quesito urgente da carlos3

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Re: quesito urgente da carlos3

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Ricorso Accolto presso la CdC Calabria, inoltre, il ricorrente è stato bravissimo, in quanto si è rappresentato in proprio


La Corte precisa:

1) - Nel merito il ricorso può decidersi sulla scorta della previsione dell’art.167, comma 4 del C.G.C. con il riferimento ad una fattispecie del tutto analoga, decisa con sentenza n. 391/2017 della Sezione II^ d’Appello di questa Corte dei conti.

2) - La fattispecie coincide con quella di cui all’odierno ricorso in quanto:

- ) Al momento del collocamento in quiescenza il F. M. era già sottoposto a procedimento penale poi conclusosi con sentenza di prescrizione;

- ) la sanzione della destituzione è stata irrogata solo a seguito di procedimento disciplinare iniziato dopo il collocamento in pensione per inidoneità.

3) - A questo punto in applicazione del surriferito principio di diritto affermato nel richiamato precedente giurisprudenziale il ricorso va accolto, con conseguente statuizione del diritto del ricorrente a conservare il trattamento pensionistico già riconosciutogli. Non è luogo a provvedere sulle spese poiché il ricorrente non si è avvalso di patrocinio tecnico.
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 291 Pubblicazione 17/10/2018


R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli

Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N.291/2018

sul ricorso in materia di pensioni civili, iscritto al n. 21671 del registro di segreteria, proposto da proposto da
F. M., nato a Omissis, l’Omissis, ricorrente in proprio

nei confronti
Ministero dell’Interno e Prefettura di Cosenza, in persona del l.r.p.t., costituito con memoria depositata il 9-7-2018

I.n.p.s., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, costituito con memoria depositata l’8-6-2018
esaminati gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale;

uditi all’udienza del 10 settembre 2018, l’avv.to G. Greco per l’INPS ed il dott. Mazzei per la Prefettura di Cosenza

F A T T O

Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 16-5-2018, il sig. F. M., già dipendente della Polizia di Stato, chiedeva

- l'annullamento, del provvedimento nr. …… emesso dal Prefetto di Cosenza il …..-2014 (nella parte in cui si prevede la revoca della pensione qualora il procedimento penale e/o disciplinare al quale era sottoposto, si sarebbe definito con una condanna e/o con la sanzione della destituzione) e del provvedimento nr. ….. emesso il ……-2016 dal Dirigente l'Ufficio Servizio Contabilità e Gestione Finanziaria della Prefettura di Cosenza., nonché ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto o conseguente e, conseguentemente, accertando il pieno diritto del F. M. al trattamento pensionistico per il servizio prestato nel Corpo delle Guardie di P.S. prima e nella Polizia di Stato poi e calcolato alla data del 12-4-2014;

- in conseguenza e per l'effetto disporre a carico del competente ufficio INPS il pagamento in proprio favore dei ratei pensionistici maturati e maturandi dal mese di maggio 2016, oltre interessi, (maggiorazioni, con particolare riferimento al computo degli anni trascorsi illegittimamente in sospensione ossia dal ..-7-2010 al ..-4-2014 ovvero, quanto minimo, alla metà, giusto art. 8 DPR 1092/73) e rivalutazione del dovuto al saldo.

Precisava il ricorrente di essere stato posto in quiescenza a far data dal ..-4-2014, per dimissioni volontarie, giusta provvedimento n. …. emesso in data …-2-2014 dalla Prefettura di Cosenza e di avere appreso successivamente che a suo carico era stato aperto un procedimento per la sospensione o revoca del trattamento pensionistico stante la avvenuta destituzione, con effetto retroattivo al …-7-2010.

Lamenta quindi l'impossibilità di valutare a fini previdenziali un provvedimento disciplinare, posto che nessuna efficacia potrebbe esplicare un provvedimento di natura disciplinare ai fini previdenziali;

rappresenta anche come la sospensione o revoca della pensione dovuta alla decorrenza retroattiva del provvedimento disciplinare della destituzione, sia arbitraria alla luce dell'art. 7 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n.737 e come in tema di decorrenza ai fini pensionistici, (e non solo) non potrebbe essere applicato il principio della retroattività anche alla luce della sentenza nr.48/1971, della Corte Costituzionale.

