Retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.)

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Retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.)

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Ricorso perso
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Il TAR Lazio precisa:

1) - Di nessuno dei 18 ricorrenti è stata indicata né la qualifica, né il grado, né le funzioni svolte, né l’anzianità, né la sede di lavoro, né è stato indicato l’importo da ciascuno di essi rivendicato né, tanto meno, è stato allegato un prospetto contabile da cui ricavare quanto sarebbe loro dovuto, stando a eventuali conteggi di parte.

2) - Il ricorso, dunque, si palesava inammissibile, anche in ragione della natura collettiva del ricorso a fronte di posizioni individuali verosimilmente non identiche.

3) - Nonostante il lungo tempo trascorso dalla proposizione del ricorso, tempo che avrebbe consentito alla parte ricorrente di fornire quanto meno un principio di prova, e sebbene ciò sia stato fatto presente espressamente nella citata ordinanza,
- ) - la parte ricorrente non ha ritenuto di produrre alcunchè, limitandosi ad attendere e pretendere, ancora nella memoria conclusiva, che fosse l’amministrazione, compulsata come extrema ratio in via istruttoria, a fornire gli elementi di prova con una radicale e inammissibile inversione dell’onere della prova.

4) - Invero, chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere le proprie ragioni (onus probandi incumbit ei qui dicit);
- ) - se tali elementi mancano, viene meno il fatto costitutivo della domanda e viene impedito al giudice di esaminare il merito del ricorso.

5) - Ciò assume ancora maggiore rilevanza laddove si controverta, come nel caso di specie, su diritti soggettivi; - ) - ambito questo non governato dalla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì dal principio dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e 115 c.p.c., applicabili anche al processo amministrativo.

6) - Infatti, la limitazione dell'onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio, che caratterizza il processo amministrativo, si fonda sulla naturale ineguaglianza delle parti, che connota abitualmente il rapporto amministrativo di natura pubblicistica intercorrente tra la parte privata e la P.A., mentre l'esigenza di una attenuazione dell'onere probatorio a carico della parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova dell'an e del quantum di un diritto patrimoniale, trovandosi le relative fonti di prova nella disponibilità della parte (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 26 agosto 2016, n. 1609).

7) - Peraltro l’amministrazione, ........ , ha sollevato una serie di eccezioni preliminari ed ha, comunque, contestato la domanda facendo presente che la rideterminazione della voce stipendiale della R.I. A. è suscettibile di variazione in base all'anno di arruolamento, all'anzianità di servizio militare, nonché alla progressione di carriera.

N.B.: Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201806697, - Public 2018-06-15 -

Pubblicato il 15/06/2018


N. 06697/2018 REG. PROV. COLL.
N. 09426/2004 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9426 del 2004, proposto da
Morlando Carmine, Baccari Franco, Belviso Bruno, Bufacchi Massimo, Carlino Vincenzo, Cerasuolo Carlo, Cipolla Alessandro, Comellini Luca Marco, Ferrauto Francesco, Forte Pierluigi, Gaeta Giuseppe, Gasbarri Luciano, Lorusso Vincenzo, Morrone Antonio, Raponi Fabio, Rinaldo Luigi, Senese Adriano e Silvestri Alessandro, rappresentati e difesi dall'avv. Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;

contro
Ministero della Difesa, Stato Maggiore Aeronautica Militare, Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti in giudizio;

per l’accertamento
del diritto alla rideterminazione della retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.) con l'inclusione degli incrementi previsti dal combinato disposto degli artt. 4, comma 3, L. 34/84 nonchè art. 1, comma, 4 D.Lgs. 379/87 e art. 2 L 231/90 per il periodo 1 gennaio 1989 – 31 agosto 1995;

per la condanna delle Amministrazioni resistenti alla corresponsione in loro favore dei relativi importi con interessi e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione dei rispettivi diritti fino a quella di effettivo soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;
Uditi, nell'udienza pubblica straordinaria del giorno 1 giugno 2018, i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, tutti militari appartenenti all’Aeronautica Militare, hanno chiesto la rideterminazione della Retribuzione Individuale di Anzianità con inclusione degli incrementi previsti dal combinato disposto degli artt. 4, 3° comma della L. 34/1984 nonché dell’art. 1, 4° comma del D.L. 379/1987 e 2 della L. 231/1990 per il periodo dal 1 gennaio 1989 al 31 agosto 1995.

