorrono a formare la retribuzione – «sul trattamento ordinario di quiescenza», ai sensi dello stesso art. 1, comma 10, del ripetuto d.l. n. 379/1987;

- l’art. 4 della legge 8 agosto 1990 n. 231, nell’aumentare la misura dell’assegno, ne conferma la pensionabilità senza prevederne «espressamente la valutazione nella base pensionabile».

Il principio di diritto non contempla anche altri specifici emolumenti. Tuttavia, le stesse Sezioni Riunite, come si è detto, hanno precisato che «ovviamente, i principi di diritto qui enunciati non possono non valere per qualunque assegno o indennità pensionabile».

Alla luce di quanto fin qui considerato, il ricorso deve essere respinto, non potendosi assoggettare il beneficio pensionistico dei sei scatti stipendiali, conseguito dai ricorrenti, alla pretesa maggiorazione del 18% previsto solo per gli emolumenti rientranti espressamente nella base pensionabile. Si veda, in senso conforme, Sez. Terza d’appello, sent. n. 654/2014 del 10/12/2014; id.: questa stessa Sezione, sent. n. 484 del 21/11/2017 e, da ultimo, Sezione I Appello, sent. n. 318 del 12/09/2017, secondo cui: «Punto C) In merito al riconoscimento della maggiorazione del 18% dell’assegno funzionale per il trattamento pensionistico, l’appello va accolto, in quanto nessuno degli originari ricorrenti può ritenersi destinatario del suddetto beneficio, ai sensi del consolidato principio di diritto espresso dalle Sezioni Riunite, nelle sentenze nn. 6/QM/2004 e 9/QM/2006, ribadito anche nella sent. n. 9/QM/2011. Da esse promana con certezza il principio inequivocabile in base al quale “l’assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti alle Forze Armate dall’art. 1, comma 9, DL 16 settembre 1987, n. 379, convertito nella Legge 14 novembre 1987, n. 468, nonché l’analogo assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti ai Corpi di polizia dall’art. 6, DL 21 novembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni nella Legge 20 novembre 1987, n. 472, ancorchè pensionabili, non sono inclusi nella base pensionabile e quindi non possono usufruire della maggiorazione del 18% in relazione all’art. 53, comma 1 del DPR 29 dicembre 1973, n. 1092, come modificato dall’art. 16 della Legge 29 aprile 1976, n. 177».

5. In conclusione, il ricorso in esame va respinto.

Le spese di lite vanno compensate, attesa la mancata presentazione, da parte dell’Amministrazione resistente, costituita a mezzo di propri funzionari, di apposita nota delle spese liquidabili, che abbia concretamente affrontato in questo giudizio.

PER QUESTI MOTIVI

la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra deduzione, eccezione e domanda, rigetta il ricorso di cui in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso, in Bari, all’esito della pubblica udienza del 3 maggio 2018.
IL GIUDICE
F.to (Marcello Iacubino)



Depositata in Segreteria il 04/05/2018


Il Responsabile della Segreteria
Il Funzionario di Cancelleria
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panorama
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da panorama »

Ricorso Accolto.
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1) - il Col. Carlo Trinchera, posto in congedo dall’Esercito Italiano con decorrenza dal 30 dicembre 2001, lamentava che l’Ente previdenziale aveva omesso di corrispondere in maniera corretta le somme a lui spettanti a titolo di liquidazione dell’indennità di “buonoscita”, calcolata per 21 anni, 2 mesi e 22 giorni di servizio.

2) - Ciò perché era valutabile, in realtà, oltre a un periodo pari a 27 anni, 2 mesi e 27 giorni, come calcolato nel relativo “progetto di liquidazione” da parte dell’Ufficio Tecnico Territoriale “Armi e Missilistica” di Nettuno, anche l’ammissione “a riscatto” a tal fine di 6 anni e 4 mesi di ulteriori periodi di servizio che erano indicati, per un totale di 33 anni e 6 mesi circa.

Il TAR precisa:

3) - E’ stato infatti precisato dalla giurisprudenza che, in materia indennità di buonuscita dei dipendenti statali, disciplinata dal d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, .............., la liquidazione di tale indennità, analogamente al trattamento di quiescenza richiamato dalla disciplina normativa citata, va determinata in base alla durata del servizio, ivi dovendosi computare i periodi di servizio effettivo e, in mancanza, quelli “utili”, vale a dire “riscattati”, o comunque ammessi al riscatto;
- ) - questi ultimi, tuttavia, non possono essere sovrapposti a quelli di servizio effettivo, di modo che, se un determinato periodo è fornito di contribuzione connessa alla prestazione effettiva di servizio, non può essere considerato “utile”, ai fini della liquidazione della buonuscita, un contemporaneo periodo di servizio non effettivo, ma riscattato mediante versamento dei contributi, o comunque ammesso al riscatto, a nulla valendo che, per tale periodo, l'interessato abbia ottenuto uno specifico provvedimento di riscatto ed abbia versato la relativa contribuzione (Cass. Civ. SSUU, 30.10.08, n. 26019).

