quesito urgente da carlos3

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Carlos3

quesito urgente da carlos3

Messaggio da Carlos3 »

L'8 febbraio 2012 il funzionario istruttore, a seguito della sentenza definitiva di condanna depositata in cancelleria l'11.1.2012,mi notificava formale contestazione degli addebiti finalizzata alla emissione della destituzione a mio carico. Il successivo 30 marzo 2012 il funzionario istruttore, segretario della commissione provinciale di disciplina, mi avvertiva, con notifica, di prentarmi innanzi a predetto consiglio il 13.4.2012 per la trattazione della "seduta" a mio carico. Cosa che avveniva. Oggi, apprendo da un mio ex collega che mi deve notificare un "provvedimento di rinnovo commissione", poichè la Commissione di cui sopra è stata annullata dal Ministero in quanto i due Isp. Sup. Sost. Comm. che facevano parte della Commissione in qualità di "Sindacato" avevano la mia stessa qualifica (ero Isp. Sup.) e al posto loro la nuova Commissione è formata da tutti funzionari.PERCHE' SCRIVO QUESTO......PERCHè CHIEDO A CHI NE SA' PIù DI ME SE ...FORSE C'E' UNA POSSIBILITà CHE "LORO" ABBIANO FATTO QUALCHE ERRORE E ABBIANO FATTO SCADERE I TERMINI (PERENTORIETA') PER L'EMMISIONE DEL DECRETO DI DESTITUZIONE. GRAZIE PER IL VOSTRO AIUTO.


melacavo49

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da melacavo49 »

Carlos3 ha scritto:L'8 febbraio 2012 il funzionario istruttore, a seguito della sentenza definitiva di condanna depositata in cancelleria l'11.1.2012,mi notificava formale contestazione degli addebiti finalizzata alla emissione della destituzione a mio carico. Il successivo 30 marzo 2012 il funzionario istruttore, segretario della commissione provinciale di disciplina, mi avvertiva, con notifica, di prentarmi innanzi a predetto consiglio il 13.4.2012 per la trattazione della "seduta" a mio carico. Cosa che avveniva. Oggi, apprendo da un mio ex collega che mi deve notificare un "provvedimento di rinnovo commissione", poichè la Commissione di cui sopra è stata annullata dal Ministero in quanto i due Isp. Sup. Sost. Comm. che facevano parte della Commissione in qualità di "Sindacato" avevano la mia stessa qualifica (ero Isp. Sup.) e al posto loro la nuova Commissione è formata da tutti funzionari.PERCHE' SCRIVO QUESTO......PERCHè CHIEDO A CHI NE SA' PIù DI ME SE ...FORSE C'E' UNA POSSIBILITà CHE "LORO" ABBIANO FATTO QUALCHE ERRORE E ABBIANO FATTO SCADERE I TERMINI (PERENTORIETA') PER L'EMMISIONE DEL DECRETO DI DESTITUZIONE. GRAZIE PER IL VOSTRO AIUTO.
Caro collega-
Il Ministero e stato furbo,perchè ha capito dell'errore ed onde evitare che tu al T.A.R. chiedevi l'annullamento del provvedimento-Il Ministero giustamente ha annullato il provvedimento di destituzione che la commissione ti aveva dato,in quanto i due componenti della commissione disciplina erano della tua stessa quelifica-Mentre il regolamento disciplinare parla della qualifica superiore all'inquisito.-( nel tuo caso due funzionari occorrono )-
Comunqe anche per la rinnovazione del procedimento ci sono dei termini da rispettare-
Per cui ti consiglio di fare allungare i tempi- Non andare a farti notificare il provvediemento di rinnovo della commissione-anzi cerca di non farti trovare- Chissà sforano nei tempi per la conclusione del rinnovo del procedimento disciplinare-
Digli a tua moglie di non firmare niente-

In caso di condanna ,l'amministrazione deve iniziare il procedimento disciplinare entro 30 giorni dalla pubblicazione della sentenza-E nel caso tuo ui termini sono giusti- Il Ministero ha a disposizione 180 + 90 giorni per la conclusione- del procedimento disciplinare-
Carlos3

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da Carlos3 »

Hai ragione, ma poichè questi fanno le figure con gli altri e cacciano la scienza con "noi" non vorrei che incominciano a fare il "vai e vieni a casa" facendo spaventare le mie figlie. Oppure è possibile che trovano un'alternativa alla notifica depositandola al comune per non far scadere i termini di perentorietà? Ciro, io mi ero già messo il cuore in pace. Poi ho saputo da un collega che ha avuto il mio stesso problema e che anche lui era in pensione per inabilità come me, che l'amministrazione a coloro che hanno avuto la privilegiata non "dovrebbe" togliere la pensione a seguito della destituzione. Infatti a lui (me lo ha fatto leggere) gli hanno contestato che non aveva la privilegiata ma "una tantum" per delle tabelle B e ha avuto la revoca. IO, e non perchè sono migliore di lui, ma solo perchè avevo un'8^ cat. mi hanno concesso nel mese di febbraio di quest'anno la pensione privilegiata a vita. Poi dopo la destituzione non so? come va a finire.
melacavo49

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da melacavo49 »

Se hai la previlegiata a vita ascritta a TAB A,anche se l'amministrazione ti fa il procediemnto disciplinare e ti destituisce questa non la possono revocare,in quanto si tratta di pensione di indennizzo,che si può avere anche quando si e cessati dal servizio da parecchio tempo-
Diversamente e la pensione per dispensa per fisica inabilità avuta ,dopo l'inizio del procedimento penale con la sospensione cautelare- Per quest'ultima ipotesi,in caso di destituzione,l'amministrazione fa retroagire la destituzione alla data del procedimento penale,e con la conseguenza della revoca della pensione per dispensa-Ma la pensione privilegiata di 8^ categoria quella non può toglerla-Infatti per conoscenza diretta, la predetta non viene revocata-Mentre la pensione per dispensa si- E nonostante i vari ricorsi fatti da colleghi nella tua stessa condizione la Corte dei Conti li ha respinti tutti-
Con un'8^ categoria ti spetta il 30% della base pensionabile- Puoi sempre chiedere aggravamento e scendere di catogoria,o farti riconoscere altra causa di servizio ,sempre che non sono scaduti i termini per il riconoscimento-
Comunque ricordati che nel procedimento disciplinare dalla contestazione degli addebiti alla data del provvedimento di destituzione non devono Interocrre più di 90 giorni da un'atto ed altro atto,in applicazione dell'art.120 del D.P.R. 3/57- Qualora si verica questa il procedimento disciplinare e perente- E l'amministrazione non ha più il potere di destituirti( anche se poi lo fa con la speranza che magari non impugni il provvedimento)-
Queste cose te lo dice un veterano del Vietnam-
melacavo49