Si è costituito in giudizio l’INPS con memoria depositata l’8-6-2018 chiedendo in via preliminare di dichiarare l'infondatezza del ricorso e, comunque, di rigettarlo, poiché infondato in fatto e in diritto; in via subordinata, nella negata ipotesi di accoglimento della domanda ritenere la decorrenza dell'eventuale beneficio fissata al primo giorno del mese successivo alla domanda, il tutto con vittoria di spese e competenze. Secondo l’INPS il diritto al trattamento pensionistico ordinario di inabilità, medio tempore erogato a far data dal ..-4-2014, maturato in pendenza di azione disciplinare non costituirebbe un diritto cristallizzato ed intangibile, posto che la cessazione dal servizio si considera avvenuta ad ogni effetto alla data del ..-7-2010 e che l'Amministrazione datoriale, nel disporre la sospensione cautelare aveva posto esplicita riserva di adottare provvedimenti, anche e soprattutto di carattere disciplinare a carico del Sig. M., con effetti che sarebbero maturati a conclusione della vicenda penale. Il periodo di sospensione cautelare sofferto dal …-7-2010 all'…-4-2014 non sarebbe valido né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza, assistenza e previdenza, con conseguente mutamento del titolo e della data di cessazione dal servizio, per cui alla data del …-7-2010 il ricorrente non aveva maturato il prescritto requisito anagrafico dei 53 anni per il conseguimento del diritto a pensione di anzianità, stante l'assenza, alla data di cessazione stabilita dal provvedimento di destituzione, del congiunto requisito anagrafico e dell'anzianità contributiva.

In data 10-7-2018 il ricorrente depositava una “memoria aggiuntiva e rettifica”, con annessa nuova documentazione, nella quale fosse riconosciuto il proprio diritto al ripristino della pensione ordinaria di anzianità, con conseguente rilascio dei ratei non percepiti, maturati e maturandi dal mese di maggio 2016 oltre agli interessi di legge e gli fosse riconosciuto il titolo di privilegio sulla pensione ordinaria, a decorrere dal …-4-2014, con conseguente erogazione della percentuale spettante nonché degli interessi di legge. Precisava al riguardo di avere richiesto la pensione ordinaria e privilegiata, attraverso il Patronato INCA CGIL il 28-4-2014 (assunta al protocollo INPS.2500.28/04/2014.0089046), all’esito del verbale nr. 2137 della C.M.O. di Bari in data 1.10.1991 con il quale era stato riscontrato affetto da " OMISSIS", patologia giudicata come "SI" dipendente da causa di servizio ed ascritta alla 7^ categoria, tabella A; tale infermità sarebbe stata ratificata dal Comitato per le pensioni privilegiate con parere n. 29976/93 in data 25/11/1993. ma non vi si sarebbe mai dato corso.

In data 11-7-2018 perveniva il fascicolo amministrativo relativo al ricorrente in uno ad una memoria del Ministero dell’Interno, datata 9-7-2018, da valersi presumibilmente quale memoria di costituzione nella quale si ricostruivano i termini della vicenda, rappresentandosi come il decreto di destituzione del 23-11-2015 fosse stato impugnato innanzi il Giudice amministrativo con esiti sfavorevoli al ricorrente e come all’esito della definitività di tale decreto il decreto di concessione della pensione non producesse più effetti, onde il dipendente risultava cessato per destituzione dal …-7-2010 e non per dimissioni volontarie dalla successiva data del …-4-2014.

All’udienza di discussione della causa del 23-7-2018 il ricorrente depositava una memoria illustrativa alla quale si opponevano le Amministrazioni resistenti che eccepivano anche come la memoria del 10-7-2018 contenesse una domanda nuova relativa alla pensione privilegiata, ma non gli era stata preventivamente notificata. A questo punto il G.U. delle pensioni, rilevato che il ricorrente era in giudizio personalmente e senza assistenza tecnica ammetteva le memorie del ricorrente ed assegnava alle parti un termine fino a 5 giorni prima dell’udienza di rinvio per il deposito di note difensive in merito alla nuova domanda proposta dal ricorrente, rinviando la causa all’udienza del 10-9-2018.

Il 30-8-2018 il ricorrente depositava documentazione.