4) - Così pure, è stato evidenziato che in forza del principio del collegamento strutturale tra la retribuzione contributiva e l'indennità di buonuscita sancito dall'art. 38 d.P.R. n. 1032 del 1973, l'Inpdap deve provvedere a liquidare detta indennità sulla base della documentazione prodotta dall'amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico cessato dal servizio, da cui risultino gli anni di servizio prestati e per i quali erano stati versati i contributi o da parte dell'amministrazione o da parte dello stesso dipendente a seguito di provvedimenti di “riscatto” (TAR Lazio, Sez. III, 1.4.03, n. 2876).
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201805033,- Public 2018-05-05 -
Pubblicato il 05/05/2018

N. 05033/2018 REG. PROV. COLL.
N. 03628/2007 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3628 del 2007, proposto da
Carlo Trinchera, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Bacci, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via L. Capuana, 207;

contro
- Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

- Inpdap - Istituto Nazionale Previdenza Dipendenti Amministrazione Pubblica, non costituito in giudizio;

per l'accertamento del diritto
spettante al ricorrente alla riliquidazione del trattamento dell’indennità di buonuscita INPDAP.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza “smaltimento” del 13 aprile 2018 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con rituale ricorso a questo Tribunale, il Col. Carlo Trinchera, posto in congedo dall’Esercito Italiano con decorrenza dal 30 dicembre 2001, lamentava che l’Ente previdenziale aveva omesso di corrispondere in maniera corretta le somme a lui spettanti a titolo di liquidazione dell’indennità di “buonoscita”, calcolata per 21 anni, 2 mesi e 22 giorni di servizio.

Ciò perché era valutabile, in realtà, oltre a un periodo pari a 27 anni, 2 mesi e 27 giorni, come calcolato nel relativo “progetto di liquidazione” da parte dell’Ufficio Tecnico Territoriale “Armi e Missilistica” di Nettuno, anche l’ammissione “a riscatto” a tal fine di 6 anni e 4 mesi di ulteriori periodi di servizio che erano indicati, per un totale di 33 anni e 6 mesi circa.

Il ricorrente, quindi, lamentava: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. 1032/1973. Eccesso di potere nelle forme sintomatiche dell’errore nell’accertamento dei presupposti, illogicità e contraddittorietà manifesta, difetto di istruttoria”.

Il progetto di liquidazione INPDAP non menzionava il servizio effettivo prestato dal ricorrente né elencava tutti i periodi sottoposti a “riscatto”, secondo quando sopra evidenziato, nel rispetto del dettato dell’art. 3, commi 2 e 3, d.p.r. n. 1032/1973, che indica la base contributiva dell’indennità in questione.

Si costituiva in giudizio in Ministero della Difesa con atto di mera forma.

Alla pubblica udienza “straordinaria” del 13 aprile 2018, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio, ribadita la sua giurisdizione (Cons. Stato, Sez. III, 6.12.17, n. 5850; TAR Lazio, Sez. I bis, 4.1.16, n. 18 e Sez. III ter, 13.2.18, n. 1721), ritiene la fondatezza del ricorso, nei termini che si vanno a precisare.

E’ stato infatti precisato dalla giurisprudenza che, in materia indennità di buonuscita dei dipendenti statali, disciplinata dal d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, poiché il connesso trattamento economico realizza una funzione propriamente previdenziale, sia pure mediante la corresponsione di un'indennità commisurata alla base contributiva dell'ultima retribuzione percepita, la liquidazione di tale indennità, analogamente al trattamento di quiescenza richiamato dalla disciplina normativa citata, va determinata in base alla durata del servizio, ivi dovendosi computare i periodi di servizio effettivo e, in mancanza, quelli “utili”, vale a dire “riscattati”, o comunque ammessi al riscatto; questi ultimi, tuttavia, non possono essere sovrapposti a quelli di servizio effettivo, di modo che, se un determinato periodo è fornito di contribuzione connessa alla prestazione effettiva di servizio, non può essere considerato “utile”, ai fini della liquidazione della buonuscita, un contemporaneo periodo di servizio non effettivo, ma riscattato mediante versamento dei contributi, o comunque ammesso al riscatto, a nulla valendo che, per tale periodo, l'interessato abbia ottenuto uno specifico provvedimento di riscatto ed abbia versato la relativa contribuzione (Cass. Civ. SSUU, 30.10.08, n. 26019).

Così pure, è stato evidenziato che in forza del principio del collegamento strutturale tra la retribuzione contributiva e l'indennità di buonuscita sancito dall'art. 38 d.P.R. n. 1032 del 1973, l'Inpdap deve provvedere a liquidare detta indennità sulla base della documentazione prodotta dall'amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico cessato dal servizio, da cui risultino gli anni di servizio prestati e per i quali erano stati versati i contributi o da parte dell'amministrazione o da parte dello stesso dipendente a seguito di provvedimenti di “riscatto” (TAR Lazio, Sez. III, 1.4.03, n. 2876).

Ala luce di quanto dedotto, quindi, e anche in assenza di difese dell’Amministrazione, il ricorso deve essere accolto nel senso che sussiste l’obbligo dell’Amministrazione di rivedere il progetto di liquidazione dell’indennità per cui è causa al fine di valutare anche i periodi di servizio effettivi “riscattati” dal ricorrente. A ciò le amministrazioni intimate dovranno provvedere senza indugio, ciascuna per la sua competenza.

