Riforma con 23 anni di servizio

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Ale07
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Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da Ale07 »

Saluto intanto tutti i colleghi appartenenti a questo forum. Mi sono appena iscritto perché vorrei avere dei consigli. Sono un maresciallo aiutante della GdiF con 23 anni di servizio effettivo, attualmente sospeso in via cautelare per problemi giudiziari. Preciso che gli stessi mi hanno portato ad uno stato ansioso depressivo tale da essere in cura presso il locale centro salute mentale. Nel caso in cui dovessi essere riammesso in servizio e riformato per malattia, vorrei sapere a quanto ammonterebbe approssimativamente la mia PENSIONE e il mio TFS. Riporto qui di seguito i dati che mi riguardano compresi quelli riferiti all’ultimo cedolino di ottobre 2019.
Data approssimativa della riforma: dicembre 2020.
Data arruolamento Guardia di finanza: 06/10/1996
Data ruolo: 06/04/1997
Servizio Militare: NO
Mesi 21 corso Allievi Marescialli Anni riscattati: Nessuno
Parametro: 137,50
Stipendio 2.059,48
Altri assegni 1.006,73
Stipendio tabellare: 1.498,86
RETRIBUZIONE INDIVIDUALE DI ANZIANITA': 19,33
IIS CONGLOBATA 541,29
ALTRI ASSEGNI
IND.VACANZA CONTRATTUALE: 14,28
IND.PENS.MENS.: 840,00
ASS.FUNZ.PENS.- Ispettori + 17A: 152,55.
Ringrazio in anticipo chi mi aiuterà in questo mio quesito.


naturopata
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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da naturopata »

Giusto per chiarire, ad oggi la riammissione in servizio non è più obbligatoria trascorsi 5 anni di sospensione cautelare sia che sia obbligatoria che facoltativa, ovvero, laddove ancora pendente il giudizio penale, la sospensione può continuare sino a definizione.
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pokemon
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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da pokemon »

perdonami naturopata,
perchè "la riammissione in servizio non è più obbligatoria trascorsi 5 anni di sospensione cautelare sia che sia obbligatoria che facoltativa" ?
è stato modificato o abrogato l'art. 919 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ?
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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da naturopata »

pokemon ha scritto: dom nov 03, 2019 3:59 pm perdonami naturopata,
perchè "la riammissione in servizio non è più obbligatoria trascorsi 5 anni di sospensione cautelare sia che sia obbligatoria che facoltativa" ?
è stato modificato o abrogato l'art. 919 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ?
Durata massima della sospensione precauzionale facoltativa

1. La sospensione precauzionale non puo' avere una durata superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione precauzionale e' revocata di diritto.
2. Il termine di durata massima e' riferito al singolo procedimento penale o disciplinare per il quale e' stata adottata la sospensione precauzionale.
3. Scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se e' ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravita', l'amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli
addebiti:
a) sospende l'imputato ((...)) o dall'impiego ai sensi dell'articolo 917;
b) sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell'articolo 1393.


N. 00505/2015 REG.PROV.CAU.

N. 00663/2015REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente



ORDINANZA


sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2015, proposto da: -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Santese, con domicilio eletto presso Salvatore Cicogna in Milano, Via Felice Casati, 32;


contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Regionale Lombardia, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Provinciale Milano, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le Milano, domiciliata in Milano, Via Freguglia, 1;


per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

A) Foglio, N.731609/14/P/II/ D datato 20/12/2014, del Comando Regionale G.d.F Lombardia, emesso dal Comandante Regionale Lombardia ,-OMISSIS-, e notificato (per estratto) il 13 gennaio 2015, ore 12,00 dall'incaricato Comando Provinciale dalla G.d.F. di Milano, e per esso dalla G.d.F.Tenenza Maglie, -OMISSIS-, con cui è stato disposto che l'istanza del ricorrente, finalizzata alla revoca dell'ordine d'inchiesta formale disciplinare di Stato, assunta in carico del Comando Provinciale di Milano, in data 21/11/2014, non può trovare accoglimento, confermando l'ordine d'inchiesta formale n. 0597445/14 del 21 ottobre 2014 a firma del predetto Comandante Regionale; di tutti gli atti connessi.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Regionale Lombardia e di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale e di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Provinciale Milano;

Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;



Ritenuto che la domanda di annullamento del provvedimento impugnato ad una prima sommaria delibazione non appare assistita dal necessario fumus boni iuris, in quanto l’art 919, comma terzo del Codice dell'ordinamento Militare prevede espressamente che "Scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se è ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l’amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti: a) sospende l’imputato dal servizio o dall'impiego ai sensi dell’articolo 917; b) sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 1393".

Ritenuto che l’amministrazione abbia applicato correttamente la norma indicata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) respinge l’istanza cautelare.

Compensa le spese della presente fase cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi del ricorrente manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:




Adriano Leo, Presidente

Alberto Di Mario, Primo Referendario, Estensore

Valentina Santina Mameli, Referendario







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/04/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da pokemon »

scusami naturopata noi continuiamo a prendere sentenze e abbiamo la presunzione di applicarle a tutte le occasioni (anche io), ma le situazioni sono sempre diverse l'una dall'altra e sarebbe il caso di approfondire, sopratutto come nel caso del collega che non sta vivendo un momento felice.
il collega non lo dice ma si capisce che è in scadenza della sospensione quinquiennale. non riferisce neanche se è stato precedentemente aperto prima che sia divenuto imputato un procedimento penale.
se è in acdenza imminente della sospensione precauzionale e non gli è stato mai aperto un procedimento disciplinare le cose cambierebbero.
se è in scadenza la sospensione, questo significa che è stato sospeso nel 2015, ammesso che non gli è stato mai aperto un procedimento disciplinare che ora l'amministrazione potrebbe riprenderlo, la sospensione decadrebbe ai sensi dell'art. 919.
mi spiego meglio:
se l'amministrazione ha avuto la cognizione dei fatti per cui si è aperto il procedimento penale, senza aprire un procedimento disciplinare, prima della modifica dell'art. 1393 del com , non può adesso aprire un procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 917, perche all'epoca vigeva ancora la preclusione penale di cui all'art. 1393 del com (CIRCOLARE DEL COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA N° 0329940/2016 del 02/11/2016), non potendo aprire un procedimento disciplinare non vedo come potrebbe risospenderlo.
dopo l' entrata in vigore del decreto legislativo 26 aprile 2016, n.91, che modifica l'art 1393, è chiaro è possibile tutto.
ma anche la sentenza da te postata mi meraviglia, infatti se non erro si parla di fatti risalenti al 2014.
potrei sbagliarmi, vediamo se il collega ci chiarisce meglio i termini
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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da naturopata »

Le situazioni possono anche essere diverse, ma i giudici sono sempre gli stessi (non so se mi spiego). Per me la situazione è chiara. Ora il collega sa a cosa può (molto probabilmente) andare in contro.

