Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Feed - CARABINIERI

panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

riabilitazione

revoca licenza di porto di fucile per tiro a volo

1) - I provvedimenti impugnati (la revoca della licenza e il diniego di riesame) sono motivati con la circostanza che l’interessato ha riportato, nel giugno 1998, una condanna “patteggiata” per furto aggravato; e con la considerazione che l’art. 43, t.u.l.p.s., tassativamente esclude che chi ha riportato condanne per determinati reati (fra i quali il furto aggravato) possa ottenere il porto d’armi.

2) - Il provvedimento emesso in sede di riesame dà atto che il reato era stato dichiarato estinto ai sensi dell’art. 445, comma 2, c.p.p. ma aggiunge che «la concessa estinzione non preclude comunque a questa Autorità la possibilità di valutare il fatto storico che proprio in ragione della tipologia di violazione commessa rimane comunque grave».

IL CONSIGLIO DI STATO chiarisce:

3) - Il Collegio non può che richiamarsi alle proprie decisioni in materia, fra le quali le sentenze n. 4630/2011, n. 3842/2012 e n. 4731/2012, che hanno puntualizzato l’interpretazione dell’art. 43, t.u.l.p.s..

4) - In quelle decisioni (ed altre) si è precisato che l’effetto preclusivo, vincolante ed automatico, proprio di quelle condanne penali, viene parzialmente meno una volta intervenuta la riabilitazione (ovvero l’estinzione ex art. 445, c.p.p.); più precisamente, viene meno l’automatismo. La condanna, per quanto remota e superata dalla riabilitazione, non perde la sua rilevanza in senso assoluto, ma perde l’automatismo preclusivo. Può semmai essere preso a base di una valutazione discrezionale, che terrà conto di ulteriori elementi, quali ad esempio altre circostanze (non necessariamente di carattere penale) ovvero la intrinseca gravità del reato, e simili.

Per completezza dei fatti/motivi cmq. vi invito ha leggere qui sotto.

---------------------------------------------------------------------------------------------

10/07/2013 201303719 Sentenza 3


N. 03719/2013REG.PROV.COLL.
N. 10364/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10364 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS;

contro
Ministero dell'Interno, Questura di Roma, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 04859/2011, resa tra le parti, concernente revoca licenza di porto di fucile per tiro a volo

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2013 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati …… e dello Stato Spina Maria Luisa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, è stato destinatario del decreto in data 25 febbraio 2011 con cui il Questore di Roma gli ha revocato la licenza di porto di fucile per tiro a volo. L’interessato ha presentato al Questore una istanza di riesame; l’istanza è stata respinta con atto notificato il 6 aprile 2011.

L’interessato ha proposto ricorso al T.A.R del Lazio, ma il ricorso è stato respinto con sentenza n. 4859/2011. E’ seguito l’appello dell’interessato a questo Consiglio. Resiste all’appello l’Avvocatura dello Stato.

2. I provvedimenti impugnati (la revoca della licenza e il diniego di riesame) sono motivati con la circostanza che l’interessato ha riportato, nel giugno 1998, una condanna “patteggiata” per furto aggravato; e con la considerazione che l’art. 43, t.u.l.p.s., tassativamente esclude che chi ha riportato condanne per determinati reati (fra i quali il furto aggravato) possa ottenere il porto d’armi.

Il provvedimento emesso in sede di riesame dà atto che il reato era stato dichiarato estinto ai sensi dell’art. 445, comma 2, c.p.p. ma aggiunge che «la concessa estinzione non preclude comunque a questa Autorità la possibilità di valutare il fatto storico che proprio in ragione della tipologia di violazione commessa rimane comunque grave».

3. Il Collegio non può che richiamarsi alle proprie decisioni in materia, fra le quali le sentenze n. 4630/2011, n. 3842/2012 e n. 4731/2012, che hanno puntualizzato l’interpretazione dell’art. 43, t.u.l.p.s..
In quelle decisioni (ed altre) si è precisato che l’effetto preclusivo, vincolante ed automatico, proprio di quelle condanne penali, viene parzialmente meno una volta intervenuta la riabilitazione (ovvero l’estinzione ex art. 445, c.p.p.); più precisamente, viene meno l’automatismo. La condanna, per quanto remota e superata dalla riabilitazione, non perde la sua rilevanza in senso assoluto, ma perde l’automatismo preclusivo. Può semmai essere preso a base di una valutazione discrezionale, che terrà conto di ulteriori elementi, quali ad esempio altre circostanze (non necessariamente di carattere penale) ovvero la intrinseca gravità del reato, e simili.

4. A ben vedere, in questo caso il Questore, con le parole «la concessa estinzione non preclude comunque a questa Autorità la possibilità di valutare il fatto storico che proprio in ragione della tipologia di violazione commessa rimane comunque grave», ha recepito correttamente le indicazioni della giurisprudenza. Sotto questo profilo, dunque, gli atti impugnati sono esenti da vizi, o più precisamente lo è il secondo, che peraltro sostituisce e assorbe il primo.

5. Nondimeno, se il provvedimento in esame risulta corretto nella parte in cui si dà carico di esprimere una valutazione discrezionale che abbia per oggetto “il fatto storico”, la sua motivazione appare tuttavia inadeguata. Ed invero nulla viene detto delle caratteristiche oggettive del “fatto storico” (si sa solo che l’interessato è stato giudicato a suo tempo per “furto aggravato” senza ulteriori precisazioni sulle circostanze, sulla natura e sul valore della refurtiva, etc.), tanto meno delle ragioni per cui l’autorità di p.s. considera quel fatto rilevante e significativo tanto da sconsigliare una licenza di porto d’armi per uso sportivo (tiro a volo) a distanza di circa tredici anni.

6. In questo senso e in questi limiti va accolta l’impugnazione dell’interessato.

Per effetto della presente decisione, annullata la sentenza del T.A.R., gli atti impugnati in primo grado sono a loro volta annullati e l’autorità di p.s. avrà il potere-dovere di riesaminare il caso e pronunciarsi nuovamente con una motivazione più approfondita.

Il fatto che qui non si affermi definitivamente che all’interessato spetta la licenza richiesta, ma solo che l’amministrazione deve nuovamente provvedere, giustifica la compensazione delle spese per l’intero giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello nel senso e con gli effetti di cui in motivazione. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2013


panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Ricorso respinto.

1) - il maresciallo capo dei carabinieri domanda l’annullamento del silenzio-rigetto formatosi sul ricorso gerarchico proposto avverso il decreto di diniego del rilascio di porto di pistola per difesa personale emesso il 21.08.2008 dal Prefetto di Forlì.

2) - Il provvedimento impugnato è stato emesso sul presupposto che la necessità di difesa personale, allegata a fondamento dell’istanza di rilascio del porto di pistola, risulta già soddisfatta dalla disponibilità dell’arma di servizio.

3) - Il ricorrente censura tale motivazione, evidenziando che la stessa gli preclude di difendersi con arma diversa da quella di servizio e al di fuori dell’orario in cui lo presta.

IL CONSIGLIO DI STATO precisa:

4) - La censura è infondata.

5) - Gli ufficiali di p.g. appartenenti alla forza dei Carabinieri sono legittimati a portare l’arma in dotazione al di fuori dell’orario di servizio. Per ottenere un porto d’armi aggiuntivo, a titolo privato, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare un rischio per la propria incolumità eccedente quello genericamente connesso allo svolgimento delle funzioni. Tale prova non è stata fornita, né l’area territoriale in cui lo stesso opera – la provincia di Forlì – risulta tra quelle caratterizzate da un tasso elevato di presenza e ferocia della criminalità. La circostanza, poi, che l’arma in dotazione sia scomoda da indossare in abiti civili, non è rilevante rispetto ai criteri che presiedono alla valutazione in ordine alla opportunità del rilascio dell’autorizzazione richiesta

Il resto leggetelo qui sotto.
------------------------------------------------------------------------------------------------------

23/10/2013 201102055 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 09/10/2013


Numero 04352/2013 e data 23/10/2013


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 9 ottobre 2013

NUMERO AFFARE 02055/2011

OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento pubblica sicurezza.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal maresciallo capo dei Carabinieri OMISSIS per l’annullamento del silenzio-rigetto formatosi sul ricorso gerarchico proposto avverso il decreto di diniego del rilascio di porto di pistola per difesa personale emesso il 21.08.2008 dal Prefetto di Forlì;
LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 557/PAS.8667-10100.A.32(8) in data 09/05/2011 con la quale il Ministero dell'interno - Dipartimento pubblica sicurezza ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo;

PREMESSO:
Con il ricorso in epigrafe il maresciallo capo dei carabinieri OMISSIS domanda l’annullamento del silenzio-rigetto formatosi sul ricorso gerarchico proposto avverso il decreto di diniego del rilascio di porto di pistola per difesa personale emesso il 21.08.2008 dal Prefetto di Forlì.

A fondamento del ricorso deduce plurimi motivi di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il Ministero riferente ha concluso perché il ricorso sia respinto.

CONSIDERATO:

Il provvedimento impugnato è stato emesso sul presupposto che la necessità di difesa personale, allegata a fondamento dell’istanza di rilascio del porto di pistola, risulta già soddisfatta dalla disponibilità dell’arma di servizio.

Il ricorrente censura tale motivazione, evidenziando che la stessa gli preclude di difendersi con arma diversa da quella di servizio e al di fuori dell’orario in cui lo presta.

La censura è infondata.

Gli ufficiali di p.g. appartenenti alla forza dei Carabinieri sono legittimati a portare l’arma in dotazione al di fuori dell’orario di servizio. Per ottenere un porto d’armi aggiuntivo, a titolo privato, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare un rischio per la propria incolumità eccedente quello genericamente connesso allo svolgimento delle funzioni. Tale prova non è stata fornita, né l’area territoriale in cui lo stesso opera – la provincia di Forlì – risulta tra quelle caratterizzate da un tasso elevato di presenza e ferocia della criminalità. La circostanza, poi, che l’arma in dotazione sia scomoda da indossare in abiti civili, non è rilevante rispetto ai criteri che presiedono alla valutazione in ordine alla opportunità del rilascio dell’autorizzazione richiesta.

P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Giuseppe Barbagallo




IL SEGRETARIO
Giovanni Mastrocola
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Rilascio porto di pistola per difesa personale - agente della Polizia di Stato

1) - parere negativo del Comando provinciale della Polizia, motivato con riferimento alla mancanza di rischi derivanti dall’attività svolta.

2) - il problema del dimensionamento dell’armamento dei poliziotti in servizio non ha alcuna attinenza con la richiesta di una licenza di porto d’armi per difesa personale

3) - il dovere di soccorso che grava sui pubblici ufficiali fuori dal servizio non comporta un obbligo di girare armato ed in ogni caso, essendo un’estensione degli obblighi di servizio, dev’essere svolto esclusivamente con l’armamento di servizio.

Il resto leggetelo qui sotto.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------

11/12/2013 201302794 Sentenza 3


N. 02794/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02630/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2630 del 2012, proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. G. F., con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar Lombardia in Milano via Corridoni, 39;

contro
Ministero dell'Interno - Prefettura di Milano, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, domiciliata in Milano, via Freguglia, 1;

per l'annullamento
pubblica sicurezza - armi e munizioni - licenza - porto di pistola per difesa personale - rilascio

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Prefettura di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2013 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, agente della Polizia di Stato, impugna il diniego di rilascio del porto di pistola per difesa personale, emanato dalla Prefettura sulla base del parere negativo del Comando provinciale della Polizia, motivato con riferimento alla mancanza di rischi derivanti dall’attività svolta, per le seguenti ragioni.

I) Violazione di legge ed eccesso di potere in quanto l’amministrazione non avrebbe adeguatamente valutato le motivazioni della richiesta, che sono legate alle dimensioni della pistola d’ordinanza, che la rendono difficilmente utilizzabile allorchè circola in abiti borghesi, essendo per dimensioni e peso difficilmente occultabile e di non agevole portabilità, sicchè egli si espone al rischio di subire aggressioni e rappresaglie da parte dei malavitosi con i quali entra in contatto per ragioni di servizio.

I) Violazione dell’art. 42 del R.D. n. 773/1931 ed eccesso di potere. Secondo il ricorrente i presupposti dell’accertato bisogno del possesso dell’arma non verrebbero meno per l’attestazione negativa del Comando di Polizia ma si troverebbero nel più generale dovere di intervento che grava sull’agente di polizia anche fuori dal servizio.

La difesa dello Stato ha chiesto la reiezione del ricorso.

All’udienza del 5 novembre 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Il ricorso è infondato.

Il primo motivo di ricorso è infondato in quanto il problema del dimensionamento dell’armamento dei poliziotti in servizio non ha alcuna attinenza con la richiesta di una licenza di porto d’armi per difesa personale. Infatti il ricorrente in servizio porta l’arma d’ordinanza senza bisogno di licenza personale e deve sottostare alle regole sul possesso di armi dettate dal suo Comando, con la conseguenza che non potrebbe mai sostituire l’arma di ordinanza con altra in suo possesso ad altro titolo.

Il secondo motivo è infondato in quanto il dovere di soccorso che grava sui pubblici ufficiali fuori dal servizio non comporta un obbligo di girare armato ed in ogni caso, essendo un’estensione degli obblighi di servizio, dev’essere svolto esclusivamente con l’armamento di servizio.

In definitiva quindi il ricorso va respinto.

Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Alberto Di Mario, Primo Referendario, Estensore
Fabrizio Fornataro, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/12/2013
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

rigetto istanza per il rilascio di licenza di porto di fucile per uso caccia

Ricorso in Appello ACCOLTO.

---------------------------------------------------------------------------------------------------
13/02/2014 201400089 Sentenza 1


N. 00089/2014REG.PROV.COLL.
N. 00880/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 880 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso OMISSIS in Palermo, via Oberdan 5;

contro
Questura di Agrigento, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi 81;

per la riforma
della sentenza del TAR SICILIA - PALERMO :Sezione I n. 00587/2011, resa tra le parti, concernente rigetto istanza per il rilascio di licenza di porto di fucile per uso caccia

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 il Cons. Giuseppe Barone e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS e l'avv. dello Stato La Rocca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente aveva presentato al Questore della Provincia di Agrigento domanda per ottenere il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia, domanda che veniva rigettata con provvedimento del 6.3.2006.

Il sig. OMISSIS impugnava il predetto provvedimento del Questore dinanzi al TAR competente, deducendo i seguenti vizi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis L. 241/90, introdotto dalla L. 15/2005;
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 39 del T.U. 18.6.1931 n. 773;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, L 241/90. Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria ed illogicità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione.

In primo grado si è costituita l’Amministrazione intimata con apposita memoria chiedendo il rigetto del ricorso.

Il TAR con la sentenza 587/2011 ha rigettato il gravame, ritenendo sostanzialmente che il provvedimento impugnato risulta adeguatamente motivato con l’indicazione dei fatti, che impediscono l’accoglimento dell’istanza di porto d’armi e che, anche quando l’interessato avesse avuto notificato il preavviso del provvedimento negativo, nulla avrebbe potuto addurre che potesse influire sulla decisione adottata, così che il preavviso del provvedimento in corso di adozione non sarebbe servito a nulla.

Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso in appello il sig. OMISSIS chiedendone la riforma.

Il ricorrente ha contestato i fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e, in particolare, ha osservato come nei suoi confronti non sussista nessun carico pendente e che dal certificato penale del casellario giudiziale non risulta alcuna iscrizione per reati che potessero giustificare il provvedimento impugnato. Lo stesso varrebbe per le persone con le quali di tanto in tanto si accompagna.

Ha riproposto quindi il vizio di carenza di istruttoria e di difetto di motivazione del provvedimento impugnato, che, da un lato, non esternerebbe compiutamente le ragioni di fatto e di diritto che hanno indotto l’Amministrazione a rigettare l’istanza di porto d’armi, mentre, dall’altro, utilizzerebbe elementi inadeguati.

Si è costituita l’Amministrazione intimata con l’Avvocatura dello Stato, che ha contestato i motivi del ricorso di appello sulla base dell’assunto che il ricorrente non sembra affidabile circa il corretto uso e la detenzione delle armi, aggiungendo altresì che nella materia l’Amministrazione gode di ampio potere discrezionale, volto alla tutela dell’interesse pubblico e non sindacabile in sede di legittimità se non nei casi di palese illogicità.