La peculiarità della fattispecie consente di compensare eccezionalmente le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione. Salvi ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Anna Bottiglieri, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Ivo Correale, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ivo Correale Anna Bottiglieri





IL SEGRETARIO
yerri63

Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da yerri63 »

Occhio che ti devono aggiornare la pensione in base a quel contratto,anch'io sono andato via 2009,nel 2015 mi arriva questa lettera che e arrivata anche a te che ti riliquidano la tfs.fai attenIone devi dire all'Inps che aggiornano la pensione nel mio caso anno fatto orecchie e mercante sia c.n.a che inps sto ancora ad aspettare.
panorama
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da panorama »

Ricorso Accolto.

1) - ricostruzione della carriera stipendiale dal 13/11/1979 al 1989, anno del congedo, con attribuzione dei benefici previsti dall’art. 117, lett. b), del r.d. 3458/1928 e conseguente rivalutazione della buonuscita, il tutto con gli interessi legali, la rivalutazione monetaria e le spese di giustizia;

2) - il ricorrente – S. Tenente dei Carabinieri, in congedo dal 13 agosto 1989 – chiede l’accertamento del diritto alla ricostruzione della carriera e, segnatamente, all’aumento dell’anzianità di servizio ai fini economici con decorrenza dal 13 novembre 1979, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1 della legge n. 539 del 1950 e 117 del R.D. n. 3458 del 1928.

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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201807404, - Public 2018-07-04 -
Pubblicato il 04/07/2018


N. 07404/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00487/2013 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 487 del 2013, proposto da
Amedeo Colaiacomo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luigi Funari e Antonio Funari, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Funari in Roma, via Girolamo da Carpi n. 1;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t.;

Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante p.t.;
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui sono legalmente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’accertamento
del diritto del ricorrente alla ricostruzione della carriera stipendiale dal 13/11/1979 al 1989, anno del congedo, con attribuzione dei benefici previsti dall’art. 117, lett. b), del r.d. 3458/1928 e conseguente rivalutazione della buonuscita, il tutto con gli interessi legali, la rivalutazione monetaria e le spese di giustizia;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2018 la dott.ssa Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 3 gennaio 2013 e depositato il successivo 17 gennaio 2013, il ricorrente – S. Tenente dei Carabinieri, in congedo dal 13 agosto 1989 – chiede l’accertamento del diritto alla ricostruzione della carriera e, segnatamente, all’aumento dell’anzianità di servizio ai fini economici con decorrenza dal 13 novembre 1979, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1 della legge n. 539 del 1950 e 117 del R.D. n. 3458 del 1928.

In particolare, il ricorrente espone quanto segue:

- essendo stato giudicato in data 13 novembre 1979 “invalido per servizio di 7^ categoria” dalla C.M.O. dell’Ospedale Militare di Roma, il successivo 14 febbraio 1980 inoltrava domanda al Comando Legione CC. Lazio per chiedere i benefici “spettanti ai sensi delle suddette leggi”;

- la domanda de qua veniva rigettata con nota del 22 febbraio 1980, riportante – a supporto della decisione adottata - la motivazione che i benefici in discussione “possono essere applicati solo quando all’interessato sia stato liquidato l’equo indennizzo”;

- non condividendo la posizione assunta dall’Amministrazione e, comunque, avendo ottenuto la concessione dell’equo indennizzo con decreto n. 1244 del 14 settembre 1984, reiterava la stessa domanda nel 1985, 1989, 1993 e 1997, al fine di evitare il maturare del termine prescrizionale, finché – con atto dispositivo n. 288 del 12 gennaio 1998 – gli veniva riconosciuto l’incremento dell’1,25% dello stipendio tabellare, con decorrenza dal 7 gennaio 1985;

- tale atto dispositivo era, però, oggetto di annullamento con nota del 24 febbraio 1998, “in quanto il beneficio richiesto non può essere attribuito significando che l’interessato è stato collocato in congedo il 14.08.1989”;

- con successiva nota del 9 aprile 1998 l’Amministrazione precisava che “cionondimeno, si attribuirà il beneficio in questione secondo le disposizioni vigenti alla data del 07/01/85” e, conseguentemente, nel mese di novembre 1998 riceveva la somma di L. 313.700 per “liquidazione dei benefici per il periodo 01.11.1979/01.02.1981” per scatto anticipato, con relativo assorbimento all’atto della “normale progressione economica”;

- ciò detto, presentava ulteriori domande, “tendenti ad ottenere il beneficio con il rispetto dell’art. 117 anche per il periodo successivo al 1981”;

- atteso che tali domande “non diedero nessun esito,… in data 20.10.2001 .. inoltrò ricorso straordinario al Capo dello Stato”, poi sfociato nel decreto 5 novembre 2004, reso sui pareri favorevoli del Ministero della Difesa e del Consiglio di Stato, di accoglimento dell’azione proposta “con conseguente obbligo dell’Amministrazione di assumere gli ulteriori provvedimenti di sua competenza” in conformità ai principi elencati;

- con A.D. n. 14818 del 2 maggio 2006 l’Amministrazione attribuiva uno scatto aggiuntivo dell’1,25% dello stipendio in godimento al 13.11.1979, per un ammontare di L. 39.375 annue lorde, “non rivalutabile e non riassorbile”;

- tenuto conto della mancata corresponsione degli arretrati di competenza da parte dell’INPDAP “dal 14.8.1989 ad oggi” ma anche del mancato riconoscimento di un “secondo scatto” per l’aggravamento subito, presentava due ricorsi alla Corte dei Conti, sfociati rispettivamente nella sentenza n. 44 del 14 gennaio 2011 di inammissibilità per difetto di giurisdizione e nella sentenza di rigetto n. 1433/2011 (avverso la quale “è pendente ricorso in appello”).

