Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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mark77

Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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Buonasera,
mi permetto di informarvi che nel forum 'Carabinieri' è aperto un post relativo al ricorso promosso dall'Avv. mandolesi sull'avvio dei fondi pensione per gli Operatori del Comparto Difesa-Sicurezza. L'argomento riguarda un pò tutti noi, operatori delle FF.AA. e delle FF.PP.. e sarebbe, quindi, molto gradito un vostro intervento, soprattutto di qualche rappresentante dei Cocer e dei sindacati di PS, anche per capire a che punto è giunta l'attività negoziale sollecitata dal Commissario ad Acta e se, eventualmente, ci sono dei problemi.
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panorama
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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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sentenza di oggi 21.04.2015
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Il TAR LAZIO precisa:

1) - Tenuto conto di quanto precede, il presente ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia devoluta alla giurisdizione della Corte dei Conti di cui all’art. 13 e 62 del R.D. n. 1214/1934.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201505814, - Public 2015-04-21 -


N. 05814/2015 REG.PROV.COLL.
N. 04932/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4932 del 2009, proposto da ( - OMISSIS - congruo numero di ricorrenti tutti GdiF), rappresentati e difesi dall’avvocato Roberto Mandolesi ed elettivamente domiciliati in Roma, via Paolo Emilio n. 34, presso lo studio del predetto avvocato;

contro
- il Ministero dell’Economia e delle Finanze - Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con la quale è per legge domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

- l’INPDAP (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Dario Marinuzzi dell’avvocatura interna dell’Istituto, presso la quale è elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria n. 29;
per l'accertamento

- in via principale del diritto dei ricorrenti - previa, ove necessaria, rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale della legge n. 335/l995, in relazione agli articoli 3, 36 e 38 della Costituzione - al riconoscimento del trattamento pensionistico loro spettante secondo il sistema retributivo vigente prima della riforma di cui alla legge n. 335/1995, fino a quando non sia data completa attuazione al sistema della previdenza complementare per il pubblico impiego, previsto dalla predetta legge n. 335/1995;

- in via subordina, della responsabilità delle Amministrazioni intimate per il mancato tempestivo avvio delle procedure di negoziazione o concertazione del trattamento di fine rapporto e della previdenza complementare (c.d. secondo pilastro), con conseguente condanna al risarcimento dei danni cagionati ai ricorrenti;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’INPDAP;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2015 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti chiedono innanzi tutto l’accertamento del diritto ad ottenere il riconoscimento del trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo vigente nel periodo antecedente la riforma del sistema pensionistico attuata con la legge n. 335/1995 (c.d. Riforma Dini), previa eventuale dichiarazione di incostituzionalità in parte qua della predetta legge n. 335/1995 e degli articoli 2 del decreto legislativo n. 124/1993 e 3, comma 2, del decreto legislativo n. 252/2005. In via subordinata chiedono la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del mancato tempestivo avvio delle procedure di negoziazione e concertazione del trattamento di fine rapporto e previdenza complementare.

2. In particolare i ricorrenti lamentano che:
- A) l’introduzione del sistema pensionistico contributivo, in luogo del più favorevole sistema retributivo, sarebbe oltremodo penalizzante per i dipendenti pubblici - ivi compresi i ricorrenti stessi, già in possesso di anzianità di servizio precedente al 31 dicembre 1995, ma inferiore ai 18 anni alla data del 1° gennaio 1996 - perché implica un calcolo della pensione non più basato sulla retribuzione, bensì sui contributi versati nel corso dell’intera vita lavorativa;
- B) sebbene i pregiudizi derivanti dalla riforma Dini e la disparità di trattamento ingenerata da tale riforma fossero ben noti al legislatore del 1995 - che aveva infatti previsto che il divario derivante dal passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo avrebbe dovuto essere compensato mediante una forma previdenziale aggiuntiva, comunemente nota come il secondo pilastro della riforma Dini - lo Stato, a distanza di oltre dieci anni dalla riforma, non ha ancora concretamente provveduto ad attivare la previdenza complementare, per l’appunto finalizzata a compensare le disparità di trattamento create dalla riforma.

3. Inoltre, nella denegata ipotesi di mancato riconoscimento del diritto al calcolo della pensione con il sistema retributivo, i ricorrenti chiedono a questo Tribunale di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’impianto normativo di cui alla legge n. 335/1995 per l’asserito contrasto con gli articoli 3, 36 comma 1, e 38, comma 2, Cost.

4. L’INPDAP (soppresso con la legge n. 214/2011, con decorrenza 1 gennaio 2012 e con successione da parte dell’INPS in tutti i rapporti attivi e passivi) si è costituito in giudizio per resistere al ricorso ed ha eccepito, tra l’altro, il difetto di giurisdizione di questo Tribunale, evidenziando che la domanda proposta dai ricorrenti attiene alla materia pensionistica e, quindi, rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti ai sensi dell’art. 13 del R.D. n. 1214/1934.

5. Alla pubblica udienza del 19 novembre 2014 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare il Collegio - alla luce della giurisprudenza di questa Sezione (cfr. T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 14 maggio 2014 n. 5024; id., 26 novembre 2014, n. 11856) - ritiene fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, sollevata dall’INPDAP muovendo dal presupposto che la presente controversia attenga alla materia pensionistica e, quindi, sia devoluta alla giurisdizione della Corte dei Conti di cui all’art. 13 e 62 del R.D. n. 1214/1934.

