Provvedimenti Disciplinari

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Re: Provvedimenti Disciplinari

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Per notizia:
In merito alla legge 31 luglio 1954, n. 599, va evidenziato che è stata abrogata dall'articolo 2268, comma 1, del D.Lgs.vo 15 marzo 2010, n. 66.


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Re: Provvedimenti Disciplinari

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Per opportuna notizia.

Occhio se volete fare una cosa simile. - Trasferito e sanzionato il collega CC. -
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Ecco alcuni passaggi del Ricorso/Parere del CdS.

1) - Il ricorso non è fondato per la parte in cui impugna la sanzione disciplinare di corpo. Infatti il punto in questione non sta nella possibilità di un componente delle forze armate di partecipare alla vita politica e di candidarsi alla elezione di organi di rappresentanza politica; questo diritto è riconosciuto, sulla base del principio generale posto in Costituzione, da ultimo nel Codice che disciplina l’ordinamento militare ed era già stato riconosciuto dalla legge n. 382 del 1978.

2) - Il comportamento che ha condotto alla sanzione, irrogata nel rispetto delle procedimento disciplinare, - omissis -, consiste invece nella circostanza che il ricorrente ha consentito la esposizione della sua immagine in divisa militare, sul sito del partito politico in cui aveva deciso di militare, senza alcuna previa informazione formale al corpo di appartenenza della scelta di assumere un incarico di partito, in vista di una competizione elettorale.

3) - Nel caso di specie, è provato che l’interessato ha consentito che per lungo tempo la sua immagine in divisa fosse presentata sul sito del partito di appartenenza, come elemento di specifica identificazione della sua incorporazione in corpo militare.

Per completezza leggete il tutto qui sotto per comprendere la problematica.
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20/11/2013 201103573 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 28/08/2013


Numero 04627/2013 e data 20/11/2013


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 28 agosto 2013

NUMERO AFFARE 03573/2011

OGGETTO:
Ministero della difesa.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto, con presentazione diretta, ex art. 11 d.P.R. n. 1199/1971, da OMISSIS, per chiedere l’annullamento del provvedimento con cui è stato disposto d’autorità il suo trasferimento per servizio dalla OMISSIS. Chiede altresì l’annullamento della sanzione disciplinare di corpo di due giorni di consegna, inflittagli in data 18 giugno 2010.

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 0200080, in data 30 aprile 2012, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;

visto le pronunce interlocutorie rese da questa Sezione nelle Adunanze del 5 ottobre 2011 e del 6 marzo 2013;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Paolo De Ioanna;

Premesso.
1. Il ricorrente, OMISSIS, chiede l’annullamento del provvedimento con cui è stato disposto d’autorità il suo trasferimento per servizio dalla OMISSIS. Chiede altresì l’annullamento della sanzione disciplinare di corpo di due giorni di consegna, inflittagli in data 18 giugno 2010. Per l’esposizione dei termini giuridici della questione e dei vizi svolti dal ricorrente si fa rinvio in particolare al parere interlocutorio reso da questa Sezione nella Adunanza del 6 marzo 2013, che deve considerarsi parte integrante del presente parere.

In esito al predetto parere interlocutorio, la Sezione ha preso atto degli ulteriori elementi conoscitivi trasmessi dal Comando Legione Carabinieri Campania, in 3 giugno 2013.

Considerato .

La Sezione ritiene che il ricorso non è ammissibile nella parte in cui il OMISSIS ha inteso impugnare il provvedimento, in data 20 maggio 2005, con cui è stato disposto il suo trasferimento per servizio; infatti il ricorrente ha impugnato detto provvedimento anche davanti al T.A.R. della Campania che, con sentenza depositata il 5 maggio 2011, lo ha dichiarato inammissibile, per decorso dei termini decadenziali, relativamente al provvedimento di trasferimento, e per mancata impugnativa quanto al provvedimento di reiezione del ricorso gerarchico. Al riguardo opera il criterio del ne bis in idem (art. 8 del d.PR n.1199 del 1971) che non consente di riproporre in sede straordinaria una controversia già incardinata in sede giurisdizionale. E non vi è dubbio che nel caso che ci occupa la questione riproposta in questa sede straordinaria è esattamente la stessa, soggettivamente ed oggettivamente, proposta davanti al T.A.R. Campania.

Il ricorso non è fondato per la parte in cui impugna la sanzione disciplinare di corpo. Infatti il punto in questione non sta nella possibilità di un componente delle forze armate di partecipare alla vita politica e di candidarsi alla elezione di organi di rappresentanza politica; questo diritto è riconosciuto, sulla base del principio generale posto in Costituzione, da ultimo nel Codice che disciplina l’ordinamento militare ed era già stato riconosciuto dalla legge n. 382 del 1978. Il comportamento che ha condotto alla sanzione, irrogata nel rispetto delle procedimento disciplinare, - al riguardo il ricorrente non solleva vizi specifici della procedura -, consiste invece nella circostanza che il ricorrente ha consentito la esposizione della sua immagine in divisa militare, sul sito del partito politico in cui aveva deciso di militare, senza alcuna previa informazione formale al corpo di appartenenza della scelta di assumere un incarico di partito, in vista di una competizione elettorale. Al riguardo, il criterio della estraneità delle Forze armate alle competizioni politiche sta a significare che nel momento in cui il militare decide di concorrere ad una carica elettiva, deve metter in moto tutte quelle garanzia procedurali che consentono di staccare la scelta del militare dalla sua posizione istituzionale, mantenendo la estraneità delle forze armate al confronto politico elettorale.

L’elemento posto a base della sanzione, configura la violazione del D.P.R. n. 545 del 1986 (n. 9 allegato C), nella parte in cui il comportamento fattuale del OMISSIS ha posto in essere una lesione attuale e concreta del principio della estraneità delle forze armate alle competizioni politiche. Infatti, sul sito del partito politico di appartenenza, in vista di una competizione elettorale, è comparsa per lungo tempo la foto del ricorrente in divisa; dove l’esposizione della divisa era un chiaro modo per far convergere sulla sua appartenenza ad un corpo militare un profilo di interesse politico, che tendeva ad immedesimare quel partito col corpo di appartenenza del ricorrente; mentre la partecipazione alle procedure elettorali di un militare deve essere preceduta da fatti amministrativi (messa in fuori ruolo) che isolano il militare dalle sue funzioni di istituto. Quanto alla partecipazione alla vita politica di una formazione partitica, essa deve essere condotta secondo forme e stili che non richiamano il corpo del quale il militare fa parte. Nel caso di specie, è provato che l’interessato ha consentito che per lungo tempo la sua immagine in divisa fosse presentata sul sito del partito di appartenenza, come elemento di specifica identificazione della sua incorporazione in corpo militare. Da questo punto di vista la sanzione irrogata è fondata su elementi di fatto, provati in atti, e di diritto, e risulta proporzionata nel quantum.
:

P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso straordinario in oggetto è in parte inammissibile ed in parte infondato, come da motivi. Le misure di cautela richieste restano assorbite.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paolo De Ioanna Pietro Falcone




IL SEGRETARIO
Maria Grazia Nusca
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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Per notizia, ( giorno 25.11.2013 )


(N.B.: - Praticamente il ricorrente aveva insistito affinché venivano acquisite le testimonianze da lui indicate ma i superiori non hanno acconsentito).

OMISSIS

Ricorso straordinario al PDR per la "sanzione del rimprovero"

Ministero della Difesa

OMISSIS

Il ricorrente ha addotto più motivi di censura, che sono stati ritenuti infondati dall’Amministrazione.

- ) - Avendo il ricorrente, nei motivi aggiunti, insistito sulla carente istruttoria poiché non sono state acquisite le testimonianze da lui indicate,

- ) - a fronte di un preciso obbligo previsto dal paragrafo 1, lettera b) dell’articolo 59 del regolamento di disciplina militare,

- ) - è necessario, anche allo scopo di perfezionare il contraddittorio, acquisire le controdeduzioni dell’Amministrazione, con particolare riguardo alle doglianze succitate,

- ) - indicando eventualmente le motivazioni o le fonti normative che hanno indotto a non sentire i testi citati e a non richiedere al ricorrente le dichiarazioni testimoniali in suo possesso.

In tal senso, l’Amministrazione vorrà provvedere, con cortese urgenza, all’adempimento richiesto.

P.Q.M.
sospende l’emanazione del parere, in attesa che l’Amministrazione provveda all’adempimento richiesto.
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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rigetto istanza di riesame della sanzione disciplinare del "rimprovero".

1) - militare in servizio alla caserma, imponeva in maniera sgarbata a una signora che si intratteneva in sala d’attesa, di spegnere il proprio telefono cellulare, entrando in accesa polemica con quest’ultima e provocando lamentela nei confronti di superiori della linea gerarchica.

2) - E’ da tener presente che, ai sensi dell’art.71 del regolamento di disciplina militare (approvato con DPR 18 luglio 1986 n.545), il riesame di una sanzione disciplinare inflitta può essere richiesto qualora sopravvengano nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dall’addebito.

Ricorso perso.
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10/12/2013 201310652 Sentenza 1B


N. 10652/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00449/2005 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 449 del 2005, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio in Roma, via …….;

contro
Ministero della Difesa, Comando Generale Arma dei Carabinieri, Comando Regione Carabinieri Lombardia, OMISSIS, OMISSIS, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
di provvedimento di rigetto istanza di riesame della sanzione disciplinare del "rimprovero".

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Comando Generale Arma dei Carabinieri, del Comando Regione Carabinieri Lombardia, del OMISSIS e del OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Elia Orciuolo;
Udito, nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2013, l’Avvocato dello Stato Alessandro Maddalo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il ricorso in esame OMISSIS, carabiniere, ha impugnato, unitamente agli atti connessi, il provvedimento in epigrafe (……. 2004) con cui il Comandante della Compagnia OMISSIS ha determinato di non accogliere l’istanza con la quale lo stesso OMISSIS aveva chiesto il riesame, con proscioglimento dall’addebito, della sanzione disciplinare del rimprovero, inflittagli per comportamento sgarbato tenuto nei confronti di una cittadina (OMISSIS) che si trovava nella sala di attesa della Stazione Carabinieri di OMISSIS; in particolare la sanzione, riferita a un episodio avvenuto il ….. 2003, ha la seguente motivazione: militare in servizio alla caserma, imponeva in maniera sgarbata a una signora che si intratteneva in sala d’attesa, di spegnere il proprio telefono cellulare, entrando in accesa polemica con quest’ultima e provocando lamentela nei confronti di superiori della linea gerarchica.

Il ricorrente ha dedotto la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di norme varie e per difetto di motivazione ed ha concluso per l’accoglimento del ricorso; con vittoria di spese.

Si è costituito il Ministero della Difesa, che ha depositato documentazione.

Indi, alla pubblica udienza del 3 dicembre 2013, fissata a seguito di dichiarazione di interesse ritualmente manifestata dal ricorrente ai sensi dell’art.1 delle norme transitorie del codice del processo amministrativo, il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO
Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo è dedotta, principalmente, violazione del principio in base al quale, nell’ambito del procedimento disciplinare, vanno valutati gli elementi addotti dall’interessato; il che non sarebbe avvenuto nell’adottarsi l’impugnato provvedimento di rigetto della istanza di riesame in argomento.

E’ da tener presente che, ai sensi dell’art.71 del regolamento di disciplina militare (approvato con DPR 18 luglio 1986 n.545), il riesame di una sanzione disciplinare inflitta può essere richiesto qualora sopravvengano nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dall’addebito.

Dunque il procedimento di riesame non può risolversi in una mera rinnovata valutazione di quanto a suo tempo tenuto presente per l’applicazione della sanzione; occorre invece che siano sopravvenute nuove prove, idonee a far ritenere, pur se connesse a quanto a suo tempo tenuto presente, che la sanzione applicata sia suscettibile di essere modificata.

Orbene, nel caso il ricorrente, a sostegno della richiesta di riesame, si è riferito a una dichiarazione, resa dalla predetta …… il ……. 2004, e cioè a distanza di oltre un anno dall’episodio avvenuto il ……… 2003, nella quale la stessa afferma che il ricorrente in tale occasione fu garbato e non fu assolutamente scortese nei suoi confronti, con precisazione che ella aveva preso contatto con un superiore del ricorrente perché aveva problemi con alcuni militari effettivi al Comando Compagnia Carabinieri OMISSIS connessi ad alcune vicende processuali.

Tale dichiarazione, unica sopravvenienza in astratto idonea a giustificare il riesame della sanzione disciplinare, è stata considerata, pur se con esito negativo, dal Capitano che si è pronunciato sulla istanza del ricorrente; nel provvedimento in discussione, infatti, si mette in evidenza che la dichiarazione è in netta contraddizione con quanto emerge dagli atti del procedimento disciplinare e che l’allora Comandante della Compagnia aveva personalmente e nell’immediatezza del fatto ricevuto le lamentele della OMISSIS.