Tutto ciò detto, il ricorrente denuncia che – mediante l’adozione dell’A.D. 14818 del 2 maggio 2006, comportante il mero riconoscimento di L. 39.375 “quale somma corrispondente all’1,25% dello stipendio”, in dichiarata applicazione, tra l’altro, della “circolare n. GPM/IV/11^/CD/139758 datata 09.11.2001” – il Ministero della Difesa ha operato in spregio del disposto dell’art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928, prescrivente – come noto – il beneficio dell’anticipazione di un anno sulla maturazione dello scatto stipendiale, connotato, tra l’altro, da carattere “permanente ed imprescrittibile”, e – a seguito, peraltro, del computo dell’incidenza di tale beneficio sullo stipendio e, conseguentemente, sulla pensione per una somma pari a L. 3.607.414 – chiede, in conclusione, di:

- accertare la spettanza del beneficio richiesto nei termini dal predetto indicati, ossia mediante il ricalcolo dello scatto “al fine di evitare il riassorbimento “strisciante” ai sensi dell’art. 117 di cui sopra (senza rilevanza alcuna di quanto riportato nella “circolare del 2001” e nella legge sulla r.i.a., entrata in vigore nel 1987), sulla base, tra l’altro, della corretta individuazione del livello dello stipendio in godimento alla data del 13 novembre 1979 (indicato nel VI, anziché V, preso in considerazione nell’A.D. n. 14818 del 2006);

- condannare l’Amministrazione intimata alla ricostruzione dei carriera stipendiale con i benefici in esame dal 13 novembre 1979 al 1989 (congelamento) e, dunque, alla corresponsione delle somme a tale titolo dovute e non corrisposte anche in relazione all’indennità di “buonuscita”, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Con atto depositato in data 28 gennaio 2013 si è costituito il Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, il quale – il successivo 11 gennaio 2018 – ha prodotto documenti e, precipuamente, una relazione dell’Ufficio Contenzioso del citato Comando, corredata da allegati, in cui – a seguito di una rappresentazione dell’evoluzione della vicenda nel tempo – è posto in evidenza, in sintesi, quanto segue: - come disposto nella circolare n. GPM/IV/11^/CD/139758 del 9 novembre 2001, per le infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio ascrivibili alle due classi 7^ e 8^ della tabella A il beneficio di cui si discute “deve computarsi applicando la ragione percentuale” dell’1,25%; - ciò detto, i provvedimenti di diniego opposti al ricorrente sono in linea con la citata circolare, specie nella parte in cui si afferma la necessità dell’intervento del provvedimento di ascrivibilità ad una delle categorie di pensione di cui alla Tabella A…. durante la permanenza in servizio e non dopo il collocamento in congedo”.

Il successivo 4 aprile 2018 anche il ricorrente ha prodotto documenti.

Con memoria depositata 10 aprile 2018 il ricorrente ha essenzialmente ribadito il proprio diritto all’abbreviazione di un anno per la determinazione dello stipendio (e non, per contro, allo scatto aggiuntivo applicato dall’Amministrazione, oggetto, tra l’altro, di riassorbimento integrale).

Anche l’Amministrazione ha prodotto in data 20 aprile 2018 uno scritto difensivo, teso ad affermare non solo la correttezza degli importi stipendiali dalla predetta indicati ed a precisare che, “essendo stata soppressa” dal 1987 la “progressione economica per classi e scatti”, il calcolo del beneficio non poteva che essere elaborato applicando la percentuale dell’1,25% (con ulteriore evidenza della natura di “emolumento fisso non riassorbibile” del beneficio in discussione), ma anche a contestare il cumulo di interessi e rivalutazione “sugli emolumenti arretrati dei pubblici dipendenti” ex art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994 e, ancora, a eccepire l’estinzione del diritto per intervenuta prescrizione in “relazione a tutto il periodo antecedente al quinquennio dalla proposizione del ricorso…. o, al più, in relazione a tutto il periodo antecedente al quinquennio dalla proposizione, nell’anno 2009, del ricorso dinanzi alla Corte dei Conti”.

A fronte di tale memoria, in data 24 aprile 2018 il ricorrente ha prodotto una memoria di replica con cui ha eccepito la tardività dello scritto difensivo di cui sopra e, conseguentemente, affermato “la sua inutilizzabilità ai fini del presente giudizio”, aggiungendo - “per mero scrupolo difensivo” – la costante interruzione del termine prescrizionale e l’inopponibilità della normativa sulla R.I.A. (retribuzione individuale di anzianità) in quanto introdotta “solo successivamente” all’insorgenza del diritto al beneficio.

All’udienza pubblica del 16 maggio 2018 – nel corso della quale i difensori delle parti in causa hanno dichiarato di “volersi riportare agli scritti”, come da verbale – il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto ai sensi e nei termini di seguito indicati.