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da melacavo49 »

Carlos3 ha scritto:Hai ragione, ma poichè questi fanno le figure con gli altri e cacciano la scienza con "noi" non vorrei che incominciano a fare il "vai e vieni a casa" facendo spaventare le mie figlie. Oppure è possibile che trovano un'alternativa alla notifica depositandola al comune per non far scadere i termini di perentorietà? Ciro, io mi ero già messo il cuore in pace. Poi ho saputo da un collega che ha avuto il mio stesso problema e che anche lui era in pensione per inabilità come me, che l'amministrazione a coloro che hanno avuto la privilegiata non "dovrebbe" togliere la pensione a seguito della destituzione. Infatti a lui (me lo ha fatto leggere) gli hanno contestato che non aveva la privilegiata ma "una tantum" per delle tabelle B e ha avuto la revoca. IO, e non perchè sono migliore di lui, ma solo perchè avevo un'8^ cat. mi hanno concesso nel mese di febbraio di quest'anno la pensione privilegiata a vita. Poi dopo la destituzione non so? come va a finire.
Ma tu lasciali sbagliare,non credo che conoscono la procedura delle notificazioni,perchè dalle sentenze che leggo sul sito della giusitizia amministrativa ne sbagliano parecchie di notifiche con provvedimenti annullati-
Poi il DPR 737/81,parla di notifica da effettuarsi a mano,di cui una copia firmata deve essere restituita-
Siccome tu già sai quale sanzione ti vuole applicare il Ministero, a questo punto ogni escamotage e buono ,se può portare acqua al tuo mulino-
Poi fai come credi più opportuno comportarti-
melacavo49

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da melacavo49 »

Carlos3 ha scritto:L'8 febbraio 2012 il funzionario istruttore, a seguito della sentenza definitiva di condanna depositata in cancelleria l'11.1.2012,mi notificava formale contestazione degli addebiti finalizzata alla emissione della destituzione a mio carico. Il successivo 30 marzo 2012 il funzionario istruttore, segretario della commissione provinciale di disciplina, mi avvertiva, con notifica, di prentarmi innanzi a predetto consiglio il 13.4.2012 per la trattazione della "seduta" a mio carico. Cosa che avveniva. Oggi, apprendo da un mio ex collega che mi deve notificare un "provvedimento di rinnovo commissione", poichè la Commissione di cui sopra è stata annullata dal Ministero in quanto i due Isp. Sup. Sost. Comm. che facevano parte della Commissione in qualità di "Sindacato" avevano la mia stessa qualifica (ero Isp. Sup.) e al posto loro la nuova Commissione è formata da tutti funzionari.PERCHE' SCRIVO QUESTO......PERCHè CHIEDO A CHI NE SA' PIù DI ME SE ...FORSE C'E' UNA POSSIBILITà CHE "LORO" ABBIANO FATTO QUALCHE ERRORE E ABBIANO FATTO SCADERE I TERMINI (PERENTORIETA') PER L'EMMISIONE DEL DECRETO DI DESTITUZIONE. GRAZIE PER IL VOSTRO AIUTO.
Scusa alla data della sospensione cautelare quanti anni di servizio effettivo avevi- ?
Carlos3

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da Carlos3 »

Scusa se rispondo adesso "melacavo", avevo 20 anni e 10 mesi. Ma, ti chiedo, quindi ti pensi che mi lasciano la privilegiata ma mi tolgono l'ordinaria- secondo la tua esperienza ?
Carlos3

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da Carlos3 »

Melacavo, praticamente alla data della sospens. dal servizio avevo 20 anni e 10 mesi, poi dopo i 5 anni di sosp. praticamente periodo 3.11.03 al 4.10.2008, sono rientrato e ho fatto 4 mesi di servizio e 18 di aspettativa per infermità fino alla data della riforma, 20.8.2010.
fra0816

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da fra0816 »

CIAO...SONO UN APPARTENENTE P.S. NEL 2010 SONO STATO SOSPESO OBBLIGTORIAMENTE PER MOTIVI GIUDIZIARI ...FINO A TALE DATA HO RAGGIUNTO 25 ANNI DI SERVIZIO COMPRESO IL MILITARE, SONO IN ATTESA DEL TERZO GRADO DI GIUDIZIO (RITO ABBREVIATO) E SICURAMENTE A SEGUITO GIUDIZIO DI CONDANNA CON INTERDIZIONE PERPETUA PP.UU... VERRò DESTITUITO. SAPETE SE AVRò DIRITTO ALLA PENSIONE ORDINARIA PER GLI ANNI LAVORATI E QUANDO POTRò BENEFICIARNE? GLI ANNI UNO OGNI CINQUE SONO ANCORA CONSIDERATI E FANNO CUMULO? GLI ANNI DI SOSPENSIONE AD OGGI DUE MI VENGONO CONTEGGIATI AI FINI CONTRIBUTIVI? SE POTETE ESERMI DI AIUTO RINGRAZIO
fra0816

Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da fra0816 »

NON HO CAUSE DI SERVIZIO ...MA DURANTE IL MIO RAPPORTO LAVORATIVO HO EFFETTUATO DIVERSI MESI DI RICOVERO IN CMO SENZA PERò FARE DOMANDA DI CAUSA....ORA CHE SONO SOPESO POSSO FARE QUALCOSA?GRAZIE MILLE
panorama
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Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da panorama »

Leggete questa esperienza giusto per cultura il quale parla anche di Difesa Tecnica.

