procedimento disciplinare dopo riforma e pensione

Feed - AERONAUTICA

andrea666
Appassionato
Appassionato
Messaggi: 69
Iscritto il: lun set 17, 2012 12:32 pm

Re: procedimento disciplinare dopo riforma e pensione

Messaggio da andrea666 »

skywalker ha scritto: ven feb 15, 2019 10:36 pm Salve. Se al momento del tuo congedo per malattia, suppongo, avevi comunque maturato il diritto a pensione per anzianità contributiva,possono anche sanzionarti disciplinarmente ma con nessun effettoi economico. Se invece non avevi, all'epoca della riforma, diritto a pensione per anzianità contributiva, potrebbero revocarti la pensione dalla data del congedo, pensione che poi tornerà a decorrere al raggiungimento dei limiti di età, a meno che tu non scelga di colmare la differenza contributiva con dei versamenti volontari. L'amministrazione ha sempre interesse ad instaurare un procedimento disciplinare, fosse anche solamente per rompere i "cabbasisi" alla gente! Purtroppo il Governo a guida PD ha emanato quel fantastico TUOM che riporta indietro al Medioevo la situazione dei militari! Auguri!
Il punto qui non è questo, si parla chiaramente di personale che al momento dell'inabilità non ha maturato anni-anzianità contributiva o età prevista per pensionamento, fermo restando la possibilità di colmare con versamenti contributi volontari. Il caso è molto particolare e specifico, L'amm.ne in questi casi instaura procedimento disciplinare, anche questo è assodato e sicuro come dici.


andrea666
Appassionato
Appassionato
Messaggi: 69
Iscritto il: lun set 17, 2012 12:32 pm

Re: procedimento disciplinare dopo riforma e pensione

Messaggio da andrea666 »

naturopata ha scritto: sab feb 16, 2019 8:38 am
andrea666 ha scritto: dom feb 10, 2019 6:08 pm
naturopata ha scritto: lun nov 05, 2018 3:13 pm
Grazie.... @naturopata .. dunque questo ricorso è stato respinto, ho visto altre sentenze di @Panorama anzi 1 di sicuro dell appartenente P.S. che in Calabria Corte dei Conti ha avuto buon esito.

ci sono poi C.C G.d.F. diverse sentenze a favore in casi analoghi,
Sarebbe davvero importante vedere che è successo nell'eventuale Appello delle varie Sentenze.
Infatti noi attendiamo l'appello che credo il collega avrà certamente esperito. C'è da dire che il giudice che ha dato parere sfavorevole sia l'unico in tale materia, ma è solito dire sempre no (vedi moltiplicatore (motivazione che però è stata presa a base per il rigetto in appello che verrà esteso a tutti), art.54, 17 mesi e 29 giorni, p.p.o., etc.). Ciò posto e rimanga tra noi, questa volta io condivido l'orientamento negativo, difatti adesso è previsto per legge la continuazione della sospensione oltre i 5 anni che prima invece obbligava al reintegro, quindi chi riusciva ad allungare i tempi veniva riammesso e poter avere diritto alla pensione e chi invece aveva condanna definitiva entro i 5 anni non aver diritto alla pensione per infermità come l'altro.
Grazie ancora, se hai sentenze di appello, su casi analoghi .... . c'è anche ad esempio qui sul forum il caso di "donatino" dei C.C. che ha postato la sua sentenza d'appello, la sentenza qua sopra ricalca in effetti l'esatto caso in questione, Ho notato fra l'altro che riguardo la PdS c'è ancora più incertezza. Rimane quella sentenza del Corte conti Calabria, che non so se è stata appellata.
Una discriminante importante, anzi fondamentale sembra essere che il procedimento disciplinare non deve essere aperto (benchè eventualmente sospeso) al momento della cessazione per inabilità...
naturopata
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 1767
Iscritto il: ven mag 19, 2017 3:24 pm

Re: procedimento disciplinare dopo riforma e pensione

Messaggio da naturopata »

Allego proprio l'appello sulla sentenza della Lombardia precedentemente postata la n.80/2017. L'appello è stato accolto, quindi l'orientamento continua ad essere univoco e costituzionalmente orientato.

