RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Metto questa sentenza a disposizione di quei colleghi " professori " che dopo la sentenza della cassazione sul riconoscimento di VD,la quale afferma che e sufficiente la causa di servizio- Hanno scritto fiumi di parole che era molto più facile dopo la sentenza delle sezioni unite della cassazione-
Il Consiglio di Stato e di diverso avviso, cosi come altri giudici del lavoro di alcuni tribunali-
Adunanza di Sezione del 26 luglio 2017
NUMERO AFFARE 01636/2016
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal signor Massimo Bianco, nato ad Avellino il 22 luglio 1972, ed ivi residente per l’annullamento del decreto del Capo della Polizia di Stato 3 agosto 2013, n. 599/C/3/E/8/CC/1738 notificatogli l’8 novembre 2013, di diniego dell’istanza di concessione dello status di vittima del dovere ex lege 23 dicembre 2005, n. 266.
LA SEZIONE
Vista la relazione n. 559/C/3/E/8/CC/1738 del 08 agosto 2016 con la quale il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
viste le controdeduzioni, presentate a mezzo difensore, del 2 maggio 2013;
visto il ricorso del 24 febbraio 2014 notificato al Ministero dell’interno a mezzo del servizio postale;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Saverio Capolupo;
Premesso:
Il signor Massimo Bianchi, Appuntato scelto dell’Arma dei carabinieri, in data 3 ottobre 2012 ha chiesto la concessione dei benefici previsti dalla normativa vigente in favore delle “Vittime del Dovere” per le lesioni riportate il 18 luglio 2005.
In particolare, il militare, unitamente ad altri colleghi in servizio presso la centrale operativa, a seguito di una chiamata pervenuta al numero di pubblica utilità 112 si recava presso un ristorante sito nella circoscrizione di competenza. Nel tentativo di sedare un’animata discussione tra un avventore ed i proprietari del locale, onde garantire l’incolumità anche dei clienti, veniva, prima, aggredito verbalmente e, successivamente, colpito ripetutamente con calci e pugni e con una bottiglia di birra.
L’Amministrazione, ricevuta l’istanza del ricorrente, con nota pari numero, in data 17 dicembre 2012, ha avviato l’istruttoria interessando la competente Prefettura che, con nota prot. n. 18395/9B4/AREA I. del 5 febbraio 2013, ha trasmesso la comunicazione ricevuta dal Comando Compagnia di Baiano del 25 gennaio 2013, il rapporto sui fatti redatto dal comandante della medesima nonché la relazione di servizio redatta nell’occasione dall’interessato e dai suoi colleghi nonché svariata documentazione processuale.
Il citato Ufficio territoriale ha, altresì, espresso parere favorevole all’accoglimento della domanda.
Con nota del 3 aprile 2013, notificata all’interessato il 13 maggio 2013, veniva data comunicazione dell’avvio di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n., 241.
Il signor Bianco, in data 23 maggio 2013, ha presentato proprie controdeduzioni.
Ad avviso dell’Amministrazione l’infermità riportata non ricade nelle fattispecie previste all’art. 1, comma 563 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che qualifica “Vittima del Dovere” – oltre ai soggetti di cui all’art.3 della legge n.466/1980– coloro che nel corso di attività di servizio siano deceduti o abbiano riportato infermità permanenti, per diretto effetto di ferite o lesioni in conseguenza di eventi verificatisi nel contrasto ad ogni tipo di criminalità, nello svolgimento di servizi di ordine pubblico, nella vigilanza di strutture civili e militari, in attività di soccorso, in attività di tutela della pubblica incolumità, a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi necessariamente caratteristiche di ostilità.
L’Amministrazione si è uniformata alla giurisprudenza costante del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. IV, del 12 marzo 2001 n.1404 e 29 febbraio 1996 n. 227; nonché parere n. 1 – 561/69 del 4 maggio 2011 n. 02066/2010), secondo cui, affinché sorga il diritto ai benefici previsti per le “Vittime del Dovere”, non basta che l’evento lesivo sia genericamente connesso all’espletamento di funzioni di istituto, ma occorre, in sostanza, che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto.
Con tale assunto si è inteso sostanzialmente differenziare lo status di “Vittima del Dovere” da quello dell’operatore di polizia che resti coinvolto, come nel caso di specie, in una colluttazione durante l’espletamento delle ordinarie funzioni d’istituto.
È stato, pertanto, emanato il decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza _ impugnato dal signor Bianco con il quale è stata respinta l’istanza tendente ad ottenere i benefici previsti dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Avverso tale decreto è insorto l’interessato, domandandone l’annullamento, per violazione degli artt.:
1.1, commi 563, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
2. .1, commi 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
3. eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, illogicità intrinseca ed estrinseca, manifesta ingiustizia.
Il Ministero riferente ha concluso perché il ricorso sia respinto.
Considerato:
1. Nell’applicazione della fattispecie di cui all’art. 1, comma 563 della legge n. 266/05 e degli artt. 1 e 3 della legge 16 agosto 1980, n. n. 466 in essa espressamente menzionati, occorre distinguere tra la figura giuridica della c.d. vittima del dovere e le ipotesi connesse alla c.d. causa di servizio.
Affinché ricorrano gli estremi per l’applicabilità della normativa sulle Vittime del dovere è necessario che si sia verificato:
- un circostanziato evento di servizio posteriore al 1° gennaio 1961 ed isolabile a livello spazio temporale;
- un evento caratterizzato da particolari contingenze dipendenti da un rischio specifico superiore a quello genericamente insito nella funzione istituzionale.
In altri termini, è indispensabile, per giurisprudenza pacifica, che sussista uno specifico elemento di rischio esulante dalla normativa delle funzioni istituzionali (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4042/2006, Sez. IV, nn.1404/2001, 227/1996 e 480/2012; Sez. I, 0238/2017).
Il concetto di vittima del dovere presenta caratteristiche speciali rispetto al genus causa di servizio e deve quindi essere tenuto distinto dalle ferite per causa di servizio.
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la circostanza che il ferimento possa essere stato riconosciuto come dipendente da causa di servizio nel contrasto ad ogni tipo di criminalità – “in quanto da esso occasionato” – conferma semplicemente l’indispensabile connessione tra il decesso o le lesioni riportate e l’attività istituzionale di un appartenente alle Forze di polizia, ancorché particolarmente meritoria come nel caso in esame. Tale riconoscimento, indispensabile presupposto per la concessione di altre provvidenze, quali ad esempio l’equo indennizzo o il trattamento pensionistico, non è, tuttavia, da solo sufficiente a configurare la qualità giuridica di “Vittima del Dovere”.
D’altronde, se così non fosse, ogni appartenente alle Forze di polizia – che già espleta una professione di per sé esposta a rischio – potrebbe conseguire, per il solo fatto di essersi ferito più o meno gravemente nell’esercizio della propria ordinaria attività istituzionale, lo status in questione.
Diversamente opinando, non solo riconoscere una “causa di servizio” equivarrebbe a riconoscere automaticamente lo status in questione – il che, peraltro, renderebbe inutile e ridondante la specifica disciplina normativa al riguardo –, ma la figura della “Vittima del Dovere” verrebbe privata di quel carattere di specialità che le è proprio: conclusione, questa, che vede concorde sul punto una pressoché costante giurisprudenza, costruitasi negli anni con riferimento sia alla più risalente legge n. 466/80 sia alla più recente legge n. 266/05, con cui sono stati ulteriormente precisati gli elementi caratterizzanti lo status in questione.
Lo specifico elemento di rischio esulante dalla normalità delle funzioni istituzionali è proprio l’elemento caratterizzante la fattispecie della Vittima del Dovere che, nel caso di specie, non ricorre.
2. Con riferimento al comma 564 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266; lo status di “equiparato” è stato legittimamente escluso dall’Amministrazione.
La citata disposizione prevede che “Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.
Al riguardo, l’art. 1, comma 1, del d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 (Regolamento di Attuazione della legge 23 dicembre 2005, n. 266), chiarisce che per “missioni di qualunque natura” debbono intendersi quelle “missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata al dipendente” e per “particolari condizioni ambientali od operative” quelle “condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.