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N. 00771/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00543/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 543 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR ai sensi dell’art. 25, comma 1, D.Lgs. 2.7.2010 n. 104;
contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63;
per l'annullamento
del decreto del Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale per le Risorse Umane, n. ……../8-3/2012 del 20.1.2012, con cui veniva disposta nei confronti del ricorrente l'irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio ai sensi dell'art. 7, nn. 1, 2 e 4 del D.P.R. 25.10.1981 n. 737; nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con decreto del Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica sicurezza, Direzione Centrale per le risorse umane del 20 gennaio 2012, n. ……./8-3/2012, veniva irrogata nei confronti del sig. OMISSIS, in servizio presso il Compartimento di Polizia OMISSIS, la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio ai sensi dell’art. 7 nn. 1, 2, e 4 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737.
1.1. Il procedimento disciplinare traeva origine da una vicenda penale, conclusasi con sentenza di patteggiamento alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione, nell’ambito della quale era stato coinvolto il dipendente della Polizia di Stato in questione in relazione ad una serie di reati, in concorso con ……., concernenti simulazione di reato OMISSIS
1.2. A seguito di tale indagine penale, al medesimo dipendente, era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere sulla base di un quadro indiziario successivamente posto a fondamento del procedimento disciplinare in oggetto e segnatamente: della «contestazione disciplinare», della «relazione conclusiva dell’inchiesta disciplinare» stessa e della «delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina di Verona».
2. Avverso il provvedimento sanzionatorio in questione ha proposto gravame il sig. OMISSIS, odierno ricorrente, chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, sulla base di due motivi di censura.
2.1. Con il primo, egli lamenta la violazione degli artt. 19 e 20 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, dell’art. 97 Cost., nonché l’«eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolar modo per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, motivazione carente e perplessa, sviamento della causa tipica». Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la «manifesta illegittimità dell’art. 20, comma 2, del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, per violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo [diritto ad un equo processo] in combinato disposto con l’art. 1 [Divieto generale di discriminazione] del protocollo n. 12 della Convenzione sottoscritto a Roma in data 4 novembre 2000».
2.1.1. Sotto il primo profilo, il ricorrente lamenta in particolare che, considerata l’autonomia fra il procedimento disciplinare e quello penale, l’Amministrazione procedente avrebbe illegittimamente omesso di effettuare un’autonoma istruttoria in ordine ai fatti di rilevanza penale che lo avevano riguardato, limitandosi a recepire il quadro indiziario posto a fondamento della misura custodiale e della sentenza di patteggiamento.
2.1.2. In particolare, l’Amministrazione non avrebbe acquisito «tutta la documentazione sottesa alle contestazioni mosse per farla affluire agli atti del procedimento disciplinare», in modo da ottenere un quadro completo degli elementi di prova su cui fondare il proprio giudizio. Inoltre, gli stessi elementi indiziari emersi in sede penale e recepiti nel procedimento disciplinare non sarebbero stati autonomamente verificati dall’Amministrazione, nonostante il ricorrente avesse dedotto circostanze ed elementi nuovi rispetto a quelli acquisiti nel procedimento penale che, a suo dire, ne avrebbero modificato la portata probatoria.
2.2. Sotto il secondo profilo, il ricorrente lamenta che la disposizione di cui all’art. 20, comma 2, del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, «consentendo all’appartenente alla Polizia di Stato incolpato di farsi assistere solo da un altro dipendente della Polizia medesima» limiterebbe «irragionevolmente il diritto di difesa (…) contravvenendo ai principi» elaborati della Corte EDU, in materia di tutela di tale diritto fondamentale. Tale illegittimità sarebbe vieppiù evidente se si confronta la citata disposizione con quella di altri corpi di polizia, quale ad esempio quella di cui all’art. 16 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, riguardante il corpo del personale di polizia penitenziaria, che invece prevede la possibilità a colui che si trovi sottoposto a procedimento disciplinare di farsi assistere da un avvocato del libero foro.
2.2.1. Ad avviso del ricorrente, «la limitazione dell’Ufficio difensivo ai soli appartenenti alla Polizia di Stato» risulterebbe, dunque, «priva di qualunque fondamento giustificativo».
3. Il ricorso è fondato con riguardo al primo motivo di censura.
3.1. Il procedimento disciplinare all’esito del quale è stata adottata la sanzione disciplinare della destituzione dell’odierno ricorrente risulta fondato esclusivamente sugli elementi probatori utilizzati in sede penale per le contestazioni su cui poggiava, dapprima, la misura cautelare custodiale, e successivamente, la sentenza di patteggiamento con la quale è stato definito il procedimento.
3.2. Il Collegio osserva che tale modus operandi non è conforme al principio della completezza e dell’autonomia dell’istruttoria quale fase indefettibile e autonoma del procedimento disciplinare tanto più in un caso, come quello oggetto di giudizio, in cui il procedimento penale non ha avuto l’ordinario sviluppo dibattimentale, ma si è arrestato, sull’accordo delle parti e in applicazione del rito speciale di cui agli artt. 444 c.p.p. e ss., alla fase prodromica delle indagini preliminari e agli elementi di prova fino a quel momento acquisiti.
3.3. Pertanto, il fatto che la pronuncia di cui all’art. 444 c.p.p. risulti equiparata a una sentenza penale di condanna, esplicando efficacia vincolante nell’ambito del procedimento disciplinare sotto i profili dell’accertamento del fatto, della sua illiceità penale e dell’affermazione che l’imputato l’abbia commesso, non supera il vizio denunciato con il ricorso che si appunta non già su un ipotizzato mancato apprezzamento da parte dell’Amministrazione della rilevanza disciplinare di fatti penalmente rilevanti, bensì direttamente sulla denunciata mancanza di un’autonoma attività di accertamento da parte dell’Amministrazione procedente in relazione sia alle medesime circostanze emerse in sede penale, sia a quelle ulteriori eventualmente dedotte anche dall’interessato a completamento del quadro di fatto da porre a fondamento della determinazione disciplinare.
3.3.1. Al riguardo, deve osservarsi che il principio dell’autonomia dell’attività istruttoria da parte dell’Amministrazione procedente risulta posto a garanzia, oltre che della separazione anche sul piano oggettivo e non solo valutativo del procedimento disciplinare rispetto a quello penale, anche dell’incomprimibile diritto di difesa dell’incolpato in ambito paragiurisdizionale.
4. Quanto al secondo motivo di censura, è sufficiente osservare che la previsione della possibilità di avvalersi di una difesa tecnica da parte di un avvocato del libero di foro, come già evidenziato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 182 del 2008, proprio con riferimento alla norma di cui all’art. 20, comma 2, del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, pur rientrando nella discrezionalità del legislatore, non è una soluzione imposta dalla Costituzione con riguardo ai procedimenti paragiurisdizionali, come appunto quello disciplinare, a condizione che il relativo procedimento sia improntato al rispetto dei principi fondamentali a garanzia del diritto di difesa, quali appunto quello al contraddittorio, alla chiarezza della contestazione e alla compiutezza dell’istruttoria.
4.1. La Corte costituzionale nella citata sentenza ha infatti, del tutto condivisibilmente, affermato che «la garanzia costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.) è limitata al procedimento giurisdizionale e non può, quindi, essere invocata in materia di procedimento disciplinare che, viceversa, ha natura amministrativa e sfocia in un provvedimento non giurisdizionale (…)». Ha, nondimeno, sottolineato che «l'art. 24 Cost. se indubbiamente si dispiega nella pienezza del suo valore prescrittivo solo con riferimento ai procedimenti giurisdizionali, non manca tuttavia di riflettersi in maniera più attenuata sui procedimenti amministrativi, in relazione ai quali, in compenso, si impongono al più alto grado le garanzie di imparzialità e di trasparenza che circondano l'agire amministrativo», come appunto nel caso di un «procedimento disciplinare che, come quello in esame, può concludersi con la destituzione», toccando quindi «le condizioni di vita della persona», ed «incidendo sulla sua sfera lavorativa». In tale ambito, prosegue la Corte, secondo i principi che ispirano la disciplina del «patrimonio costituzionale comune» relativo al procedimento amministrativo, desumibili dagli obblighi internazionali, dall'ordinamento comunitario e dalla legislazione nazionale, «vanno garantiti all'interessato alcuni essenziali strumenti di difesa, quali la conoscenza degli atti che lo riguardano, la partecipazione alla formazione dei medesimi e la facoltà di contestarne il fondamento e di difendersi dagli addebiti». Nello stesso senso, secondo l'interpretazione della Corte di giustizia delle Comunità europee, il diritto di difesa «impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il loro punto di vista» (Corte di giustizia, sentenza 24 ottobre 1996, C-32/95 P., Commissione Comunità europea c. Lisrestal).
5. Alla luce di quanto precede, il ricorso merita accoglimento con esclusivo riferimento al primo motivo di censura, con conseguente annullamento dell’atto impugnato affinché il procedimento disciplinare sia ripetuto a partire dalla fase ove detto vizio si è concretizzato, con espressa salvezza del segmento procedimentale che la precede.
6. Sussistono giusti motivi, in considerazione della peculiarità della controversia, per compensare le spese fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Claudio Rovis, Consigliere
Silvia Coppari, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/06/2012
imparziale
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Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da imparziale »