Sezione: PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO
Esito: SENTENZA
Numero: 379
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 03/10/2018
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 379/2018
CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO
Composta dai seguenti magistrati:
Dott. Enzo Rotolo Presidente
Dott.ssa Emma Rosati Consigliere
Dott. Antonio Ciaramella Consigliere relatore
Dott.ssa Tomassini Elena Consigliere
Dott.ssa Giuseppina Mignemi Consigliere
Ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico di appello, in materia di pensioni civili, iscritto al n.
52585 del registro di Segreteria, proposto da C. V. rappresentato e difeso
dall’avv. Giampiero Chiodo, elettivamente domiciliato presso il proprio studio,
sito in Roma via Bruno Buozzi n. 59;
avverso la sentenza n. XX/XXXX depositata in data XX maggio XXXX della
sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lombardia;
e nei confronti:
del Ministero dell’Interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, direzione
centrale per le risorse umane, servizio di trattamento di pensione e
previdenza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avvocatura generale dello Stato, domicilato presso la sede di quest’ultima
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
dell’INPS in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e
difeso dagli avv.ti Clementina Pulli, Emanuela Capannolo, Manuela Massa,
Nicola Valente, con elezione di domicilio presso l’Avvocatura centrale INPS,
via Cesare Beccaria, 29;
Uditi, nella pubblica udienza del 13 marzo 2018 il consigliere relatore dott.
Antonio Ciaramella, l’avv. Stefano Giorgio, su delega dell’avv. Giampiero
Chiodo, per l’appellante, la dott.ssa Filomena Giannetti, su delega del dott.
Sergio Wretschko, per il Ministero dell’Interno, l’avv. Lidia Carcavallo su
delega dell’avv. Manuela Massa per l’Inps.
Premesso in
FATTO
Il signor C. V., già dipendente del Ministero dell’interno-polizia di Stato, ha
proposto ricorso presso il giudice unico delle pensioni della sezione
giurisdizionale per la Lombardia, avverso il provvedimento disposto dall’Inps
in data 25 luglio 2016 di revoca del trattamento pensionistico di inabilità in
godimento con decorrenza dalla cessazione dall’impiego, per sopravvenuta
insussistenza dei requisiti anagrafico-contributivi per il diritto a tale pensione.
Ciò a seguito della irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione
inflittagli il 18 luglio 2014 in conseguenza di un procedimento penale
conclusosi, in via definitiva, con la condanna del ricorrente con sentenza
emessa dalla Corte di appello di Milano passata in giudicato in data 28
ottobre 2013. Il procedimento disciplinare era iniziato successivamente alla
conclusione del processo penale ed il provvedimento sanzionatorio veniva
fatto decorrere dall’amministrazione dal 24 novembre 2007, data della
sospensione cautelare dal servizio del ricorrente. In conseguenza di ciò, l’Inps
ha revocato il provvedimento di concessione della pensione del 2012
ritenendo che alla data di decorrenza del provvedimento di destituzione,
coincidente con la data di sospensione dal servizio, cioè dal 24 novembre
2007, il ricorrente non aveva maturato i requisiti anagrafico contributivi per il
diritto a pensione di inabilità.
Il primo giudice ha respinto il ricorso.
Avverso la decisione del primo giudice il signor C. ha proposto appello per i
seguenti motivi:
nullità della sentenza per motivazione errata e contraddittoria nella parte in
cui ritiene legittima la revoca del trattamento pensionistico sulla base della
presunta mancata maturazione dei requisiti per conseguirlo;
nullità della sentenza per motivazione insufficiente ed apparente nella parte in
cui avrebbe omesso di considerare come il provvedimento di revoca della
pensione fosse stato esercitato in assoluto difetto di attribuzione, considerato
che l’ordinamento della polizia di Stato non consentirebbe alla sanzione della
destituzione, successivamente inflitta, di poter far caducare il trattamento
previdenziale connesso ad un provvedimento di cessazione dal servizio del
dipendente precedentemente disposto. In proposito, l’appellante evidenzia
come il primo giudice avrebbe erroneamente applicato per analogia
disposizioni specifiche valevoli solo per Corpi militari, come l’Arma dei
carabinieri e la Guardia di Finanza, i cui rispettivi ordinamenti, a differenza
della polizia di Stato, stabiliscono che nell’ipotesi in cui il procedimento
disciplinare a carico di un militare si concluda con una sanzione di rimozione
dal grado questa novi il titolo del provvedimento di cessazione dal servizio
precedentemente disposto;
nullità della sentenza per motivazione insufficiente ed apparente, dal
momento che il primo giudice avrebbe omesso di considerare come in nessun
caso il proprio trattamento previdenziale avrebbe potuto essere revocato, dal
momento che quando è stata disposta la cessazione dal servizio non era in
atto un procedimento disciplinare nei propri confronti, attivato solo dopo la
condanna definitiva. Richiama in proposito giurisprudenza conforme delle
sezioni centrali di questa Corte e richiede sulle somme spettanti anche gli
accessori di legge.
Si è costituito l’Inps evidenziando come secondo la prevalente giurisprudenza
contabile i provvedimenti di perdita del grado per rimozione, dovuta a motivi
disciplinari, operano anche nei confronti di coloro che siano cessati dal
servizio per inabilità con diritto a pensione, dal momento che il sopravvenire