Detti elementi sono cumulativi e nessuno dei due ricorre nel caso in esame, poiché il ricorrente non stava espletando alcuna missione e l’intervento effettuato dal medesimo non può considerarsi come caratterizzato da quelle particolari condizioni ambientali od operative richieste dalla fattispecie.
Le ordinarie mansioni cui si è addetti, infatti, per espressa volontà del Legislatore, devono costituire quel necessario termine di paragone per poter determinare la straordinarietà di eventi in grado di sottoporre il dipendente “a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.
In conclusione, l’istruttoria amministrativa non ha evidenziato eventi rilevanti od elementi esulanti dalla normalità della funzione svolta da un appartenente all’Arma dei Carabinieri.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta un difetto d’istruttoria. Anche tale censura è priva di pregio in quanto l’istruttoria è stata compiutamente effettuata e non si rilevano profili che possano, anche indirettamente, pregiudicare l’esercizio dei compiuti diritti difensivi.
In ogni caso, esiste agli atti la documentazione citata ed il relativo esame, al pari delle controdeduzioni presentate dell’istante, non forniscono elementi tali da porsi in contrasto con i presupposti richiesti dal vigente quadro normativo di riferimento.
Per le motivazioni innanzi esposte il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere respi
Il Consiglio di Stato e di diverso avviso, cosi come altri giudici del lavoro di alcuni tribunali-
Adunanza di Sezione del 26 luglio 2017
NUMERO AFFARE 01636/2016
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal signor Massimo Bianco, nato ad Avellino il 22 luglio 1972, ed ivi residente per l’annullamento del decreto del Capo della Polizia di Stato 3 agosto 2013, n. 599/C/3/E/8/CC/1738 notificatogli l’8 novembre 2013, di diniego dell’istanza di concessione dello status di vittima del dovere ex lege 23 dicembre 2005, n. 266.
LA SEZIONE
Vista la relazione n. 559/C/3/E/8/CC/1738 del 08 agosto 2016 con la quale il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
viste le controdeduzioni, presentate a mezzo difensore, del 2 maggio 2013;
visto il ricorso del 24 febbraio 2014 notificato al Ministero dell’interno a mezzo del servizio postale;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Saverio Capolupo;
Premesso:
Il signor Massimo Bianchi, Appuntato scelto dell’Arma dei carabinieri, in data 3 ottobre 2012 ha chiesto la concessione dei benefici previsti dalla normativa vigente in favore delle “Vittime del Dovere” per le lesioni riportate il 18 luglio 2005.
In particolare, il militare, unitamente ad altri colleghi in servizio presso la centrale operativa, a seguito di una chiamata pervenuta al numero di pubblica utilità 112 si recava presso un ristorante sito nella circoscrizione di competenza. Nel tentativo di sedare un’animata discussione tra un avventore ed i proprietari del locale, onde garantire l’incolumità anche dei clienti, veniva, prima, aggredito verbalmente e, successivamente, colpito ripetutamente con calci e pugni e con una bottiglia di birra.
L’Amministrazione, ricevuta l’istanza del ricorrente, con nota pari numero, in data 17 dicembre 2012, ha avviato l’istruttoria interessando la competente Prefettura che, con nota prot. n. 18395/9B4/AREA I. del 5 febbraio 2013, ha trasmesso la comunicazione ricevuta dal Comando Compagnia di Baiano del 25 gennaio 2013, il rapporto sui fatti redatto dal comandante della medesima nonché la relazione di servizio redatta nell’occasione dall’interessato e dai suoi colleghi nonché svariata documentazione processuale.
Il citato Ufficio territoriale ha, altresì, espresso parere favorevole all’accoglimento della domanda.
Con nota del 3 aprile 2013, notificata all’interessato il 13 maggio 2013, veniva data comunicazione dell’avvio di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n., 241.
Il signor Bianco, in data 23 maggio 2013, ha presentato proprie controdeduzioni.
Ad avviso dell’Amministrazione l’infermità riportata non ricade nelle fattispecie previste all’art. 1, comma 563 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che qualifica “Vittima del Dovere” – oltre ai soggetti di cui all’art.3 della legge n.466/1980– coloro che nel corso di attività di servizio siano deceduti o abbiano riportato infermità permanenti, per diretto effetto di ferite o lesioni in conseguenza di eventi verificatisi nel contrasto ad ogni tipo di criminalità, nello svolgimento di servizi di ordine pubblico, nella vigilanza di strutture civili e militari, in attività di soccorso, in attività di tutela della pubblica incolumità, a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi necessariamente caratteristiche di ostilità.
L’Amministrazione si è uniformata alla giurisprudenza costante del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. IV, del 12 marzo 2001 n.1404 e 29 febbraio 1996 n. 227; nonché parere n. 1 – 561/69 del 4 maggio 2011 n. 02066/2010), secondo cui, affinché sorga il diritto ai benefici previsti per le “Vittime del Dovere”, non basta che l’evento lesivo sia genericamente connesso all’espletamento di funzioni di istituto, ma occorre, in sostanza, che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto.
Con tale assunto si è inteso sostanzialmente differenziare lo status di “Vittima del Dovere” da quello dell’operatore di polizia che resti coinvolto, come nel caso di specie, in una colluttazione durante l’espletamento delle ordinarie funzioni d’istituto.
È stato, pertanto, emanato il decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza _ impugnato dal signor Bianco con il quale è stata respinta l’istanza tendente ad ottenere i benefici previsti dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Avverso tale decreto è insorto l’interessato, domandandone l’annullamento, per violazione degli artt.:
1.1, commi 563, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
2. .1, commi 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
3. eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, illogicità intrinseca ed estrinseca, manifesta ingiustizia.
Il Ministero riferente ha concluso perché il ricorso sia respinto.
Considerato:
1. Nell’applicazione della fattispecie di cui all’art. 1, comma 563 della legge n. 266/05 e degli artt. 1 e 3 della legge 16 agosto 1980, n. n. 466 in essa espressamente menzionati, occorre distinguere tra la figura giuridica della c.d. vittima del dovere e le ipotesi connesse alla c.d. causa di servizio.
Affinché ricorrano gli estremi per l’applicabilità della normativa sulle Vittime del dovere è necessario che si sia verificato:
- un circostanziato evento di servizio posteriore al 1° gennaio 1961 ed isolabile a livello spazio temporale;
- un evento caratterizzato da particolari contingenze dipendenti da un rischio specifico superiore a quello genericamente insito nella funzione istituzionale.
In altri termini, è indispensabile, per giurisprudenza pacifica, che sussista uno specifico elemento di rischio esulante dalla normativa delle funzioni istituzionali (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4042/2006, Sez. IV, nn.1404/2001, 227/1996 e 480/2012; Sez. I, 0238/2017).
Il concetto di vittima del dovere presenta caratteristiche speciali rispetto al genus causa di servizio e deve quindi essere tenuto distinto dalle ferite per causa di servizio.
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la circostanza che il ferimento possa essere stato riconosciuto come dipendente da causa di servizio nel contrasto ad ogni tipo di criminalità – “in quanto da esso occasionato” – conferma semplicemente l’indispensabile connessione tra il decesso o le lesioni riportate e l’attività istituzionale di un appartenente alle Forze di polizia, ancorché particolarmente meritoria come nel caso in esame. Tale riconoscimento, indispensabile presupposto per la concessione di altre provvidenze, quali ad esempio l’equo indennizzo o il trattamento pensionistico, non è, tuttavia, da solo sufficiente a configurare la qualità giuridica di “Vittima del Dovere”.
D’altronde, se così non fosse, ogni appartenente alle Forze di polizia – che già espleta una professione di per sé esposta a rischio – potrebbe conseguire, per il solo fatto di essersi ferito più o meno gravemente nell’esercizio della propria ordinaria attività istituzionale, lo status in questione.