Attenzione alla riforma durante la sospensione cautelare-
Leggete come la pensano i giudici contabili


REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA

In composizione monocratica nella persona del Consigliere Rossella Cassaneti in funzione di Giudice unico delle pensioni ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio iscritto al n°54672/PC del registro di Segreteria, sul ricorso del sig. T. M., rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell'atto introduttivo, dagli avv.ti Gaetano e Carlo LEPORE ed Agostino IACCARINO e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Napoli alla via A. Manzoni n. 132, contro: 1- il mancato computo ad opera del Ministero dell'Interno del “servizio di fatto” prestato dal M. nel periodo maggio 2001/novembre 2003 ai fini della determinazione del trattamento pensionistico; 2- la nota n. 1147/gp/Chiusi del 29.06.2006 dell'INPDAP di Napoli 1;

Esaminati i documenti e gli atti tutti della causa;

Uditi alla pubblica udienza del giorno 10 novembre 2011 l’avv. Giovanni Zambelli per delega dell’avv. Agostino Iaccarino in difesa del ricorrente, che riportandosi a tutti gli scritti difensivi –ed in particolare alla memoria ed alla documentazione depositate in data 21-10-2011- ha insistito per l’accoglimento del ricorso, e la signora Paola Rega in rappresentanza dell’INPDAP Napoli 1, che prendendo atto delle istanze di parte attrice formulate anche nel corso dell’odierna udienza ha chiesto il rigetto delle domande dedotte in gravame ed ha altresì precisato il ruolo di ordinatore secondario di spesa rivestito dall’INPDAP e sia la prossima liquidazione –ove occorra in sede di conguaglio- di tutte le competenze economiche relative alla pensione di privilegio nelle more attribuita a T. M.;

Ritenuto in
FATTO

Con l'impugnato provvedimento l'INPDAP di Napoli ha intimato al ricorrente la rifusione, entro trenta giorni dalla ricezione del provvedimento medesimo, di € 23.176,43, quale somma accertata a credito dell'Amministrazione a seguito di determinazione dello stesso INPDAP del 29.06.2006, adottata in ragione della comunicazione dell'U.T.G. di Roma del 04.10.2005, con cui è stata disposta la revoca del trattamento di pensione diretta d'inabilità iscr. n. 11508879 corrisposta al signor MAISTO fino al 31.10.2005 per l'intervenuto implicito annullamento del provvedimento pensionistico, conseguito alla reviviscenza -per effetto della sentenza n. 5249/06 del Consiglio di Stato, Sezione VI- del decreto di destituzione dal servizio del signor T. M. emesso dal Capo della Polizia il 14-09-2000. Posto, dunque, che i provvedimenti impugnati sono altresì rivolti al recupero di quanto l'Amministrazione ritiene di aver indebitamente pagato al ricorrente a titolo di trattamento pensionistico d'inabilità, il signor M. ne ha lamentato la palese illegittimità alla luce dell'obbligo di ricomprendere –stanti i principi di elaborazione giurisprudenziale in materia- ai fini della riattribuzione del trattamento pensionistico d'inabilità, anche il periodo di servizio svolto dal signor M. dal 21.05.2001 (data della riammissione in servizio del ricorrente per effetto dell'ordinanza cautelare n. 1412/2001 del Consiglio di Stato, Sezione VI di sospensione del provvedimento di destituzione) al 06.11.2003 (data precedente a quella di decorrenza della dispensa dal servizio del signor M. per inabilità fisica).

L'INPDAP di Napoli ha dedotto, nella memoria difensiva presentata il 25-09-2007, la propria qualità di ordinatore secondario di spesa e la legittimità della procedura di recupero del credito avviata, concludendo per la reiezione del ricorso.

All'udienza camerale del 08-10-2007, in cui è stata discussa l'istanza di sospensione cauterale dell'efficacia del provvedimento impugnato presentata dall'interessato, l'avv. Agostino Iaccarino, presente in difesa del signor M., ha depositato, ad ulteriore conforto della sussistenza dei presupposti per l'accoglimento del gravame, l'ordinanza n. 4732/07 con cui il C.d.S-Sez. VI ha accolto l'istanza del M. di sospensione dell'esecuzione del provvedimento amministrativo di revoca della pensione d'inabilità precedentemente attribuita al ricorrente.

Con ordinanza n. 462/2007 la Sezione ha respinto l'istanza cautelare dianzi menzionata.

Parte attrice ha poi provveduto a versare agli atti del giudizio copia del ricorso in appello presentato avverso la precitata ordinanza n. 462/2007 di questa Sezione e copie degli atti relativi all'impugnazione innanzi al G.A. della revoca/annullamento implicito del decreto del Ministero dell'Interno di dispensa di T. M. dal servizio con decorrenza 07-11-2003 per inabilità fisica, giudizio tuttora in corso ma con sospensione cautelare del provvedimento per effetto di ordinanza n. 4732/2007 del Consiglio di stato – Sezione VI e conseguente riattivazione del medesimo trattamento pensionistico da parte dell'INPDAP.