Questa è una sentenza passata in giudicato, ce ne sono anche del TAR Napoli:

N. 01486/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00661/2015 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 661 del 2015, proposto da: -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Santese, con domicilio eletto presso Salvatore Cicogna in Milano, Via Felice Casati, 32;


contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Provinciale di Milano Guardia di Finanza, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Interregionale Italia Nord Occidentale, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Regionale Lombardia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, domiciliata in Milano, Via Freguglia, 1;


per l'annullamento

A) Atto, prot. 0023026/15 del 15/01/2015 del Comando Provinciale G.d.F. Milano, Ufficio Comando - Sezione Personale e AA.GG., emesso dal Comandante Provinciale G.d.F. Milano, Gen. Francesco Greco, e notificato al ricorrente il 15 gennaio 2015, ore 21,26 dalla G.d.F. Tenenza Maglie, Luogotenente Luigi Vitali, finalizzata alla riammissione in servizio, assunta in carico dello stesso Comando in data 21/11/2014 al n.668287/14, non può trovare accoglimento, sul presupposto che in data 13 gennaio 2015 il Comandante Interregionale dell'Italia Nord Occidentale avesse emanato una determinazione con la quale ha adottato nei confronti del ricorrente un provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa all'impiego ex art 919, comma terzo del Codice dell'ordinamento Militare, in prosecuzione di analogo precedente provvedimento cautelare; di tutti gli atti connessi.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Provinciale di Milano Guardia di Finanza e di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Interregionale Italia Nord Occidentale e di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Regionale Lombardia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2016 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente ha impugnato il diniego di riammissione in servizio disposto a seguito di sospensione precauzionale dal servizio ai sensi dell’art. 919 del Codice dell’ordinamento Militare per i seguenti motivi.

Eccesso di potere, per difetto di motivazione; Violazione di legge, in particolare dell'art. 3 L. n.241/1990, dell'art. 919, comma 1, D. Lgs. n. 66/2010, con riferimento alla violazione del termine quinquennale di durata massima della sospensione precauzionale facoltativa, anche in relazione all'art.9, comma 2, della L. 7/02/1990, n. 19 e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 145 del 22/04/2002, depositata il 03/05/2002 e pubblicata in G.U. n. 18 del 08/05/2002, nella parte in cui ha statuito che la sospensione precauzionale dal servizio perde efficacia, ove, in ogni caso, sia decorsa una durata complessivamente non superiore a cinque anni dalla sospensione, facoltativa e/o obbligatoria, riferibile al medesimo procedimento penale.

La difesa dello Stato ha chiesto la reiezione del ricorso.

All’udienza del 11 maggio 2016 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Il ricorso è infondato.

2.1 Il ricorrente è stato sospeso precauzionalmente dall'impiego, a seguito di procedimento penale: a. a titolo obbligatorio dalla data dell'arresto sino al 4 maggio 2011; b. a titolo obbligatorio ex art. 4 della legge 27 marzo 2001, n. 97, dal 4 maggio 2010 a seguito della condanna emessa all'esito del giudizio abbreviato per uno dei delitti previsti dall'art. 3 della suddetta legge, nello specifico quello della concussione; c. a titolo discrezionale a far data dal 17 luglio 2010. II relativo procedimento

è stato avviato a seguito dell'assunzione dell'ispettore, in data 23 dicembre 2009, della qualità di imputato ex art. 60 c.p.p. per un reato potenzialmente idoneo alla rimozione.

2.2 Ai sensi dell'art. 919, comma 1, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (c.d. "Codice dell'Ordinamento Militare") la sospensione precauzionale facoltativa non puô avere durata superiore ad un lustro. Decorso tale termine l'anzidetto provvedimento amministrativo di natura cautelare è revocato di diritto. II successivo comma 3 del medesimo articolo, tuttavia, prevede che: "scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l'amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto soggettivo ed oggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti: a. sospende l'imputato dall'impiego ai sensi dell'art. 917; b. sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 1393".

2.3 Il consolidato indirizzo giurisprudenziale, richiamata l’ampia discrezionalità che connota le scelte della p.a. in materia di sospensione precauzionale dei dipendenti (e, in particolare, del personale militare), evidenzia che, stante la ratio dell’istituto consistente nell’esigenza di evitare il pregiudizio alla regolarità del servizio ed al prestigio dell’Amministrazione riveniente dalla permanenza in servizio dell’interessato, ciò che rileva non è tanto il dato formale dell’imputazione quanto quello sostanziale ricavabile dai fatti-reati attribuiti al dipendente (cfr. Cons. Stato, sez. II, parere 20 ottobre 2014, nr. 895; id., sez. IV, 7 novembre 2012, nr. 5669; Cons Stato, IV, 19/02/2016 n. 557). Ne consegue che il decorso del termine della sospensione precauzionale facoltativa non esclude il potere dell’amministrazione di aprire un nuovo procedimento aggravato per fatti di particolare gravità per i quali, a causa della durata del giudizio penale, non si sia ancora definita la fase dell’accertamento delle responsabilità.

Nel caso in questione le motivazioni della sospensione disposta nella specie, alla luce degli atti del relativo procedimento, dalla gravità dei fatti per i quali l’istante è stato condannato in primo e secondo grado, non significativamente attenuata dall’intervento della Cassazione che ha rubricato il fatto da concussione ad induzione indebita a dare o promettere utilità, giustificano l’adozione della suddetta sospensione dall’impiego.

Né in contrario varrebbe la violazione di un supposto divieto di aprire procedimenti amministrativi dopo l’avvio del procedimento penale in quanto il presupposto legale della suddetta sospensione è proprio la pendenza di un procedimento penale per fatti di eccezionale gravità.