Il 5-9-2018 la Prefettura di Cosenza depositava una memoria integrativa del Ministero dell’Interno nella quale, in ordine alla domanda di pensione privilegiata, si dubitava della esistenza dei requisiti, rappresentando come l’INPS in data 9-5-2018 avesse richiesto alla C.M.O. di Messina di disporre nuovi accertamenti sanitari al fine di accertare l’ascrivibilità delle infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio e come già con d.m. del 27-11-2017, inviato il 27-11-2017 alla Questura di Cosenza fosse però già stata respinta l’istanza di aggravamento ai fini dell’equo indennizzo.

Il 6-9-2018 l’INPS ha depositato note integrative autorizzate chiedendo che la nuova domanda di pensione privilegiata venisse dichiarata inammissibile e comunque infondata ed, in subordine, che la decorrenza venisse fissata solo al primo giorno del mese successivo la presentazione della domanda; nel merito insiste nelle proprie precedenti richieste di rigetto della domanda di riassegnazione della pensione.

Il 7-9-2019 il ricorrente ha depositato una ulteriore memoria nella quale segnala di aver ricevuto in pari data una notifica di provvedimento inerente la sua domanda di aggravamento e/o pensione, insistendo comunque nelle proprie richieste per come proposte.

All’udienza di discussione del 10 settembre 2018, l’avv. Greco per l’INPS ed il dott. Mazzei per la Prefettura di Cosenza hanno insistito nella propria eccezione di inammissibilità della domanda di pensione privilegiata, sia per essere la stessa stata formulata solo con la memoria aggiuntiva anziché nel ricorso introduttivol sia perché il relativo procedimento sarebbe ancora in itinere, sia, infine, perché mancherebbe un provvedimento amministrativo espresso di diniego; nel merito insistono nelle rispettive difese ed eccezioni e chiedono che il ricorso sia reietto.

D I R I T T O

1. In via preliminare va esaminata l’eccezione inerente la domanda di concessione della pensione privilegiata, introdotta con la memoria del 10-7-2018, circostanza non contestata, né contestabile, stante il tenore del ricorso introduttivo. Sul punto comunque, ancor prima della verifica della ritualità della domanda introduttiva, vale quanto risulta dalla produzione documentale del Ministero e dal contenuto della memoria finale dell’INPS per le quali il relativo procedimento di concessione non si sarebbe ancora concluso, mancando, peraltro un provvedimento espresso; tale circostanza è stata ribadita verbalmente all’udienza di discussione dai difensori delle amministrazioni resistenti.

La circostanza rende inammissibile la richiesta avanzata sul punto dal ricorrente, stante la preclusione di cui all’art.153, lett. b) del C.G.C. per la quale non può proporsi una domanda sulla quale non si sia provveduto in sede amministrativa ovvero per la quale non sia trascorso il termine di legge dalla notificazione all’amministrazione di un formale atto di diffida a provvedere.

Nella fattispecie quindi, in disparte l’eccezione di novità della domanda, vi è che la stessa è, allo stato, inammissibile ancorché il deposito della memoria del 10-7-2018 varrà quale formale notifica della diffida all’INPS ed al Ministero dell’Interno ai sensi di cui alla norma, con la conseguenza che, decorsi i novanta giorni da quella data senza che sia intervenuto un provvedimento favorevole ovvero in presenza di un provvedimento di diniego espresso, l’odierno ricorrente rimane facultato alla presentazione di un nuovo ricorso giurisdizionale a questa Corte dei conti, finalizzato ad ottenere la pensione privilegiata.

Quanto poi agli esiti della domanda di aggravamento, dei cui esiti negativi il ricorrente avrebbe avuto notizia solo in data 7-9-2018, varrà la previsione di cui alla lettera c) del richiamato art.153 del C.G.C., secondo cui il ricorso è inammissibile se si ricorra avverso provvedimenti che definiscono domande di aggravamento in conformità a giudizi delle commissioni mediche pensionistiche di guerra accettati dall'interessato, ovvero confermati dalla commissione medica superiore, e il ricorso non risulti documentato da perizia medica o certificazione rilasciata da strutture sanitarie pubbliche successivamente alla domanda di aggravamento o nei sei mesi antecedenti.