Tanto dimostra, non soltanto che quanto sopravvenuto e addotto dal ricorrente è stato considerato, ma anche che la valutazione (di irrilevanza ai fini che occorrono) è plausibilmente argomentata; e, a tal proposito, la contraddizione in cui, giusta deduzione, incorrerebbe l’autore del provvedimento non dando corso favorevole alla istanza di riesame pur precisando tuttavia che non si ha un riscontro oggettivo del comportamento sgarbato da parte dell’istante, in realtà non sussiste, dato che quanto riportato nel provvedimento consiste, come messo in evidenza anche nella relazione depositata dall’Amministrazione, in ciò che è asserito dallo stesso ricorrente nella istanza di riesame.

Il motivo, nella parte finora esaminata, va pertanto rigettato.

Tenuto conto di quanto sopra osservato sui limiti di una istanza di riesame, vanno poi ritenute inammissibili, per estraneità, quelle censure, contenute nello stesso motivo in discussione e ultime da esaminare nell’ambito dello stesso motivo, sulla dedotta omessa valutazione di taluni elementi che sarebbero stati addotti dal ricorrente a propria giustificazione nel corso del procedimento disciplinare.

Con il secondo motivo è dedotta violazione del precitato art.71, ribadendosi che non si è tenuto conto della dichiarazione della OMISSIS e deducendosi che, nel corso del procedimento disciplinare, sarebbe stato violato il diritto di difesa, essendo stata al ricorrente notificata la contestazione degli addebiti, con fissazione del termine di giorni 5 per eventuali giustificazioni, allorquando egli era in partenza per licenza ordinaria di giorni 6; il che lo avrebbe costretto a redigere velocemente le proprie le proprie memorie difensive ed a trasmetterle via fax, nonostante l’ampio termine (di giorni 90) previsto per la conclusione del procedimento disciplinare.

Quanto alla prima parte del motivo, va richiamato quanto detto in ordine alla avvenuta valutazione della dichiarazione della OMISSIS.

Quanto alla seconda parte, va ribadita la estraneità al procedimento di riesame di quelle censure attinenti al diverso procedimento di irrogazione della sanzione.

Altrettanto va detto, con esito di inammissibilità per estraneità, con riferimento al terzo, ed ultimo, motivo, con cui si censura per eccessività la sanzione a suo tempo irrogata.

Conclusivamente, il ricorso, come anticipato, va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sede di Roma, sezione prima bis, definitivamente pronunciando:
-rigetta il ricorso in epigrafe;
-condanna il ricorrente al pagamento, in favore della resistente Amministrazione, delle spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge;
-ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente, Estensore
Roberto Proietti, Consigliere
Nicola Fenicia, Referendario


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/12/2013
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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Secondo me, il cittadino che accede in caserma può tenere acceso il suo telefono cellulare, ma saranno guai suoi se effettua fotografie, cinematografie e rilievi. Vds. legge penale (artt. 256 - 258 - 262 C.P.)
panorama
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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La presente riguarda tutti i militari

Ordinanza della Corte Costituzionale su nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1363, comma 2, e 1352, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare).

Il resto potete leggerlo direttamente qui sotto.
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ORDINANZA N. 322

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
- Luigi MAZZELLA Presidente
- Sabino CASSESE Giudice
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1363, comma 2, e 1352, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare); dell’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005), come modificati dall’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise, nel procedimento vertente tra R.C. e il Ministero della difesa ed altri, con ordinanza del 5 febbraio 2013, iscritta al n. 171 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 2013 il Giudice relatore Paolo Grossi.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio proposto da un Maresciallo Capo dei Carabinieri (il quale, avendo originariamente richiesto l’annullamento di una precedente sanzione disciplinare di «rimprovero», si era visto irrogare una nuova identica sanzione, anch’essa impugnata con motivi aggiunti, per il fatto di aver proposto il ricorso giurisdizionale senza aver previamente esperito la via gerarchica), il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, con ordinanza del 5 febbraio 2013, ha sollevato, in primo luogo, questione di legittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 28 e 52, terzo comma, della Costituzione – degli artt. 1363, comma 2, e 1352, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), «nella parte in cui rendono possibile configurare l’illiceità disciplinare dell’esperimento diretto del gravame giurisdizionale senza il previo ricorso gerarchico»;

che – premesso di avere accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente con i motivi aggiunti (con decisione confermata dal Consiglio di Stato) – il rimettente, sulla eccepita inammissibilità del ricorso, rileva (secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione IV, 26 marzo 2010, n. 1778, in termini contrari rispetto alla sentenza n. 113 del 1997 di questa Corte) come il combinato disposto dei censurati artt. 1363, comma 2 (a mente del quale «avverso le sanzioni disciplinari di corpo non è ammesso ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, se prima non è stato esperito ricorso gerarchico o sono trascorsi novanta giorni dalla presentazione del ricorso»), e 1352, comma 1 (ai sensi del quale «costituisce illecito disciplinare ogni violazione dei doveri del servizio e della disciplina militare sanciti dal presente Codice, dal Regolamento, o conseguenti dall’emanazione di un ordine»), del codice militare «non rechi in sé una condizione di ammissibilità o procedibilità delle azioni giudiziali avverso le sanzioni disciplinari militari, ma soltanto una prescrizione di comportamento per i militari che hanno subito una sanzione disciplinare»; e ritiene quindi ammissibile il ricorso, pur in assenza del previo esperimento del ricorso gerarchico da parte del militare ricorrente;

che, ciò premesso, il Tar osserva tuttavia che – non reputando plausibile una diversa lettura costituzionalmente conforme delle norme de quibus, se non a costo di dare di esse una interpretazione sostanzialmente abrogativa – porre tra i «doveri che derivano dalla condizione di militare» (ai sensi dell’art. 715 del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, recante «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246») anche quello di esperire il ricorso gerarchico, prima di impugnare dinanzi al giudice amministrativo la sanzione disciplinare, significa che da un non conforme esercizio del diritto di difesa possa derivare una violazione disciplinare sanzionabile;

che, dunque, ad avviso del rimettente, il combinato disposto delle suddette norme, in parte qua, si porrebbe in contrasto: a) con gli artt. 24 e 2 della Costituzione (in analogia all’art. 6, terzo comma, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, all’art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici ed all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), poiché nella specie si determinerebbe un conflitto tra il diritto inviolabile di difesa e l’esigenza di coesione dei corpi militari, incarnata nel principio di gerarchia, che sono beni tra loro non comparabili, giacché la questione non riguarda le modalità dell’esercizio del diritto di difesa, bensì come possa derivare un illecito disciplinare dall’esercizio di un diritto; b) con l’art. 3 Cost., non essendo ragionevole il sacrificio del diritto di difesa (che potrebbe trovare fondamento e giustificazione in una particolare esigenza dell’interessato ovvero del legale che lo assiste in giudizio) in nome della disciplina e della coesione militare; c) con l’art. 25 Cost., in quanto l’art. 1352 del codice militare, che qualifica come illecito disciplinare ogni violazione dei doveri del servizio e della disciplina militare sanciti dal codice militare, dal regolamento o da un ordine, affida alla libera interpretazione del superiore gerarchico la qualificazione di cosa sia «dovere di servizio» o «disciplina militare», non potendo qualificare l’esercizio di un diritto fondamentale come abusivo senza una chiara e inequivoca previsione di una sanzione come conseguenza della violazione disciplinare; d) con l’art. 28 Cost., a mente del quale la responsabilità dei pubblici dipendenti nasce dalla violazione di un diritto (di norma connesso ad una pubblica potestà), non già dall’esercizio individuale di un diritto fondamentale; e) con l’art. 52, terzo comma, Cost., che informa l’ordinamento militare allo spirito democratico, essendo non giustificata l’esistenza di una norma di rango primario che conculchi il diritto fondamentale alla difesa giurisdizionale, al punto da considerare illecito un uso diretto e non mediato degli strumenti di tutela giurisdizionale che la stessa Costituzione offre a tutti i cittadini;

che, in subordine, il rimettente censura – per violazione dell’art. 76 Cost. – l’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005), come modificata dall’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), in quanto (a suo dire) la legge delega non specifica il settore nel quale il Governo è delegato a esercitare la funzione legislativa, limitandosi a indicare una totale abrogazione di norme anteriori a una data e senza distinzione di materie, nonché in assenza di principi e criteri direttivi sufficientemente determinati;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza di entrambe le sollevate questioni;

che, in primo luogo – rilevato che il giudice a quo mira sostanzialmente a rimettere in discussione quanto deciso da questa Corte con la sentenza n. 113 del 1997 –, con riferimento alla denunciata violazione degli artt. 3 e 24 Cost., la difesa dello Stato richiama le argomentazioni svolte in tale decisione di non fondatezza di analoghe questioni;

che, poi, quanto al preteso contrasto con gli artt. 2 e 24 Cost., l’Avvocatura generale dello Stato nega la sussistenza di alcuna compressione del diritto di difesa, giacché il percorso procedurale imposto dalle norme censurate non comporta, ove disatteso, alcuna inammissibilità del ricorso giurisdizionale; laddove la violazione di quanto statuito dall’art. 1363 del codice militare deriva dalla violazione del “senso di responsabilità” sancito dall’art. 717 del relativo regolamento, conseguente all’esperimento diretto del ricorso davanti al giudice senza aver azionato un ricorso gerarchico interno;

che, riguardo all’asserito contrasto con l’art. 25 Cost., l’Avvocatura – premesso che il principio di assoluta tassatività vale solamente per la legge penale – deduce che la fattispecie astratta in esame è compiutamente descritta dal combinato disposto delle norme censurate; mentre quanto all’evocato art. 52 Cost., la medesima difesa sottolinea come il punto di equilibrio fra i diritti del singolo e le esigenze dell’organizzazione militare si individua nella massima espansione possibile della democraticità delle Forze Armate, sino all’ampiezza, oltre la quale si comprometterebbe l’efficienza dell’istituzione;

che, infine, l’Avvocatura deduce la non fondatezza anche della questione sollevata in via subordinata, giacché la censurata norma della legge delega indica in modo tassativo non solo l’ambito in cui legiferare, ma anche i criteri direttivi ed i principi cui ispirarsi, ed in particolare quelli di eliminare dalla nuova codificazione dell’ordinamento militare solo quelle disposizioni che fossero divenute obsolete ovvero in contrasto con la Costituzione.

Considerato che questa Corte, nel dichiarare non fondata (con la sentenza n. 113 del 1997) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, secondo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme di principio sulla disciplina militare), avente contenuto dispositivo pressoché identico a quello del censurato art. 1363, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), ha rilevato che, «nella specie, la scelta del legislatore di privilegiare la via gerarchica quale naturale e immediata sede di soluzione delle controversie in ordine all’irrogazione delle sanzioni – dove oltre tutto la possibilità di proporre motivi di merito consente all’interessato di ottenere un complessivo e più penetrante riesame del fatto – è da considerarsi il risultato d’un congruo bilanciamento tra l’esigenza di coesione dei corpi militari e quella di tutela dei diritti individuali»;

che, peraltro, come sottolineato dal medesimo Tribunale amministrativo regionale rimettente, a seguito di tale pronuncia (e conformandosi ad essa), una parte della giurisprudenza amministrativa ha continuato a dichiarare l’inammissibilità del ricorso giurisdizionale avverso sanzioni disciplinari che non sia preceduto dal previo esperimento di quello gerarchico ovvero dall’inutile decorso dei novanta giorni (da ultimo, Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, 19 gennaio 2010, n. 35); mentre, altra parte della giurisprudenza (nonostante il dictum di questa Corte) ha ritenuto ammissibile l’immediato ricorso in sede giurisdizionale, anche senza il previo esperimento di quello gerarchico;

che, in particolare, il Consiglio di Stato (sezione IV, sentenza 26 marzo 2010, n. 1778, che richiama il precedente della stessa sezione 25 febbraio 1999, n. 228) ha chiarito che la normativa citata «non costituisce deroga al principio introdotto dalla L. Tar che ha abolito in via generale l’onere del previo esperimento del ricorso gerarchico contro gli atti amministrativi definitivi per poter ricorrere in via giurisdizionale»; ed ha quindi affermato che l’art. 16, secondo comma, della legge n. 382 del 1978 (oggi trasfuso nell’art. 1363 del codice militare), «riguarda esclusivamente l’ordinamento militare, imponendo l’esperimento del ricorso gerarchico contro le sanzioni del corpo quale dovere di disciplina militare, ma non quale condizione dell’azione giurisdizionale amministrativa in senso tecnico»;

che tale argomentazione (“sterilizzando” di fatto il pronunciamento della Corte) determina lo spostamento della incidenza degli effetti della mancata osservanza del dovere per il militare di previa proposizione del ricorso gerarchico, dal versante procedimentale del condizionamento della proponibilità (o procedibilità) dell’azione giurisdizionale amministrativa a quello della esclusiva rilevanza degli effetti medesimi nell’ambito dell’ordinamento militare;

