Procedimento disciplinare di stato

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Leonardo1056
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da Leonardo1056 »

Ciao naturapata mi stai confermando che il tuo obi preferito e solo pubblicare sentenze negative.
Questa non c'entra nulla con la mia in quando io non sono stato mai sospeso dal servizio e il procedimento disciplinare e iniziato dopo che sono stato riformato.
Quindi nel io caso era un mio diritto e basta non ho voglia di prolungarmi di più.


naturopata
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da naturopata »

Leonardo1056 ha scritto: lun nov 02, 2020 6:26 pm Ciao naturapata mi stai confermando che il tuo obi preferito e solo pubblicare sentenze negative.
Questa non c'entra nulla con la mia in quando io non sono stato mai sospeso dal servizio e il procedimento disciplinare e iniziato dopo che sono stato riformato.

Chi ha aperto questo post chiede questo:

Buongiorno a tutti gli amici del forum,
sono un M.C. della G. di F. in congedo assoluto e chiedo un parere circa la mia situazione:
in data 27.05.2016 sono stato precauzionalmente sospeso dal servizio in quanto ero indagato per induzione indebita art. 319 quater

Visto che tu stai dando informazioni sbagliate ad un utente, in situazione diversa dalla tua, io faccio quello per cui questo forum è stato creato.


Quindi nel io caso era un mio diritto e basta non ho voglia di prolungarmi di più.

In caso di mancata sospensione avresti ragione, ma qui la questione del collega è diversa.

Ma alla fine, la pensione ti è stata ripristinata, la tua sentenza è del luglio 2019 n.5370/2019?
Leonardo1056
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da Leonardo1056 »

Ciao naturapata io non ho dato consigli sbagliati ho messo a disposizione dei colleghi la mia esperienza positiva.
Non ho dato nessun consiglio agli utenti sbagliato e non pubblico sentenze negative come fai tu.
Invece pubblica qualche sentenza positiva così dai speranza e fiducia ai colleghi.
Non mi vorrei sbagliare ma penso che sei una persona presuntuosa.
Con questo chiudo.
salvo704
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da salvo704 »

Buongiorno Naturopata e Leo la situazione è che la sospensione precauzionale mi è stata revocata a tutti gli effetti quindi ex tunc ai sensi dell art. 918 comma 1. Non avevo alcun procedimento disciplinare al momento del congedo per riforma e il procedimento penale si è concluso con assoluzione perchè il fatto non sussiste. Tanto è vero che il Cian ha proceduto alla ricostruzione di carriera e alla liquidazione di quanto dovuto. La sospensione è come mai esistita. Per il procedimento disciplinare stanno solo facendo gravi abusi di persecuzione che verranno valutate nelle opportune sedi giudiziarie e amministrativi. Non possono fare quello che vogliono è ora di finirla.
salvo704
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da salvo704 »

L'art. 867 D.Lgs. 15 marzo 2010 n. 66(oggi in vigore ) richiama anche l'eventuale sospensione e, nel contempo, inserisce il fatto che il procedimento, penale o disciplinare che sia, deve essere "pendente" alla data di cessazione;a questo proposito si dev tener presente che nel penale il "pendente" si ha solo con il rinvio a giudizio e non anche con la notifica conclusione indagini.
Sembra che il riferimento sia, distintamente, ad un p.p. che si conclude con la rimozione per sentenza e ad un p. disciplinare che si conclude con la rimozione.
A questo punto sembra subentrare l'esistenza o meno della sospensione precauzionale la quale dovrebbe essere l'ago della bilancia per l'operatività della retroattività facendo intendere che in assenza della stessa la decorrenza del provvedimento debba essere quella della decisione della sentenza penale definitiva o del procedimento disciplinare quindi non collegate alla data di cessazione del servizio.
Io sono stato riviato a giudizio dopo la cessazione dal servizio per riforma. Ho cessato il servizio il 22 settembre 2016 e il rinvio a giudizio è avvenuto il 12 ottobre 2016.
Leonardo1056
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da Leonardo1056 »

Ciao salvo sono contento per te.
Adesso sei in una botte di ferro , quando finisce tutto pubblica la tua esperienza così incoraggia gli altri colleghi in difficoltà un abbraccio.
naturopata
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da naturopata »

Leonardo1056 ha scritto: mar nov 03, 2020 3:11 pm Ciao naturapata io non ho dato consigli sbagliati ho messo a disposizione dei colleghi la mia esperienza positiva.
Non ho dato nessun consiglio agli utenti sbagliato e non pubblico sentenze negative come fai tu.
Invece pubblica qualche sentenza positiva così dai speranza e fiducia ai colleghi.

Non esistono (magari puoi farlo tu). Ma pubblicherò la tua (cosa che tu non hai fatto) che ho già inserito da qualche altra parte.

Non mi vorrei sbagliare ma penso che sei una persona presuntuosa.

So il fatto mio, comunque non hai ancora risposto se la tua pensione è stata ripristinata o mai sospesa, anche per dare coraggio agli altri colleghi. Ripeto tu hai atteso un decennio per un ricorso che se avessi proposto alla Corte dei Conti sarebbe stato definito in poco tempo, in quanto orientamento univoco per chi non è stato mai sospeso precauzionalmente, invece tu sei andato al TAR rischiando molto (tant'è che in primo grado hai perso). .


Pubblicato il 30/07/2019
N. 05370/2019REG.PROV.COLL.

N. 01320/2011 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1320 del 2011, proposto dal Signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Mario Riccio, con domicilio eletto presso lo studio Gigliola Mazza Ricci in Roma, via di Pietralata 320;


contro

Ministero del’'Economia e delle Finanze, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;


nei confronti

Inpdap - Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell'Amministrazione non costituito in giudizio;


per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 28271/2010, resa tra le parti, concernente PERDITA DEL GRADO DI VICE BRIGADIERE DEL CORPO DELLA GUARDIA DI FINANZA PER RIMOZIONE



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2019 il Cons. Fulvio Rocco e udito per l’appellante l’avvocato Alessandro Barretto su delega dell’avvocato Mario Riccio, nonché l’avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

.1.1 .L’attuale appellante, Sig. -OMISSIS-, espone di aver prestato servizio nel grado di Vice Brigadiere presso il Comando Regionale Emilia Romagna del Corpo della Guardia di Finanza dal 27 aprile 1976 al 23 agosto 2000, data – quest’ultima – nella quale egli è stato collocato in congedo assoluto per infermità con determinazione del Comandante Generale della Guardia di Finanza n. 137732 dd. 19 settembre 2001, previo accertamento effettuato in data 22 agosto 2000 dalla Commissione medico-ospedaliera di Bologna in esito ad un lungo periodo assenza dal servizio per infermità iniziato dal 14 aprile 1999.

L’anzidetta determinazione del Comandante Generale del Corpo è stata registrata al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – Ufficio Centrale presso il Ministero delle Finanze al n. 313 dd. 10 ottobre 2001.

1.2. Con sentenza dd. 23 gennaio 2001, divenuta irrevocabile in data 9 aprile 2001, il medesimo -OMISSIS- – già collocato in congedo assoluto – è stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 10 di reclusione, con beneficio della sospensione condizionale, in ordine al reato di cui all’art. 317 c.p. (concussione) per aver indotto la gestrice di un impianto di distribuzione di carburante a corrispondergli la somma di Lire 200.000.- (pari ad € 103,29.-) al fine di evitare a suo carico la stesura di un verbale di contravvenzione.

In ordine a tale condanna passata in giudicato il Comandante Regionale dell’Emilia Romagna ha disposto con foglio n. 21712/P dd. 24 maggio 2001 l’apertura di un’inchiesta formale nei confronti del -OMISSIS-, formulando i relativi addebiti.

Con successivo foglio n. 26451/P dd. 24 maggio 2001 il medesimo Comandante Regionale ha rettificato gli addebiti precedentemente formulati.