2. Infatti - posto che la controversia in esame verte principalmente sull’accertamento del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento pensionistico ad essi spettante secondo il sistema retributivo più favorevole, vigente nel periodo antecedente la riforma attuata con la legge n. 335/1995 - non può farsi a meno di evidenziare che:
- A) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno più volte chiarito che, ai sensi degli articoli 13 e 62 del R.D. 1214/1934, la giurisdizione della Corte dei Conti in tema di pensioni ha carattere esclusivo, essendo affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, sicché in essa ricadono tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca l’elemento identificativo del petitum sostanziale, vale a dire tutte le controversie riguardanti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti (ex multis, Cass. civ., Sez. un. 16 gennaio 2003, n. 573);
- B) anche di recente le Sezioni Unite hanno ribadito la giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti, a norma degli art. 13 e 62 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, per tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa, l’inadempimento o l’inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell’ente obbligato, ancorché non sia in contestazione il diritto al trattamento di quiescenza nelle sue varie componenti e la legittimità dei provvedimenti che tale diritto attribuiscono e ne determinano l’importo, e comprese altresì quelle di risarcimento danni per l’inadempimento delle suddette obbligazioni (Cass. civ., Sez. un., 27 febbraio 2013, n. 4853);
- C) con particolare riferimento a controversie analoghe a quella in esame - aventi anch’esse ad oggetto domande di accertamento del diritto al riconoscimento del trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo vigente anteriormente alla riforma Dini, nonché domande di condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni conseguenti al mancata istituzione della previdenza complementare - il Giudice amministrativo (ex multis, T.A.R. Umbria Perugia, 7 agosto 2013, n. 432; T.A.R. Lazio, Sez. I-bis, 22 febbraio 2010, n. 2721) ha declinato la giurisdizione in favore della Corte dei Conti.

3. Inoltre, solo per completezza, il Collegio osserva che a diverse conclusioni non potrebbe pervenirsi sulla base delle pronunce, anche di questa Sezione (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 30 luglio 2013, n. 7715), con le quali il Giudice amministrativo ha ritenuto la giurisdizione in relazione a controversie (ben diverse da quella in esame) aventi ad oggetto l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di concludere, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo finalizzato all’attivazione della previdenza complementare (il c.d. secondo pilastro della riforma Dini). Infatti, in tali occasioni per fondare la giurisdizione del giudice amministrativo è stato correttamente richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. un., 12 ottobre 2009, n. 21554) - evidentemente non applicabile alla fattispecie in esame - secondo il quale per radicare la giurisdizione della Corte dei Conti «non è sufficiente la natura latamente previdenziale della prestazione richiesta, ma occorre altresì che tale prestazione sia dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell’ambito di un rapporto (previdenziale, appunto) che trovi fonte esclusiva nella legge e abbia causa, soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di lavoro, il quale a sua volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale come mero presupposto di fatto e non come momento genetico del diritto alla prestazione».

4. Tenuto conto di quanto precede, il presente ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia devoluta alla giurisdizione della Corte dei Conti di cui all’art. 13 e 62 del R.D. n. 1214/1934.

5. In ragione della parziale novità delle questioni trattate, nonché della definizione in rito della presente controversia, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 4932/2009, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia devoluta alla giurisdizione della Corte dei Conti.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Silvia Martino, Consigliere
Carlo Polidori, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/04/2015
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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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c'è anche questa in data odierna e con lo stesso giudizio.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201505812,
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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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anche questa

SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201505805

e questa

SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201505803,
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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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La posto qui, anche se non riguarda l'Avv. Mandolesi.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PUGLIA SENTENZA 249 2016 PENSIONI 11/07/2016
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Sent. 249/2016


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PUGLIA
in composizione monocratica

IL GIUDICE
cons. dott. Antongiulio Martina
ha pronunciato, nella pubblica udienza del 13 maggio 2016 dando, nella stessa udienza, lettura del dispositivo e fissando in giorni sessanta il termine per il deposito del provvedimento, la seguente
SENTENZA

sui ricorsi, iscritti ai nn°32537, 32538 e 32539 del registro di segreteria, proposti, rispettivamente, dai sigg.ri F. Antonio, C. Francesco e D. Michele, rappresentati e difesi, in virtù di procura a margine dei ricorsi, dall’ avv. Antonio Savino, presso il cui studio, in Bari alla p.zza Garibaldi 54, sono elettivamente domiciliati;

contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di procura generale alle liti per atto notar Paolo Castellini, rep. n° 80974 del 21.07.2015, dall’avv. Giuseppe Borrelli, ed elettivamente domiciliato in Bari alla via Putignani 108, presso l’Ufficio dell’Avvocatura Distrettuale dell’I.N.P.S.;

COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA

Visto il ricorso;
esaminati gli atti ed i documenti di causa;
udito, all’ udienza del 13 maggio 2016, l’avv. Fabrizio Occhinegro, in sostituzione dell’avv. Antonio Savino, per i ricorrenti, l’avv. Giuseppe Borrelli, per l’I.N.P.S., ed il m.llo Donato Pa., in rappresentanza del Comando Generale della Guardia di Finanza.


Ritenuto in
FATTO

Con distinti ricorsi, di analogo contenuto, notificati in data 01.12.2015 e depositati in Segreteria l’ 11.12.2015, i ricorrenti in epigrafe, in servizio presso il Comando Regionale Puglia della Guardia di Finanza, rispettivamente, dal 15.01.1984 (il Brig. F. Antonio), dal 30.09.1987 (l’App. Sc. C. Francesco) e dal 18.10.1983 (il M.A.m. D. Michele), dolendosi che, come è dato evincere dai rispettivi cedolini paga, essi istanti sono soggetti al sistema pensionistico contributivo, nonostante che alla data del 31.12.1997, potessero far valere un’anzianità contributiva superiore a 18 anni - circostanza che, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto consentire ex lege la conservazione del proprio diritto al trattamento pensionistico da liquidarsi per intero con il sistema retributivo - dopo aver proposto istanze intese ad ottenere l’applicazione della normativa precedente la riforma Dini e che, quindi, fosse adottato il metodo di calcolo della pensione secondo il sistema retributivo in luogo di quello contributivo, dirette al Comando generale della Guardia di Finanza ed all’I.N.P.S. che ha respinto le istanze proposte dai ricorrenti evidenziando come gli stessi fossero interessati dal sistema di calcolo misto della pensione , retributivo per gli anni fino al 31.12.1995 e contributivo per quelli successivi, hanno adito questa Sezione giurisdizionale regionale chiedendo che venga accertato e dichiarato il diritto di essi istanti “di ottenere il riconoscimento del trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo vigente ante Riforma Dini (L. 335/1995) così come mantenuta in vigore dall’art. 8 del D.Lgs. 30.04.1997 n°165, salva l’applicazione dell’aliquota di rendimento più favorevole, quanto meno fino alla data del 1° gennaio 2012” con condanna di chi di ragione al pagamento delle spese di giudizio.