Diversamente opinando, non solo riconoscere una “causa di servizio” equivarrebbe a riconoscere automaticamente lo status in questione – il che, peraltro, renderebbe inutile e ridondante la specifica disciplina normativa al riguardo –, ma la figura della “Vittima del Dovere” verrebbe privata di quel carattere di specialità che le è proprio: conclusione, questa, che vede concorde sul punto una pressoché costante giurisprudenza, costruitasi negli anni con riferimento sia alla più risalente legge n. 466/80 sia alla più recente legge n. 266/05, con cui sono stati ulteriormente precisati gli elementi caratterizzanti lo status in questione.
Lo specifico elemento di rischio esulante dalla normalità delle funzioni istituzionali è proprio l’elemento caratterizzante la fattispecie della Vittima del Dovere che, nel caso di specie, non ricorre.
2. Con riferimento al comma 564 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266; lo status di “equiparato” è stato legittimamente escluso dall’Amministrazione.
La citata disposizione prevede che “Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.
Al riguardo, l’art. 1, comma 1, del d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 (Regolamento di Attuazione della legge 23 dicembre 2005, n. 266), chiarisce che per “missioni di qualunque natura” debbono intendersi quelle “missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata al dipendente” e per “particolari condizioni ambientali od operative” quelle “condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.
Detti elementi sono cumulativi e nessuno dei due ricorre nel caso in esame, poiché il ricorrente non stava espletando alcuna missione e l’intervento effettuato dal medesimo non può considerarsi come caratterizzato da quelle particolari condizioni ambientali od operative richieste dalla fattispecie.
Le ordinarie mansioni cui si è addetti, infatti, per espressa volontà del Legislatore, devono costituire quel necessario termine di paragone per poter determinare la straordinarietà di eventi in grado di sottoporre il dipendente “a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.
In conclusione, l’istruttoria amministrativa non ha evidenziato eventi rilevanti od elementi esulanti dalla normalità della funzione svolta da un appartenente all’Arma dei Carabinieri.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta un difetto d’istruttoria. Anche tale censura è priva di pregio in quanto l’istruttoria è stata compiutamente effettuata e non si rilevano profili che possano, anche indirettamente, pregiudicare l’esercizio dei compiuti diritti difensivi.
In ogni caso, esiste agli atti la documentazione citata ed il relativo esame, al pari delle controdeduzioni presentate dell’istante, non forniscono elementi tali da porsi in contrasto con i presupposti richiesti dal vigente quadro normativo di riferimento.
Per le motivazioni innanzi esposte il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere respi
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Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Messaggio da trasmarterzo »
La predetta sentenza dice che.....
L’Amministrazione si è uniformata alla giurisprudenza costante del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. IV, del 12 marzo 2001 n.1404 e 29 febbraio 1996 n. 227; nonché parere n. 1 – 561/69 del 4 maggio 2011 n. 02066/2010), secondo cui, affinché sorga il diritto ai benefici previsti per le “Vittime del Dovere”, non basta che l’evento lesivo sia genericamente connesso all’espletamento di funzioni di istituto, ma occorre, in sostanza, che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto.
Non volendo assolutamente fare l' avvocato difensore di nessuno (anche perchè non lo sono) ne tantomeno dare ragione a questo o a quel collega, e comunque ringraziando avt8 per aver postato la suddetta, dico però che la sentenza della corte di cassazione a ss.rr. pone comunque un indirizzo giudisprudenziale molto preciso in quanto AD OGNI MODO L' ART. 1 COMMA 563 DELLA L. 266/05 non ammette rischi specifici. Con cio' ovviamente vero è che il nesso di causa con le infermità che hanno determinato la causa di servizio devono essere accertate in modo inconfutabile in quello specifico contesto. Vero è pure che il consiglio di stato è un organo ausiliario del governo mentre la corte suprema di cassazione rappresenta il giudice di legittimità di ultima istanza delle sentenze emesse dalla magistratura ordinaria.
Si trova cioè nel punto piu' alto della scala decisionale. Non cambia nulla sul fatto che comunque si debba ricorrere per le vie giudiziarie come sempre, quindi nulla di nuovo. Nel caso di specie l' aver ricevuto una bottigliata fa parte del normale svolgimento del servizio, ovviamente non c'è nessun contrasto a ogni tipo di criminalità strettamente detta.
Tutto quanto, ovviamente a mio modesto avviso.
Buone Feste a tutti.
Saluti.
L’Amministrazione si è uniformata alla giurisprudenza costante del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. IV, del 12 marzo 2001 n.1404 e 29 febbraio 1996 n. 227; nonché parere n. 1 – 561/69 del 4 maggio 2011 n. 02066/2010), secondo cui, affinché sorga il diritto ai benefici previsti per le “Vittime del Dovere”, non basta che l’evento lesivo sia genericamente connesso all’espletamento di funzioni di istituto, ma occorre, in sostanza, che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto.
Non volendo assolutamente fare l' avvocato difensore di nessuno (anche perchè non lo sono) ne tantomeno dare ragione a questo o a quel collega, e comunque ringraziando avt8 per aver postato la suddetta, dico però che la sentenza della corte di cassazione a ss.rr. pone comunque un indirizzo giudisprudenziale molto preciso in quanto AD OGNI MODO L' ART. 1 COMMA 563 DELLA L. 266/05 non ammette rischi specifici. Con cio' ovviamente vero è che il nesso di causa con le infermità che hanno determinato la causa di servizio devono essere accertate in modo inconfutabile in quello specifico contesto. Vero è pure che il consiglio di stato è un organo ausiliario del governo mentre la corte suprema di cassazione rappresenta il giudice di legittimità di ultima istanza delle sentenze emesse dalla magistratura ordinaria.
Si trova cioè nel punto piu' alto della scala decisionale. Non cambia nulla sul fatto che comunque si debba ricorrere per le vie giudiziarie come sempre, quindi nulla di nuovo. Nel caso di specie l' aver ricevuto una bottigliata fa parte del normale svolgimento del servizio, ovviamente non c'è nessun contrasto a ogni tipo di criminalità strettamente detta.
Tutto quanto, ovviamente a mio modesto avviso.
Buone Feste a tutti.
Saluti.
Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
trasmarterzo ha scritto:La predetta sentenza dice che.....
L’Amministrazione si è uniformata alla giurisprudenza costante del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. IV, del 12 marzo 2001 n.1404 e 29 febbraio 1996 n. 227; nonché parere n. 1 – 561/69 del 4 maggio 2011 n. 02066/2010), secondo cui, affinché sorga il diritto ai benefici previsti per le “Vittime del Dovere”, non basta che l’evento lesivo sia genericamente connesso all’espletamento di funzioni di istituto, ma occorre, in sostanza, che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto.
Non volendo assolutamente fare l' avvocato difensore di nessuno (anche perchè non lo sono) ne tantomeno dare ragione a questo o a quel collega, e comunque ringraziando avt8 per aver postato la suddetta, dico però che la sentenza della corte di cassazione a ss.rr. pone comunque un indirizzo giudisprudenziale molto preciso in quanto AD OGNI MODO L' ART. 1 COMMA 563 DELLA L. 266/05 non ammette rischi specifici. Con cio' ovviamente vero è che il nesso di causa con le infermità che hanno determinato la causa di servizio devono essere accertate in modo inconfutabile in quello specifico contesto. Vero è pure che il consiglio di stato è un organo ausiliario del governo mentre la corte suprema di cassazione rappresenta il giudice di legittimità di ultima istanza delle sentenze emesse dalla magistratura ordinaria.
Si trova cioè nel punto piu' alto della scala decisionale. Non cambia nulla sul fatto che comunque si debba ricorrere per le vie giudiziarie come sempre, quindi nulla di nuovo. Nel caso di specie l' aver ricevuto una bottigliata fa parte del normale svolgimento del servizio, ovviamente non c'è nessun contrasto a ogni tipo di criminalità strettamente detta.
Tutto quanto, ovviamente a mio modesto avviso.
Buone Feste a tutti.
Saluti.
Sta di fatto che questa sentenza del consiglio di stato e successiva a quella della corte di cassazione, e quindi non se la sono proprio pippata la sentenza della cassazione-
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Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Messaggio da trasmarterzo »
Riporto quello che avevo detto:avt8 ha scritto:trasmarterzo ha scritto:La predetta sentenza dice che.....