1.1. Al fine del decidere, appare opportuno porre in evidenza che – come desumibile da quanto rappresentato dalle parti in causa e, comunque, tenuto conto delle peculiarità che connotano l’azione proposta - la controversia in esame sostanzialmente investe i seguenti aspetti:

- la sussistenza o meno del diritto del ricorrente a vedersi riconosciuto un determinato trattamento stipendiale, in virtù del disposto dell’art. 117, comma 1, lett. b), del R.D. n. 3458 del 1928, differente da quello riconosciuto e, quindi, erogato a seguito dell’A.D. n. 14818 del 2006;

- la verifica, dunque, se – in termini generali - l’Amministrazione abbia provveduto nel rispetto della previsione in argomento;

- in caso di risposta positiva in relazione alla debenza del beneficio di cui all’art. 117 in esame nei termini e secondo le modalità esposte dal ricorrente e di risposta negativa in ordine alla corretta corresponsione del trattamento stipendiale conseguentemente spettante da parte dell’Amministrazione, l’effettiva maturazione o meno della prescrizione da quest’ultima opposta in “relazione al periodo antecedente al quinquennio dalla data di proposizione del ricorso o, al più, … al quinquennio dalla proposizione, nell’anno 2009, del ricorso dinanzi alla Corte dei Conti” (tenuto, peraltro, conto della piena valenza dell’eccezione de qua anche in virtù dell’espresso e formale richiamo – operato nel corso dell’udienza pubblica – dal difensore della citata Amministrazione agli scritti difensivi prodotti).

2. In via preliminare, il Collegio ravvisa validi motivi per affermare che la titolarità in capo al ricorrente del diritto al beneficio di cui all’art. 117 del r.d. n. 3458 del 1928 può essere ragionevolmente configurata in termini di situazione giuridica soggettiva già positivamente accertata o, comunque, indiscussa.

In tale senso, infatti, primariamente depongono:

- la nota del Comando Regione Carabinieri Lazio del 9 aprile 1998 (cfr. all. n. 11 al ricorso);

- l’esito del ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dal ricorrente nel 2001 e, specificamente, l’accoglimento di quest’ultimo con il decreto in data 5 novembre 2004, sulla base del parere del Consiglio di Stato, Adunanza della Sezione terza del 9 marzo 2004.

A conferma del pieno assoggettamento – ratione temporis – della vicenda in esame alla disciplina del r.d. in argomento si pongono, tra l’altro, i seguenti rilievi:

- nel richiamato parere si dà conto che “il solo presupposto per il beneficio è costituito dall’esistenza del verbale della Commissione medica con il quale, in costanza di servizio del dipendente, sia stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio di una infermità ascrivibile ad una delle categorie di cui alla … tabella A, come si desume dall’art. 3 della ripetuta legge n. 539 del 1950”;

- la documentazione prodotta agli atti dal ricorrente prova che quest’ultimo è stato riconosciuto dalla C.M.O. dell’Ospedale Militare di Roma invalido “per servizio di 7^ categoria” con verbale in data 13 novembre 1979 (epoca in cui il predetto prestava – appunto - ancora servizio);

- l’art. 1801 del codice dell’ordinamento militare è - comunque - entrato in vigore solo nel 2010.
In conclusione, chiara si profila l’operatività dell’art. 117 in esame in relazione alla controversia in trattazione.

3. Ciò detto, deve essere valutata la correttezza dell’operato dell’Amministrazione e, precipuamente, la conformità di quest’ultimo al disposto dell’art. 117 del r.d. n. 3458 del 1928.

A tale fine appare opportuno ricordare che:

- il menzionato art. 117, al comma 1, dispone che “agli ufficiali in servizio permanente ed a quelli in congedo è concessa, agli effetti della determinazione dello stipendio: …… b) l’abbreviazione di un anno se, al 1° aprile 1922, abbiano conseguita la croce di guerra o abbiano riportato ferite di guerra, ovvero siano mutilati o invalidi di guerra ascritti alle ultime quattro categorie giusta la tabella” annessa al decreto luogotenenziale 20 maggio 1917, n. 876, “o alla terza categoria giusta l’art. 101 del testo unico predetto”;

- ai sensi dell’art. 1 della legge 15 luglio 1950, n. 539, “i benefici spettanti, secondo le vigenti disposizioni, ai mutilati ed agli invalidi di guerra, nonché ai congiunti dei caduti in guerra, si applicano anche ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio”, con ulteriore precisazione – al successivo art. 3 – che “agli effetti della presente legge si considerano mutilati od invalidi per servizio coloro che alle strette dipendenze dello Stato e degli enti locali, abbiano contratto per causa di servizio militare o civile, debitamente riconosciuta, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, annessa alla legge 19 febbraio 1942, n. 137”.