All’udienza del 12.12.2013 , il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e va accolto.

L’amministrazione pone a fondamento del proprio provvedimento di diniego del rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia i seguenti fatti:
1) il richiedente ha fatto esplodere in passato accidentalmente un colpo d’arma da fuoco;
2) alla fine dell’anno 200X è stato denunciato per .....;
3) il medesimo “è stato notato accompagnarsi con un altro soggetto” sul cui conto si rilevano segnalazioni di polizia per ......, violazione della normativa in materia delle armi e della caccia e con altro soggetto, figlio di OMISSIS, indiziato di appartenere ad .........

Dalle circostanze sopra elencate l’amministrazione trae la conclusione che il richiedente “non offre sufficiente garanzie di non abusare del titolo di polizia”.

Di contro a quanto sostenuto dall’amministrazione il ricorrente ha allegato le seguenti circostanze.

L’incidente dell’esplosione accidentale di un colpo d’arma da fuoco è avvenuto “verso la fine degli anni ‘90”, ma ciò malgrado la stessa amministrazione, oggi appellata, ha rinnovato al sig. OMISSIS il porto d’armi per ben due volte e segnatamente nel 1993 e successivamente il 16.8.1999, circostanze queste non smentite dall’amministrazione.

Ciò posto e con riferimento alla circostanza maggiormente rilevante nel caso posto all’attenzione del Collegio, risulta all’evidenza contraddittorio l’uso che l’amministrazione ha fatto del suo potere discrezionale, laddove in presenza della medesima circostanza dell’esplosione del colpo d’arma da fuoco, per ben due volte l’ha ritenuta non impeditiva del rilascio della richiesta licenza, mentre la terza volta, contraddicendosi, l’ha ritenuta di ostacolo al rinnovo delle licenza di porto d’armi e per di più a distanza di molti anni dal fatto contestato e senza che dall’esplosione accidentale sia scaturito alcun procedimento penale nei confronti del sig. OMISSIS. (v. Cons. Stato, 31.03.2013, n.1671, che richiama l’esigenza che si adducano circostanze ulteriori e diverse allorché una circostanza non sia stata ritenuta in passato impeditiva del rilascio del titolo di polizia)

Se da un lato, infatti, è vero che nella materia l’amministrazione gode di un ampio potere discrezionale, ciò non di meno tale potere deve esercitarsi secondo criteri di ragionevolezza e di non contraddizione, incorrendosi diversamente in eccesso di potere, laddove soprattutto non venga chiarito perché una circostanza prima ritenuta irrilevante venga successivamente ritenuta impeditiva del rilascio del titolo di polizia.

Quanto agli altri motivi addotti, relativi alle frequentazioni del ricorrente con altri personaggi il Collegio osserva quanto segue.

Per quanto concerne la frequentazione del ricorrente con il sig. OMISSIS, si legge nell’atto impugnato che su tale soggetto si rilevano segnalazioni di Polizia per ......, violazioni della normativa in materia delle armi e della caccia.

Non si chiarisce però a quando risalgano tali segnalazioni di Polizia, né se esse abbiano portato all’adozione di una qualche misura amministrativa e nemmeno se siano intervenute iniziative giudiziarie e ciò assume particolare valore se si tiene conto della circostanza addotta dal ricorrente – e non smentita dall’amministrazione – che dal certificato del casellario giudiziale del sig. OMISSIS non sussiste alcuna annotazione, che comprovi le circostanze di cui sopra.

Quanto alla frequentazione del ricorrente con tale OMISSIS, nulla è stato addotto a carico del predetto OMISSIS, la cui unica connotazione negativa sarebbe quella di essere figlio di OMISSIS, deceduto nel 2002 e sospettato di appartenere ad ..........

È evidente la debolezza dell’assunto dell’amministrazione, che vorrebbe porre a carico del richiedente OMISSIS imprecisate frequentazioni con un soggetto, OMISSIS, a carico del quale non sembra esserci nulla di sostanzialmente negativo, se non la circostanza oggettiva, che al Collegio allo stato pare irrilevante, di essere figlio di un soggetto venuto meno circa 12 anni or sono e a suo tempo sospettato di appartenere ad .........

In merito a tali complessive circostanze di frequentazione, di per sé sole inconferenti rispetto ai criteri che presidiano il rilascio del titolo di polizia, vale ricordare l’orientamento recente secondo cui il fatto di accompagnarsi anche a pregiudicati o il legame sussistente con taluni di essi per parentela o affinità non appare sufficiente di per sé a sostenere un diniego di porto d’armi, poiché l’amministrazione è pur sempre tenuta a valutare e a rapportare l’incidenza di tali circostanze al giudizio di affidabilità e/o possibilità di abuso delle armi, dando conto della sua valutazione nella motivazione del provvedimento che va ad adottare, così che in sostanza le circostanze della frequentazione di per sé sole non sono ostative al riconoscimento del requisito della buona condotta e dell’affidabilità.

A conferma di quanto ritenuto dal Collegio, può richiamarsi anche il recente orientamento della giurisprudenza secondo cui circostanze lontane nel tempo, pur non essendo irrilevanti ai fini della valutazione dell’affidabilità di chi richiede il porto d’armi, non possono di per sé sole essere impeditive del rilascio del richiesto titolo di polizia, ma abbisognano di approfondimenti e di un supporto motivazionale adeguato, al fine di formulare un giudizio prognostico di pericolosità o di inaffidabilità riferito al presente, supporto motivazionale che nel caso specifico sembra mancare. Alla contraddizione, già rilevata, in cui è incorsa l’amministrazione, si aggiunge infatti la genericità e in parte l’inconsistenza delle altre ragioni prospettate a sostegno del provvedimento. (Cons. Stato, sez. III, 15.7.2013, n. 3865 e sez. III, 10.7.2013, n. 3719).

Conclusivamente, appare fondato il dedotto vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicità, prospettato con l’unico motivo di ricorso, il quale, quindi, merita accoglimento.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, annulla il provvedimento gravato in prime cure, con salvezza degli ulteriori provvedimenti da parte dell’amministrazione.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Raffaele Maria De Lipsis, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Ermanno de Francisco, Consigliere
Pietro Ciani, Consigliere
Giuseppe Barone, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/02/2014
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

La Prefettura di Udine che gli ha vietato la detenzione e l’uso di armi, motivato con la circostanza di aver esposto all’esterno della propria abitazione un cartello recante la scritta “avviso ai signori ladri io sparo”.

Ricorso perso.
-----------------------------------------------------------------------

03/06/2014 201400243 Sentenza 1


N. 00243/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00367/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 367 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza Unita' D'Italia 7;

contro
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Udine, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;

per l'annullamento
-del provvedimento n. …., emesso dalla Prefettura di Udine in data ….., notificato in data 29.8.2013, relativo al divieto assoluto di detenere armi e munizioni di qualsiasi genere;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Udine;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2014 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente impugna il provvedimento della Prefettura di Udine del …… che gli ha vietato la detenzione e l’uso di armi, motivato con la circostanza di aver esposto all’esterno della propria abitazione un cartello recante la scritta “avviso ai signori ladri io sparo”.

In via di diritto deduce la violazione degli articoli 11, 39 e 43 del RD 773/1931, anche in riferimento alla Circolare del Ministero dell’Interno 6454 del 17 marzo 2003, oltre che carenza di presupposti, illogicità, irrazionalità manifesta, irragionevolezza e difetto di proporzionalità.

Il riferimento non può essere effettuato ad un cartello, ma all’intera condotta di vita dell’interessato, sicuramente ineccepibile.

L’Avvocatura dello Stato replica alle censure di cui al ricorso.

Infine nella pubblica udienza del 28 maggio 2014 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

Secondo questo Collegio emerge l’infondatezza delle censure di legittimità svolte, in base alle seguenti considerazioni.

Il potere riconosciuto in capo all’Autorità in siffatta materia è connotato da elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica per cui lo stesso è attribuito, anche con fini di prevenzione della commissione di illeciti, mirando a comprovare, non solo che non siano stati commessi reati ascrivibili al soggetto, ma anche che questi garantisca, per la sua ordinaria condotta di vita, la sicura affidabilità circa il buon uso delle armi.

La normativa in materia richiede, infatti, che “la persona sia esente da mende e al di sopra di ogni sospetto o indizio negativo” e che in capo ad essa “esista la completa sicurezza circa il buon uso delle armi” (ex multis C.d.S., VI, 5 aprile 2007, n. 1528), atteso che “il diritto del cittadino alla propria incolumità è certamente prevalente e prioritario rispetto a quello, del tutto eccezionale, di portare e detenere armi, sì che questo potrà essere soddisfatto soltanto nell’ipotesi in cui, riscontrando il possesso degli altri requisiti prescritti dalla legge, non sussista alcun pericolo che il soggetto possa abusare delle armi stesse” (Tar Piemonte, II, 4 novembre 2009, n. 2507) e che l’Autorità dispone del potere di “vietare la detenzione delle armi… ogni qualvolta si possa ragionevolmente ritenere che l’interessato sia parzialmente capace di abusarne” (Tar Piemonte, II, 17 dicembre 2009, n. 3588).

Non va dimenticato, infatti, che nel nostro ordinamento non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo in ordine alla detenzione e al porto di armi, costituendo, anzi, tali situazioni delle eccezioni al divieto di portare armi di cui all’art. 669 c.p. e all’art. 4, comma 1, L. 19.4.1975 n. 110.

Nella sentenza n. 440 del 16.12.1993 la Corte Costituzionale ha avuto occasione di ribadire tale principio: “Il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando invece eccezione al normale divieto di portare armi, e può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esiste perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse in modo da scagionare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche l’intera e restante massa dei consociati sull’assenza di pregiudizi sulla loro incolumità”.

Ne consegue che il diniego di licenza o la revoca della licenza di porto d'armi, così come, peraltro, il divieto di detenzione di armi, munizioni, esplosivi non richiedono un oggettivo ed accertato abuso nell'uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne (Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2006, n. 2576). Non è in sostanza richiesta nessuna particolare correlazione tra il tipo di comportamento assunto a riferimento per la formulazione del giudizio prognostico di inaffidabilità e la conseguente decretazione di divieto di porto e detenzione delle armi.

Orbene, ciò precisato, non vi è dubbio che l'esistenza del pericolo di abuso possa essere desunta e prudentemente valutata in relazione ad ogni manifestazione comportamentale del soggetto, atteso che, in siffatto procedimento, l’amministrazione ha facoltà di apprezzare, con ampia discrezionalità, i vari elementi fattuali nella loro esistenza storica.

Ritenuto che, nel caso di specie, la valutazione effettuata dal Prefetto di Udine risulta, peraltro, esente da vizi estrinsecamente rilevabili, fondandosi su un fatto cha avuto notevole eco nell’opinione pubblica, l’esposizione all’esterno della propria abitazione di un cartello recante la scritta “avviso ai signori ladri io sparo”, comportamento meditato e certamente non impulsivo, umanamente comprensibile, ma dal quale non è illogico far discendere la sua scarsa affidabilità e giustificare, conseguentemente, il diniego del porto di armi decretato nei suoi confronti.

Ritenuto, pertanto, che il provvedimento gravato appare sorretto da elementi fattuali idonei a farlo ritenere sufficientemente e ragionevolmente motivato e soprattutto adottato nei limiti dei poteri attribuiti all’Autorità dagli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. (“la licenza può essere ricusata … a chi… non dà affidamento di non abusare delle armi”), senza che alcuno dei vizi denunciati possa, dunque, ravvisarsi nell’operato dell’Amministrazione.

In conclusione, per le considerazioni innanzi esposte, il ricorso è destituito di fondamento e va, quindi, rigettato anche se vari motivi inducono il collegio a compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Enzo Di Sciascio, Consigliere
Manuela Sinigoi, Primo Referendario


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/06/2014
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Il CdS accoglie l'appello del Ministero che riguarda il rinnovo licenza di porto pistola appartenente FF.PP.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

1) - Rileva, inoltre, come l’art. 42 del TULPS richiede la dimostrazione di esigenze di difesa personale che, per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine in servizio, non devono essere riconducibili ai compiti istituzionali e sussistenti oltre l’orario di servizio.

2) - L’Amministrazione, inoltre, ha avviato dal 2006 una generale revisione delle licenze di porto di pistola per difesa personale rilasciate agli appartenenti alle Forze dell’Ordine, richiedendo la sovraesposizione a un pericolo ulteriore rispetto a quello di natura professionale.

IL CdS precisa:

3) - Fondato è il motivo col quale si deduce la violazione dell’art. 42 del TULPS, in forza del quale per conseguire il porto d’armi per difesa personale deve sussistere il dimostrato bisogno di difesa non riconducibile ai compiti istituzionali, per il cui assolvimento le forze di polizia sono dotate di arma di ordinanza.

4) - Occorrerebbe cioè la dimostrazione di doversi difendere fuori dall’orario di servizio e con arma diversa da quella posseduta che, oltre ad essere permanentemente a disposizione dell’interessato, è anche idonea per le sue caratteristiche tecniche, a rispondere ad ogni esigenza di difesa personale.

5) - La regola vale anche per gli appartenenti ai Corpi di Polizia, i quali, dunque, per dotarsi di arma ulteriore, rispetto a quella di ordinanza, devono dimostrare l’attuale sussistenza di un rischio specifico, oltre a quello connesso in generale all’assolvimento dei compiti di istituto, per i quali è prevista l’arma in dotazione.

6) - L'arma per difesa personale deve essere, in concreto, una necessità reale e non un'opzione personale per situazioni meramente ipotetiche o per scelte soggettive circa la sua adeguatezza.

7) - Né è argomento degno di considerazione quello secondo cui l’arma “privata” in possesso del ricorrente si presterebbe a maggiore maneggevolezza e funzionalità di quella d’ordinanza; argomento, questo, in contrasto con dati oggettivi tecnico-balistici e che, ove accolto, condurrebbe ad inammissibili valutazioni soggettive sull’idoneità delle armi in dotazione del corpo di polizia.

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
--------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201504520
- Public 2015-09-28 -


N. 04520/2015REG.PROV.COLL.
N. 08803/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8803 del 2010, proposto da:
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n.12;

contro
OMISSIS;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE III, n. 02866/2010, resa tra le parti, concernente rinnovo licenza di porto pistola.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2015 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Varrone T.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. - Il ricorrente, Ispettore Capo della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di OMISSIS, in data 30.1.2007 presentava domanda di rinnovo del porto di pistola per difesa personale, specificando che sussistevano “gli stessi motivi che hanno determinato il rilascio della presente licenza”.

Con provvedimento del Prefetto della Provincia di OMISSIS di data 15.5.2007, l’istanza veniva respinta perchè valutata negativamente alla luce dell’inesistenza di attuali esigenze di difesa personale dell’istante.

2. - L’interessato proponeva ricorso al TAR Veneto, deducendo la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90; l’eccesso di potere per carenza di motivazione e contraddittorietà; la violazione degli artt. 42 e 43 R.D. 773/1931; l’eccesso di potere per errore nella valutazione dei presupposti e illogicità della motivazione; l’incompetenza del Vice Prefetto vicario.

3. - Il Tar accoglieva il ricorso rilevando la superficialità nella conduzione dell’istruttoria e la motivazione non congrua e coerente del provvedimento, osservando che “nella specie il ricorrente era in possesso del titolo autorizzatorio da svariati anni e mai lo stesso aveva dato luogo a rilievi che potevano far pensare ad un abuso del titolo stesso”.

Né può ritenersi idoneo a giustificare il diniego la circostanza che il ricorrente, quale appartenente alla forza dell’ordine, fosse già munito di arma di ordinanza, che per le sue dimensioni e per il suo peso mal si presta ad essere detenuta in modo discreto come richiede l’arma per difesa personale.

4. - Con l’appello in esame, il Ministero chiede la riforma della sentenza, invocando il potere-dovere del Prefetto di esaminare discrezionalmente la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge, ben potendo nel tempo mutare le circostanze di fatto che avevano dato luogo al precedente rilascio.

Rileva, inoltre, come l’art. 42 del TULPS richiede la dimostrazione di esigenze di difesa personale che, per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine in servizio, non devono essere riconducibili ai compiti istituzionali e sussistenti oltre l’orario di servizio.

