QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

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panorama
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

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La Corte dei Conti Calabria accoglie il ricorso per l'art. 54 e lo rigetta per l'art. 3.
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1) - L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, com’è noto prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che ..........

2) - Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il sig. V. A. avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.

La Corte precisa:

Ecco alcuni brani.

3) - Questo giudice è di contrario avviso.
- Sul punto, risulta evidente la commistione che l’INPS erroneamente compie tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.

4) - L’art. 54 detta, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.

5) - Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna.

6) - La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, se è vero come è vero che, come sopra evidenziato, il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.

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CALABRIA SENTENZA 44 27/03/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CALABRIA SENTENZA 44 2018 PENSIONI 27/03/2018
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R E P U BB L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE DELLE PENSIONI
CONS. DOMENICO GUZZI

ha pronunziato la seguente
SENTENZA N.44/2018

Sul il ricorso in materia di pensioni civili n. 21600 del registro di Segreteria, proposto da
- V. A., nato a Omissis il Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Santo Delfino, presso il cui studio in Villa San Giovanni, via Zanotti Bianco n. 33, ha eletto domicilio,

contro
- l’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Direzione di Reggio Calabria, in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, con i quali ha eletto domicilio in Catanzaro, via F. Acri n. 81, presso la sede dell’Avvocatura INPS territoriale.

Uditi all’udienza del 23 marzo 2018 l’avv. Santo Delfino per il ricorrente e il dott. Francesco Vecchio per l’INPS.

FATTO

Con l’interposto gravame, il sig. V. A. agisce avverso la determinazione atto n. RC012016850884 del 07.07.2017 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria - gestione ex lnpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza iscritto al n. 1749025.

A tal fine rappresenta di essersi arruolato nel Corpo della Guardia di Finanza in data 29 settembre 1989 e, dopo circa 32 anni di servizio (nel grado di maresciallo aiutante), di essere stato posto in congedo assoluto dal 5.05.2016, a seguito di sopravvenuta inidoneità psico-fisica.

In conseguenza di ciò, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essergli liquidato con l’applicazione dei benefici di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, anziché, come fatto dall’amministrazione previdenziale, facendo applicazione del sistema di calcolo di cui all’art. 44 dello stesso testo unico.

Il ricorrente chiede, inoltre, il rimborso degli arretrati maturati per l'applicazione dei benefici previsti dall'articolo 3, del D.Lgs n° 165/1997, sul presupposto che, cessato dal servizio per inidoneità assoluta, è stato escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria ex art. 992 del D.L.gs n° 66/2010.

Con memoria depositata il 22 febbraio 2018, l’INPS si è ritualmente costituito per contestare la domanda attrice, in quanto infondata in fatto e in diritto, e per chiedere che la stessa sia integralmente respinta.

In udienza, le parti intervenute hanno insistito, ciascuna per quanto di rispettiva competenza, per l’accoglimento delle conclusioni rispettivamente rassegnate in atti.

Considerato
D I R I T T O

Come evidenziato in narrativa, il ricorso comprende due capi di domanda.

Con il primo, il ricorrente chiede che il suo trattamento pensionistico ordinario gli venga liquidato secondo il sistema di calcolo previsto dall’art. 54 del d. P.R. n. 1092 del 1973.

Il secondo capo di domanda fa, invece, riferimento all’asserito diritto di conseguire i benefici derivanti dall’applicazione dell’art. 3 del D.lgs. n. 165/1997.

Orbene, ritiene questo giudice che il ricorso possa essere accolto parzialmente e solo con riguardo al primo capo di domanda per le ragioni di seguito esposte.

I. L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, com’è noto prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il sig. V. A. avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.

Ritiene al riguardo l’INPS che l'art. 54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad “attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20”.

Dal suo punto di vista, in pratica sarebbe sufficiente “porre mente al meccanismo delle aliquote percentuali. Fino a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5). Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1,8% sino al conseguimento dell'80% al 40esimo anno (che, tuttavia, per i militari era più veloce trattandosi di servizio utile e non effettivo, ove il servizio utile era contraddistinto dalle maggiorazioni)”.

In concreto, dunque, il “comma 1 dell'art. 54, quindi, non creava nuove aliquote annuali di calcolo, bensì si limitava a fornire un bonus a coloro che cessassero con anzianità compresa tra 15 e 20 anni di servizio.

Bonus variabile, chiaramente, in base all'anzianità superiore a 15 fino a 20. Per cui, chi cessava con 16 anni aveva un bonus di 1,8% x 4 anni, chi cessava a 17 anni un bonus di 1,8%, e così via”.

In definitiva, dunque, sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.

Questo giudice è di contrario avviso.

Sul punto, risulta evidente la commistione che l’INPS erroneamente compie tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.

L’art. 54 detta, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.

Non è pertanto corretto sostenere, come fa invece l’INPS (sopra se ne è dato conto) che fino “a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5).

Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1'1,8% sino al conseguimento dell'80%......”, giacché così opinando non si coglie ciò che il chiaro tenore letterale della disposizione non può che portare a cogliere e cioè che il 44 per cento della base pensionabile spetta al militare che cessi avendo compiuto 15 anni, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.

In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.

Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80 per cento per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.

Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D.Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la nota legge n. 335 dell’8 agosto 1995, sistema che ha, infatti, notoriamente previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".

Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna.

La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, se è vero come è vero che, come sopra evidenziato, il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.

II. In merito alla richiesta di applicazione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo n° 165/1997, con ogni ulteriore diritto a favore del ricorrente compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo, il ricorse deve essere invece respinto.

Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 51 anni 1 mese e 3 giorni ed un servizio utile a pensione di 35 anni e 7 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione " dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.

L’ art. 3 del DLgs n. 165/1997, in attuazione della delega conferita ai sensi dell’ art. 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 662/96 (legge finanziaria 1997), ha infatti introdotto rilevanti modifiche alla normativa riguardante la posizione di ausiliaria, sotto il profilo delle modalità di accesso, dei limiti di permanenza e dell’importo dell’indennità, prevedendo che in essa possa essere collocato il personale militare delle Forze Armate, compresa l'Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza giudicato idoneo a seguito di accertamento sanitario e a tale personale compete, e stabilendo che in aggiunta al trattamento pensionistico, a detto personale compete un’indennità pari all’80% della differenza tra la pensione percepita e la retribuzione spettante al pari grado in servizio.

Ora, i fini del presente giudizio e per risolvere la questione di diritto posta dal ricorrente, non si può che denotare come, a proposito delle modalità di accesso, il citato art. 3, comma 1, abbia in buona sostanza escluso dalla possibilità di poter transitare in ausiliaria il personale militare che sia cessato dal servizio non per raggiunti limiti di età ma per inidoneità al servizio di istituto.

Il ricorrente, come detto, è stato dispensato dal servizio attivo per inidoneità, sicché lo stesso non vantava il requisito soggettivo per il collocamento in ausiliaria e, dunque, per il conseguimento degli effetti economici per come preteso in domanda.

Il ricorso va in conclusione parzialmente accolto, mentre per ciò che concerne le spese, la complessità delle questioni trattate induce a

disporne la compensazione integrale tra le parti in causa.

P.Q.M.

La Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria,
ACCOGLIE

Il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 sulla parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.

Sui maggiori ratei spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.

RESPINGE
Il ricorso per i restanti capi di domanda.

Spese compensate.