In data 28 settembre 2001 la Commissione di disciplina si è determinata nel senso della non meritevolezza del -OMISSIS- a conservare il grado e, in conseguenza di ciò, con determinazione n. 40241 dd. 19 dicembre 2001, notificata all’interessato in data 16 gennaio 2002, il Comandante Generale della Guardia di Finanza ha disposto nei confronti del medesimo -OMISSIS-, a’ sensi dell’allora vigente art. 60 della l. 31 luglio 1954 n. 599, la perdita del grado per rimozione con messa a disposizione dello stesso al competente Distretto Militare quale soldato semplice con decorrenza 23 agosto 2000.

Per effetto di tale provvedimento è stata pertanto modificata nei confronti del -OMISSIS- la causa di cessazione dal servizio: non più per malattia ma – per l’appunto – per rimozione dal grado.

1.3. Con ricorso proposto sub R.G. 3076 del 2002 proposto innanzi al T.A.R. per il Lazio il -OMISSIS- ha pertanto chiesto l’annullamento dei seguenti provvedimenti:

a) della predetta determinazione del Comandante Generale della Guardia di Finanza n. 40241 dd. 19 dicembre 2001 recante con decorrenza 23 agosto 2000 la propria modifica della causa di cessazione dal servizio;

b) del predetto foglio n. 26451/P dd. 24 maggio 2001 – asseritamente a lui ignoto nel suo contenuto – con il quale il Comandante Regionale dell’Emilia Romagna della Guardia di Finanza ha provveduto a rettificare gli addebiti precedentemente formulati nei suoi confronti;

c) della comunicazione del Comando del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria di Modena n. 4276/P dd. 24 luglio 2001, con la quale egli era stato reso edotto dell’intervenuta apertura di un’inchiesta disciplinare nei suoi confronti ed invitato a prendere visione degli atti già acquisiti;

d) della comunicazione del Comando Provinciale di Parma della Guardia di Finanza n. 14482/P dd. 5 settembre 2001 con la quale egli è stato reso edotto della data di riunione della Commissione di disciplina che avrebbe trattato il suo procedimento, con contestuale invito a farsi assistere da un ufficiale in servizio di sua scelta ovvero, in difetto, da un difensore nominato d’ufficio;

e) della pronuncia di non meritevolezza alla conservazione del grado emessa in data 28 settembre 2001, a lui asseritamente ignota nel contenuto;

f) di ogni altro atto presupposto o conseguente.

Con susseguenti motivi aggiunti di ricorso il -OMISSIS- ha pure chiesto l’annullamento dei seguenti, ulteriori atti:

g) della nota Prot. n. 20496/A10 dd. 9 aprile 2002, a lui resa nota in data 15 aprile 2002, con la quale il Comando Regionale Emilia Romagna della Guardia di Finanza – Ufficio Amministrazione Sezione Conti e Cassa ha comunicato all’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche (INPDAP) la sospensione del trattamento di quiescenza disposta nei suoi confronti:

h) del conseguente provvedimento dell’INPDAP di sospensione del trattamento di pensione nei suoi confronti a far data dall’1 giugno 2002;

i) del processo verbale dd. 28 settembre 2002 della seduta della Commissione di disciplina relativa al proprio procedimento disciplinare, da lui conosciuto in data 8 aprile 2002.

Il -OMISSIS- ha complessivamente dedotto in tale primo grado di giudizio i seguenti ordini di censure:

1) carenza di potere o di interesse, inammissibilità o improcedibilità del giudizio disciplinare, violazione delle norme sull’assoggettabilità passiva ai procedimenti disciplinari, incompetenza, violazione dell’art. 56 della l. 599 del 1954, violazione dell’art. 1 della l. 7 agosto 1990 n. 241, violazione dei princípi discendenti dall’art. 97 Cost., nonché eccesso di potere per sviamento;

2) illegittimità della comunicazione del Comando del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria di Modena n. 4276/P dd. 24 luglio 2001 per violazione dell’art. 64 e ss. della l. 599 del 1954; illegittimità del foglio n. 26451/P dd. 24 maggio 2001 del Comando Regionale Emilia Romagna della Guardia di Finanza, violazione degli artt. 7 e 8 della L. 241 del 1990, violazione delle norme sul giusto procedimento, violazione dell’art. 9 della l. 241 del 1990, nonché violazione della l. 17 marzo 2001 n. 97;

3) illegittimità della comunicazione del Comando Provinciale di Parma della Guardia di Finanza n. 14482/P dd. 5 settembre 2001 in ordine alla riunione della Commissione di disciplina e di tutti gli atti istruttori e endoprocedimentali per violazione dei princípi discendenti dagli artt. 3, 24, 97 e 111Cost., violazione delle norme sul giusto procedimento, violazione dell’art. 56 della l. 599 del 1954, nonché proposizione della questione incidentale di illegittimità costituzionale dell’art. 73 della l. 599 del 1954 con riferimento agli artt. 24 e 97 Cost.;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 61 della l. 599 del 1954, incompetenza, violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 35, 56 e 60 della l. 599 del 1954, violazione dell’art. 3 della l. 241 del 1990, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria o ponderazione, insufficienza, illogicità, contraddittorietà, incongruenza e perplessità della motivazione;

5) illegittimità derivata della nota Prot. n. 20496/A10 dd. 9 aprile 2002, con la quale il Comando Regionale Emilia Romagna della Guardia di Finanza – Ufficio Amministrazione Sezione Conti e Cassa ha comunicato all’INPDAP la sospensione del trattamento di quiescenza e del conseguente provvedimento dell’INPDAP di sospensione del trattamento medesimo a far data dall’1 giugno 2002, violazione dei princípi discendenti dall’art. 38 Cost., violazione dei dell’art. 52, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, violazione degli artt. 3 e 7 della l. 241 del 1990, violazione delle norme sul giusto procedimento, nonché eccesso di potere per insufficienza, illogicità, contraddittorietà e incongruenza della motivazione e per manifesta irragionevolezza e abnormità dell’inibitoria inflitta, difetto di istruttoria o ponderazione, perplessità della motivazione.

Il -OMISSIS- ha inoltre chiesto la condanna dell’amministrazione intimata al pagamento di tutti i danni discendenti dagli atti impugnati, da determinarsi in corso di causa previa ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio.

1.4. Si è costituito in tale primo grado di giudizio il Ministero dell’economia e delle Finanze, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.5.. Con una prima ordinanza cautelare n. 2068 dd. 18 aprile 2002 la Sez. II^ dell’adito T.A.R. ha accolto la domanda di sospensione degli atti impugnati proposta dal -OMISSIS- con riguardo a quelli menzionati nell’atto introduttivo di tale primo grado del giudizio “limitatamente alla prospettata ripetizione delle somme corrisposte in eccesso”.

1.6. Con una seconda ordinanza cautelare n. 26 giugno 2002 n. 3531 la medesima Sezione II dell’adito T.A.R. ha viceversa respinto la domanda di sospensione degli atti impugnati dal -OMISSIS- con i motivi aggiunti.

Tale provvedimento del giudice di primo grado è stato peraltro riformato in appello cautelare con l’ordinanza n. 3372 dd. 30 luglio 2002, resa dalla Sezione VI^ di questo Consiglio di Stato con riguardo alla predetta nota Prot. n. 20496/A10 dd. 9 aprile 2002 del Comando Regionale Emilia Romagna della Guardia di Finanza – Ufficio Amministrazione Sezione Conti e Cassa, “ritenuto che il provvedimento di sospensione del trattamento pensionistico impugnato con i motivi aggiunti appare essere stato adottato in violazione dell’art. 52, comma 3, del d.P.R. 1092 del 1973.

1.7. Con sentenza n. 2827 dd. 23 luglio 2010 la Sezione II^ dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso e suoi motivi aggiunti, compensando integralmente tra le parti le spese e gli onorari di tale primo grado di giudizio.

2.1. Con l’appello in epigrafe il -OMISSIS- chiede ora la riforma di tale sentenza, deducendo i seguenti motivi d’impugnazione qui di seguito specificati.