3. La reiezione della domanda di annullamento comporta anche la reiezione della domanda risarcitoria.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali all’amministrazione, che liquida in euro 1.500,00 oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:




Ugo Di Benedetto, Presidente

Alberto Di Mario, Consigliere, Estensore

Diego Spampinato, Primo Referendario







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alberto Di Mario Ugo Di Benedetto






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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da pokemon »

vabe neturopata ci rinuncio..
tu mi rispondi con un'altra sentenza di un caso ancora diverso, dove l'interessato è stato condannato.
il collega ha ancora il procedimento penale in corso, e scade la sospensione, e secondo il mio modesto parere nn puo essere risospeso perche se i fatti sono di cognizione dell'amministrazione prima della nuova riformulazione della preclusione penale, non è possibile aprire un procedimento disciplinare ex art. 917 per proseguire la sospensione.
se poi ti piacciono le sentenze puoi trovare conferma in quello che ti sto riferendo in queste: T.A.R. Emilia Romagna sentenza n. 00075/2018 reg. prov. coll n. 00115/2017 reg ric; T.A.R. Liguria n. 00843/2018 reg prov coll n. 00169/2018 reg ric; T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 00051/2019 reg prov coll, n. 00043/2017 reg ric.
tra l'altro la prima sentenza che hai postato era un'rdinanza cautelare, dove tra l'altro il collega voleva far annullare il diniego a un'istanza diretta al rientro in servizio, e non un provvedimento definitivo.
la seconda sentenza riguarda un militare condannato anche in cassazione e quindi con procedimento penale concluso, dove peraltro il tar giustifica la sentenza per "esigenza di evitare il pregiudizio alla regolarità del servizio ed al prestigio dell’Amministrazione riveniente dalla permanenza in servizio dell’interessato" cosa che non accadrebbe al collega che è in riforma e di conseguenza non idoneo e non rientrerebbe mai in servizio.
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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da naturopata »

pokemon ha scritto: dom nov 03, 2019 6:02 pm vabe neturopata ci rinuncio..
tu mi rispondi con un'altra sentenza di un caso ancora diverso, dove l'interessato è stato condannato.
il collega ha ancora il procedimento penale in corso, e scade la sospensione, e secondo il mio modesto parere nn puo essere risospeso perche se i fatti sono di cognizione dell'amministrazione prima della nuova riformulazione della preclusione penale, non è possibile aprire un procedimento disciplinare ex art. 917 per proseguire la sospensione.
se poi ti piacciono le sentenze puoi trovare conferma in quello che ti sto riferendo in queste: T.A.R. Emilia Romagna sentenza n. 00075/2018 reg. prov. coll n. 00115/2017 reg ric; T.A.R. Liguria n. 00843/2018 reg prov coll n. 00169/2018 reg ric; T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 00051/2019 reg prov coll, n. 00043/2017 reg ric.
tra l'altro la prima sentenza che hai postato era un'rdinanza cautelare, dove tra l'altro il collega voleva far annullare il diniego a un'istanza diretta al rientro in servizio, e non un provvedimento definitivo.
la seconda sentenza riguarda un militare condannato anche in cassazione e quindi con procedimento penale concluso, dove peraltro il tar giustifica la sentenza per "esigenza di evitare il pregiudizio alla regolarità del servizio ed al prestigio dell’Amministrazione riveniente dalla permanenza in servizio dell’interessato" cosa che non accadrebbe al collega che è in riforma e di conseguenza non idoneo e non rientrerebbe mai in servizio.
Guarda che sei in stato confusionale, infatti la sentenza tar Milano che ho postato è susseguente all'ordinanza precedentemente postata del TAR Milano e tu dici che sono due casi diversi. Non me ne volere ma risponderò solo al collega che ha aperto il post se vorrà chiarimenti, magari in mp.
Magari le sentenze sono tutte uguali per te ma non per me. In base a quelle che hai citato la 75/2018 Parma non riguarda un collega sospeso come nel caso del collega che ha aperto il post (la sentenze non è stata appellata, ma io credo che se appellata sarebbe stata comunque riformata). In relazione alla sentenza 51/2019 Friuli tratta di consegna di rigore che è un procedimento disciplinare di corpo e non di stato. Invece la sentenza n.843/2018 del TAR Liguria è stata appellata e di fatto verrà riformata, come puoi ben vedere e crede che anche quella di Parma, anche se tratta un caso diverso sarebbe stata riformatata anche se con motivazioni diverse da quelle che darà il consiglio di Stato a quella ligure:

Pubblicato il 31/05/2019
N. 02733/2019 REG.PROV.CAU.

N. 03770/2019REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente



ORDINANZA


sul ricorso numero di registro generale 3770 del 2019, proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;


contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Edoardo Truppa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. -OMISSIS-



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'art. 98 cod. proc. amm.;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2019 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati Edoardo Truppa e l'Avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;



Rilevato, ad un primo esame proprio della fase cautelare, che le censure proposte dal Ministero con l’atto di appello non appaiono implausibili e comunque sono meritevoli di approfondimento nella sede di esame dell’appello nel merito.

Ritenuto prevalente l’interesse pubblico a mantenere la res haduc integra nelle more della definizione dell’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), accoglie l'istanza cautelare e, per l'effetto, sospende l'esecutività della sentenza impugnata.

Fissa per la decisione di merito l’udienza pubblica del 7 novembre 2019.

Compensa le spese della presente fase cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Vista la richiesta dell'interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2019 con l'intervento dei magistrati:




Paolo Troiano, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca Monteferrante Paolo Troiano




IL SEGRETARIO



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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da NavySeals »

Effettivamente i 5 anni possono ormai essere estesi, se vi sono giustificati motivi. Ad esempio, condanna in primo grado per corruzione, appello conferma condanna, in attesa di Cassazione e l'amministrazione ritiene che il dipendente non sia affidabile perchè potrebbe reiterare il reato.
conterocco176

Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da conterocco176 »

Scusate se mi intrometto ma sarebbe anche giusto rispondere alla richiesta di aiuto del collega. Provo a darti un contributo. Per quanto concerne il TFS posso dirti con certezza che se sei stato riformato a dicembre 2019 l'importo è di 42.500,00 netti e lo riceverai direttamente sul conto corrente in teoria entro 105 giorni, in pratica considerando anche la valuta considerane 120 di giorni. Per la pensione purtroppo non posso aiutarti ma magari qualche esperto del forum potrà farlo. Saluti
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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da naturopata »

Riporto l'esito dell'appello sulla sentenza del Tar Liguria sopra richiamata. A seguito di cambio del relatore fra sospensiva e udienza pubblica, il Ministero ha perso l'appello. Da un attento esame dell'appello che chiarisce meglio gli aspetti, i procedimenti sono due e per uno si è violato i termini dei 60gg. dalla conclusione degli accertamenti preliminari. Tuttavia, a fine sentenza, si lascia sempre aperta all'amm.ne la possibilità di rinnovare i tutto e quindi ancora nulla è definitivo, mi pare che facciano cuocere il polpo nella propria acqua.