L’Amministrazione, inoltre, ha avviato dal 2006 una generale revisione delle licenze di porto di pistola per difesa personale rilasciate agli appartenenti alle Forze dell’Ordine, richiedendo la sovraesposizione a un pericolo ulteriore rispetto a quello di natura professionale.

Il ricorrente si sarebbe limitato a riferire episodi e minacce risalenti al 1998 e descrive con superficialità episodi più recenti di minacce, tutte connesse però all’attività lavorativa e tali, pertanto, da non giustificare la dotazione di un’ulteriore arma, oltre quella già in uso, pienamente efficiente per le sue caratteristiche tecniche e idonea ad essere detenuta in modo discreto, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente.

5. - All’udienza del 14 maggio 2015, l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato.

2.- Fondato è il motivo col quale si deduce la violazione dell’art. 42 del TULPS, in forza del quale per conseguire il porto d’armi per difesa personale deve sussistere il dimostrato bisogno di difesa non riconducibile ai compiti istituzionali, per il cui assolvimento le forze di polizia sono dotate di arma di ordinanza.

Occorrerebbe cioè la dimostrazione di doversi difendere fuori dall’orario di servizio e con arma diversa da quella posseduta che, oltre ad essere permanentemente a disposizione dell’interessato, è anche idonea per le sue caratteristiche tecniche, a rispondere ad ogni esigenza di difesa personale.

Inoltre, la validità annuale del titolo è strettamente dipendente dall’esigenza che il bisogno di difesa personale sia necessariamente attuale, posto che il presupposto cogente è il "dimostrato bisogno" per poter beneficiare di un'eccezione rispetto alla regola generale secondo cui la difesa dell’incolumità personale non è rimessa al singolo, ma è affidata allo Stato, e vi è un generale divieto per chiunque di circolare armato, al di fuori, ovviamente, dei compiti istituzionali.

La regola vale anche per gli appartenenti ai Corpi di Polizia, i quali, dunque, per dotarsi di arma ulteriore, rispetto a quella di ordinanza, devono dimostrare l’attuale sussistenza di un rischio specifico, oltre a quello connesso in generale all’assolvimento dei compiti di istituto, per i quali è prevista l’arma in dotazione.

L'arma per difesa personale deve essere, in concreto, una necessità reale e non un'opzione personale per situazioni meramente ipotetiche o per scelte soggettive circa la sua adeguatezza.

Vero è che, sebbene il rinnovo della licenza di porto d'armi è provvedimento connotato da discrezionalità, sia tecnica che amministrativa, in cui è onere del richiedente dimostrare il bisogno del titolo, è stato affermato in giurisprudenza che tale onere viene, tuttavia, invertito in occasione del rinnovo: posto che le esigenze di difesa personale del privato sono state riconosciute esistenti, qualora nulla cambi nelle circostanze di fatto poste a loro fondamento e non sopravvengano motivi ostativi all'uso dell'arma, l'Amministrazione è tenuta a motivare in modo puntuale le ragioni del diniego, evidenziando perché gli elementi in precedenza ritenuti sufficienti a giustificare il titolo non lo sono più, oppure quale diversa ponderazione sia stata effettuata tra l'interesse privato alla difesa e l'interesse pubblico al contenimento del numero delle armi in circolazione sul territorio (Consiglio di Stato, sez. I, 25/03/2015, n. 101).

Nella specie, però, non difetta la puntuale motivazione del provvedimento, che reputa le situazioni di pericolo descritte dall’istante connesse all’attività di dipendente di P.S..

Come rileva l’appellante Ministero, l’istanza di rinnovo - come ulteriormente specificato nella memoria del 29 marzo 2007, indirizzata dall’interessato al Prefetto nel corso del procedimento - fa riferimento ad episodi ed incarichi di servizio per i quali è prevista l’arma in dotazione (minacce di OMISSIS …. risalente al 1998; arresto di ……..; analoghi altri episodi più recenti non meglio descritti).

Né è argomento degno di considerazione quello secondo cui l’arma “privata” in possesso del ricorrente si presterebbe a maggiore maneggevolezza e funzionalità di quella d’ordinanza; argomento, questo, in contrasto con dati oggettivi tecnico-balistici e che, ove accolto, condurrebbe ad inammissibili valutazioni soggettive sull’idoneità delle armi in dotazione del corpo di polizia.

Si tratta, a ben vedere, di argomenti insufficienti a legittimare il rilascio di un porto d’armi ai sensi dell’art. 42 TULPS, mancando un grado di pericolo ulteriore rispetto a quello professionale e in presenza di tipiche esigenze di difesa riconducibili ai compiti istituzionali; l’arma in dotazione è, peraltro, presuntivamente idonea a garantire adeguatamente ogni tipo di difesa personale.

In definitiva, l’appello va accolto.

3. - Le spese di giudizio si compensano tra le parti, in considerazione della singolarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara la legittimità del provvedimento impugnato.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/09/2015
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Appello Accolto.
----------------------------------------
Divieto di detenzione armi e munizioni (per furto avvenuto)
-----------------------------------------------------------------------------------

1) - il furto subito ... ha riguardato armi e munizioni custodite nella propria residenza di E.., e non già il fucile di tipo sovrapposto di marca “Pietro Beretta”,

Il CGARS di Palermo precisa: ( ecco alcuni brani della sentenza )

2) - Il trasferimento dell’arma è cosa diversa dallo spostamento momentaneo di essa finalizzato, nel caso portato alla cognizione di questo decidente, alla pratica sportiva, sicché pur in presenza del particolare rigore che disciplina la normativa sulle armi, appare evidente come il OMISSIS non abbia voluto trasferire l’arma da Trapani a (N.B.: comune diverso) ma la trasportasse, facendola momentaneamente stazionare, saltuariamente, a (N.B.: comune diverso) da dove proseguiva per il poligono, sito a OMISSIS, logisticamente più vicina a (N.B.: comune diverso)”.

3) - Questo Consiglio non ravvisa alcun motivo per discostarsi da quanto ritenuto dal Giudice penale, sia per quanto riguarda la dinamica dei fatti rappresentati, sia, soprattutto, per la differenza segnata, tra “spostamento” e “trasferimento momentaneo” dell’arma, ai fini di una corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 38 T.U.L.P.S.

4) - Nella fattispecie, anche per come erroneamente rappresentata dall’Amministrazione, la condotta tenuta dall’appellante non appare censurabile sotto il profilo di omessa denuncia, dal momento che il trasporto dell’arma in questione è avvenuto – come assunto anche dal Giudice penale nella decisione di assoluzione - in tempi e con modi legati alla pratica sportiva, che escludono ogni “spostamento” del fucile Beretta.

Cmq. leggete tutto il resto qui sotto.
------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CGARS_GIURISDIZIONALE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600146,
- Public 2016-05-26 -


N. 00146/2016REG.PROV.COLL.
N. 00876/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso n. 876/ 2013 R.G. proposto da:
OMISSIS NICOLA, rappresentato e difeso dall'Avv. Franco Campo, con domicilio eletto presso Nicola Messina in Palermo, via F. Scaduto 10/B;

contro
UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO - PREFETTURA DI TRAPANI, in persona del Prefetto in carica;

QUESTURA DI TRAPANI, in persona del Questore in carica;

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica,

Tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA – PALERMO (Sez. I) n. 01460/2013, resa tra le parti, concernente: Divieto di detenzione armi e munizioni


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Trapani, di Questura di Trapani e di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza Pubblica del giorno 9 luglio 2015 il Consigliere Giuseppe Mineo e uditi per le parti gli Avvocati F. Campo e l'Avv. dello Stato Caserta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Viene in discussione l’appello avverso la sentenza citata in epigrafe, con la quale il primo Giudice, condannando la parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio, ha respinto il ricorso introduttivo, ed il connesso ricorso per motivi aggiunti, con i quali l’odierno appellante chiedeva l’annullamento dei provvedimenti impugnati, con i quali veniva vietato al ricorrente di detenere armi e munizioni, con conseguente revoca dei titoli di polizia posseduti.

Nel giudizio si è regolarmente costituita l’Amministrazione, che in data 27 maggio 2015 ha depositato memoria, eccependo l’infondatezza dell’appello e chiedendo a tale effetto la conferma della sentenza impugnata.

In vista dell’Udienza Pubblica di discussione, la difesa della parte appellante ha depositato memoria di replica il 5 giugno 2015.

Nell’Udienza Pubblica del 9 luglio 2015 l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il primo Giudice ha deciso per il rigetto dei ricorsi volti all’annullamento dei provvedimenti impugnati dall’odierno appellante, dopo aver ritenuto che “le ragioni della prognosi negativa posta a fondamento di tali provvedimenti risiede nella circostanza, accertata in occasione del furto dell’arma subita dal ricorrente, dell’avvenuto trasferimento dell’arma stessa dalla propria residenza in Comune di E.., ad altra abitazione in Comune di (N.B.: comune diverso).”.

In effetti, i provvedimenti di divieto di detenzione e di revoca del porto d’armi impugnati in prime cure, riguardano una vicenda che nella narrazione data dalla difesa di parte appellante risulta scandita dai seguenti fatti.

Il sig. OMISSIS, odierno appellante, risulta possessore sin dal 1977 di regolare licenza per porto d’armi, rilasciata da ultimo dalla Questura di Trapani in data 28.08.2008, sia per l’esercizio della caccia sia, soprattutto, per la pratica del tiro a volo, per la quale risulta iscritto alla FITAV (tessera n. …..), e partecipato a diverse competizioni regionali e nazionali. In ragione della licenza di cui dispone, lo stesso sig. OMISSIS detiene armi e munizioni, tra le quali è compreso un fucile di tipo sovrapposto di marca “ Pietro Beretta”, modello OMISSIS - con il quale il ricorrente effettua le esercitazioni e le gare di tiro al volo. Tutte le armi e le munizioni risultano debitamente custodite presso la residenza dell’appellante in E.., all’interno di un armadio blindato dell’abitazione e che peraltro insiste in un immobile abitato esclusivamente da propri familiari (padre e sorella).

In data ...08.2010, nella suddetta abitazione veniva consumato ad opera di ignoti il furto di n°. ….. e di alcune cartucce. In occasione della tempestiva denuncia dei fatti alla Questura di Trapani, il sig. OMISSIS precisava che il sopraindicato fucile di tipo sovrapposto di marca “ Pietro Beretta”, si trovava presso l’abitazione estiva sita in (N.B.: comune diverso) (TP) nella via OMISSIS, nella quale, in quei giorni estivi, lo stesso temporaneamente dimorava. Nella denuncia veniva precisato altresì che aveva tenuto il citato fucile presso l’abitazione estiva, per averlo usato negli allenamenti che aveva svolto presso il poligono di tiro di OMISSIS e per quelli che avrebbe dovuto svolgere nello stesso poligono i successivi giorni 28 e 29 in vista della “Finale” del Campionato italiano di categoria che si doveva svolgere il 4 e 5 settembre presso l’impianto sportivo di OMISSIS.

A seguito di tali fatti, con nota del 22.10.2010 la Prefettura di Trapani comunicava al sig. OMISSIS l’avvio del procedimento di divieto di detenzione di armi in ragione della mancata comunicazione all’Autorità competente del trasferimento di detenzione del sopraindicato fucile di tipo sovrapposto di marca “ Pietro Beretta”: e, poi, senza riguardo verso le osservazioni formulate dal OMISSIS, con nota del 22.10.2010, disponeva il divieto di detenzione di armi.

Avverso tale provvedimento di divieto, ed i connessi atti, il sig. OMISSIS ha proposto ricorso dinanzi al TAR.

Quindi, con successivo ricorso per motivi aggiunti ha impugnato sia il provvedimento del Questore di Trapani dell’11.07.2011, con il quale gli veniva revocata la licenza di porto di fucile n. OMISSIS, rilasciata dal medesimo Questore in data 28.08.2008, sia i conseguenti atti, come tutti rubricati nel ricorso in prime cure.

Con entrambi i ricorsi, in particolare, veniva eccepito dal sig. OMISSIS che tutti i provvedimenti impugnati si reggevano sull’erroneo presupposto che il ricorrente, in violazione dell’art. 38 T.U.L.P.S., avesse tenuto una condotta negligente costituita dall‘asserita omessa denuncia di variazione di domicilio del fucile di sua proprietà dalla residenza di E.. alla residenza di (N.B.: comune diverso), via OMISSIS.

Il TAR, con la sentenza oggetto del presente gravame, ha respinto sia il ricorso principale che quello per ‘motivi aggiunti’, condannando altresì la parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio.

Avverso la decisione di rigetto, in questa sede il sig. OMISSIS ha proposto appello, affidato ai seguenti motivi:
1°) Erronei riferimenti nella sentenza impugnata alle disposizioni di cui agli artt. 11, 39 e 43 T.U.L.P.S.; 2°) Erroneità della sentenza impugnata per totale travisamento dei fatti – Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 T.U.L.P.S.

L’appello è fondato per le ragioni che qui di seguito si precisano.

Giova premettere in punto di fatto, che la decisione resa in prime cure assume erroneamente che l’odierno appellante “avendo rimosso l’arma (il fucile di tipo sovrapposto di marca “ Pietro Beretta”) dalla propria residenza, dove la custodiva adeguatamente, e avendola trasportata in (N.B.: comune diverso), ne ha colà subìto il furto”. Allo stesso modo, nel ribadire a tale stregua la legittimità dei provvedimenti impugnati e la conseguente validità della decisione adottata dal TAR, l’Amministrazione degli Interni, nella memoria di risposta all’appello, assume la medesima vicenda come “circostanza che tende legittima… la valutazione formulata nei provvedimenti impugnati in merito alla prognosi negativa circa il possesso di armi”.

In realtà, come la difesa di parte appellante ha puntualmente denunciato, il furto subito dal sig. OMISSIS ha riguardato armi e munizioni custodite nella propria residenza di E.., e non già il fucile di tipo sovrapposto di marca “Pietro Beretta”, modello OMISSIS; - la cui ‘assenza’, rispetto all’elenco delle ‘armi’ detenute, veniva riscontrata dalle Forze dell’Ordine in occasione del sopralluogo fatto nella residenza di E.. dopo il furto ivi subito, quando lo stesso OMISSIS ne segnalava il temporaneo trasferimento nell’abitazione del figlio, sita in (N.B.: comune diverso), dove aveva preso alloggio un paio di giorni prima per meglio poter frequentare il campo di tiro a volo di OMISSIS, in vista della competizione nazionale alla quale si accingeva a partecipare; - e che aveva colà momentaneamente lasciato, dopo che, a seguito della telefonata del padre, si era ‘precipitato’ nella propria abitazione di E.. per constatare la gravità del furto subito.

Invero, alla stregua della dinamica dei fatti sopra indicata, della loro plateale incomprensione, ma anche della personalità morale e professionale del soggetto coinvolto, non si manifesta alcuno dei presupposti che possono giustificare il tipo di negligenza che l’Amministrazione ha riferito alla condotta imputata alla parte appellante, per la omessa denuncia di variazione di domicilio dell’arma in questione dalla residenza di E.. alla residenza di (N.B.: comune diverso). Valgono a tal proposito i fatti riportati e i principi ai quali si è ispirata la decisione del Tribunale Penale di Trapani, opportunamente riportata dalla difesa della parte appellante nella memoria di replica, la quale, riguardo alla medesima vicenda qui controversa, ha assolto ( perché “il fatto non sussiste”) ogni imputazione penale il sig. OMISSIS, dopo aver rilevato che “…il OMISSIS non ha trasferito l’arma in un diverso domicilio di altro Comune, poiché egli la portava con sé per andarsi ad allenare ed è verosimile ipotizzare che si fermasse nell’abitazione di (N.B.: comune diverso) con il fucile al seguito per poi raggiungere il poligono di OMISSIS. Il trasferimento dell’arma è cosa diversa dallo spostamento momentaneo di essa finalizzato, nel caso portato alla cognizione di questo decidente, alla pratica sportiva, sicché pur in presenza del particolare rigore che disciplina la normativa sulle armi, appare evidente come il OMISSIS non abbia voluto trasferire l’arma da Trapani a (N.B.: comune diverso) ma la trasportasse, facendola momentaneamente stazionare, saltuariamente, a (N.B.: comune diverso) da dove proseguiva per il poligono, sito a OMISSIS, logisticamente più vicina a (N.B.: comune diverso)”.