1) Violazione dell’art. 111 c.p.c., violazione della regola della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, omessa pronuncia su di una censura proposta in primo grado, violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale ex art. 1 c.p.a.

L’appellante rileva che il T.A.R. ha recisamente affermato che l’impugnazione da lui proposta con motivi aggiunti della nota Prot. n. 20496/A10 dd. 9 aprile 2002 del Comando Regionale Emilia Romagna della Guardia di Finanza – Ufficio Amministrazione Sezione Conti e Cassa e del conseguente provvedimento dell’INPDAP di sospensione del trattamento di pensione a far data dall’1 giugno 2002 – sarebbe avvenuta soltanto con riguardo ai vizi derivati dagli atti impugnati mediante l’atto introduttivo del giudizio di primo grado.

L’appellante rileva la palese erroneità di tale assunto, posto che dall’esame dei predetti motivi aggiunti di ricorso consta in via inequivocabile che tali atti sono stati impugnati anche in via autonoma, segnatamente per violazione dei princípi discendenti dall’art. 38 Cost., violazione dei dell’art. 52, terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, violazione degli artt. 3 e 7 della l. 241 del 1990, violazione delle norme sul giusto procedimento, nonché eccesso di potere per insufficienza, illogicità, contraddittorietà e incongruenza della motivazione e per manifesta irragionevolezza e abnormità dell’inibitoria inflitta, difetto di istruttoria o ponderazione, perplessità della motivazione.

L’appellante evidenzia pure che a causa dell’erroneità dell’assunto anzidetto il giudice di primo grado ha omesso di disaminare tali censure e di statuire su di esse, e chiede pertanto a questo giudice d’appello di provvedere al riguardo, richiamandosi a quanto già affermato in proposito nella sede cautelare del precedente grado di giudizio dalla Sezione VI^ di questo Consiglio di Stato con la predetta propria ordinanza n. 3372 dd. 30 luglio 2002,

2) Erroneità della sentenza impugnata, violazione dell’art. 3 della l. 241 del 1990, eccesso di potere per manifesta irragionevolezza della misura disciplinare irrogata, difetto di istruttoria o ponderazione, insufficienza, illogicità, contraddittorietà, incongruenza e perplessità della motivazione.

L’appellante in buona sostanza contesta la mancata censura, da parte del giudice di primo grado, di un autonomo accertamento dei fatti da parte dell’amministrazione nella propria sede di procedimento disciplinare, nonché la mancata valutazione della proporzionalità e adeguatezza della sanzione irrogata in relazione al comportamento dell’incolpato.

L’appellante censura – altresì – l’omessa considerazione del principio secondo cui l’amministrazione deve sempre e comunque motivare adeguatamente l’attualità e necessità delle esigenze comportanti la modificazione della causa di cessazione dal servizio, non facendo discendere la modificazione medesima quale conseguenza necessitata e d automatica della sanzione disciplinare irrogata.

L’appellante evidenzia inoltre che la votazione della Commissione di disciplina non è avvenuta sulla base di una o più proposte da parte dei suoi membri, dalle quali risultino l’apprezzamento e la comparazione degli elementi emersi nel corso dell’istruttoria, in modo da dare contezza della congruità della sanzione proposta.

3) Ulteriore violazione dell’art. 111 c.p.c., ulteriore violazione della regola della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, omessa pronuncia su di un’ulteriore censura proposta in primo grado con conseguente, ulteriore violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale ex art. 1 c.p.a., violazione dell’art. 74, decimo comma, della l. 599 del 1954 nonché dell’art. 4.1.della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza 1/1/1993.

L’appellante deduce che nel caso di specie la Commissione di disciplina si è espressa con voto palese dei suoi membri, nel mentre a’ sensi dell’art. 74, decimo comma, della l. 599 del 1954 il voto doveva essere espresso segretamente da ciascun membro di tale organo collegiale

4) Erroneità della sentenza impugnata, carenza di potere o dell’interesse, inammissibilità o improcedibilità del giudizio disciplinare, violazione delle norme sull’assoggettabilità passiva ai procedimenti disciplinari, incompetenza, violazione dei princípi discendenti dall’art. 97 Cost ed eccesso di potere per sviamento.

L’appellante rimarca al riguardo di essere stato collocato in congedo assoluto per infermità a decorrere dal 23 agosto 2000, ossia in una data ben anteriore alla genesi del procedimento disciplinare, in effetti iniziato in data 24 maggio 2001 e conclusosi con la determinazione del Comandante Generale della Guardia di Finanza n. 402041 dd. 19 dicembre 2001.

L’appellante afferma in tal senso che la già intervenuta perdita della qualifica di appartenente a tale Corpo armato dello Stato ad ordinamento militare comportava di per sé l’assoluto difetto di soggezione della propria persona al potere disciplinare del Corpo medesimo.

Del resto – rimarca sempre l’appellante – l’art. 56, primo comma, della l. 599 del 1954, all’epoca in vigore, disponeva in via del tutto inequivocabile che “il sottufficiale in congedo non ha obblighi di servizio”.

5) Erroneità della sentenza impugnata, illegittimità della comunicazione del Comando del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria di Modena n. 4276/P dd. 24 luglio 2001 e di tutti gli atti istruttori ed endoprocedimentali per violazione dei princípi discendenti dagli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost., violazione delle norme sul giusto procedimento, violazione dell’art. 56 della l. 599 del 1954. Proposizione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 73 della l. 599 del 1954 per violazione degli artt. 24 e 97 Cost.

L’appellante deduce l’illegittimità costituzionale della disciplina contenuta nell’art. 73, primo comma, prima parte, della l. 599 del 1954 per violazione degli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost. in quanto contempla la possibilità di farsi assistere innanzi alla Commissione di disciplina da un ufficiale del Corpo da lui prescelto ovvero nominato d’ufficio dalla Commissione medesima, e non in luogo di costoro anche da un avvocato del libero foro e rimarca la particolare irragionevolezza di tale disciplina laddove costringe – come per l’appunto nel caso di specie – a tale scelta una persona ormai libera da obblighi di servizio (cfr. al riguardo l’anzidetto art. 56, primo comma, della l. 599 del 1954).

6) Erroneità della sentenza impugnata, ulteriore illegittimità della comunicazione del Comando del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria di Modena n. 4276/P dd. 24 luglio 2001 per violazione dell’art. 64 e ss. della l. 599 del 1954, illegittimità del foglio n. 26451/P dd. 24 maggio 2001 del Comando Regionale Emilia Romagna della Guardia di Finanza, violazione degli artt. 7 e 8 della l. 241 del 1990, violazione dell’art. 9 della l. 1 febbraio1990, n. 19.

Ad avviso dell’appellante, poiché il procedimento disciplinare è nella specie iniziato il giorno 24 maggio 2001 e si è concluso il 19 dicembre 2001, risulterebbe nella specie violato il termine perentorio della sua durata di 90 giorni, inderogabilmente contemplato dall’art. 9, comma 2, della l. 19 del 1990.

Ad ogni buon conto il medesimo appellante reputa che – comunque – sia stato pure violato nella specie il termine di 180 giorni introdotto per effetto dello ius superveniens costituito dall’art. 5, comma 4, della l. 27 marzo 2001, n. 97.

2.2. L’appellante ha chiesto – altresì - la sospensione cautelare della sentenza impugnata, a’ sensi dell’art. 98 c.p.a.

2.3. Anche nel presente grado di giudizio si è costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concludendo per la reiezione dell’appello.

2.3. Con ordinanza interlocutoria n. 1465 dd. 30 marzo 2011la Sezione IV^ di questo Consiglio di Stato, nell’ambito del procedimento conseguente all’istanza cautelare dell’appellante, ha disposto l’immediata acquisizione agli atti di causa del fascicolo del primo grado di giudizio.

2.4. Con successiva ordinanza cautelare n. 2247 dd. 25 maggio 2011 la medesima Sezione IV^ ha disposto l’accoglimento della domanda di sospensione interinale dell’esecutività della sentenza impugna, “ritenuto che l’appello appare assistito da elementi di fumus, in particolare in relazione al disposto dell’art. 52, comma 3, del D.P.R. 1092 del 1973, e che sussistono gli estremi delpericulum”.

