Provvedimenti Disciplinari

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Re: Provvedimenti Disciplinari

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ricorso Accolto

LEGGE 27 marzo 2001, n. 97

Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
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SENTENZA sede di ANCONA, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 202000008,

Pubblicato il 07/01/2020

N. 00008/2020 REG. PROV. COLL.
N. 00538/2018 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 538 del 2018, proposto da
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Ruggeri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maurizio Miranda in Ancona, viale della Vittoria, 7;

contro
Ministero della Giustizia, Ministro della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Commissione di -OMISSIS- per i -OMISSIS-, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso cui domiciliano in Ancona, piazza Cavour, 29;

per l'annullamento
previa concessione di idonea misura cautelare,

- del dispositivo di decisione -OMISSIS- del -OMISSIS- della Commissione di -OMISSIS- per i -OMISSIS-
- della decisione n. 271 del 1989 e de. 271 del 1989 della predetta Commissione;
- del verbale di udienza de. 271 del 1989 avente n. 271 del 1989
- della comunicazione PEC del -OMISSIS- inviata da Commissione -OMISSIS- ;
- n. 2 mail ordinarie allegate alla predetta PEC e datate rispettivamente-OMISSIS-;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Ministro della Difesa, del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e della Commissione di -OMISSIS- per i -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2019 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, appartenente all’Arma dei Carabinieri con il grado -OMISSIS-, impugna gli atti indicati in epigrafe, relativi -OMISSIS- iniziato a suo carico e conclusosi, in secondo grado, con l’inflizione della -OMISSIS- per fatti di -OMISSIS- che dallo stesso sarebbero stati compiuti nello svolgimento delle funzioni -OMISSIS-.

A sostegno del gravame deduce diversi motivi di illegittimità.

Si sono costituite in giudizio, per resistere, le intimate Amministrazioni, con il patrocinio dell’Avvocatura erariale.

Con ordinanza -OMISSIS-, il Tribunale ha respinto la domanda di concessione di misure cautelari.

Detto provvedimento è stato riformato in appello con ordinanza della quarta sezione del Consiglio di Stato -OMISSIS-, che ha accolto l’istanza cautelare del ricorrente con la seguente motivazione: “Ritenuto che, nei limiti della sommaria cognizione tipica della fase cautelare, le esigenze cautelari prospettate dalla parte appellante possono essere adeguatamente soddisfatte mediante la sollecita trattazione della causa nel merito ai sensi dell’art. 55, comma 10 del cod. proc. amm. (ferma l’esecutività del provvedimento impugnato), anche mediante l’approfondimento del profilo concernente la regolarità formale dell’iter seguito dalla n.271 del 1989 n.271 del 1989 per l’emanazione della decisione…”.

Il ricorso è stato dunque trattato, nel merito, alla pubblica udienza del 13 giugno 2019, all’esito della quale la causa è stata posta in decisione.

2. Reputa il Collegio di dover prioritariamente scrutinare i motivi con cui si censura la violazione dei principi del giusto procedimento e della sua ragionevole durata, soprattutto sotto il profilo dell’inosservanza dei termini decadenziali per l’avvio e per la conclusione del -OMISSIS- (motivi quinto e sesto).

2.1. Preliminarmente, giova ricordare che, subito dopo il passaggio in decisione della presente causa, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 150 del 19 giugno 2019, si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 - sollevata dalla seconda Sezione del TAR per la Liguria con ordinanza collegiale n. 275 del 6 aprile 2018 - per contrasto con gli articoli 3 e 97, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui l’anzidetta disposizione non prevede che nel -OMISSIS- nei confronti degli -OMISSIS-, iniziato a seguito della pronuncia di una sentenza -OMISSIS- per i medesimi fatti oggetto di incolpazione, trovino applicazione i termini perentori per l’avvio, lo svolgimento e la conclusione fissati nell’articolo 9, comma 2, per il -OMISSIS- generale dei dipendenti pubblici, in assenza di una “adeguata giustificazione nelle peculiarità proprie dello status di agente od ufficiale -OMISSIS- ”.