Questo Consiglio non ravvisa alcun motivo per discostarsi da quanto ritenuto dal Giudice penale, sia per quanto riguarda la dinamica dei fatti rappresentati, sia, soprattutto, per la differenza segnata, tra “spostamento” e “trasferimento momentaneo” dell’arma, ai fini di una corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 38 T.U.L.P.S. La cui formulazione, invero, ( “La denuncia di detenzione deve essere ripresentata ogni qual volta il possessore trasferisca l’arma in un luogo diverso da quello indicato nella precedente denuncia…”) la giurisprudenza penale ha da tempo provveduto a circoscrivere nel senso riportato dal Tribunale di Trapani, anche per quanto riguarda il giudizio sulla ‘negligenza imputabile’ al detentore sia ai fini penali, sia, per quanto qui di rilievo, ai fini della valutazione dei provvedimenti amministrativi adottati sull’assunto della negligente condotta del detentore, in ordine ai prescritti obblighi di comunicazione dei mutamenti di collocazione e custodia dell’arma.

Nella fattispecie, anche per come erroneamente rappresentata dall’Amministrazione, la condotta tenuta dall’appellante non appare censurabile sotto il profilo di omessa denuncia, dal momento che il trasporto dell’arma in questione è avvenuto – come assunto anche dal Giudice penale nella decisione di assoluzione - in tempi e con modi legati alla pratica sportiva, che escludono ogni “spostamento” del fucile Beretta.

D’altra parte, sia le modalità di custodia adottate anche nella temporanea dimora di (N.B.: comune diverso), sia le circostanze nelle quali è ivi avvenuto “l’abbandono momentaneo” dell’arma, sia, e non meno rilevante, la personalità morale e professionale del suo detentore, costituiscono altrettanti elementi che escludono la negligenza nella condotta, così come eccepita dall’Amministrazione e, poi, erroneamente assentita dal TAR con la sentenza qui appellata.

In conclusione, l’appello è fondato sulla base dei motivi di censura eccepiti dalla difesa di parte appellante, e, per l’effetto, in riforma della decisione resa dal primo Giudice, i provvedimenti impugnati sono illegittimi e debbono essere annullati.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate per il doppio grado nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza resa dal TAR, annulla i provvedimenti impugnati in prime cure con il ricorso introduttivo e con ricorso per ‘motivi aggiunti’.

Condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida nella misura di Euro 5.000,00 (= cinquemila//00) oltre omeri ed accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella Camera di Consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Gabriele Carlotti, Consigliere
Vincenzo Neri, Consigliere
Giuseppe Mineo, Consigliere, Estensore
Giuseppe Barone, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2016
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Un modo per ridurre il numero di persone per andare armati.
---------------------------------------------------------------------------------

- rigetto istanza di rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale.

Il CdS precisa:

1) - Sicché il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza riconosce al prefetto il potere di negare la licenza in argomento valutando in comparazione l’effettiva necessità di soddisfare l’interesse del singolo, del tutto eccezionale, di portare o trasportare armi (in deroga al divieto di portare armi sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, comma 1, della legge 18 aprile 1975 n. 110) con il pubblico interesse a evitare cautelativamente la eventualità che l’incolumità dei cittadini possa essere messa a rischio da una eccessiva diffusione del porto di armi, fonte oggettiva di un incremento statistico di rischio.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201601666 - Public 2016-07-15 -

Numero 01666/2016 e data 15/07/2016


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 25 maggio 2016


NUMERO AFFARE 00529/2016

OGGETTO:
Ministero dell’interno.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dal sig. G. C., nato il …. a …. ed ivi residente, contro provvedimento di rigetto istanza di rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale.

LA SEZIONE
Vista la relazione 9 marzo 2016 n. 2281 con la quale il ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Luttazi.


Premesso:

con ricorso presentato all’Amministrazione riferente il 12 novembre 2015 il signor G.. C.. ha impugnato, chiedendone anche sospensione cautelare, il decreto ministeriale del 17 agosto 2015, notificatogli il 1° settembre 2015, che ne ha respinto il ricorso gerarchico contro il provvedimento del prefetto di Perugia del 15 maggio 2015, di rigetto dell’istanza da lui presentata per il rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa personale.

Il diniego prefettizio, confermato dall’impugnato decreto ministeriale, è stato adottato sulla scorta del parere non favorevole del Comando provinciale dei carabinieri di Perugia in ordine alla sussistenza di un dimostrato bisogno di circolare armato, come richiesto dall’articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, poiché richiesta non sostenuta da un attuale, specifico e qualificante motivo dell’interessato che, nella sua istanza, ha fatto riferimento esclusivamente a considerazioni ed eventi di carattere meramente probabilistico, in quanto il viaggiare costantemente di notte costituisce una circostanza comune anche ad altri cittadini, come camionisti, corrieri espressi, rappresentanti; né il fatto di aver presentato denunce negli anni scorsi per episodi di tentata rapina e tentata estorsione postula una concreta necessità di portare con sé l’arma corta da fuoco anche negli anni successivi.


Il ricorso prospetta in seguenti vizi di legittimità:
1) eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione;
2) eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria; travisamento dei fatti.


Considerato:

come pacificamente ritenuto (v., per tutte, Cons. di Stato – sezione III 18 aprile 2016, n. 1536), stante l’eccezionalità della licenza di porto d’armi, il controllo dell’autorità amministrativa è più rigoroso rispetto a quello che la stessa Amministrazione svolge in relazione a provvedimenti permissivi di diverso tipo; e più ampio è il relativo potere discrezionale-valutativo. Sicché il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza riconosce al prefetto il potere di negare la licenza in argomento valutando in comparazione l’effettiva necessità di soddisfare l’interesse del singolo, del tutto eccezionale, di portare o trasportare armi (in deroga al divieto di portare armi sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, comma 1, della legge 18 aprile 1975 n. 110) con il pubblico interesse a evitare cautelativamente la eventualità che l’incolumità dei cittadini possa essere messa a rischio da una eccessiva diffusione del porto di armi, fonte oggettiva di un incremento statistico di rischio.

Nella specie i rilievi a sostegno del diniego espressi nel provvedimento prefettizio e nel successivo provvedimento ministeriale di rigetto del ricorso gerarchico appaiono privi dei vizi logico-valutativi e di motivazione denunciati dal ricorrente; e risultano invece corretta espressione dell’ampio potere discrezionale di cui in materia è investita l’autorità di pubblica sicurezza.

Il rigetto del ricorso nel merito ne assorbe la richiesta cautelare.

P.Q.M.

esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giancarlo Luttazi Raffaele Carboni




IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Ricorso al PdR respinto.
----------------------------------------

1) - Il questore di Matera ha negato al signor OMISSIS il rinnovo della licenza di porto di fucile sul rilievo che egli è stato condannato, con sentenze del 1975 e del 1978, rispettivamente per furto tentato e per furto, e che tali sentenze, secondo l’art. 43 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza emanato con regio decreto 18 giugno 1931 n. 773, sono ostative al rilascio della licenza di poto d’armi.

2) - rapporto tra il porto d’armi e la riabilitazione

Il CdS con il presente Parere conclude:

3) - In conclusione … a chi è stato condannato per i reati previsti come preclusivi dal citato articolo 43 non può essere rilasciata, e dev’essere revocata se sia stata rilasciata, la licenza di porto d’armi senza che possa aver rilievo la conseguita riabilitazione».
----------------------------------------------------------------

PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201602201 - Public 2016-10-25 -

Numero 02201/2016 e data 25/10/2016

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 19 ottobre 2016

NUMERO AFFARE 01693/2016

OGGETTO:
Ministero dell’interno.

Ricorso straordinario al presidente della repubblica, con istanza sospensiva, proposto dal signor OMISSIS, nato a OMISSIS e residente a OMISSIS, contro il decreto del prefetto di Matera, 8 febbraio 2016 prot. …../2015, notificatogli il 15 febbraio 2016, di rigetto del ricorso gerarchico contro il provvedimento del questore di Matera del 21 settembre 2015, di diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso di caccia.

LA SEZIONE

Vista la relazione dell’8 settembre 2016 con la quale il ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;
visto il ricorso, datato 30 maggio 2016 e presentato o pervenuto alla prefettura di Matera il giorno successivo;
esaminati gli atti e udito il relatore, presidente Raffaele Carboni.


Premesso.

Il questore di Matera ha negato al signor OMISSIS il rinnovo della licenza di porto di fucile sul rilievo che egli è stato condannato, con sentenze del 1975 e del 1978, rispettivamente per furto tentato e per furto, e che tali sentenze, secondo l’art. 43 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza emanato con regio decreto 18 giugno 1931 n. 773, sono ostative al rilascio della licenza di poto d’armi.

Il signor OMISSIS ha proposto ricorso gerarchico al prefetto, deducendo che le condanne erano remote e relative a fatti rispettivamente al 22 giugno 1972 e al 22 maggio 1973, che egli aveva ottenuto la riabilitazione (sentenza della corte d’appello di Matera del …… 1985), e che in precedenza il questore gli aveva sempre concesso il rinnovo della licenza, ritenendo che quelle condanne non fossero ostative.

Il prefetto ha respinto il ricorso, confermando la motivazione del diniego addotta dal questore.

Il signor OMISSIS con il ricorso straordinario in esame deduce, rubricati come censure di violazione del citato art. 43, difetto di motivazione e contraddittorietà con i precedenti rinnovi della licenza, i motivi di doglianza sopra riportati.

Considerato.

La Sezione si è espressa sugli effetti del citato art. 43 e in particolare sul quesito del rapporto tra il porto d’armi e la riabilitazione già con parere 16 luglio 2014 n. 1191/2014 e da ultimo con parere reso nell’adunanza del 6 luglio 2026 sull’affare 275 del 2016, che qui di seguito si riporta per la parte che interessa.

« L’art. 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, inserito nel titolo I “Dei provvedimenti di polizia e della loro esecuzione”, capo terzo “Delle autorizzazioni di polizia”, al primo comma recita, per la parte che interessa: «Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate: 1° a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione»; e al terzo comma: «Le autorizzazioni devono essere revocate … quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione».

Le autorizzazioni di polizia sono previste dalla legge e riguardano varî e disparati campi d’attività dei privati.

L’art. 43, inserito nel capo IV, “Delle armi”, del titolo II, “Disposizioni relative all’ordine pubblico e alla incolumità pubblica”, al I comma dispone: «Oltre a quanto è stabilito dall’art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:

a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;

b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all’autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l’ordine pubblico;

c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi».

… non è possibile applicare la deroga al divieto, contenuto nel primo comma dell’art. 11 del testo unico (possibilità di concedere le autorizzazioni di polizia, in deroga al fatto ostativo costituito da determinate condanne, quando sia intervenuta la riabilitazione), perché, come risulta dalla stessa sistematica del testo unico che si è sopra evidenziata, le autorizzazioni di polizia, concernenti svariate attività assoggettate a controllo di polizia, e la materia delle armi, nella quale vige il generale divieto di circolare armati e la licenza di porto d’armi costituisce eccezione a tale divieto, sono materie distinte e soggiacciono a normative diverse.

Va poi rilevato che la tesi secondo cui la riabilitazione toglie l’effetto preclusivo al rilascio del porto d’armi, stabilito dall’art. 43 per determinate condanne, si fonda sulla lettura dell’art. 178 del codice penale, secondo cui «La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti», e contiene un fraintendimento circa la nozione di «effetti penali della condanna».

Effetti penali della condanna sono gli effetti di una condanna sulla successiva applicazione della legge penale, sostanziale o processuale: ostacolo a una nuova concessione della sospensione condizionale, della non menzione e delle sanzioni sostitutive, aumento di pena per la recidiva, aumento di pena per l’ubriachezza, punibilità per i c.d. reati di sospetto (articoli 707 e 708 del codice penale: l’essere stati condannati per certi reati costituisce elemento costitutivo di quei due reati), possibilità di dichiarare il condannato delinquente abituale o professionale, possibilità o obbligo di emettere mandato di cattura, procedibilità d’ufficio per reati altrimenti procedibili a querela, e così via.

Il divieto di concedere (o l’obbligo di revocare) il porto d’armi, come l’esclusione da concorsi, da impieghi o da gare o la perdita del diritto elettorale per chi ha riportato certe condanne, sono bensì effetti della condanna, ma non effetti penali della condanna; e la riabilitazione di per sé, salvo cioè diverse disposizioni della normativa che regge la materia, come appunto l’art. 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, non elimina tali effetti. In definitiva, quindi, secondo le chiare disposizioni legislative dei citati articoli 11 e 43, in presenza di condanne per reati preclusivi la riabilitazione consente di rilasciare al riabilitato le autorizzazioni di polizia in generale, mentre non consente di rilasciargli la licenza di porto d’armi. In altre parole gli effetti della riabilitazione si esauriscono nell’àmbito dell’applicazione della legge penale, mentre, salvo diverse, specifiche disposizioni di legge, essa non ha rilievo su altre conseguenze giuridiche delle condanne.

Le considerazioni che precedono sono risolutive del quesito. Non meno risolutiva, peraltro, è la lettura dell’art. 66 del regolamento d’esecuzione del testo unico, emanato con regio decreto 6 maggio 1940 n. 635.

Al riguardo va premesso che:
- ) - a) secondo l’articolo 689, comma 1, alinea 4 del codice di procedura penale vigente, corrispondente all’articolo 608, alinea 6 del codice del 1931, le condanne per le quali è stata dichiarata la riabilitazione non vengono riportate - né viene riportata la riabilitazione, che paleserebbe l’esistenza di condanne - nel certificato di casellario richiesto dall’interessato;
- ) - b) i certificati del casellario rilasciati a richiesta delle pubbliche amministrazione contengono invece tutte le iscrizioni esistenti al nome della persona (articoli rispettivamente 688 e 606);
- ) - c) la domanda di licenza di porto d’armi, secondo l’art. 62 del regolamento del 1940, dev’essere corredata dal certificato del casellario giudiziario (richiesto, evidentemente, dall’interessato). Ciò premesso, l’articolo 66 dispone: «Qualora vi sia motivo di ritenere che il richiedente la licenza sia stato colpito da condanna che non figuri nel certificato ai sensi dell’art. 608 del codice di procedura penale, e che produca l’incapacità ad [di] ottenere la licenza, l’autorità di pubblica sicurezza competente richiede il certificato di tutte le iscrizioni esistenti al nome dell’interessato, a termini dell’art. 606 dello stesso codice». Poiché, come si è detto, nel certificato di casellario richiesto dall’interessato - prodotto con la domanda di licenza di porto d’armi - non vengono riportate le condanne in relazione alle quali è stata dichiarata la riabilitazione, è evidente che la riabilitazione non elimina il divieto di rilascio della licenza, e che il legislatore non ha mai neppur concepito - né la cittadinanza comprenderebbe - che si possa rilasciare una licenza di porto d’armi a una persona che, riabilitata o meno, è stata condannata per delitti come l’omicidio, le lesioni volontarie, il furto, la rapina, l’estorsione, il sequestro di persona a scopo di rapina o d’estorsione.

In conclusione … a chi è stato condannato per i reati previsti come preclusivi dal citato articolo 43 non può essere rilasciata, e dev’essere revocata se sia stata rilasciata, la licenza di porto d’armi senza che possa aver rilievo la conseguita riabilitazione».

Quanto detto nel precedente ora trascritto vale anche per il ricorso in esame, che pertanto va respinto.

P.Q.M.

esprime parere che il ricorso debba essere respinto.



IL PRESIDENTE ED ESTENSORE
Raffaele Carboni




IL SEGRETARIO
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

diniego di rinnovo della licenza di porto d'armi per uso caccia.

Ricorso in Appello al CdS perso.
--------------------------------------------------------------------------------
MOTIVO:

1) - Nel corso dell’istruttoria, è emerso che l’interessato – con sentenza del Tribunale di Vibo Valentia, pubblicata in data 11 dicembre 1990 - è stato condannato alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione ed alla ammenda di lire 200.000, per i reati di omicidio colposo e di porto abusivo di armi, poiché – nell’utilizzare un fucile altrui e con l’intento di sparare ad alcuni cani – ha cagionato la morte di un adolescente.