All’esito di tale procedimento cautelare la medesima Sezione ha condannato l’amministrazione appellata al pagamento delle relative spese, complessivamente liquidandole nella misura di € 2.000,00.- (duemila/00).

3. All’odierna pubblica udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va accolto nei limiti qui appresso specificati.

4.2.1. Il Collegio reputa necessario disaminare le varie questioni introdotte dall’appellante iniziando la trattazione di quelle suscettibili, se definite in senso favorevole all’appellante medesimo, di determinare l’assorbimento delle altre censure ad esse logicamente subordinate.

4.2.2. Il Collegio deve quindi farsi carico di disaminare innanzitutto il quarto motivo d’appello, nel quale il -OMISSIS- afferma che il procedimento disciplinare non poteva essere avviato nei propri confronti, in quanto egli è stato collocato in congedo assoluto per infermità a decorrere dal 23 agosto 2000, ossia in una data ben anteriore alla genesi del procedimento disciplinare, in effetti iniziato in data 24 maggio 2001 e conclusosi con la determinazione del Comandante Generale della Guardia di Finanza n. 402041 dd. 19 dicembre 2001.

Come detto innanzi, l’appellante in tal senso rimarca che la già intervenuta perdita della qualifica di appartenente a tale Corpo armato dello Stato ad ordinamento militare comportava di per sé l’impossibilità di assoggettarlo al potere disciplinare del Corpo medesimo, e si è richiamato in tal senso al’art. 56, primo comma, della l. 599 del 1954, all’epoca in vigore e che disponeva in via del tutto inequivocabile che “il sottufficiale in congedo non ha obblighi di servizio”.

Per il vero il medesimo appellante ha richiamato a sostegno della propria tesi anche la sentenza di Cons. Stato, A.P., 6 marzo 1997, n. 8, secondo la quale l’amministrazione potrebbe iniziare un procedimento disciplinare nei confronti del pubblico dipendente già cessato dal servizio soltanto al fine di regolare definitivamente gli effetti della sospensione cautelare dal servizio da questi eventualmente scontata: ipotesi che il medesimo -OMISSIS- rimarca che non ricorre nel proprio caso, non essendo egli stato mai sospeso dal servizio in via cautelativa in dipendenza del procedimento penale avviato a suo carico.

Tuttavia il richiamo a tale precedente sentenza – resa con riguardo a quanto disposto dall’art. 91 del t.u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957n. 3 vigente a quel tempo per gli impiegati civili dello Stato - non è conferente al caso di specie.

Mediante l’anzidetta pronuncia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato è stato infatti affermato che all'esito del giudicato penale di condanna, l’amministrazione deve valutare se iniziare o meno il procedimento disciplinare a carico del dipendente già sospeso in via cautelare.

Questa scelta risponde quindi a una valutazione discrezionale, che ove esercitata nel senso di avviare il procedimento disciplinare consente – per l’appunto - di regolare gli effetti della sospensione cautelare eventualmente già subita dal dipendente in pendenza del procedimento penale, posto che il relativo status è per sua natura provvisorio.

Da tale assunto non discende peraltro la conseguenza affermata dall’appellante, ossia che il procedimento disciplinare non possa comunque essere avviato nei confronti dei dipendenti collocati in quiescenza e nei confronti dei quali non sia stata disposta la misura cautelare della sospensione dal servizio.

Se è vero - poi - che a’ sensi dell’allora vigente art. 56, primo comma, della l. 599 del 1954 “il sottufficiale in congedo non ha obblighi di servizio”, allo stesso tempo il secondo comma del medesimo articolo di legge disponeva, in via del tutto inequivocabile, che “il sottufficiale in congedo assoluto conserva il grado e l'onore dell'uniforme ed è soggetto alle disposizioni di legge riflettenti il grado e la disciplina”.

Gli obblighi di servizio all’evidenza attengono alla materiale prestazione dell’attività lavorativa nel contesto organizzativo della Forza Armata o del Corpo ad ordinamento militare di appartenenza, con conseguente collocazione dell’interessato in un rapporto gerarchico all’interno dell’istituzione militare e con la contestuale acquisizione del diritto alla percezione degli emolumenti rapportati al grado rivestito e ai compiti svolti.

Ma la complessiva lettura dell’articolo di legge anzidetto impone di concludere nel senso che, se con la collocazione in congedo assoluto si estingue il rapporto d’impiego del militare e i conseguenti suoi obblighi di servizio, la conservazione anche successivamente al congedo del grado rivestito e dell’onore dell’uniforme implicano la permanente soggezione di tale personale alle disposizioni pro tempore vigenti in tema di disciplina che possono – per l’appunto – riflettersi sulla conservazione del grado e dell’onore della relativa uniforme.

Semmai – quindi – ben emerge dall’articolo di legge ora in esame, non già – come afferma l’appellante – una preclusione per l’amministrazione di promuovere nei confronti del proprio personale militare in congedo procedimenti disciplinari attinenti alla violazione di norme attinenti allo status del personale medesimo, ma un vero e proprio obbligo a provvedere al riguardo proprio per l’inderogabile necessità di tutela del prestigio dell’istituzione militare comunque compromesso nell’ipotesi di mancata sanzione nei confronti di coloro che, sebbene cessati dal servizio, conservano comunque per espressa previsione di legge gli onori dell’uniforme e del grado.

4.2.3. Altra e diversa questione è – viceversa – la decorrenza che deve assumere l’irrogazione della sanzione disciplinare.

Secondo la tesi sostanzialmente fatta valere dall’appellante, poiché il procedimento disciplinare è stato avviato nei suoi confronti dopo la data della propria collocazione in congedo per malattia e con avvenuta maturazione del diritto a pensione, e posto che egli non è stato sospeso cautelativamente dal servizio in pendenza del procedimento penale, la decorrenza dell’eventuale provvedimento di rimozione dal grado in esito al procedimento disciplinare dovrebbe essere naturaliter diversa- e comunque successiva – rispetto a quella del proprio congedo per malattia.

Tale prospettazione risulta peraltro smentita dall’inequivoco dato normativo.

A’ sensi del combinato disposto degli a5rtt. 37 e 61, secondo comma della l. 599 del 1954, - espressamente esteso a quel tempo nella loro applicazione anche ai sottufficiali della Guardia di Finanza per effetto dell’art. 1 1 della l. 17 aprile 1957, n. 260 come sostituito dall’art. 51 della l. 3 agosto 1961, n. 833 – il sottufficiale poteva cessare dal servizio per malattia anche in pendenza di un procedimento penale o disciplinare a suo carico, ma qualora tali procedimenti si fossero poi conclusi con un giudizio che comportasse la perdita del grado, “la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta”(cfr. ivi).

Il Collegio, in tal senso, non sottace che il -OMISSIS-, all’atto del proprio collocamento in congedo per malattia, non era sottoposto a procedimento disciplinare; ma il predetto era peraltro già sottoposto al procedimento penale n. 477/98 R.G.N.R. instaurato nei suoi confronti innanzi al Tribunale di Piacenza: circostanza, questa, comunque testualmente rilevante per il sopradescritto effetto retroattivo contemplato dai testè richiamati artt. 37 e 61, secondo comma, della l. 599 del 1954 che fa retroagire gli effetti della rimozione dal grado in esito al conseguente procedimento disciplinare al momento del congedamento medesimo.

4.2.4. Va – altresì – respinto il sesto ordine dei motivi d’appello, finalizzato a far dichiarare l’invalidità del procedimento disciplinare in dipendenza del superamento dei limiti imposti dalla legge per il suo inizio e per la sua conclusione.