Manda alla Segreteria di provvedere agli adempimenti di rito.
Così deciso in Catanzaro il 23 marzo 2018
IL GIUDICE
f.to Domenico Guzzi


Depositata in Segreteria il 26/03/2018


Il Responsabile della Segreteria Pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni


tossal
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da tossal »

Vi informo che oggi un'altra sentenza negativa dalla Liguria, da un giudice diverso.
domenico69
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da domenico69 »

Mio personale commento (da ignorante) alle altre due “belle” sentenze che richiedono il raggiungimento dei limiti di età:

Sentenza 46/2018 Veneto

“Dunque la disposizione di cui si invoca l’applicazione, laddove fa riferimento al personale che per carenza dei requisiti psico-fisici non può accedere all’istituto dell’ausiliaria, non può che far riferimento al personale che al raggiungimento dei limiti d’età non sia in possesso di tali requisiti, tant’è che essa si applica non solo ai fini dell’accesso, ma anche della permanenza in ausiliaria.

Se, infatti, è ben vero che coloro i quali siano dispensati dal servizio per inabilità assoluta sono di per sé esclusi dall’ausiliaria, è altrettanto vero che il trattamento pensionistico loro riservato (appunto, quello di privilegio e/o di inabilità) attribuisce di per sé a tale categoria di soggetti un vantaggio economico (e/o temporale ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico) volto a compensare, appunto, lo svantaggio derivante dall’impossibilità di prestare ulteriormente servizio fino al raggiungimento del limite d’età e conseguire il diritto alla pensione.”

Il giudice anche qua richiede il raggiungimento del limite di età ed al contempo da atto che coloro che vengono dispensati dal servizio per inabilità assoluta sono di per se esclusi dall’ausiliaria.
Ora mi domando:
-ma se il giudice stesso si rende conto che coloro che vengono dispensati dal servizio per inabilità sono automaticamente esclusi dall’ausiliaria, qual è il senso del “benedetto” art. 3 comma 7, di avere due casistiche differenti?
Per quanto mi riguarda non ha alcun senso, visto nel primo caso sarebbe ricompreso tutto il personale di qualsiasi Forza di Polizia o Armata, sia escluso che non in possesso dei requisiti psico-fisici, come dice anche il giudice.
-Non è che il legislatore abbia appositamente previsto il secondo caso per concedere un altro vantaggio economico al personale non in possesso dei requisiti psico-fisici, anche in assenza del raggiungimento del limite di età, tant’è che quest’ultimo requisito non è indicato?
-tali domande se le sarà poste il giudice prima di rigettare il ricorso?!?

Sentenza 44/2018

“Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 51 anni 1 mese e 3 giorni ed un servizio utile a pensione di 35 anni e 7 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.
....
Ora, ai fini del presente giudizio e per risolvere la questione di diritto posta dal ricorrente, non si può che denotare come, a proposito delle modalità di accesso, il citato art. 3, comma 1, abbia in buona sostanza escluso dalla possibilità di poter transitare in ausiliaria il personale militare che sia cessato dal servizio non per raggiunti limiti di età ma per inidoneità al servizio di istituto.”

Anche qui viene detto che il ricorrente non ha maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria e pertanto non c’è stata nessuna “esclusione”, naturalmente facendo riferimento al raggiungimento del limite di età, in quanto richiama il comma 1 dell’art 3, che se non erro risulta abrogato solo dal 2010.
E’ pur vero che il comma abrogato magari è stato rimpiazzato con l’art. 1865 del C.O.M., ma in quest’ultimo articolo, si parla solo di personale militare escluso dall’ausiliaria (prima casistica art. 3 comma 7) e non di quello non in possesso dei requisiti psico-fisici.
Mi sembra inoltre che il giudice, non tiene minimamente conto del fatto che al ricorrente, essendo stato “riformato”, è stato impedito di raggiungere il limite di età, quindi è la Pubblica Amministrazione che gli ha messo il cosiddetto “paletto tra le ruote” e non è stata una volontà espressa dal militare, già penalizzato di per se a seguito della perdita dei requisiti psico-fisici.

Sintetizzando, in entrambe le sentenze viene richiesto il raggiungimento dei limiti di età, perché il personale non in possesso dei requisiti psico-fisici, viene assimilato a quello escluso dall’ausiliaria.
A questo punto, rendendomi conto di essere sempre più ignorante, qualcuno mi può spiegare qual è il senso della seconda casistica dell’art. 3 comma 7, essendo che tutti i militari non in possesso dei requisiti psico-fisici di per se, come stabilito nelle sentenze, automaticamente vengono ricompresi nella prima casistica?
Mistero della fede! :-(
P.S. Per Giovale, purtroppo non sono un grande, ma sono solo semplicemente uno che magari vorrebbe un po’ di giustizia, per se e per tutti coloro che ne hanno diritto, visto che al lavoro siamo sempre stati tartassati avendo avuto solo doveri e niente diritti.
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da domenico69 »

domenico69 ha scritto:Mio personale commento (da ignorante) alle altre due “belle” sentenze che richiedono il raggiungimento dei limiti di età:

Sentenza 46/2018 Veneto

“Dunque la disposizione di cui si invoca l’applicazione, laddove fa riferimento al personale che per carenza dei requisiti psico-fisici non può accedere all’istituto dell’ausiliaria, non può che far riferimento al personale che al raggiungimento dei limiti d’età non sia in possesso di tali requisiti, tant’è che essa si applica non solo ai fini dell’accesso, ma anche della permanenza in ausiliaria.

Se, infatti, è ben vero che coloro i quali siano dispensati dal servizio per inabilità assoluta sono di per sé esclusi dall’ausiliaria, è altrettanto vero che il trattamento pensionistico loro riservato (appunto, quello di privilegio e/o di inabilità) attribuisce di per sé a tale categoria di soggetti un vantaggio economico (e/o temporale ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico) volto a compensare, appunto, lo svantaggio derivante dall’impossibilità di prestare ulteriormente servizio fino al raggiungimento del limite d’età e conseguire il diritto alla pensione.”

Il giudice anche qua richiede il raggiungimento del limite di età ed al contempo da atto che coloro che vengono dispensati dal servizio per inabilità assoluta sono di per se esclusi dall’ausiliaria.
Ora mi domando:
-ma se il giudice stesso si rende conto che coloro che vengono dispensati dal servizio per inabilità sono automaticamente esclusi dall’ausiliaria, qual è il senso del “benedetto” art. 3 comma 7, di avere due casistiche differenti?
Per quanto mi riguarda non ha alcun senso, visto nel primo caso sarebbe ricompreso tutto il personale di qualsiasi Forza di Polizia o Armata, sia escluso che non in possesso dei requisiti psico-fisici, come dice anche il giudice.
-Non è che il legislatore abbia appositamente previsto il secondo caso per concedere un altro vantaggio economico al personale non in possesso dei requisiti psico-fisici, anche in assenza del raggiungimento del limite di età, tant’è che quest’ultimo requisito non è indicato?
-tali domande se le sarà poste il giudice prima di rigettare il ricorso?!?

Sentenza 44/2018

“Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 51 anni 1 mese e 3 giorni ed un servizio utile a pensione di 35 anni e 7 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.
....
Ora, ai fini del presente giudizio e per risolvere la questione di diritto posta dal ricorrente, non si può che denotare come, a proposito delle modalità di accesso, il citato art. 3, comma 1, abbia in buona sostanza escluso dalla possibilità di poter transitare in ausiliaria il personale militare che sia cessato dal servizio non per raggiunti limiti di età ma per inidoneità al servizio di istituto.”

Anche qui viene detto che il ricorrente non ha maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria e pertanto non c’è stata nessuna “esclusione”, naturalmente facendo riferimento al raggiungimento del limite di età, in quanto richiama il comma 1 dell’art 3, che se non erro risulta abrogato solo dal 2010.
E’ pur vero che il comma abrogato magari è stato rimpiazzato dal comma 1 dell'art. 992 del C.O.M., che prevede le stesse modalità per il collocamento in ausiliaria però mi sembra che il giudice
1865 del C.O.M., ma in quest’ultimo articolo, si parla solo di personale militare escluso dall’ausiliaria (prima casistica art. 3 comma 7) e non di quello non in possesso dei requisiti psico-fisici.
Mi sembra inoltre che il giudice,
(*)
non tiene minimamente conto del fatto che al ricorrente, essendo stato “riformato”, è stato impedito di raggiungere il limite di età, quindi è la Pubblica Amministrazione che gli ha messo il cosiddetto “paletto tra le ruote” e non è stata una volontà espressa dal militare, già penalizzato di per se a seguito della perdita dei requisiti psico-fisici.