Con i suddetti ricorsi, premessa la sussistenza della competenza giurisdizionale esclusiva di questa Corte a conoscere della domanda proposta, i sigg.ri F.. Antonio, C.. Francesco e D.. Michele, evidenziato che, in sede di riforma, il legislatore del 1995 aveva previsto che il “gap economico” fra il sistema retributivo e quello contributivo avrebbe dovuto essere ovviato dal secondo pilastro della previdenza ovverosia dalla previdenza complementare (da realizzarsi attraverso fondi pensione cui i lavoratori aderiscono in forma collettiva) che, tuttavia, non sarebbe mai stato concretamente avviato per il personale del comparto Difesa e Sicurezza, richiamato il disposto di cui all’art. 1, commi 12 e 13, della L. 335/1995 nonché il D.Lgs. 165/1997 emanato in attuazione della delega di cui all’art. 2, comma 23, della L 335/1995, volta ad emanare norme intese ad armonizzare i trattamenti pensionistici – fra cui quelli riservati ai militari del Corpo – ai principi ispiratori della citata Legge, a decorrere dal 01.01.1998, così come espressamente sancito dall’art. 8 del medesimo decreto, hanno dedotto che, pertanto, “l’armonizzazione ai principi ispiratori della L. 335/1995 dei trattamenti pensionistici dei militari delle forze armate è avvenuta soltanto a seguito dell’emanazione del succitato art. 8 del D.Lgs. 165/1997 facendo, così, soggiacere l’accesso ai trattamenti pensionistici del personale militare e delle forze di polizia alla disciplina vigente sino al 01.01.1998” e che “pertanto, alla data del 31.12.1997 - data di entrata in vigore delle suesposte “norme delegate” di “armonizzazione” di cui al D.Lgs. 165/1997 - il requisito richiesto dalle «disposizioni dei rispettivi ordinamenti» (previgenti rispetto alla novella del 1997 appunto così come disposto ai sensi del medesimo art. 8 del Decreto), determinante ai fini della conservazione del diritto ad un trattamento pensionistico da liquidarsi per intero con il previgente sistema retributivo, consisteva proprio nel possesso di almeno 18 anni di anzianità contributiva”, hanno evidenziato come essi istanti alla data del 31.12.1997 potessero far valere un anzianità contributiva di rispettivamente aa. 18 mm. 5 gg. 11 (il F..), aa. 18 mm. 11 e gg. 12 (il C..) ed aa. 19 e mm. 6 e gg. 0 (il D..), allegando che sia l’art. 2, comma 23, lett. b), ultimo periodo della L. 335/1995 sia l’art. 8, ultimo periodo, del D.Lgs. 165/1997, avrebbero “mantenuto le disposizioni in vigore, per il personale di che trattasi, sino all’emanazione delle norme delegate, ovverosia fino al 31.12.1997, atteso che il summenzionato decreto non ha previsto alcuna deroga ai principi fondamentali contenuti nella L. 335/1995.

Con distinte memorie, di analogo contenuto, depositate in Segreteria in data 18.03.2016, si è costituito con riferimento ai giudizi in epigrafe, il Comando generale della Guardia di Finanza il quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dei ricorsi ed ha concluso chiedendone il rigetto in quanto inammissibili o, comunque, infondati, con consequenziale condanna delle controparti alle spese di giudizio ex artt. 91 e 96 c.p.c..

Con note difensive depositate in Segreteria il 04.05.2016, il procuratore dei ricorrenti ha chiesto la riunione dei giudizi in epigrafe fra di loro e con altri giudizi assegnati ad altro magistrato della Sezione.

Con distinte memorie, di analogo contenuto, depositate in Segreteria il 12.05.2016, si è costituito l’I.N.P.S., il quale ha eccepito l’ infondatezza dei ricorsi ed ha concluso chiedendone il rigetto.

All’odierna udienza, il procuratore dei ricorrenti, riportandosi alle note difensive di replica depositate in data 4 maggio 2016, ha insistito sulla richiesta preliminare di riunione dei suddetti giudizi ad altro giudizio, iscritto al n. 32535, assegnato ad altro magistrato della Sezione, “per palese connessione oggettiva di giudizi sovrapponibili per il petitum e la causa petendi differenziati unicamente dalla diversità dei ricorrenti accomunati comunque dal medesimo status pensionistico e dalla comune appartenenza al Corpo della Guardia di Finanza”, il procuratore dell’I.N.P.S. si è opposto alla richiesta di riunione per assenza di presupposti oggettivi e soggettivi e si è riportato, per il merito, alle conclusioni in memoria di costituzione ed il rappresentante del Comando generale della Guardia di Finanza non si è opposto alla richiesta di riunione e, nel merito, si è riportato alla memoria di costituzione.