Nel caso di specie va considerato che la sentenza di condanna del -OMISSIS- è divenuta irrevocabile in data 9 aprile 2001, che essa è stata comunicata all’amministrazione in data 2 maggio 2001 (non risultando agli atti di causa alcuna diversa data di conoscenza della stessa diversa da quella indicata con nota del Comando provinciale di Modena n. 7365/P dd. 2 maggio 2001), che il procedimento disciplinare è stato iniziato in data 24 luglio 2001 e che esso è stato concluso in data 19 dicembre 2001 con l’adozione del provvedimento che ha disposto la rimozione dell’incolpato dal grado.

Al momento dell’inizio del procedimento disciplinare era già entrato in vigore l’art. 5, comma 4, della l. 27 marzo 2001, n. 97, il quale – per quanto qui segnatamente interessa - dispone che“nel caso sia pronunciata sentenza penale irrevocabile di condanna nei confronti dei dipendenti indicati nel comma 1 dell’articolo 3” (ipotesi qui ricorrente in quanto il -OMISSIS- è stato condannato per il reato di cui all’art. 317 c.p., ivi per l’appunto menzionato) “ancorché a pena condizionalmente sospesa, l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata a seguito di procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione o all'ente competente per il procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare deve concludersi, entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento”.

Orbene, premesso che la fissazione del primo termine di 90 giorni che deve essere osservato tra la data di comunicazione della sentenza di condanna e la data di avvio del procedimento disciplinare conferma l’omologa previsione già contenuta al riguardo dall’art. 9, comma 2, della l. 7 febbraio 1990 n. 19, va nella specie evidenziato che tra le surriferite date del 2 maggio 2001 e del 24 luglio 2001 intercorrono 83 giorni, con conseguente osservanza del termine decadenziale di legge.

Inoltre, tra la data del 24 luglio 2001 e quella del 19 dicembre 2001 intercorrono 148 giorni, con conseguente osservanza anche del secondo termine decadenziale contemplato ex lege.

Le prospettazioni dell’appellante sul punto non possono pertanto essere accolte, posto che il procedimento disciplinare in questione è stato avviato e concluso nei termini al riguardo previsti.

4.3.1. Va viceversa accolto il terzo ordine dei motivi d’appello, con l’effetto assorbente che verrà qui appresso parimenti descritto unitamente alla definizione dei residui motivi d’appello proposti dal -OMISSIS-

4.3.2. L’art. 74, comma 10, della l. 599 del 1954 – anch’esso indubitabilmente recepito nell’ordinamento dettato per i sottufficiali del Corpo della Guardia di Finanza per effetto dell’anzidetto art. 1 della l. 260 del 1963 come sostituito dall’art. 51 della l. 833 del 1961 – testualmente dispone che “la votazione” della Commissione di disciplina in ordine alla proposta dell’irrogazione della sanzione disciplinare nei confronti del prevenuto “è segreta. Il giudizio della Commissione è espresso a maggioranza assoluta”.

Nondimeno, a fronte di tale pur univoca disposizione di legge, dal processo verbale della seduta della Commissione del 28 settembre 2001, segnatamente al punto 12 del verbale medesimo, consta che il parere secondo il quale il -OMISSIS- non sarebbe meritevole di conservare il grado è stato emesso con votazione dei membri dell’organo collegiale “svolta in forma orale e palese”.

Tale espressione di voto, resa in forma palesemente contraria a quella inderogabilmente prevista dalla surriportata disposizione di legge – e la cui osservanza era per di più a quel tempo ribadita anche dal § 4.1 della circolare 1/1/1993 del Comando Generale della Guardia di Finanza recante disposizioni applicative in materia di procedimenti disciplinari nella vigenza della l. 599 del 1954 – all’evidenza ha insanabilmente compromesso quella garanzia di indipendenza e di autonomia di giudizio dei membri delle Commissioni di disciplina che il legislatore, mediante l’espressa imposizione del voto segreto, aveva inteso tutelare

Discende pertanto da ciò l’illegittimità non soltanto della deliberazione assunta dalla Commissione di disciplina ma anche, con effetto caducante, della susseguente e conseguente determinazione del Comandante Generale della Guardia di Finanza n. 402041 dd. 19 dicembre 2001 che, proprio in esito alla deliberazione assunta dalla Commissione di disciplina, ne aveva condiviso il voto irrogando nei confronti del -OMISSIS-, a’ sensi del predetto combinato disposto degli artt. 37 e 60 della l. 599 del 1954, la sanzione della perdita del grado per rimozione.

4.3.3. Per effetto di tale statuizione di annullamento, il Comando Generale della Guardia di Finanza - non sussistendo preclusioni al riguardo in quanto, come evidenziato al § 4.2.4.della presente sentenza, sono stati comunque rispettati nel procedimento i termini decadenziali di legge e tenuto conto dela caducazione ope iudicis dei due segmenti finali del procedimento medesimo ove si determini a rieditare il potere amministrativo potrebbe a ciò procedere unicamente a partire dal segmento annullato dal Collegio (non necessiterebe, infatti rinnovare gli atti istruttori a suo tempo compiuti, posto che gli atti medesimi non rientrano nel perimetro dell’annullamento disposto da questo giudice).

Ove peraltro l’Amministrazione intenda rieditare il procedimento, la sequenza procedimentale annullata dovrebbe essere sostituita con ulteriori provvedimenti che saranno formati sulla base delle sopravvenute norme in materia di disciplina del personale militare contenute nel d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66 (codice dell’ordinamento militare) e applicabili anche al Corpo della Guardia di Finanza secondo quanto disposto a’ sensi dell’art. 2149 dello stesso Codice..

In particolare dovrebbe essere ricostituita a’ sensi dell’art. 1383 del Codice una nuova Commissione di disciplina e dovranno essere adempiuti gli incombenti di cui agli artt. 1387 e 1388 del Codice medesimo.

4.3.4. Rimane ovviamente assorbita ogni ulteriore censura che l’appellante ha dedotto con riguardo allo specifico contenuto della deliberazione della Commissione di disciplina e della conseguente determinazione del Comandante Generale della Guardia di Finanza annullati per effetto della presente sentenza.

4.3.5. La ricostituita Commissione di disciplina, inoltre – e a differenza di quanto affermato dall’appellante - non sarebbe di per sè vincolata nella specie ad esprimere il proprio voto sulla base “di una o più proposte nelle quali risultino l’apprezzamento e la comparazione degli elementi emersi , in modo da dare conto della congruità della sanzione su cui esprimersi” (cfr. pag. 13 dell’atto introduttivo del presente grado del giudizio).

L’appellante invero fonda tale sua affermazione su di una consonante massima tratta dalla sentenza di Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 1998, n. 1397: ma il relativo assunto è del tutto inconferente al caso di specie, posto che ivi il prevenuto non era stato assoggettato a procedimento penale in dipendenza di una sentenza penale di condanna, ma in relazione al consumo di sostanze stupefacenti: fattispecie, quest’ultima, che - a differenza di quella concernente l’attuale appellante - consisteva nell’irrrogazione della sanzione della perdita del grado in difetto “di una puntuale previsione legislativa, descrittiva del comportamento sanzionato” nonchè “di una rilevanza penale del comportamento stesso” e che necessitava, quindi, in un contesto che “esclude l’automatica perdita del grado per il militare in servizio permanente, ma impone un preventivo trattamento di recupero” a’ sensi dell'art. 89 bis della legge 22 dicembre 1975, n. 685, introdotto dall'art. 26, della l. 26 giugno 1990, n. 162, nonché dell'art. 109 del d..P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, di una ben puntuale ed analitica motivazione in ordine ai motivi per cui si reputava il prevenuto degno – o meno – di mantenere il grado.

Da qui, pertanto, la conseguente necessità, soltanto per tale ben particolare evenienza, che “ferma restando la segretezza della votazione, è pur tuttavia necessario che la stessa si svolga” – per l’appunto –“ su una o più proposte, nelle quali risulti l'apprezzamento e la comparazione degli elementi emersi, in modo di dare conto della congruità della sanzione su cui esprimersi” (cfr. in tali puntuali termini la sentenza da ultimo citata).