In particolare, la Corte, pur avendo dichiarato l’inammissibilità delle questioni, per come prospettate dal giudice remittente, ha precisato che “nell'interpretazione offerta dalla giurisprudenza civile e amministrativa, l'art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001 ha in sostanza riformulato la disciplina dell'art. 9, comma 2, della legge n. 19 del 1990 relativamente ai rapporti tra il procedimento penale conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna e il -OMISSIS- instaurato (o proseguito dopo la sospensione) per gli stessi fatti (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 5 ottobre 2016, n. 19930; 7 dicembre 2012, n. 22210; 10 marzo 2010, n. 5806) ed è applicabile non solo ai dipendenti pubblici soggetti al giudizio per i delitti indicati nel richiamato comma 1 dell'art. 3, ma a tutto il settore del pubblico impiego, ivi compresi gli appartenenti alle Forze armate e alla Polizia di Stato (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 18 settembre 2015, n. 4350).

Il menzionato richiamo al comma 1 dell'art. 3 è diretto infatti ad attrarre nell'ambito di applicazione della nuova disciplina tutto il settore dei dipendenti «di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica», con l'obiettivo, desumibile dal titolo della legge, di sottoporre a una disciplina unitaria il «rapporto tra procedimento penale e -OMISSIS- ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche» (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 6 aprile 2009, n. 2112; nello stesso senso, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 ottobre 2016, n. 19930, secondo la quale il rinvio al comma 1 dell'art. 3 «non può che riferirsi solo alla espressione "dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica", mentre la tipologia di reati contenuta nel medesimo art. 3, comma 1, concorre a definire la specifica fattispecie» disciplinata da tale disposizione, vale a dire il trasferimento d'ufficio a seguito di rinvio a giudizio).

Sempre nell'applicazione giurisprudenziale, inoltre, l'art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001 trova applicazione nei procedimenti disciplinari destinati a sfociare in qualsiasi sanzione, non solo in quelle che comportano l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego (Consiglio di Stato, sentenza n. 2112 del 2009, secondo la quale restringere la portata della norma ai procedimenti disciplinari destinati a sfociare in una misura espulsiva significherebbe «compiere una non consentita inversione logica, facendo dipendere la struttura del procedimento dall'esito finale dello stesso, che proprio il procedimento potrà determinare»).

… La disposizione censurata avrebbe, dunque, dovuto essere valutata in riferimento al contesto normativo e giurisprudenziale così ricostruito, tenendo conto in particolare della disciplina della legge n. 97 del 2001 - certamente applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta nel giudizio a quo sulla base della descrizione che ne fornisce il rimettente - e della sua interpretazione da parte della giurisprudenza.

In questo contesto, sarebbe stato onere del rimettente dare conto delle ragioni della assunta permanente vigenza dell'art. 9, comma 2, della legge n. 19 del 1990 e della sua idoneità a fungere da tertium comparationis in seguito alla sostanziale riformulazione, operata dall'art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001, della disciplina dei termini di inizio (o di prosecuzione) e di conclusione del procedimento disciplinare.

Ugualmente sarebbe stato necessario stabilire la relazione fra lo speciale procedimento nei confronti degli -OMISSIS- e il nuovo regime dei termini, ed esplorare, sulla scia dell'orientamento giurisprudenziale che riconosce una portata generale alla disposizione non considerata dal rimettente, la possibilità di escludere il prospettato vulnus costituzionale.

La specialità della disciplina contenuta agli artt. 16, 17 e 18 delle norme att. cod. proc. pen. - che regola le condotte illecite, le sanzioni irrogabili, la titolarità dell'azione disciplinare, la tutela del contraddittorio e il diritto di difesa dell'incolpato, nonché la composizione delle commissioni di disciplina - trova ragione nella dipendenza funzionale della -OMISSIS-. Nella prospettiva del rimettente, tuttavia, essa non osta all'applicabilità al procedimento ivi disciplinato (art. 17 delle norme att. cod. proc. pen.) dei termini stabiliti dall'art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001, posto che la stessa normativa speciale non tratta espressamente del rapporto tra il processo penale e il procedimento disciplinare”.

2.2. Sempre successivamente al passaggio in decisione della presente causa, la prima sezione del TAR Piemonte (Torino), con la sentenza n. 862 del 29 luglio 2019, in una fattispecie analoga a quella posta al vaglio della Corte Costituzionale, ha ritenuto di dover fornire una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 17 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, per come integrato dall’articolo 127 del c.p.p., con l’applicazione del principio di garanzia enunciato nell’articolo 5, comma 4, parte seconda, della legge n. 97 del 2001, nel testo in vigore dal 15 novembre 2009, “che il Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 6 aprile 2009, n. 2112, ha ritenuto estensibile alla generalità dei procedimenti disciplinari, per cui <<Il -OMISSIS- deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente per il procedimento disciplinare. Il -OMISSIS- deve concludersi entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall’articolo 653 del codice di procedura penale>>” (cfr., TAR Piemonte, Torino, sentenza n. 862 del 2019, citata).

