PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

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Leonardo1056
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da Leonardo1056 »

avt8 ha scritto: ven nov 08, 2019 1:19 pm
naturopata ha scritto: dom nov 03, 2019 12:47 pm Ho individuato la tua sentenza del consiglio di Stato e l'ho letta, è stata depositata a luglio. La tua fortuna è che nel bene e nel male, hanno completamente travisato l'applicazione del comma 3, che come bene dedotto dalla GdF, non è più applicabile, proprio riferendolo anche alla sola cessazione a domanda con 20 anni di servizio. Bene ora chi vuole può citare questa sentenza per andare in pensione ex comma 3 dell'art.52.

Qui un passo di alto profili giuridico:

Sotto questo aspetto l’art. 52, terzo comma, del d.P.R. 1092 del 1973 è stato quindi certamente innovato dalla legislazione successiva.

Ma è altrettanto evidente che quest’ultima non ha dispiegato effetti abroganti in ordine ad una specifica norma in esso contenuta, che qui per l’appunto rileva e che continua a vigere a tutt’oggi in quanto non abrogata né esplicitamente, né per incompatibilità, in forza della quale il militare, ancorchè cessato dal servizio per l’irrogazione della sanzione della perdita del grado, conserva comunque il proprio diritto a percepire la pensione se sussistono i relativi presupposti di età e di anzianità contributiva secondo la legislazione pro tempore vigente.


Il comma non è il 3 che dovevi citare ma il comma 1 rimasto in vigore solo per chi viene riformato:
L'ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo hanno diritto alla pensione normale se hanno raggiunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici di servizio effettivo.

Visto che sei stato riformato ai sensi del comma 1 e non 3 ed essendo stato iniziato il procedimento disciplinare dopo la cessazione, senza alcuna sospensione precauzionale dall'impiego, la tua pensione è a posto.

Potrebbero comunque rimuoverti dal grado, ovvero perdere l'onore militare, ma la pensione è ok.
Se il nuovo procedimento disciplinare comporta la destituizione, stai tranquillo che il Ministero ti revoca nuovamente la pensione.- E tu dovrai ricorrere alla corte dei Conti- Perchè se fai ricorso nuovamente al G.A per riavere la pensione, la comparsa del ministero dichiarerà il difetto di giurisdizione - E comunque come spiegato da chi mi ha proceduto, l'articolo 52 dal 1,,1,1993,non esiste più la pensioni dei 20 anni - Se vai sul sito della corte ne trovi migliaia di sentenze negative-
Il CdS a disposto che non possono toccare la pensione.
Che se voglio possono rifare il disciplinare ma senza toccarmi la pensione .
Tu stai dicendo che se mi destituiscono mi revocato la pensione ti voglio dire prima di fare certe affermazioni sei sicuro o è un tuo parere.


Gabry08
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da Gabry08 »

Buongiorno. Sono in aspettativa per infermità attualmente non c.s. se mi sospendono precauzionalmente e nel frattempo vengo riformato, cosa succede:
A) se vengo riformato durante la sospensione con possibilità di perdita di grado in seno a condanna penale successiva definitiva?
B) se vengo rifomato per inabilità non essendo sospeso ma poi vengo degradato in seguito a condanna penale definitiva?

TENENDO PRESENTE CHE HO UNA C.S. A-8, CHE SUCCEDE?

GRAZIE MOLTE
naturopata
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da naturopata »

Gabry08 ha scritto: lun nov 18, 2019 8:34 am Buongiorno. Sono in aspettativa per infermità attualmente non c.s. se mi sospendono precauzionalmente e nel frattempo vengo riformato, cosa succede:
A) se vengo riformato durante la sospensione con possibilità di perdita di grado in seno a condanna penale successiva definitiva?

Vieni rimosso dal grado con decorrenza dalla data della sospensione e quindi cesserai dal servizio non più per infermità ma per rimozione dal grado e quindi niente pensione.