Ciò detto, la documentazione prodotta agli atti prova quanto segue:

- a fronte dell’avvenuto riconoscimento del beneficio in data 9 aprile 1998, nel mese di novembre del 1998 l’Amministrazione ha corrisposto al ricorrente la somma di L. 313.700, a titolo di “liquidazione dell’importo del beneficio per il periodo dall’1.11.1979 all’1.2.1981, data in cui viene assorbito dal miglioramento economico concesso per il contratto stipendiale dalla Legge 432/81”, con conseguente “divieto di reiterazione del beneficio già concesso” (cfr. anche note dell’Amministrazione dell’8 aprile 1999 e del 13 settembre 2001, di rigetto del “ricorso gerarchico”, e lettera del ricorrente del 15 marzo 2001);

- a seguito del ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dal ricorrente avverso la nota del 13 settembre 2001, il Consiglio di Stato, Sezione Terza, ha reso in data 9 marzo 2004 il parere in precedenza richiamato, in cui è dato leggere che “il beneficio in questione consiste in uno scatto di stipendio che ha effetti permanenti e, quindi, non è riassorbile né rivalutabile” e, conseguentemente, risulta statuita la spettanza dell’attribuzione del “richiesto beneficio stipendiale anche successivamente al 1° febbraio 1981, avendo l’interessato sempre interrotto i termini prescrizionali”, con il connesso obbligo dell’Amministrazione di “assumere gli ulteriori provvedimenti di sua competenza”;

- in asserita esecuzione del decreto del Presidente della Repubblica datato 5 novembre 2004, emesso in esito a tale parere, con atto dispositivo n. 14818 del 2 maggio 2006 il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha riconosciuto la spettanza al ricorrente della somma di L. 39.375 a fare data dal 13 novembre 1979, corrispondente a “nr. 1 scatto aggiuntivo del 1,25%” sullo stipendio (indicato in € 1.626,84).

Sulla base di quanto riportato, il Collegio ritiene che l’Amministrazione non abbia correttamente operato.

Tenendo sempre doverosamente conto che la controversia in esame riguarda il trattamento stipendiale del ricorrente a fare data dal 13 novembre 1979, ossia dal momento in cui la C.M.O. ha giudicato quest’ultimo “invalido per servizio di 7^ categoria”, fino alla data di collocamento in congedo dello stesso (“13.8.1989”), è doveroso ribadire – in stretta aderenza non solo con i contenuti del parere del Consiglio di Stato di cui sopra ma anche della pressoché unanime giurisprudenza in materia (cfr., tra le altre, TAR Lazio, Sez. II, 11 luglio 2016, n. 7927) – che:

- il beneficio previsto dall’art. 117 consiste nell’abbreviazione – per quanto attiene alla posizione del ricorrente – di un anno “dell’anzianità di servizio”, agli effetti della determinazione dello stipendio, ossia concretizza – in sintesi – una “abbreviazione di carriera”;

- il diritto al beneficio de quo sorge dal momento in cui si è verificata la condizione giuridica prevista dalla legge (rectius: il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità, con ascrivibilità della stessa ad una delle categorie indicate) e non è affatto riassorbile in virtù della successiva progressione economica;

- tale constatazione costituisce – del resto – una stretta conseguenza delle peculiarità del beneficio in esame, nel senso che – consistendo quest’ultimo in un semplice “abbreviazione di carriera” – il vantaggio economico derivante a favore del dipendente non è rappresentato dall’astratta attribuzione di una somma di danaro, computabile ab initio in un preciso e determinato ammontare, bensì è dipendente dagli incrementi remunerativi della disciplina generale del trattamento economico;

- in sintesi, il beneficio de quo involge propriamente “i criteri di determinazione della carriera economica” del dipendente quale risultante dalla disciplina generale integrata con la norma agevolativa e, pertanto, non può dare origine a dislivelli retributivi suscettibili di riassorbimento (pena, tra l’altro, l’insorgenza – in caso contrario - di un’insanabile contraddizione con il fine, in senso lato indennitario, perseguito dal legislatore), bensì impone una costante applicazione del beneficio mediante la determinazione da parte dell’Amministrazione del trattamento economico con l’anticipazione prescritta.

In ragione di quanto detto:

- va riconosciuta l’inidoneità dell’atto dispositivo del 2 maggio 2006 dell’Amministrazione – prescrivente, a fare data dal 13 novembre 1979, “nr. 1 scatto aggiuntivo del 1,25%”, per un totale di L. 39.375 - a concretizzare un valido adempimento della decisione adottata in esito al ricorso straordinario al Capo dello Stato, giusto parere del Consiglio di Stato del 9 marzo 2004, e – in termini più generali – una corretta applicazione del disposto dell’art. 117 in esame;

- in stretta correlazione alle considerazioni di cui sopra, è meritevole di positivo riscontro la pretesa vantata dal ricorrente alla “ricostruzione della carriera stipendiale dal 13.11.1979 al 1989”, con conseguente condanna dell’Amministrazione a provvedere al corretto computo degli incrementi retributivi dovuti nel corso del periodo in trattazione in virtù dell’applicazione degli scatti convenzionali sul trattamento economico via via maturato, in aderenza a quanto prescritto dall’art. 117 del r.d. n. 3458 del 1928, e di rideterminare, altresì, l’indennità di buonuscita sulla base di quest’ultimi;

- sulle somme che, a tale titolo, risulteranno dovute dovranno essere, ancora, computati gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, precisando – in riscontro, tra l’altro, a quanto rilevato dall’Amministrazione – che, a tali fini, dovrà essere tenuto conto del divieto di “cumulo” introdotto dalle leggi n. 412/1991 e n. 724/1994.