3. Tanto premesso, si osserva che, sebbene nel caso in esame (in cui il -OMISSIS- è stato iniziato ai sensi dell’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 271 del 1989) non trovi applicazione la disciplina di cui alla legge n. 97 del 2001 (che riguarda la diversa ipotesi in cui, a fronte dell’esistenza, a carico dell’incolpato, di un procedimento penale, sia necessario regolamentare i rapporti tra detto procedimento penale che si sia concluso con sentenza irrevocabile di condanna e il procedimento disciplinare), tuttavia alcuni dei principi enunciati nelle pronunce innanzi citate hanno portata generale e possono valere anche ai fini della presente decisione, nei termini che si vanno a chiarire.

3.1. Come innanzi accennato, sia l’articolo 17 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, che l’articolo 127 del c.p.p. non prevedono termini per l’avvio e per la chiusura dello speciale -OMISSIS- nei confronti degli -OMISSIS-.

Tuttavia, la specialità del -OMISSIS- in parola, considerata anche la natura amministrativa riconosciutagli dalla citata sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 1998, n. 394, non può giustificare la deroga alle garanzie previste per la contestazione dell’addebito e per l’esercizio del diritto di difesa in tutti i procedimenti disciplinari del pubblico impiego, in attuazione degli articoli 24 e 97 della Costituzione (cfr., ancora TAR Piemonte, Torino, sentenza n. 862 del 2019).

Ne consegue, che la lacuna presente nelle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale in ordine alla mancata previsione dei termini per l’avvio e per la conclusione del -OMISSIS- a carico degli -OMISSIS- deve essere colmata, ad avviso del Collegio, mediante l’integrazione con la disciplina generale prevista per i procedimenti disciplinari del pubblico impiego. “Diversamente opinando si finirebbe per riconoscere che il potere disciplinare non è sottoposto a termini decadenziali, ove esercitato nei confronti di una particolare categoria di dipendenti pubblici, funzionalmente dipendenti -OMISSIS- ma strutturalmente dipendenti da altre amministrazioni, le quali prevedono, nei loro rispettivi regolamenti, termini decadenziali per l’inizio e per la conclusione del procedimento disciplinare. Tale affermazione violerebbe le garanzie difensive dell’incolpato e il buon andamento dell’azione amministrativa, così come riconosciuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 971 del 1988, e costituirebbe una deroga irragionevole alla disciplina generale, in assenza di un interesse pubblico meritevole di tutela rafforzata” (cfr., TAR Piemonte, Torino, sentenza n. 862 del 2019).

3.2. Il problema della ragionevole durata del procedimento disciplinare, dato il vuoto normativo negli artt. 16 e seguenti delle disposizioni di attuazione al c.p.p., è stato, per il vero, affrontato dalla stessa n.271 del 1989 n.271 del 1989 nel provvedimento -OMISSIS-, la quale, respinto l’assunto dell’imprescrittibilità dell’azione disciplinare nei confronti degli -OMISSIS-- stante il principio di ragionevolezza imposto dall’art. 6 della CEDU e quindi dall’art. 117, comma 1, della Costituzione - ha ritenuto di dover applicare, in via analogica, quanto al termine per l’inizio dell’azione disciplinare, l’art. 15, comma 1 bis, del d.lgs. n. 109 del 2006, in tema di illeciti disciplinari dei magistrati, sostenendo che ne ricorresse l’eadem ratio, in ragione della funzione di collaboratore investigativo del magistrato svolta -OMISSIS-

Quanto, invece, all’individuazione del termine per la conclusione del procedimento, la Commissione ha ritenuto non applicabile l’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 109 del 2006 e si è ispirata a un criterio di ragionevolezza; ciò sull’assunto che tale ultima norma esprimerebbe una scelta discrezionale del legislatore, la cui ratio sarebbe riconducibile al particolare status dei magistrati e quindi non suscettibile di interpretazione analogica.

3.3. Il Collegio reputa che tale provvedimento si riveli, innanzitutto, contraddittorio; ed invero, delle due l’una: o l’art. 15 del d.lgs. n. 109 del 2006 è applicabile sempre, partendo dall’assunto dell’eadem ratio sottesa alla disciplina dei procedimenti disciplinari dei magistrati e -OMISSIS-, oppure esso non è applicabile mai, dovendosene escludere l’interpretazione estensiva in ragione dello status dei magistrati, ai quali non sarebbero equiparabili gli -OMISSIS-.