che il rimettente, con argomentazioni in sé non implausibili (in assenza di un consolidato diritto vivente) aderisce espressamente a questo secondo indirizzo giurisprudenziale, osservando che il combinato disposto dell’art. 1363, comma 2, e dell’art. 1352, comma 1, del codice militare non reca «in sé una condizione di ammissibilità o procedibilità delle azioni giudiziali avverso le sanzioni disciplinari militari, ma soltanto una prescrizione di comportamento per i militari che hanno subito una sanzione disciplinare»;

che – ritenuto, dunque, ammissibile il ricorso in sede giurisdizionale, pur in assenza del previo esperimento di quello gerarchico da parte del militare ricorrente – il Tar rileva peraltro che, non essendo plausibile una diversa lettura costituzionalmente conforme delle norme de quibus, se non a costo di dare di esse una interpretazione sostanzialmente abrogativa, porre tra i «doveri che derivano dalla condizione di militare» (ai sensi dell’art. 715 del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, recante «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246») anche quello di esperire il ricorso gerarchico, prima di impugnare davanti al giudice amministrativo la sanzione disciplinare, significa che da un non conforme esercizio del diritto di difesa possa derivare una violazione disciplinare sanzionabile; con conseguente censura di incostituzionalità delle suddette norme (per violazione degli evocati parametri in ragione delle argomentazioni sopra esposte) «nella parte in cui rendono possibile configurare l’illiceità disciplinare dell’esperimento diretto del gravame giurisdizionale senza il previo ricorso gerarchico»;

che il rimettente, nel formulare la questione principale ritiene (come sopra detto) che, ove si dovesse affermare che il mancato rispetto di tale regola d’azione non costituisca illecito disciplinare sanzionabile, ai sensi dell’art. 1352 citato, allora la norma di cui all’art. 1363, comma 2, sarebbe sostanzialmente inutile, traducendosi una tale lettura in una «interpretazione sostanzialmente abrogativa del contenuto dispositivo della norma», che il giudice amministrativo non «può asseverare, senza che sulla compatibilità costituzionale della norma si pronunci la Corte costituzionale»;

che, tuttavia, tale argomentazione si fonda sulla non altrimenti motivata premessa, secondo la quale – nonostante il diverso assunto proclamato dallo stesso rimettente a giustificazione del superamento della sentenza della Corte, in ragione della affermazione della maggiore valenza che va data al principio fondamentale di tutela del diritto di difesa rispetto agli obblighi derivanti dalla appartenenza all’ordinamento militare – il mancato esperimento del ricorso in sede gerarchica ex art. 1363 del codice militare, contestato al ricorrente nel giudizio a quo, costituirebbe effettivamente (ai sensi del precedente art. 1352, comma 1) una «violazione dei doveri di servizio e della disciplina militare» (ovvero del «senso di responsabilità», di cui all’art. 717 del relativo regolamento) sanzionata disciplinarmente dal comma 2 dell’art. 1352; e non si configurerebbe piuttosto quale eventuale esercizio di un diritto di diretta derivazione costituzionale, spettante al militare secondo quanto disposto dall’art. 1465, comma 1, del codice militare, tale da escludere l’applicabilità di sanzioni disciplinari ai sensi del successivo art. 1466;

che, inoltre, l’interpretazione su cui il rimettente basa i propri dubbi di costituzionalità si pone in aperta contraddizione con l’applicazione concreta che le norme censurate hanno ricevuto nella fase cautelare del medesimo giudizio a quo;

che infatti (in evidente adesione alla opposta opzione ermeneutica) lo stesso collegio rimettente (con l’ordinanza 27 gennaio 2012, n. 27) ha accolto la relativa istanza cautelare proposta dal ricorrente, sull’assunto che «stando ad una prima delibazione, il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti appare carente nella motivazione, poiché non prende affatto in considerazione la circostanza che la condotta del ricorrente potrebbe trovare fondamento e giustificazione in una particolare esigenza di difesa dell’interessato, posta a sostegno della scelta diretta e privilegiata dello strumento giustiziale»; e che «in una lettura costituzionalmente orientata, la normativa di cui all’art. 1363 del Codice dell’ordinamento militare […], appare gravemente lesiva del principio di difesa nel giudizio, da garantire incondizionatamente a ciascun cittadino, prescindendo dalla condizione personale e professionale»;

che tale provvedimento è stato confermato dal Consiglio di Stato (sezione IV, ordinanza 24 aprile 2012, n. 1514), secondo cui se l’art. 1363, comma 2, «si pone sul piano ordinamentale, come regola di azione dei militari nell’ambito del peculiare rapporto di servizio, non vi sono elementi per poter affermare che il suo mancato rispetto possa costituire un illecito disciplinare sanzionabile, ai sensi dell’art. 1352 del D.Lgs. n. 66/2010»; e di conseguenza non v’è «alcun fondamento normativo per configurare l’illiceità disciplinare dell’esperimento diretto del gravame giurisdizionale senza il previo ricorso gerarchico»;

che, pertanto, la non altrimenti motivata qualificazione in termini di condotta disciplinarmente vietata (e quindi idonea a consentire l’irrogazione della relativa sanzione) costituisce affermazione in sé non idonea ad esimere il rimettente dal dovere di sperimentare la possibilità (anche, e soprattutto, alla luce del più vasto orientamento tendente ad accentuare, nella prospettiva segnata dall’art. 52 Cost., l’ispirazione democratica dell’ordinamento militare e ad attenuarne i caratteri di specialità rispetto a quello comune: sentenza n. 203 del 1991) di dare alle norme impugnate un significato diverso, tale da renderle compatibili con gli evocati parametri costituzionali (ordinanza n. 102 del 2012), in ossequio al principio secondo cui una disposizione di legge può essere dichiarata costituzionalmente illegittima solo quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione (ordinanza n. 212 del 2011);

che, d’altro canto, la rilevata contraddittorietà della motivazione (rispetto alla diversa applicazione data alle norme nel corso dello stesso giudizio) induce a dubitare che il rimettente cerchi di utilizzare in modo improprio e distorto la proposizione dell’incidente di costituzionalità, non già per pervenire alla soluzione di un problema pregiudiziale rispetto alla definizione del thema decidendum del singolo giudizio a quo, quanto piuttosto al fine di tentare di ottenere dalla Corte un avallo interpretativo (ordinanze n. 126 e n. 26 del 2012) in ordine alla problematica in esame (ordinanza n. 240 del 2012);

che, dunque, la carente utilizzazione dei poteri interpretativi che la legge riconosce al giudice rimettente e la mancata esplorazione di diverse soluzioni ermeneutiche, al fine di far fronte al dubbio di costituzionalità ipotizzato (che ridonda anche in termini di insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza della questione: ordinanze n. 198 del 2013 e n. 240 del 2012), integrano omissioni tali da rendere manifestamente inammissibili (ordinanze n. 102 del 2012 e n. 212 del 2011) sia la questione di legittimità costituzionale sollevata in via principale, sia quella proposta in via subordinata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1363, comma 2, e 1352, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), sollevata – in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 28 e 52, terzo comma, della Costituzione – dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 14 e 14-ter, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005), come modificata dall’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), sollevata – in riferimento all’art. 76 Cost. – dallo stesso Tribunale amministrativo regionale, con la medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 2013.
F.to:

Luigi MAZZELLA, Presidente
Paolo GROSSI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2013.
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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Tar Lazio (notizia del 10.02.2014)
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Il ricorso è fondato.

Il provvedimento decisorio del ricorso gerarchico in questione è stato adottato da organo incompetente, cioè dal Comandante Interregionale, anziché dall’autorità immediatamente sopraordinata (Comandante Regionale) rispetto a quella che aveva comminato la sanzione disciplinare (Comandante Provinciale).

L’art. 14 della legge 11.7.1978 n. 382 prevede che la consegna e la consegna di rigore possono essere inflitte rispettivamente dal comandante di reparto e dal comandante di corpo, mentre il successivo art. 16 precisa che l’organo sovraordinato di cui all’art. 1 del DPR 24.11.1971 n. 1199 è rappresentato dall’organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso l’atto impugnato.

Tale ordine di competenze, espressamente ribadito dall’art. 72 del del DPR n. 545 del 18.7.1986 - Regolamento di disciplina militare – il quale dispone che il ricorso deve essere inoltrato sollecitamente “all’autorità gerarchica immediatamente superiore a quella che ha inflitto la sanzione di corpo”, è stato invece nel caso in esame violato con conseguente illegittimità del provvedimento impugnato per il dedotto vizio di incompetenza.

Né vale ad escludere il suddetto vizio la circostanza, invocata dall’Amministrazione resistente, che la Circolare del Comando Generale dell’Arma n. 311 dell’8.6.1985 che siccome il provvedimento sanzionatorio viene inserito nella documentazione personale dell’interessato a cura del Comandante di Corpo e compila gli atti relativi (il mod. 8) finirebbe per identificarsi con l’autorità che emette il provvedimento. A prescindere dall’osservare che le attività materiali (di inserimento dell’atto nel fascicolo) o di registrazione del provvedimento nella documentazione matricolare non comportano alcun coinvolgimento di chi le opera nel procedimento sanzionatorio – che appunto è già concluso con l’irrogazione della punizione – è appena il caso di ricordare che una circolare ministeriale, in quanto atto privo di efficacia normativa, non può alterare i principi cardine sull’ordine delle competenze stabiliti dagli articoli delle leggi e dei regolamenti sopra richiamati.

In conclusione, il ricorso gerarchico avverso il provvedimento disciplinato adottato dal Comandante Provinciale di ........ avrebbe dovuto essere deciso “dall’autorità gerarchica immediatamente superiore a quella che ha inflitto la sanzione di corpo” – come prescritto dalla normativa richiamata - e pertanto dal Comandante della Regione ......., e non dal Comandante Interregionale, come avvenuto nel caso in esame.

Ne consegue che il ricorso risulta fondato e va accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato e rinvio dell’affare, per la decisione del ricorso gerarchico, alla autorità amministrativa competente (Comandante della Regione ......).

OMISSIS

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato e rinvia l’affare alla autorità amministrativa competente sopraindicata .
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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1) - In particolare, ad avviso del Comandante "OMISSIS" ;
lo stesso, inoltre, contestava le seguenti circostanze: “Il 22/04/04 lo scrivente, al fine di poter disporre di un quadro completo ed aggiornato delle attività in atto e dell’impiego delle risorse, ha disposto alla S.V. di comunicare giornalmente:
- per la propria persona, in anticipo, qualsiasi variazione ai servizi prestati;
- per tutti i militari dipendenti, qualsiasi variazione ai servizi comandati con relativi motivi. Il 24/04/04, da un controllo dei memoriali del servizio, lo scrivente contestava che la S.V., il 23/04/04, aveva intrapreso servizio con un’ora e trenta minuti di anticipo rispetto a quanto previsto senza darne alcuna comunicazione allo scrivente né prima né successivamente”.

2) - Alla luce di quanto sopra, il Comandante della Compagnia contestava al ricorrente la violazione degli articoli 2, 4, 10, 14, 21, 23 e 25 del Regolamento di Disciplina Militare;
dell’art. 425 del Regolamento Generale per l’Arma dei Carabinieri; degli artt. 18, 29 e 32 dell’Istruzione sul Carteggio per l’Arma dei Carabinieri ed altresì degli articoli 10, 14, 21 e 25 R.D.M.

Ricorso respinto.
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14/01/2014 201400499 Sentenza 1B


N. 00499/2014 REG.PROV.COLL.
N. 10239/2004 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10239 del 2004, proposto da:
G. M., rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS,;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando Generale Arma dei Carabinieri, Comando Provinciale Carabinieri di OMISSIS, Comando Compagnia Carabinieri di OMISSIS;

per l'annullamento
del provvedimento prot. n. …. del 04.05.2004 adottato dal Comandante della Compagnia Carabinieri di OMISSIS, con il quale è stata inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare di corpo della consegna di giorni due;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2013 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con nota prot. n. … del 28 aprile 2004 il Comandante della Compagnia CC di OMISSIS contestava al Maresciallo A.S. U.P.S. G. M. di avere predisposto un documento, non protocollato e privo delle forme previste dall’Istruzione sul Carteggio, avente ad oggetto “Promemoria. Decreti di citazioni in qualità di testimoni”.

In particolare, ad avviso del Comandante “lo stesso documento, indirizzato ai componenti dell’Aliquota Operativa affinchè venisse firmato per presa visione, sebbene sottoforma di consiglio, di fatto contiene indicazioni circa la materia in oggetto contrastanti le disposizioni vigenti nonché ben due interventi del Comandante della Compagnia, aventi protocollo … e ….. e datati rispettivamente 14/04/03 e 14/01/04”; lo stesso, inoltre, contestava le seguenti circostanze: “Il 22/04/04 lo scrivente, al fine di poter disporre di un quadro completo ed aggiornato delle attività in atto e dell’impiego delle risorse, ha disposto alla S.V. di comunicare giornalmente: per la propria persona, in anticipo, qualsiasi variazione ai servizi prestati; per tutti i militari dipendenti, qualsiasi variazione ai servizi comandati con relativi motivi. Il 24/04/04, da un controllo dei memoriali del servizio, lo scrivente contestava che la S.V., il 23/04/04, aveva intrapreso servizio con un’ora e trenta minuti di anticipo rispetto a quanto previsto senza darne alcuna comunicazione allo scrivente né prima né successivamente”.