4. Come in precedenza riportato, l’Amministrazione eccepisce “l’estinzione del diritto per intervenuta prescrizione in relazione a tutto il periodo antecedente al quinquennio dalla proposizione del ricorso di che trattasi o, al più, in relazione a tutto il periodo antecedente al quinquennio dalla proposizione, nell’anno 2009, del ricorso dinanzi alla Corte dei Conti, con cui veniva chiesto il corretto conteggio dei benefici in esame”, ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c. e dell’art. 2 della legge n. 428 del 1985 (rectius: prescrizione quinquennale).

L’eccezione de qua è infondata.

Al riguardo, è sufficiente osservare che:

- nel parere del Consiglio di Stato del 9 marzo 2004 è fissata la spettanza del diritto di cui si discute e, in particolare, è dato leggere che “sussistono le condizioni per l’attribuzione del richiesto beneficio stipendiale anche successivamente al 1° febbraio 1981, avendo l’interessato sempre interrotto i termini prescrizionali”;

- il ricorso alla Corte dei Conti, richiamato dall’Amministrazione resistente, è stato proposto in data 28 febbraio 2009 e, quindi, entro cinque anni a fare data di emissione del parere di cui sopra;

- dalla decisione della Corte dei Conti alla proposizione del presente ricorso non sono passati cinque anni;

- in ultimo ma non per questo meno importante, risulta noto che, già in virtù delle innovazioni normative introdotte con l’art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69, anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha avuto modo di attribuire – seppure non negli stessi termini del Consiglio di Stato – il crisma dell’ottemperabilità della “decisione straordinaria” e, segnatamente, di riconoscere la vincolatività del parere reso dal Consiglio di Stato ed il connesso obbligo dell’Amministrazione di conformarsi ad esso (cfr. – in veste di pronuncia definibile “capofila” – 28 gennaio 2011, n. 2065). Preso così atto della sostanziale assimilabilità del decreto presidenziale ad un atto giurisdizionale specie sotto il profilo dell’individuazione degli strumenti di tutela, non è, dunque, affatto irragionevole riscontrare la piena operatività – in relazione alla vicenda in esame, connotata dalla definizione di un ricorso straordinario al Capo dello Stato – del termine prescrizionale decennale ex art. 2953 c.c..

5. Per le ragioni illustrate, il ricorso va accolto ai sensi e nei termini in precedenza indicati.

Tenuto conto delle peculiarità della vicenda in esame, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 487/2013, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e nei termini indicati in motivazione e, per l’effetto, condanna l’Amministrazione resistente alla ricostruzione della carriera stipendiale del ricorrente dal 31 novembre 1979 al 1989 in stretta aderenza al disposto dell’art. 117, lettera b), del r.d. 3458 del 1928, con connessa rivalutazione dell’indennità di buonuscita, e, dunque, alla corresponsione delle somme al predetto dovute e non corrisposte, oltre interessi e rivalutazione monetaria nei termini di legge.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2018 con l’intervento dei Magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
Roberto Vitanza, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonella Mangia Concetta Anastasi





IL SEGRETARIO
panorama
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da panorama »

allego la circolare dell'INPDAP n. 33 datata 27/05/2004, che regola i tempi con cui deve essere riliquidata la buonuscita in caso di miglioramenti economici contrattuali durante la vigenza contrattuale.

Nel nostro caso, contratto 2016/2018 (personale in servizio - andato in pensione in questo triennio).

N.B.: basta fare le dovute richieste citando questa circolare allegata con il punto di riferimento.
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
Filippogianni
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da Filippogianni »

Anche io stessa situazione di salvo63 , dopo svariati mesi di pratica in lavorazione riliquidazione TFS poi fine lavorazione senza mai avere visto un centesimo così ero andato all'INPS per capire , risposta e stata che il TFS mi era già stato liquidato correttamente e quindi la riliquidazione era pari 0
panorama
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Re: Riliquidazione indennità di buonuscita.

Messaggio da panorama »

Sentenza TAR Lazio importante che accoglie il ricorso.

1) - restituzione di una somma pari ad oltre 24 mila euro per avere corrisposto una indennità di buonuscita superiore a quella effettivamente dovuta.

2) - Il provvedimento di cui sopra veniva impugnato per violazione degli artt. 26 e 30 del DPR n. 1032 del 1973

IL TAR precisa:

3) - Alla luce di quanto sopra specificamente riportato consegue che il provvedimento qui impugnato è stato con tutta evidenza tardivamente adottato (-OMISSIS-),
- ) vuoi se si consideri il termine annuale decorrente dal primo provvedimento di liquidazione della buonuscita (-OMISSIS- -OMISSIS-),
- ) vuoi se si consideri il termine di 60 giorni decorrenti dalla rituale comunicazione della amministrazione di appartenenza (comunicazione ricevuta da INPS in data -OMISSIS-).
---------------------------------------

SENTENZA sede di ROMA, sezione SEZIONE 3Q, numero provv.: 201915031

Pubblicato il 31/12/2019

N. 15031/2019 REG. PROV. COLL.
N. 07446/2016 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7446 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Gagliardo, Alessandro Lodato, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Lodato in Roma, via S. Telesforo, 10;

contro
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Dario Marinuzzi, con domicilio eletto presso gli Uffici della Avvocatura INPS in Roma, via Cesare Beccaria,29;

per l'annullamento
del provvedimento recante recupero da indennità di buonuscita corrisposta in seguito a riliquidazione negativa.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2019 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con nota in data -OMISSIS- l’INPS chiedeva al ricorrente la restituzione di una somma pari ad oltre 24 mila euro per avere corrisposto una indennità di buonuscita superiore a quella effettivamente dovuta.