3.4. In ogni caso, in merito alla disciplina applicabile per l’individuazione dei termini procedimentali, questo giudice non concorda con le conclusioni cui è giunta la Commissione -OMISSIS- Ed invero, sulla scia dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 150 del 2019 e analogamente a quanto statuito dal TAR Piemonte nella pronuncia più volte citata, si ritiene che il vulnus normativo contenuto negli artt. 16 e seguenti del d.lgs. 271 del 1989 debba essere colmato attraverso l’integrazione della legge speciale con i principi generali vigenti nell’ordinamento in materia di pubblico impiego, non potendosi escludere ch. 271 del 1989 in parola rivestano la qualifica di pubblici dipendenti anche qualora esercitino funzion. 271 del 1989 . Pertanto, pur a voler ammettere l’inapplicabilità - sostenuta anche dal ricorrente - sia della normativa prevista dagli ordinamenti settoriali di appartenenza (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, ecc.), sia di quella contenuta nel d.lgs. n. 165 del 2001, deve comunque trovare applicazione, nella fattispecie, la disciplina generale prevista dal DPR n. 3 del 1957 - nello specifico, gli artt. 103, comma 2, e 120, comma 1 - in quanto non incompatibile con la tipologia procedimentale delineata dagli artt. 16 e seguenti del d.lgs. 271 del 1989 e dagli artt. 127 e 611 c.p.p. ivi richiamati.

In particolare, l’art. 120, comma 1, del DPR n. 3 del 1957 (norma peraltro confluita nell’art. 1392, comma 4, del d.lgs. n. 66 del 2010), secondo la quale il -OMISSIS- si estingue quando sono decorsi novanta giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato adottato, intende sanzionare la completa inattività dell’Amministrazione a tutela dell’interessato, per evitare che questi resti sottoposto ad un -OMISSIS- pendente per un tempo indeterminato e quindi in violazione del principio di ragionevole durata; essa non richiede che il procedimento si concluda entro novanta giorni dal suo inizio, ma prevede l’interruzione del termine estintivo del -OMISSIS- ogniqualvolta, prima della sua scadenza, sia adottato un atto proprio del procedimento, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocamente desumersi la volontà dell’Amministrazione di portare a conclusione il procedimento stesso (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 19 aprile 2019, n. 1123 e 15 febbraio 2018, n. 410; Consiglio di Stato, sez. V, 27 marzo 2017, n. 1368).

Altrettanto in linea con il principio di ragionevole durata è l’art. 103, comma 2, del DPR n. 3 del 1957, che per l’inizio dell’azione disciplinare utilizza la locuzione “subito”, riferita alla contestazione degli addebiti, nel senso che essa deve avvenire non in un termine prestabilito e vincolante, ma in un termine ragionevole e non dilatorio, da valutarsi secondo il caso concreto, entro il quale il -OMISSIS- deve essere iniziato dall’Amministrazione, tenendo conto degli accertamenti preliminari e delle verifiche che il fatto rilevante disciplinarmente comporta. Ciò sempre al fine di salvaguardare la certezza del rapporto tra l’impiegato e l’Amministrazione, la quale verrebbe inficiata se il dipendente restasse esposto, per ingiustificata inerzia dell’Amministrazione stessa, alla qualificazione negativa di determinati comportamenti (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 29 dicembre 2018, n. 7428; Consiglio di Stato, sez. III, 20 giugno 2018, n. 3779).

4. Venendo alla tempistica de. 271 del 1989 in parola, la contestazione degli addebiti è stata notificata all’interessat. 271 del 1989 , per fatti che si sono protratt. 271 del 1989 . Il procedimento ex art. 17 del d.lgs. 271 del 1989 si è concluso, in primo grado, con provvedimento di assoluzione della Commission. 271 del 1989 . In dat. 271 del 1989 , il Procuratore Generale presso la Corte di Appell. 271 del 1989 ha proposto ricorso avverso detto ultimo provvedimento ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 271 del 1989. A distanza di circa due anni (quindi ben oltre 90 giorni dall’ultimo atto), il Ministero della Giustizia, con provvediment. 271 del 1989 , ha fissato. 271 del 1989 successivo, l’udienza di trattazione dell’anzidetto ricorso innanzi alla Commission. 271 del 1989 Con provvediment. 271 del 1989 l’udienza è stata poi annullata e rinviata a data da destinarsi. Sol. 271 del 1989 (ancora una volta oltre 90 giorni dall’ultimo atto), è stata disposta la fissazione dell’udienza pe. 271 del 1989 , quest’ultima poi rinviat. 271 del 1989 successivo con provvediment. 271 del 1989 .