Considerato in
DIRITTO

1.Preliminarmente, reputa la Sezione che debba essere disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, ai sensi dell’art. 151 disp. att. c.p.c., che prevede la riunione delle cause anche quando, come nella specie, i giudizi, non altrimenti connessi, lo siano soltanto per identità delle questioni dalla cui risoluzione dipende, totalmente o parzialmente, la loro decisione, non potendosi revocare in dubbio che la riunione, lungi dall’aggravare o ritardare il processo, realizzi esigenze di economia processuale.

Di converso, reputa questo giudice che debba essere disattesa la richiesta, formulata dal procuratore dei ricorrenti, di riunione dei ricorsi in epigrafe con altri analoghi ricorsi proposti da altri ricorrenti assegnati ad altro magistrato della Sezione e che sarebbero parimenti connessi per identità delle questioni, considerato che la richiesta riunione comportando la previa rimessione dei giudizi, ai sensi dell’art. 274, secondo comma, c.p.c., al Presidente della Sezione, lungi dal rispondere ad esigenze di economia processuale ne ritarderebbe il corso.

2. Sempre in via preliminare, reputa la Sezione che debba essere disattesa l'eccezione di inammissibilità dei gravami “per carenza di interesse a ricorrere”, sollevata dal resistente Comando Generale della Guardia di Finanza, che ha evidenziato come i ricorrenti risultino, a tutt'oggi, in servizio e non abbiano presentato domanda di pensione , per assenza dei requisiti contributivi e di età.

Reputa, infatti, questo giudice che non possa revocarsi in dubbio, l’interesse dei ricorrenti (cfr. art. 100 c.p.c.) all’accertamento, ancor prima della cessazione dal servizio, di profili rilevanti in ordine all’an ed al quantum del trattamento pensionistico che possa, in futuro, spettare loro.

3. Nel merito i ricorsi sono infondati e non meritano accoglimento.

Ai fini di una piana esposizione, è appena il caso di premettere che l’art. 1 della L. 335/1995 di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare , dopo aver previsto, al sesto comma, che l'importo della pensione annua nell'assicurazione generale obbligatoria e nelle forme sostitutive ed esclusive della stessa, è determinato secondo il sistema contributivo moltiplicando il montante individuale dei contributi per il coefficiente di trasformazione di cui all'allegata tabella A relativo all'età dell'assicurato al momento del pensionamento, ha disciplinato ai commi dodicesimo e tredicesimo, il regime pensionistico per i lavoratori iscritti alle suddette forme di previdenza, prevedendo che per coloro che, alla data del 31 dicembre 1995, potessero far valere un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione sia determinata dalla somma:
a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione , secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data;
b) della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo, e che, per coloro che, alla suddetta data, potessero far valere un'anzianità contributiva di almeno diciotto anni, la pensione fosse interamente liquidata secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo.

Come è noto, l’art. 24, secondo comma, del D.L. 201/2011 conv. in L. 214/2011 ha poi previsto che “a decorrere dal 1° gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo”, assoggettando, pertanto, al sistema contributivo, a decorrere dalla suddetta data del 01.01.2012, anche gli iscritti che, potendo vantare alla data del 31.12.1995, un’anzianità contributiva superiore a 18 anni, non vi erano, per l’innanzi, soggetti.

Premesso quanto innanzi, si osserva che, come è dato evincere dai rispettivi ricorsi introduttivi, gli odierni ricorrenti, alla data del 31.12. 1995, non avevano maturato un’anzianità contributiva di 18 anni, sicché, a termini dell’art. 1, dodicesimo comma, L. 335/1995 devono considerarsi soggetti al “sistema misto” e cioè, al sistema retributivo per le anzianità maturate sino alla suddetta data del 31.12.1995 ed al sistema contributivo per le anzianità maturate successivamente alla suddetta data.

Nondimeno, i ricorrenti si dolgono dell’assoggettamento (scilicet: a decorrere dal 31.12.1995) al sistema contributivo, assumendo che spetterebbe, invece, loro, quantomeno sino alla data dei 31.12.2011, il sistema retributivo.

A fondamento dell’assunto i ricorrenti hanno invocato l’art. 8 del D.Lgs. 165/1997, recante “attuazione delle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego”.

Il citato art. 8 del D.Lgs. 165/1997, inserito nel titolo primo, relativo al personale delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, delle Forze di polizia ad ordinamento civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prevede che “le disposizioni di cui al presente titolo entrano in vigore dal 1 gennaio 1998” e che “fino a quella data continuano ad applicarsi le disposizioni dei rispettivi ordinamenti, e, se più favorevole, quella dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724” (che ha previsto che, con effetto dal 1 gennaio 1995 le disposizioni in materia di aliquote annue di rendimento ai fini della determinazione della misura della pensione dell'a.g.o., pari al 2% per cento, sono estese ai regimi pensionistici sostitutivi, esclusivi ed esonerativi dell'assicurazione predetta, per le anzianità contributive o di servizio maturate a decorrere da tale data”).

Secondo i ricorrenti, il requisito della maturazione di un’anzianità contributiva di 18 anni, prescritto dall’art. 1, tredicesimo comma, della L. 335/1995, perché l’iscritto possa aver diritto alla pensione secondo il sistema retributivo, andrebbe riferito, per il personale militare e delle forze di polizia cui ha riguardo il D.Lgs. 165/1997, alla data del 01.01.1998 di entrata in vigore del suddetto D.Lgs., per cui considerato che alla suddetta data del 01.01.1998 essi istanti avevano maturato un’anzianità contributiva di, rispettivamente, aa. 18 mm. 5 gg. 11 (il FU..), aa. 18 mm. 11 e gg. 12 (il CA..) ed aa. 19 e mm. 6 e gg. 0 (il DE.), spetterebbe loro l’applicazione del sistema retributivo.

L’assunto è palesemente infondato.