L’Amministrazione si è uniformata alla giurisprudenza costante del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. IV, del 12 marzo 2001 n.1404 e 29 febbraio 1996 n. 227; nonché parere n. 1 – 561/69 del 4 maggio 2011 n. 02066/2010), secondo cui, affinché sorga il diritto ai benefici previsti per le “Vittime del Dovere”, non basta che l’evento lesivo sia genericamente connesso all’espletamento di funzioni di istituto, ma occorre, in sostanza, che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto.
Non volendo assolutamente fare l' avvocato difensore di nessuno (anche perchè non lo sono) ne tantomeno dare ragione a questo o a quel collega, e comunque ringraziando avt8 per aver postato la suddetta, dico però che la sentenza della corte di cassazione a ss.rr. pone comunque un indirizzo giudisprudenziale molto preciso in quanto AD OGNI MODO L' ART. 1 COMMA 563 DELLA L. 266/05 non ammette rischi specifici. Con cio' ovviamente vero è che il nesso di causa con le infermità che hanno determinato la causa di servizio devono essere accertate in modo inconfutabile in quello specifico contesto. Vero è pure che il consiglio di stato è un organo ausiliario del governo mentre la corte suprema di cassazione rappresenta il giudice di legittimità di ultima istanza delle sentenze emesse dalla magistratura ordinaria.
Si trova cioè nel punto piu' alto della scala decisionale. Non cambia nulla sul fatto che comunque si debba ricorrere per le vie giudiziarie come sempre, quindi nulla di nuovo. Nel caso di specie l' aver ricevuto una bottigliata fa parte del normale svolgimento del servizio, ovviamente non c'è nessun contrasto a ogni tipo di criminalità strettamente detta.
Tutto quanto, ovviamente a mio modesto avviso.
Buone Feste a tutti.
Saluti.
Sta di fatto che questa sentenza del consiglio di stato e successiva a quella della corte di cassazione, e quindi non se la sono proprio pippata la sentenza della cassazione-
Nel caso di specie l' aver ricevuto una bottigliata fa parte del normale svolgimento del servizio, ovviamente non c'è nessun contrasto a ogni tipo di criminalità strettamente detta.
Nella sentenza in questione che qui hai postato, si rimarca il fatto che non c'è contrasto alla criminalita' in quanto la bottigliata ESCLUDE ANCHE IL RISCHIO SPECIFICO E NON ORDINARIO.
Insomma, la senteanza ha preso 2 piccioni con una fava, quindi con un avvocato esperto della materia sicuramente si smonta il loro giudizio (del consiglio di stato) in quanto la cassazionea ss.rr. è un organo istituzionale gerarchicamente superiore il quale sottolinea senza margine di dubbio e di interpretazione il contenuto del comma 1 della L 266/05 (fermo restando il connubio nesso di causa e le infermita' riportate che conseguiranno a causa di servizio).
Saluti.
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Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Messaggio da trasmarterzo »
pardon... ART. 1 COMMA 563 L. 266/05.
Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Collega a me non mi importa un fico secco di quello che dice la cassazione oppure il consiglio di stato,io sono gia VD- per cui gli eventuali interessati si arrangiassero con i loro legali.-trasmarterzo ha scritto:pardon... ART. 1 COMMA 563 L. 266/05.
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Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Messaggio da trasmarterzo »
Spettabile collega, sei te che il post lo hai iniziato... Io, al contrario di come ti sei espresso sopra, quando scrivo non mi limito ad un discorso AT PERSONAM o per gufare, anzi sono contento per te che lo sei ma questo non vuol dire che bisogna remare contro chi ci sta o ci deve passare, faccio il tifo per loro in quanto (come per te...) hanno affrontato/affronteranno delle patologie/infermità piu' o meno gravi per aver fatto il loro dovere in servzio.avt8 ha scritto:Collega a me non mi importa un fico secco di quello che dice la cassazione oppure il consiglio di stato,io sono gia VD- per cui gli eventuali interessati si arrangiassero con i loro legali.-trasmarterzo ha scritto:pardon... ART. 1 COMMA 563 L. 266/05.
Quindi, se partecipi al forum fallo con spirito costruttivo (con cio' non voglio dire il contrario, i tuoi commenti sono comunque meritevoli di attenzione) e tutti ti ringraziamo per quello che dici e per come ci metti in guardia da e per quello che i colleghi affrontano o affronteranno.
Non di meno infatti ho detto piu' sopra che niente è cambiato, se ci sono i recquisiti BISOGNA SEMPRE AGIRE PER LE VIE GIUDIZIARIE, NULLA E' CAMBIATO.
Stammi bene, ISPETTORE SUPS, e buone Feste...
Saluti.
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Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Messaggio da naturopata »
Pubblicato il 24/11/2017
N. 05488/2017REG.PROV.COLL.
N. 08617/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8617 del 2016, proposto dalla signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Claudia Alpagotti, con domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
contro
Ministero dell’interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Veneto, sezione I, 10 giugno 2016, n. 603.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato Fortunato su delega dell’avvocato Alpagotti e l’avvocato dello Stato Natale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel 1995 la signora -OMISSIS-, all’epoca agente scelto di P.S. e ora operatore amministrativo contabile presso l’ufficio personale della Questura di Belluno, ha subito gravissime ustioni con postumi permanenti cercando di impedire all’ex fidanzato di dare fuoco alla moto di cui reclamava la restituzione.
2. A seguito di tali fatti, il T.A.R. per l’Emilia-Romagna le ha riconosciuto il diritto all’equo indennizzo di prima categoria (sentenza 29 marzo 2004, n. 424), dapprima negato dal Ministero dell’interno. La signora -OMISSIS- dichiara di avere successivamente ottenuto, sulla base di questa sentenza, la concessione della pensione privilegiata.
3. Nell’aprile 2009, la signora -OMISSIS- ha fatto richiesta dei benefici accordati alle “vittime del dovere”.
4. Con decreto del Capo della Polizia in data 24 settembre 2013, la richiesta è stata respinta.
5. La signora -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento di diniego proponendo un ricorso che il T.A.R. per il Veneto, sez. I, ha accolto con sentenza 14 maggio 2014, n. 636, condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio. Il Tribunale regionale ha ritenuto insufficiente la motivazione del rifiuto, che si sarebbe risolta in una mera ripetizione di precedenti giurisprudenziali e non avrebbe rappresentato in modo chiaro e univoco le ragioni del provvedimento.
6. L’Amministrazione dell’interno ha rinnovato il provvedimento facendo ampio riferimento ai passaggi delle sentenze penali successivamente intervenute e, ritenendo non sussistere elementi idonei a far mutare il proprio orientamento negativo, ha confermato il diniego con decreto del Capo della Polizia in data 6 luglio 2015.
7. La signora -OMISSIS- ha nuovamente impugnato il provvedimento di diniego proponendo un ricorso che il T.A.R. per il Veneto, sez. I, ha respinto con sentenza 10 giugno 2016, n. 603, compensando fra le parti le spese di lite. Il Tribunale regionale ha reputato che, nella fattispecie - ferma restando la riconducibilità a causa di servizio delle gravissime lesioni riportate dalla ricorrente - mancherebbe lo specifico presupposto normativo del rischio eccezionale e dell’atto ai limiti dell’eroismo (necessario, secondo la giurisprudenza, per il riconoscimento del beneficio secondo la normativa di settore), che andrebbe valutato ex ante e non ex post sulla base delle conseguenze di danno che ne sono derivate.
8. La signora -OMISSIS- ha interposto appello avverso la sentenza n. 603/2016, formulando assieme una domanda cautelare.
9. Nel merito, ha riproposto i motivi del ricorso introduttivo di primo grado:
a) violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1, co. 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266; eccesso di potere per travisamento dei fatti. Dalla ricostruzione della vicenda, come operata dalla sentenza del T.A.R. per l’Emilia-Romagna n. 424/2004 e dagli atti del procedimento penale avviato contro l’autore del reato, letti nella loro interezza e non solo nei passaggi estrapolati ritenuti più utili all’Amministrazione, emergerebbe il quid pluris rispetto all’ordinario adempimento dei compiti di istituto;
b) eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e per travisamento delle risultanze dell’istruttoria. L’Amministrazione prima e il T.A.R. poi non avrebbero valutato il contenuto del verbale della commissione medica di seconda istanza del 27 giugno 1997 (che avrebbe evidenziato l’intento di evitare non un danno a un bene materiale, ma il rischio di danni a terzi derivanti dallo scoppio del serbatoio), il parere della Questura di Forlì-Cesena favorevole all’accoglimento dell’istanza, il parere non ostativo della Prefettura U.T.G. delle medesime città.
10. Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio per resistere all’appello senza svolgere difese e depositando il fascicolo del giudizio di primo grado.
11. Alla camera di consiglio del 19 gennaio 2017, su richiesta della parte privata, unica presente, la causa è stata rinviata al merito a data fissa.
12. Con memoria depositata il 9 ottobre 2017, l’appellante ha ribadito sinteticamente i propri argomenti e ha insistito per l’accoglimento dell’appello.
13. All’udienza pubblica del 9 novembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
14. In via preliminare, il Collegio:
a) dà per acquisita la ricostruzione e l’esposizione del fatto delittuoso che è all’origine della presente controversia, che - dettagliatamente riportate nelle sentenze penali e nella vasta documentazione acquisita agli atti, cui si rinvia - non sono state contestate dalle parti costituite se non in relazione all’intento che avrebbe mosso l’appellante. Di conseguenza e con il limite ricordato, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio;
b) condivide l’orientamento secondo cui la giurisdizione sul riconoscimento dello status di “vittima del dovere”, in vista del conseguimento dei benefici connessi, appartiene all’A.G.O., quale giudice del lavoro e dell’assistenza sociale, venendo in questione un diritto soggettivo e non un interesse legittimo (secondo l’indirizzo ormai consolidato delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione: sentenze 16 novembre 2016, n. 23300; 17 novembre 2016, n. 23396; 13 gennaio 2017, n. 759; 19 giugno 2017 n. 15055; in senso adesivo per il G.A., da ultimo, T.A.R. Toscana, sez. I, 19 gennaio 2017, n. 63, ove ampia analisi della questione);
c) in mancanza di uno specifico motivo di gravame non può tuttavia - ai sensi dell’art. 9 c.p.a. - rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, sicché deve passare all’esame dell’appello nel merito.
15. L’appello è fondato.
15.1. Nel solco di una consolidata, costante e condivisibile giurisprudenza, nella articolata e complessa normativa di settore e in particolare ai sensi dei commi 563 e 564 dell’art. 1 della legge n. 266/2005, il riconoscimento dello status e dei benefici delle “vittime del dovere” per gli appartenenti alle Forze di polizia o alle Forze armate presuppone che l'evento letale o lesivo non sia solo genericamente connesso all'espletamento di funzioni d'istituto, ma è indispensabile che sia anche dipendente da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia o a operazioni militari o ancora all'espletamento di attività di soccorso e che il rischio stesso vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. III, 11 aprile 2014, n. 1794; Id., sez. III, 11 agosto 2015, n. 3916; Id., sez. III, 7 settembre 2015, n. 4129; Id., sez. III, 16 dicembre 2016, n. 5362; Cass. civ., sez. lav., 24 giugno 2016, n. 13114; Id., sez. un., 13 gennaio 2017, n. 759; Id., sez. un., 4 maggio 2017, n. 10792).
15.2. Nel caso di specie, è ormai fuori discussione che le gravissime lesioni riportate dalla signora -OMISSIS- siano riconducibili a causa di servizio. Per questo l’appellante si è vista attribuire i benefici di legge relativi.
15.3. Nel negare l’ulteriore riconoscimento di “vittima del dovere”, l’Amministrazione ha però trascurato la sentenza del T.A.R. per l’Emilia-Romagna n. 424/2004, resa fra le medesime parti del presente giudizio e non impugnata, la quale ha dichiarato che “la ricorrente ha tentato di impedire il compimento dell’azione anche a rischio della propria vita, il che appare ictu oculi inverosimile, se finalizzato alla sola protezione del bene della proprietà di un motociclo” e che “la -OMISSIS-, ancorché recatasi all’appuntamento per motivi personali, ha poi legittimamente assunto le proprie funzioni istituzionali, di fronte alla prospettiva della commissione di un reato e ad una situazione di pericolo per la pubblica incolumità, attivandosi per impedirli, anziché preoccuparsi della propria incolumità personale”.
15.4. Da quanto ha accertato il T.A.R. bolognese, oltre tutto con efficacia di giudicato fra le parti, deve ritenersi che, ai fini dell’attribuzione dello status di “vittima del dovere” e dei connessi benefici di legge, il comportamento dell’appellante, anche valutato ex ante, ha comportato l’assunzione di un rischio superiore a quello cui la signora -OMISSIS- sarebbe stata ordinariamente esposta nelle sue funzioni di istituto.
15.5. Non sono decisive in senso contrario le sentenze penali del Tribunale di Forlì e della Corte d’appello di Bologna - valorizzate dall’Amministrazione nel motivare la reiterazione del diniego - le quali entrambe affermano che la signora -OMISSIS- avrebbe agito per impedire la distruzione della moto, perché il Collegio ritiene che la valutazione dell’intento della vittima del reato, costituitasi parte civile nel processo, possa costituire un elemento da prendere in considerazione, non rappresenti tuttavia un “fatto materiale” capace di far stato nel processo civile o amministrativo ai sensi dell’art. 654 c.p.p. e, nella vicenda, ceda di fronde allo specifico e persuasivo accertamento operato sul punto dal T.A.R..
16. Dalle considerazioni che precedono discende che - come anticipato - l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
17. Considerata la complessità della vicenda nei termini appena esposti, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità dell’interessato, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo a identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Filippo Patroni Griffi
IL SEGRETARIO
N. 05488/2017REG.PROV.COLL.
N. 08617/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8617 del 2016, proposto dalla signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Claudia Alpagotti, con domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
contro
Ministero dell’interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Veneto, sezione I, 10 giugno 2016, n. 603.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato Fortunato su delega dell’avvocato Alpagotti e l’avvocato dello Stato Natale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel 1995 la signora -OMISSIS-, all’epoca agente scelto di P.S. e ora operatore amministrativo contabile presso l’ufficio personale della Questura di Belluno, ha subito gravissime ustioni con postumi permanenti cercando di impedire all’ex fidanzato di dare fuoco alla moto di cui reclamava la restituzione.
2. A seguito di tali fatti, il T.A.R. per l’Emilia-Romagna le ha riconosciuto il diritto all’equo indennizzo di prima categoria (sentenza 29 marzo 2004, n. 424), dapprima negato dal Ministero dell’interno. La signora -OMISSIS- dichiara di avere successivamente ottenuto, sulla base di questa sentenza, la concessione della pensione privilegiata.
3. Nell’aprile 2009, la signora -OMISSIS- ha fatto richiesta dei benefici accordati alle “vittime del dovere”.
4. Con decreto del Capo della Polizia in data 24 settembre 2013, la richiesta è stata respinta.
5. La signora -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento di diniego proponendo un ricorso che il T.A.R. per il Veneto, sez. I, ha accolto con sentenza 14 maggio 2014, n. 636, condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio. Il Tribunale regionale ha ritenuto insufficiente la motivazione del rifiuto, che si sarebbe risolta in una mera ripetizione di precedenti giurisprudenziali e non avrebbe rappresentato in modo chiaro e univoco le ragioni del provvedimento.
6. L’Amministrazione dell’interno ha rinnovato il provvedimento facendo ampio riferimento ai passaggi delle sentenze penali successivamente intervenute e, ritenendo non sussistere elementi idonei a far mutare il proprio orientamento negativo, ha confermato il diniego con decreto del Capo della Polizia in data 6 luglio 2015.