B) se vengo rifomato per inabilità non essendo sospeso ma poi vengo degradato in seguito a condanna penale definitiva?

Agli orientamenti di oggi quasi del tutto positivi, anche se si è già affacciato un orientamento negativo, dovrebbe spettarti la pensione se hai almeno 12/15 effettivi se militare/civile.

TENENDO PRESENTE CHE HO UNA C.S. A-8, CHE SUCCEDE?

Se riconosciuta dipendente dal CVCS o ex CPPO, qualora te l'assegnassero a vita ai fini di p.p.o. (ma la vedo dura, preparati a un probabilissimo declassamento in "B"), avrai diritto alla p.p.o. vitalizia di 8^ CTG e nessuno potrà toccartela, a norme di oggi.

GRAZIE MOLTE
panorama
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da panorama »

ricorso Accolto

LEGGE 27 marzo 2001, n. 97

Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
-----------------------------------

SENTENZA sede di ANCONA, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 202000008,

Pubblicato il 07/01/2020

N. 00008/2020 REG. PROV. COLL.
N. 00538/2018 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 538 del 2018, proposto da
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Ruggeri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maurizio Miranda in Ancona, viale della Vittoria, 7;

contro
Ministero della Giustizia, Ministro della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Commissione di -OMISSIS- per i -OMISSIS-, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso cui domiciliano in Ancona, piazza Cavour, 29;

per l'annullamento
previa concessione di idonea misura cautelare,

- del dispositivo di decisione -OMISSIS- del -OMISSIS- della Commissione di -OMISSIS- per i -OMISSIS-
- della decisione n. 271 del 1989 e de. 271 del 1989 della predetta Commissione;
- del verbale di udienza de. 271 del 1989 avente n. 271 del 1989
- della comunicazione PEC del -OMISSIS- inviata da Commissione -OMISSIS- ;
- n. 2 mail ordinarie allegate alla predetta PEC e datate rispettivamente-OMISSIS-;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Ministro della Difesa, del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri e della Commissione di -OMISSIS- per i -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2019 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, appartenente all’Arma dei Carabinieri con il grado -OMISSIS-, impugna gli atti indicati in epigrafe, relativi -OMISSIS- iniziato a suo carico e conclusosi, in secondo grado, con l’inflizione della -OMISSIS- per fatti di -OMISSIS- che dallo stesso sarebbero stati compiuti nello svolgimento delle funzioni -OMISSIS-.

A sostegno del gravame deduce diversi motivi di illegittimità.

Si sono costituite in giudizio, per resistere, le intimate Amministrazioni, con il patrocinio dell’Avvocatura erariale.

Con ordinanza -OMISSIS-, il Tribunale ha respinto la domanda di concessione di misure cautelari.

Detto provvedimento è stato riformato in appello con ordinanza della quarta sezione del Consiglio di Stato -OMISSIS-, che ha accolto l’istanza cautelare del ricorrente con la seguente motivazione: “Ritenuto che, nei limiti della sommaria cognizione tipica della fase cautelare, le esigenze cautelari prospettate dalla parte appellante possono essere adeguatamente soddisfatte mediante la sollecita trattazione della causa nel merito ai sensi dell’art. 55, comma 10 del cod. proc. amm. (ferma l’esecutività del provvedimento impugnato), anche mediante l’approfondimento del profilo concernente la regolarità formale dell’iter seguito dalla n.271 del 1989 n.271 del 1989 per l’emanazione della decisione…”.

Il ricorso è stato dunque trattato, nel merito, alla pubblica udienza del 13 giugno 2019, all’esito della quale la causa è stata posta in decisione.

2. Reputa il Collegio di dover prioritariamente scrutinare i motivi con cui si censura la violazione dei principi del giusto procedimento e della sua ragionevole durata, soprattutto sotto il profilo dell’inosservanza dei termini decadenziali per l’avvio e per la conclusione del -OMISSIS- (motivi quinto e sesto).