Alla luce di quanto sopra, il Comandante della Compagnia contestava al ricorrente la violazione degli articoli 2, 4, 10, 14, 21, 23 e 25 del Regolamento di Disciplina Militare; dell’art. 425 del Regolamento Generale per l’Arma dei Carabinieri; degli artt. 18, 29 e 32 dell’Istruzione sul Carteggio per l’Arma dei Carabinieri ed altresì degli articoli 10, 14, 21 e 25 R.D.M. Contestualmente gli veniva rivolto l’invito a presentare eventuali giustificazioni e/o prove testimoniali.

In data 30 aprile 2004, il ricorrente presentava le proprie giustificazioni e, in merito agli addebiti contestatigli dal Comandante di Compagnia, dichiarava di avere compilato il promemoria de quo al solo scopo di poter tenere sotto controllo le varie citazioni a testimoniare dei dipendenti, in modo da evitare errori, peraltro verificatisi, nella predisposizione dei servizi. In relazione, poi, alla contestazione relativa al servizio intrapreso dallo stesso ricorrente con un’ora e trenta di anticipo, evidenziava che si era trattato semplicemente di un errore e l’omesso avviso al superiore una mera dimenticanza della quale, peraltro, si scusava.

Con provvedimento prot. n. ….. del 4 maggio 2004, adottato dal Comandante della Compagnia Carabinieri di OMISSIS, veniva inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare della consegna di giorni 2, compendiata dalla seguente motivazione: “Comandante in s.v. di nucleo operativo e radiomobile, con forme non previste, impartiva per iscritto al personale dipendente disposizione contrastante con la normativa vigente e gli interventi superiori. Trasgressione sanzionata quale più grave fra più mancanze commesse in tempi diversi ai sensi dell’art. 60/5 R.D.M.”.

Deduce il ricorrente la illegittimità degli atti impugnati per violazione ed eccesso di potere sotto vari profili.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente.

Alla udienza del 2 dicembre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Con le prime due censure il ricorrente deduce la illegittimità del provvedimento sanzionatorio in relazione alla violazione del disposto di cui all’art. 59, comma 1, lett. c) e dell’art. 60, comma 1 e 5 del D.P.R. n. 545/1986 oltre all’eccesso di potere per difetto di motivazione.

Deduce il ricorrente, in particolare, che le contestazioni sollevate dall’Amministrazione, da un lato non tengono conto delle giustificazioni poste dal ricorrente nell’ambito del procedimento sanzionatorio e, dall’altro, non integrano le violazioni dedotte nel provvedimento oggetto di contestazione.

Le censure sono infondate.

Così come si legge nella documentazione di cui all’odierno ricorso, all’odierno ricorrente è stato contestato il fatto che nella sua qualità di “Comandante in s.v. di nucleo operativo e radiomobile, con forme non previste, impartiva per iscritto al personale dipendente disposizione contrastante con la normativa vigente e gli interventi superiori”.

La contestazione mossa all’odierno ricorrente, in particolare, è consistita nella intervenuta redazione di un promemoria diretto ai componenti dell’Aliquota di cui lo stesso risultava essere Comandante, in cui si fornivano indicazioni – seppure in forma di consiglio – al fine di evitare disguidi nelle citazioni a testimoniare.

Appare evidente che l’atto in oggetto – che, seppure in forma di consiglio, risulta comunque volto a dare indicazioni operative ai componenti dell’Ufficio e, conseguentemente a rivestire la sostanza di carteggio classificato – risulta privo delle forme previste dalle Istruzioni sul Carteggio e contiene, così come rilevato nei provvedimenti impugnati, “indicazioni circa la materia in oggetto contrastanti le disposizioni vigenti nonché ben due interventi del Comandante della Compagnia, aventi protocollo …..-2002 e ….-2002 e datati rispettivamente 14/04/03 e 14/01/04”.

Né, del resto, appare fondata la censura in merito alla assenza di alcuna valutazione in merito alle giustificazioni offerte in sede di procedimento sanzionatorio; sotto tale profilo, infatti, il provvedimento impugnato testualmente dà atto della intervenuta acquisizione delle giustificazioni stesse, non in grado, tuttavia, di superare le formali contestazioni mosse all’odierno ricorrente.

Con una terza censura l’odierno ricorrente deduce la violazione dell’art. 60, commi 1 e 5, del Regolamento di Disciplina Militare, approvato con D.P.R. n. 545/1986.

Deduce il ricorrente, in particolare, l’infondatezza della seconda contestazione allo stesso addebitata – avere intrapreso il servizio, in data 23 aprile 2004, con un’ora e trenta minuti di anticipo rispetto a quanto previsto, senza darne alcuna comunicazione al Comandante della Compagnia, né prima né dopo – e, conseguentemente, l’errata applicazione della disposizione in tema di cumulo di pene (art. 60, comma 5, R.D.M.).

L’assunto è infondato.

Appare evidente, infatti, che l’Amministrazione, valutata la sussistenza degli addebiti contestati, ha correttamente applicato l’art. 60, comma 5, del R.D.M. secondo cui “quando debba essere adottato un provvedimento disciplinare riguardante più trasgressioni commesse da un militare (…) viene inflitta un’unica punizione in relazione alla più grave delle trasgressioni e al comportamento contrario alla disciplina rilevato complessivamente dalla condotta del militare stesso”.

Del resto, appare correttamente formata la volontà della Amministrazione anche con riguardo all’accertamento della seconda violazione contestata, la cui giustificazione risiede, come rilevato anche in sede di decisione del ricorso gerarchico, nel fatto che “il grado e l’anzianità del ricorrente non giustificano il sanzionato comportamento, anzi aggravano la relativa posizione, in relazione ai doveri propri dei superiori, considerando che egli per primo – quale comandante di reparto – avrebbe dovuto dare l’esempio nel rispetto della disciplina e della rigorosa osservanza dei regolamenti: dovere tanto più imperioso quanto più è elevato il suo grado (art. 21, comma 1 ed art. 60, comma 2)”.

Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Le spese, in considerazione della sussistenza di giusti motivi, possono essere compensate per intero tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Tomassetti, Presidente, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
Daniele Dongiovanni, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





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Re: Provvedimenti Disciplinari

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sanzione disciplinare di giorni uno di consegna.

Considerato che:
- le modalità e le circostanze tramite le quali il ricorrente si è trovato in posizione debitoria, esposto con vincolo di solidarietà per una obbligazione sorta, non in via individuale, bensì in qualità di appartenente al condominio;

- il principio di legge, fissato dall’art. 1292 cod. civ., che introduce il vincolo di solidarietà dei debitori, comporta determinati effetti riguardo alla disciplina civilistica delle obbligazioni civili, ma non può essere ragionevolmente e, secondo il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, ritenuto da solo il fondamento per l’applicazione della sanzione disciplinare oggetto della controversia;

Ricorso Accolto.
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08/07/2013 201301521 Sentenza Breve 1

N. 01521/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00661/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.,

OMISSIS

Considerato che:
- le modalità e le circostanze tramite le quali il ricorrente si è trovato in posizione debitoria, esposto con vincolo di solidarietà per una obbligazione sorta, non in via individuale, bensì in qualità di appartenente al condominio;
- il principio di legge, fissato dall’art. 1292 cod. civ., che introduce il vincolo di solidarietà dei debitori, comporta determinati effetti riguardo alla disciplina civilistica delle obbligazioni civili, ma non può essere ragionevolmente e, secondo il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, ritenuto da solo il fondamento per l’applicazione della sanzione disciplinare oggetto della controversia;
- in assenza, nel caso in esame, di un comportamento reiterato e persistente teso a “non onorare i debiti”, non si produce l’effetto della lesione al decoro ed all’immagine dell’Arma (Cons. Stato, sez. I, 19 aprile 2006, parere n. 2890 reso su ricorso straordinario), presupposto per l’esercizio del potere disciplinare;

- il Comando Legione Carabinieri decidente non ha tenuto in alcun conto le giustificazioni e le particolari condizioni puntualmente addotte dal ricorrente, anche in sede di ricorso gerarchico.

Per quanto sopra e con rilievo assorbente, il ricorso merita accoglimento, con conseguente annullamento degli atti disciplinari con lo stesso impugnati.
Le spese, attesa la natura della controversia e l’oggettiva incertezza circa la portata del potere disciplinare de quo, possono essere compensate tra le parti costituite, salvo il rimborso del contributo unificato

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla, i provvedimenti con lo stesso impugnati.
Compensa le spese di giudizio, salvo il rimborso, in favore del ricorrente, del contributo unificato, posto a carico del Comando Legione Carabinieri della Campania
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Mele, Presidente FF
Giovanni Grasso, Consigliere
Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 08/07/2013
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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Anche questa mi è sfuggita al suo tempo di postarla ma lo faccio ora x allora. Quindi non fa nulla se questa sentenza e del 07/03/2013 ma il contenuto potrebbe interessare ugualmente a qualcuno.
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sanzione di gg. 3 di "consegna di rigore".

1) - E’ fondata la doglianza con la quale il ricorrente lamenta violazione dell’art. 653 c.p.p. con riguardo all’efficacia del giudicato penale di assoluzione perché il fatto non sussiste, perché non costituisce reato, o perché l’imputato non lo ha commesso, nel giudizio disciplinare, nonchè di eccesso di potere.

2) - Ai sensi dell’art. 653, primo comma, c.p.p., nel testo risultante dall’intervento normativo di cui alla legge 27 marzo 2001, n° 97, “la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso”.

3) - Alla stregua della disposizione normativa appena richiamata, è illegittimo l’addebito disciplinare e la sanzione disciplinare inflitta per il medesimo fatto contestato e valutato nel processo penale definito con giudicato assolutorio perché il fatto non sussiste, o perché l’imputato non lo ha commesso.

4) - Per ius receptum la formula "perchè il fatto non sussiste" indica la mancanza di uno degli elementi costitutivi di natura oggettiva del reato (la condotta, l'evento o il nesso di causalità), ossia l'esclusione del verificarsi di un fatto storico che rientri nell'ambito di una fattispecie incriminatrice.

ottima difesa.

Per completezza dei fatti leggete il tutto qui sotto.
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07/03/2013 201300179 Sentenza 1


N. 00179/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00182/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 182 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Formica, Pietro Siciliano, con domicilio eletto presso la segreteria del T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore,
Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante Generale pro tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria per legge in Ancona, piazza Cavour, 29;

per l'annullamento
- del decreto n. ….-2011 dell'11 gennaio 2012, con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico presentato avverso il rigetto dell'istanza di riesame presentata per la revoca e/o annullamento della sanzione di gg. 3 di "consegna di rigore" applicata dal Comando Legione Carabinieri Marche con provvedimento del 16.06.2011;
- nonché del provvedimento di rigetto dell'istanza di riesame presentata per la revoca e/o annullamento della sanzione di gg. 3 di "consegna di rigore" applicata dal Comando Legione Carabinieri Marche con provvedimento del 16.06.2011;
- nonché della sanzione di gg. 3 di "consegna di rigore" applicata dal Comando Legione Carabinieri Marche con provvedimento del 16.06.2011;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Primo Referendario Francesca Aprile nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2012 e udita l’Avvocatura dello Stato, nessuno presente per il ricorrente, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente ha impugnato la sanzione di giorni tre di "consegna di rigore" applicatagli dal Comando Legione Carabinieri Marche con provvedimento del 16 giugno 2011, il provvedimento in data 15 settembre 2011 di rigetto dell'istanza di riesame presentata per la revoca e/o annullamento della predetta sanzione, nonché il decreto n. …-2011 dell'11 gennaio 2012, con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico presentato avverso il rigetto dell'istanza di riesame presentata per la revoca e/o annullamento della sanzione.

Per resistere al ricorso, si è costituita l’amministrazione intimata, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, che ne ha domandato il rigetto, vinte le spese.

Con ordinanza cautelare n° 203/2012 del 6 aprile 2012, è stata accolta l’istanza cautelare avanzata dal ricorrente.

Alla pubblica udienza del 13 dicembre 2012, sentita l’Avvocatura dello Stato, nessuno presente per il ricorrente, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto per essere deciso.

DIRITTO

Il ricorso dev’essere accolto perchè fondato.

E’ fondata la doglianza con la quale il ricorrente lamenta violazione dell’art. 653 c.p.p. con riguardo all’efficacia del giudicato penale di assoluzione perché il fatto non sussiste, perché non costituisce reato, o perché l’imputato non lo ha commesso, nel giudizio disciplinare, nonchè di eccesso di potere.

Ai sensi dell’art. 653, primo comma, c.p.p., nel testo risultante dall’intervento normativo di cui alla legge 27 marzo 2001, n° 97, “la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l'imputato non lo ha commesso”.

Alla stregua della disposizione normativa appena richiamata, è illegittimo l’addebito disciplinare e la sanzione disciplinare inflitta per il medesimo fatto contestato e valutato nel processo penale definito con giudicato assolutorio perché il fatto non sussiste, o perché l’imputato non lo ha commesso.