7. La signora -OMISSIS- ha nuovamente impugnato il provvedimento di diniego proponendo un ricorso che il T.A.R. per il Veneto, sez. I, ha respinto con sentenza 10 giugno 2016, n. 603, compensando fra le parti le spese di lite. Il Tribunale regionale ha reputato che, nella fattispecie - ferma restando la riconducibilità a causa di servizio delle gravissime lesioni riportate dalla ricorrente - mancherebbe lo specifico presupposto normativo del rischio eccezionale e dell’atto ai limiti dell’eroismo (necessario, secondo la giurisprudenza, per il riconoscimento del beneficio secondo la normativa di settore), che andrebbe valutato ex ante e non ex post sulla base delle conseguenze di danno che ne sono derivate.
8. La signora -OMISSIS- ha interposto appello avverso la sentenza n. 603/2016, formulando assieme una domanda cautelare.
9. Nel merito, ha riproposto i motivi del ricorso introduttivo di primo grado:
a) violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1, co. 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266; eccesso di potere per travisamento dei fatti. Dalla ricostruzione della vicenda, come operata dalla sentenza del T.A.R. per l’Emilia-Romagna n. 424/2004 e dagli atti del procedimento penale avviato contro l’autore del reato, letti nella loro interezza e non solo nei passaggi estrapolati ritenuti più utili all’Amministrazione, emergerebbe il quid pluris rispetto all’ordinario adempimento dei compiti di istituto;
b) eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e per travisamento delle risultanze dell’istruttoria. L’Amministrazione prima e il T.A.R. poi non avrebbero valutato il contenuto del verbale della commissione medica di seconda istanza del 27 giugno 1997 (che avrebbe evidenziato l’intento di evitare non un danno a un bene materiale, ma il rischio di danni a terzi derivanti dallo scoppio del serbatoio), il parere della Questura di Forlì-Cesena favorevole all’accoglimento dell’istanza, il parere non ostativo della Prefettura U.T.G. delle medesime città.
10. Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio per resistere all’appello senza svolgere difese e depositando il fascicolo del giudizio di primo grado.
11. Alla camera di consiglio del 19 gennaio 2017, su richiesta della parte privata, unica presente, la causa è stata rinviata al merito a data fissa.
12. Con memoria depositata il 9 ottobre 2017, l’appellante ha ribadito sinteticamente i propri argomenti e ha insistito per l’accoglimento dell’appello.
13. All’udienza pubblica del 9 novembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
14. In via preliminare, il Collegio:
a) dà per acquisita la ricostruzione e l’esposizione del fatto delittuoso che è all’origine della presente controversia, che - dettagliatamente riportate nelle sentenze penali e nella vasta documentazione acquisita agli atti, cui si rinvia - non sono state contestate dalle parti costituite se non in relazione all’intento che avrebbe mosso l’appellante. Di conseguenza e con il limite ricordato, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio;
b) condivide l’orientamento secondo cui la giurisdizione sul riconoscimento dello status di “vittima del dovere”, in vista del conseguimento dei benefici connessi, appartiene all’A.G.O., quale giudice del lavoro e dell’assistenza sociale, venendo in questione un diritto soggettivo e non un interesse legittimo (secondo l’indirizzo ormai consolidato delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione: sentenze 16 novembre 2016, n. 23300; 17 novembre 2016, n. 23396; 13 gennaio 2017, n. 759; 19 giugno 2017 n. 15055; in senso adesivo per il G.A., da ultimo, T.A.R. Toscana, sez. I, 19 gennaio 2017, n. 63, ove ampia analisi della questione);
c) in mancanza di uno specifico motivo di gravame non può tuttavia - ai sensi dell’art. 9 c.p.a. - rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, sicché deve passare all’esame dell’appello nel merito.
15. L’appello è fondato.
15.1. Nel solco di una consolidata, costante e condivisibile giurisprudenza, nella articolata e complessa normativa di settore e in particolare ai sensi dei commi 563 e 564 dell’art. 1 della legge n. 266/2005, il riconoscimento dello status e dei benefici delle “vittime del dovere” per gli appartenenti alle Forze di polizia o alle Forze armate presuppone che l'evento letale o lesivo non sia solo genericamente connesso all'espletamento di funzioni d'istituto, ma è indispensabile che sia anche dipendente da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia o a operazioni militari o ancora all'espletamento di attività di soccorso e che il rischio stesso vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. III, 11 aprile 2014, n. 1794; Id., sez. III, 11 agosto 2015, n. 3916; Id., sez. III, 7 settembre 2015, n. 4129; Id., sez. III, 16 dicembre 2016, n. 5362; Cass. civ., sez. lav., 24 giugno 2016, n. 13114; Id., sez. un., 13 gennaio 2017, n. 759; Id., sez. un., 4 maggio 2017, n. 10792).
15.2. Nel caso di specie, è ormai fuori discussione che le gravissime lesioni riportate dalla signora -OMISSIS- siano riconducibili a causa di servizio. Per questo l’appellante si è vista attribuire i benefici di legge relativi.
15.3. Nel negare l’ulteriore riconoscimento di “vittima del dovere”, l’Amministrazione ha però trascurato la sentenza del T.A.R. per l’Emilia-Romagna n. 424/2004, resa fra le medesime parti del presente giudizio e non impugnata, la quale ha dichiarato che “la ricorrente ha tentato di impedire il compimento dell’azione anche a rischio della propria vita, il che appare ictu oculi inverosimile, se finalizzato alla sola protezione del bene della proprietà di un motociclo” e che “la -OMISSIS-, ancorché recatasi all’appuntamento per motivi personali, ha poi legittimamente assunto le proprie funzioni istituzionali, di fronte alla prospettiva della commissione di un reato e ad una situazione di pericolo per la pubblica incolumità, attivandosi per impedirli, anziché preoccuparsi della propria incolumità personale”.
15.4. Da quanto ha accertato il T.A.R. bolognese, oltre tutto con efficacia di giudicato fra le parti, deve ritenersi che, ai fini dell’attribuzione dello status di “vittima del dovere” e dei connessi benefici di legge, il comportamento dell’appellante, anche valutato ex ante, ha comportato l’assunzione di un rischio superiore a quello cui la signora -OMISSIS- sarebbe stata ordinariamente esposta nelle sue funzioni di istituto.
15.5. Non sono decisive in senso contrario le sentenze penali del Tribunale di Forlì e della Corte d’appello di Bologna - valorizzate dall’Amministrazione nel motivare la reiterazione del diniego - le quali entrambe affermano che la signora -OMISSIS- avrebbe agito per impedire la distruzione della moto, perché il Collegio ritiene che la valutazione dell’intento della vittima del reato, costituitasi parte civile nel processo, possa costituire un elemento da prendere in considerazione, non rappresenti tuttavia un “fatto materiale” capace di far stato nel processo civile o amministrativo ai sensi dell’art. 654 c.p.p. e, nella vicenda, ceda di fronde allo specifico e persuasivo accertamento operato sul punto dal T.A.R..
16. Dalle considerazioni che precedono discende che - come anticipato - l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
17. Considerata la complessità della vicenda nei termini appena esposti, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità dell’interessato, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo a identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Filippo Patroni Griffi
IL SEGRETARIO
Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Questa sentenza conferma che per essere riconosciuti vittima del dovere occorre un rischio superiore oltre l'ordinario servizio- Per cui non e sufficiente la sola causa di servizio per essere riconosciuti vittima del dovere- Ed anche in questo caso il Consiglio di Stato non ha neanche sfiorato la sentenza della corte di cassazione, che afferma,che sia sufficiente la causa di servizio- ma come precisato benissimo dal Consiglio di stato occorre il rischio eccezionale ed in questo caso vi e stato in quanto la collega e rimasta ustionata per spegnere l'incendio della moto, che poteva causare danni ad altre persone essendo in una pubblica via verificatosi l'evento-naturopata ha scritto:Pubblicato il 24/11/2017
N. 05488/2017REG.PROV.COLL.
N. 08617/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8617 del 2016, proposto dalla signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Claudia Alpagotti, con domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
contro
Ministero dell’interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Veneto, sezione I, 10 giugno 2016, n. 603.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato Fortunato su delega dell’avvocato Alpagotti e l’avvocato dello Stato Natale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel 1995 la signora -OMISSIS-, all’epoca agente scelto di P.S. e ora operatore amministrativo contabile presso l’ufficio personale della Questura di Belluno, ha subito gravissime ustioni con postumi permanenti cercando di impedire all’ex fidanzato di dare fuoco alla moto di cui reclamava la restituzione.