L’amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

Dopo il decreto n. 4645/2015 dichiarativo della perenzione ultraquinquennale e il decreto n. 353/2016 di revoca del precedente, adottato a seguito di apposita dichiarazione di interesse da parte dei ricorrenti, all’udienza pubblica straordinaria del 19 gennaio 2018 i ricorrenti hanno chiesto la decisione del ricorso.

Con ordinanza n. 1164 del 31 gennaio 2018 la Sezione, stante la totale assenza di documentazione nel fascicolo di causa, ha disposto di acquisire dal Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Aeronautica e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ciascuno per quanto di competenza, una dettagliata relazione in ordine all’inquadramento giuridico ed economico di ciascuno dei ricorrenti, nonché in ordine all’eventuale spettanza della Retribuzione Individuale di Anzianità per il periodo di riferimento come dagli stessi rivendicata in ricorso.

Con successiva ordinanza n. n. 4317 del 18 aprile 2018 la Sezione, “Rilevato che la parte ricorrente nulla ha allegato al ricorso se non alcune buste paga da cui nulla è possibile ricavare in ordine alla mancata erogazione e alla eventuale debenza di quanto rivendicato” e rilevato che le intimate amministrazioni non avevano adempiuto a quanto disposto con la precedente ordinanza n. 1164/2018, ha reiterato l’incombente istruttorio.

Il Ministero della Difesa ha adempiuto mediante deposito di una relazione in data 16 maggio 2018, in cui ha, tra l’altro, eccepito l’inammissibilità del ricorso per genericità, tanto da non disporre di elementi per rispondere a quanto richiesto con l’ordinanza istruttoria; ha, inoltre eccepito la prescrizione del diritto azionato.

La parte ricorrente ha replicato con memoria del 21 maggio 2018 chiedendo dichiararsi la tardività della produzione documentale fatta dall’amministrazione e, comunque, contestandone gli assunti difensivi.

All’udienza pubblica straordinaria del 1 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. I ricorrenti denunciano che, dopo l’emanazione della L. 231/1990, che ha introdotto, a decorrere dal 1 gennaio 1989, le maggiorazioni dell’emolumento in discorso in base al disposto di cui all’art. 1, 4° comma del D.L. 379/1987 secondo i criteri fissati dall’art. 4, 3° comma della L. 34/1984, l’Amministrazione non avrebbe proceduto alla rideterminazione della R.I.A. nei loro confronti.

Riferiscono che, solo con l’entrata in vigore del D.Lgs. 196/1995, la R.I.A. è stata incrementata mediante il confluire, al momento del passaggio ad un livello retributivo superiore, degli scatti gerarchici eventualmente attribuiti nel precedente livello retributivo.

Essi, dunque, agiscono a tutela di un diritto soggettivo di natura patrimoniale.

Il ricorso, collettivamente proposto da 18 ricorrenti, è affidato esclusivamente alla trascrizione testuale delle norme invocate e alla conclusiva richiesta di “accertare e dichiarare il diritto dei ricorrenti alla rideterminazione della Retribuzione Individuale di Anzianità con inclusione degli incrementi previsti dal combinato disposto degli artt. 4, 3° comma della L. 34/1984 nonché dell’art. 1, 4° comma del D.L. 379/1987 e 2 della L. 231/1990 per il periodo dal 1 gennaio 1989 al 31 agosto 1995 e per l’effetto condannare le Amministrazioni resistenti alla corresponsione in loro favore dei relativi importi con interessi e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione dei rispettivi diritti fino a quella di effettivo soddisfo”.