2) - ha ottenuto la riabilitazione, con ordinanza di data 30 ottobre 1996, emessa dal Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------


SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201604660
- Public 2016-11-09 -


Pubblicato il 09/11/2016

N. 04660/2016REG.PROV.COLL.
N. 07415/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7415 del 2016, proposto dal signor R. M., rappresentato e difeso dall'avvocato Oreste Morcavallo (C.F. MRCRST49D19D086G), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, n. 6;

contro
Il Ministero dell'Interno e la Questura di Vibo Valentia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Calabria, Sezione di Catanzaro, Sez. I n. 1388/2016, resa tra le parti, concernente un diniego di rinnovo della licenza di porto d'armi per uso caccia;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Vibo Valentia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2016 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocati Achille Morcavallo, su delega dell’avvocato Oreste Morcavallo, e l'avvocato dello Stato Marco La Greca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Col provvedimento di data 30 novembre 2015, il Questore della provincia di Vibo Valentia ha respinto l’istanza dell’appellante, volta ad ottenere il rinnovo della licenza di porto di fucile da caccia, a suo tempo rilasciata.

2. Il TAR per la Calabria (Sede di Catanzaro) ha respinto il ricorso di primo grado n. 168 del 2016, con cui l’interessato ha impugnato il diniego emesso dal questore.

3. Con il gravame in esame, l’appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia accolto.

4. Le Amministrazioni appellate si sono costituite in giudizio, chiedendo che l’appello sia respinto.

5. All’udienza del 3 novembre 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’appellante ha chiesto al Questore della provincia di Vibo Valentia il rilascio del rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia.

Nel corso dell’istruttoria, è emerso che l’interessato – con sentenza del Tribunale di Vibo Valentia, pubblicata in data 11 dicembre 1990 - è stato condannato alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione ed alla ammenda di lire 200.000, per i reati di omicidio colposo e di porto abusivo di armi, poiché – nell’utilizzare un fucile altrui e con l’intento di sparare ad alcuni cani – ha cagionato la morte di un adolescente.

Con atto del 30 novembre 2015, il Questore ha respinto l’istanza, rilevando la natura ‘ostativa’ della condanna penale (per il reato di porto abusivo di armi) al rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia, ai sensi dell’art. 43, primo comma, lettera a), del testo unico approvato con il regio decreto n. 773 del 1931, rilevando che «il pregresso rilascio del titolo veniva concesso sulla scorta di una istruttoria evidentemente incompleta» e che comunque il diniego «appare misura più che proporzionata».

2. Col ricorso di primo grado n. 168 del 2016 (proposto al TAR per la Calabria, Sede di Catanzaro), l’interessato ha impugnato l’atto del Questore emesso in data 30 settembre 2015, chiedendone l’annullamento, lamentandone l’inadeguata motivazione e la contraddittorietà con i precedenti rilasci delle licenze di porto di fucile per uso caccia, ed ha rilevato ha ottenuto la riabilitazione, con ordinanza di data 30 ottobre 1996, emessa dal Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.

Il TAR, con la sentenza n. 1388 del 2016, ha respinto il ricorso ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

3. Con l’appello in esame, l’interessato ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia accolto, riproponendo le censure formulate in primo grado e censurando le statuizioni del TAR.

Le Amministrazioni statali si sono costituite in giudizio ed hanno chiesto che l’appello sia respinto.

All’udienza del 13 ottobre 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. Con il proprio atto di appello, l’interessato ha lamentato la violazione degli artt. 11 e 43 del testo unico n. 773 del 1931, deducendo che essi andrebbero interpretati nel senso che non vi sarebbe la ‘natura ostativa’ della condanna penale riportata per il reato di porto abusivo di armi, tenuto conto della risalenza delle condotte commesse e della conseguita riabilitazione.

5. Ritiene il Collegio che vadano ribaditi i principi affermati da questa Sezione, con le sentenze n. 4390 del 20 ottobre 2016, n. 4262 del 14 ottobre 2016, n. 2992 del 5 luglio 2016, n. 2019 del 18 maggio 2016 e n. 2312 del 31 maggio 2016: va confermata la sentenza impugnata, che .

6. Per comodità di lettura, va riportato il contenuto degli articoli 11 e 43 del testo unico n. 773 del 1931.

L’art. 11 dispone che «Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:

1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;

2) a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.

Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.

Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione».

L’art. 43 dispone che «oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:

a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;

b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;

c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.

La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi».

7. Nella specie, rileva il sopra riportato art. 43, primo comma, lettera c), nella parte in cui ha disposto che non può essere rilasciata la licenza di portare armi a chi ha riportato condanna «per porto abusivo di armi».

Da tale quadro normativo, emerge che il legislatore ha individuato i casi in cui l’Autorità amministrativa è titolare di poteri strettamente vincolati (ai sensi dell’art. 11, primo comma e terzo comma, prima parte, e dell’art. 43, primo comma, che impongono il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia ovvero il loro ritiro) e quelli in cui, invece, è titolare di poteri discrezionali (ai sensi dell’art. 11, secondo comma e terzo comma, seconda parte, e dell’art. 39 e 43, secondo comma).

In relazione all’esercizio dei relativi poteri discrezionali, l’art. 43 consente alla competente autorità – in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi - di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche – in alternativa - l’assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, munizioni e materie esplodenti, ma che comunque non rendano meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia (non occorrendo al riguardo un giudizio di pericolosità sociale dell’interessato: Cons. Stato, Sez. III, 14 ottobre 2016, n. 4262; Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1727; Sez. III, 7 marzo 2016, n. 922; Sez. III, 1° agosto 2014, n. 4121; Sez. III, 12 giugno 2014, n. 2987).

8. La giurisprudenza non ha avuto dubbi sul ‘carattere ostativo’ di una condanna per uno dei reati previsti dall’art. 43, primo comma, se il condannato non abbia conseguito la riabilitazione: in tal caso, il Ministro dell’Interno deve respingere le istanze di licenze per porto d’armi e deve disporre il ritiro di tali licenze, se già rilasciate.

9. Osserva la Sezione che, effettivamente, vi sono stati in passato due orientamenti giurisprudenziali sulla questione di diritto se l’art. 43, primo comma, del testo unico approvato con il regio decreto n. 773 del 1931 precluda il rilascio di licenze di porto d’armi (e imponga la revoca di quelle già rilasciate), nei confronti di chi sia stato condannato per uno dei reati indicati dal medesimo primo comma, anche nel caso in cui egli abbia ottenuto la riabilitazione, prevista dall’art. 178 del codice penale.

Non vi era dunque una giurisprudenza univoca sulla conseguente questione se il potere esercitabile ai sensi dell’art. 43, primo comma, avente senz’altro natura vincolata in assenza della riabilitazione, diventi discrezionale (con il conseguente potere-dovere di una motivata determinazione sulla complessiva situazione dell’interessato), se vi sia stata la riabilitazione.

9.1. La tesi sostenuta dall’appellante – sul venir meno del carattere ‘ostativo’ della condanna, a seguito della riabilitazione – è stata seguita da Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1072 (che ha rimarcato il rilievo della riabilitazione quando il reato sia stato commesso «venticinque anni prima» dell’emanazione del provvedimento di diniego); Cons. giust. Amm. 29 luglio 2014, n. 463; Cons. Stato, Sez. III, 7 giugno 2013, n. 3719; Sez. III, 12 febbraio 2013, n. 822; Sez. III, 6 settembre 2012, n. 4731; Sez. III, 19 marzo 2012, n. 1552; Sez. III, 3 agosto 2011, n. 4630; Sez. VI, 23 febbraio 2007, n. 986.

Di queste sentenze, tutte hanno riguardato casi in cui è stata disposta la revoca di licenze o il diniego di rinnovo di licenze già rilasciate (e di cui è stato disposto l’annullamento), mentre la sentenza n. 3719 del 2013 ha affermato un principio generale sul rilievo della riabilitazione, applicabile anche quando si tratti del rilascio, per la prima volta, di una licenza di porto d’armi.

9.2. La tesi sulla irrilevanza a tal fine della riabilitazione – sostenuta dal Ministero dell’Interno - è stata seguita da Cons. Stato, Sez. III, 27 aprile 2015, n. 2158 (che ha considerato irrilevante «la vetustà della condanna, risalente a ventiquattro anni prima»); Sez. I, 24 ottobre 2014, n. 3257/14; Sez. III, 3 agosto 2011, n. 4630; Sez. III, 31 maggio 2011, n. 3287; Sez. VI, 30 maggio 2011, n. 3249; Sez. VI, 17 aprile 2009, n. 2343; Sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1245; Sez. VI, 17 aprile 2009, n. 2343; Sez. IV, 7 novembre 2006, n. 7970; Sez. VI, 24 gennaio 2006, n. 2576; Sez. IV, 5 luglio 2005, n. 5905; Sez. I, 6 aprile 2005, n. 1200.

10. I due orientamenti ora riportati si erano contrapposti, perché seguivano impostazioni differenti, circa il rapporto intercorrente tra l’art. 11, primo comma, n. 1), e l’art. 43, primo comma.

10.1. L’impostazione posta a base dell’orientamento di cui al § 9.1. era riferibile alle seguenti considerazioni (pur se non sempre così esplicitate):

a) l’art. 11 - anche per la parte che si riferisce alla rilevanza della riabilitazione - sarebbe applicabile a tutte le autorizzazioni di polizia (incluse le licenze sulle armi e sulle munizioni), sicché vi sarebbe un principio generale per cui l’Amministrazione dovrebbe considerare anche le vicende concernenti le condanne riportate in sede penale;

b) anche se l’istituto della riabilitazione è stato richiamato dal solo art. 11, primo comma, lettera a), l’incipit dell’art. 43, primo comma («oltre a quanto è stabilito dall'art. 11») andrebbe inteso non solo nel senso che il primo comma intende aggiungere ulteriori casi di preclusioni al rilascio di licenze di polizia, oltre a quelli di carattere generale previsti dall’art. 11, ma anche nel senso che il primo comma dell’art. 43 formerebbe con l’art. 11 un ‘omogeneo e compatto corpus normativo’ e richiamerebbe anche la rilevanza della conseguita riabilitazione, da parte del condannato;

c) avrebbe comunque rilievo la data nella quale è stato commesso il reato per il quale è stata disposta la condanna, sicché si dovrebbe preferire una interpretazione che rilevi il potere discrezionale dell’Amministrazione di valutare il caso concreto, quando vi sia stata la riabilitazione (che per definizione riguarda fatti commessi in epoca più o meno risalente);

d) si dovrebbe tener conto del fatto che la riabilitazione si basa su un giudizio sulla pericolosità sociale di chi ha commesso il reato.

10.2. L’impostazione posta a base dell’orientamento di cui al § 9.2. era riferibile, invece, alle seguenti considerazioni, (pur se non sempre così esplicitate):

a) per quanto riguarda l’applicazione degli articoli 11 e 43 del testo unico, l’istituto della riabilitazione avrebbe rilevanza unicamente nei casi ivi espressamente previsti, e dunque soltanto nei casi individuati dall’art. 11, primo comma, lettera a);

a) nei casi previsti dall’art. 43, primo comma, l’Amministrazione non sarebbe titolare di poteri discrezionali, «perché il legislatore ha preventivamente escluso ogni ulteriore valutazione, ritenendo che coloro che sono stati dichiarati colpevoli di quei reati di particolare allarme sociale non diano sufficienti garanzie sulla circostanza del non abuso di armi di cui venissero eventualmente in possesso» (per tale considerazione, v. il parere interlocutorio del Cons. Stato, Sez. I, 17 febbraio 2016, reso su richiesta del Ministero dell’Interno);

b) la relativa condanna sarebbe stata dunque considerata dal legislatore come un «fatto storico immutabile».

11. In presenza di questo contrasto giurisprudenziale, già con le citate sentenze n. 4390, n. 4262, n. 2992, n. 2019 e n. 2312 del 2016 la Sezione ha ritenuto di riesaminare funditus la questione in esame, per le evidenti esigenze di certezza del diritto che devono caratterizzare la delicata materia dell’ordine pubblico interno, nel quale l’attività delle Istituzioni deve evitare per quanto possibile incertezze interpretative e disparità di trattamento.

I relativi approfondimenti hanno comportato la rivisitazione delle argomentazioni finora poste a base dei due orientamenti, tenendo conto anche di ulteriori considerazioni di carattere sistematico.

12. La Sezione ritiene che vada ribadito l’orientamento sopra richiamato al § 9.2, per il quale la licenza di porto d’armi non può essere rilasciata (e quella già rilasciata va ritirata) nel caso di condanna per un ‘reato ostativo’ previsto dall’art. 43, primo comma, pur quando l’interessato abbia ottenuto la riabilitazione, disciplinata dall’art. 178 del codice penale.

13. Per risolvere la questione controversa tra le parti, va rimarcato come sia nettamente diverso l’ambito di applicazione degli articoli 11 e 43 del testo unico del 1931: tale diversità giustifica pienamente la scelta del legislatore di attribuire rilevanza alla riabilitazione solo quando si applicano le regole generali sulle «autorizzazioni di polizia» (di cui all’art. 11 e per i casi ivi previsti dal comma 1, lettera a), e non anche quando si applicano le regole speciali sulla «licenza di portare armi».

13.1. L’art. 11 – nel riferirsi a tutte le «autorizzazioni di polizia» - ha posto regole di carattere generale per il rilascio (ed il mantenimento) dei relativi titoli abilitativi.

Queste regole di carattere generale hanno riguardato – tra l’altro - lo svolgimento delle attività lavorative di cui al titolo III, tra le quali i pubblici intrattenimenti, lo svolgimento di spettacoli e di mestieri, l’apertura di esercizi pubblici.

Il legislatore del 1931 – nel prevedere all’art. 11, primo comma, lettera a), il divieto di rilasciare tali autorizzazioni nel caso di «una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo» - già aveva attribuito rilevanza alla riabilitazione: chi abbia riportato tale condanna – a seguito della riabilitazione - può riprendere a svolgere l’attività lavorativa, inibitagli fino ad allora.

13.2. Ben diverso è l’ambito di applicazione dell’art. 43 del testo unico, il quale si è riferito ad uno specifico settore (quello riguardante «la licenza di porto d’armi»), nel quale non è in sé in discussione la possibilità di svolgere o meno una attività lavorativa, ma sono coinvolti particolari valori concernenti la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Come ha rilevato la Corte Costituzionale (con la sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, § 7, che ha condiviso quanto già affermato con la precedente sentenza n. 24 del 1981), il potere di rilasciare le licenze per porto d'armi «costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, primo comma, della legge n. 110 del 1975»: «il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi e che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il ‘buon uso’ delle armi stesse».

14. La doverosità della distinzione tra le ‘generali’ «autorizzazioni di polizia» e la «licenza di portare armi» - già nettamente disposta dal testo unico del 1931 – è stata ancor più rimarcata dalle successive riforme, che hanno riguardato sia la determinazione delle autorità competenti ad emanare i provvedimenti, sia la stessa disciplina sostanziale.

15. Quanto alle relative competenze, va constatata l’importanza sistematica dei decreti legislativi 24 luglio 1977, n. 616, e 31 marzo 1998, n. 112.

L’art. 19, primo comma, del decreto legislativo 24 luglio 1977, n. 616, ha attribuito ai Comuni la competenza ad emanare i provvedimenti individuati dai numeri 1-18 dello stesso comma (tutti espressamente riferiti a distinti articoli del testo unico del 1931).

In un sistema in cui comunque rilevano esigenze di ordine pubblico (tanto che il comma terzo del medesimo art. 19 ha attribuito al Ministro dell’Interno il potere di «impartire, per il tramite del commissario del Governo, direttive ai sindaci»), l’art. 19 nel suo complesso consente di rimarcare come il legislatore abbia continuato a distinguere nettamente le «autorizzazioni di polizia» (molte delle quali sono state rimesse alle determinazioni dei Comuni) dalla «licenza di portare armi», che può essere rilasciata solo nell’esercizio del potere dello Stato, per le sue rilevanti implicazioni sull’ordine e sulla sicurezza pubblica.

L’art. 163 del decreto legislativo 1998, n. 112, ha poi attribuito agli enti locali ulteriori funzioni in precedenza disciplinate dal testo unico del 1931.

Quanto alla disciplina sostanziale delle «autorizzazioni di polizia», vanno richiamate le riforme che hanno riguardato alcune tra le attività un tempo disciplinate dal testo unico delle leggi sulla pubblica sicurezza.