Pubblicato il 24/03/2020
N. 02053/2020REG.PROV.COLL.

N. 03770/2019 REG.RIC.

N. 03766/2019 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3770 del 2019, proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;


contro

il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Edoardo Truppa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;




sul ricorso numero di registro generale 3766 del 2019, proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;


contro

il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Edoardo Truppa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;


per la riforma

quanto al ricorso n. 3770 del 2019:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari;

quanto al ricorso n. 3766 del 2019:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l’ottemperanza alla sentenza n. -OMISSIS-;



Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti l’avvocato Edoardo Truppa e l'avvocato dello Stato Giancarlo Caselli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con ricorso al T.A.R. per la Liguria n.r.-OMISSIS-l’odierno appellato, all’epoca dei fatti di cui è causa vicebrigadiere in servizio presso il Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia Carabinieri-OMISSIS-, impugnava il decreto dirigenziale n. M-D GMIL REG2018 0114614 del 14 febbraio 2018, notificato in data 19 febbraio 2018, con il quale era stata disposta nei suoi confronti la sanzione della perdita del grado per gravi motivi disciplinari. Ciò avuto riguardo a due distinte condotte, contestualmente stigmatizzate: falsa rappresentazione, in concorso con altro graduato, a ventinove militari della possibilità di ottenere, tramite la loro intermediazione, diplomi autentici di concessione di onorificenze, medaglie e attestati di partecipazione a varie missioni estere, previo pagamento di una somma di denaro; truffa finalizzata ad ottenere la trascrizione di un brevetto di abilitazione al lancio con il paracadute, poi risultato falso, al fine di acquisire maggiorazioni di punteggio negli avanzamenti di grado, ottenendo così effettivamente la richiesta variazione del foglio matricolare.

2. Il T.A.R. per la Liguria con sentenza n. -OMISSIS-accoglieva il ricorso, compensando tra le parti le spese di lite, così argomentando: per i fatti relativi all’attività di intermediazione nella consegna di diplomi e onorificenze, tenuto conto della disciplina cd. della “pregiudizialità penale” vigente ratione temporis, il procedimento disciplinare doveva essere sospeso in attesa della conclusione di quello penale, del quale l’Amministrazione era a conoscenza a seguito dell’esecuzione nel marzo del 2014 di una perquisizione personale e locale disposta dalla Procura militare di Napoli; per quelli, invece, relativi all’utilizzo a fini di carriera di un falso brevetto di abilitazione al lancio col paracadute, non sarebbero stati rispettati i termini per la contestazione di addebito. La conoscenza dell’uso dell’atto falso, infatti, cui il combinato disposto degli artt. 1040, comma 1, lett. d), n. 19 e 1041, comma 1, lett. s), n. 6 del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 attribuisce valore di dies a quo, era emersa nell’ambito del procedimento penale conseguito ai medesimi fatti, ed in particolare da dichiarazioni testimoniali rese in data 20 ottobre 2016, cui aveva fatto seguito l’avvio dei successivi accertamenti da parte della stessa struttura di appartenenza dell’incolpato. La conseguente comunicazione di notizia di reato alla competente Procura della Repubblica innanzi al giudice ordinario, inoltrata in data 25 febbraio 2017, avrebbe ineludibilmente concluso la fase degli “accertamenti preliminari” previsti dall’ordinamento militare, facendo decorrere il termine perentorio di 60 giorni per la contestazione di addebito, conseguentemente spirato alla data della sua effettiva effettuazione (21 giugno 2017).

3. A fronte dell’inerzia dell’Amministrazione di appartenenza, benché sollecitata, con successivo ricorso n.r. -OMISSIS-il militare agiva innanzi al medesimo T.A.R. per la Liguria ex art. 112 c.p.a. per chiedere l’adozione di “ogni idoneo provvedimento” per l’ottemperanza al decisum della sentenza n. -OMISSIS-.

4. Con sentenza n. -OMISSIS-il Tribunale adìto ordinava al Ministero della Difesa di provvedere all’esecuzione della sentenza, assegnandogli un termine di novanta giorni dalla sua comunicazione o, se antecedente, dalla sua notificazione.

5. Con ricorso n.r. 3770/2019 il Ministero della Difesa proponeva appello avverso la sentenza n. -OMISSIS-, chiedendone la riforma per i seguenti motivi:

a) quanto alla ritenuta tardività della contestazione di addebito, violazione dell’art. 1392, comma 2, del d.lgs. n. 66/2010 (Codice dell’Ordinamento militare) e degli artt. 1040 e 1041 del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, recante Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare. Diversamente da quanto opinato dal T.A.R., sarebbe stata rispettata la scansione procedurale prevista dalla normativa, ovvero 180 giorni dalla conoscenza del fatto per l’effettuazione degli accertamenti preliminari e 60 giorni dalla loro conclusione per la contestazione di addebito. Ciò in quanto la “conoscenza del fatto” si sarebbe avuta solo il 20 marzo 2017, ovvero con la ricezione del nulla osta all’utilizzo degli atti a fini amministrativi da parte dell’Autorità giudiziaria interessata al procedimento penale attivato per le medesime vicende.

b) egualmente errata sarebbe la ritenuta operatività della pregiudiziale penale in relazione alla falsa rappresentazione della possibilità di conseguire onorificenze varie a pagamento, in quanto anche per tale ipotesi occorrerebbe avere riguardo alla data di avvenuta ricezione del nulla osta dell’Autorità giudiziaria (nel caso di specie, la Procura militare, che ha provveduto in data 2 marzo 2017), con ciò sancendo ineludibilmente l’applicabilità della versione novellata dell’art. 1393 C.O.M. , che non prevede più la pregiudiziale penale.