*

2. Nel merito il ricorso può decidersi sulla scorta della previsione dell’art.167, comma 4 del C.G.C. con il riferimento ad una fattispecie del tutto analoga, decisa con sentenza n. 391/2017 della Sezione II^ d’Appello di questa Corte dei conti.

Risulta nel caso di specie che la data di avvio del procedimento disciplinare ai danni del ricorrente risalga al 2014 - come accertato dalla sentenza del Consiglio di Stato, n. 6171/2017, prodotta agli atti di causa - mentre la contestazione dei fatti ascrittigli risale al 20-5-2015.

Ebbene a prescindere da ogni questione inerente la retrodatazione degli effetti del provvedimento disciplinare, vi è che “1) al momento del collocamento in pensione per inidoneità al servizio (nel 2006) il sig. D.G. era già sottoposto a un procedimento penale, il cui esito non ha, però, comportato la perdita del grado;

2) la sanzione della perdita del grado è stata irrogata solo a seguito di procedimento disciplinare iniziato dopo il collocamento in pensione per inidoneità;

3) non rileva il secondo procedimento penale, che ha comportato l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, in quanto trattasi di procedimento iniziato dopo il collocamento a riposo per inidoneità.

In sostanza, diversamente da quanto dedotto dal Ministero …, la perdita del grado non può nella specie retroagire al momento del collocamento a riposo per inidoneità, essendo stata irrogata a seguito di un procedimento disciplinare che non era pendente alla data in cui l’appellante è cessato dal servizio ad altro titolo; né tale effetto retroattivo può essere ricollegato al secondo procedimento penale, trattandosi anche in questo caso di procedimento iniziato successivamente alla cessazione dal servizio”.

La fattispecie coincide con quella di cui all’odierno ricorso in quanto:

1) Al momento del collocamento in quiescenza il F. M. era già sottoposto a procedimento penale poi conclusosi con sentenza di prescrizione;

2) la sanzione della destituzione è stata irrogata solo a seguito di procedimento disciplinare iniziato dopo il collocamento in pensione per inidoneità.

A questo punto in applicazione del surriferito principio di diritto affermato nel richiamato precedente giurisprudenziale il ricorso va accolto, con conseguente statuizione del diritto del ricorrente a conservare il trattamento pensionistico già riconosciutogli. Non è luogo a provvedere sulle spese poiché il ricorrente non si è avvalso di patrocinio tecnico.

P. Q. M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso per come proposto e statuisce il diritto al ripristino del trattamento pensionistico già in godimento, con condanna dell’I.N.P.S. alla corresponsione dei ratei maturati e non corrisposti, maggiorati degli interessi legali su ciascuno di essi decorrenti dal di del dovuto e fino al soddisfo. Nulla per le spese.

Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 10 settembre 2018.

Il giudice unico
f.to Quirino Lorelli


Depositata in segreteria il 17/10/2018


Il responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni


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Re: quesito urgente da carlos3

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Il CdS accoglie l'appello del Ministero dell'Interno

1) - sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell'ambito di un procedimento penale. Scaduti i cinque anni di efficacia della sospensione cautelare, ella è stata riammessa in servizio ed è stata convocata presso i competenti uffici per essere sottoposta ad accertamento in ordine alla permanenza dei requisiti psicofisici prescritti per l'impiego e alla verifica della permanenza dei requisiti attitudinali.

2) - convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali, del giudizio di non idoneità attitudinale e del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili.

3) - cessazione dall'impiego

Il CdS relativamente al passaggio nei Ruoli civili precisa:

4) - Del pari non accoglibile è la richiesta di annullamento del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili, in quanto il d.P.R. n. 339 del 1982 - che regola il passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia ad altri ruoli dell'amministrazione di pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato - prevede tale possibilità esclusivamente per il personale dei ruoli della polizia di Stato giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute o che abbiano riportato una invalidità dipendente o non dipendente da causa di servizio.
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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 3, numero provv.: 201901638

Pubblicato il 11/03/2019

N. 01638/2019 REG. PROV. COLL.
N. 10089/2011 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10089 del 2011, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro
La signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmine Medici e Antonio Mirra, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio Mirra in Roma, via Properzio, n. 37;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. I ter, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 29 gennaio 2019 il Cons. Giovanni Orsini e uditi per le parti l’avvocato Antonio Mirra e l'avvocato dello Stato Giulio Bacosi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in esame, il Ministero dell'Interno ha chiesto che, in riforma della sentenza n. -OMISSIS- del Tar del Lazio, sia respinto integralmente il ricorso di primo grado n. -OMISSIS- proposto dalla signora -OMISSIS- contro il decreto del Capo della polizia che ha disposto la sua cessazione dall'impiego, nonché della nota del -OMISSIS- 2011 di convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali, del giudizio di non idoneità attitudinale e del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili.