2. A seguito di tali fatti, il T.A.R. per l’Emilia-Romagna le ha riconosciuto il diritto all’equo indennizzo di prima categoria (sentenza 29 marzo 2004, n. 424), dapprima negato dal Ministero dell’interno. La signora -OMISSIS- dichiara di avere successivamente ottenuto, sulla base di questa sentenza, la concessione della pensione privilegiata.
3. Nell’aprile 2009, la signora -OMISSIS- ha fatto richiesta dei benefici accordati alle “vittime del dovere”.
4. Con decreto del Capo della Polizia in data 24 settembre 2013, la richiesta è stata respinta.
5. La signora -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento di diniego proponendo un ricorso che il T.A.R. per il Veneto, sez. I, ha accolto con sentenza 14 maggio 2014, n. 636, condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio. Il Tribunale regionale ha ritenuto insufficiente la motivazione del rifiuto, che si sarebbe risolta in una mera ripetizione di precedenti giurisprudenziali e non avrebbe rappresentato in modo chiaro e univoco le ragioni del provvedimento.
6. L’Amministrazione dell’interno ha rinnovato il provvedimento facendo ampio riferimento ai passaggi delle sentenze penali successivamente intervenute e, ritenendo non sussistere elementi idonei a far mutare il proprio orientamento negativo, ha confermato il diniego con decreto del Capo della Polizia in data 6 luglio 2015.
7. La signora -OMISSIS- ha nuovamente impugnato il provvedimento di diniego proponendo un ricorso che il T.A.R. per il Veneto, sez. I, ha respinto con sentenza 10 giugno 2016, n. 603, compensando fra le parti le spese di lite. Il Tribunale regionale ha reputato che, nella fattispecie - ferma restando la riconducibilità a causa di servizio delle gravissime lesioni riportate dalla ricorrente - mancherebbe lo specifico presupposto normativo del rischio eccezionale e dell’atto ai limiti dell’eroismo (necessario, secondo la giurisprudenza, per il riconoscimento del beneficio secondo la normativa di settore), che andrebbe valutato ex ante e non ex post sulla base delle conseguenze di danno che ne sono derivate.
8. La signora -OMISSIS- ha interposto appello avverso la sentenza n. 603/2016, formulando assieme una domanda cautelare.
9. Nel merito, ha riproposto i motivi del ricorso introduttivo di primo grado:
a) violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1, co. 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266; eccesso di potere per travisamento dei fatti. Dalla ricostruzione della vicenda, come operata dalla sentenza del T.A.R. per l’Emilia-Romagna n. 424/2004 e dagli atti del procedimento penale avviato contro l’autore del reato, letti nella loro interezza e non solo nei passaggi estrapolati ritenuti più utili all’Amministrazione, emergerebbe il quid pluris rispetto all’ordinario adempimento dei compiti di istituto;
b) eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e per travisamento delle risultanze dell’istruttoria. L’Amministrazione prima e il T.A.R. poi non avrebbero valutato il contenuto del verbale della commissione medica di seconda istanza del 27 giugno 1997 (che avrebbe evidenziato l’intento di evitare non un danno a un bene materiale, ma il rischio di danni a terzi derivanti dallo scoppio del serbatoio), il parere della Questura di Forlì-Cesena favorevole all’accoglimento dell’istanza, il parere non ostativo della Prefettura U.T.G. delle medesime città.
10. Il Ministero dell’interno si è costituito in giudizio per resistere all’appello senza svolgere difese e depositando il fascicolo del giudizio di primo grado.
11. Alla camera di consiglio del 19 gennaio 2017, su richiesta della parte privata, unica presente, la causa è stata rinviata al merito a data fissa.
12. Con memoria depositata il 9 ottobre 2017, l’appellante ha ribadito sinteticamente i propri argomenti e ha insistito per l’accoglimento dell’appello.
13. All’udienza pubblica del 9 novembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
14. In via preliminare, il Collegio:
a) dà per acquisita la ricostruzione e l’esposizione del fatto delittuoso che è all’origine della presente controversia, che - dettagliatamente riportate nelle sentenze penali e nella vasta documentazione acquisita agli atti, cui si rinvia - non sono state contestate dalle parti costituite se non in relazione all’intento che avrebbe mosso l’appellante. Di conseguenza e con il limite ricordato, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio;
b) condivide l’orientamento secondo cui la giurisdizione sul riconoscimento dello status di “vittima del dovere”, in vista del conseguimento dei benefici connessi, appartiene all’A.G.O., quale giudice del lavoro e dell’assistenza sociale, venendo in questione un diritto soggettivo e non un interesse legittimo (secondo l’indirizzo ormai consolidato delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione: sentenze 16 novembre 2016, n. 23300; 17 novembre 2016, n. 23396; 13 gennaio 2017, n. 759; 19 giugno 2017 n. 15055; in senso adesivo per il G.A., da ultimo, T.A.R. Toscana, sez. I, 19 gennaio 2017, n. 63, ove ampia analisi della questione);
c) in mancanza di uno specifico motivo di gravame non può tuttavia - ai sensi dell’art. 9 c.p.a. - rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, sicché deve passare all’esame dell’appello nel merito.
15. L’appello è fondato.
15.1. Nel solco di una consolidata, costante e condivisibile giurisprudenza, nella articolata e complessa normativa di settore e in particolare ai sensi dei commi 563 e 564 dell’art. 1 della legge n. 266/2005, il riconoscimento dello status e dei benefici delle “vittime del dovere” per gli appartenenti alle Forze di polizia o alle Forze armate presuppone che l'evento letale o lesivo non sia solo genericamente connesso all'espletamento di funzioni d'istituto, ma è indispensabile che sia anche dipendente da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia o a operazioni militari o ancora all'espletamento di attività di soccorso e che il rischio stesso vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. III, 11 aprile 2014, n. 1794; Id., sez. III, 11 agosto 2015, n. 3916; Id., sez. III, 7 settembre 2015, n. 4129; Id., sez. III, 16 dicembre 2016, n. 5362; Cass. civ., sez. lav., 24 giugno 2016, n. 13114; Id., sez. un., 13 gennaio 2017, n. 759; Id., sez. un., 4 maggio 2017, n. 10792).
15.2. Nel caso di specie, è ormai fuori discussione che le gravissime lesioni riportate dalla signora -OMISSIS- siano riconducibili a causa di servizio. Per questo l’appellante si è vista attribuire i benefici di legge relativi.
15.3. Nel negare l’ulteriore riconoscimento di “vittima del dovere”, l’Amministrazione ha però trascurato la sentenza del T.A.R. per l’Emilia-Romagna n. 424/2004, resa fra le medesime parti del presente giudizio e non impugnata, la quale ha dichiarato che “la ricorrente ha tentato di impedire il compimento dell’azione anche a rischio della propria vita, il che appare ictu oculi inverosimile, se finalizzato alla sola protezione del bene della proprietà di un motociclo” e che “la -OMISSIS-, ancorché recatasi all’appuntamento per motivi personali, ha poi legittimamente assunto le proprie funzioni istituzionali, di fronte alla prospettiva della commissione di un reato e ad una situazione di pericolo per la pubblica incolumità, attivandosi per impedirli, anziché preoccuparsi della propria incolumità personale”.
15.4. Da quanto ha accertato il T.A.R. bolognese, oltre tutto con efficacia di giudicato fra le parti, deve ritenersi che, ai fini dell’attribuzione dello status di “vittima del dovere” e dei connessi benefici di legge, il comportamento dell’appellante, anche valutato ex ante, ha comportato l’assunzione di un rischio superiore a quello cui la signora -OMISSIS- sarebbe stata ordinariamente esposta nelle sue funzioni di istituto.