Infine, l’accorpamento in un unico provvedimento di due distinte ipotesi di illecito -peraltro non contestato da controparte- troverebbe fondamento e giustificazione nell’art. 1355, comma 5, del medesimo Codice, che lo consente anche in caso di più trasgressioni commesse da un militare in tempi diversi.

6. Con ricorso n.r. 3766/2019 la medesima Amministrazione appellava altresì la sentenza n. -OMISSIS-, denunciandone in particolare l’erroneità in punto di fatto, basandosi essa sulla asserita mancata impugnazione della sentenza n. -OMISSIS-, della quale pertanto non poteva essere pretesa l’esecuzione. Chiedeva altresì la riunione dei due procedimenti per evidente connessione soggettiva ed oggettiva.

7. Si è costituito in entrambi i giudizi l’originario ricorrente, per chiedere la conferma delle sentenze di primo grado, ribadendo le argomentazioni a supporto dei propri gravami e versando in atti documentazione sopravvenuta, ovvero in particolare la sentenza della sez. I del Tribunale militare di Verona, subentrato per competenza, n. 35 del 13 giugno 2018, di assoluzione dal reato di “truffa militare pluriaggravata e continuata in concorso”, perché « i relativi fatti non costituiscono reato»; nonché la circolare dell’Ufficio Personale Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri n. 276/139-19-2009 in data 30 ottobre 2018 contenente indicazioni ai Comandi per l’applicazione dell’art. 1393 del C.O.M. dopo la novella di cui all’art. 15 della l. 7 agosto 2015, n. 124.

8. Con ordinanza n. 2733 del 31 maggio 2019, resa in sede cautelare nel procedimento di appello n.r. 3770/2019, questa Sezione, in accoglimento della richiesta del Ministero della Difesa, disponeva la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

9. Preso atto del contenuto della ridetta ordinanza n. -OMISSIS-, nella medesima camera di consiglio, in relazione al procedimento n.r. 3766/2019, la Sezione sospendeva altresì l’esecutività della sentenza n. -OMISSIS-, essendo venuto meno il presupposto per l’ammissibilità del ricorso in ottemperanza, in quanto la relativa domanda risultava fondata su di un titolo la cui efficacia è stata a sua volta sospesa.

10. All’udienza del 7 novembre 2019, sentite le parti, le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio, preso atto della connessione, soggettiva e oggettiva, tra i due giudizi, uno al suo esame in udienza pubblica, l’altro con rito camerale, ritenendone opportuna la trattazione congiunta, dispone la riunione dei ricorsi nn.r. 3770/2019 e 3766/2019.

2. Nel merito, i ricorsi sono infondati.

L’intera vicenda ruota intorno a due fondamentali e distinte questioni di diritto, affrontate dal giudice di prime cure invertendo l’ordine di prospettazione proposto dal militare ricorrente: la disciplina transitoria per demarcare le fattispecie ricadenti nella nuova regolamentazione del rapporto tra giudizio penale e disciplinare, conseguita alla novella del 2015da un lato; le modalità di computo della decorrenza dei termini del procedimento disciplinare, ed in particolare di quello, perentorio, per la contestazione di addebito, dall’altro.

A tale riguardo, la scelta dell’Amministrazione di concentrare in un unico provvedimento la sanzione di due distinti addebiti, entrambi peraltro caratterizzati da una pluralità di condotte, benché astrattamente legittima, finisce, rileva la Sezione, per avvalorare la inadeguatezza contenutistica dell’atto avversato in relazione ad entrambi i profili in evidenza. Ciò a prescindere dall’invocato richiamo postumo da parte del Ministero della Difesa all’art. 1355, comma 5, del C.O.M. che consente espressamente, appunto, di far confluire in un unico provvedimento disciplinare più trasgressioni commesse da un militare: la norma, infatti, mutuando sostanzialmente la disciplina dell’illecito continuato dal diritto sanzionatorio, ne vorrebbe attenuato il regime punitivo sulla base di un criterio lato sensu di cumulo giuridico, stante che ancora la sanzione da irrogare in concreto «alla più grave delle trasgressioni e al comportamento contrario alla disciplina rivelato complessivamente dalla condotta del militare stesso». Della qual cosa non è traccia nel decreto impugnato che, lungi dall’evidenziare una qualsiasi scala di disvalore tra le due fattispecie contestate, si limita a descriverle partitamente, senza peraltro diversificarne in maniera chiara neppure la tempistica di accertamento, riferendo genericamente tutti i fatti all’arco temporale ricompreso tra il febbraio 2010 e il febbraio 2014.

3. Il Ministero della Difesa contesta dunque la ricostruzione del giudice di prime cure in riferimento alla disciplina applicabile alla condotta di presunta “vendita” di onorificenze ai colleghi, oggetto anche di indagine penale da parte della Procura militare, prima di Napoli, poi di Verona. Il discrimine tra vecchia e nuova formulazione dell’art. 1393 C.O.M., concernente la materia, andrebbe individuato con esclusivo riferimento all’avvenuta conoscenza dei fatti da parte dell’Amministrazione di appartenenza, ovvero, nel caso di specie, alla data di acquisizione del nulla osta all’utilizzo degli atti del fascicolo penale a fini amministrativi (2 marzo 2017). Il giudice di prime cure avrebbe pertanto errato nell’individuare tale spartiacque applicativo in una conoscenza di mero fatto, e non “legale” ed effettiva, quale quella conseguita all’effettuazione a carico dell’interessato di perquisizione anche domiciliare sul posto di lavoro, risalente al marzo 2014 (dunque antecedentemente al 28 agosto 2015, di entrata in vigore della novella).

4. L’assunto non può essere condiviso.

La formulazione originaria dell’art. 1393, rubricato «Sospensione del procedimento disciplinare», prevedeva dunque che «se per il fatto addebitato al militare è stata esercitata azione penale, ovvero è stata disposta dall’autorità giudiziaria una delle misure previste dall’articolo 915, comma 1, il procedimento disciplinare non può essere promosso sino al termine di quello penale o di prevenzione e, se già iniziato, deve essere sospeso». L’art. 15 della l. 7 agosto 2015, n. 124, dapprima, e il d.lgs. 26 aprile 2016, n. 91, poi, hanno completamente riscritto la norma, estendendo al personale militare la disciplina dei rapporti tra procedimento penale e procedimento disciplinare introdotta per il pubblico impiego contrattualizzato con l’inserimento dell’art. 55 ter nel d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. La disposizione, pertanto, oggi sancisce che il procedimento disciplinare «che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale».