2. La signora -OMISSIS- era stata cautelativamente sospesa dal servizio in data -OMISSIS- 2006 ai sensi dell'articolo 9 del d.P.R. n. 737 del 1981, in quanto sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell'ambito di un procedimento penale. Scaduti i cinque anni di efficacia della sospensione cautelare, ella è stata riammessa in servizio ed è stata convocata presso i competenti uffici per essere sottoposta ad accertamento in ordine alla permanenza dei requisiti psicofisici prescritti per l'impiego e alla verifica della permanenza dei requisiti attitudinali.

Essendo stata ritenuta non idonea sotto il profilo attitudinale, il Capo della polizia ha adottato in data -OMISSIS- 2011 il decreto di cessazione dal servizio.

3. Il Tar ha esaminato in primo luogo l'asserita violazione dell'articolo 2, comma 3, del decreto ministeriale n. 198/2003, secondo cui è consentito all'amministrazione di accertare l'idoneità al servizio del dipendente "con adeguata motivazione, in relazione a specifiche circostanze rilevate d'ufficio dalle quali obiettivamente emerga la necessità del suddetto giudizio".

La ricorrente aveva infatti lamentato la mancanza di qualsiasi motivazione nella nota di convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali.

Il Tar, pur ritenendo che la norma non va intesa in senso assoluto dato che tra le "specifiche circostanze" ve ne possono essere talune che non richiedono un'ulteriore diffusa motivazione, ha tuttavia ritenuto che la motivazione non può essere totalmente omessa, come nel caso di specie, ma tutt'al più essere concisa e contenuta.

Il Tar ha conseguentemente rilevato l’illegittimità del provvedimento di convocazione e del relativo giudizio di inidoneità, nonché del provvedimento di cessazione dall'impiego, mentre ha dichiarato improcedibile e comunque infondato il ricorso, per la parte concernente la richiesta di annullamento del divieto di transito nei ruoli civili dell'amministrazione.

4. L'appellante sottolinea in primo luogo che anche se l'amministrazione non ha l'obbligo, in caso di riammissione al servizio del dipendente, di ripercorrere l'intero iter previsto per l'immissione iniziale in servizio, tuttavia può valutare, discrezionalmente, di procedere alla verifica della sussistenza dei requisiti anche tenendo conto delle specifiche qualità sul piano fisico, psichico e attitudinale che si richiedono ai dipendenti della polizia di Stato.

Nel caso di specie, l'assenza dal servizio per un periodo molto lungo (marzo 2006-marzo 2011) giustificherebbe ad avviso dell’amministrazione l'assenza di una ulteriore motivazione nel provvedimento di convocazione della dipendente.

5. Con la memoria di costituzione e risposta del -OMISSIS-, la signora -OMISSIS- ha replicato agli argomenti contenuti nel ricorso di appello, precisando che la sentenza di primo grado ha sottolineato la necessità della motivazione delle specifiche circostanze che inducono l'amministrazione a sottoporre a un nuovo accertamento attitudinale il dipendente ed ha evidenziato quindi come il mutamento dei requisiti psicofisici possa essere determinato da numerosi fattori (età, malattie), mentre quello attitudinale può mutare solo in relazione a fatti particolarmente gravi tali da incidere sulla attitudine accertata in sede di assunzione.