Sintetizzando, in entrambe le sentenze viene richiesto il raggiungimento dei limiti di età, perché il personale non in possesso dei requisiti psico-fisici, viene assimilato a quello escluso dall’ausiliaria.
A questo punto, rendendomi conto di essere sempre più ignorante, qualcuno mi può spiegare qual è il senso della seconda casistica dell’art. 3 comma 7, essendo che tutti i militari non in possesso dei requisiti psico-fisici di per se, come stabilito nelle sentenze, automaticamente vengono ricompresi nella prima casistica?
Mistero della fede! :-(
P.S. Per Giovale, purtroppo non sono un grande, ma sono solo semplicemente uno che magari vorrebbe un po’ di giustizia, per se e per tutti coloro che ne hanno diritto, visto che al lavoro siamo sempre stati tartassati avendo avuto solo doveri e niente diritti.
(*) Testo eliminato. Tra la fame di quando ho scritto il commento e la presenza di diversi articoli mi sono confuso nel confodermi. Scusate! :-)
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da domenico69 »

Oggi ritorno alla carica :-) e cerco di spiegare e capire il perché per il “benedetto” articolo 3, comma 7 del D. L.vo 165/97 sono state previste due casistiche differenti, in una delle quali è stato richiesto esplicitamente il limite di età e nell’altra no.
Per farlo riporto parte di alcuni articoli del Codice dell’Ordinamento Militare:

Art. 924 comma 1. I militari cessano dal servizio permanente al raggiungimento del 60° anno di età, salvo quanto disposto dagli articoli seguenti.

Art. 929 Il militare, che deve assicurare in costanza di servizio i requisiti di idoneità specifici previsti dal capo II del titolo II del libro IV del regolamento, e accertati secondo le apposite metodologie ivi previste, cessa dal servizio permanente ed è collocato, a seconda dell’idoneità, in congedo, nella riserva o in congedo assoluto, quando:
è divenuto permanentemente inidoneo al servizio incondizionato;
• …

Art. 992 Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell’articolo 909, comma 4.

Art. 886 La categoria dell’ausiliaria comprende il personale militare che, essendovi transitato nei casi previsti, ha manifestato all’atto del collocamento nella predetta posizione la propria disponibilità a prestare servizio nell’ambito del comune o della provincia di residenza presso l’amministrazione di appartenenza o altra amministrazione.

Art. 993 comma 4. Il richiamo in servizio dei militari che accettano l’impiego è disposto ….

Ora, leggendo gli articoli 924 e 929 del C.O.M. si deduce che il militare, al raggiungimento del limite di età di 60 anni o come recita sempre il primo articolo: ”…salvo quanto disposto dagli articoli seguenti..”, derogando tale età, nel caso di “riforma” a seguito di inidoneità permanente al servizio incondizionato, cessa dal servizio permanente.
In entrambe i casi, la condizione basilare è la cessazione dal servizio permanente, pertanto è implicito che sempre in entrambe le casistiche vi è il raggiungimento del limite di età, che nel primo caso è di 60 anni, mentre nel secondo caso, in deroga, l’età anagrafica al momento del congedo.

Leggendo invece gli articoli 992 e 993 del C.O.M si deduce che il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età e che tale personale una volta in ausiliaria possa essere richiamato in servizio.
Pertanto nel caso del militare “riformato”, non è obbligatorio il raggiungimento del limite di età dei 60 anni, trovandosi nella deroga prevista dall’art. 924, che come detto in tal caso ha raggiunto ugualmente il limite di età all’atto del congedo; a tale personale non è più permesso di transitare nella posizione dell’ausiliaria perché non avrebbe più i requisiti psico-fisici per prestare servizio in caso di richiamo ai sensi dell’art. 993 del C.O.M. e tanto mento avrebbe la possibilità di manifestare la propria disponibilità a prestare servizio nell’ambito del comune o della provincia di residenza ai sensi dell’art. 886.

A seguito di quanto sopra, nell’art. 3 comma 7 del D. L.vo 165/97, a parere mio (da ignorante) sono state previste appositamente due casistiche alle quali attribuire il beneficio nello stesso comma indicato, ovvero
1. personale di cui all’articolo 1 (personale militare e civile delle Forze di Polizia, Armate e Vigili del Fuoco) escluso dall’applicazione dell’istituto dell’ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall’ordinamento di appartenenza;
2. personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione dell’ausiliaria.
Quindi a differenza del personale di cui al punto 1, al quale viene riconosciuto automaticamente il beneficio, solo al personale del punto successivo è stato previsto che il beneficio opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell’interessato, proprio perché tale personale “riformato”, una volta cessato dal servizio permanente non ha più nessuna possibilità di manifestare le proprie intenzioni, se non quelle di optare per un transito nei ruoli civili che di per se lo escluderebbero dal beneficio, o in caso di pensionamento anticipato, appunto di optare per il beneficio in questione.
P.S. Vogliate scusarmi, da ignorantone, spero di non averle sparate grosse!
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da naturopata »

Quello che dici ci sta tutto, ma non c'è bisogno di scervellarsi più di tanto, il comma 7 dell'art. 3 è molto chiaro e lo sanno bene anche i giudici. Il fatto è che ora la questione sta diventando di massa e bisogna inserire orientamenti negativi che, visto la chiarezza normativa, ha portato e porterà alle più illusionistiche interpretazioni che, in realtà, non sono interpretazione, ma vanno annoverate in quella casistica inquadrata dalla giurisprudenza quale abuso del diritto. A grandi linee:

I Giudici di P.zza Cavour con tale sentenza (Cass. civ.sez. III, n. 20106/09), si pronunziano a favore dell'esistenza, quale principio generale, dell' "abuso del diritto" nel nostro ordinamento giuridico e nel diritto civile in particolare.

La sentenza degli Ermellini è un vero e proprio trattato di teoria generale del diritto , su uno dei principi più interessanti e nello stesso tempo controversi , dell'intero alveo del diritto civile, idoneo in astratto ad essere applicato ad una pluralità di fattispecie , in chiave compensativa dei diritti e degli obblighi delle parti, quando una delle due appare in posizione di svantaggio.

In sentenza, l'abuso del diritto appare quale sintomo rivelatore della violazione dell'obbligo di buona fede oggettiva, principio immanente all'intero impianto codicistico.

Per la Corte, gli elementi strutturali e sintomatici dell'abuso del diritto, ricostruiti attraverso l'apporto dottrinario e giurisprudenziale, risultano essere i seguenti: 1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; 3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte.

Così argomentando, L'abuso del diritto, non presuppone una mera violazione nel solo senso formale del termine, ma piuttosto un' alterato utilizzo della struttura formale del diritto stesso, per conseguire obiettivi ultronei rispetto a quelli previsti e regolati dal legislatore.