Tali riforme o hanno disposto l’abrogazione di disposizioni del testo unico del 1931 (cfr. gli articoli 16, 46 e 164 del decreto legislativo 1998, n. 112) o hanno previsto fattispecie di silenzio assenso (art. 20 della legge n. 241 del 1990) o hanno ammesso la formazione di titoli abilitativi mediante la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività (art. 19 della legge n. 241 del 1990).

16. Tali evoluzioni del complessivo quadro normativo evidenziano come si giustifichino le diverse regole legislative previste dall’art. 11, primo comma, e 43 del testo unico del 1931.

In un’ottica di bilanciamento dei valori in conflitto, l’art. 11, primo comma, ha consentito che la riabilitazione faccia venire meno gli effetti preclusivi derivanti dalle condanne ivi previste, attribuendo all’Autorità amministrativa il potere discrezionale di valutare la concreta personalità dell’interessato.

Al fine di attuare la parità di trattamento degli interessati (e poiché sarebbe stato palesemente irrazionale non estendere al peculiare settore delle armi le ‘regole minime’ sul rilascio di titoli abilitativi), il medesimo art. 11, primo comma, ha attribuito alla riabilitazione il medesimo rilievo non solo quando si tratti di titoli concernenti lo svolgimento di attività lavorative (purché essi siano ancora richiesti, in considerazione della evoluzione della disciplina sul piano sostanziale), ma in ogni caso, anche quando l’autorizzazione di polizia sia specificamente una «licenza di portare armi», purché però non si tratti di ‘reati ostativi’, specificamente considerati tali dall’art. 43 ai fini del rilascio (e del mantenimento) della medesima «licenza».

17. In materia, si deve tenere conto anche della particolare evoluzione che ha complessivamente riguardato il sistema penale.

17.1. In primo luogo, va segnalato come il rilievo dei ‘reati ostativi’ – individuati dall’art. 43 del testo unico del 1931 – si sia in qualche modo ridotto, a seguito dell’entrata in vigore degli articoli 53 e 57 della legge n. 689 del 1981, per i quali il giudice penale – anche quando si tratti di uno dei ‘reati ostativi’ - può disporre la condanna al pagamento della pena pecuniaria, in luogo della reclusione.

Come infatti ha rilevato questa Sezione (con le sentenze 3 maggio 2016, n. 1698 e n. 1696, e 18 maggio 2016, n. 2019), quando il giudice penale ai sensi dei citati articoli 53 e 57 abbia disposto la condanna pecuniaria per uno dei reati individuati dall’art. 43, primo comma, l’autorità amministrativa non deve disporre senz’altro la revoca della già rilasciata licenza, ma può valutare le relative circostanze ai fini dell’esercizio del potere discrezionale (previsto dal secondo comma dell’art. 43).

17.2. Rileva altresì l’art. 131 bis del codice penale (sulla «Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto»), come introdotto dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, il cui comma 1 dispone che, «Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».

Con tale riforma, il legislatore ha introdotto un ulteriore istituto la cui applicazione - nel consentire al giudice penale di non disporre la condanna, sia pure per un reato di per sé ‘ostativo’ al rilascio di titoli in materia di armi ai sensi dell’art. 43, primo comma, del testo unico del 1931 – incide sull’ambito dei poteri della Autorità amministrativa, la quale – quando la sentenza applica l’art. 131 bis c.p. e non condanna l’imputato – non può che formulare la valutazione discrezionale, prevista dall’art. 43, secondo comma.

17.3. L’attuale sistema penale, nel consentire al giudice penale di non disporre la condanna anche per un reato di per sé ‘ostativo’ al rilascio del titolo di porto d’armi, ha dunque notevolmente inciso sull’ambito effettivo di applicazione dell’art. 43, primo comma, del testo unico del 1931.

Si può ora ravvisare un quadro normativo che – nel valorizzare nel sistema penale i principi di proporzionalità e di offensività – ha inciso anche sull’ambito dei poteri dell’Autorità amministrativa, con la conseguente attribuzione di poteri discrezionali, in presenza di reati considerati ‘ostativi’ dal medesimo art. 43, primo comma, ma che non conducano alla condanna, malgrado l’accertamento della relativa responsabilità.

18. Si deve inoltre considerare quanto è stato poi previsto dagli articoli 67 e 70 del «codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione», approvato con il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

Tali articoli hanno specificamente previsto quali siano gli «effetti delle misure di prevenzione» rispetto al rilascio ed al mantenimento delle licenze di portare armi, nonché quali siano gli effetti della riabilitazione.
In particolare, l’art. 67 (sugli «effetti delle misure di prevenzione») ha previsto che:

- al comma 1, che «Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere», tra l’altro «a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio; … h) licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti»;

- al comma 5, che «Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia».

L’art. 70 (sulla «Riabilitazione») ha individuato al comma 1 i casi in cui il sottoposto alla misura di prevenzione personale «può chiedere la riabilitazione» ed al comma 2 ha previsto che «2. La riabilitazione comporta la cessazione di tutti gli effetti pregiudizievoli riconnessi allo stato di persona sottoposta a misure di prevenzione nonché la cessazione dei divieti previsti dall'articolo 67».

Da tali disposizioni - che prevalgono rispetto a quelle dal contenuto opposto di cui all’art. 11, primo comma, lettera b), del testo unico n. 773 del 1931 – si evince che il legislatore:

- ha inteso introdurre una specifica normativa in materia di armi, per il caso in cui il sottoposto ad una misura di prevenzione ottenga la riabilitazione, in ragione della duratura buona condotta, manifestata per il periodo determinato dalla legge;

- ha disposto che la riabilitazione di cui all’art. 70, comma 1, comporta «la cessazione dei divieti previsti dall’articolo 67» e dunque la possibilità di ottenere nuovamente la licenza di portare armi (salve le conseguenti valutazioni discrezionali);

- ha disciplinato la riabilitazione con riferimento alle misure di prevenzione personali, ammettendo la cessazione dei medesimi divieti, sulla base di una visione complessiva, per la quale la riabilitazione non rileva quando la buona condotta abbia fatto seguito a ‘reati ostativi’ (che abbiano comportato la condanna prevista dall’art. 43, primo comma), mentre al contrario rileva quando la buona condotta abbia fatto seguito alla applicazione di una misura di prevenzione personale (disposta quando vi sia stata una misura ante delictum e non conseguente alla commissione di un reato).

19. Quanto precede induce la Sezione a ribadire i seguenti principi di diritto:

- «l’art. 43, primo comma, del testo unico approvato con il regio decreto n. 773 del 1931 preclude il rilascio di licenze di porto d’armi (e impone la revoca di quelle già rilasciate), nei confronti di chi sia stato condannato per uno dei reati indicati dal medesimo primo comma (in particolare alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, ovvero a una pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico), anche nel caso in cui egli abbia ottenuto la riabilitazione, prevista dall’art. 178 del codice penale»;

- «l’autorità amministrativa non deve disporre senz’altro la revoca (prevista dal primo comma dell’art. 43, primo comma, del testo unico del 1931) della già rilasciata licenza, ma può valutare le relative circostanze ai fini dell’esercizio del potere discrezionale (previsto dal secondo comma dell’art. 43), qualora il giudice penale abbia disposto la condanna al pagamento della pena pecuniaria – in luogo della reclusione - ai sensi degli articoli 53 e 57 della legge n. 689 del 1981, ovvero abbia escluso la punibilità «per tenuità del fatto» ai sensi dell’art. 131 bis del codice penale, nel caso di commissione di un reato di per sé ‘ostativo’ al rilascio o al mantenimento di licenze di portare le armi».

20. Le censure formulate dall’appellante vanno pertanto respinte, poiché legittimamente il provvedimento del Questore ha rilevato la ‘natura ostativa’ della condanna riportata.

Va considerata pertanto pienamente giustificata la constatazione del Questore sulla illegittimità delle licenze in precedenza rilasciate all’interessato (in difetto della necessaria istruttoria), mentre non hanno un proprio autonomo contenuto lesivo le ulteriori sue valutazioni, sulla proporzionalità della misura del diniego, rispetto alle circostanze emerse nel corso del procedimento.

21. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

La condanna al pagamento delle spese e degli onorari del secondo grado del giudizio segue la soccombenza.

Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello n. 7415 del 2016.

Condanna l’appellante al pagamento di euro 3.000 (tremila) in favore delle Amministrazioni appellate, per spese ed onorari del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2016, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente, Estensore
Carlo Deodato, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Luigi Maruotti





IL SEGRETARIO
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Il CdS decidendo sul ricorso per revocazione lo dichiara Inammissibile
--------------------------------------------------------------------------------

1) - la qualità di avvocato e la gestione di titoli e di contante nella valutazione dell’Amministrazione ben possono giustificare il diniego di rilascio o di rinnovo del porto di pistola, anche perché vi sono diffuse modalità di pagamento che hanno ridotto la necessità di utilizzare il denaro contante;

Per completezza dei fatti e dei motivi leggete il tutto qui sotto.
------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201700120
- Public 2017-01-16 -

Pubblicato il 16/01/2017

N. 00120/2017REG.PROV.COLL.
N. 04900/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4900 del 2016, proposto dall’Avvocato OMISSIS, rappresentato e difeso da sé medesimo (C.F. DJRFPP33L09F839A), con domicilio eletto in Roma, piazza del Fante, 10;

contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione III, n. 02403/2016, resa tra le parti, concernente diniego di rinnovo di licenza di porto di pistola per difesa personale.


Visti il ricorso in revocazione e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2016 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli Avvocati OMISSIS su delega dell’avvocato OMISSIS, e l'Avvocato dello Stato Agnese Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

E’ chiesta la revocazione della sentenza n. 2403/2016, con la quale la Sezione ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza del TAR Lazio, n. 3088/2012. Quest’ultima aveva annullato il provvedimento del Questore di Roma del 3 novembre 2011, avente ad oggetto il diniego di rinnovo di porto di pistola per difesa personale, richiesto dall’attuale ricorrente.

La Sezione, dopo aver ricostruito il quadro dei principi in materia di autorizzazioni di polizia e di porto d’armi per difesa personale, ha in particolare affermato, in riforma di quanto sostenuto in primo grado dal TAR, che “malgrado le reiterate censure dell’appellato sulla presenza di profili di violazione di legge e di eccesso di potere sotto tutti i profili sintomatici, la valutazione del Prefetto non risulta anomala o irragionevole, poiché:

- non sono emerse specifiche circostanze tali da giustificare allarme per la incolumità dell’appellato, sicché non può che tenersi conto della mutata realtà sociale rispetto all’anno in cui vi è stato il fallito attentato;

- la qualità di avvocato e la gestione di titoli e di contante nella valutazione dell’Amministrazione ben possono giustificare il diniego di rilascio o di rinnovo del porto di pistola, anche perché vi sono diffuse modalità di pagamento che hanno ridotto la necessità di utilizzare il denaro contante;

- il curare una rubrica televisiva – tranne i casi in cui risulti provato il contrario - di per sé può essere considerato dall’Amministrazione una circostanza irrilevante, in sede di esame di rilascio o di rinnovo di una licenza per porto d’armi”.

A supporto della revocazione il ricorrente sostiene ora che il giudicante non si sarebbe accorto della documentazione depositata in vista dell’udienza pubblica del 26 maggio 2016, alla quale era allegata una nota della Questura di Roma “in cui l’autorità di P.S. poneva il ricorrente tra gli obiettivi sensibili dopo che quest’ultimo era stato vittima di un grave atto intimidatorio nel marzo del 201..”.

Nel giudizio si è costituito il Ministero dell’Interno, per il tramite dell’avvocatura dello Stato, chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 17 novembre 2016.

Ritiene il collegio che il ricorso sia inammissibile, per l’assenza di un errore revocatorio su fatti determinanti ai fini della decisione.

Il ricorrente sostiene che la sentenza non contenga un passaggio motivazionale netto sulla documentazione prodotta in vista della discussione.

Ma si tratta, all’evidenza, di documentazione relativa ad evento occorso ben quattro anni dopo la comunicazione del provvedimento di diniego impugnato in primo grado e, dunque, del tutto ininfluente ai fini del sindacato sulla legittimità del provvedimento, che, com’è noto, deve essere condotto dal giudice alla luce del principio tempus regit actum.

Pertanto, in coerente applicazione di tale basilare principio, la Sezione ha implicitamente ritenuto non necessario prendere specificatamente posizione sul contenuto della documentazione citata, ritenendola irrilevante ai fini del decidere.

Resta salva, evidentemente ogni valutazione successiva dell’amministrazione, in ordine all’eventuale riproposizione della richiesta di rinnovo del porto d’armi, basata su circostanze sopravvenute all’originario diniego.

Neanche il passaggio motivazionale della sentenza impugnata, nel quale si afferma che “non sono emerse specifiche circostanze tali da giustificare allarme per la incolumità dell’appellato, sicché non può che tenersi conto della mutata realtà sociale rispetto all’anno in cui vi è stato il fallito attentato” può far supporre la presenza del lamentato errore revocatorio.

Infatti, la pronuncia si riferisce, correttamente, alle vicende e alla documentazione riguardanti il periodo precedente l’adozione del diniego oggetto di contestazione.

La valutazione del giudicante - del tutto compatibile con la piena conoscenza degli atti di causa – si è soffermata, come era doveroso, sul periodo oggetto di istruttoria. In questa chiave, la sentenza ha colto il punto centrale della controversia, affermando che dall’epoca del fallito attentato, ormai risalente nel tempo, a quella del 3 novembre 2011 - data del diniego che, pure in assenza di un riferimento esplicito, è naturaliter da intendersi quale limite temporale di valutazione giurisdizionale delle risultanze istruttorie - non sono emerse specifiche circostanze tali da giustificare allarme per la incolumità dell’appellato.

Circostanza in effetti confermata e non smentita dalla documentazione citata dal ricorrente.

Non rinvenendosi errori revocatori il ricorso è dunque inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna il ricorrente alle spese sostenute dall’amministrazione per la sua difesa in giudizio, forfettariamente liquidate in € 2.000, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Manfredo Atzeni, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giulio Veltri Marco Lipari





IL SEGRETARIO
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Ricorso ACCOLTO.

- ) - 72 di tempo. Sennonché, il furto delle armi presso il nuovo domicilio è avvenuto 48 ore dopo la loro traslazione, sicché – stante la sopravvenuta sottrazione furtiva a ridosso del trasferimento – appare evidente che l’interessato non abbia avuto il tempo necessario per segnalare la traslazione agli uffici di polizia.
--------------------------------------

1) - appassionato di caccia, custodiva alcune armi (tre pistole) nell’abitazione della madre a OMISSIS, ma – per esigenze occasionali – le spostava nella residenza di campagna, custodendole in un cassetto chiuso della scrivania, dove tuttavia – circa 48 ore dopo il trasloco - sono state trafugate da ignoti ladri, introdottisi furtivamente in quell’abitazione rurale.

2) - Per lo stesso motivo egli è stato deferito all’A.G. per la violazione dell’art. 38 del T.u.l.p.s. (R.D. n. 773/1931).

3) - Premesso che non risulta irrogata al ricorrente alcuna condanna da parte del giudice penale per i fatti contestati, va rilevato che, a tenore del citato art. 38, primo comma, “Chiunque detiene armi, parti di esse, di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, munizioni finite o materie esplodenti di qualsiasi genere, deve farne denuncia entro le 72 ore successive alla acquisizione della loro materiale disponibilità, all'ufficio locale di pubblica sicurezza”.