Quest'ultimo Istituto previdenziale ha precisato, con memoria prodotta in data 26-10-2011, di aver provveduto nel giugno 2008, in qualità di ordinatore secondario di spesa, al ripristino del trattamento pensionistico del signor T. per effetto dell'ordinanza n. 4732/2007 del Consiglio di stato – Sezione VI e della nota prot. n. 333/H/0171018 del 24-01-2008 del Ministero dell'Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza, che informava l'INPDAP del fatto che “il nominato in oggetto ha acquisito il diritto alla concessione della pensione privilegiata a vita a decorrere dal congedo”; alla memoria l'INPDAP ha altresì allegato copia del decreto n. 504 del 07-04-2009 del medesimo Ministero, con cui è stata attribuita a T. M., in conformità al P.V. n. 70409006 del 08-10-2004 della CMO di Roma ed al parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio n. 15281/2000 del 19-11-2002, pensione privilegiata vitalizia di ottava categoria per dipendenza da causa di servizio dell'infermità “spondiloartrosi cervicale”, con decorrenza giuridica 16-09-2000 (data del congedo dal servizio) ed economica 01-12-2003 (primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda). L'INPDAP ha dunque concluso perché venga dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Il giudizio è quindi passato in decisione con la lettura del dispositivo in udienza.

Considerato in

DIRITTO

Il ricorso è infondato e non può essere accolto, per quanto di seguito si considera.

Appare, in primo luogo, necessaria una breve ricognizione dei fatti di causa, onde successivamente procedere all'inquadramento ed alla valutazione giuridica della fattispecie all'esame del G.U.

Il signor T. M., ex assistente di Polizia Giudiziaria, venne sottoposto a procedimento penale per illeciti commessi nell'esercizio delle proprie funzioni, ricevendo dalla Corte di cassazione definitiva condanna per vari reati con sentenza del maggio 2000. A ciò fece seguito il provvedimento di destituzione dal servizio del ricorrente emesso in data 14-09-2000 dal Capo della Polizia. Tale provvedimento venne impugnato dal M. con ricorso, corredato da contestuale istanza di sospensione cautelare dell'efficacia del medesimo provvedimento, innanzi al TAR Lazio, che rigettò l'istanza cautelare con ordinanza n. 4686/2001; tale ultimo provvedimento venne impugnato da T. M. innanzi al Consiglio di Stato, Sezione VI, che accolse l'istanza cautelare con ordinanza n. 1412/2001. Il Ministero dell'Interno riammise dunque in servizio il M. e contestualmente, essendo intervenuta condanna penale per i reati di cui agli artt. 110 e 317 C.P., dispose la sospensione dal servizio dell'interessato con decreto del 21-05-2001 adottato ai sensi dell'art. 4, comma 1°, legge n. 97/2001. Successivamente, prima con sentenza n. 3299/2005 del TAR Lazio-Sezione I Ter e poi con sentenza n. 5249/06 del Consiglio di Stato – Sezione VI, il ricorso di T. M. avverso il decreto di destituzione del 14-09-2000 veniva definitivamente rigettato.

Nel frattempo, con decreto del Ministero dell'Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza n. 333-D/535/BIS del 07-11-2003 T. M. è stato dispensato dal servizio per inidoneità permanente al servizio d'Istituto, in maniera assoluta nella Polizia di Stato – come valutato dalla CMO di Roma nel P.V. n. K70206387 del 04-11-2003- con decorrenza 07-11-2003. A seguito di ciò l'U.T.G. di Roma comunicava al M., con nota n. 02078/V Sezione del 19-04-2004, che a decorrere dal 07-11-2003 gli veniva conferito trattamento pensionistico provvisorio nell'ammontare di € 9.341,40 annui lordi.

Per effetto del definitivo acquisto di efficacia ex tunc del provvedimento di destituzione irrogato nel settembre 2000 a seguito delle pronunce giurisdizionali del G.A. dianzi menzionate, il provvedimento provvisorio di pensione d'inabilità del 2003 veniva automaticamente travolto, di modo che l'INPDAP – Sede Territoriale di Napoli 1 accertava a carico di T. M., con determinazione n. 1147/gp/Chiusi del 29.06.2006, un credito erariale di € 23.176,43; ciò in quanto -secondo quanto risulta dalla lettura della parte in premessa della determinazione INPDAP- sulla partita di pensione iscr. n. 11508879 intestata al ricorrente è emerso che “in seguito alla comunicazione del 4/10/2005 della Prefettura di Roma Ufficio Territoriale del Governo è stata disposta la revoca del trattamento di pensione già in essere e corrisposto fino alla rata del 31/10/2005 con conseguente annullamento del provvedimento pensionistico”.

In pendenza del presente giudizio, il M., che ha altresì provveduto all'impugnazione innanzi al G.A. della revoca/annullamento implicito del decreto del Ministero dell'Interno di dispensa dal servizio con decorrenza 07-11-2003 per inabilità fisica, ne ha ottenuto la sospensione cautelare per effetto di ordinanza n. 4732/2007 del Consiglio di stato – Sezione VI. L'INPDAP, dunque -come anticipato in premessa- ha provveduto nel giugno 2008 al ripristino del trattamento pensionistico del signor M. sia per effetto dell'ordinanza del C.d.S. sopra citata e sia della nota prot. n. 333/H/0171018 del 24-01-2008 del Ministero dell'Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza, che informava l'INPDAP del fatto che “il nominato in oggetto ha acquisito il diritto alla concessione della pensione privilegiata a vita a decorrere dal congedo”; successivamente il medesimo Ministero ha emesso il decreto n. 504 del 07-04-2009, con cui è stata attribuita a T. M., in conformità al P.V. n. 70409006 del 08-10-2004 della CMO di Roma ed al parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio n. 15281/2000 del 19-11-2002, pensione privilegiata vitalizia di ottava categoria per dipendenza da causa di servizio dell'infermità “spondiloartrosi cervicale”, con decorrenza giuridica 16-09-2000 (data del congedo dal servizio) ed economica 01-12-2003 (primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda).