Il principio cardine ed ispiratore di tale ricerca, potrebbe essere il seguente " si abusa del diritto quando si passa il suo limite obiettivo o si mira a conseguire uno scopo diverso da quello per il quale il legislatore ha concesso il diritto stesso".
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da naturopata »

Sezione: CALABRIA
Esito: SENTENZA
Numero: 45
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 19/04/2018
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 45 /2018
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21614 del registro di
segreteria, proposto da R. P., nato a omissis, il Omissis, rappresentato e
difeso dall’avv. Pietro Paolo Tucci
C O N T R O
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica e rappresentante
legale p.t., costituito con memoria depositata il 29/3/2018
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco
Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 15/3/2018;
uditi all’udienza del 13 aprile 2018, l’avv.to Pietro Paolo Tucci per il ricorrente
e l’avv. Francesco Muscari Tomaioli per l’INPS, il cap. Francesco Ferrise per
il Ministero della Difesa, esperito il tentativo di conciliazione come da verbale
di udienza
F A T T O
Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 9/2/2018, il sig. R. P.,
chiede che sia accertato e dichiarato il proprio diritto alla rideterminazione del
trattamento pensionistico, previa applicazione del beneficio di cui all'art. 3, co.
7, d.lgs n. 165/97 e quello alla rideterminazione del trattamento previdenziale
con l’applicazione dell’art.54, comma 1 del T.U. N.1092/1973, con
conseguente statuizione in ordine al ricalcolo del trattamento pensionistico ed
accertamento del diritto a percepire le somme maturate e maturande a titolo
di incremento figurativo ex art.3, co. 7, d. lgs n. 165/97, con decorrenza dal
31/5/2017, o d altra data ritenuta di giustizia e/o di equità, oltre interessi e
rivalutazione monetaria come per legge, fino all'effettivo soddisfo.
Precisa il ricorrente di essere tenente colonnello dell’Esercito Italiano, in
congedo assoluto (per infermità) dal 30-5-2017, beneficiario di pensione
ordinaria di inabilità INPS n. 17473571 e di avere presentato in data
18/11/2017 istanza di liquidazione dell'incremento figurativo di cui all'art. 3,
comma 7, D. Lgs n. 165/1997; tuttavia sia l’Amministrazione di appartenenza
che l’INPS, con distinte note, rispettivamente, del novembre 2017 e del
gennaio 2018, avrebbero respinto detta istanza, onde i relativi provvedimenti
vengono impugnati per il riconoscimento del beneficio. Ricorda ancora il
ricorrente di avere presentato in data 25-1-2018 una richiesta all’INPS di
ricalcolo del proprio trattamento pensionistico in applicazione dell’art.54 del
T.U. 1092/1973, essendogli invece stata applicata, giusta la previsione
dell’art.44 del suddetto T.U., una aliquota pensionabile conteggiata del
35,250%, anziché quella del 44% da lui invocata.
Con memoria depositata il 15/3/2018 si è costituito in giudizio l’INPS,
eccependo l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del trattamento
pensionistico previa applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7
del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, posto che il ricorrente, sarebbe
cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto,
con un servizio utile a pensione di 39 anni e 2 mesi, di cui solo 12 anni e 3
mesi maturati fino alla data del 31-12-1992, quindi, senza aver maturato il
requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde
nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici
dell'articolo 3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n° 165 potrebbe trovare
applicazione nel caso di specie.
Rappresenta ancora l’INPS come alla data del 31/12/1992 il ricorrente
vantava un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo
comma dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini
dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato
dal penultimo comma dello stesso articolo 54.
Il ricorrente risultava infatti cessato dal rapporto di lavoro a far data dal
30/05/2017 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 39
anni e 2 mesi, di cui: 12 anni e 3 mesi maturati alla data del 31/12/1992, 15
anni e 3 mesi maturati alla data del 31/12/1995, la pensione spettante non
può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno
quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del
44%, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 del D.P.R. 1092/1973 è
chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di
pensione determinata con il sistema retributivo. Si ritiene che la quota di
pensione determinata con il sistema retributivo data dalla somma di due
quote (quota "A" per le anzianità maturate fino alla data del 31/12/1992 e
quota "B" per le anzianità contributive maturate entro la data del 31/12/1995)
non possa essere valorizzata con un rendimento fisso ed invariabile del 44
per cento anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15esimo anno per
il personale militare, posto che si verrebbe ad avere un rendimento annuo del
2,93 fino al 15esimo anno di servizio ed un rendimento pari allo zero per
l'anzianità maturata dal 15esimo anno al 20esimo anno,
Con memoria depositata il 29-3-2018 si è costituito in giudizio il Centro Unico
Stipendiale dell’Esercito, chiedendo il rigetto del ricorso sotto ambedue i
profili. In particolare quanto al beneficio di cui al D. Lgs. n.165/1997,
emergerebbe la volontà del legislatore di circoscriverne l'applicazione alle
sole ipotesi di cessazione dal servizio di personale che, pur avendo maturato
il diritto all'ausiliaria (per aver raggiunto il limite di età ordinamentale per
essere collocato in quiescenza ovvero perché ricompreso nelle aliquote di
militari da collocare in aspettativa per riduzione quadri), ne sia rimasto
successivamente escluso per sopravvenuta perdita dell'idoneità fisica e non
anche, in senso generalizzato, al personale che sia stato dispensato dal
servizio anzitempo per perdita dell'idoneità al servizio militare incondizionato
(ovvero riformato).
Quanto invece all’aliquota percentuale di pensionabilità di cui all'articolo 54,
comma 1, del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, trattandosi di modalità di
calcolo della pensione operata in via esclusiva dall'INPS, nel cui
procedimento non è mai intervenuta l'Amministrazione Militare, si ritiene di
non dover esprimere alcuna considerazione in merito.
All’udienza di discussione del 13/4/2018, esperito il tentativo conciliativo,
come da verbale, i procuratori delle parti si sono riportati alle rispettive
domande e difese; il cap. Ferrise per il Ministero della Difesa ha eccepito
come non potrebbe applicarsi la norma sull’ausiliaria in quanto il ricorrente è
stato dispensato per riforma prima dell’entrata in vigore della modifica
all’art.1865 del Codice dell’Ordinamento Militare apportata dal D. Lgs.
n.94/2017.
D I R I T T O
1) In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione di inapplicabilità al caso di
specie delle disposizioni in materia di ausiliaria di cui all’art. 1865 C.O.M. al
caso di specie in quanto le relative modifiche alla norma sarebbero state
apportate dal D. Lgs. n.94/2017 entrato in vogore dopo la dispensa dal
servizio del ricorrente.
L’eccezione è infondata.
L’art. 1865 C.O.M. nel testo precedente alla modifica del 2017 testualmente
stabiliva che “1. Per il personale militare escluso dall'istituto dell'ausiliaria di
cui all'articolo 992, si applica l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30
aprile 1997, n. 165”, ma la norma invocata dal ricorrente è esattamente quella
colà indicata e cioè l’art.3, comma 7 del D. Lgs. n.165/1997, onde l’eccezione
non appare calzante, né conferente, posto pure che la nuova formulazione
del predetto art.1865, dopo la novella del 2017, è la seguente: “1. Per il
personale militare ((...)) si applica l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo
30 aprile 1997, n. 165”.
Nel caso di specie il ricorrente alla data di quiescenza risultava ex lege
escluso dall’ausiliaria non avendone, per come meglio precisato in appresso, i
requisiti e con la conseguenza che egli invoca con il ricorso esattamente
l’applicazione del beneficio indicato nell’art.1865 C.O.M.
*
2) Nel merito la prima questione che va analizzata è la fondatezza alla
pretesa della applicazione dei benefici della c.d. ausiliaria anche al personale
militare collocato in quiescenza prima del raggiungimento del limite
anagrafico di età, sulla base di una accertata inidoneità a qualunque servizio
(nell’ordinamento militare la c.d. riforma).
L’ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale
militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di
età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere
chiamato nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore
dell’amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni
statali e territoriali. L’ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di
interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di
Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a
996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell’Ordinamento
Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).
L’art. 992 del C.O.M. così dispone:
“1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente
a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età
previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma
4.
2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.
3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi ruoli
dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza,
nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali,
limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare
formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale,
nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al
grado rivestito.
4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale, all'atto
della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione scritta, la
propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di appartenenza e le
altre pubbliche amministrazioni.”.
In base all’attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:
1) Appartenere al personale militare.
2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.
3) Aver presentato domanda, all’atto della cessazione dal servizio e nei
termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo.
4) Il possesso dell’idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere
l’attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano
richiesta.
Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né
rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti
contrattuali con l’amministrazione militare, pena l’immediato passaggio nella
categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.
Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al
trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a
vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo
anche del periodo di permanenza in ausiliaria.
L’indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al
50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento
economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e
con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal
militare all’atto del collocamento in ausiliaria.
L’art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:
“7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto
dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età
previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non
sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in
parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il
montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un
importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio
moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle
Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate
il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa
opzione dell'interessato.”
Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non
risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di
inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell’INPS e considerato che
egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento
di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi
proficuo lavoro.
Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai
sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei
casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione
la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della
provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra
amministrazione".
Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è soggetto a possibili
richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli obblighi di cui all'art.
994 C.O.M.
L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato
in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria,
considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di
assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.
Questa Corte dei conti, in una recente decisione, ha ricordato come il
legislatore abbia riconosciuto l'incremento del montante contributivo sia al
"personale di cui all'art. 1 escluso dall'ausiliaria che cessa dal servizio per
raggiungimento dei limiti di età", che "al personale militare che non sia in
possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di
ausiliaria", categoria quest'ultima nella quale evidentemente rientra l'ufficiale
ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d'istituto ex art.
929 del C.O.M. e, dunque, impossibilitato a prestare i conseguenti (pur
delimitati ed eventuali) servizi d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto
dell'ausiliaria.
Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di
collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi
l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un
provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità
assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise,
n.53/2017).
In questo senso l’I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n.
20238, recante “Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 -
Precisazioni in merito alle modalità applicative.”, non esclude, per come
invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi
a prevedere che “Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in
merito alle voci ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la
maggiorazione di cui alla disposizione in esame si rappresenta che la stessa
corrisponde alla retribuzione contributiva percepita alla cessazione
annualizzata, comprensiva della 13° mensilità, delle competenze accessorie
per la parte eccedente il 18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo
4 del decreto legislativo n. 165/1997.
Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento
accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della
retribuzione maggiorabile del 18%.”.
*
2. Venendo alla seconda questione introdotta con il ricorso e cioè alla
richiesta di piena applicazione della previsione di cui all’art.54 del D.P.R.
n.1092/1973, in luogo dell’applicazione della disposizione di cui all’art.44 del
medesimo D.P.R. osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale
ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale
militare, cui appartiene l’odierno ricorrente, trattandosi di disposizione
espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato “Trattamento di quiescenza
normale”, Capo I, rubricato “Personale civile”, mentre, correttamente,
l’invocato art.54 rientra nel Capo II, rubricato “Personale militare”.
Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi
discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione
nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.
L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale
militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello
disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico,
stabilendo che
“1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni
e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base
pensionabile
2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di
servizio utile oltre il ventesimo”.
Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il ricorrente
avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia
secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non
potrebbe trovare applicazione. Ritiene al riguardo l’INPS che l'art.54 non
avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto
dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto
a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20. Quindi secondo l’Istituto
previdenziale sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare
applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del
servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per
coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta
configura con il restante personale dello Stato.
Ritiene però questo Giudicante che l’INPS erroneamente parifica ambiti di
disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale
tutt’altro che omologabili.
L’art.54 detta – come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del
personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato,
disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della
base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di
servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e
così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo
fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se
per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni
in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta
aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe
avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due
categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo
giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio
che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80%
per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere
dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi
in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il
comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato
con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione
pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1
anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per
cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal
comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44,
comma 1, per il personale civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18
anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non
poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema
previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n.
503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.
Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in
parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31
dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata
dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A"
corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite
anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di
decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente
alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per
quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della
retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del
trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a
decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente
decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può
che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la
parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve
dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista
dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva
dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo
della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento
della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
*
3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con
conseguente condanna dell'Amministrazione al ricalcolo del trattamento
pensionistico facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla
corresponsione degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.
Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle
Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione
monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla
scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale,
cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli
interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura
degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle
questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte
dei conti.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice
unico delle pensioni, definitivamente pronunciando
1) accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla
rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici
calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione
della domanda amministrativa;
2) Condanna altresì le parti convenute, ciascuno secondo le proprie
competenze, alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui ratei
pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione
monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla
scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale,
cumulativamente, nel senso di una solo possibile integrazione degli interessi
di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi.
Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 13 aprile 2018.
Il giudice unico
Fto Quirino Lorelli
Depositata in segreteria il 18/04/2018
Il responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni





Sezione: CALABRIA
Esito: SENTENZA
Numero: 46
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 19/04/2018
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 46/2018
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21617 del registro di
segreteria, proposto da G. S., nato a Omissis, il Omissis, rappresentato e
difeso dall'avv. Santo Delfino
CONTRO
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco
Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 23/2/2018;
uditi all'udienza del 13 aprile 2018, l'avv.to Santo Delfino per il ricorrente e
l'avv. Francesco Muscari Tomaioli per l'INPS, esperito il tentativo di
conciliazione come da verbale di udienza
FATTO
Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 22/02/2018, il sig. G.
S., chiede a questa Corte dei conti di annullare la determinazione atto n.
RC012014776782 del 15.11.2013, iscrizione. n.17491795 con la quale l'INPS
sede di Reggio Calabria — gestione ex Inpdap - ha quantificato il trattamento
di quiescenza, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto di
previdenza nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota
retributiva" della pensione, nonché avverso ogni altro atto presupposto,
connesso e conseguenziale. Chiede altresì di accertare e dichiarare il proprio
diritto: alla corretta applicazione dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n.
1092/1973, in luogo dell'errata applicazione dell'aliquota del 35%, ex art. 44,
primo comma, dello stesso T.U. del 1973; all'applicazione del beneficio
compensativo di cui all'art. 3, comma 7, del D. Lgs. 165/1997 e
conseguentemente ordinare che l'I.N.P.S. - o i resistenti secondo chi di
ragione e le proprie competenze - in persona del legale rappresentante p.t.
provveda alla riliquidazione della pensione iscrizione n.17491896 del 28-11-
2014, tenendo conto:
del corretto computo dell'ammontare dell'aliquota, secondo il criterio fissato
dall'art. 44, secondo comma, DPR n. 1092/1973;
della corretta applicazione - dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n.
1002/1973; dell'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art 3,
comma 7, del D.L.gs 165/1997, con ogni ulteriore diritto in proprio favore
compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli
interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo e
con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
Con memoria depositata il 23/2/2018 si è costituito in giudizio l'INPS,
eccependo preliminarmente l'incompetenza territoriale, in quanto il ricorrente
risiederebbe in Messina e l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del
trattamento pensionistico, in relazione alla richiesta di annullare la
determinazione n° n. RC012014776782 del 15.11.2013, con particolare
riferimento ai criteri adottati dall'Istituto previdenziale nel calcolare l'anzianità
contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, al corretto
computo dell'ammontare dell'aliquota del 44%, secondo il criterio fissato dal
primo comma dell'articolo 54, del DPR n° 1092/1973.
Secondo l'INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vantava
un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo comma
dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini dell'applicazione
dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo
comma dello stesso articolo 54.
Il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 17/10/2013 con
un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 34 anni, di cui 9
anni e 7 msi maturati alla data del 31/12/1992 e 13 anni e 2 mesi maturati alla
data del 31/12/1995 , la pensione spettante non può essere ritenuta quella
maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di
venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44 per cento, atteso che il
disposto dettato dall'articolo 54 del DPR 1092 è chiaramente riferito alla
pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata
con il sistema retributivo.
Ritiene quindi l'ente previdenziale che la quota di pensione determinata con il
sistema retributivo data dalla somma di due quote (quota "A" per le anzianità
maturate fino alla data del 31/12/1992 e quota "B" per le anzianità contributive
maturate entro la data del 31/12/1995) non possa essere valorizzata con un
rendimento fisso ed invariabile del 44 per cento anche con un solo giorno in
più di servizio oltre il 15esimo anno per il personale militare, posto che si
verrebbe ad avere un rendimento annuo del 2,93 fino al 15esimo anno di
servizio ed un rendimento pari allo zero per l'anzianità maturata dal 15esimo
anno al 20esimo anno, diversamente opinando, per un soggetto che maturi
un'anzianità di 20 anni si verrebbe a realizzare un'aliquota del 53 % data (15
anni = 44,00 + 5 anni x 1,8 = 9,00) e per un soggetto che maturi 40 anni
un'aliquota di rendimento complessiva dell'89 per cento, data da (15 anni =
44,00 + 25 anni x 1,80 = 45,00) determinando un'aliquota superiore
all'aliquota massima dell'80 per cento.
Quanto poi all'applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7 del
decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, l'INPS, parimenti, deduce la
inammissibilità ovvero la infondatezza posto che il ricorrente, sarebbe cessato
dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto, con un
servizio utile a pensione di 37 anni, di cui solo 12 anni e 7 mesi maturati fino
alla data del 31-12-1992, quindi, senza aver maturato il requisito
espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde nessuna
"esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo
3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n.165 potrebbe trovare applicazione
nel caso di specie.
Chiede quindi il rigetto del ricorso con vittoria delle spese di lite.
All'udienza di discussione del 13/4/2018 i difensori delle parti hanno insistito
nelle rispettive domande, eccezioni e difese; il procuratore di parte ricorrente
ha rappresentato come l'eccezione dell'INPS di incompetenza territoriale sia
priva della indicazione del Giudice ritenuto competente (art.151 C.G.C.), con
l'effetto che si avrebbe per non formulata; il procuratore dell'INPS sul punto
ha rilevato come risulti comunque indicata la sede di residenza (Messina) del
ricorrente e che ciò radichi la competenza territoriale della Sezione Siciliana
della Corte dei conti.
DIRITTO
1. Preliminarmente va vagliata l'eccezione di incompetenza territoriale che,
per come proposta, non può essere accolta
L'art.151, comma 2 del C.G.C. testualmente prevede che "Il difetto della
competenza per territorio, come definita dall'articolo 18, comma 1, lettera c),
non e rilevabile d'ufficio ed è eccepito a pena di decadenza nella comparsa di
risposta tempestivamente depositata. L'eccezione si ha per non proposta se
non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente.".
Detta disposizione ripropone nel giudizio contabile la previsione di cui
all'art.38, comma 1 del cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dall'art.45
della Legge n.69/2009. In particolare la previsione per la quale l'eccezione si
ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte
ritiene competente, contenuta all'ult. cpv. della norma del C.G.C. è
letteralmente identica a quella di cui all'ult. cpv. del comma 1 del cod. proc.
civ.
Nel caso di specie, per come evidenziato da parte ricorrente in sede di
discussione orale all'odierna udienza, l'eccezione formulata dall'INPS nella
comparsa di costituzione appare priva dell'indicazione del Giudice da adirsi.
ed a ciò non può supplire, stante la lettera della norma, la individuazione dello
stesso in sede di discussione orale della causa da parte del procuratore
costituito di parte resistente che la ha formulata. Ciò in quanto la struttura
dell'udienza di discussione della causa pensionistica, delineata dagli artt.164
e 165 del C.G.C., non consente una possibile integrazione del contenuto delle
proprie memorie in capo alle parti, nemmeno su ordine del Giudice che dirige
l'udienza, con la conseguenza che le rispettive difese rimangono fissate-nei
rispettivi scritti difensivi. Né, d'altro canto, a fronte della controeccezione di
incompletezza dell'eccezione di incompetenza territoriale, parrebbe possibile,
proprio per non elidere lo spirito della norma con integrazioni all'eccezione
formulate in sede orale, ammettere tale possibilità.
La S.C. con riferimento alla previsione dell'art.38, comma 1 del cod. proc. civ.
ha poi ricordato come "a fronte del rilievo da parte del giudice della sua
incompetenza per materia per essere competente il tribunale ordinario,
l'ulteriore rilievo della sua incompetenza per territorio (semplice) doveva
essere necessariamente subordinato ad un'eccezione di parte, da formularsi
nei termini e nei modi- Stabiliti dall'art. 38 del cod. proc. civ., ovvero nella
comparsa di risposta o, nel caso di specie, nella memoria difensiva
tempestivamente depositata e con la specifica indicazione del giudice ritenuto
competente, diversamente, radicandosi la competenza per territorio del
giudice adito" (eass. Civ., Sez. VI, 9 gennaio 2018, n.698)
Tale interpretazione conduce così a dover ritenere requisito essenziale
dell'eccezione di incompetenza, ai fini anche della sola proponibilità, la
indicazione del Giudice che la parte ritiene competente e che tale indicazione
non possa essere differita dal proponente l'eccezione alla prima udienza, ma
vada assolta al momento della formulazione dell'eccezione nella comparsa di
risposta tempestivamente depositata.
In conclusione l'eccezione, a termini dell'art.151, comma 2, ult. cpv., appare
improponibile.
*
2. Venendo al merito la prima questione introdotta con il ricorso attiene
alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all'art.54 del D.P.R.
n.1092/1973, in luogo dell'applicazione della disposizione di cui all'art.44 del
medesimo D.P.R.; al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante
che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al
personale militare, cui appartiene l'odierno ricorrente, trattandosi di
disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato "Trattamento
di quiescenza normale", Capo I, rubricato "Personale civile", mentre,
correttamente, l'invocato art.54 rientra nel Capo II, rubricato "Personale
militare". Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi
riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.
Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi
discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione
nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.
L'art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale
militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello
disciplinato per il personale civile dall'art. 44 dello stesso testo unico,
stabilendo che
"1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni
e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base
pensionabile
2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di
servizio utile oltre il ventesimo".
Nel caso di specie, è indubbio che all'atto del pensionamento il ricorrente
avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia
secondo l'Istituto
controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare
applicazione.
Ritiene al riguardo l'INPS che Part.54 non avrebbe innovato l'ordinario
meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall'art. 44 citato, essendosi
limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15
anni ma non ancora 20. Quindi secondo l'Istituto previdenziale sembrerebbe
che l'art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale
militare che all'atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato
il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato
nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante
personale dello Stato.
Ritiene però questo Giudicante che l'INPS erroneamente parifica ambiti di
disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale
tutt'altro che omologabili.
L' art.54 detta — come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del
personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato,
disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della
base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di
servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e
così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo
fatto dall'INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se
per il personale civile l'aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni
in conformità all' art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta
aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe
avuto ragion d'essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due
categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo
giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio
che, come già osservato, non è contemplato dall'art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all'1,80%
per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere
dall'interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi
in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il
comma 2 "aumentata", di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato
con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione
pari al
45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno),
fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all'80% della base
pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell'art. 54
citato analogamente a quanto stabilito dall'art. 44, comma 1, per il personale
civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18
anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non
poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema
previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n.
503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.
Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in
parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31
dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata
dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A"
corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite
anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di
decorrenza della pensione secondo" la normativa vigente precedentemente
alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per
quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della
retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del
trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a
decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente
decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all'art.54 non può
che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la
parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve
dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista
dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva
dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo
della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento
della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
*
2) Va poi analizzata la fondatezza della pretesa della applicazione dei
benefici della c.d. ausiliaria anche al personale militare collocato in
quiescenza prima del raggiungimento del limite anagrafico di età, sulla base
di una accertata inidoneità a qualunque servizio (nell'ordinamento militare la
c.d. riforma).
L'ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale
militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di
età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere
chiamato
nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore
dell'amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni
statali
e territoriali. L'ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di
interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di
Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a
996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell'Ordinamento
Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).
L'art. 992 del C.O.M. così dispone:
"1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente
a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età
previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma
4.
2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.
3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi
ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza,
nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali,
limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare
formale
richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale,
nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al
grado rivestito.
4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale,
all'atto della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione
scritta, la propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di
appartenenza e le altre pubbliche amministrazioni".
In base all'attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:
1) Appartenere al personale militare.
2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.
3) Aver presentato domanda, all'atto della cessazione dal servizio e nei
termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo
4) Il possesso dell'idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere
l'attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano
richiesta.
Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né
rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti
contrattuali con l'amministrazione militare, pena l'immediato passaggio nella
categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.
Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al
trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a
vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo
anche del periodo di permanenza in ausiliaria.
L'indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al
50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento
economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e
con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal
militare all'atto del collocamento in ausiliaria.
L' art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:
"7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto
dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età
previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non
sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in
parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il
montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un
importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio
moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle
Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate
il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa
opzione dell'interessato."
Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non
risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di
inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell'INPS e considerato che
egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento
di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi
proficuo lavoro.
Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai
sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei
casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione
la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della
provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra
amministrazione". Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è
soggetto a possibili richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli
obblighi di cui all'art. 994 C.O.M.
L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato
in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria,
considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di
assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.
Questa Corte dei conti, in una recente decisione relativa ad un sottufficiale
della Guardia di Finanza, ha ricordato come il legislatore abbia riconosciuto
l'incremento del montante contributivo sia al "personale di cui all'art. 1 escluso
dall'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età", che
"al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per
accedere o permanere nella posizione di ausiliaria", categoria quest'ultima
nella quale evidentemente rientra l'ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo
permanentemente al servizio d'istituto ex art. 929 del C.O.M. e, dunque,
impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi
d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto dell'ausiliaria.
Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di
collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi
l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un
provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità
assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise,
n.53/2017).
In questo senso l'I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n.
20238, recante "Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 -
Precisazioni in merito alle modalità applicative.", non esclude, per come
invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi
a prevedere
che "Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in merito alle voci
ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la maggiorazione di cui alla
disposizione in esame si rappresenta che la stessa corrisponde alla
retribuzione contributiva percepita alla cessazione annualizzata, comprensiva
della 13° mensilità, delle competenze accessorie per la parte eccedente il
18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo
n. 165/1997.
Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento
accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della
retribuzione maggiorabile del 18%.".
*
3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con
conseguente condanna dell'INPS al ricalcolo del trattamento pensionistico
facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla corresponsione
degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.
Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle
Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione
monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla
scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale,
cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli
interessi di legge ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura
degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle
questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte
dei conti.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice
unico delle pensioni, definitivamente pronunciando
1. dichiara improponibile l'eccezione di incompetenza territoriale;
2. accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla
rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici
calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione
della domanda amministrativa;
3. Condanna altresì l'INPS alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui
ratei pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione
monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla
scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale,
cumulativamente, nel senso di
una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l'indice di
svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi. Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 13 aprile 2018
Il giudice unico
f.to Quirino Lorelli
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da panorama »