Il principio conosce peraltro due rilevanti eccezioni:

-il caso di «infrazioni disciplinari di maggiore gravità, punibili con la consegna di rigore di cui all’articolo 1362 o con le sanzioni disciplinari di stato di cui all’articolo 1357», tra le quali ultime rientra anche quella di cui oggi è controversia, qualora si riscontri «particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al militare», ovvero qualora, all’esito di accertamenti preliminari, non si disponga «di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare», nel quale è ammesso il rinvio del procedimento;

-il caso di atti e comportamenti compiuti dal militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio, nel quale continua ad essere esclusa la possibilità di avviare il procedimento disciplinare e imposta anche la sospensione di quello già avviato.

5. Entrambe le fattispecie addebitate al militare odierno appellato si collocano, avuto riguardo alla data di commissione dei comportamenti, in data antecedente all’entrata in vigore dell’articolo 1393 del codice. Solo per la prima di esse, tuttavia (ovvero la presunta truffa in danno dei commilitoni) anche la conoscenza degli accadimenti da parte dell’Amministrazione è avvenuta prima del 28 agosto 2015.

Come analiticamente ricostruito dal T.A.R., ma sostanzialmente incontestato tra le parti, l’indagine sui fatti de quibus avviata dalla Procura militare della Repubblica presso il Tribunale militare di Napoli, conclusa da quella presso il Tribunale militare di Verona, si è concretizzata da subito in atti attraverso i quali l’Amministrazione è stata inequivocabilmente informata dei fatti. In particolare, con decreto datato 27 marzo 2004 è stata disposta perquisizione personale e locale e contestuale sequestro di materiale nei confronti dell’incolpato, in quanto indagato per il reato, continuato e in concorso, di “truffa militare pluriaggravata”.

La peculiarità dell’attività degli appartenenti all’ Arma dei Carabinieri, che implicando funzioni di polizia giudiziaria può interessare anche colleghi, rende comprensibilmente cauto l’approccio al concetto di “conoscenza” di un fatto illecito disciplinare oggetto di una propria indagine: ciò allo scopo di non vanificare con una sostanziale discovery anticipata l’oggetto della stessa all’incolpato. Laddove tuttavia, rileva la Sezione, il ridetto incolpato sia già stato messo formalmente a conoscenza dei fatti per cui si procede, in quanto destinatario di un atto, quale tipicamente la perquisizione o il sequestro, ma anche l’interrogatorio, che la sottintende, è evidente che tali esigenze di tutela vengono meno, non potendosi nel contempo negare il fatto storico dell’avvenuta conoscenza degli accadimenti dell’Amministrazione che sappia, appunto, finanche per esserne l’artefice materiale, di tali atti. Il livello di approfondimento della conoscenza ha di sicuro un suo impatto, in particolare a nuovo regime consolidato, sulla possibilità o meno, in relazione alle infrazioni di maggiore gravità, di procedere disciplinarmente ovvero rinviare all’esito del giudizio penale. Esso, cioè, incide sui contenuti dell’azione disciplinare, e sulla stessa possibilità di contestare compiutamente l’addebito; ma non può certo porre nel nulla la circostanza “storica” che conoscenza dei fatti vi sia stata, con ciò attraendo la fattispecie, per quanto qui di interesse, nell’orbita della previgente normativa.

Correttamente, pertanto, il T.A.R. per la Liguria ha ritenuto rilevante tale fatto storico (l’avvenuta effettuazione del sequestro) collocando la conoscenza dei comportamenti potenzialmente illeciti da parte dell’Amministrazione in epoca sicuramente antecedente il 28 agosto 2015, coincidente con l’entrata in vigore dell’art. 1393 C.O.M. nella sua nuova formulazione.

6. Che tale sia la corretta ricostruzione del regime intertemporale tra le due -ben diverse-discipline trova conferma anche nella prassi della stessa Amministrazione appellante. Intervenendo a supporto delle proprie articolazioni interne al fine di omogeneizzarne e guidarne le condotte operative, infatti, il Ministero, mutuando espressamente l’analoga soluzione prospettata per il pubblico impiego cd. “contrattualizzato” dal Dipartimento della Funzione pubblica (circolare ministeriale 27 novembre 2009, n. 9, e non 2011, come erroneamente riportato dal T.A.R.), ha sostanzialmente evocato i principi generali in materia di successione di leggi nel tempo (circolare dell’Ufficio Personale Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri n. 276/139-4-2009 del 18 gennaio 2016, che richiama anche, allegandole, le indicazioni operative già fornite dalla Direzione generale per il personale militare in data 26 agosto 2015 e 13 novembre 2015, allegato “D”). Ancora più chiaro pare alla Sezione il contenuto della più recente circolare n. 276/139-19-2009 del 30 ottobre 2019, versata in atti dell’odierno giudizio dall’appellato, nella quale, dopo aver peraltro premesso un report statistico sulla forte incidenza dei rinvii “ a soddisfatta giustizia” che corrisponderebbero a circa il 90 % dei casi, si sottolinea l’inevitabile disallineamento della nozione di conoscenza dei fatti per il personale che esercita funzioni di p.g. rispetto a quanto accade per i dipendenti pubblici contrattualizzati in genere. Solo per i primi, infatti, la possibilità di essere nel contempo attori del procedimento e titolari del potere disciplinare, o comunque parti della struttura che ne è titolare, può imporre la posticipazione della “conoscenza effettiva” alla acquisita possibilità di utilizzo di atti, concretamente trasmessi da loro stessi alla Procura della Repubblica. Le esigenze di tutela del segreto investigativo, tuttavia, che stanno alla base di tale disallineamento, vengono comunque meno nel momento in cui il futuro incolpato è già stato reso edotto, per il tramite di una richiesta di rinvio a giudizio ma anche, molto prima, di un atto “garantito”, quale un provvedimento cautelare, un sequestro, un interrogatorio, un avviso di conclusione o di proroga delle indagini, della sussistenza dell’indagine.