Ciò posto, valga sintetizzare le domande di parte attrice, oggetto del gravame introduttivo del presente giudizio:

1-concessione di pensione ordinaria mediante computo negli anni di servizio del periodo maggio 2001/novembre 2003 in cui il M. è stato riammesso (e contestualmente sospeso) in servizio;

2-in subordine, computo del predetto periodo ai sensi dell'art. 2126 c.c.;

3-in ulteriore subordine, attribuzione di efficacia al decreto di dispensa dal servizio per inabilità del 2003 per insorgenza dell'infermità in epoca anteriore alla destituzione dal servizio del ricorrente, con conseguente riattribuzione del connesso trattamento pensionistico;

4-per effetto di quanto sopra, declaratoria d'illegittimità del provvedimento di recupero dei pagamenti effettuati dall'INPDAP e conseguente riconoscimento del diritto di T. M. alla restituzione delle somme oggetto di ingiunzione.

Così delimitato il thema decidendum, si appalesa, in primo luogo, del tutto inconferente il richiamo, operato da parte attrice in sede di gravame, all’art. 2126 c.c., dovendosi considerare che le disposizioni in esso contenute, nel prevedere che la nullità o l’annullabilità del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, tende ad evitare che l'invalidità del titolo di ammissione in servizio danneggi il lavoratore (che, altrimenti, sarebbe obbligato alla restituzione delle retribuzioni percepite) salvo che la nullità derivi dalla illiceità dell’oggetto o della causa. Sul punto, è necessario rilevare che la giurisprudenza ha posto in evidenza come l’art. 2126 c.c. non intenda equiparare il rapporto di lavoro invalido ad uno valido né regolare lo svolgimento di un rapporto di fatto, ma sia inteso a disciplinare gli effetti già prodottisi di un rapporto di fatto in concreto svoltosi tra le parti, per cui resta fuori dall’ambito di applicazione della norma ogni pretesa del lavoratore che, presupponendo la validità del rapporto (come nella fattispecie in esame) tenda alla sua conservazione o costituzione al di fuori della stipulazione del contratto di lavoro (Cass. Civ., sentenza n. 685/1987 e Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale Campania, sentenza n. 866/2004).

Inoltre, rappresenta principio consolidato anche nella giurisprudenza amministrativa quello per cui, intervenuta con il licenziamento (o con la destituzione) la risoluzione del rapporto d’impiego, la risoluzione stessa non può decorrere da data diversa da quella della sospensione cautelare (ex art. 91, 1° comma, T.U. n. 3/1957) trovando entrambi i provvedimenti causa nei medesimi fatti storici (cfr., in particolare, C.d.S., Sezione IV, sentenza n. 6066/2006).

“Il servizio di fatto è valutabile in quiescenza solo se prestato successivamente alla data di cessazione dal servizio per effetto di un provvedimento discrezionale dell’Amministrazione; e non anche quando la interruzione del rapporto d’impiego sia determinata automaticamente (come nella fattispecie in esame) dalla legge (art. 91, 1° comma, 2^ parte, T.U. n. 3/1957), ancorché il relativo provvedimento formale, cui va riconosciuto valore ricognitivo, venga emesso posteriormente alla data dalla quale ha effetto la risoluzione del rapporto medesimo (giurisprudenza consolidata successivamente alla sentenza della Corte dei Conti Sezione Terza n. 60822 del 1987)” (Sezione Giurisdizionale Campania, sentenza n. 714/2009).

Valga altresì ricordare che l'art. 8 DPR 1092/1973 dispone in modo estremamente chiaro che il computo dei servizi prestati in qualità di dipendente statale “si effettua dalla data di decorrenza del rapporto d'impiego o di lavoro sino a quella di cessazione di tale rapporto” -come nel caso di specie è stato correttamente fatto dall'Amministrazione– cosicché avrebbe avuto rilievo, nella presente fattispecie, soltanto ove fosse stato essenziale chiarire la computabilità ai fini pensionistici del periodo di sospensione cautelare cui il MAISTO è stato sottoposto dal maggio 2001 al novembre 2003. Invece, poiché –per quanto sopra osservato– risulta chiaro che il rapporto di lavoro tra il ricorrente ed il Ministero dell'Interno si è concluso con legittima decorrenza 16-09-2000, appare del tutto evidente che il problema della computabilità del periodo di sottoposizione a sospensione cautelare ai fini pensionistici –del resto risolto positivamente già da tempo dalla giurisprudenza contabile- decade definitivamente.

Per quanto sin qui considerato, deve essere respinta la domanda di concessione di pensione ordinaria mediante computo negli anni di servizio del periodo maggio 2001/novembre 2003 in cui il M. è stato riammesso (e contestualmente sospeso) in servizio.

In riferimento alla domanda di attribuzione della pensione d'inabilità, con conseguente sostanziale riacquisto di efficacia e retrodatazione del decreto del Ministero dell'Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza n. 333-D/535/BIS del 07-11-2003, in ragione dell'asserita insorgenza dell'inabilità in epoca precedente alla destituzione dal servizio, questa deve essere ritenuta inammissibile ai sensi dell'art. 71 RD 1038/1933 per difetto di previa pronuncia (anche in forma di silenzio-rifiuto) in sede amministrativa.

In proposito, deve ricordarsi che l'art. 71 R.D. 1038/1933 prevede l'inammissibilità dei ricorsi in materia di pensioni, assegni od indennità “quando ... si propongano domande sulle quali non siasi provveduto in sede amministrativa” (lett. b). Inoltre, il primo comma dell'art. 62 R.D. 1214/1934 stabilisce che “contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione a carico totale o parziale dello Stato è ammesso il ricorso alla competente sezione della Corte”.

Quindi, stanti le surriportate disposizioni, per introdurre un valido procedimento giudiziale dinanzi alla Corte dei Conti è necessario che il proponente non solo sia portatore di un interesse pensionistico, che si pretenda leso da un atteggiamento dell'autorità amministrativa, ma che detto atteggiamento si sia compendiato o in un provvedimento definitivo adottato dall'Amministrazione ovvero in un comportamento al quale la legge stessa attribuisca valore equipollente ad un formale atto di diniego (Sez. II Pens. Guerra, sent. n. 120814 del 12-07-1985). In altri termini: ai sensi dell'art. 71 del R.D. 13 agosto 1933 n. 1038, i ricorsi in materia di pensioni non sono ammessi quando, tra l'altro, si propongono domande sulle quali non si sia provveduto in via amministrativa; deve, pertanto, ritenersi inammissibile il ricorso allorché il ricorrente non abbia impugnato alcun provvedimento denegatorio, né abbia dato impulso alcuno per la formazione del silenzio-rifiuto -come si riscontra nel caso di specie- non potendosi prescindere dalla previa fase amministrativa (Sez. Giur. Reg. Piemonte, sent. n. 499 del 17-07-1996).