Corte dei Conti Calabria Accoglie ( anche art. 54 )

applicazione dell’art.3.
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1) - Il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 05/10/2014 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 37 anni,

- ) - di cui 12 anni e 7 mesi maturati alla data del 31/12/1992

- ) - e, 16 anni 2 mesi maturati alla data del 31/12/1995,
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 53 Pubblicazione 20/04/2018
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA N. 53/2018

sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21603 del registro di segreteria, proposto da G. T., nato a Omissis, il Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Santo Delfino

C O N T R O

I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 23/2/2018;

uditi all’udienza del 13 aprile 2018, l’avv.to Santo Delfino per il ricorrente e l’avv. Francesco Muscari Tomaioli per l’INPS, esperito il tentativo di conciliazione come da verbale di udienza

F A T T O

Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 22/1/2018, il sig. G. T., chiede a questa Corte dei conti di annullare la determinazione atto n. RC01 2014810297 del 28.11.2014, iscrizione. n.17491896 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria — gestione ex Inpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto di previdenza nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, nonché avverso ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale. Chiede altresì di accertare e dichiarare il proprio diritto: alla corretta applicazione dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1092/1973, in luogo dell'errata applicazione dell'aliquota del 35%, ex art. 44, primo comma, dello stesso T.U. del 1973; all'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art. 3, comma 7, del D. Lgs. 165/1997 e conseguentemente ordinare che l’I.N.P.S. - o i resistenti secondo chi di ragione e le proprie competenze - in persona del legale rappresentante p.t. provveda alla riliquidazione della pensione iscrizione n.17491896 del 28-11-2014, tenendo conto:
del corretto computo dell'ammontare dell'aliquota, secondo il criterio fissato dall'art. 44, secondo comma, DPR n. 1092/1973;

della corretta applicazione - dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1002/1973;

dell'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art 3, comma 7, del D.L.gs 165/1997, con ogni ulteriore diritto in proprio favore compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo e con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.

Con memoria depositata il 23/2/2018 si è costituito in giudizio l’INPS, eccependo l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del trattamento pensionistico, in relazione alla richiesta di annullare la determinazione n° RC012014810297 del 28/11/2014, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto previdenziale nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, al corretto computo dell'ammontare dell'aliquota del 44%, secondo il criterio fissato dal primo comma dell'articolo 54, del DPR n° 1092/1973.

Secondo l’INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vanta un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.

Il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 05/10/2014 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 37 anni, di cui 12 anni e 7 mesi maturati alla data del 31/12/1992 e, 16 anni 2 mesi maturati alla data del 31/12/1995, la pensione spettante non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44 per cento, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 del DPR 1092 è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata con il sistema retributivo.

Ritiene quindi l’ente previdenziale che la quota di pensione determinata con il sistema retributivo data dalla somma di due quote (quota "A" per le anzianità maturate fino alla data del 31/12/1992 e quota "B" per le anzianità contributive maturate entro la data del 31/12/1995) non possa essere valorizzata con un rendimento fisso ed invariabile del 44 per cento anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15esimo anno per il personale militare, posto che si verrebbe ad avere un rendimento annuo del 2,93 fino al 15esimo anno di servizio ed un rendimento pari allo zero per l'anzianità maturata dal 15esimo anno al 20esimo anno, diversamente opinando, per un soggetto che maturi un'anzianità di 20 anni si verrebbe a realizzare un'aliquota del 53 % data (15 anni = 44,00 + 5 anni x 1,8 = 9,00) e per un soggetto che maturi 40 anni un'aliquota di rendimento complessiva dell'89 per cento, data da (15 anni = 44,00 + 25 anni x 1,80 = 45,00) determinando un'aliquota superiore all'aliquota massima dell'80 per cento.

Quanto poi all’applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, l’INPS, parimenti, deduce la inammissibilità ovvero la infondatezza posto che il ricorrente, sarebbe cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto, con un servizio utile a pensione di 37 anni, di cui solo 12 anni e 7 mesi maturati fino alla data del 31-12-1992, quindi, senza aver maturato il requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n.165 potrebbe trovare applicazione nel caso di specie.