2.1. Preliminarmente, giova ricordare che, subito dopo il passaggio in decisione della presente causa, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 150 del 19 giugno 2019, si è pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 17 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 - sollevata dalla seconda Sezione del TAR per la Liguria con ordinanza collegiale n. 275 del 6 aprile 2018 - per contrasto con gli articoli 3 e 97, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui l’anzidetta disposizione non prevede che nel -OMISSIS- nei confronti degli -OMISSIS-, iniziato a seguito della pronuncia di una sentenza -OMISSIS- per i medesimi fatti oggetto di incolpazione, trovino applicazione i termini perentori per l’avvio, lo svolgimento e la conclusione fissati nell’articolo 9, comma 2, per il -OMISSIS- generale dei dipendenti pubblici, in assenza di una “adeguata giustificazione nelle peculiarità proprie dello status di agente od ufficiale -OMISSIS- ”.

In particolare, la Corte, pur avendo dichiarato l’inammissibilità delle questioni, per come prospettate dal giudice remittente, ha precisato che “nell'interpretazione offerta dalla giurisprudenza civile e amministrativa, l'art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001 ha in sostanza riformulato la disciplina dell'art. 9, comma 2, della legge n. 19 del 1990 relativamente ai rapporti tra il procedimento penale conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna e il -OMISSIS- instaurato (o proseguito dopo la sospensione) per gli stessi fatti (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 5 ottobre 2016, n. 19930; 7 dicembre 2012, n. 22210; 10 marzo 2010, n. 5806) ed è applicabile non solo ai dipendenti pubblici soggetti al giudizio per i delitti indicati nel richiamato comma 1 dell'art. 3, ma a tutto il settore del pubblico impiego, ivi compresi gli appartenenti alle Forze armate e alla Polizia di Stato (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 18 settembre 2015, n. 4350).

Il menzionato richiamo al comma 1 dell'art. 3 è diretto infatti ad attrarre nell'ambito di applicazione della nuova disciplina tutto il settore dei dipendenti «di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica», con l'obiettivo, desumibile dal titolo della legge, di sottoporre a una disciplina unitaria il «rapporto tra procedimento penale e -OMISSIS- ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche» (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 6 aprile 2009, n. 2112; nello stesso senso, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 ottobre 2016, n. 19930, secondo la quale il rinvio al comma 1 dell'art. 3 «non può che riferirsi solo alla espressione "dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica", mentre la tipologia di reati contenuta nel medesimo art. 3, comma 1, concorre a definire la specifica fattispecie» disciplinata da tale disposizione, vale a dire il trasferimento d'ufficio a seguito di rinvio a giudizio).

Sempre nell'applicazione giurisprudenziale, inoltre, l'art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001 trova applicazione nei procedimenti disciplinari destinati a sfociare in qualsiasi sanzione, non solo in quelle che comportano l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego (Consiglio di Stato, sentenza n. 2112 del 2009, secondo la quale restringere la portata della norma ai procedimenti disciplinari destinati a sfociare in una misura espulsiva significherebbe «compiere una non consentita inversione logica, facendo dipendere la struttura del procedimento dall'esito finale dello stesso, che proprio il procedimento potrà determinare»).

… La disposizione censurata avrebbe, dunque, dovuto essere valutata in riferimento al contesto normativo e giurisprudenziale così ricostruito, tenendo conto in particolare della disciplina della legge n. 97 del 2001 - certamente applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta nel giudizio a quo sulla base della descrizione che ne fornisce il rimettente - e della sua interpretazione da parte della giurisprudenza.

In questo contesto, sarebbe stato onere del rimettente dare conto delle ragioni della assunta permanente vigenza dell'art. 9, comma 2, della legge n. 19 del 1990 e della sua idoneità a fungere da tertium comparationis in seguito alla sostanziale riformulazione, operata dall'art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001, della disciplina dei termini di inizio (o di prosecuzione) e di conclusione del procedimento disciplinare.