-------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CAMPOBASSO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201700074, - Public 2017-02-24 –

Pubblicato il 24/02/2017


N. 00074/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00062/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 62 del 2011, proposto da P. G., rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Di Pardo, con elezione di domicilio in Campobasso, via Berlinguer, n. 1,

contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p. t., Prefettura di Isernia, in persona del Prefetto p. t., e Questore di Isernia, in persona del Questore p. t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede in Campobasso, via Garibaldi n. 124, sono legalmente domiciliati,

per l'annullamento
dei seguenti atti: 1) il decreto prot. n. OMISSIS del 3.11.2010, successivamente notificato, con il quale il Prefetto di Isernia ha vietato in via definitiva al ricorrente la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti e, contestualmente, ne ha ordinato la cessione a un’armeria o ad altra persona munita di porto d’armi, purché non convivente, pena la confisca; 2) il decreto prot. n. OMISSIS del 10.9.2010, con il quale il Prefetto di Isernia ha vietato, in via cautelare, al ricorrente la detenzione di armi, munizioni ed esplosivi ed ha disposto il sequestro delle armi possedute dal ricorrente; 3) il decreto prot. n. …../Cat.6F/PAS/2010 del 5.10.2010, con il quale il Questore di Isernia ha disposto la revoca e il ritiro cautelare del porto di fucile per uso caccia n. …….-M di cui è titolare il ricorrente; 4) tutti gli atti preordinati e connessi, ivi compresa la comunicazione di avvio del procedimento di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia della Questura di Isernia prot. n. …../ Cat.6F/div. P.A.S./2010 del 14.9.2010 e la nota prot. n. ….. del 3.9.2010; con riserva di motivi aggiunti;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria di Ministero dell'Interno, di Prefettura di Isernia e di Questura di Isernia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2017 il dott. Orazio Ciliberti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I – Il ricorrente, OMISSIS e OMISSIS molisano, appassionato di caccia, custodiva alcune armi (tre pistole) nell’abitazione della madre a OMISSIS, ma – per esigenze occasionali – le spostava nella residenza di campagna, custodendole in un cassetto chiuso della scrivania, dove tuttavia – circa 48 ore dopo il trasloco - sono state trafugate da ignoti ladri, introdottisi furtivamente in quell’abitazione rurale. Avendo ricevuto una contestazione di omessa custodia colposa, il ricorrente è divenuto destinatario dei provvedimenti sanzionatori che qui egli impugna. Con il ricorso notificato il 10.2.2011 e depositato il 1.3.2011, chiede l’annullamento dei seguenti atti: 1) il decreto prot. n. …… del 3.11.2010, successivamente notificato, con il quale il Prefetto di Isernia ha vietato in via definitiva al ricorrente la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti e, contestualmente, ne ha ordinato la cessione a un’armeria o ad altra persona munita di porto d’armi, purché non convivente, pena la confisca; 2) il decreto prot. n. ….. del 10.9.2010, con il quale il Prefetto di Isernia ha vietato, in via cautelare, al ricorrente la detenzione di armi, munizioni ed esplosivi ed ha disposto il sequestro delle armi possedute dal ricorrente; 3) il decreto prot. n. …../Cat.6F/PAS/2010 del 5.10.2010, con il quale il Questore di Isernia ha disposto la revoca e il ritiro cautelare del porto di fucile per uso caccia n. …….-M di cui è titolare il ricorrente; 4) tutti gli atti preordinati e connessi, ivi compresa la comunicazione di avvio del procedimento di revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia della Questura di Isernia prot. n. ….. del 14.9.2010 e la nota prot. n. …… del 3.9.2010.

Il ricorrente deduce i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione dell’art. 3 e seguenti legge 241/1990, violazione degli artt. 10, 11, 38, 39 e 43 del R.D. 18.6.1931 n. 773 del T.u.l.p.s.), violazione degli artt. 20 e 20-bis della legge 18.4.1975 n. 110, violazione e falsa applicazione della circolare 557/B.9471.10100.2(4) del 9.5.2003, eccesso di potere sotto diversi profili, erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, travisamento dei fatti, illogicità, irragionevolezza, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, sviamento di potere.

Si costituisce l’Amministrazione statale intimata, deducendo – anche con una successiva memoria - l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione.

All’udienza del 22 febbraio 2017, la causa viene introitata per la decisione.

II – Il ricorso è fondato.

III – La ragione per la quale è stato vietato al ricorrente di detenere armi è che il medesimo avrebbe omesso di denunciare per tempo la variazione del luogo di detenzione delle sue pistole. Per lo stesso motivo egli è stato deferito all’A.G. per la violazione dell’art. 38 del T.u.l.p.s. (R.D. n. 773/1931). Premesso che non risulta irrogata al ricorrente alcuna condanna da parte del giudice penale per i fatti contestati, va rilevato che, a tenore del citato art. 38, primo comma, “Chiunque detiene armi, parti di esse, di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, munizioni finite o materie esplodenti di qualsiasi genere, deve farne denuncia entro le 72 ore successive alla acquisizione della loro materiale disponibilità, all'ufficio locale di pubblica sicurezza”. A mente dell’art. 58, comma 3, del Regolamento T.u.l.p.s. (R.D. n. 635/1940), “In caso di trasferimento del detto materiale da una località all'altra del territorio dello Stato, salvo l'obbligo di cui all'art. 34, secondo comma, della legge, il possessore deve ripetere la denuncia di cui all'art. 38 della legge, nella località dove il materiale stesso è stato trasportato”.

Il ricorrente, pertanto, avrebbe dovuto denunciare la traslazione delle armi al nuovo domicilio entro il termine delle 72 ore. Sennonché, il furto delle armi presso il nuovo domicilio è avvenuto 48 ore dopo la loro traslazione, sicché – stante la sopravvenuta sottrazione furtiva a ridosso del trasferimento – appare evidente che l’interessato non abbia avuto il tempo necessario per segnalare la traslazione agli uffici di polizia. È altresì evidente che, nel caso di specie, la tempestiva denuncia dell’avvenuto furto delle armi possa ritenersi equivalente e assorbente della denuncia della traslazione delle medesime da un domicilio all’altro. Non vi è stata alcuna omissione colpevole da parte del ricorrente, il quale – per ragioni che prescindono dalla sua diligenza o dalla sua consapevole responsabilità – non ha avuto il tempo di segnalare al competente ufficio di polizia il trasferimento delle armi, avendone subito il furto prima che scadesse il termine legale previsto per assolvere a tale adempimento.

Ciò premesso, i provvedimenti impugnati risentono dei vizi segnalati nel ricorso. Essi sono alquanto carenti nella motivazione ed applicano in modo erroneo la normativa di riferimento (art. 38 del T.u.l.p.s.), nonché la circolare ministeriale prot. n. 557/B.9471.10100.2(4) del 9.5.2003, a tenore della quale la revoca e il ritiro dei titoli di polizia relativi alle armi conseguono all’emergere di “fatti, eventi o condotte che possano far dubitare, anche per indizi, del possesso o della permanenza dei requisiti di affidabilità richiesti”.
Il ricorrente è un professionista maturo che detiene e porta armi da circa 34 anni, senza averne mai abusato, né aver dato segnali di scarsa affidabilità nella detenzione e nell’uso delle medesime.

I provvedimenti impugnati (divieto prefettizio di detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti; ordine prefettizio di cessione a un’armeria o ad altra persona munita di porto d’armi, pena la confisca; divieto prefettizio cautelare di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi; sequestro prefettizio delle armi possedute; revoca e ritiro cautelare di polizia del porto di fucile per uso caccia) appaiono sproporzionati rispetto alla condotta contestata come violazione, anche perché – come già rilevato – non vi è stata alcuna violazione della normativa di riferimento.

IV – In conclusione, il ricorso deve essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con esso impugnati.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Campobasso, nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2017, con l'intervento dei magistrati:
Orazio Ciliberti, Presidente FF, Estensore
Luca Monteferrante, Consigliere
Domenico De Falco, Referendario


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Orazio Ciliberti





IL SEGRETARIO
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Ricorso Accolto.
-------------------------

1) - diniego opposto all’ufficiale superiore ricorrente relativamente alla domanda proposta per essere autorizzato al porto di un’arma individuale non di tipo guerra.

Il Tar precisa:

2) - Il collegio deve condividere la prima e assorbente censura proposta dall’interessato nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 75 comma 4 del rd 635 del 1940:
- ) - si tratta di una disposizione in origine quasi interamente dettata a favore degli appartenenti alla disciolta milizia fascista, ma nell’ultimo comma essa prevede che gli ufficiali in servizio permanente delle forze armate possano chiedere e ottenere l’autorizzazione al porto di rivoltella, sia quando vestono la divisa sia quando sono in abiti civili.

3) - La lettura del rigetto impugnato convince invece che la p.a. ha considerato l’interessato alla stregua di ogni altro cittadino, e non ha tenuto conto della pur datata norma regolamentare denunciata e dell’appartenenza del richiedente alle forze armate.

4) - L’accoglimento del motivo è assorbente del contendere, derivando da ciò l’annullamento dell’atto impugnato e l’obbligo dell’amministrazione di ripronunciarsi tenendo conto della norma citata e delle risultanze dell’istruttoria che verrà condotta.

N.B.: leggete il tutto qui sotto.
-----------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201800187, - Public 2018-02-27 -

Pubblicato il 27/02/2018


N. 00187/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00370/2017 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 370 del 2017, proposto dal tenente colonnello dell’esercito dottor F. S. rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Barca e Riccardo Maoli, con domicilio eletto presso il primo a Genova in corso Dogali 7/17;

contro
Ministero dell’interno in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, con domicilio presso l’ufficio;

per l'annullamento
del decreto 28.2.2017, n. 11073 dell’UTG di Genova


Visti il ricorso e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;
vista la propria ordinanza 28.6.2017, n. 149;
visti gli atti e le memorie depositate;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2018 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il tenente colonnello dell’esercito dottor F. S. si ritiene leso dal provvedimento indicato, per il cui annullamento ha notificato il ricorso in trattazione che è affidato a censure in fatto e diritto.

L’amministrazione statale si è costituita in causa con memoria con cui ha chiesto la reiezione della domanda.

Con ordinanza 28.6.2017, n. 149 il tribunale amministrativo ha accolto la domanda cautelare proposta.

Le parti hanno depositato memorie e documenti.

L’impugnazione è proposta per l’annullamento del diniego opposto all’ufficiale superiore ricorrente relativamente alla domanda proposta per essere autorizzato al porto di un’arma individuale non di tipo guerra.

L’interessato documenta di essere in servizio permanente nell’esercito italiano, di avere partecipato a missioni all’estero, e allega di sentirsi in pericolo a seguito delle informative ricevute dalle forze armate che richiamano l’attenzione sui rischi di attacchi al personale militare in divisa e in borghese.

L’amministrazione dell’interno non ha condiviso tale prospettazione, osservando la scarsa documentazione addotta dall’interessato a corredo degli assunti che fondano la domanda di autorizzazione presentata a suo tempo.

Il collegio deve condividere la prima e assorbente censura proposta dall’interessato nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 75 comma 4 del rd 635 del 1940: si tratta di una disposizione in origine quasi interamente dettata a favore degli appartenenti alla disciolta milizia fascista, ma nell’ultimo comma essa prevede che gli ufficiali in servizio permanente delle forze armate possano chiedere e ottenere l’autorizzazione al porto di rivoltella, sia quando vestono la divisa sia quando sono in abiti civili.

La norma è formulata nel senso che non si tratta di un diritto assoluto, come si deduce dall’impiego del verbo ‘potere’ che regge la proposizione in questione, ma si osserva che l’ampiezza della previsione induce ad affermare che l’eventuale diniego a tale istanza deve essere fondato su situazioni personali ostative.

La lettura del rigetto impugnato convince invece che la p.a. ha considerato l’interessato alla stregua di ogni altro cittadino, e non ha tenuto conto della pur datata norma regolamentare denunciata e dell’appartenenza del richiedente alle forze armate.

L’accoglimento del motivo è assorbente del contendere, derivando da ciò l’annullamento dell’atto impugnato e l’obbligo dell’amministrazione di ripronunciarsi tenendo conto della norma citata e delle risultanze dell’istruttoria che verrà condotta.

Le spese possono essere compensate adeguatamente, attesa la natura interlocutoria della presente decisione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima),
Accoglie il ricorso e annulla l’atto impugnato, compensando le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Paolo Peruggia, Consigliere, Estensore
Richard Goso, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paolo Peruggia Giuseppe Daniele





IL SEGRETARIO


------------------------------------------------------------------------------------------

ORDINANZA CAUTELARE ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201700149,
- Public 2017-06-28 -

Pubblicato il 28/06/2017

N. 00149/2017 REG. PROV. CAU.
N. 00370/2017 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 370 del 2017, proposto da:


F. S., rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Barca, Riccardo Maoli, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Barca in Genova, corso Dogali 7/17;

contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le Genova, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane, 2;

U.T.G. - Prefettura di Genova non costituito in giudizio;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

del decreto a firma del Prefetto della Provincia di Genova 28/2/2017, n. 11073/2017, notificato con nota della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Genova, Area 1 Bis – Ordine e Sicurezza Pubblica in data 9/3/2017, prot. n. 14705/2017, per-venuta il 4/4/2017 (copia del provvedimento impugnato in allegato1), nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto dal ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2017 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


- rilevato che nel caso di specie, nel bilanciamento dei contrapposti interessi ed a fronte di un principio di fumus boni juris in merito ad almeno uno dei motivi di gravame, le esigenze di parte ricorrente siano tutelabili adeguatamente con la definizione del giudizio nel merito, con conseguente sussistenza dei presupposti di cui all’art. 55 comma 10 cod proc amm;

- considerato che pertanto occorre fissare la data di discussione del ricorso nel merito.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), visto l’art. 55 comma 10 cod proc amm fissa per la discussione del ricorso nel merito l’udienza del 14 febbraio 2018.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Paolo Peruggia, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Davide Ponte Giuseppe Daniele



IL SEGRETARIO
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Ricorso Straordinario Accolto.
------------------------------------

1) - Con provvedimento del 17 marzo 2017 n. DIV. P.A.S. CAT. 6.F/17 il commissariato di pubblica sicurezza di OMISSIS (questura di Palermo) ha rigettato l’istanza del signor -OMISSIS- volta ad ottenere il rinnovo della licenza di porto fucile per uso di caccia, sulla scorta delle informazioni fornite dal Comando provinciale dei carabinieri di Palermo, in considerazione del fatto che l’interessato era inserito in un “contesto familiare caratterizzato dalla presenza di persone gravate da pregiudizi”. Pertanto la questura ha ritenuto l’interessato non in possesso dei “requisiti idonei al rinnovo del titolo di polizia richiesto, intesi nel caso specifico non riferibili alla persona bensì all’ambiente socio familiare in cui era inserito”

2) - Nel caso di specie sia il questore, nel disporre il rigetto dell’istanza di rinnovo, sia il prefetto nel respingere il ricorso gerarchico contro l’atto del questore,
- ) - hanno addotto a fondamento dei rispettivi provvedimenti la circostanza, desunta da una segnalazione del Comando provinciale dei carabinieri,
- ) - che il ricorrente - che non ha precedenti penali -
- ) - è inserito in un contesto socio-familiare caratterizzato dalla presenza di soggetti, con cui egli medesimo ha legami di parentela e perciò anche di frequentazione, gravati da pregiudizi penali,
- ) - senza aggiungere nessun elemento relativo alla gravità indiziaria dei fatti o ad altri riscontri oggettivi, che l’Amministrazione avrebbe dovuto acquisire attraverso un adeguato approfondimento istruttorio, stante la genericità degli elementi desumibili da quella segnalazione: frequentazione di persone “gravate di pregiudizi penali” è espressione, verosimilmente di gergo, che, mancando il riferimento a fatti o a provvedimenti sanzionatori specifici, non significa nulla,
- ) - come non significa nulla il fatto che l’interessato, già titolare di porto d’armi, sia o si sia inserito nel “contesto socio-familiare” di persone “gravate di pregiudizi penali.

---------------------------------------------------------------------

PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201801614 - Public 2018-06-22 -

Numero 01614/2018 e data 21/06/2018 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 18 aprile 2018


NUMERO AFFARE 00469/2018

OGGETTO:
Ministero dell’interno.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal signor -OMISSIS- e residente a OMISSIS, contro il decreto del prefetto di Palermo 20 luglio 2017 n. 84229, di rigetto del ricorso gerarchico da lui proposto per l’annullamento del provvedimento del commissariato di pubblica sicurezza di OMISSIS del 17 marzo 2017, di diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso di caccia.

LA SEZIONE
Vista la relazione 20 febbraio 2018 n. 557/PAS/E/000174/10100.A.55l, con la quale il Ministero dell’interno - dipartimento per la pubblica sicurezza - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;

visto il ricorso, datato 17 novembre 2017;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Antimo Prosperi.


Premesso.