4.1. È, dunque, evidente che il -OMISSIS- per cui è causa si è illegittimamente protratto sia oltre la sua intervenuta interruzione, ai sensi dell’art. 120 del DPR n. 3 del 1957, sia oltre ogni ragionevole durata, essendo decorsi circa tre anni dal ricorso proposto dal Procuratore Generale, ai sensi dell’art. 18 delle disposizioni attive al codice di procedura penale, sino all’adozione del provvedimento sanzionatorio.

4.2. Ad abundantiam, si osserva che, pure a voler ritenere estensibile, in maniera unitaria, la disciplina contenuta nell’art. 15 del d.lgs. n. 109 del 2006 agli -OMISSIS- il termine di conclusione del -OMISSIS- indicato in tale ultima disposizione risulterebbe ugualmente non rispettato, dal che conseguirebbe l’estinzione del procedimento medesimo e quindi, anche in tal caso, l’illegittimità dell’irrogata sanzione (art. 15, commi 2 e 7, del d.lgs. n. 109 del 2006).

5. In conclusione, per tutto quanto innanzi esposto, il provvedimento sanzionatorio adottata dalla -OMISSIS- presso il Ministero della Giustizia è illegittimo; per l’effetto, gli atti impugnati vanno annullati, data la natura assorbente del vizio procedimentale riscontrato.

6. Tenuto conto della novità delle questioni e delle oscillazioni giurisprudenziali in materia, sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Ancona nelle camere di consiglio dei giorni 13 giugno 2019 e 6 novembre 2019, con l'intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere
Simona De Mattia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Simona De Mattia Gianluca Morri





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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Il TAR di Reggio Calabria su CC. per perdita del grado

1) - Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione del diritto al contraddittorio in ragione della mancata sospensione del procedimento disciplinare, nonostante egli avesse fatto pervenire certificazioni mediche …………... di riposo e cure, per i postumi di un intervento chirurgico ………

Il Tar precisa:

Va rammentato preliminarmente che, ai sensi dell’art. 1370 comma 5 del D.Lgs. n. 66/2010, Codice dell’Ordinamento Militare, “Il militare inquisito può chiedere il differimento dello svolgimento del procedimento disciplinare solo se sussiste un effettivo legittimo impedimento. Se la richiesta di differimento è dovuta a ragioni di salute:
a) l’impedimento addotto deve consistere, sulla scorta di specifica certificazione sanitaria, in una infermità tale da rendere impossibile la partecipazione al procedimento disciplinare;
b) l’autorità disciplinare può recarsi presso l’inquisito per svolgere il procedimento disciplinare, se tale evenienza non è espressamente esclusa dalla commissione medica ospedaliera incaricata di tale accertamento”.

Ora, in disparte ogni considerazione sulla genericità della doglianza che non individua neanche la norma che sarebbe stata violata dalla resistente amministrazione, come correttamente evidenziato dalla difesa erariale, grava sul pubblico dipendente convocato dalla Commissione di disciplina, l'onere di dimostrare il legittimo impedimento alla partecipazione alla seduta, ragion per cui in difetto di tale dimostrazione si procede in sua assenza. Il suddetto impedimento deve consistere in una vera e propria impossibilità oggettiva di intervenire all'audizione, non potendosi ritenere sufficiente un qualsiasi stato di infermità (in termini per tutte, Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8289).

Tanto premesso, ritiene il Collegio che tale onere non sia stato assolto da parte ricorrente. Nonostante il -OMISSIS- abbia portato, infatti, all’attenzione della Commissione ben due certificati medici (datati 23 aprile e 23 maggio 2013), nessuno di essi ha attestato l’esistenza di un impedimento oggettivo specificando l’impossibilità di presentarsi dinanzi alla Commissione o tale da evidenziare che il viaggio da Reggio Calabria a OMISSIS avrebbe potuto comprometterne ragionevolmente lo stato di salute.

In altri termini, le certificazioni prodotte non costituiscono, dunque, una “specifica certificazione sanitaria” nel senso peculiare richiesto dalla citata norma in quanto attestano solamente, per un verso, l’impossibilità di eseguire sforzi ed attività fisica impegnativa e, per altro, la necessità di venti giorni riposo e cure, senza dare atto di un impedimento oggettivo ed assoluto del ricorrente di partecipare al procedimento.