In primis, per l’ovvia constatazione che “le disposizioni del presente titolo” e cioè del titolo I del D.Lgs. 165/1997 che, a termini dell’art.8 dello stesso D.Lgs., “entrano in vigore dal 1 gennaio 1998” non disciplinano il sistema, retributivo, contributivo o misto di determinazione del trattamento pensionistico, ma tutt’altre materie ed in particolare i limiti di età per la cessazione dal servizio (art. 2), l’ausiliaria (art. 3), la maggiorazione della base pensionabile (art.4), il computo dei servizi operativi ed il riconoscimento dei servizi pre - ruolo (art.5), l’accesso alla pensione di anzianità (art. 6).

Non può revocarsi in dubbio che il legislatore delegato nel prevedere che “fino a quella data” e, cioè, fino al 1° gennaio 1998, di entrata in vigore delle suddette disposizioni di cui al titolo I del D.Lgs. 165/1997, continuassero ad applicarsi le “disposizioni dei rispettivi ordinamenti” ha inteso evidentemente riferirsi, per l’evidente correlazione, alle disposizioni che disciplinavano le medesime materie di cui al titolo I del decreto, materie dalle quali, come innanzi evidenziato, esula totalmente il regime di determinazione, secondo il sistema retributivo, contributivo o misto, del trattamento pensionistico.

D’altro canto, ove anche si potesse ipotizzare, contro ogni evidenza, che l’art. 8 del D.Lgs. 165/1997 possa interpretarsi nel senso che, sino alla data del 01.01.1998, di entrata in vigore delle disposizioni di cui al titolo I del suddetto decreto, dovessero continuare ad applicarsi le disposizioni in materia di determinazione della pensione , secondo il sistema retributivo, vigenti anteriormente alla L.335/1995, non se ne potrebbero, comunque, inferire le conclusioni che se ne sono intese trarre.

E’ evidente, infatti, che la soluzione interpretativa prospettata dai ricorrenti, ove fondata – ma si è rilevato come non lo sia - potrebbe, tutt’al più, comportare l’applicazione del sistema retributivo alle anzianità contributive maturate sino al 01.01.1998, ma non certo, in difetto di un’espressa previsione in tal senso, l’assunzione della data del 01.01.1998 in luogo della data del 31.12.1995 quale data di riferimento al fine di discriminare, in ragione dell’anzianità contributiva maturata alla stessa data, il regime di determinazione del trattamento pensionistico, secondo il sistema retributivo, contributivo o misto; in altri termini, deve escludersi che, ai fini della liquidazione dell’intera pensione secondo il sistema retributivo (salvo lo ius superveniens di cui all’art. 24, secondo comma, del D.L. 201/2011), il requisito della maturazione di un’ anzianità contributiva di almeno 18 anni previsto dall’art. 1, tredicesimo comma, L. 335/1995, possa essere riferito, anziché alla data del 31.12.1995, alla data del 01.01.1998.

E’, d’altro canto, appena il caso di osservare come l’assunzione, per il solo personale militare e delle forze di polizia, della data del 01.01.1998, in luogo della data del 31.12.1995, quale data di riferimento ai fini della determinazione del sistema di calcolo della pensione , appaia priva di giustificazione logica, non trattandosi di profilo che possa considerarsi investito dalle note peculiarità del rapporto di lavoro del suddetto personale, sicché evidentemente, la differenziazione nel senso prospettato dai ricorrenti si risolverebbe in un regime ingiustificatamente discriminatorio nei confronti della generalità degli iscritti.

E’ evidente, d’altro canto, come nessun rilievo possa annettersi alla mancata realizzazione per il personale militare e delle forze di polizia di un sistema di previdenza complementare .

In proposito si osserva come la L. 335/1995 si proponesse, inter alios, l'agevolazione delle forme pensionistiche complementari allo scopo di consentire livelli aggiuntivi di copertura (c.d. “secondo pilastro”; cfr. art.1, primo comma) e come, a tal fine, la stessa legge, all’art. 11, avesse modificato la disciplina del trattamento tributario di contributi e prestazioni di cui all’art. 13 del D.Lgs. 124/1993.

Le forme di previdenza per l'erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio sono state, quindi, disciplinate dal D.Lgs. 252/2006, che ha previsto che “per il personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 possono essere istituite mediante i contratti collettivi di cui al titolo III del medesimo decreto legislativo e che, per il personale dipendente di cui all'art. 3, primo comma, del medesimo decreto legislativo - nel novero del quale è compreso il personale militare e delle forme di polizia - le forme pensionistiche complementari possano essere istituite secondo le norme dei rispettivi ordinamenti ovvero, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi da loro associazioni.

Come già evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. giur. Abruzzo, 19.03.2013 n°89) trattasi di previsioni programmatiche inidonee a fondare diritti azionabili in giudizio.

A fortiori, deve escludersi che la mancata attuazione di un sistema di previdenza complementare possa spiegare alcuna incidenza sulla disciplina del trattamento pensionistico di cui all’a.g.o. ed alle forme sostitutive ed esclusive della stessa.

Alla luce delle suesposte considerazioni, i ricorsi proposti non meritano accoglimento.

Reputa, nondimeno, la Sezione che in considerazione della novità delle questioni, ricorrano giusti motivi per dichiarare integralmente compensate fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sui ricorsi, iscritti ai nn°32537, 32538 e 32539 del registro di segreteria, proposti, rispettivamente, dai sigg.ri FU.. Antonio, CA.. Francesco e DE.. Michele contro il COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, e l’I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, previa riunione in rito dei ricorsi stessi, così provvede:

1) respinge i ricorsi;

2) dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Bari, il 13 maggio 2016.
IL GIUDICE
(F.to Antongiulio Martina)

Depositata in Segreteria l’11/07/2016

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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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La Corte dei Conti Lazio precisa:
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DICHIARA IL PROPRIO DIFETTO DI GIURISDIZIONE

In ordine alle pretese afferenti a:

corresponsione della quota percentuale pari alla differenza di rendimento tra il fondo previsto dall’art. 12 del AQN in materia di trattamento di fine rapporto e previdenza complementare per i dipendenti pubblici del 29.07.1999 e il rendimento, con rivalutazione monetaria e interessi legali dal 1995 ovvero dal 31.12.2001;

anticipazione di TFR secondo quanto stabilito dall’art. 2120 c.c.;

danni per preteso ritardo di venti anni nella definizione di quanto dovuto a titolo pensionistico ai ricorrenti.