Ugualmente sarebbe stato necessario stabilire la relazione fra lo speciale procedimento nei confronti degli -OMISSIS- e il nuovo regime dei termini, ed esplorare, sulla scia dell'orientamento giurisprudenziale che riconosce una portata generale alla disposizione non considerata dal rimettente, la possibilità di escludere il prospettato vulnus costituzionale.

La specialità della disciplina contenuta agli artt. 16, 17 e 18 delle norme att. cod. proc. pen. - che regola le condotte illecite, le sanzioni irrogabili, la titolarità dell'azione disciplinare, la tutela del contraddittorio e il diritto di difesa dell'incolpato, nonché la composizione delle commissioni di disciplina - trova ragione nella dipendenza funzionale della -OMISSIS-. Nella prospettiva del rimettente, tuttavia, essa non osta all'applicabilità al procedimento ivi disciplinato (art. 17 delle norme att. cod. proc. pen.) dei termini stabiliti dall'art. 5, comma 4, della legge n. 97 del 2001, posto che la stessa normativa speciale non tratta espressamente del rapporto tra il processo penale e il procedimento disciplinare”.

2.2. Sempre successivamente al passaggio in decisione della presente causa, la prima sezione del TAR Piemonte (Torino), con la sentenza n. 862 del 29 luglio 2019, in una fattispecie analoga a quella posta al vaglio della Corte Costituzionale, ha ritenuto di dover fornire una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 17 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, per come integrato dall’articolo 127 del c.p.p., con l’applicazione del principio di garanzia enunciato nell’articolo 5, comma 4, parte seconda, della legge n. 97 del 2001, nel testo in vigore dal 15 novembre 2009, “che il Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 6 aprile 2009, n. 2112, ha ritenuto estensibile alla generalità dei procedimenti disciplinari, per cui <<Il -OMISSIS- deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente per il procedimento disciplinare. Il -OMISSIS- deve concludersi entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall’articolo 653 del codice di procedura penale>>” (cfr., TAR Piemonte, Torino, sentenza n. 862 del 2019, citata).

3. Tanto premesso, si osserva che, sebbene nel caso in esame (in cui il -OMISSIS- è stato iniziato ai sensi dell’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 271 del 1989) non trovi applicazione la disciplina di cui alla legge n. 97 del 2001 (che riguarda la diversa ipotesi in cui, a fronte dell’esistenza, a carico dell’incolpato, di un procedimento penale, sia necessario regolamentare i rapporti tra detto procedimento penale che si sia concluso con sentenza irrevocabile di condanna e il procedimento disciplinare), tuttavia alcuni dei principi enunciati nelle pronunce innanzi citate hanno portata generale e possono valere anche ai fini della presente decisione, nei termini che si vanno a chiarire.

3.1. Come innanzi accennato, sia l’articolo 17 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, che l’articolo 127 del c.p.p. non prevedono termini per l’avvio e per la chiusura dello speciale -OMISSIS- nei confronti degli -OMISSIS-.

Tuttavia, la specialità del -OMISSIS- in parola, considerata anche la natura amministrativa riconosciutagli dalla citata sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 1998, n. 394, non può giustificare la deroga alle garanzie previste per la contestazione dell’addebito e per l’esercizio del diritto di difesa in tutti i procedimenti disciplinari del pubblico impiego, in attuazione degli articoli 24 e 97 della Costituzione (cfr., ancora TAR Piemonte, Torino, sentenza n. 862 del 2019).