Con provvedimento del 17 marzo 2017 n. DIV. P.A.S. CAT. 6.F/17 il commissariato di pubblica sicurezza di OMISSIS (questura di Palermo) ha rigettato l’istanza del signor -OMISSIS- volta ad ottenere il rinnovo della licenza di porto fucile per uso di caccia, sulla scorta delle informazioni fornite dal Comando provinciale dei carabinieri di Palermo, in considerazione del fatto che l’interessato era inserito in un “contesto familiare caratterizzato dalla presenza di persone gravate da pregiudizi”. Pertanto la questura ha ritenuto l’interessato non in possesso dei “requisiti idonei al rinnovo del titolo di polizia richiesto, intesi nel caso specifico non riferibili alla persona bensì all’ambiente socio familiare in cui era inserito” (cfr. preambolo provvedimento della questura di Palermo).

Il signor -OMISSIS- ha proposto ricorso gerarchico al prefetto di Palermo, il quale, esperita l’istruttoria di rito e acquisite, in particolare, le controdeduzioni della questura di Palermo al riguardo, lo ha respinto con decreto n. 84229 del 20 luglio 2017.

Contro quest’ultimo provvedimento l’interessato ha proposto il ricorso in esame, sostenendo che il provvedimento di diniego è privo “di un giudizio sintetico – valutativo che investa nel complesso la condotta di vita del richiedente con riguardo all’osservanza sia di regole di comune convivenza sociale che di quelle tradotte in precetti giuridici a salvaguardia dei valori fondamentali dell’ordinamento”, asserendo, inoltre, che “l’esistenza di una parentela (già esistente e non ostativa di un rilascio di analoga autorizzazione) con persona che è stata sospettata di gravi reati, non può, da sola bastare a sorreggere un diniego opposto alla richiesta di rinnovo dell’autorizzazione del porto d’armi uso caccia”.

Il Ministero riferente rileva, in generale, che la licenza di portare armi non costituisce un diritto assoluto ma è un’eccezione al generale divieto di circolare armati. Detta eccezione può concedersi soltanto alle persone di cui esiste completa e perfetta sicurezza circa il corretto uso delle armi stesse e ciò al fine di evitare qualsiasi dubbio o perplessità sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica e della tranquilla convivenza della collettività.

L’Amministrazione sostiene che, nel caso di specie, “il Prefetto di Palermo ha respinto il ricorso gerarchico proposto sulla base di un giudizio sintetico valutativo riferibile al contesto socio-familiare in cui è inserito l’interessato, caratterizzato dalla presenza di soggetti, con cui il richiedente ha legami di parentela, e, dunque, frequentazione, gravati da importanti pregiudizi penali, circostanza ritenuta idonea a sostenere l’atto impugnato e giustificativa ai fini della decisione presa dal Questore di denegare il rinnovo dell’autorizzazione richiesta”.


Considerato.

Ai sensi degli artt. 11 e 43 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, d’approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (spesso indicato con ‘T.U.L.P.S.’), l’autorità di pubblica sicurezza può valutare discrezionalmente qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di divieto o di revoca dell’autorizzazione al porto d’armi, in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati e, in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza, con la conseguenza che il detentore deve essere persona esente da mende o da indizi negativi. Tale valutazione deve però avvenire sulla base di un’istruttoria esauriente e di una motivazione congrua e coerente che tenga anche conto dei presupposti che hanno dato luogo al precedente rilascio, evidenziando quale sia il cambiamento intervenuto rispetto alle circostanze di fatto che l’avevano già indotta a rilasciare il suddetto titolo (cfr. Cons. Stato, sez. I, n. 766/2013).

Nel caso di specie sia il questore, nel disporre il rigetto dell’istanza di rinnovo, sia il prefetto nel respingere il ricorso gerarchico contro l’atto del questore, hanno addotto a fondamento dei rispettivi provvedimenti la circostanza, desunta da una segnalazione del Comando provinciale dei carabinieri, che il ricorrente - che non ha precedenti penali - è inserito in un contesto socio-familiare caratterizzato dalla presenza di soggetti, con cui egli medesimo ha legami di parentela e perciò anche di frequentazione, gravati da pregiudizi penali, senza aggiungere nessun elemento relativo alla gravità indiziaria dei fatti o ad altri riscontri oggettivi, che l’Amministrazione avrebbe dovuto acquisire attraverso un adeguato approfondimento istruttorio, stante la genericità degli elementi desumibili da quella segnalazione: frequentazione di persone “gravate di pregiudizi penali” è espressione, verosimilmente di gergo, che, mancando il riferimento a fatti o a provvedimenti sanzionatori specifici, non significa nulla, come non significa nulla il fatto che l’interessato, già titolare di porto d’armi, sia o si sia inserito nel “contesto socio-familiare” di persone “gravate di pregiudizi penali.

Il ricorso è quindi fondato, per l’assorbente fondatezza della censura di carenza d’istruttoria e di motivazione, e va accolto, annullando il provvedimento impugnato.

P.Q.M.

esprime il parere che il ricorso debba essere accolto, annullando il provvedimento impugnato.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antimo Prosperi Raffaele Carboni




IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13165
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Porto delle ARMI x il personale Polizia Locale ed altro

Messaggio da panorama »

Consiglio di Stato: "Aver subito furti in azienda non dà diritto al porto d'armi"
--
La sentenza ferma un imprenditore bresciano che, preoccupato per un'escalation di colpi, nel 2008 aveva chiesto una pistola per uso personale. Ribaltato il giudizio del Tar

BRESCIA - Aver subito furti in azienda ed essere titolare di un'impresa non danno diritto al porto d'armi. Nel pieno del dibattito sulla legittima difesa, il Consiglio di Stato ha messo un paletto pronunciando sulla richiesta di un imprenditore bresciano, titolare di un'azienda con cento addetti a Pian Camuno, nella Valcamonica, specializzata nel montaggio e nella manutenzione di impianti industriali.

Nel 2008, preoccupato per un'escalation di furti, l'uomo aveva chiesto il porto d'armi per una pistola per difesa personale. Il prefetto aveva respinto la domanda ritenendo insussistenti gli elementi che giustificassero l'effettivo bisogno di andare in giro armato. Nel 2012 il Tar Lombardia ha accolto il ricorso dell'imprenditore imponendo una nuova istruttoria e il rilascio del porto d'armi.

Il pronunciamento è stato impugnato dal ministero dell'Interno davanti al Consiglio di Stato, che ha stabilito che l'imprenditore non ha diritto al permesso di girare con la pistola. Il Consiglio ha ritenuto come l'appartenenza a una "categoria professionale", ad eccezione delle forze dell'ordine, non è di per sé tale da giustificare il rilascio delle licenze di porto d'armi. La sentenza afferma: anche commercianti di preziosi, avvocati, notai, operatori del settore assicurativo o bancario e investigatori privati sono sottoposti a un'istruttoria. Neppure i furti subiti - richiamati nella memoria dei legali dell'imprenditore - per i giudici sono la prova di un "dimostrato bisogno di una pistola".

Nelle valutazioni per il rilascio del porto d'armi "deve prevalere la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica generale".

L'imprenditore è stato condannato a rifondere al Viminale le spese di giudizio, pari a 1.500 euro.

--------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201804958
- Public 2018-08-17 –


Pubblicato il 17/08/2018

N. 04958/2018 REG. PROV. COLL.
N. 06158/2012 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sull’appello n. 6158 del 2012, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

contro
Il signor G. A., rappresentato e difeso dall'avvocato Rossella Repetti, con domicilio eletto presso la Segreteria della Terza Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sez. II, n. 649/2012, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor G. A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 24 luglio 2018 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Alfonso Peluso e l’avvocato Jacopo D'Auria, su delega dell’avvocato Rossella Repetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’appellato - titolare di una impresa sita nel territorio del Comune di Piancamuno ed avente circa cento dipendenti – ha chiesto alla Prefettura di Brescia il rilascio di una licenza di porto di pistola per difesa personale.

Col provvedimento n. 428 del 3 giugno 2008, il Prefetto ha respinto l’istanza, ritenendo insussistenti elementi tali da giustificare l’effettivo bisogno di andare armato.

2. Col ricorso di primo grado n. 892 del 2008 (proposto al TAR per la Lombardia, Sezione di Brescia), l’interessato ha impugnato l’atto del 3 giugno 2008, lamentandone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere.

3. Il TAR, con la sentenza n. 649 del 2012, ha accolto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.

4. Con l’appello in esame, il Ministero dell’Interno ha chiesto che – in riforma della sentenza del TAR – il ricorso di primo grado sia respinto.

L’appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

5. All’udienza del 24 luglio 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. Ritiene la Sezione che l’appello sia fondato e vada accolto.

Nella specie, il Prefetto di Brescia è giunto alla conclusione che non sussistano elementi tali da giustificare per l’appellato un effettivo bisogno di andare armato.

Ad avviso della Sezione, va riformata la statuizione del TAR, per la quale tale determinazione del Prefetto risulterebbe non adeguatamente motivata.

Sulla base di una specifica istruttoria, il Prefetto ha rilevato che l’incolumità dell’appellato non si può considerare a specifico repentaglio.

7. Quanto alle questioni riguardanti lo svolgimento delle attività lavorative da parte dell’appellato, ritiene la Sezione che il Prefetto ha esercitato non irragionevolmente il suo potere discrezionale.

7.1. Il testo unico, nel disciplinare il rilascio della «licenza di porto d’armi», mira a salvaguardare la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Come ha rilevato la Corte Costituzionale (con la sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, § 7, che ha ribadito quanto già affermato con la precedente sentenza n. 24 del 1981), il potere di rilasciare le licenze per porto d'armi «costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, primo comma, della legge n. 110 del 1975»: «il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi».

Ciò comporta che – oltre alle disposizioni specifiche previste dagli articoli 11, 39 e 43 del testo unico n. 773 del 1931 – rilevano i principi generali del diritto pubblico in ordine al rilascio dei provvedimenti discrezionali.

Inoltre, oltre alle disposizioni del testo unico che riguardano i requisiti di ordine soggettivo dei richiedenti (in particolare, gli articoli 11, 39 e 43), rilevano quelle (in particolare, gli articoli 40 e 42) che attribuiscono in materia i più vasti poteri discrezionali per la gestione dell’ordine pubblico:

- per l’art. 40, «il Prefetto può, per ragioni di ordine pubblico, disporre, in qualunque tempo, che le armi, le munizioni e le materie esplodenti, di cui negli articoli precedenti, siano consegnate, per essere custodite in determinati depositi a cura dell'autorità di pubblica sicurezza o dell'autorità militare» (il che significa che il Prefetto può senz’altro disporre anche il ritiro delle armi, purché, ovviamente, sussistano le idonee ragioni da palesare nel relativo provvedimento);

- per l’art. 42, «il Questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il Prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65» (il che significa che il Prefetto può anche fissare preventivi criteri generali per verificare se nei casi concreti vi sia il «dimostrato bisogno» di un porto d’armi per difesa personale, in rapporto ai profili coinvolti dell’ordine pubblico).

7.2. Il Ministero dell’Interno, nelle sue articolazioni centrali e periferiche, dunque può ben effettuare valutazioni di merito in ordine ai criteri di carattere generale per il rilascio delle licenze di porto d’armi, tenendo conto del particolare momento storico, delle peculiarità delle situazioni locali, delle specifiche considerazioni che – in rapporto all’ordine ed alla sicurezza pubblica - si possono formulare a proposito di determinate attività e di specifiche situazioni (Cons. Stato, Sez. III, 16 dicembre 2016, n. 5354; Sez. III, 3 agosto 2016, n. 3512).

7.3. A parte l’esigenza di affrontare le emergenze della criminalità organizzata, gli organi del Ministero dell’Interno possono tener conto anche di considerazioni di carattere generale, coinvolgenti l’ordine e la sicurezza pubblica.

Ad esempio, essi possono previamente fissare i criteri secondo cui, a meno che non vi siano specifiche e accertate ragioni oggettive, l’appartenenza ad una ‘categoria’ non è di per sé tale da giustificare il rilascio delle licenze di porto d’armi.

Spetta infatti al legislatore introdurre una specifica regola se l’appartenenza ad una ‘categoria’ giustifica il rilascio di tali licenze e la possibilità di girare armati (tale rilascio è previsto, ovviamente, per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine, nei limiti stabiliti dagli ordinamenti di settore).

Se invece si tratta di imprenditori, di commercianti, di avvocati, di notai, di operatori del settore assicurativo o bancario, di investigatori privati, ecc., in assenza di una disposizione di legge sul rilascio della licenza di polizia ratione personae, si deve ritenere che l’appartenenza alla ‘categoria’ in sé non abbia uno specifico rilievo, tale da giustificare il rilascio (o il mantenimento degli effetti) della licenza di porto d’armi.

7.4. Le relative valutazioni degli organi del Ministero dell’Interno – anche quando si tratti di istanze di licenze volte alla difesa personale - possono e devono tener conto delle peculiarità del territorio, delle specifiche implicazioni di ordine pubblico e delle situazioni specifiche in cui si trovano i richiedenti, ma si possono basare anche su criteri di carattere generale, per i quali l’appartenenza in sé ad una categoria non ha uno specifico rilievo.

7.5. Qualora l’organo periferico del Ministero dell’Interno si orienti nel senso che l’appartenenza in sé ad una categoria non ha uno specifico rilievo, le relative scelte di respingere le istanze di rilascio (o di rinnovo) delle licenze costituiscono espressione di valutazioni di merito, di per sé insindacabili da parte del giudice amministrativo.

La motivazione dei provvedimenti di rigetto delle istanze può basarsi dunque sulla assenza di specifiche circostanze tali da indurre a disporne l’accoglimento e l’interessato può lamentare la sussistenza di profili di eccesso di potere, qualora vi sia stata una inadeguata valutazione in concreto delle circostanze.

Inoltre, sono configurabili profili di eccesso di potere, qualora l’Amministrazione – nel respingere l’istanza in quanto formulata da un appartenente ad una categoria per la quale non si sono ravvisati particolari esigenze da tutelare col rilascio della licenza di porto d’armi – invece abbia accolto l’istanza di chi versi in una situazione sostanzialmente equivalente: secondo i principi generali, chi impugna un diniego di licenza ben può dedurre che, in un caso equivalente (anche per circostanze di tempo e di luogo), l’istanza di altri sia stata invece accolta.

7.6. Nella specie, non risulta viziata la valutazione del Prefetto sulla insussistenza di elementi tali da far ritenere che far considerare e specifico repentaglio l’incolumità dell’interessato.

Il Prefetto ha condiviso e fatto proprie le considerazioni poste a base degli atti istruttori, con una determinazione che non risulta manifestamente irragionevole: come sopra si è rilevato, tranne i casi previsti dalla legge, non è ravvisabile l’esigenza che sia rilasciata la licenza di porto di pistola per difesa personale, quando si faccia parte di una categoria che svolga una attività lavorativa (e, del resto, neppure la mera proposizione di denunce e di querele ha uno specifico significato ai fini del rilascio della medesima licenza, quando non emergano specifiche e gravi circostanze di fatto, rimesse comunque alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione).

Contrariamente a quanto ha dedotto l’appellato (che nella sua memoria difensiva ha richiamato anche la denuncia-querela per un furto avvenuto presso gli uffici amministrativi della propria impresa), l’atto impugnato in primo grado ha esplicitato le ragioni poste a base della valutazione sulla insussistenza del suo «dimostrato bisogno».

Per ragioni processuali, non rileva inoltre la contraddittorietà dedotta col ricorso di primo grado, rispetto alla posizione di un altro imprenditore, poiché le relative deduzioni non sono state richiamate espressamente negli scritti difensivi di secondo grado e, dunque, si devono intendere rinunciate, ai sensi dell’art. 101, comma 2, del codice del processo amministrativo.

8. Per le ragioni che precedono, la Sezione ritiene che la determinazione impugnata risulta adeguatamente motivata e si è basata su una valutazione di merito (anche sulla insussistenza di specifici pericoli, su cui ha molto insistito l’interessato), in quanto tale insindacabile dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità, sicché – in accoglimento dell’appello – il ricorso originario va respinto.

La condanna al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello n. 6158 del 2012 e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso n. 892 del 2008.

Condanna l’appellato al pagamento in favore dell’Amministrazione appellante di euro 1.500 per le spese dei due gradi del giudizio, di cui euro 500 per il primo grado ed euro 1.000 per il secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2018, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente, Estensore
Giovanni Pescatore, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere
Antonella Manzione, Consigliere
Luigi Birritteri, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Luigi Maruotti





IL SEGRETARIO
Rispondi