Il resto leggetelo qui sotto.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO SENTENZA 208 2016 PENSIONI 21/06/2016
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Sent. 208/2016


REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio in sede monocratica
Il Giudice Unico delle pensioni cons. Marcovalerio POZZATO

ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A

sul ricorso iscritto al n. 74255 del registro di Segreteria,

proposto da
R. R.
S. M.
rappresentati e difesi dall’avv. Ennio Cerio

avverso
il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comando Generale della Guardia di Finanza
Assiste il Giudicante la signora Anna Maria Scalella.

Alla pubblica udienza del 15.06.2016 è comparso l’avv. Andrea Botta, per l’Amministrazione INPS resistente.

Esaminati tutti gli atti e i documenti di causa.

FATTO

I ricorrenti, dipendenti della Guardia di Finanza in servizio, affermano il proprio diritto a essere collocati in congedo con calcolo della pensione , sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare , secondo il c.d. criterio “retributivo”.

Riferisce l’atto introduttivo del giudizio che:

i ricorrenti affermano il proprio diritto, ai sensi dell’art. 38, c. 2, Cost., a vedersi assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione volontaria;

gli interessati sono stati assoggettati ai nuovi (più penalizzanti) criteri di calcolo dell’ordinario trattamento di quiescenza;

sono entrati in amministrazione dopo il 31.12.1995 ovvero, alla medesima data, non avevano raggiunto i 18 anni di servizio;

l’applicazione del criterio “contributivo o del criterio “misto” al calcolo del proprio trattamento di quiescenza produrrà un trattamento pensionistico inferiore rispetto a quello assicurato dal sistema retributivo;

la costituzione del “secondo pilastro” (previdenza complementare ) è condizione necessaria per garantire adeguati livelli di copertura previdenziale a tutti i lavoratori penalizzati dall’introduzione dei nuovi sistemi di calcolo del trattamento pensionistico;

l’apparato pubblico ha l’obbligo di attivarsi concretamente al fine di promuovere la costituzione di forme pensionistiche complementari in favore dei ricorrenti;

in presenza di tale situazione è affermata la pretesa dei ricorrenti a ottenere un trattamento previdenziale da calcolarsi secondo il tradizionale metodo “retributivo”;

in via subordinata, è chiesta la corresponsione della quota percentuale pari alla differenza di rendimento tra il fondo previsto dall’art. 12 del AQN in materia di trattamento di fine rapporto e previdenza complementare per i dipendenti pubblici del 29.07.1999 e il rendimento, con rivalutazione monetaria e interessi legali dal 1995 ovvero dal 31.12.2001;

in via ulteriormente subordinata, è chiesta l’anticipazione di TFR secondo quanto stabilito dall’art. 2120 c.c.

La resistente Amministrazione INPS (Gestione ex INPDAP) si è costituita in giudizio (04.03.2016) chiedendo la reiezione del gravame. In tale contesto si è puntualizzato che:

in via preliminare, sussiste difetto di legittimazione passiva dell’INPS, non essendo riconosciuto dal quadro normativo in materia di previdenza quale soggetto che debba o possa istituire e costituire Fondi di previdenza complementare ;

vi è assoluta insussistenza dell’an e del quantum della richiesta risarcitoria, nonché carenza di interesse attuale a ricorrere, spettando al Legislatore stabilire tempi e modalità di riforme in tema;

solo al momento del collocamento a riposo dei ricorrenti sarà possibile verificare la misura del trattamento pensionistico concretamente conseguito rispetto a quello virtuale (al proposito, è riferita giurisprudenza di questa Sezione giurisdizionale; cfr. sent. n. 83/2016 e 1127/2012);

sussiste l’inammissibilità della richiesta di anticipazione del trattamento di fine rapporto, non sussistendo alcun diritto in capo ai dipendenti della P.A. di ottenere anticipazioni del proprio trattamento di fine rapporto o di fine servizio;

le questioni di costituzionalità si manifestano palesemente inammissibili, in quanto spetta alla discrezionalità del Legislatore, sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali, dettare la disciplina di un adeguato trattamento pensionistico, alla stregua delle risorse finanziarie attingibili (al proposito è richiamata la sent. n. 30/2004 della Corte Costituzionale).

A sostegno del gravame parte ricorrente ha depositato memoria difensiva, rilevando:

- la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti, anche con riguardo al risarcimento del danno per inadempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro;

- la controversia ha ad oggetto un “ritardo” di venti anni nella definizione di quanto dovuto a titolo pensionistico ai ricorrenti, nel corso dei quali ripetuti sono stati i solleciti fatti all’Amministrazione da più soggetti;

- sulla questione sono indubbie le competenze dell’INPS con riferimento alla pretesa pensionistica dei ricorrenti;

- la richiesta di risarcimento danni è posta in subordine, in alternativa alla richiesta principale (avente ad oggetto il diritto al calcolo della pensione secondo il sistema retributivo);

- il diritto alla costituzione dei fondi pensione è fuori dubbio, essendo prevista dalla Legge; in questo contesto, è ingiustificabile il ritardo di vent’anni maturato dalla P.A. per la loro istituzione;

- in via ulteriormente subordinata è posta la richiesta di anticipazione del T.F.R.;

- è ribadita la questione di incostituzionalità, qualora la L. n. 335/1995 venga interpretata nel senso di ritenere applicabili i nuovi metodi di calcolo del trattamento pensionistico anche in assenza dell’attuazione della previdenza complementare ; in questo contesto sarebbe altresì evidente la violazione del principio di uguaglianza, giacché a parità di condizioni ci sono soggetti che possono usufruire della previdenza complementare e soggetti, quali gli appartenenti alle FF.AA., cui tale possibilità è negata;

- sussiste altresì, nella specie, la violazione della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. e della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.