Ciò rende, secondo la ricorrente, indispensabile esplicitare le specifiche ragioni dell’accertamento. Con riferimento ai successivi provvedimenti concernenti la cessazione dall'impiego, la signora -OMISSIS- evidenzia come la commissione per l'accertamento delle qualità attitudinali si sia limitata a rilevare la non idoneità, senza indicare alcuna motivazione né quale iter logico giuridico sia stato seguito per la sua adozione, mentre le qualità attitudinali possono essere carenti sotto diversi profili e la esplicita indicazione di essi è indispensabile per comprendere se si sia in presenza di un'assoluta impossibilità di prosecuzione del rapporto di impiego o se viceversa sia possibile una sua prosecuzione in una funzione diversa da quella precedentemente svolta e compatibile con la verifica attitudinale eseguita.

La memoria osserva peraltro che precedenti giudizi di idoneità attitudinale avevano interessato la ricorrente non solo al momento dell’assunzione, ma in altre due successive occasioni oltre alla valutazione positiva espressa dal direttore del Day Hospital psichiatrico del Policlinico Umberto I di Roma.

Ella ripropone infine la richiesta di annullamento del provvedimento di diniego di transito nei ruoli civili anch'essa non esaminata dal Tar.

6. Ritiene la Sezione che l’appello in esame sia fondato e vada accolto.

La giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che anche nel corso del rapporto di lavoro (e non solo al momento dell’assunzione) per i dipendenti della Polizia di Stato possa e debba essere accertata la permanenza dei requisiti di idoneità allo svolgimento di compiti connessi all’ordine pubblico e alla sicurezza, atteso che detti compiti richiedono specifiche qualità sul piano fisico, psichico e attitudinale (cfr. CdS, Sez. VI, 9 novembre 2010, n. 7978; 30 luglio 2009, n. 4794; -OMISSIS- 2007, n. 1777, Comm. spec., parere n. 2206 del 4 ottobre 2010).

La prolungata assenza dal servizio, indipendentemente dalle ragioni che l'hanno determinata, è certamente una circostanza tale da giustificare la determinazione dell'amministrazione di svolgere tale accertamento.

Non è quindi conferente il rilievo mosso dalla appellata con riferimento alla sentenza n. -OMISSIS- del 2011 del TAR del Lazio, in quanto la stessa amministrazione ha precisato che, nel caso in questione, diversamente da quello relativo alla precedente sentenza, l'accertamento non era stato richiesto per effetto del procedimento penale che aveva determinato la sospensione dal servizio.

Nel caso di specie. Quindi, si deve ritenere che la motivazione dell'accertamento si possa desumere dal fatto stesso – e incontroverso - della lunga assenza dal servizio.

7. Quanto alla riproposizione dei motivi dedotti già in primo grado sul provvedimento di cessazione dall'impiego e sul diniego di transito ai ruoli civili, occorre considerare, per quanto riguarda il primo, che i requisiti richiesti per l'espletamento del servizio di polizia sono indicati dal decreto ministeriale n.198 del 2003 alla tabella 2 e che la commissione incaricata di svolgere l'accertamento esegue il proprio esame tecnico in base a tali indicazioni.

Dagli atti non emergono elementi di contraddittorietà o di illogicità nel lavoro della commissione, che – nell’esercizio dei propri poteri tecnico-discrezionali - ha proceduto alla valutazione dei quattro profili previsti (livello evolutivo, controllo emotivo, capacità intellettiva e socialità), da cui è risultata una media attitudinale inferiore al minimo richiesto.

Le diverse valutazioni di esperti cui l’appellata si è rivolta per ottenere una perizia di parte non possono in ogni caso sovvertire tale giudizio tecnico dell'organo preposto.

Del pari non accoglibile è la richiesta di annullamento del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili, in quanto il d.P.R. n. 339 del 1982 - che regola il passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia ad altri ruoli dell'amministrazione di pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato - prevede tale possibilità esclusivamente per il personale dei ruoli della polizia di Stato giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute o che abbiano riportato una invalidità dipendente o non dipendente da causa di servizio.

8. In conclusione, l’appello in esame va accolto e, per l’effetto, previa reiezione delle censure riproposte in questa sede e in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono giuste ragioni per la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello n. 10089/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto,

in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2019, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Raffaello Sestini, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere
Giovanni Orsini, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Orsini Luigi Maruotti





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Re: quesito urgente da carlos3

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Per notizia, il CdS rigetta l'appello del ricorrente.