Il provvedimento di cui sopra veniva impugnato per violazione degli artt. 26 e 30 del DPR n. 1032 del 1973 nonché per contraddittorietà ed irragionevolezza dell’azione amministrativa.

Si costituiva in giudizio l’intimata amministrazione previdenziale per chiedere il rigetto del gravame.

Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2019 la causa veniva infine trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso rileva ancora in punto di fatto il collegio che:

a) il ricorrente cessava dalle funzioni di docenza ed assistenziali (quale -OMISSIS-) nel -OMISSIS-. Percepiva a tal fine una indennità di buonuscita pari ad oltre 391 mila euro (somma questa basata su uno stipendio utile annuo pari ad oltre 113 mila euro);

b) a seguito di ordinanza cautelare -OMISSIS- di questo Tribunale amministrativo, il ricorrente veniva riammesso in servizio e vi restava sino al -OMISSIS-;

c) in forza dei dati retributivi comunicati dalla Università in data -OMISSIS- (nota questa ricevuta il successivo -OMISSIS- dall’intimato Istituto previdenziale), l’INPS provvedeva ad una nuova liquidazione della stessa indennità, basata questa volta su uno stipendio annuo lordo pari ad oltre 106 mila euro, il che dava luogo alla richiesta di restituzione in questa sede gravata.

Tanto ulteriormente premesso osserva il collegio che:

1. Ai sensi dell’art. 30 del citato DPR n. 1032 del 1973:

I provvedimenti adottati dall'amministrazione del Fondo di previdenza nelle materie previste dal presente testo unico possono essere revocati, modificati o rettificati d'ufficio quando:

a) vi sia stato errore di fatto o si sia omesso di tener conto di elementi risultanti dagli atti;

b) vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo di riscatto o nel calcolo dell'indennità di buonuscita o dell'assegno vitalizio;

c) siano stati rinvenuti documenti nuovi dopo l'emissione del provvedimento;

d) il provvedimento sia stato emesso in base a documenti riconosciuti o dichiarati falsi.

Nei casi previsti dalle precedenti lettere a) e b) il provvedimento è revocato, modificato o rettificato non oltre il termine di un anno dalla data di emanazione; nei casi previsti dalle lettere c) e d) il termine è di sessanta giorni dal rinvenimento di documenti nuovi o dalla notizia della riconosciuta o dichiarata falsità dei documenti”;

2. La stessa disposizione di cui al citato art. 30 prevede infine che, nel caso previsto dall'art. 26, comma sesto, del medesimo DPR n. 1032 del 1973 (riguardante: “Eventuali modifiche relative a provvedimenti dell'amministrazione statale, che comportino variazioni concernenti l'indennità di buonuscita già erogata”), “il provvedimento è revocato, modificato o rettificato nel termine di sessanta giorni dalla ricevuta comunicazione dell'amministrazione statale”;

3. In merito alle citate disposizioni la giurisprudenza si è così espressa:

3.1. Il termine di un anno previsto dall’art. 30, T.U. 29 dicembre 1973, n. 1032, volto a revocare o modificare il provvedimento di liquidazione dell'indennità di buonuscita, ha natura perentoria (cfr. T.A.R. Liguria, Sez. II, 20 febbraio 2006, n. 153; Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2000, n. 1945);

3.2. L’adozione degli atti di revoca, modifica o rettifica di pregresse determinazioni dell’amministrazione, secondo quanto previsto dall’art. 30 del D.P.R. n. 1032 del 1973, deve avvenire nell’ambito di termini decadenziali i quali, ove non rispettati, comportano l’annullamento degli atti stessi (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 24 novembre 2003, n. 773: in siffatta ipotesi l’INPDAP aveva emesso un provvedimento con cui aveva recuperato e dichiarato irripetibile la somma liquidata a titolo di indennità di buonuscita, successivamente al sessantesimo giorno dal ricevimento della comunicazione dell’amministrazione statale di competenza. Il provvedimento veniva dunque annullato).

Alla luce di quanto sopra specificamente riportato consegue che il provvedimento qui impugnato è stato con tutta evidenza tardivamente adottato (-OMISSIS-), vuoi se si consideri il termine annuale decorrente dal primo provvedimento di liquidazione della buonuscita (-OMISSIS- -OMISSIS-), vuoi se si consideri il termine di 60 giorni decorrenti dalla rituale comunicazione della amministrazione di appartenenza (comunicazione ricevuta da INPS in data -OMISSIS-). Di qui l’accoglimento del primo motivo di ricorso.

In conclusione il ricorso, assorbita ogni altra censura, è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento della nota INPS in epigrafe indicata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la nota INPS -OMISSIS- del -OMISSIS-.

Condanna l’intimata amministrazione previdenziale alla rifusione delle spese di lite, da quantificare nella complessiva somma di euro 2.000 (duemila/00), oltre IVA e CPA e con rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Savoia, Presidente
Massimo Santini, Consigliere, Estensore
Emanuela Traina, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Massimo Santini Riccardo Savoia





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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