7. Afferma ancora il T.A.R. per la Liguria che sarebbero stati violati i termini procedurali previsti dal Codice in relazione al secondo addebito contestato. L’utilizzo a fini di carriera di un brevetto di paracadutista falso, infatti, era già noto all’Amministrazione quanto meno alla data del 20 marzo 2017, coincidente con l’inoltro della comunicazione di notizia di reato sul fatto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale-OMISSIS-: tale doveva dunque essere il dies a quo dal quale computare i 60 giorni previsti dalla vigente normativa per la contestazione di addebito.

Il Ministero, al contrario, ponendo nuovamente al centro della propria ricostruzione del procedimento il nulla osta all’utilizzo degli atti da parte dell’Autorità giudiziaria, identifica in tale atto il primo e unico veicolo di conoscenza “piena” e legale dei fatti, palesandosi del tutto irrilevante la richiamata comunicazione di notizia di reato del 20 marzo 2017.

8. L’art. 1392 C.O.M. reca una disciplina dei termini diversificata a seconda che il procedimento disciplinare sia attivato a seguito di giudizio penale o consegua alla commissione di una grave infrazione disciplinare, categoria cui va ricondotta anche l’ipotesi di procedimento disciplinare per fatti per i quali sta già procedendo l’Autorità giudiziaria, militare o ordinaria.

Quando il procedimento è instaurato a seguito di un’infrazione disciplinare, la contestazione di rito deve avvenire entro 60 giorni dalla conclusione degli “accertamenti preliminari”, effettuati dall’Autorità competente nei 180 giorni dalla “conoscenza del fatto” ( art. 1040, comma 1, lett. d), n. 19, per gli appuntati e carabinieri, e 1041, comma 1, lett. s), per il rimanente personale militare, del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90). La fase degli accertamenti preliminari si ritiene conclusa con la relazione/parere dell’Autorità che li ha eseguiti.

La norma pertanto non fa decorrere il temine perentorio di 60 giorni dalla “conoscenza” del fatto rilevante ai fini delle successive valutazioni disciplinari della scala gerarchica, bensì dalla conclusione degli “accertamenti preliminari”: attività che prevede venga svolta per acquisire ed elaborare gli elementi di giudizio che devono presiedere alle successive decisioni in ordine alle eventuali misure da adottarsi a carico dell’interessato.

Si tratta, cioè, di attività che si collocano logicamente fra il momento della conoscenza del fatto e l’avvio della procedura finalizzata all’adozione del provvedimento sanzionatorio che, nel caso di specie, è da individuare nella richiamata nota del 19 giugno 2017 con la quale si ordinava “un’inchiesta formale disciplinare” a carico del ricorrente di primo grado, riferita ad entrambe le fattispecie oggetto di contestazione.

La necessità di effettuare gli accertamenti preliminari “entro 180 giorni dalla conoscenza del fatto” è posta a presidio delle esigenze di celerità del procedimento disciplinare e non ne è pertanto ipotizzabile un differimento ad libitum, enfatizzando oltre il lecito la completezza di tale conoscenza. Solo una volta terminata tale fase (all’esito della quale non è da escludersi in astratto una valutazione di irrilevanza del fatto) potrà quindi decorrere il termine entro il quale dovrà necessariamente procedersi, a pena di decadenza dell’azione disciplinare, alla tempestiva contestazione degli addebiti nel termine stabilito (60 giorni). Una diversa opzione interpretativa, rileva ancora la Sezione, presupporrebbe l’esistenza di un automatismo (fatto-avvio del procedimento) non mediato da alcuna valutazione discrezionale dell’Autorità che non trova riscontro nella normativa.

L’oggetto degli accertamenti preliminari dei Comandanti, pur se in occasione del vaglio di un provvedimento conclusivo di un procedimento penale a carico di un proprio dipendente, resta sempre la condotta materiale, come essa emerge dal provvedimento giudiziario, e mai quest’ultimo in se stesso.

Ciascun Comandante, quindi, avuta contezza della sussistenza di una condotta materiale potenzialmente illecita posta in essere da un proprio dipendente, «ha il dovere di operarne la qualificazione sotto il profilo dell’antigiuridicità disciplinare». Tale è la connotazione del compito di effettuare gli “accertamenti preliminari” riveniente finanche dalle istruzioni periodicamente fornite in appositi vademecum -Guide tecniche- dalla Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa. Per chiarire le modalità attraverso le quali la “conoscenza” può essere acquisita, il Ministero afferma che ciò può avvenire «per rilevazione diretta del fatto, per ricezione di rapporto disciplinare a mente dell’art. 1397 del Codice, per lettura di un verbale di polizia giudiziaria o di un provvedimento giudiziario» (cfr. la 6^ edizione 2019 della Guida tecnica “Procedure disciplinari”). In sintesi –e non potrebbe essere diversamente- si ammette che la struttura attivi le proprie verifiche su fatti di cui abbia avuto conoscenza da atti di polizia giudiziaria, purché, ovviamente, tali verifiche non interferiscano a loro volta con l’attività di indagine, palesandone in anticipo le risultanze.

9. L’ attività di valutazione demandata ai Comandanti consiste, in concreto, nell’individuazione di una correlazione tra il fatto (la condotta materialmente tenuta) e la norma giuridica (disciplinare).

Rileva, a questo riguardo, anche la nozione di “fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria”. Il codice di procedura penale impiega i termini nel loro significato tecnico e, dunque, riferendosi al procedimento include le indagini preliminari, mentre riferendosi al processo le esclude. «Nell’interpretare la portata dell’art. 1393 c.o.m., pertanto, dovendosi salvaguardare la coerenza dell’ordinamento, si deve ritenere che il momento iniziale di conoscenza del fatto da parte dell’Amministrazione sia la notizia circa lo svolgimento di indagini preliminari e non la richiesta di rinvio a giudizio» (cfr. ancora la Guida tecnica sulle procedure disciplinari). Tale precisazione vale, evidentemente, solo nel caso in cui la vicenda non sia altrimenti nota all’Amministrazione (ad esempio, per avere avuto risalto mediatico, pur se non ancora oggetto di un provvedimento formale dell’Autorità giudiziaria). La ratio del novellato art. 1393 C.O.M., infatti, non è di obbligare ad instaurare un procedimento disciplinare in quanto procede per i medesimi fatti l’Autorità giudiziaria, ma, al contrario, di consentirlo nonostante proceda l’Autorità Giudiziaria.