2) - Non coglie nel segno neanche il terzo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’incompetenza dell’autorità procedente. La mera lettura dell’art. 1387 comma 1 lettera h) del codice dell’ordinamento militare, evidenzia che la decisione di sottoporre un militare a inchiesta formale, spetta ai rispettivi comandanti di vertice, di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata, per gli ispettori e i sovrintendenti dell'Arma dei carabinieri in servizio, o ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d'armata, competenti in ragione del luogo di residenza dell'interessato, laddove non sia più sussistente il rapporto di dipendenza.

Stante quindi che il ricorrente al momento dell’avvio dell’inchiesta formale era già in congedo assoluto, l'inchiesta in discorso è stata legittimamente avviata dal Comandante Interregionale Carabinieri "Culqualber", territorialmente competente in ragione del suo luogo di residenza (Reggio Calabria).
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il CdS rigetta l'appello del ricorrente Ufficiale dell'Esercito (Sentenza del Tar 2017)

sospensione disciplinare dal servizio per mesi due.

“Ufficiale dell'Esercito, in qualità di 1° revisore, compilava per ben quattro volte un documento caratteristico disattendendo reiteratamente sia le Istruzioni sulla documentazione caratteristica" -Ediz. 2008- sia le disposizioni emanate dalla scrivente Direzione Generale, con conseguente annullamento d'ufficio del documento in esame, per carenza della necessaria armonia e consequenzialità tra la qualifica finale e i giudizi espressi. Nonostante fosse stato evidenziato che la reiterata inadempienza alle citate disposizioni potesse configurare sintomatica violazione di norma scritta e cogente, suscettibile di vaglio disciplinare, mediante avvio di inchiesta formale ai sensi dell'art. 1378 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, l'Ufficiale riproduceva, per la quinta volta, il documento caratteristico in parola, affitto dal medesimo vizio. Tale indebita condotta, è censurabile sotto l'aspetto disciplinare, in quanto lede il prestigio dell'Istituzione, viola i doveri attinenti allo stato, al senso di responsabilità, ai doveri attinenti al giuramento prestato e al grado rivestito”.
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Il CdS con la sentenza n. 1652 del 7 marzo 2022, rigetta l'appello del Ministero e del C.G. della GdF

DIRITTO DI DIFESA

1) - E’ impugnata la sentenza del T.A.R., che ha accolto il ricorso proposto dall’odierno appellato per l’annullamento della sanzione disciplinare di sette giorni di consegna di rigore.

2) - Il collega della GdF, ha inviato, a mezzo del suo legale, in data 2.7.2015 agli indirizzi di posta elettronica istituzionali del … Gruppo Guardia di Finanza di -OMISSIS- e della Compagnia Guardia di Finanza di -OMISSIS-, una lettera avente per oggetto “trattamento discriminatorio in violazione dell’art. 2087 c.c.”.

3) - Con tale missiva sono stati denunciati alcuni comportamenti discriminatori, comportanti nei suoi confronti un pesante demansionamento, consistiti, tra l’altro, nella mancata concessione di turni di servizio serali o festivi, ecc. ecc.

In DIRITTO si legge:

Ecco alcuni brani

4) - L’iniziativa dell’appellato, che ha inviato tramite il suo legale, una la lettera di segnalazione di presunti comportamenti discriminatori subiti, costituisce esercizio di una facoltà legittima diretta espressione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Costituzione e non può considerarsi tale da integrare alcuna violazione dei doveri attinenti al grado e alle funzioni del militare.

5) - Il diritto di difesa deve poter essere esercitabile anche al di fuori e in via preventiva rispetto al momento dell’azione in sede di giudizio, e quindi anche mediante l’interlocuzione con l’amministrazione, ed essere garantito anche nelle organizzazioni a forte impronta gerarchica, come quelle militari.

6) - La facoltà di difesa è stata, infatti, esercitata in via formale, mediante il conferimento di apposito mandato a un difensore, ovverosia con una iniziativa seria e ponderata volta a tutelare la posizione lavorativa, per il tramite di un professionista, che ha potuto quindi valutare l’iniziativa anche da un punto di vista tecnico-giuridico e scrivere la nota in questione dopo l’esame della vicenda.

N.B.: il resto da leggere nell'allegato.
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