Da ciò discende, altresì, l'infondatezza delle doglianze mosse dal ricorrente avverso la nota n. 1147/gp/Chiusi del 29.06.2006 dell'INPDAP di Napoli 1 inerente il recupero a carico di T. M. del credito di € 23.176,43, legittimamente adottata dall'Istituto previdenziale a seguito della comunicazione del 04-10-2005 della Prefettura di Roma - Ufficio Territoriale del Governo con cui si disponeva la revoca del trattamento di pensione già in essere con conseguente annullamento del provvedimento pensionistico, proprio per effetto del definitivo acquisto di efficacia ex tunc del provvedimento di destituzione irrogato nel settembre 2000 a seguito delle pronunce giurisdizionali del G.A.

Per quanto concerne, infine, la richiesta dell'INPDAP di dichiarazione di cessazione della materia del contendere per aver dato luogo al ripristino del trattamento pensionistico del signor M. per effetto dell'ordinanza n. 4732/2007 del Consiglio di stato – Sezione VI e della nota prot. n. 333/H/0171018 del 24-01-2008 del Ministero dell'Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza riguardante la concessione al M. della pensione privilegiata vitalizia con decorrenza giuridica 16-09-2000 per infermità contratta dal ricorrente a causa del servizio prestato, l'istanza del medesimo Istituto previdenziale deve, parimenti, essere dichiarata inammissibile, in quanto completamente esulante dall'oggetto del presente giudizio.

Data la complessa natura della causa, sussistono motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA

In composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico consigliere Rossella Cassaneti, definitivamente pronunciando:

1-DICHIARA INAMMISSIBILI la domanda di T. M. di attribuzione della pensione d'inabilità per inidoneità fisica al servizio e l'istanza dell'INPDAP di dichiarazione della cessazione della materia del contendere;
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Re: quesito urgente da carlos3

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Che fregatura ha avuto questo ex collega della P.S.. Di chi sarà la colpa??????????

DESTITUZIONE DAL SERVIZIO DALL'AMMINISTRAZIONE DELLA PUBBLICA SICUREZZA

1) - RITENUTO che l’appello è stato notificato tardivamente, oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, previsto dall’art. 92, comma 3, del cod. proc. amm., per la proposizione dell’impugnazione, in difetto della notificazione della sentenza; difatti, la sentenza del TAR Lazio è stata pubblicata l’8 novembre 2010, quando già era vigente il codice del processo amministrativo (D.Lgs 104/2010, entrato in vigore il 16 settembre 2010), sicché non può trovare applicazione neppure la norma transitoria di cui all’art. 2 allegato 3 del codice, che prevede l’ultrattività dei termini dettati dalla disciplina precedente qualora fossero già in corso nel momento di entrata in vigore del codice.

Il Consiglio di Stato ha dichiarato il ricorso irricevibile + le spese a carico.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

10/07/2012 201204083 Sentenza Breve 3


N. 04083/2012REG.PROV.COLL.
N. 09214/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 9214 del 2011, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Aquilino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Circonvallazione Nomentana, 138;
contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I TER, n. 33228/2010, resa tra le parti, concernente DESTITUZIONE DAL SERVIZIO DALL'AMMINISTRAZIONE DELLA PUBBLICA SICUREZZA

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2012 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti l’avocato Aquilino e l’avvocato dello Stato Lumetti;

RITENUTO che l’appello è stato notificato tardivamente, in data 7 novembre 2011, oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, previsto dall’art. 92, comma 3, del cod. proc. amm., per la proposizione dell’impugnazione, in difetto della notificazione della sentenza; difatti, la sentenza del TAR Lazio è stata pubblicata l’8 novembre 2010, quando già era vigente il codice del processo amministrativo (D.Lgs 104/2010, entrato in vigore il 16 settembre 2010), sicché non può trovare applicazione neppure la norma transitoria di cui all’art. 2 allegato 3 del codice, che prevede l’ultrattività dei termini dettati dalla disciplina precedente qualora fossero già in corso nel momento di entrata in vigore del codice;

Ritenuto, pertanto, che l’appello va dichiarato irricevibile, con condanna dell’appellante alle spese del giudizio in favore del Ministero, che si liquidano come da dispositivo;

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.

Condanna l’appellante alle spese di giudizio che liquida in euro 2.000,00, oltre gli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2012
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Re: quesito urgente da carlos3

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Giusto per notizia a quanto non lo sappiano:


L’ avvocato che non deposita il ricorso nei termini deve risarcire il cliente
Cass. sez. civ. sentenza n. 920/2010


La Cassazione ha chiarito che l’avvocato che non deposita in tempo il ricorso per il cliente dovrà pagare il risarcimento del danno e corrispondere anche gli interessi e la rivalutazione monetaria che l’assistito avrebbe potuto ottenere giudizialmente. L’art. 1223 c.c. stabilisce che: "il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta" e quindi il risarcimento deve essere idoneo a reintegrare quella perdita patrimoniale che non si sarebbe verificata se il professionista avesse tempestivamente depositato il ricorso.
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Re: quesito urgente da carlos3

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Destituzione dal servizio ai sensi del D. P. R. n. 737/1981 , art. 7 n. 1-2-3 e 6.

Il TAR Lazio, con sentenza 12 ottobre 2006, n. 11286, lo accoglieva per violazione dell’art. 112, ultimo comma, del D. P. R. n. 3/1957.

Il C.d.S. ha precisato:

1) - Nel caso di specie, pertanto, a differenza di quanto dedotto dall’appellante, ricorrono i presupposti per la violazione dell’art. 112 del D. P. R. n. 3/1957, che vieta, a pena di nullità degli atti, la partecipazione alla Commissione di disciplina ai “membri che abbiano riferito all’ufficio del personale o svolto indagini ai sensi dell’art. 103” del citato D. P. R. .

2) - Perciò, come ha esattamente argomentato il TAR, l’inoltro degli atti al Questore per le opportune verifiche avrebbe dovuto “ indurre” la dirigente-Presidente ad astenersi dal partecipare al nuovo procedimento disciplinare a carico del ricorrente, sia perché aveva “piena cognizione della complessa, ma per alcuni aspetti unitaria vicenda”, sia perché aveva assunto la qualità di soggetto denunciante all’ufficio del Personale di fatti passibili di sanzione” a carico dell’Assistente autore dei medesimi; di qui la violazione da parte della dirigente in questione dell’obbligo di astenersi dal presiedere il Consiglio di Disciplina anche nel procedimento avviato per la destituzione dell’appellato, nonché, per vizio derivato, la conseguente nullità degli atti successivi del procedimento e del provvedimento conclusivo di destituzione..