Il giudicato penale di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso costituisce una preclusione assoluta ad iniziare o proseguire un procedimento disciplinare per il medesimo fatto oggetto del giudizio penale, senza che residui alcun margine di valutazione in capo all’amministrazione di appartenenza.

Per ius receptum la formula "perchè il fatto non sussiste" indica la mancanza di uno degli elementi costitutivi di natura oggettiva del reato (la condotta, l'evento o il nesso di causalità), ossia l'esclusione del verificarsi di un fatto storico che rientri nell'ambito di una fattispecie incriminatrice.

Si è anche osservato che la regola di giudizio contenuta nell'art. 530 c.p.p., comma 2, impone l'adozione della formula in esame sia nel caso che sia stata raggiunta la prova positiva della insussistenza del fatto, sia nel caso di mancanza, o di insufficienza o di contraddittorietà della relativa prova, dal momento che la diversa entità della prova non può riverberarsi sulla formula assolutoria da utilizzare, che deve rimanere uguale in entrambi i casi.

Accertata l'insussistenza del fatto (o mancando la prova della sua sussistenza), l'assoluzione con la formula "perchè il fatto non sussiste" preclude ogni altra valutazione della condotta.

Nel caso di cui si controverte, il ricorrente, con sentenza del Tribunale Militare di Roma n° 2 del 2 febbraio 2010, irrevocabile il 17 aprile 2010, è stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste” dalle imputazioni di insubordinazione aggravata con ingiuria e di disobbedienza aggravata.

L’amministrazione intimata, con avviso di avvio di procedimento disciplinare in data 8 settembre 2010, ha dato atto della sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste e, tuttavia, ha comunicato l’avvio del procedimento disciplinare per asserita “violazione degli artt. 10, 14 e 25 (doveri attinenti al grado – senso di responsabilità – esecuzione di ordini) del R.D.M., potendosi configurare le mancanze di cui ai nn. 3 e 22 (violazione rilevante dei doveri attinenti al grado e negligenza o imprudenza o ritardo nell’esecuzione di un ordine o nell’espletamento di un servizio secondo le modalità prescritte) dell’allegato “C” all’art. 65 dello stesso Regolamento”.

Con l’impugnato provvedimento del 16 giugno 2011, al ricorrente è stata inflitta la sanzione di giorni tre di consegna di rigore per la seguente “mancanza”: “militare addetto a Stazione distaccata, durante l’espletamento delle attività di servizio e per cause ad esso attinenti, poneva in essere, in tempi diversi ed in una circostanza in concorso con altro militare del medesimo Reparto, comportamenti ed atti di protesta gravemente inurbani nei confronti di superiore in grado.

Con tale condotta ha violato gli artt. 10 e 36 del R.D.M. così configurando le mancanze di cui ai nn. 3 e 27 dell’allegato “C” all’art. 65 dello stesso Regolamento”. “(Infrazione commessa il 14 novembre 2007 ed il 27 marzo 2008 nel grado di Appuntato Scelto)”.

Tale provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare impugnata, così come l’addebito disciplinare, è illegittimo, perché in contrasto con l’efficacia preclusiva, nel giudizio disciplinare, attribuita dall’art. 653 c.p.p. al giudicato penale delle sentenze di assoluzione concernenti l’accertamento che il fatto non sussiste.

Per la medesima ragione, è illegittimo il provvedimento, in data 15 settembre 2011, con il quale è stata respinta la richiesta di riesame della sanzione disciplinare di cui si controverte, atteso che la motivazione addotta che “l’assoluzione con formula piena non esime l’amministrazione dal valutare eventuali aspetti collaterali” confligge apertamente con il vincolo discendente dal giudicato assolutorio perché il fatto non sussiste, o perché non costituisce reato, o perché l’imputato non lo ha commesso, ai sensi dell’art. 653 c.p.p..

Né può accedersi all’argomento, pure riportato nel provvedimento da ultimo menzionato, e riprodotto nella memoria difensiva dell’Avvocatura dello Stato, che la posizione disciplinare sarebbe stata esaminata “solo per l’atteggiamento men che corretto assunto nella circostanza e non per i reati contestati di insubordinazione aggravata con ingiuria e di disobbedienza aggravata”.

Ed infatti, per il principio di specificità della contestazione degli addebiti, i fatti materiali addebitati al dipendente devono essere individuati con sufficiente precisione, sì da consentire la difesa dello stesso.

Nel caso di specie, considerata la contestualizzazione temporale contenuta nell’impugnato provvedimento del 16 giugno 2011, che fa riferimento agli episodi del 14 novembre 2007 e del 27 marzo 2008, concernenti i medesimi fatti oggetto del giudizio penale conclusosi con il giudicato assolutorio più volte richiamato, e considerato, altresì, che l’iniziativa disciplinare è scaturita dalla sentenza penale di assoluzione del 2 febbraio 2010, come si evince dal tenore letterale degli atti in esame (vds. provvedimento, in data 15 settembre 2011, laddove si afferma che “la sanzione in questione è stata inflitta al termine del giudicato penale relativo ad una sentenza emessa nei confronti del graduato”) non si ravvisano elementi per i quali potrebbe ritenersi che la ridetta sanzione sia stata irrogata per fatti diversi da quelli già oggetto di accertamento in sede penale.

Pertanto, vertendosi in fattispecie di contestazione di addebito disciplinare per i medesimi fatti oggetto del giudizio penale, l’amministrazione era vincolata al giudicato penale di assoluzione perché il fatto non sussiste, il che evidenzia l’illegittimità degli atti impugnati con i quali l’efficacia del giudicato assolutorio è stata disattesa.

Peraltro, deve osservarsi che, laddove si fosse inteso sanzionare fatti diversi da quelli oggetto del giudizio penale all’esito del quale è intervenuto giudicato assolutorio, tali fatti non potrebbero ritenersi nè individuati con sufficiente precisione (atteso che non è dato evincere quali sarebbero gli eventuali fatti diversi), né tempestivamente contestati, di talchè sarebbe fondata la doglianza di eccesso di potere per violazione del principio di specificità e del principio di immediatezza della contestazione degli addebiti.

Ed infatti, per i fatti diversi da quelli oggetto di giudizio penale non opera la sospensione del procedimento disciplinare dal momento in cui viene esercitata l'azione penale, di cui all’art. 1393 del codice dell’ordinamento militare, d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, in combinato disposto con l'art. 117, l. 10 gennaio 1957, n. 3.

Pertanto, considerata l’epoca dei fatti contestati, sia la contestazione degli addebiti, sia la sanzione irrogata, ove la si ritenga ancorata a fatti diversi, sarebbe in contrasto con il principio di immediatezza della contestazione disciplinare che costituisce corollario del principio di buona fede e correttezza nel rapporto lavorativo.

Per le suesposte ragioni, il ricorso dev’essere accolto, perché fondato, e, per l’effetto, devono essere annullati gli atti impugnati.

Le spese processuali possono essere compensate per ragioni equitative, salvo quanto disposto in sede cautelare.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;

compensa le spese del giudizio tra le parti costituite, salvo quanto disposto in sede cautelare.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere
Francesca Aprile, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 07/03/2013
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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Sentenza del 2013 che posto oggi poiché i riferimenti del R.G.A. e del RDM. potrebbero servire a qualcuno.
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sanzione disciplinare della consegna per giorni 3.

1) - la mancanza disciplinare oggetto del provvedimento impugnato ha riguardato l’irregolare tenuta del memoriale di servizio intervenuta “nonostante i ripetuti interventi verbali e scritti da parte del comandante di Compagnia”.

2) - In particolare, dall’esame incrociato del memoriale di servizio e degli ordini di servizio emergono obiettivamente l’errata trascrizione degli orari di chiusura dell’ufficio, l’omissione delle istruzioni settimanali, l’incompleto aggiornamento dello “specchio riepilogativo delle giornate di presenza e di straordinario”.
Circostanze queste ultime che intergrano la violazione dei doveri militari previsti dagli artt. 10 e 25 del regolamemento di disciplina militare nonché dagli artt. 29 e 47 del regolamento generale dell’Arma dei Carabinieri.

Ricorso perso.
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28/05/2013 201305326 Sentenza 1B


N. 05326/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00430/2003 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 430/2003, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso lo stesso avvocato in Roma, via Paolo Emilio, 34;

contro
Ministero della Difesa, Comando Generale Arma dei Carabinieri, Comando Carabinieri Regione Piemonte e Valle D'Aosta, Comando Provinciale Carabinieri di …, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento:
- della sanzione disciplinare della consegna per giorni 3, provvedimento prot. … del 7.9.2002 a firma del Comandante della compagnia dei carabinieri di …;
- del provvedimento di reiezione del ricorso gerarchico di cui alla determinazione prot. …. del 23.10.2002 del Comandante Provinciale di …..

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il dott. Nicola D'Angelo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, maresciallo in comando interinale della Stazione dei Carabinieri di OMISSIS, è stato destinatario della sanzione disciplinare di tre giorni di consegna a seguito di talune irregolarità evidenziatesi durante la vista ispettiva presso la stessa Stazione del Comandante della Compagnia di …...
Contro tale sanzione disciplinare e contro la reiezione del suo ricorso gerarchico, di cui ai provvedimenti indicati in epigrafe, ha proposto il presente ricorso, deducendo:

1) grave eccesso di potere per erronea valutazione e chiaro travisamento dei fatti contestati. Violazione e falsa applicazione e malgoverno degli artt. 60 e 64 del DPR n. 545/86. Palese irrazionalità di giudizio. Ingiustizia manifesta;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 59, comma 1, lettera c), del regolamento di disciplina militare. Grave eccesso di potere per mancata valutazione delle giustificazioni addotte dal ricorrente. Mancanza assoluta di motivazione.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio il 18.2.2003 ed ha depositato una relazione sui fatti di causa, per il tramite dell’avvocatura erariale, il 7 maggio 2003.

Con decreto decisorio n. 20947/2012 questo Tribunale ha revocato la precedente dichiarazione di perenzione del ricorso.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 26.3.2013.

Ciò premesso, il ricorrente sottufficiale in comando interinale di una Stazione dei carabinieri, è stato sanzionato con la consegna per tre giorni in ragione di talune infrazioni dallo stesso commesse.

Nello specifico, la mancanza disciplinare oggetto del provvedimento impugnato ha riguardato l’irregolare tenuta del memoriale di servizio intervenuta “nonostante i ripetuti interventi verbali e scritti da parte del comandante di Compagnia”.

Nel ricorso, sostanzialmente egli prospetta una violazione del procedimento disciplinare e una carente istruttoria che avrebbe portato i suoi superiori a travisare i fatti assunti a fondamento della sanzione irrogata.

Il ricorso non è fondato.

Come si può rilevare dalla documentazione depositata dall’Amministrazione intimata agli atti del giudizio, la procedura disciplinare è stata rispettosa dei dettami di legge, sia nelle modalità, sia nella misura della sanzione (cfr. artt. 59, 60 e 64 del regolamento di disciplina militare). Le giustificazioni del ricorrente sono state compiutamente valutate e l’istruttoria si è svolta secondo canoni di adeguatezza.

In particolare, dall’esame incrociato del memoriale di servizio e degli ordini di servizio emergono obiettivamente l’errata trascrizione degli orari di chiusura dell’ufficio, l’omissione delle istruzioni settimanali, l’incompleto aggiornamento dello “specchio riepilogativo delle giornate di presenza e di straordinario”. Circostanze queste ultime che intergrano la violazione dei doveri militari previsti dagli artt. 10 e 25 del regola memento di disciplina militare nonché dagli artt. 29 e 47 del regolamento generale dell’Arma dei Carabinieri.

Per le ragioni sopra evidenziate, il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Amministrazione intimata nella misura complessiva di euro 2.000,00(duemila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Floriana Rizzetto, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/05/2013
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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DM 29 GENNAIO 2014

“CODICE DI COMPORTAMENTO DEI DIPENDENTI DEL MINISTERO DELLA DIFESA”


SEZIONE I
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Articolo 2
In via generale, prevede che il Codice abbia rilevanza per il solo personale civile della Difesa.

Per quanto riguarda invece il personale militare, stabilisce che:
a. i doveri contenuti nella Sezione II del Codice (art. da 3 a 15) costituiscono meri “principi di comportamento”, applicabili in quanto compatibili con le disposizioni del Codice dell’Ordinamento Militare (COM, Decreto Legislativo 15 marzo 2010 n. 66) e del relativo Testo Unico regolamentare (TUOM, Decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010 n. 90), ai sensi dell’art. 2, c. 2, del D.P.R. n. 62 del 2013 (“Codice di comportamento dei dipendenti pubblici). Pertanto, il loro contenuto va sempre letto in sistema con il COM e il TUOM;

b. non trovano applicazione le disposizioni del Codice contenute nella:
- Sezione III, posto che gli obblighi restano disciplinati dal COM (Libro IV - Titolo VIII, Capi I e II), nonché dal TUOM (Libro IV - Titolo VIII, Capi I e II), in materia di disciplina militare;
- Sezione IV, in quanto rimangono applicabili le norme contenute nel COM (Libro IV – Titolo VIII, Capi I, II, III, e IV), nonché nel TUOM (Libro IV – Titolo VIII, Capi I e II), inerenti ai doveri dei militari e ai procedimenti disciplinari per l’irrogazione delle conseguenti sanzioni di Stato e di Corpo.