4.3.6. Va viceversa dichiarata irrilevante per l’economia del presente giudizio la questione di costituzionalità per violazione degli artt. 3, 24 e 97 Cost. che l’appellante ha sollevato in ordine alla previsione contenuta nell’art. 73, primo comma, prima parte della l. 599 del 1954, laddove dispone che “il sottufficiale può farsi assistere da un ufficiale difensore, da lui scelto o designato dal presidente della Commissione di disciplina”,con ciò implicitamente escludendo la possibilità per il prevenuto di farsi assistere da un avvocato del libero foro.

Tale conclusione è resa necessaria dalla circostanza che la disposizione surriportata è ad oggi abrogata per effetto dell’art. 2268 del d.lgs..15 marzo 2010, n. 66, recante – come si è detto – il nuovo Codice dell’ordinamento militare, il quale va pertanto nella specie applicato in luogo dello ius vetus:circostanza, questa, che esclude pertanto ex se la rilevanza della questione per il caso qui in esame.

Il Collegio non sottace che anche l’art. 1387, comma 5, lett a) del Codice analogamente accorda al prevenuto la facoltà di farsi assistere da un ufficiale difensore ma non da un avvocato.

Tale disposizione normativa, tuttavia, sarà al caso applicata soltanto nel nuovo giudizio disciplinare che l’Amministrazione dovesse instaurare in adempimento alla presente sentenza, e la relativa norma pertanto parimenti non rileva nell’economia del presente giudizio, posto che a’ sensi dell’art. 34, comma 2, prima parte c.p.a. questo giudice, in sede di giudizio di annullamento, “in nessun caso … può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

4.4. L’appello in epigrafe va peraltro accolto anche con riguardo al primo motivo in esso dedotto, con il quale è stata contestata la violazione dell’art. 52, terzo comma, delle norme sul trattamento di quiescenza degli impiegati civili e militari dello Stato approvato con d.P.R..29 dicembre 1973 n. 1092, il quale testualmente dispone che “l’ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo a domanda, per decadenza o per perdita del grado hanno diritto alla pensione normale se hanno compiuto almeno venti anni di servizio effettivo”.

Il dato letterale di tale disposizione normativa è ineludibile, e determina pertanto l’annullamento della nota n. 20496/A10 dd. 9 aprile 2002 del Comando Regionale della Guardia di Finanza Emilia Romagna – Ufficio Amministrazione – Sezione Conti e Cassa con la quale è stata inoltrata all’INPDAP la richiesta di sospendere l’erogazione al -OMISSIS- del proprio trattamento di quiescenza.

L’annullamento di tale nota determina, in via consequenziale, anche la caducazione degli atti che l’INPDAP ha a sua volta susseguentemente posto in essere per adempiere alla richiesta anzidetta.

A ragione l’appellante, allegando la fondatezza della propria censura, ha rimarcato che il giudice di primo grado ha omesso di esprimersi su di essa, erroneamente affermando che la surriferita nota del Comando Regionale della Guardia di Finanza e i conseguenti provvedimenti adottati dall’INPDAP erano stati impugnati soltanto allegando la loro illegittimità in via derivata rispetto al provvedimento di rimozione per la perdita del grado, e non ne ha pertanto disposto l’annullamento in dipendenza dell’avvenuta reiezione (parimenti infondata in diritto, come si è visto innanzi) delle censure proposte al riguardo.

Questo giudice rimarca – per contro – che tali ulteriori provvedimenti erano stati impugnati dal -OMISSIS- anche in via autonoma e avrebbero dovuto essere annullati in dipendenza della loro intrinseca illegittimità proprio con riguardo all’avvenuta violazione dell’anzidetto art. 52, terzo comma, del d.P.R. 1092 del 1973.

Né in tal senso va sottaciuta la circostanza che questo stesso Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5372 dd. 30 luglio 2002, resa dalla Sezione VI in sede di appello sull’incidente cautelare proposto in primo grado dal -OMISSIS-, abbia espressamente delibato la fondatezza del relativo motivo di ricorso che – per contro – il T.A.R. nella susseguente sua sentenza di merito ha totalmente omesso di considerare, come se non fosse stato neppure proposto.

Va anche evidenziato che in ordine a tale motivo di ricorso né l’amministrazione evocata nel giudizio di primo grado, né lo stesso T.A.R. hanno rilevato al riguardo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo,

Pertanto, non essendo stata proposta tale questione nel presente giudizio d’appello, questo giudice non può che trattenere in proposito la giurisdizione, a’ sensi dell’art. 9 c.p.a., pur essendo la stessa altrimenti attribuita alla Corte dei Conti, e ciò sia con riguardo alla disciplina vigente all’atto della proposizione del ricorso del -OMISSIS- in primo grado (cfr. artt. 13 e 62 e ss. del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214)., sia attualmente per effetto degli artt. 1, comma 2, e 151 e ss. del Codice di giustizia contabile approvato con d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174.

Posto ciò, questo giudice reputa che l’art. 52, terzo comma, del d.P.R. 1092 del 1973, laddove contempla la sussistenza del diritto a pensione anche per il personale militare cessato dal servizio per perdita del grado introduce nel “sistema” una norma di per sé equa e ragionevole, e ciò in quanto rispetta il sinallagma tra i contributi previdenziali versati in dipendenza di una prestazione lavorativa (comunque resa dal militare anche in via di fatto rispetto all’effetto ordinariamente retroattivo della sanzione disciplinare espulsiva) e la conseguenza patrimoniale dell’ottenimento del trattamento pensionistico che è naturalmente correlato ex lege alla quantità dei versamenti medesimi.

Se ciò non fosse, si dovrebbe concludere per la paradossale sussistenza nell’ordinamento di una sanzione accessoria patrimoniale a carico del militare posto in congedo che legittimerebbe un arricchimento senza causa della gestione pensionistica.

Va rilevato – altresì – che in ordine al motivo d’appello ora in esame l’amministrazione appellata si è limitata ad affermare, in via breviloquente, che l’anzidetto art. 52, comma 3, del d.lgs. 1092 del 1973 risulterebbe non più applicabile nei confronti del -OMISSIS- in quanto asseritamente “sostituito prima dal d.lgs. 503 del 1992 (in vigore fino al 31 dicembre 1997) e successivamente dal d.lgs. 165 del 1997 e dalla l. 449 del 1997” (così a pag. 3 della memoria dd. 20 aprile 20011 depositata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze).

Il Collegio, per parte propria, non trova alcun riscontro di tale assunto dalla lettura delle disposizioni normative testè riferite.

Invero nei testi normativi surriferiti non si rinvengono disposizioni esplicitamente abrogative del predetto art. 53 del d.P.R. 1092 del 1973, e pertanto devono ricercarsi in essi, a’ sensi dell’art. 15 disp. prel. c.c., degli elementi per affermare una loro valenza abrogatrice per incompatibilità dello ius novum rispetto allo ius vetus,ovvero per riscontrare la circostanza che la legge susseguentemente entrata in vigore disciplina la materia già regolata dalla legge antecedente.

Semmai, quindi, va evidenziato quanto segue.

1) L’art. 2, comma 1, del dlg. 30 dicembre 1993 n. 502 di per sé conferma che “nel regime dell'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti ed i lavoratori autonomi il diritto alla pensione di vecchiaia è riconosciuto quando siano trascorsi almeno venti anni dall'inizio dell'assicurazione e risultino versati o accreditati in favore dell'assicurato almeno venti anni di contribuzione”

2) L’art. 2 del d.lgs. 30 aprile 1997 n. 165 ha fissato per tutto il personale militare l’età di 60 anni per essere collocato in congedo con il diritto a percepire la pensione ordinaria.

3) L’art. 59, comma 6, del della l. 29 dicembre 1997 n. 449 (legge di stabilità per l’anno 1998) ha contemplato per il collocamento in quiescenza di tutti i dipendenti pubblici con diritto a percepire la c.d. “pensione di anzianità” il requisito minimale di 53 anni di età e di 35 anni contributi, ovvero il requisito del versamento di 36 anni di contributi.