Ne consegue, che la lacuna presente nelle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale in ordine alla mancata previsione dei termini per l’avvio e per la conclusione del -OMISSIS- a carico degli -OMISSIS- deve essere colmata, ad avviso del Collegio, mediante l’integrazione con la disciplina generale prevista per i procedimenti disciplinari del pubblico impiego. “Diversamente opinando si finirebbe per riconoscere che il potere disciplinare non è sottoposto a termini decadenziali, ove esercitato nei confronti di una particolare categoria di dipendenti pubblici, funzionalmente dipendenti -OMISSIS- ma strutturalmente dipendenti da altre amministrazioni, le quali prevedono, nei loro rispettivi regolamenti, termini decadenziali per l’inizio e per la conclusione del procedimento disciplinare. Tale affermazione violerebbe le garanzie difensive dell’incolpato e il buon andamento dell’azione amministrativa, così come riconosciuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 971 del 1988, e costituirebbe una deroga irragionevole alla disciplina generale, in assenza di un interesse pubblico meritevole di tutela rafforzata” (cfr., TAR Piemonte, Torino, sentenza n. 862 del 2019).

3.2. Il problema della ragionevole durata del procedimento disciplinare, dato il vuoto normativo negli artt. 16 e seguenti delle disposizioni di attuazione al c.p.p., è stato, per il vero, affrontato dalla stessa n.271 del 1989 n.271 del 1989 nel provvedimento -OMISSIS-, la quale, respinto l’assunto dell’imprescrittibilità dell’azione disciplinare nei confronti degli -OMISSIS-- stante il principio di ragionevolezza imposto dall’art. 6 della CEDU e quindi dall’art. 117, comma 1, della Costituzione - ha ritenuto di dover applicare, in via analogica, quanto al termine per l’inizio dell’azione disciplinare, l’art. 15, comma 1 bis, del d.lgs. n. 109 del 2006, in tema di illeciti disciplinari dei magistrati, sostenendo che ne ricorresse l’eadem ratio, in ragione della funzione di collaboratore investigativo del magistrato svolta -OMISSIS-

Quanto, invece, all’individuazione del termine per la conclusione del procedimento, la Commissione ha ritenuto non applicabile l’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 109 del 2006 e si è ispirata a un criterio di ragionevolezza; ciò sull’assunto che tale ultima norma esprimerebbe una scelta discrezionale del legislatore, la cui ratio sarebbe riconducibile al particolare status dei magistrati e quindi non suscettibile di interpretazione analogica.

3.3. Il Collegio reputa che tale provvedimento si riveli, innanzitutto, contraddittorio; ed invero, delle due l’una: o l’art. 15 del d.lgs. n. 109 del 2006 è applicabile sempre, partendo dall’assunto dell’eadem ratio sottesa alla disciplina dei procedimenti disciplinari dei magistrati e -OMISSIS-, oppure esso non è applicabile mai, dovendosene escludere l’interpretazione estensiva in ragione dello status dei magistrati, ai quali non sarebbero equiparabili gli -OMISSIS-.

3.4. In ogni caso, in merito alla disciplina applicabile per l’individuazione dei termini procedimentali, questo giudice non concorda con le conclusioni cui è giunta la Commissione -OMISSIS- Ed invero, sulla scia dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 150 del 2019 e analogamente a quanto statuito dal TAR Piemonte nella pronuncia più volte citata, si ritiene che il vulnus normativo contenuto negli artt. 16 e seguenti del d.lgs. 271 del 1989 debba essere colmato attraverso l’integrazione della legge speciale con i principi generali vigenti nell’ordinamento in materia di pubblico impiego, non potendosi escludere ch. 271 del 1989 in parola rivestano la qualifica di pubblici dipendenti anche qualora esercitino funzion. 271 del 1989 . Pertanto, pur a voler ammettere l’inapplicabilità - sostenuta anche dal ricorrente - sia della normativa prevista dagli ordinamenti settoriali di appartenenza (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, ecc.), sia di quella contenuta nel d.lgs. n. 165 del 2001, deve comunque trovare applicazione, nella fattispecie, la disciplina generale prevista dal DPR n. 3 del 1957 - nello specifico, gli artt. 103, comma 2, e 120, comma 1 - in quanto non incompatibile con la tipologia procedimentale delineata dagli artt. 16 e seguenti del d.lgs. 271 del 1989 e dagli artt. 127 e 611 c.p.p. ivi richiamati.