15.5. Non sono decisive in senso contrario le sentenze penali del Tribunale di Forlì e della Corte d’appello di Bologna - valorizzate dall’Amministrazione nel motivare la reiterazione del diniego - le quali entrambe affermano che la signora -OMISSIS- avrebbe agito per impedire la distruzione della moto, perché il Collegio ritiene che la valutazione dell’intento della vittima del reato, costituitasi parte civile nel processo, possa costituire un elemento da prendere in considerazione, non rappresenti tuttavia un “fatto materiale” capace di far stato nel processo civile o amministrativo ai sensi dell’art. 654 c.p.p. e, nella vicenda, ceda di fronde allo specifico e persuasivo accertamento operato sul punto dal T.A.R..
16. Dalle considerazioni che precedono discende che - come anticipato - l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
17. Considerata la complessità della vicenda nei termini appena esposti, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità dell’interessato, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo a identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Filippo Patroni Griffi
IL SEGRETARIO
E questa sentenza mi riporta alla mente altro caso di un Sot.Le dei C.C, che con la sua autovettura con all'interno sul sedile anteriore la sua fidanzata, ed uscito di strada andando a sbattere contro un muro,provocando l'incendio dell'automezzo con la fidanzata all'interno-Il M.ll,nel tentativo di salvare la donna rimase ustionato in varie parti del corpo,riuscendo a trarre in salvo la donna-
Il Miistero negò i benefici, ma il T.A.R. gli diede ragione dopo 9 anni,in quanto anche se libero dal servizio,ha prestato soccorso alla donna che era rimasta in trappola nella sua auto, mettendo a rischio la sua incolumità, e che tale evento e riconducibile alla fattispecie di operazioni di soccorso
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Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Messaggio da naturopata »
Questa sentenza conferma che per essere riconosciuti vittima del dovere occorre un rischio superiore oltre l'ordinario servizio- Per cui non e sufficiente la sola causa di servizio per essere riconosciuti vittima del dovere- Ed anche in questo caso il Consiglio di Stato non ha neanche sfiorato la sentenza della corte di cassazione, che afferma,che sia sufficiente la causa di servizio- ma come precisato benissimo dal Consiglio di stato occorre il rischio eccezionale ed in questo caso vi e stato in quanto la collega e rimasta ustionata per spegnere l'incendio della moto, che poteva causare danni ad altre persone essendo in una pubblica via verificatosi l'evento-
E questa sentenza mi riporta alla mente altro caso di un Sot.Le dei C.C, che con la sua autovettura con all'interno sul sedile anteriore la sua fidanzata, ed uscito di strada andando a sbattere contro un muro,provocando l'incendio dell'automezzo con la fidanzata all'interno-Il M.ll,nel tentativo di salvare la donna rimase ustionato in varie parti del corpo,riuscendo a trarre in salvo la donna-
Il Miistero negò i benefici, ma il T.A.R. gli diede ragione dopo 9 anni,in quanto anche se libero dal servizio,ha prestato soccorso alla donna che era rimasta in trappola nella sua auto, mettendo a rischio la sua incolumità, e che tale evento e riconducibile alla fattispecie di operazioni di soccorso[/quote]
Assolutamente, ma poi la famosa sentenza della Cassazione, ha trattato un caso davvero eccezionale, io l'ho letta tutta, poi lo studio che l'ha patrocinata è partito con la solita "campagna elettorale" "può spettare a tutti con causa di servizio", la stessa che ora è partita per il "cumulo P.P.O. e stipendio".
Attendiamo al varco pronunce sia sull'una (ancora assenti) che sull'altra.
E questa sentenza mi riporta alla mente altro caso di un Sot.Le dei C.C, che con la sua autovettura con all'interno sul sedile anteriore la sua fidanzata, ed uscito di strada andando a sbattere contro un muro,provocando l'incendio dell'automezzo con la fidanzata all'interno-Il M.ll,nel tentativo di salvare la donna rimase ustionato in varie parti del corpo,riuscendo a trarre in salvo la donna-
Il Miistero negò i benefici, ma il T.A.R. gli diede ragione dopo 9 anni,in quanto anche se libero dal servizio,ha prestato soccorso alla donna che era rimasta in trappola nella sua auto, mettendo a rischio la sua incolumità, e che tale evento e riconducibile alla fattispecie di operazioni di soccorso[/quote]
Assolutamente, ma poi la famosa sentenza della Cassazione, ha trattato un caso davvero eccezionale, io l'ho letta tutta, poi lo studio che l'ha patrocinata è partito con la solita "campagna elettorale" "può spettare a tutti con causa di servizio", la stessa che ora è partita per il "cumulo P.P.O. e stipendio".
Attendiamo al varco pronunce sia sull'una (ancora assenti) che sull'altra.
Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Per gli equiparati attenzione
Salve a tutti, sono una vittima del dovere equiparato che da luglio u.s. mi era stata tolta l'irpef dalla pensione ordinaria (non ho ppo, in quanto ho 11% di invalidità), ora nella mia cartella INPS mi hanno fatto una nuova determina datata 28.12.2017, motivazione:in ottemperanza all'applicazione del messaggio hermes inps n.3274 del 10.08.2017 e' stata effettuata riliquidazione della
pensione con ripristino irpef.
Dal pagamento di febbraio 2018, pagherò l'irpef e dovrò restituire i mesi percepiti da luglio all'inps di Massa e Carrara.
Bello schifo! Che gran cosa essere Vittima del Dovere Equiparato.
Salve a tutti, sono una vittima del dovere equiparato che da luglio u.s. mi era stata tolta l'irpef dalla pensione ordinaria (non ho ppo, in quanto ho 11% di invalidità), ora nella mia cartella INPS mi hanno fatto una nuova determina datata 28.12.2017, motivazione:in ottemperanza all'applicazione del messaggio hermes inps n.3274 del 10.08.2017 e' stata effettuata riliquidazione della
pensione con ripristino irpef.
Dal pagamento di febbraio 2018, pagherò l'irpef e dovrò restituire i mesi percepiti da luglio all'inps di Massa e Carrara.
Bello schifo! Che gran cosa essere Vittima del Dovere Equiparato.
Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
avt8 ha scritto:Per gli equiparati attenzione
Salve a tutti, sono una vittima del dovere equiparato che da luglio u.s. mi era stata tolta l'irpef dalla pensione ordinaria (non ho ppo, in quanto ho 11% di invalidità), ora nella mia cartella INPS mi hanno fatto una nuova determina datata 28.12.2017, motivazione:in ottemperanza all'applicazione del messaggio hermes inps n.3274 del 10.08.2017 e' stata effettuata riliquidazione della
pensione con ripristino irpef.
Dal pagamento di febbraio 2018, pagherò l'irpef e dovrò restituire i mesi percepiti da luglio all'inps di Massa e Carrara.
Bello schifo! Che gran cosa essere Vittima del Dovere Equiparato.
Di sicuro per non fare una disparità di trattamento e probabile che chi e stato riconosciuto vittima del dovere ed per detta patologia non ha avuto la pp-E facile che possono fare idem come gli equiparati,per non fare una disparità di trattamento- E mi risulta che a qualche vd non equiparata e stato fatto lo stesso trattamento-
Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
avt ed il sottoscritto umile monaco l'avevano detto dall'inizio che sarebbe andata cosi, ma siamo stati derisi. ennesima profezia che si autoavvera oppure semplice esperienza di vita vissuta intensamente, giudicate voi.
Re: RICONOSCIMENTO VITTIMA DEL DOVERE
Zenmonk ha scritto:avt ed il sottoscritto umile monaco l'avevano detto dall'inizio che sarebbe andata cosi, ma siamo stati derisi. ennesima profezia che si autoavvera oppure semplice esperienza di vita vissuta intensamente, giudicate voi.
Il fatto che per eventuale ripristino e molto più difficile- In quanto l'interessato, in sede di dichiarazione dei redditi potrebbe provare a recupoerare- Agenzia dirà non e possibile- allora occorre fare istanza all'Agenzia che dirà nuovamente no, e quindi occorre fare ricorso alla commissione tributaria con la speranza che il giudice applica la legge-
Per l'irpef non si può fare ricorso ne alla corte dei conti e neanche al Giudice del lavoro
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