All’odierna udienza l’avv. Botta, per l’INPS, si è riportato agli atti scritti dell’Amministrazione e alle conclusioni ivi dedotte.

DIRITTO

Va premesso che secondo le modifiche introdotte nell’ordinamento dalla L. 21.7.2000, n. 205, innanzi al Giudice unico delle pensioni si applicano gli articoli 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile.

In base all’art. 420 c.p.c., pienamente vigente nel rito pensionistico di questa Corte dei conti, “la mancata comparizione” (nell’udienza di discussione) “delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione”.

Orbene, nell’udienza odierna di discussione della causa la parte ricorrente non è comparsa, senza che possa essere valorizzato alcun motivo giustificativo dell’assenza.

Per converso, l’Amministrazione INPS resistente è comparsa, insistendo per il rigetto del gravame.

Preliminarmente questo Giudicante dichiara il proprio difetto di giurisdizione in ordine a:

corresponsione della quota percentuale pari alla differenza di rendimento tra il fondo previsto dall’art. 12 del AQN in materia di trattamento di fine rapporto e previdenza complementare per i dipendenti pubblici del 29.07.1999 e il rendimento, con rivalutazione monetaria e interessi legali dal 1995 ovvero dal 31.12.2001;

anticipazione di TFR secondo quanto stabilito dall’art. 2120 c.c.;

danni per preteso ritardo di venti anni nella definizione di quanto dovuto a titolo pensionistico ai ricorrenti.

Altre richieste di parte ricorrente, oltre ad esulare dalla giurisdizione di questa Corte, pertengono alla sfera discrezionale del Legislatore: ci si riferisce, in particolare, alla pretesa a differenti modalità di determinazione pensionistica (in base al tradizionale metodo “retributivo”), alla costituzione del “secondo pilastro” (previdenza complementare ).

Le pretese dei ricorrenti sono fra l’altro in radice inammissibili non risultando che i medesimi abbiano mai interposto domanda pensionistica all’Amministrazione di attuale appartenenza (Guardia di Finanza).

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 71, lett. b), del r.d. 13.8.1939, n. 1038, i ricorsi in materia di pensione non sono ammessi se si propongono domande sulle quali non si sia provveduto in sede amministrativa.

Vale la pena rammentare, comunque, che questa Sezione giurisdizionale (cfr., per tutte, sent. n. 83/2016) ha rilevato che “la discrezionalità del legislatore nazionale può essere sindacata, alla luce dei princìpi costituzionali e di quelli del diritto comunitario, solo nel caso ini cui la norma interna sia in contrasto con tali princìpi sotto il profilo della irragionevolezza e della disparità di trattamento (con la possibilità del giudice nazionale di disapplicazione della norma stessa) o quando non sia data attuazione ad una specifica fonte normativa comunitaria (regolamento, direttiva), comportando in quest’ultima ipotesi da parte del giudice l’applicazione della norma inattuata con possibile condanna anche al risarcimento del danno.”

Nella fattispecie “la norma interna non è contraria né ai princìpi costituzionali né a quelli del diritto comunitario, ma è soltanto rimasta inattuata e poiché non è correlata ad una fonte normativa comunitaria alla quale il legislatore nazionale è tenuto ad adeguarsi il giudice non ha supporti giuridici sui quali fondare una pronuncia che in qualche modo contrasti l’inerzia di chi avrebbe il dovere di conferire al sistema pensionistico complementare dei pubblici dipendenti un definitivo assetto”.

Comunque, nel merito, la pretesa dei ricorrenti, basata su normativa non più in vigore (precedente alla L. n. 335/1995) improntata sulla liquidazione pensionistica sulla base del sistema retributiva, è manifestamente priva di giuridico fondamento.

Giova rilevare, da ultimo, che più volte il Giudice delle Leggi ha affermato che in materia di trattamenti pensionistici il Legislatore, quando deve tenere conto del quadro economico generale e delle concrete disponibilità finanziarie, legittimamente opera le sue scelte discrezionali (cfr. sentenza n. 226/1993).

Giova evidenziare, fra l’altro, la coerenza con i principi costituzionali e dell’ordinamento degli interventi legislativi vòlti a contrastare i pensionamenti anticipati rispetto alla data normale di collocamento a riposo, trattandosi di fenomeni gravemente pregiudizievoli per le pubbliche finanze.

Sulla base degli anzidetti elementi di fatto la pretesa attrice (liquidazione della pensione sulla base del c.d. calcolo “retributivo”) risulta non ammissibile e comunque manifestamente infondata nel merito.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio in composizione monocratica, definitivamente pronunciando DICHIARA IL PROPRIO DIFETTO DI GIURISDIZIONE

In ordine alle pretese afferenti a:

corresponsione della quota percentuale pari alla differenza di rendimento tra il fondo previsto dall’art. 12 del AQN in materia di trattamento di fine rapporto e previdenza complementare per i dipendenti pubblici del 29.07.1999 e il rendimento, con rivalutazione monetaria e interessi legali dal 1995 ovvero dal 31.12.2001;

anticipazione di TFR secondo quanto stabilito dall’art. 2120 c.c.;

danni per preteso ritardo di venti anni nella definizione di quanto dovuto a titolo pensionistico ai ricorrenti.

Dichiara sussistente la giurisdizione del Giudice Ordinario (Tribunale civile di Cassino), dinanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto nei termini di Legge.