SEZIONE II
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Articolo 3
Tratta dei regali d’uso e delle altre utilità, stabilendo che il dipendente:

a. non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità. È consentito, invece, accettare, per sé o per altri, regali o altre utilità “d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali”;

b. non può in alcun caso accettare neppure regali o altre utilità di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere/aver compiuto un atto del proprio ufficio, da soggetti nei confronti dei quali deve esercitare attività o poteri propri dell’ufficio, o comunque da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio medesimo.

In tale contesto, il Codice fissa, sia pure in via orientativa, in 150 euro l’importo dei regali o delle altre utilità considerate di modico valore. I regali non consentiti devono essere, a cura dello stesso dipendente, immediatamente messi a disposizione dell’amministrazione per la restituzione/devoluzione a fini istituzionali, quando la restituzione non sia possibile o non appaia opportuna.

Al riguardo, si evidenzia come il testo dell’articolo in esame riprenda fedelmente il contenuto di quello del corrispondente art.4 del D.P.R. n. 62 del 2013.

Costituisce principio per il personale militare.
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Articolo 4
Si pone a carico del dipendente l’obbligo di comunicare tempestivamente al responsabile dell’Ufficio di appartenenza, in forma scritta, la partecipazione ad associazioni ed organizzazioni, i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’Ufficio.


Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.5 del D.P.R. n. 62 del 2013, unicamente per aver:
a. previsto il requisito della forma scritta per la comunicazione;

b. specificato che tale obbligo non sussiste, per il solo personale civile della Difesa, con riferimento all’adesione a partiti politici o a sindacati.

Costituisce principio per il personale militare.
-------------------------------------------------------------------------------------
Articolo 5
Stabilisce gli obblighi di comunicazione, a carico del pubblico dipendente, relativi a tutti i rapporti di collaborazione, in qualunque modo retribuiti, e ai conflitti di interesse, diretti e indiretti, che egli, i suoi parenti, gli affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente, abbiano avuto negli ultimi tre anni con soggetti privati. Inoltre, in presenza di un conflitto di interesse di qualsiasi natura, anche non patrimoniale o solo potenziale, in cui siano coinvolti interessi personali, il dipendente ha il dovere di astenersi dal compiere qualsiasi atto del proprio ufficio.

Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.6 del D.P.R. n. 62 del 2013, solamente per aver:
a. previsto un criterio di “normale diligenza” riferito alla conoscenza/conoscibilità dei cit. rapporti di collaborazione/conflitti di interesse;

b. escluso il dovere di astensione nel caso di conflitti di interesse riferibili al coniuge “legalmente separato”.

Costituisce principio per il personale militare.
------------------------------------------------------------------------------------
Articolo 6
Tratta le altre ipotesi, previste dall’art.7 del D.P.R. n. 62 del 2013, in cui sussiste l’obbligo di astensione del dipendente (interessi propri o dei suoi parenti, degli affini entro secondo grado, del coniuge o del convivente, oppure di altre persone con le quali egli abbia rapporti di frequentazioni abituale, nonché dei casi di grave inimicizia o di rapporti di credito o debito significativi in cui sono coinvolte le medesime persone). Sulla richiesta di astensione presentata dal dipendente decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza.

Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.7 del D.P.R. n. 62 del 2013, esclusivamente per aver:
a. specificato il requisito della forma scritta sia per la comunicazione del dipendente, sia per la successiva decisione del responsabile;

b. ricompreso nella fattispecie anche le condizioni di conflitto di interesse sopravvenuto.

Costituisce principio per il personale militare.
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Articolo 7
Include, tra i doveri di comportamento del dipendente, il rispetto delle misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione e, in particolare, quelle contenute nel piano della prevenzione della corruzione, che si applica solo a livello di Amministrazioni centrali ed esclude il personale militare dalle procedure di segnalazioni anonime di potenziali illeciti.

Egli è tenuto a comunicare al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’ambito dell’amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.8 del D.P.R. n. 62 del 2013 unicamente per aver:
a. specificato che:
- il dipendente deve:
• basare il proprio operato “sulle fonti di informazione quali dati storici, esperienza, informazioni di ritorno dai portatori di interesse, osservazioni, previsioni e pareri di specialisti, avuto riguardo alle funzioni rivestite”;
• usare la “diligenza del buon funzionario” nell’attività di prevenzione degli illeciti;
- il dirigente dell’ufficio che riceve una segnalazione deve garantire l’anonimato del segnalante in conformità all’art. 54 bis del D.Lgs. n. 165/2001 e del Piano triennale anticorruzione.

b. espunto il riferimento all’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria.

Costituisce principio per il personale militare nei termini illustrati.
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Articolo 8
Prevede, quale autonomo dovere di comportamento del dipendente, la collaborazione nell’adempimento degli obblighi di trasparenza previsti a carico dell’amministrazione. È inoltre garantita la tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti attraverso un adeguato supporto documentale che consenta, in ogni momento, la loro conservazione.

Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.9 del D.P.R. n. 62 del 2013, solamente per aver:
a. espunto il requisito della “replicabilità” del supporto documentale, essendo sufficiente l’adozione di modalità atte a garantire la conservazione;

b. specificato che la conservazione deve ricomprendere gli “elementi istruttori da acquisire ed acquisiti”.

Costituisce principio per il personale militare.
---------------------------------------------------------------------------------------
Articolo 9
Tratta dei doveri di comportamento dei pubblici dipendenti nei rapporti privati ovvero nelle relazioni extralavorative, incluse quelle con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Si prevede che, in tale contesto, il dipendente:
a. non debba sfruttare o menzionare la posizione che ricopre nell’amministrazione, al fine di ottenere indebite utilità;

b. non può assumere alcun comportamento che possa nuocere all’immagine dell’amministrazione.

Il testo dell’articolo è pienamente corrispondente al contenuto dell’art.10 del D.P.R. n. 62 del 2013.

Costituisce principio per il personale militare.
-----------------------------------------------------------------------------------


Articolo 10
Riguarda il comportamento che il dipendente deve assumere nell’ambito della propria attività lavorativa. In particolare, egli:
a. deve utilizzare il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell’ufficio, nel rispetto dei vincoli posti dall’amministrazione;

b. se ha a sua disposizione un mezzo di trasporto, può utilizzarlo soltanto per lo svolgimento dei compiti di servizio;

c. anche nell’utilizzo dei permessi di astensione dal lavoro, deve rispettare le condizioni previste dalla legge e dai contratti collettivi.

Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.11 del D.P.R. n. 62 del 2013, per aver:
a. espunto il riferimento:
- all’obbligo di non ritardare l’azione amministrativa, né adottare comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività di propria spettanza;
- al trasporto di terzi sui mezzi che il dipendente abbia a disposizione;

b. specificato che l’utilizzo del citato materiale e attrezzature dell’ufficio deve avvenire avendo riguardo al “soddisfacimento delle elementari esigenze di comunicazione con il nucleo familiare, in relazione all’orario di lavoro e al tempo di permanenza in Ufficio, di diritto all’informazione quotidiana ed all’aggiornamento professionale”;

c. imposto al dirigente di vigilare, con l’ausilio dell’Ufficio Personale, sul “rispetto dell’orario di lavoro e sulla corretta timbratura da parte dei dipendenti ad essi assegnati, segnalando alla competente Autorità disciplinare eventuali pratiche scorrette, al fine dell’esercizio dell’azione disciplinare”.

Costituisce principio per il personale militare.
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Articolo 11

Non costituisce principio per il personale militare.
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Articolo 12
Disciplina i doveri di comportamento del dipendente nei rapporti diretti con il pubblico. Egli, oltre a farsi riconoscere attraverso l’esposizione visibile del badge messo a disposizione dall’amministrazione o di altro supporto identificativo (salvo diverse disposizioni di servizio che possono tener conto anche della sicurezza del dipendente medesimo):
a. deve operare con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilità;

b. qualora non sia la persona competente a trattare un affare, ha il dovere di indirizzare l’interessato al funzionario o all’ufficio competente della medesima amministrazione;

c. fatto salvo il rispetto delle norme sul segreto d’ufficio, ha l’obbligo di fornire agli utenti tutte le spiegazioni che gli siano richieste in ordine al proprio comportamento o a quello di altri dipendenti dell’ufficio dei quali ha la responsabilità o il coordinamento.

In relazione alla trattazione degli affari, il dipendente è tenuto a rispettare, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorità stabilito dall’amministrazione, l’ordine cronologico delle stesse, senza addurre motivazioni generiche al fine di rifiutare prestazioni a cui sia tenuto. Al di fuori dei casi consentiti, il dipendente non assume impegni, né anticipa l’esito di decisioni inerenti all’ufficio.

Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.12 del D.P.R. n. 62 del 2013, solamente per aver espunto il riferimento al rispetto degli standard di qualità e di qualità fissati dall’amministrazione per i casi in cui il dipendente svolga la sua attività lavorativa in un’amministrazione che fornisce servizi al pubblico.

Costituisce principio per il personale militare, nei termini sopra indicati riguardanti l’uso dei badge. Nelle more dell’emanazione di specifiche disposizioni di dettaglio, il personale in servizio nei reparti dell’Arma non è tenuto ad indossarlo.
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Articolo 13
Stabilisce particolari doveri di comportamento a carico dei dirigenti. L’articolo si applica anche ai titolari di incarico ai sensi dell’art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001 nonché ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione ministeriale.
Prima di assumere le funzioni, il dirigente:
a. comunica all’amministrazione la propria situazione patrimoniale, nonché le partecipazioni azionarie e gli interessi finanziari che possono porlo in situazioni di conflitto di interessi con la funzione pubblica che andrà a svolgere;

b. dichiara se il coniuge o gli stretti congiunti esercitano attività che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che dovrà dirigere;

c. ogni anno, deposita copia della propria dichiarazione annuale dei redditi.

Rappresentano precisi obblighi dei dirigenti:
a. il perseguimento degli obiettivi assegnati e l’adozione di un comportamento organizzativo adeguato all’incarico da assolvere;

b. l’assunzione di atteggiamenti leali e trasparenti e l’adozione di un comportamento esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell’azione amministrativa (anche nel rispetto della normativa sul mobbing prevista dall’art.11);

c. la cura, nei limiti delle risorse disponibili, del benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto e l’assunzione di iniziative volte alla formazione e all’aggiornamento del personale;

d. l’assegnazione delle pratiche al personale addetto all’ufficio sulla base di un’equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacità, delle attitudini e delle professionalità di ciascuno;

e. la tempestiva segnalazione all’autorità disciplinare di eventuali illeciti di cui sia venuto a conoscenza ovvero, qualora sia competente, l’attivazione e la conclusione del procedimento disciplinare, tutelando in ogni caso l’identità del segnalante, ai sensi dell’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.



Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.13 del D.P.R. n. 62 del 2013, per aver:
a. escluso il dovere di dichiarazione con riferimento alle attività svolte dal coniuge “legalmente separato”, tali da porre quest’ultimo in contatti frequenti con l’ufficio diretto dal dipendente;

b. espunto il riferimento al dovere posto a carico del dirigente di evitare “che notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione, all’attività e ai dipendenti pubblici possano diffondersi” e di favorire “la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell’amministrazione”;

c. introdotto l’obbligo di provvedere, “nel caso ravvisi gli estremi del reato, ad inoltrare tempestiva denuncia all’Autorità Giudiziaria penale o, se necessario, segnalazione alla Corte dei conti, nei modi e secondo le procedure previste dai rispettivi ordinamenti”.

Costituisce principio per il personale militare, ad eccezione della parte riguardante la trattazione anonima degli illeciti disciplinari.
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Articolo 14
Prevede che, nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto dell’amministrazione, il dipendente non può avvalersi di mediatori. Egli, inoltre, non può concludere contratti con le imprese con le quali, nei due anni precedenti, abbia concluso contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile, aventi ad oggetto, ai sensi dell’art. 1325 del codice civile, interessi coincidenti o in conflitto con l’Ufficio o dalle quali abbia ricevuto altre utilità. Se è l’amministrazione che conclude il contratto con tali imprese, il dipendente ha l’obbligo di astenersi dal partecipare alle decisioni e alle attività di esecuzione del contratto.

Il dipendente che conclude accordi o contratti a titolo privato con persone fisiche o giuridiche, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile, con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto per conto dell’amministrazione deve informarne per iscritto il dirigente dell’ufficio.

Il testo dell’articolo si discosta da quello del corrispondente art.14 del D.P.R. n. 62 del 2013 unicamente per aver specificato che non si possono concludere non solo i contratti stipulati con imprese dalle quali il dipendente abbia ricevuto utilità, ma anche quelli “aventi ad oggetto, ai sensi dell’art. 1325 del codice civile, interessi coincidenti o in conflitto con l’Ufficio”.