Se le innovazioni evidenzate dall’amministrazione appellata rispetto al testo dell’anzidetto art. 52, terzo comma, del d.P.R. 1092 del 1973 sono queste, ne discende che nel tempo sono stati per certo introdotti mutamenti per i requisiti richiesti ai fini del collocamento in quiescenza del personale militare che segnatamente attengono alla determinazione dei requisiti dell’età e/o degli anni di contributi (c.d. “anzianità contributiva” ).

Sotto questo aspetto l’art. 52, terzo comma, del d.P.R. 1092 del 1973 è stato quindi certamente innovato dalla legislazione successiva.

Ma è altrettanto evidente che quest’ultima non ha dispiegato effetti abroganti in ordine ad una specifica norma in esso contenuta, che qui per l’appunto rileva e che continua a vigere a tutt’oggi in quanto non abrogata né esplicitamente, né per incompatibilità, in forza della quale il militare, ancorchè cessato dal servizio per l’irrogazione della sanzione della perdita del grado, conserva comunque il proprio diritto a percepire la pensione se sussistono i relativi presupposti di età e di anzianità contributiva secondo la legislazione pro tempore vigente.

E’ questa – dunque – la norma che nella specie il Comando Regionale della Guardia di Finanza ha violato allorquando ha chiesto all’INPDAP di sospendere il trattamento pensionistico fino a quel momento fruito dal -OMISSIS-.

L’amministrazione qui appellata era infatti per certo obbligata ad applicare nei confronti del -OMISSIS- l’anzidetto combinato disposto degli artt. 37 e 61, secondo comma della l. 599 del 1954, -in forza dei quali il motivo della cessazione dal servizio già disposta per malattia doveva essere modificata con effetto retroattivo come cessazione dal servizio per perdita del grado; ma tale modifica non poteva- né a tutt’oggi può - ledere il diritto patrimoniale del medesimo -OMISSIS- al trattamento pensionistico a lui comunque spettante.

Né la medesima amministrazione appellata potrà violare tale diritto anche qualora la riedizione dell’azione amministrativa disposta per effetto della presente sentenza dovesse ancora una volta risolversi nell’adozione di un nuovo provvedimento di rimozione del -OMISSIS- per perdita del grado: anche in tale evenienza, infatti, andrà osservata la medesima norma di garanzia del diritto patrimoniale acquisito, a tutt’oggi operante all’interno del predetto art. 52, terzo comma, del d.P.R. 1092 del 1973.

Va solo soggiunto che evidentemente esula dai limiti di questo giudizio la verifica se al momento della propria collocazione in quiescenza , avvenuta con decorrenza 23 agosto 2000, il -OMISSIS- avesse effettivamente maturato il proprio diritto alla pensione con riguardo al proprio possesso dei requisiti di età e di anzianità contributiva a quel tempo vigenti.

Questo giudice può soltanto incidentalmente presumere, anche e soprattutto in assenza di contestazioni dell’amministrazione appellata su tale specifico profilo, la sussistenza in capo all’interessato di tali presupposti, oltre a tutto riscontrati anche dalla Ragioneria Generale dello Stato – Ufficio Centrale del Bilancio presso il Ministero delle Finanze con la propria registrazione n. 313 dd. 10 ottobre 2001.

5. Per tutto quanto suesposto il ricorso in epigrafe va pertanto accolto nei limiti di cui in motivazione.

Sussistono idonee ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2019 con l'intervento dei magistrati:




Fabio Taormina, Presidente

Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore

Antonella Manzione, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fulvio Rocco Fabio Taormina






IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.



Leonardo1056
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da Leonardo1056 »

Ciao naturapata (so il mio fatto) lo sai solo tu.
Visto che hai pubblicato la mia sentenza la puoi leggere così ti dai una risposta se mi è stato ripristinata la mia pensione visto che sai il fatto tuo.
Per quando riguardo la mia strategia processuale non sei tu che mi devi insegnare come affrontarla ci sono gli avvocati.
Se sei un avvocato la prossima volta che abbiamo di bisogno ci mandi il tuo numero di cellurare così ci puoi difendere visto che sai il fatto tuo.
E per quando riguarda il ricorso al TAR perso che hai evidenziato leggi la sentenza è vedrai che trovi il perché.
Sono convinto ancora una volta che sei una persona arrogante, presuntuosa e invidiosa.
Distinti saluti a mai più.
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da nonno Alberto »

Leonardo1056 ha scritto: sab nov 07, 2020 4:20 pm Ciao naturapata (so il mio fatto) lo sai solo tu.
Visto che hai pubblicato la mia sentenza la puoi leggere così ti dai una risposta se mi è stato ripristinata la mia pensione visto che sai il fatto tuo.
Per quando riguardo la mia strategia processuale non sei tu che mi devi insegnare come affrontarla ci sono gli avvocati.
Se sei un avvocato la prossima volta che abbiamo di bisogno ci mandi il tuo numero di cellurare così ci puoi difendere visto che sai il fatto tuo.
E per quando riguarda il ricorso al TAR perso che hai evidenziato leggi la sentenza è vedrai che trovi il perché.


Caro collega Leonardo,ho seguito con molto interesse il vostro confronto su una tematica molto delicata, ma non posso fare a meno di notare, come molti altri, che le tue disquisizioni a ragione o meno nel confronto con Naturopata cadono a più riprese e per ultimo all'insulto gratuito.

Non me ne volere, ma lo spirito del forum non è questo. Con affetto Alberto



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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da Leonardo1056 »

Ciao Zippone Alberto grazie di avermi fatto notare lo spirito del forum.
Forse mi sono fatto prendere un po' la mano in modo in cui naturapata risponde sembra che sa solo lui e gli altri siano scemi addirittura si vuole sostituire ai giudici.
Comunque chiedo scusa se sono stato fuori dallo spirito del forum.
Non volevo offendere nessuno.
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da Leonardo1056 »

Ciao Zippone Alberto grazie di avermi fatto notare lo spirito del forum.
Forse mi sono fatto prendere un po' la mano in modo in cui naturapata risponde sembra che sa solo lui e gli altri siano scemi addirittura si vuole sostituire ai giudici.
Comunque chiedo scusa se sono stato fuori dallo spirito del forum.
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da nonno Alberto »

Leonardo1056 ha scritto: dom nov 08, 2020 12:15 pm Ciao Zippone Alberto grazie di avermi fatto notare lo spirito del forum.
Forse mi sono fatto prendere un po' la mano in modo in cui naturapata risponde sembra che sa solo lui e gli altri siano scemi addirittura si vuole sostituire ai giudici.
Comunque chiedo scusa se sono stato fuori dallo spirito del forum.
Non volevo offendere nessuno.
Ciao Leonardo :D
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da naturopata »

Pubblicato il 06/11/2020
N. 06828/2020REG.PROV.COLL.

N. 06747/2014 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6747 del 2014, proposto da
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Carta, Giovanni Carta e Giuseppe Piscitelli, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, viale Parioli n. 55;
per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sezione prima, -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente sanzione disciplinare perdita del grado.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 30 ottobre 2020 il Presidente Carmine Volpe; nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il primo giudice ha accolto il ricorso proposto dal signor -OMISSIS-, maresciallo dei Carabinieri, con cui si impugnava il decreto del direttore generale della Direzione generale per il personale militare del Ministero difesa 19 febbraio 2013, n. 107/III-7 che gli aveva comminato la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione dal servizio. Ciò a seguito di condanna definitiva per il reato di calunnia.