DICHIARA INAMMISSIBILE

per il resto, il ricorso in epigrafe.

Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza.

Liquida in favore dell’INPS (Gestione ex INPDAP) le spese e competenze di lite nella misura complessiva di € 700,00 (settecento/00).

Così deciso in Roma in data 15.06.2016

IL GIUDICE UNICO
(F.to Cons. dott. Marcovalerio Pozzato)

Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 21/06/2016.

Per il Dirigente
F.to dott. Enrico Occhigrossi
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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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Appello rigettato

sentenza numero 395 pubblicata 11/10/2018

difesi dall’Avvocato Roberto Mandolesi
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1) - dipendenti pubblici appartenenti alla Guardia di Finanza, alla Polizia di Stato e all’ex Corpo Forestale, ancora in servizio,

2) - In subordine, i ricorrenti chiedevano la condanna al risarcimento dei danni economici conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o di fine rapporto e della connessa istituzione della previdenza complementare.

La Corte dei Conti Sezione Prima d'Appello scrive:

3) - Secondo il convincente percorso argomentativo del Giudice di primo grado, la domanda principale, intesa ad ottenere il calcolo della pensione secondo il previgente sistema retributivo, a causa della mancata attuazione del sistema di previdenza complementare, difetta dei necessari presupposti che consistono nel possesso, da parte dei ricorrenti, dei requisiti per il collocamento a riposo d’ufficio o nell’accoglimento di una domanda amministrativa di collocamento a riposo, per aver svolto il periodo di servizio minimo richiesto dalla legge a tale scopo.

4) - E la carenza di attualità dello status di pensionati rende inammissibile il ricorso, poiché inteso a sindacare le modalità di calcolo di un trattamento pensionistico non attualmente spettante, ma solo ipotetico e futuro.

5) - Non sarebbe, infatti, possibile misurare e calcolare l’entità del pregiudizio economico che solo ipoteticamente potrebbe prodursi all’atto del futuro collocamento a riposo, con conseguente indeterminatezza dell’ “an” e del “quantum” della pretesa fatta valere in giudizio.

6) - Inoltre, sia la domanda principale dei ricorrenti che quella risarcitoria, prospettata in via subordinata, mancano del requisito dell’attualità, considerato che non è dato conoscere con certezza quale sarà la disciplina normativa applicabile al momento del pensionamento di ciascuno dei ricorrenti, attuali appellanti.

7) - va rilevato che l’inammissibilità della domanda principale per carenza di interesse a ricorrere non può che coinvolgere la connessa domanda accessoria di risarcimento del danno, anch’essa mancante del requisito dell’attualità, per le ragioni innanzi prospettate.


vedi allegato
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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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CdC Toscana n. 148/2019

Primo pilastro e Secondo pilastro - pensione complementare

Ricorrente CC. pensionato.

N.B.: la palla gira sempre tra G.A. e CdC

La CdC conclude scrivendo:

1) - In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, va affermata la carenza di giurisdizione di questa Corte, in favore di quella del Giudice amministrativo, per l’aspetto relativo al risarcimento del danno asseritamente patito dal ricorrente, ricollegato per un verso, al mancato tempestivo avvio dei fondi pensione (l’esercizio dell’opzione per il passaggio al regime di trattamento di fine rapporto, avrebbe generato un montante più elevato rispetto al regime di trattamento di fine servizio)
- ) - e, per altro verso, alla maggiore tassazione IRPEF (il passaggio al TFS avrebbe dato luogo ad un ammontare deducibile più consistente).

2) - Trattasi, all’evidenza, di questioni risarcitorie non derivanti dalla gestione del rapporto pensionistico, ma trovanti causa nella mancata attuazione del “secondo pilastro”.
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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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personale ricorrente della GdiF, rappresentati e difesi dall'avvocato Roberto Mandolesi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Paolo Emilio, 34;

N.B.: vedi elenco ricorrenti

Sent. n. 8700/2019 e Sent. n. 08299/2019

1) - calcolo del trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo vigente ante riforma l. 335/95 nonché per la condanna al risarcimento del danno.

Il Tar Lazio conclude

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara estinto per rinuncia, quanto alla domanda di risarcimento; ed inammissibile quanto alla domanda principale, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo che declina in favore della Corte dei Conti.
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Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi

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per opportuna notizia,

RICORSO PERSO

Il TAR precisa:

1) - L’insussistenza di una posizione giuridica meritevole di tutela in capo all’odierno ricorrente con riguardo all'inadempimento delle Amministrazioni convenute nella attivazione e costituzione delle forme di previdenza complementare, depriva, invero, di per sé di ogni consistenza l’azione risarcitoria dal medesimo avanzata.

2) - Ne deriva che, essendo l’odierno ricorrente privo di legittimazione attiva a contestare l’inadempimento dell’Amministrazione circa la previsione legislativa dettata dalla legge 8 agosto 1995 n. 335 sulla previdenza complementare, da attuarsi attraverso i cd. "Fondi pensione" relativamente al personale del pubblico impiego (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 8.3.2011, n.2092; id. n. 8008 del 2010; ancora nn. 7448, 7456 e 7458 del 19 aprile 2010 e n. 10560 del 30 ottobre 2009 e n. 2991 del 24 febbraio 2010), non esiste, di fatto, un inadempimento illegittimo foriero di danno.

3) - La pretesa risarcitoria dal medesimo avanzata è, dunque, palesemente infondata per insussistenza del pre-requisito essenziale della fattispecie risarcitoria azionata ovvero, come sottolineato dalla difesa erariale, “non può configurarsi una concreta fattispecie di danno risarcibile … a favore dei soggetti a cui è stata negata la tutela in sede giurisdizionale del in forma specifica (l’attivazione della previdenza complementare di tipo negoziale)”.
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