In particolare, l’art. 120, comma 1, del DPR n. 3 del 1957 (norma peraltro confluita nell’art. 1392, comma 4, del d.lgs. n. 66 del 2010), secondo la quale il -OMISSIS- si estingue quando sono decorsi novanta giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato adottato, intende sanzionare la completa inattività dell’Amministrazione a tutela dell’interessato, per evitare che questi resti sottoposto ad un -OMISSIS- pendente per un tempo indeterminato e quindi in violazione del principio di ragionevole durata; essa non richiede che il procedimento si concluda entro novanta giorni dal suo inizio, ma prevede l’interruzione del termine estintivo del -OMISSIS- ogniqualvolta, prima della sua scadenza, sia adottato un atto proprio del procedimento, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocamente desumersi la volontà dell’Amministrazione di portare a conclusione il procedimento stesso (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 19 aprile 2019, n. 1123 e 15 febbraio 2018, n. 410; Consiglio di Stato, sez. V, 27 marzo 2017, n. 1368).

Altrettanto in linea con il principio di ragionevole durata è l’art. 103, comma 2, del DPR n. 3 del 1957, che per l’inizio dell’azione disciplinare utilizza la locuzione “subito”, riferita alla contestazione degli addebiti, nel senso che essa deve avvenire non in un termine prestabilito e vincolante, ma in un termine ragionevole e non dilatorio, da valutarsi secondo il caso concreto, entro il quale il -OMISSIS- deve essere iniziato dall’Amministrazione, tenendo conto degli accertamenti preliminari e delle verifiche che il fatto rilevante disciplinarmente comporta. Ciò sempre al fine di salvaguardare la certezza del rapporto tra l’impiegato e l’Amministrazione, la quale verrebbe inficiata se il dipendente restasse esposto, per ingiustificata inerzia dell’Amministrazione stessa, alla qualificazione negativa di determinati comportamenti (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 29 dicembre 2018, n. 7428; Consiglio di Stato, sez. III, 20 giugno 2018, n. 3779).

4. Venendo alla tempistica de. 271 del 1989 in parola, la contestazione degli addebiti è stata notificata all’interessat. 271 del 1989 , per fatti che si sono protratt. 271 del 1989 . Il procedimento ex art. 17 del d.lgs. 271 del 1989 si è concluso, in primo grado, con provvedimento di assoluzione della Commission. 271 del 1989 . In dat. 271 del 1989 , il Procuratore Generale presso la Corte di Appell. 271 del 1989 ha proposto ricorso avverso detto ultimo provvedimento ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 271 del 1989. A distanza di circa due anni (quindi ben oltre 90 giorni dall’ultimo atto), il Ministero della Giustizia, con provvediment. 271 del 1989 , ha fissato. 271 del 1989 successivo, l’udienza di trattazione dell’anzidetto ricorso innanzi alla Commission. 271 del 1989 Con provvediment. 271 del 1989 l’udienza è stata poi annullata e rinviata a data da destinarsi. Sol. 271 del 1989 (ancora una volta oltre 90 giorni dall’ultimo atto), è stata disposta la fissazione dell’udienza pe. 271 del 1989 , quest’ultima poi rinviat. 271 del 1989 successivo con provvediment. 271 del 1989 .

4.1. È, dunque, evidente che il -OMISSIS- per cui è causa si è illegittimamente protratto sia oltre la sua intervenuta interruzione, ai sensi dell’art. 120 del DPR n. 3 del 1957, sia oltre ogni ragionevole durata, essendo decorsi circa tre anni dal ricorso proposto dal Procuratore Generale, ai sensi dell’art. 18 delle disposizioni attive al codice di procedura penale, sino all’adozione del provvedimento sanzionatorio.