Il primo giudice ha affermato:

a) il termine perentorio di 270 giorni entro cui deve concludersi il procedimento sanzionatorio, di cui all’art. 1392, comma 3, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), ha incominciato a decorrere dal 14 maggio 2012, giorno in cui il Comando provinciale di Venezia ha comunicato ai comandi superiori, con nota in pari data, <<che la Corte di Cassazione, nell’ambito del procedimento penale n. 2011/03477400, con sentenza del 9 maggio u.s., ha dichiarato inammissibile il ricorso>> proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia 2 maggio 2011, n. 446 (che lo aveva condannato per calunnia a un anno e sei mesi di reclusione), confermandola integralmente;

b) non può essere condivisa l’affermazione dell’amministrazione resistente secondo cui il requisito della “conoscenza integrale” della sentenza penale di condanna si sarebbe perfezionato in data 20 giugno 2012, allorquando la Corte di appello di Venezia ha rilasciato all’Arma copia della propria sentenza munita della declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal signor -OMISSIS-. Ciò poiché la sentenza della Corte di appello di Venezia era in possesso dell’amministrazione sin dal 27 maggio 2011 e l’annotazione sul giudizio della Corte Cassazione apposta in calce a tale sentenza, rilasciata di nuovo in copia all’Arma il 20 giugno 2012, riporta la stessa identica dicitura inviata dal Comando provinciale di Venezia della Legione Carabinieri Veneto ai Comandi superiori con la detta nota di trasmissione del 14 maggio 2012; giorno, quest’ultimo, in cui si è avuta notizia dell’irrevocabile definizione del procedimento giurisdizionale e dell’immodificabilità dei fatti in relazione ai quali è stato emanato il provvedimento sanzionatorio;

c) il procedimento disciplinare si sarebbe dovuto concludere entro l’8 febbraio 2013, ossia entro 270 giorni dal 14 maggio 2012, così che il provvedimento impugnato del 19 febbraio 2013 è illegittimo per tardività.

Il primo giudice, infine, ha assorbito le altre censure dedotte.

2. La sentenza viene appellata dal Ministero della difesa per i seguenti motivi:

1) rispetto dei termini previsti dall’art. 1392 del d.lgs. n. 66/2010;

2) infondatezza delle altre censure dedotte, e assorbite dal primo giudice, per:

2.1) competenza del direttore generale a irrogare la sanzione disciplinare di stato;

2.2) sussistenza dei presupposti per l’adozione della sanzione e sua congruità;

2.3) completezza dell’istruttoria e della motivazione.

3. Il signor -OMISSIS- si è costituito in giudizio resistendo all’appello.

I difensori dell’appellato, con memoria in data 24 marzo 2020, hanno dichiarato che lo stesso è stato posto in quiescenza per raggiungimento del limite massimo di età il 21 gennaio 2020 e che, pertanto, per l’amministrazione sarebbe intervenuta la sopravvenuta carenza di interesse alla prosecuzione del giudizio.

DIRITTO

1. L’appello è fondato.

In primo luogo il Collegio rileva che la circostanza secondo cui l’appellato è stato posto in quiescenza per raggiungimento del limite massimo di età il 21 gennaio 2020 non ha alcun effetto sul giudizio in corso e tanto meno può determinare la sopravvenuta carenza di interesse in capo all’appellante. Considerata anche l’apposita dichiarazione di sussistenza dell’interesse alla decisione depositata dalla difesa dell’appellante in data 14 aprile 2020.

Ai sensi dell’art. 1392, comma 3, del d.lgs. n. 66/2010, il termine di 270 giorni decorre dalla conoscenza integrale della sentenza irrevocabile di condanna. Infatti la norma prevede che “3. Il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, ovvero del provvedimento di archiviazione”.

Nella specie solo il 20 giugno 2012 la cancelleria della Corte di appello di Venezia aveva rilasciato al Comando provinciale dei Carabinieri di Venezia copia conforme all’originale della sentenza n. 446/2011 con l’annotazione, apposta in calce il 12 giugno 2012, in ordine alla decisione della Corte di Cassazione del 9 maggio 2012.

In tal senso è la giurisprudenze della Sezione, secondo cui l'art. 1392, comma 3, del d.lgs. n. 66/2010, laddove indica come dies a quo del termine per il radicamento e la definizione del procedimento disciplinare di stato "la data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono", fa evidentemente riferimento ad una conoscenza giuridicamente certa, che può derivare solo dall'acquisizione di copia conforme della sentenza completa dell'attestazione di irrevocabilità; di converso, la norma non individua un termine entro il quale l'amministrazione deve provvedere all'acquisizione documentale, oltretutto dipendente dai tempi necessari alle cancellerie degli uffici giudiziari per evadere le richieste (Cons. Stato, sez. IV, 1 ottobre 2019, n. 6562 e 17 luglio 2018, n. 4349).

Dovendosi far decorrere il termine di 270 giorni dal 20 giugno 2012, e non dal 14 maggio 2012 come erroneamente ritenuto dal primo giudice, il provvedimento impugnato in data 19 febbraio 2013 risulta emesso entro il prescritto termine
.

2. Non è possibile pronunciare sugli altri motivi del ricorso di primo grado, assorbiti dal primo giudice, poiché non riproposti dall’appellato.

3. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto.

La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate del doppio grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente, Estensore

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere



IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Carmine Volpe
salvo704
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da salvo704 »

Grazie Naturopata ma dall accesso agli atti effettuata la mia amministrazione non ha acquisito alcuna copia conforme della mia sentenza ma una copia di identico valore materiale e giuridico acquisita dal sottoscritto in sostanza una copia integrale della sentenza così co.e trasmessa dal mio legale il 27 dicembre 2019 . Non capisco quindi dove sta la differenza tra la mia copia e quella acquisita da loro se sono di identico valore. Certificate entrambe irrevocabili. E poi dal 27 dicembre 2019 le valutazioni e proposte sono state redatte il 25 giugno 2020 e il procedimento disciplinare avviato il 30 giugno 2020 invocando la sospensione dei procedimenti disciplinari per il covid che la norma evidenzia solo per i procedimenti disciplinari pendenti al 23 febbraio 2020 e il mio non era pendente in quanto non iniziato . È corretto l operato dell amministrazione? Mah
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Re: Procedimento disciplinare di stato

Messaggio da naturopata »

salvo704 ha scritto: lun nov 30, 2020 9:57 pm Grazie Naturopata ma dall accesso agli atti effettuata la mia amministrazione non ha acquisito alcuna copia conforme della mia sentenza ma una copia di identico valore materiale e giuridico acquisita dal sottoscritto in sostanza una copia integrale della sentenza così co.e trasmessa dal mio legale il 27 dicembre 2019 . Non capisco quindi dove sta la differenza tra la mia copia e quella acquisita da loro se sono di identico valore. Certificate entrambe irrevocabili.

Ma guarda che non devi convincere me, lo so bene che non c'è alcuna differenza, ma dato che l'Amm.ne ha i suoi tempi biblici e in passato sforava sempre il limite, il buon Giudice Amm.vo si è inventato questa conoscenza qualificata della sentenza.

E poi dal 27 dicembre 2019 le valutazioni e proposte sono state redatte il 25 giugno 2020 e il procedimento disciplinare avviato il 30 giugno 2020 invocando la sospensione dei procedimenti disciplinari per il covid che la norma evidenzia solo per i procedimenti disciplinari pendenti al 23 febbraio 2020 e il mio non era pendente in quanto non iniziato . È corretto l operato dell amministrazione? Mah

Ma tu hai scritto questo: ......Loro proseguono sostenendo che fa fede la loro acquisizione della sentenza avvenuta in data 14 gennaio 2020 e che i termini di inizio decorrono da tale data e che quindi sarebbero scaduti non il 17 giugno 2020 ma bensì il 5 luglio 2020 causa covid.

A prescindere dal covid, per cui comunque, il tuo è da considerarsi pendente al 23 febbraio (attesa la data del 14 gennaio 2019 da cui decorrono i termini per l'inizio), il Consiglio di Stato non fa più differenza tra 180 gg. e 270 gg, ovvero basta che si concluda nei 270gg.

lo dice chiaramente:

Dovendosi far decorrere il termine di 270 giorni dal 20 giugno 2012, e non dal 14 maggio 2012 come erroneamente ritenuto dal primo giudice, il provvedimento impugnato in data 19 febbraio 2013 risulta emesso entro il prescritto termine.
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