Costituisce principio per il personale militare.
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Articolo 15
Si occupa della vigilanza sull’applicazione Codice, del monitoraggio e delle attività formative. Conformemente a quanto previsto dal nuovo articolo 54, comma 6, del D.Lgs. 165/2001, il potere di vigilanza viene attribuito ai dirigenti responsabili di ciascuna struttura, alle strutture di controllo interno e agli uffici di disciplina ed è esercitato conformemente alle previsioni contenute nel Piano triennale di prevenzione della corruzione adottato dal Ministero della Difesa.
Oltre alle funzioni in materia disciplinare previste dall’articolo 55-bis e ss. del D.Lgs. 165/2001, l’ufficio procedimenti disciplinari è responsabile:
a. dell’aggiornamento del codice di comportamento dell’amministrazione;

b. dell’organizzazione della formazione del personale in materia di trasparenza e integrità, dell’esame delle segnalazioni di violazioni del codice di comportamento, della raccolta delle segnalazioni di condotte illecite. Il responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento dell’amministrazione, del monitoraggio annuale sull’attuazione dei codici di comportamento, della pubblicazione del codice sul sito istituzionale e della comunicazione dei risultati del monitoraggio all’Autorità nazionale anticorruzione.

Nello svolgimento di tali attività, l’ufficio procedimenti disciplinari opera in raccordo con il responsabile della prevenzione della corruzione del Ministero della Difesa.

A richiesta dell’ufficio procedimenti disciplinari, l’Autorità nazionale anticorruzione rilascia parere facoltativo in ordine all’attivazione del procedimento disciplinare a seguito della violazione dei codici di comportamento.

Al riguardo si evidenzia come il testo dell’articolo in esame riprenda fedelmente il contenuto di quello del corrispondente art.15 del D.P.R. n. 62 del 2013.

Costituisce principio per il personale militare.
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SEZIONE III
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Omessa, perché non applicabile al personale militare (cfr. supra art. 2)


SEZIONE IV
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Omessa, perché non applicabile al personale militare (cfr. supra art. 2)
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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Gallipoli (LE): CC. denunciati per aver navigato su internet dal p.c. del C.te di Stazione

ecco il link

http://www.carabinieri-unione.it/unac/n ... id_nw=1284" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: Provvedimenti Disciplinari

Messaggio da panorama »

Condotta invadente.
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1) - il colonnello ha comunicato l’avvio di un procedimento disciplinare, sull’assunto che il ricorrente non avesse comunicato la pendenza, a suo carico, di un procedimento penale.

2) - L’interessato, ha chiesto al colonnello di specificare le circostanze del fatto contestato.

3) - Quest’ultimo ha risposto con missiva

4) - Il ricorrente, con lettera, ha chiesto di specificare chi avesse rilevato l’infrazione.

5) - Il colonnello, ha fornito risposta, e, con lettera notificata il 9.11.2009, da un lato ha comunicato l’avvenuta chiusura, senza sanzione, del procedimento disciplinare, stante la testimonianza del generale, il quale aveva dichiarato di essere stato a suo tempo informato dall’interessato circa la pendenza del suddetto procedimento penale, e dall’altro lato ha invitato il ricorrente a fornire in futuro sollecite informazioni scritte sull’andamento del processo.

6) - Con missiva indirizzata a quest’ultimo, il deducente ha riassunto il contenuto delle proprie lettere.

7) - Con lettera l’interessato, preso atto dell’avvenuta chiusura del procedimento disciplinare, ha chiesto al colonnello di fornire chiarimenti circa i quesiti precedentemente posti.

8) - Con nota quest’ultimo ha replicato alle richieste di chiarimenti del ricorrente.

9) - Con lettera, l’istante ha insistito nelle richieste di chiarimenti, non ritenendosi soddisfatto della risposta da ultimo fornitagli.

10) - Il colonnello, con nota, precisato di avere già risposto alle domande del deducente e ritenuto che la riproposizione dei quesiti fosse ingiustificata (stante la disposta chiusura del procedimento disciplinare) e causa di rallentamento del lavoro dell’ufficio, ha comunicato l’avvio di un nuovo procedimento disciplinare

11) - è stata quindi comminata al ricorrente la sanzione disciplinare del rimprovero.

DIRITTO

12) - La gravata determinazione fa riferimento alla reiterata formulazione, da parte dell’interessato, di uno stesso quesito riguardante questioni procedurali, già oggetto di risposta, e richiama l’art. 12, comma 1, lett. b, del Regolamento di disciplina militare (d.p.r. n. 545/1986).

13) - La suddetta norma prescrive infatti l’osservanza dei doveri inerenti al rapporto di subordinazione nei confronti dei superiori di grado.

14) - Orbene, in ordine al precedente procedimento disciplinare, cui si riferiscono le reiterate richieste del deducente, il medesimo ha presentato ben 8 richieste di informazioni o chiarimenti.

15) - Pertanto, l’intenso inoltro di missive, concentrato in un arco temporale circoscritto, si è sostanzialmente tradotto in una condotta complessivamente invadente, rivolta ad un superiore gerarchico (il colonnello -OMISSIS-), con conseguente violazione dei doveri inerenti al rapporto di subordinazione ex art. 12 del d.p.r. n. 545/1986.

Il resto leggetelo qui sotto.
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16/06/2014 201401045 Sentenza 1


N. 01045/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01269/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1269 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. G. S., con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via F. Fontana, n. 33;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, e domiciliato per legge presso la stessa in Firenze, via degli Arazzieri n. 4;

per l'annullamento
della sanzione disciplinare del rimprovero inflitta in data 27 gennaio 2010;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente presta servizio presso il -OMISSIS-.

In data 7.9.2009 il colonnello -OMISSIS- ha comunicato l’avvio di un procedimento disciplinare, sull’assunto che il ricorrente non avesse comunicato la pendenza, a suo carico, di un procedimento penale presso il -OMISSIS-.

L’interessato, con nota dell’8.9.2009 (documento n. 11 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato), ha chiesto al colonnello di specificare le circostanze del fatto contestato.

Quest’ultimo ha risposto con missiva datata 8.9.2009 (documento n. 12).

Il ricorrente, con lettera datata 11.9.2009, ha chiesto di specificare chi avesse rilevato l’infrazione.

Il colonnello -OMISSIS-, con nota del 15.9.2009, ha fornito risposta, e, con lettera notificata il 9.11.2009, da un lato ha comunicato l’avvenuta chiusura, senza sanzione, del procedimento disciplinare, stante la testimonianza del generale -OMISSIS-, il quale aveva dichiarato di essere stato a suo tempo informato dall’interessato circa la pendenza del suddetto procedimento penale, e dall’altro lato ha invitato il ricorrente a fornire in futuro sollecite informazioni scritte sull’andamento del processo (documento n. 6 prodotto contestualmente al gravame).

Con missiva del 12.11.2009 indirizzata a quest’ultimo, il deducente ha riassunto il contenuto delle proprie lettere datate 11.9.2009, 23.9.2009, 3.10.2009, 8.10.2009, 15.10.2009, 3.11.2009, 5.11.2009, 6.11.2009 (documento n. 13).

Con lettera del 10.11.2009 l’interessato, preso atto dell’avvenuta chiusura del procedimento disciplinare, ha chiesto al colonnello -OMISSIS- di fornire chiarimenti circa i quesiti precedentemente posti (documento n. 13).

Con nota del 4.12.2009 quest’ultimo ha replicato alle richieste di chiarimenti del ricorrente (documento n. 14).

Con lettera del 10.12.2009 (acquisita al protocollo in data 7.1.2010), l’istante ha insistito nelle richieste di chiarimenti, non ritenendosi soddisfatto della risposta da ultimo fornitagli (documento n. 18).

Il colonnello -OMISSIS-, con nota del 13.1.2010, precisato di avere già risposto alle domande del deducente e ritenuto che la riproposizione dei quesiti fosse ingiustificata (stante la disposta chiusura del procedimento disciplinare) e causa di rallentamento del lavoro dell’ufficio del -OMISSIS-, ha comunicato l’avvio di un nuovo procedimento disciplinare (documento n. 19).

Con provvedimento del 27.1.2010, notificato lo stesso giorno, è stata quindi comminata al ricorrente la sanzione disciplinare del rimprovero (documento n. 21).

Tale atto è stato impugnato, in data 28.1.2010, con ricorso gerarchico, sul quale l’Autorità adita non si è pronunciata entro il termine di 90 giorni previsto dall’art. 6 del d.p.r. n. 1199/1971.

Avverso l’atto stesso il ricorrente è insorto con l’impugnativa in epigrafe, deducendo:
1) Eccesso di potere per sviamento; violazione dei principi generali di determinatezza e tassatività in materia di illeciti disciplinari e sanzioni; violazione degli artt. 12 e 59 del regolamento di disciplina militare n. 545/1986; eccesso di potere per genericità ed indeterminatezza, per violazione e falsa applicazione di legge, difetto dei presupposti e travisamento dei fatti; difetto di motivazione.

2) Eccesso di potere per violazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa e per: sviamento dalla causa tipica, perplessità dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità e congruità della sanzione per mancata valutazione di elementi sostanziali; violazione degli artt. 60, 63 e 73 del d.p.r. n. 545/1986.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa.

All’udienza del 2 maggio 2014 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente deduce che l’impugnato provvedimento non si fonda su una reale infrazione disciplinare, non riconduce la violazione contestata ad una precisa fattispecie normativa, difetta di motivazione e si basa su un presupposto non veritiero (i chiarimenti forniti su sua richiesta).

Le doglianze non sono condivisibili.

La gravata determinazione fa riferimento alla reiterata formulazione, da parte dell’interessato, di uno stesso quesito riguardante questioni procedurali, già oggetto di risposta, e richiama l’art. 12, comma 1, lett. b, del Regolamento di disciplina militare (d.p.r. n. 545/1986).

La suddetta norma prescrive infatti l’osservanza dei doveri inerenti al rapporto di subordinazione nei confronti dei superiori di grado.

Inoltre, la formula del giuramento, prevista dall’art. 9 del citato d.p.r. n. 545/1986, sancisce tra l’altro l’obbligo di assolvere i compiti istituzionali con disciplina.

Orbene, in ordine al precedente procedimento disciplinare, cui si riferiscono le reiterate richieste del deducente, il medesimo ha presentato ben 8 richieste di informazioni o chiarimenti.

A tali istanze hanno fatto seguito, dopo la comunicazione di chiusura del procedimento disciplinare avviato nel settembre 2009, le missive di richiesta di chiarimenti datate 10.11.2009 (in quest’ultima l’interessato, pur dando atto dell’avvenuta comunicazione del procedimento disciplinare iniziato nel settembre 2009, insiste nella domanda di chiarimenti), 12.11.2009 (riepilogante il contenuto delle otto precedenti missive del settembre 2009, dell’ottobre 2009, del 3, 5 e 6 novembre 2009) e 10.12.2009.

In particolare, queste ultime tre lettere, come evidenziato nel gravato provvedimento sanzionatorio, non potevano trovare motivazione in ragioni di servizio, essendo riferite ad un procedimento disciplinare definitivamente concluso senza sanzione; inoltre, il colonnello -OMISSIS- ha risposto ai quesiti del ricorrente con note del 15.9.2009 e del 4.12.2009.

Pertanto, l’intenso inoltro di missive, concentrato in un arco temporale circoscritto, si è sostanzialmente tradotto in una condotta complessivamente invadente, rivolta ad un superiore gerarchico (il colonnello -OMISSIS-), con conseguente violazione dei doveri inerenti al rapporto di subordinazione ex art. 12 del d.p.r. n. 545/1986.

Rispetto a tale infrazione appare appropriata l’adozione del contestato provvedimento, considerato che il rimprovero costituisce sanzione non particolarmente grave ed esprime valutazioni di merito, insindacabili in sede di legittimità salvo il limite della manifesta abnormità, non ravvisabile nel caso di specie alla luce dei fatti contestati al deducente e della tenuità della misura afflittiva irrogata (TAR Lazio, Roma, I, 13.1.2010, n. 186).

Con il secondo motivo l’esponente lamenta l’omessa specificazione dei criteri che hanno presieduto all’applicazione della sanzione e la mancata considerazione degli eccellenti precedenti di servizio.

La censura è infondata.

I precedenti di servizio sono irrilevanti, ovvero non costituiscono ostacolo all’irrogazione di sanzioni disciplinari, tanto più se si tratta di sanzioni non particolarmente gravi come il rimprovero (TAR Lazio, Roma, I, 13.1.2010, n. 186).