della sanzione disciplinare della destituzione travolgerebbe il precedente titolo
giuridico del trattamento di quiescenza. Inoltre, l’Istituto previdenziale
evidenzia come il procedimento disciplinare si è potuto attivare solo
successivamente alla definizione del giudizio penale, dal momento che il
regolamento di disciplina degli appartenenti alla polizia di Stato prevede che il
procedimento disciplinare deve essere sospeso fino alla definizione del
procedimento penale con sentenza passata in giudicato.
Si è costituito il Ministero dell’Interno che ha chiesto il rigetto dell’appello.
L’appellante ha replicato, con memoria scritta, alle considerazioni dell’Inps
rappresentando anche la sussistenza di una giurisprudenza contabile
favorevole alle proprie tesi.
All’odierna pubblica udienza, le parti hanno illustrato e ribadito le
argomentazioni di cui agli atti scritti.
Considerato in
D I R I T T O
L’appello è fondato e va, conseguentemente, accolto.
Infatti, il primo giudice ha respinto il ricorso dell’appellante, giustificando
l’applicazione retroattiva, gli effetti pensionistici, del provvedimento di
destituzione cui quest’ultimo è stato destinatario, facendo applicazione, in via
analogica, di specifiche norme valevoli per gli appartenenti a Corpi
giuridicamente qualificabili come militari
(in particolare, dell’articolo 26 della
legge n. 833/1961, riguardante gli appartenenti al Corpo della Guardia di
Finanza e l’articolo 37 della legge n. 599/1954, ora articolo 923, comma V, del
decreto legislativo n. 66/2010, riguardante gli appartenenti all’Arma dei
Carabinieri ed alle altre Forze armate).
Ora, tali previsioni sono proprie ed esclusive di Corpi militari e non possono
applicarsi analogicamente ad appartenenti alla polizia di Stato che, come
noto, con la legge n. 121/1981 è stata demilitarizzata (si veda l’articolo 3 di
tale legge che qualifica come “civile” l’amministrazione della pubblica
sicurezza, seppure con ordinamento speciale). Occorre segnalare, in
proposito, come il Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 1279/2017 ha
evidenziato come, anche nell’ambito della stessa categoria dei Corpi militari,
la specifica disciplina riguardante uno degli stessi non può essere
automaticamente estesa ad altro.
D’altra parte, nell’ordinamento della polizia di Stato, manca una previsione
che contempli la caducazione del trattamento pensionistico degli appartenenti
alla stessa per effetto di una sanzione disciplinare, inflitta successivamente
alla cessazione dal servizio.
Inoltre, sempre con riguardo agli appartenenti alla polizia di Stato, l’articolo 8,
comma II, del d.p.r. n. 737/1981, rinvia alla legislazione statale in materia
pensionistica, cioè a quella valevole per i dipendenti civili e militari dello Stato.
Pertanto, al caso in esame, è pienamente applicabile l’articolo 191 del d.p.r.
n. 1092/1973 che fa decorrere la pensione dalla data della cessazione dal
servizio del dipendente pubblico, stabilita nel relativo provvedimento. Nel
caso di specie, tale decorrenza è stata stabilita, con provvedimento dell’Inps
del 28 maggio 2013, dalla data del 2 dicembre 2012. Tale provvedimento è
stato, per quanto detto, poi, illegittimamente revocato dall’Inps con
provvedimento del 25 luglio 2016.
Pertanto, l’appello va accolto, con conseguente riconoscimento del diritto
dell’appellante a percepire il trattamento pensionistico spettante a decorrere
dal 2 dicembre 2012, con il ripristino dell’erogazione dei ratei di pensione e la
restituzione di quelli recuperati. Sulle somme dovute dall’amministrazione
spettano, ai sensi dell’articolo 429, comma III, del cpc e sulla scorta della
consolidata giurisprudenza contabile (si vedano ad es. le sentenze nn. 357
del 2017 della I sezione giurisdizionale centrale e 151/2018 della II sezione
giurisdizionale centrale) all’appellante gli interessi nella misura legale, nonché
- ove eventualmente eccedente la misura degli interessi legali e per l’importo
differenziale, calcolato anno per anno, rispetto all’ammontare degli interessi
stessi - la rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat, dalla scadenza dei
singoli ratei pensionistici non corrisposti fino all’effettivo soddisfo.
In virtù del principio della soccombenza, restano a carico dell’Inps e del
Ministero dell’Interno le spese di difesa sostenute dall’appellante che si
liquidano come in dispositivo.
Nulla per le spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale- definitivamente
pronunciando,
- Accoglie l'appello del sig. C. V. avverso la sentenza indicata in epigrafe.
-Condanna l’Inps ed il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di
difesa in favore dell’appellante che si liquidano in euro 1000,00( mille/00) a
carico dell’Inps ed in euro 500,00( cinquecento/00) a carico del Ministero
dell’Interno.
- Nulla per le spese di giudizio.
- Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 13 marzo 2018. .
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Antonio Ciaramella f.to Enzo Rotolo
Depositato in Segreteria il 3.0tt.2018
IL DIRIGENTE
(f.to Daniela D’Amaro)
andrea666
Appassionato
Appassionato
Messaggi: 69
Iscritto il: lun set 17, 2012 12:32 pm

Re: procedimento disciplinare dopo riforma e pensione

Messaggio da andrea666 »

@naturopata
Non voglio ripetermi ma grazie.. ok questo mette anche PDS e polPeni alla stregua di C.c. GDF e militari in genere, chiaro che devono combaciare tutti gli elementi già detti; ovvero costanza di servizio , procedimento disciplinare non ancora aperto , e sentenza definitiva che a posteriori comunque non deve prevedere la perdita posto di lavoro .
Rispondi