10. Il periodo di 180 giorni non deve essere necessariamente utilizzato per intero e non rientra nel computo di quelli del procedimento disciplinare di stato, i cui relativi termini decorrono proprio dall’ultimo degli accertamenti, ma fissa un limite per l’Amministrazione per meglio definire il fatto disciplinarmente rilevante; pertanto, non può essere sommato ai 60 giorni, al fine di “ampliare” quello per la contestazione degli addebiti. Durante gli accertamenti preliminari, dovrà essere svolta un’attività concreta ed effettiva, scandita da atti dell’Amministrazione, che possa anche essere dimostrata nel corso di un possibile contenzioso. Il che non pare essere avvenuto nel caso di specie.

11. Delineato come sopra il paradigma operativo, appare infatti chiaro che i termini per la contestazione di addebito non siano stati effettivamente rispettati. Anche a prescindere dalla rilevanza quale veicolo di informativa sui fatti della testimonianza-denuncia del 20 ottobre 2016, da cui sono scaturite gli accertamenti sfociati nella notizia di reato; non può certo negarsi a tali “accertamenti” anche la natura di “accertamenti preliminari”, diversamente completamente assenti, conclusi con la valutata rilevanza (anche) penale del fatto e il conseguente inoltro della comunicazione di notizia di reato alla Procura della Repubblica. Correttamente, dunque, il T.A.R. per la Liguria ha individuato proprio nel 25 gennaio 2017 il termine dal quale far decorrere quello per la contestazione di addebito, censurando di tardività la sua avvenuta effettuazione solo il 19 giugno 2017.

12. D’altro canto la lettura del provvedimento impugnato non offre alcun appiglio per suffragare la ricostruzione avanzata dal Ministero della Difesa. A ben vedere, anzi, rileva ancora il Collegio, non riportando alcuna indicazione circa l’avvenuta effettuazione di tali, necessari accertamenti preliminari, propedeutici all’attivazione del procedimento, ma limitandosi ad elencare la concatenazione degli atti di indagine svolti nei confronti del militare, non consente neppure di individuare le fasi topiche dello stesso, se non a partire dall’inchiesta formale. Né tale lacuna contenutistica è in qualche modo colmata dalla lettura della relazione del funzionario istruttore, i cui atti vengono integralmente richiamati, riferendosi essa, in verità con approfondito livello descrittivo, alle indagini svolte su entrambe le fattispecie, ma senza chiarire se e quali verifiche aggiuntive sarebbero state effettuate, né, ancor prima, chi le abbia qualificate giuridicamente riferendone al Comandante Interregionale affinché valutasse l’attivazione dell’inchiesta formale.

13. La mancata effettuazione di ulteriori “accertamenti preliminari”, dopo le indagini sfociate nell’informativa alla Procura è sostanzialmente ammessa anche dal Ministero appellante, laddove nel tentativo di spostare in avanti la conclusione degli accertamenti preliminari per recuperare anche il termine per la contestazione di addebito li identifica nella richiesta di archiviazione emessa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale-OMISSIS- i data 29 marzo 2017 e nella richiesta di rinvio a giudizio proposta dalla Procura militare presso il Tribunale di Verona: non è chi non veda, infatti, come l’acquisizione al fascicolo di tali documenti, priva peraltro anche dell’indicazione del soggetto che l’avrebbe materialmente effettuata quale Comandante competente, integri una banale attività materiale del tutto priva di qualsivoglia contenuto accertativo o valutativo delle condotte dell’incolpato.

14. Il Collegio rileva infine per completezza come in relazione al primo addebito il Tribunale militare di Verona abbia disposto l’assoluzione del militare “perché i relativi fatti non costituiscono reato”: nel corpo della motivazione, peraltro, si dà atto di un «quadro indiziario […] del tutto inadeguato laddove esso viene confrontato con una serie di emergenze maggiormente compatibili con una sua posizione di buona fede che con un intento fraudolento». E’ evidente dunque, pur senza impingere nel merito valutativo discrezionale dell’Amministrazione, la rilevanza che tale esito avrebbe potuto avere su quello del procedimento disciplinare, ove lo stesso fosse stato in parte qua, come dovuto, sospeso. Relativamente invece alla evocata attuale pendenza di procedimento penale per l’uso del falso brevetto da paracadutista, incardinato presso la Procura della Repubblica di Chieti a seguito di declinazione della competenza da parte di quella-OMISSIS-, il Collegio ricorda come alla luce della novellata formulazione del comma 3 dell’art. 1393 del C.O.M., è fatta salva la possibilità che l'autorità competente riapra il procedimento disciplinare per valutare le determinazioni conclusive all'esito del giudizio penale, finanche nel caso di originario esito favorevole al dipendente nel merito.

14. Resta infine da dire dell’appello n.r. 3766/2019 avverso la sentenza del T.A.R. per la Liguria -OMISSIS-. Alla luce di quanto sopra esposto, rileva il Collegio come esso pure debba essere respinto: la reiezione del connesso appello n.r. 3770/2019, confermando il decisum della sentenza n. -OMISSIS-, gli restituisce anche cogenza, con ciò rendendo fondata la pretesa del ricorrente in primo grado ad ottenerne esecuzione, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto così come tempestivamente richiesto. Del tutto irrilevante, infatti, si palesa allo scopo l’errata indicazione in motivazione della mancata interposizione di appello avverso la sentenza originaria, una volta che lo stesso sia stato definito nel senso favorevole al ricorrente di primo grado.

15. Conclusivamente, pertanto, gli appelli devono essere respinti, con conseguente conferma delle sentenze del T.A.R. per la Liguria nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-.

Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

La particolare complessità della ricostruzione in fatto e in diritto dell’odierna vicenda, giustifica la compensazione delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li respinge, con conseguente conferma delle sentenze del T.A.R. per la Liguria nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-.

Spese del grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellato.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2019 con l'intervento dei magistrati:




Paolo Troiano, Presidente

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonella Manzione Paolo Troiano






IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
aledeo1971
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Re: Riforma con 23 anni di servizio

Messaggio da aledeo1971 »

L'aspetto piu innteressante del comma 3 è la totale genericità "sui fatti di eccezionale gravità". Così è tutto molto semplice. Ma per favore....... :shock: :shock: :shock:
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