Pertanto, il Ministero dell'Interno ha perso l'Appello al C.d.S.

Il resto potete leggerlo in sentenza.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

10/09/2012 201204796 Sentenza 3


N. 04796/2012REG.PROV.COLL.
N. 08205/2007 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8205 del 2007, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
B. F. M., rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Picozzi, con domicilio eletto presso Alessandro Picozzi in Roma, via dei Condotti 9;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 11286/2006, resa tra le parti, concernente Destituzione dal servizio del ricorrente, Assistente Capo di Polizia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista l’ordinanza cautelare 13 novembre 2007 n. 5968 che ha respinto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza TAR Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2011 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti l’ avv. Picozzi e l’avvocato dello Stato Barbieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con delibera 10 novembre 2005 il Consiglio provinciale di disciplina insediato presso la Questura di Bolzano proponeva per l’Assistente capo della Polizia di Stato B. F. M. la destituzione dal servizio all’esito del procedimento disciplinare aperto nei suoi confronti per aver allegato ad un esposto presentato alla Questura di Roma nei confronti di un dirigente (nonché in altro connesso procedimento disciplinare) atti relativi all’organizzazione del servizio “acquisiti irritualmente”; quindi, con decreto 2 gennaio 2006, il Capo della Polizia, recependo tale proposta, disponeva la destituzione dell’Assistente B…. ai sensi del D. P. R. n. 737/1981 , art. 7 n. 1-2-3 e 6 .

Avverso tale sanzione l’Assistente proponeva ricorso al TAR Lazio, che con sentenza 12 ottobre 2006, n. 11286, lo accoglieva per violazione dell’art. 112, ultimo comma, del D. P. R. n. 3/1957 .

Ad avviso del giudice di primo grado il procedimento disciplinare era viziato per l’incompatibilità della dirigente dott. ssa M….., che avrebbe dovuto astenersi dal parteciparvi , in qualità di presidente del Consiglio Provinciale di Disciplina presso la Questura di Bolzano, avendo essa stessa in precedenza inoltrato, nel maggio 2005, al Questore di Bolzano, “per le opportune valutazioni”, proprio i documenti la cui acquisizione era stata sanzionata con il Decreto di destituzione; inoltre la Dirigente M….. aveva appreso dell’esistenza di tali documenti in qualità di Presidente del Consiglio di Disciplina nell’ambito di altro procedimento disciplinare, instaurato nei confronti dello stesso Assistente Capo per altri profili della medesima vicenda e definito con la sospensione dal servizio per mesi 4 .

1.1.La sentenza è stata appellata dal Ministero dell’Interno, che ne ha chiesto la riforma, previa sospensione, illustrando, con unico articolato motivo, l’infondatezza delle censure dedotte avverso il decreto di destituzione dell’appellato.

Si è costituito in giudizio l’Assistente Capo B…, che ha chiesto il rigetto dell’appello, precisando di essere stato riammesso in servizio fin dal 20 febbraio 2007 a seguito di diffida per l’esecuzione della sentenza TAR Lazio.

Con ordinanza cautelare 13 novembre 2007, n. 5968, la Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza TAR.

Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2011, uditi i difensori presenti per le parti, la causa è passata in decisione.

2. In diritto l’appello non fornisce al Collegio elementi di giudizio plausibili per riformare la sentenza TAR la cui motivazione appare condivisibile.

Infatti il Ministero appellante non contesta la circostanza che la dirigente M…… in data 11 maggio 2005 ha trasmesso al Questore di Bolzano “per le opportune valutazioni” documenti relativi a comportamenti dell’Assistente B…., conosciuti in qualità di presidente del Collegio di Disciplina in altro precedente procedimento disciplinare, conclusosi con la sospensione dal servizio per profili diversi, ma sempre attinenti alla medesima vicenda meglio sopra indicata .

Nel caso di specie, pertanto, a differenza di quanto dedotto dall’appellante, ricorrono i presupposti per la violazione dell’art. 112 del D. P. R. n. 3/1957, che vieta, a pena di nullità degli atti, la partecipazione alla Commissione di disciplina ai “membri che abbiano riferito all’ufficio del personale o svolto indagini ai sensi dell’art. 103” del citato D. P. R. .

2.1. Né giova all’appellante dedurre ( pag . 9 ) che il Questore ha deciso di attivare il procedimento disciplinare in questione alla luce della relazione redatta dal Vice Questore C…. 13 giugno 2005, e non a seguito della nota 11 maggio 2005, trasmessa dalla dirigente M…., Presidente del Consiglio di Disciplina : infatti, poiché con nota 23 maggio 2005 il Questore trasmetteva la nota 11 maggio 2005 (con gli allegati) al Dirigente DIGOS e nella suddetta relazione di risposta 13 giugno il Vice Questore precisa di essere stato delegato a compiere “gli accertamenti volti a verificare la legittima o meno acquisizione da parte del nominato in oggetto di alcuni documenti da lui prodotti in un atto di querela e in un procedimento disciplinare”, appare evidente che nella realtà l’iniziativa della dirigente M….. configura l’atto di impulso dello stesso procedimento disciplinare in controversia, conclusosi con la destituzione comminata su proposta della Commissione di Disciplina presieduta dalla dirigente medesima .

Perciò, come ha esattamente argomentato il TAR, l’inoltro degli atti al Questore per le opportune verifiche avrebbe dovuto “ indurre” la dirigente-Presidente ad astenersi dal partecipare al nuovo procedimento disciplinare a carico del ricorrente, sia perché aveva “piena cognizione della complessa, ma per alcuni aspetti unitaria vicenda”, sia perché aveva assunto la qualità di soggetto denunciante all’ufficio del Personale di fatti passibili di sanzione” a carico dell’Assistente autore dei medesimi; di qui la violazione da parte della dirigente in questione dell’obbligo di astenersi dal presiedere il Consiglio di Disciplina anche nel procedimento avviato per la destituzione dell’appellato, nonché, per vizio derivato, la conseguente nullità degli atti successivi del procedimento e del provvedimento conclusivo di destituzione..

3. Per le esposte considerazioni, quindi, le censure formulate avverso la sentenza TAR sono infondate.

Pertanto l’appello va respinto con la conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Peraltro le caratteristiche della vicenda, scaturita, comunque, dalla non osservanza delle regole di comportamento prescritte nell’attività di servizio, consentono la compensazione tra le parti delle spese di questo grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello in epigrafe e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Lanfranco Balucani, Consigliere
Marco Lipari, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 10/09/2012
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