Il CdS alla fine scrive:

1) - Ad ogni modo, va rilevato che, nel provvedimento impugnato, il servizio di fatto espletato dall’interessato nel periodo dal 10 luglio 2006 (data di riammissione in servizio) fino al 16 ottobre 2011 (data antecedente la cessazione del servizio per fisica inabilità) è stato dichiarato utile ai fini della corresponsione del trattamento economico in attività di servizio e valido sia ai fini giuridici che a quelli del trattamento di quiescenza, assistenza e previdenza.
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Re: quesito urgente da carlos3

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Il CdS in relazione all'Appello proposto dal Ministero dell'Interno emette l'ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA

1) - La verifica del possesso dei requisiti psico-fisici e attitudinali era stata disposta all’esito della sua riammissione in servizio a seguito di revoca, per decorrenza del termine quinquennale di durata massima, della sospensione cautelare .... (con tutto ciò che ne consegue, visite e quant'altro).

2) - In 1° grado il Tar ha accolto il ricorso limitatamente ad uno dei motivi di censura (il quinto), annullando il provvedimento con cui è stata disposta la cessazione dal servizio del ricorrente anziché il suo trasferimento nei ruoli civili dell’amministrazione, come espressamente richiesto.

Il CdS dopo aver citato norme, leggi e sentenze, scrive:

3) - Da qui la tesi, preferita dalla Sezione, di una lettura costituzionalmente orientata (anche alla luce della ricordata normativa europea) della normativa nel senso che il lavoratore abbia diritto, nei limiti della ragionevole ricerca di un’alternativa, che peraltro potrebbe rivelarsi temporanea all’esito del procedimento penale e, conseguentemente, di quello disciplinare, a mantenere il posto di lavoro pubblico cui peraltro ha avuto accesso non in deroga, ma in applicazione dei principi sul concorso, purché, ovviamente, siano individuabili soluzioni di impiego alternative, anche nell’ipotesi di inidoneità attitudinale (alle mansioni di agente di polizia di Stato).

Concludendo:

Tutto ciò premesso e precisato, in considerazione della divergenza esegetica dagli indirizzi giurisprudenziali evidenziati e delle osservazioni fin qui svolte, la Sezione ritiene di dover rimettere all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, commi 1 e 5, del codice del processo amministrativo, le seguenti questioni:

a) se la inidoneità attitudinale sopravvenuta, in quanto modo di atteggiarsi della inidoneità psicologica, seppure soggetta ad autonomo accertamento, rientri nelle previsioni dell’art. 1 del d.P.R. n. 339 del 1982, che consente al lavoratore cui si riferisca l’accertamento di chiedere il transito nei ruoli civili dell’amministrazione di appartenenza o di altra;

b) in caso negativo, ovvero se a ciò venga ritenuta ostativa la formulazione letterale della norma, se il regime giuridico di favore riconosciuto alla più grave ipotesi di inidoneità psicologica sfociata in una malattia, non si ponga in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione, interpretato alla luce dell’obbligo di non discriminazione in ambito lavorativo di cui alla Direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000, nonché se il non ottemperare al c.d. obbligo di repêchage contrasti con i principi a tutela del lavoro, configurando nei fatti un’ipotesi di recesso per giustificato motivo oggettivo non previsto espressamente dal legislatore;

c) in caso affermativo, se la richiesta di transito sia espressione di un diritto soggettivo del dipendente, ovvero l’adesione alla stessa costituisca valutazione del tutto discrezionale dell’Amministrazione di appartenenza.

Valuterà l’Adunanza Plenaria se affermare i rilevanti principi di diritto o se definire il secondo grado del giudizio.

N.B.: logicamente il giudizio definitivo quando sarà riguarderà tutti noi.
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Re: quesito urgente da carlos3

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sanzione disciplinare della destituzione

Il CdS rigetta l'Appello del Ministero dell'Interno confermando la tesi del Tar Calabria

1) - Il TAR Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, aveva accolto il ricorso proposto - avverso il decreto datato 30 luglio 2019, con il quale il Capo della Polizia ha disposto l’estinzione del rapporto di impiego del ricorrente a decorrere dal 22 maggio 2013, ai sensi dell'art. 7, comma 2, nn. 2, 3 e 4, del D.P.R. n. 737 del 1981.

2) - Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso dell’interessato poiché il provvedimento era stato adottato oltre il termine perentorio di 180 giorni, previsto dall’art. 5, comma 4, l. 27 marzo 2001 n. 97 e decorrente dalla data di avvio del procedimento disciplinare. Ad avviso del TAR, infatti, tra il 24 gennaio 2019, data di inizio del procedimento disciplinare coincidente con la contestazione degli addebiti, e il 30 luglio 2019, data in cui è stato adottato il decreto del Capo della Polizia di destituzione dell’incolpato, intercorrono più dei centottanta giorni previsti dalla citata norma per la definizione del procedimento disciplinare.

Il CdS precisa che:

3) - L’art. 5, comma 4, l. 27 marzo 2001 n. 97 sancisce che, nel caso in cui sia pronunciata sentenza penale irrevocabile di condanna nei confronti dei dipendenti pubblici di cui all’art. 3 comma 1 (tra cui sono compresi gli appartenenti alle Forze Armate e alla Polizia di Stato), il procedimento disciplinare finalizzato all’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego deve avere inizio entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione e deve concludersi entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio.

4) - La disposizione contempla due distinti termini di fase del procedimento, ancorandoli a due differenti dies a quo di decorrenza:
a) un termine per l’avvio del procedimento disciplinare, che è pari a novanta giorni decorrenti dalla comunicazione all’amministrazione della sentenza irrevocabile di condanna;
b) un termine per la conclusione del procedimento che è pari a centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio.

5) - Una volta che il termine di cui alla lettera a) è stato rispettato con la tempestiva adozione dell’atto di contestazione degli addebiti, si apre la seconda fase procedimentale che deve chiudersi nel termine di centottanta giorni di cui alla lettera b), termine che, di conseguenza, inizia a decorre solo nel momento in cui si è chiusa la prima fase con l’atto di contestazione degli addebiti.

N.B.: Consiglio di leggere meglio il tutto direttamente dall'allegato per ulteriori chiarimenti.
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Re: quesito urgente da carlos3

Messaggio da panorama »

Seguito post datato 09/06/2022 quì sopra.

Allego sentenza del CdS (Adunanza Plenaria) resa pubblica il 29/03/2023 a seguito dell'Appello del Ministero dell'Interno, riguardante personale PolStato.

1) - Il ricorrente è stato sospeso in via cautelare dal servizio ai sensi dell’art. 9, primo comma, d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737.

2) - Decorso il periodo quinquennale di sospensione cautelare dal servizio, egli è stato riammesso in servizio ai sensi dell’art. 9, comma 2, l. 7 febbraio 1990, n. 19 ......, la Questura di OMISSIS, presso i cui uffici il ricorrente prestava servizio, ha avviato il procedimento per la verifica dei requisiti psicofisici e attitudinali di cui all’art. 2 del d.m. 30 giugno 2003, n. 198.

3) - il Ministero dell’Interno, preso atto della valutazione di non idoneità espressa dalla commissione, ha disposto la cessazione dell’interessato dal servizio nell’amministrazione della pubblica sicurezza, a decorrere dalla data di notifica del provvedimento – avvenuta il -OMISSIS- – in quanto non idoneo in attitudine ai servizi di polizia e carente, quindi, di uno dei requisiti previsti dall’art. 25, secondo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

- cessazione dal servizio per perdita del requisito attitudinale.

N.B.: - Con detta sentenza l'Adunanza Plenaria del CdS si è espressa ai quesiti posti dalla 2^ Sez. del CdS, quindi, Vi invito a leggere il tutto direttamente dall'allegato.

P.S.:- E’ stato chiesto all'Adunanza Plenaria di chiarire se – nel caso di accertamento della perdita del requisito attitudinale - il rapporto di lavoro possa continuare presso altri ruoli della stessa amministrazione di pubblica sicurezza o presso altre amministrazioni.

Inoltre, oltre a quanto narrato nel giudizio del CdS in Adunanza Plenaria e rimettendo gli atti alla Sezione che ha in carico l'Appello del Ministero, il quale dovrà esprimersi definitivamente, è stato previsto a Gennaio 2024 il rinvio della trattazione al 14 Maggio 2024, essendoci in pendenza sempre presso il CdS una questione del tutto analoga.
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