Chiede quindi il rigetto del ricorso con vittoria delle spese di lite.

All’udienza di discussione del 13/4/2018 il procuratore di parte ricorrente ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

D I R I T T O

1. La prima questione introdotta con il ricorso attiene alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all’art.54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell’applicazione della disposizione di cui all’art.44 del medesimo D.P.R.; al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l’odierno ricorrente, trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato “Trattamento di quiescenza normale”, Capo I, rubricato “Personale civile”, mentre, correttamente, l’invocato art.54 rientra nel Capo II, rubricato “Personale militare”. Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.

Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.

L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che

“1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile

2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il ricorrente avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.

Ritiene al riguardo l’INPS che l'art. 54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20. Quindi secondo l’Istituto previdenziale sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.

Ritiene però questo Giudicante che l’INPS erroneamente parifica ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.

L’art.54 detta – come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.

In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.

Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80% per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80% della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.

Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.

Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".

Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.

*

2) Va poi analizzata la fondatezza della pretesa della applicazione dei benefici della c.d. ausiliaria anche al personale militare collocato in quiescenza prima del raggiungimento del limite anagrafico di età, sulla base di una accertata inidoneità a qualunque servizio (nell’ordinamento militare la c.d. riforma).

L’ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere chiamato nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore dell’amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni statali e territoriali. L’ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a 996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell’Ordinamento Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).

L’art. 992 del C.O.M. così dispone:

“1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma 4.

2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.

3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza, nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali, limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale, nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestito.

4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale, all'atto della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione scritta, la propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di appartenenza e le altre pubbliche amministrazioni.”.

In base all’attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:

1) Appartenere al personale militare.

2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.

3) Aver presentato domanda, all’atto della cessazione dal servizio e nei termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo.

4) Il possesso dell’idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere l’attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta.

Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, pena l’immediato passaggio nella categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.

Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo anche del periodo di permanenza in ausiliaria.

L’indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al 50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal militare all’atto del collocamento in ausiliaria.

L’art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:

“7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”

Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell’INPS e considerato che egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro.

Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione".

Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è soggetto a possibili richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli obblighi di cui all'art. 994 C.O.M.

L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria, considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.

Questa Corte dei conti, in una recente decisione relativa ad un sottufficiale della Guardia di Finanza, ha ricordato come il legislatore abbia riconosciuto l'incremento del montante contributivo sia al "personale di cui all'art. 1 escluso dall'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età", che "al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria", categoria quest'ultima nella quale evidentemente rientra l'ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d'istituto ex art. 929 del C.O.M. e, dunque, impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto dell'ausiliaria.

Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise, n.53/2017).

In questo senso l’I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n. 20238, recante “Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 - Precisazioni in merito alle modalità applicative.”, non esclude, per come invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi a prevedere che “Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in merito alle voci ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la maggiorazione di cui alla disposizione in esame si rappresenta che la stessa corrisponde alla retribuzione contributiva percepita alla cessazione annualizzata, comprensiva della 13° mensilità, delle competenze accessorie per la parte eccedente il 18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 165/1997.

Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della retribuzione maggiorabile del 18%.”.

*

3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con conseguente condanna dell’INPS al ricalcolo del trattamento pensionistico facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla corresponsione degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.

Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).

Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte dei conti.

P. Q. M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando

1) accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione della domanda amministrativa;

2) Condanna altresì l’INPS alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui ratei pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi. Spese compensate.

Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 13 aprile 2018.

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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da Marco64 »

Mi preme informare i colleghi interessati, gli sviluppi inerente al ricorso da me inoltrato all'INPS per l'art.3, co. 7 D.lgs n.165/1997. L'Inps alla mia istanza rispondeva testualmente: " Si restituisce in quanto trattasi di istanza di ricalcolo della pensione che sarà cura istruita dall'unità organizzativa competente".
Successivamente inoltravo medesima richiesta al CNA di Chieti, per la riliquidazione della pensione comprensiva dell'incremento previsto dalla legge in trattazione.
Oggi ho ricevuto missiva diretta a me per conoscenza, con la quale intima all'INPS competente quale organo deputata istituzionalmente al riconoscimento del diritto e misura dei trattamenti pensionistici. Altresì allegava, nota di risposta dell'INPS - Direzione Centrale delle Pensioni fornita per analoga fattispecie.
PS: a questo punto mi sembra chiaro se non erro, in base alla direttiva emessa dalla Direzione Centrale di Roma, l'Inps dovrà rifare il ricalcolo della pensione!!!!
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da gino59 »

Marco64 ha scritto:Mi preme informare i colleghi interessati, gli sviluppi inerente al ricorso da me inoltrato all'INPS per l'art.3, co. 7 D.lgs n.165/1997. L'Inps alla mia istanza rispondeva testualmente: " Si restituisce in quanto trattasi di istanza di ricalcolo della pensione che sarà cura istruita dall'unità organizzativa competente".
Successivamente inoltravo medesima richiesta al CNA di Chieti, per la riliquidazione della pensione comprensiva dell'incremento previsto dalla legge in trattazione.
Oggi ho ricevuto missiva diretta a me per conoscenza, con la quale intima all'INPS competente quale organo deputata istituzionalmente al riconoscimento del diritto e misura dei trattamenti pensionistici. Altresì allegava, nota di risposta dell'INPS - Direzione Centrale delle Pensioni fornita per analoga fattispecie.
PS: a questo punto mi sembra chiaro se non erro, in base alla direttiva emessa dalla Direzione Centrale di Roma, l'Inps dovrà rifare il ricalcolo della pensione!!!!
Marco
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da elciad1963 »

scusa Marco64 perché non posti tutta la corrispondenza di cui parli, oscurando opportunamente i tuoi dati personali in modo tale che sia di aiuto per tutti i colleghi?
comunque complimenti per il risultato conseguito, ma volevo capire se è stato a seguito di una sentenza e se si ci puoi spiegare l'iter seguito?
grazie
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da Marco64 »

elciad1963 ha scritto:scusa Marco64 perché non posti tutta la corrispondenza di cui parli, oscurando opportunamente i tuoi dati personali in modo tale che sia di aiuto per tutti i colleghi?
comunque complimenti per il risultato conseguito, ma volevo capire se è stato a seguito di una sentenza e se si ci puoi spiegare l'iter seguito?
grazie
Ho semplicemente inoltrato istanza all'INPS e appena ricevuto la risposta,ho inviato medesima istanza al CNA. Questi delega quale organo deputato all'INPS di competenza per il ricalcolo della pensione, allegando la nota emessa dalla Dir. Centrale INPS di Roma.
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QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da Gabriele63 »

Grazie Marco.
Ti saremo grati se pubblicassi la documentazione, in particolare la nota dell'Inps di Roma che tu citi.
In bocca al lupo.
Marco64 ha scritto:
elciad1963 ha scritto:scusa Marco64 perché non posti tutta la corrispondenza di cui parli, oscurando opportunamente i tuoi dati personali in modo tale che sia di aiuto per tutti i colleghi?
comunque complimenti per il risultato conseguito, ma volevo capire se è stato a seguito di una sentenza e se si ci puoi spiegare l'iter seguito?
grazie
Ho semplicemente inoltrato istanza all'INPS e appena ricevuto la risposta,ho inviato medesima istanza al CNA. Questi delega quale organo deputato all'INPS di competenza per il ricalcolo della pensione, allegando la nota emessa dalla Dir. Centrale INPS di Roma.
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da STANCHISSIMO »

Marco64 se riesci posta ciò che hai é un ottima notizia, e sono contento per te.

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Iscritto il: gio feb 02, 2012 11:29 am

Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)

Messaggio da Marco64 »

Domani vado all'INPS per vedere se riesco ad acquisire copia della nota in questione.
Vi terrò informati.
Marco
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