Di nessuno dei 18 ricorrenti è stata indicata né la qualifica, né il grado, né le funzioni svolte, né l’anzianità, né la sede di lavoro, né è stato indicato l’importo da ciascuno di essi rivendicato né, tanto meno, è stato allegato un prospetto contabile da cui ricavare quanto sarebbe loro dovuto, stando a eventuali conteggi di parte.

Il ricorso, dunque, si palesava inammissibile, anche in ragione della natura collettiva del ricorso a fronte di posizioni individuali verosimilmente non identiche.

Stante la assoluta genericità del ricorso, nelle ordinanze istruttorie, segnatamente nell’ordinanza n. 4317/2018, la Sezione rilevava che i ricorrenti non avevano allegato documentazione al ricorso, a sostegno della loro pretesa, se non alcune buste paga da cui nulla è possibile ricavare in ordine alla mancata erogazione e alla eventuale debenza di quanto rivendicato.

Nonostante il lungo tempo trascorso dalla proposizione del ricorso, tempo che avrebbe consentito alla parte ricorrente di fornire quanto meno un principio di prova, e sebbene ciò sia stato fatto presente espressamente nella citata ordinanza, la parte ricorrente non ha ritenuto di produrre alcunchè, limitandosi ad attendere e pretendere, ancora nella memoria conclusiva, che fosse l’amministrazione, compulsata come extrema ratio in via istruttoria, a fornire gli elementi di prova con una radicale e inammissibile inversione dell’onere della prova.

Invero, chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere le proprie ragioni (onus probandi incumbit ei qui dicit); se tali elementi mancano, viene meno il fatto costitutivo della domanda e viene impedito al giudice di esaminare il merito del ricorso.

Ciò assume ancora maggiore rilevanza laddove si controverta, come nel caso di specie, su diritti soggettivi; ambito questo non governato dalla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì dal principio dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e 115 c.p.c., applicabili anche al processo amministrativo.

Infatti, la limitazione dell'onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio, che caratterizza il processo amministrativo, si fonda sulla naturale ineguaglianza delle parti, che connota abitualmente il rapporto amministrativo di natura pubblicistica intercorrente tra la parte privata e la P.A., mentre l'esigenza di una attenuazione dell'onere probatorio a carico della parte ricorrente viene meno con riguardo alla prova dell'an e del quantum di un diritto patrimoniale, trovandosi le relative fonti di prova nella disponibilità della parte (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 26 agosto 2016, n. 1609).

Nel caso di specie, dunque, vertendosi in materia di diritti soggettivi, il potere istruttorio del giudice non può supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova gravante sulla parte istante, né può ritenersi che la mancata contestazione da parte dell'Amministrazione sopperisca all'inesistente allegazione probatoria della parte attorea.

Peraltro l’amministrazione, sebbene con una relazione depositata in esecuzione di un incombente istruttorio, ha sollevato una serie di eccezioni preliminari ed ha, comunque, contestato la domanda facendo presente che la rideterminazione della voce stipendiale della R.I. A. è suscettibile di variazione in base all'anno di arruolamento, all'anzianità di servizio militare, nonché alla progressione di carriera.

La parte ricorrente ha replicato alle argomentazioni difensive spese dall’amministrazione nella relazione, così accettandone il contraddittorio anche a prescindere dalla eccepita tardività: tardività peraltro non ravvisabile, non trattandosi di termine perentorio.

Stante quanto fin qui evidenziato, pur non potendosi dare ingresso all’eccezione di prescrizione in quanto non ritualmente sollevata in giudizio, il Collegio non può che respingere il ricorso il quale, in disparte la manifesta genericità, è rimasto nel corso del giudizio totalmente sfornito di prova.

3. Quanto alle spese del giudizio, nulla deve disporsi stante la mancata formale costituzione dell’amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima Bis, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 giugno 2018 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Tomassetti, Presidente
Laura Marzano, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Laura Marzano Alessandro Tomassetti





IL SEGRETARIO


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