Inoltre, sia l’atto di contestazione dell’addebito di cui alla nota del 13.1.2010 (documento n. 19), sia l’impugnato provvedimento puntualizzano, in modo chiaro e comprensibile, le ragioni in base alle quali la condotta dell’interessato è stata ritenuta costituire un’infrazione disciplinare sanzionabile con il rimprovero.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
OMISSIS.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 2 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Buonvino, Presidente
Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore
Alessandro Cacciari, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/06/2014
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Re: Provvedimenti Disciplinari

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sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero"
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Ecco alcuni tratti dell'argomento:

1) - Il comandante della Compagnia Carabinieri - notificava al Carabiniere - la sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero", con la seguente motivazione: "in servizio di pattuglia, quale autista, unitamente ad altro militare, durante un controllo ad autovettura, usava modi poco cortesi e non confacenti alla dignità e al decoro nei confronti della conducente, violando gli articoli 14 e 36 del regolamento di disciplina militare correlati, dall'articolo 57 del regolamento di disciplina militare, ai numeri 52 e 424 del regolamento generale per l'Arma dei carabinieri".

2) - Avverso tale provvedimento, il militare, presentava ricorso gerarchico, successivamente rigettato dal Comandante provinciale Carabinieri.

3) - In particolare, evidenzia che, durante un servizio perlustrativo, unitamente ad altro collega (rispettivamente in qualità di autista e di capo equipaggio), notava un'autovettura in sosta in zona vietata, che non consentiva il transito di altri mezzi. Dopo aver invitato la conducente del veicolo a liberare il passaggio, parcheggiando in modo regolare, quest'ultima ignorava l'invito, non manifestando alcuna collaborazione, e si rivolgeva, con fare arrogante, alle successive richieste tese alla sua generalizzazione, mostrando il proprio tesserino di riconoscimento di appartenente alle forze dell'ordine.

4) - Con riferimento specifico al comportamento tenuto dal ricorrente ed oggetto di sanzione, il Ministero ritiene di non ravvisare rilievi da un punto di vista disciplinare.

5) - Osserva, in particolare, che, dal rapporto redatto dal Comandante della compagnia carabinieri, emergono perplessità in ordine agli accertamenti effettuati dalla medesima autorità prima di contestare gli addebiti e, successivamente, infliggere la sanzione.

IL CONSIGLIO DI STATO in relazione al ricorso straordinario al PDR nell'ACCOGLIERLO scrive:

6) - Il comportamento dell'Amministrazione, che ha valutato disciplinarmente il contegno tenuto dal militare ricorrente è, a dir poco, contraddittorio e fuorviante, poiché appare invertire i valori da tutelare. In merito, è sufficiente citare un passo del ricorso straordinario, non smentito in atti, nel quale il ricorrente afferma che "durante la nostra permanenza in sede per verbalizzare, il Caposervizio riceveva una telefonata al cellulare da parte del Comandante di Stazione, il quale ci invitava a valutare la possibilità di non sanzionare la "poliziotta" senza nulla eccepire circa il nostro operato".

P.S.: leggete i punti sopra n. 3 e 6.

N.B.: complimenti ai colleghi per l'operato. Vi saluto.

Il resto leggetelo qui sotto per completezza della vicenda.
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07/08/2014 201202857 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 07/05/2014


Numero 02661/2014 e data 07/08/2014


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 7 maggio 2014

NUMERO AFFARE 02857/2012

OGGETTO:
Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Carabiniere -OMISSIS- per l'annullamento della sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero" e dell'atto con cui è stato rigettato il relativo ricorso gerarchico.

LA SEZIONE
Vista la relazione prot. n. M_DGMIL III 7^ 3^ -OMISSIS-, con la quale il Ministero della Difesa chiede il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;
Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Nicolò Pollari;

Premesso:
Il comandante della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS- notificava al Carabiniere -OMISSIS- la sanzione disciplinare di corpo del "rimprovero", con la seguente motivazione: "in servizio di pattuglia, quale autista, unitamente ad altro militare, durante un controllo ad autovettura, usava modi poco cortesi e non confacenti alla dignità e al decoro nei confronti della conducente, violando gli articoli 14 e 36 del regolamento di disciplina militare correlati, dall'articolo 57 del regolamento di disciplina militare, ai numeri 52 e 424 del regolamento generale per l'Arma dei carabinieri".

Avverso tale provvedimento, il militare, in data -OMISSIS-, presentava ricorso gerarchico, successivamente rigettato dal Comandante provinciale Carabinieri di -OMISSIS-, con determinazione notificata il -OMISSIS-.

Contro quest'ultimo provvedimento il Carabiniere proponeva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

In punto di fatto, il ricorrente descrive le vicende che hanno condotto alla impugnata contestazione. In particolare, evidenzia che, in -OMISSIS-, durante un servizio perlustrativo, unitamente ad altro collega (rispettivamente in qualità di autista e di capo equipaggio), notava un'autovettura in sosta in zona vietata, che non consentiva il transito di altri mezzi. Dopo aver invitato la conducente del veicolo a liberare il passaggio, parcheggiando in modo regolare, quest'ultima ignorava l'invito, non manifestando alcuna collaborazione, e si rivolgeva, con fare arrogante, alle successive richieste tese alla sua generalizzazione, mostrando il proprio tesserino di riconoscimento di appartenente alle forze dell'ordine. Nelle successive operazioni il ricorrente constatava che il documento di guida era scaduto di validità. La conducente, che continuava a mostrare resistenze, peraltro, apostrofando gli stessi come "incompetenti", veniva invitata in Caserma per gli accertamenti di rito, che si concludevano con la denuncia, da parte della stessa, dello smarrimento del tagliando di rinnovo. In quella sede, le venivano contestate tre violazioni al codice della strada, di cui due commesse nell'effettuare il tragitto per raggiungere la caserma stessa.

Successivamente, la stessa ha presentato le proprie rimostranze al comandante della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-, affermando che i militari si sarebbero comportati in modo scortese e provocatorio, nonostante la stessa, in quelle circostanze, fosse in difficoltà poiché occupata a controllare una figlia da poco scesa dall'autovettura e l'altra, di quattordici mesi, che era in procinto di allattare.

Veniva, conseguentemente, avviato il procedimento disciplinare conclusosi con la sanzione del "rimprovero".

Il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto: il difetto di motivazione del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico; l'eccesso di potere per l'assenza di infrazione disciplinare, mancanza di istruttoria e contraddittorietà; la violazione e falsa applicazione dell'art. 15 della Legge n. 382/1978 per non aver, l'autorità responsabile, valutato le memorie difensive formulate nel corso del procedimento disciplinare; la violazione e falsa applicazione dell'art. 6, comma 2, del D.M. n. 690/1996, dal momento che sono stati concessi solo dieci giorni di tempo per controdedurre; la violazione e falsa applicazione dell'art. 58 del regolamento di disciplina militare; la violazione e falsa applicazione dell' art. 59 del regolamento di disciplina militare per carenza di istruttoria, in quanto l'amministrazione non avrebbe sentito le testimonianze dei militari presenti in caserma.

Il ricorrente lamenta, inoltre, che, nel provvedimento con il quale Comandante provinciale Carabinieri di -OMISSIS- ha rigettato il ricorso gerarchico, l'organo decidente avrebbe omesso di esaminare le doglianze sollevate e di indicare i motivi per cui le stesse non potevano essere oggetto di favorevole scrutinio.

Il Ministero riferente ritiene condivisibile tale ultimo rilievo, "in quanto nel provvedimento reiettivo de quo, oltre al generico riferimento all'esame disciplinare ed alle norme presumibilmente violate, non si rilevano ulteriori elementi chiarificatori. L'indicazione, in via alternativa, della disposizione violata ovvero la descrizione della negligenza commessa ex art. 59, comma 5, del regolamento di disciplina militare (allora vigente), avrebbero costituito motivazione sufficiente solo ove inserite nel corpo della sanzione medesima; al contrario, con la determinazione in esame, il Comandante provinciale Carabinieri di -OMISSIS- avrebbe dovuto spiegare e, seppur in maniera stringata, argomentare le ragioni per cui, in relazione alle violazioni precedentemente riscontrate e già oggetto di reprimenda, l'Amministrazione aveva scelto di confermare quanto disposto in precedenza. Il provvedimento emesso, pertanto, appare scarno, innanzi tutto, sul piano dei presupposti di fatto, dal momento che le risultanze acquisite dall'autorità competente non erano idonee a supportare il giudizio disciplinare. Sul versante delle ragioni giuridiche, poi, la mera elencazione degli articoli del regolamento di disciplina militare che, tra l'altro, avevano già costituito la base per infliggere l'impugnata sanzione, non fornisce delucidazioni precise in merito all'iter logico seguito".

Con riferimento specifico al comportamento tenuto dal ricorrente ed oggetto di sanzione, il Ministero ritiene di non ravvisare rilievi da un punto di vista disciplinare.

Osserva, in particolare, che, dal rapporto redatto dal Comandante della compagnia carabinieri di -OMISSIS-, emergono perplessità in ordine agli accertamenti effettuati dalla medesima autorità prima di contestare gli addebiti e, successivamente, infliggere la sanzione. In particolare, il predetto organo, nell'esplicitare i motivi che lo hanno indotto ad avviare il procedimento disciplinare, afferma che la condotta assunta dal ricorrente aveva alimentato "impressioni e valutazioni negative circa la rettitudine dei militari nell'intera vicenda", senza, tuttavia, spiegare quali concrete verifiche abbia posto in essere per accertare la dinamica dei fatti e la veridicità della ricostruzione proposta dal ricorrente.

Appare ancor più netta la presa di posizione del Ministero, rispetto a quanto motivato dal Comandante di compagnia, nella parte in cui afferma che "l'intento dell'odierno ricorrente (unitamente al collega), infatti, era quello di procedere ai controlli di rito con le stesse modalità ed il medesimo scrupolo utilizzato con qualsivoglia cittadino e non si capisce sotto quale profilo tale condotta possa essere stata ritenuta deprecabile; era effettivamente in possesso di un documento privo dell'apposito tagliando comprovante il rinnovo. Il comportamento assunto dal militare in oggetto, pertanto, non sembra contraddistinto da alcun profilo di illegittimità anzi il ricorrente ha adempiuto, nel miglior modo possibile ai compiti di vigilanza a lui affidati, curando in maniera coscienziosa l'osservanza della normativa vigente in materia di polizia stradale".

Considerato:

Il ricorso è in effetti fondato.

Il Collegio non ignora l’orientamento giurisprudenziale in virtù del quale le valutazioni del comportamento dei dipendenti sotto il profilo disciplinare sono sindacabili esclusivamente per travisamento dei fatti o gravi illogicità. Sono, infatti, numerosissimi i pronunciamenti (ex plurimis Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 febbraio 2008, n. 512; Sez. IV, 16 giugno 2008, n. 2984; 31 maggio 2007, n. 2830 e 18 dicembre 2006, n. 7615) che hanno ribadito come, in tale ambito, il potere di sindacato del giudice amministrativo sull’operato dell'Amministrazione non possa impingere in valutazioni connotate da ampia discrezionalità.
Questa stessa giurisprudenza, tuttavia, ha ammesso la declaratoria di illegittimità dei provvedimenti disciplinari contestati quando, nella formulazione del proprio giudizio posto a base dei medesimi provvedimenti impugnati, l'Autorità sanzionatrice non abbia tenuto conto della sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulle proprie valutazioni. E proprio il caso di specie presenta alcune significative peculiarità, che, segnatamente, inducono a ritenere viziata la fase istruttoria del procedimento.

I circostanziati accadimenti esposti dal ricorrente, in sede disciplinare, paiono essere completamente obliterati nella motivazione dei provvedimenti gravati, al punto da far emergere significativi profili di illegittimità nell’operato dell’Amministrazione resistente.

La determinazione impugnata non è, infatti, sostenuta da accertamenti tesi a riscontrare la ricostruzione dei fatti fornita dall'inquisito (ad esempio, previa audizione dei testimoni appositamente indicati dal ricorrente nelle proprie giustificazioni), mentre appare basarsi su mere considerazioni soggettive, volte a smentire la versione rilasciata dal militare, peraltro, affidandosi alle sole dichiarazioni della conducente, la quale, peraltro, non nega di essersi fermata in zona vietata, né di aver mostrato il proprio tesserino alla richiesta di esibire la patente di guida.

Il comportamento dell'Amministrazione, che ha valutato disciplinarmente il contegno tenuto dal militare ricorrente è, a dir poco, contraddittorio e fuorviante, poiché appare invertire i valori da tutelare. In merito, è sufficiente citare un passo del ricorso straordinario, non smentito in atti, nel quale il ricorrente afferma che "durante la nostra permanenza in sede per verbalizzare, il Caposervizio riceveva una telefonata al cellulare da parte del Comandante di Stazione, il quale ci invitava a valutare la possibilità di non sanzionare la "poliziotta" senza nulla eccepire circa il nostro operato". Il Collegio ritiene che quanto esposto dal ricorrente (ove opportunamente riscontrato) appare addirittura più significativo rispetto a quanto ad egli sommariamente addebitato senza idonei supporti probatori, su cui poter legittimamente fondare la pretesa sanzionatoria del superiore gerarchico.

P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente e degli altri soggetti coinvolti, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Nicolo' Pollari Gerardo Mastrandrea




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
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