4.2. Ad abundantiam, si osserva che, pure a voler ritenere estensibile, in maniera unitaria, la disciplina contenuta nell’art. 15 del d.lgs. n. 109 del 2006 agli -OMISSIS- il termine di conclusione del -OMISSIS- indicato in tale ultima disposizione risulterebbe ugualmente non rispettato, dal che conseguirebbe l’estinzione del procedimento medesimo e quindi, anche in tal caso, l’illegittimità dell’irrogata sanzione (art. 15, commi 2 e 7, del d.lgs. n. 109 del 2006).

5. In conclusione, per tutto quanto innanzi esposto, il provvedimento sanzionatorio adottata dalla -OMISSIS- presso il Ministero della Giustizia è illegittimo; per l’effetto, gli atti impugnati vanno annullati, data la natura assorbente del vizio procedimentale riscontrato.

6. Tenuto conto della novità delle questioni e delle oscillazioni giurisprudenziali in materia, sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Ancona nelle camere di consiglio dei giorni 13 giugno 2019 e 6 novembre 2019, con l'intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF
Tommaso Capitanio, Consigliere
Simona De Mattia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Simona De Mattia Gianluca Morri





IL SEGRETARIO



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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da naturopata »

Quando il diritto diventa anarchia e autarchia. Rimosso dal grado dopo essere stato precauzionalmente sospeso, si è fatto riformare, aveva la pensione provvisoria, il ministero giustamente gliela revoca, i Giudici gli danno ragione. La 2^ sez. centrale crea un contrasto cn la 1, la 3 e l'appello Sicilia, ma non rimette alle SS.RR.. Ora tutti gli ex colleghi citati n questa sentenza passati dalla 1,3 e Sicilia, si sono visti togliere la pensione, questo passato dalla 2 mantiene la pensione. Ditemi voi se qui non doveva andarsi alle SS.RR..

SENT. 47/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai magistrati:
Dott. Andrea LUPI Presidente
Dott. Domenico GUZZI Consigliere
Dott. Roberto RIZZI Consigliere relatore
Dott.ssa Maria Cristina RAZZANO Consigliere
Dott.ssa Erika GUERRI I Referendario
pronuncia la seguente
SENTENZA
sull’appello, in materia di pensioni, iscritto al n. 55341 del registro di
segreteria
avverso
la sentenza della Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana n.
424/2019, depositata il 29/10/2019 e notificata in data 13/11/2019
proposto da:
MINISTERO DELLA DIFESA - Ministero della Difesa Direzione
generale della previdenza militare e della leva, con sede in Roma, Via
dell’Esercito n.186 in persona del dirigente pro tempore
nei confronti di
OMISSIS, nato il OMISSIS a OMISSIS, rappresentato e difeso dagli
Avv.ti Ezio Maria Zuppardi e Biagio Romano, elettivamente
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domiciliato in Roma, alla Via Sistina n. 121 presso l’Avv. Giovanna
Corrias Lucente (Studio Legale Abbamonte) nonché presso gli indirizzi
PEC eziomariazuppardi@avvocatinapoli.legalmail.it e
biagioromano@avvocatinapoli.legalmail.it.
VISTO l’atto di appello.
VISTI tutti gli altri atti e documenti di causa.
UDITI, nell’udienza del 28 gennaio 2021, il relatore Cons. Roberto Rizzi, la
Dott.ssa Maia Luisa Margherita Guttuso, in rappresentanza del Ministero della
Difesa, e l’Avv. Biagio Romano, in rappresentanza dell’appellato.
FATTO
Con sentenza n. 424/2019, depositata il 29/10/2019 e notificata il 13/11/2019,
la Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana accoglieva il ricorso
promosso da OMISSIS, sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri in congedo per
infermità dal 16/6/2008, riconoscendogli il diritto a fruire del trattamento
pensionistico che era stato revocato in conseguenza dell’irrogazione della
sanzione disciplinare della perdita del grado per avere, nel periodo compreso
tra il 30 settembre 1994 e il 25 giugno 2002, in qualità di Pubblico Ufficiale
nell'esercizio delle sue funzioni, in servizio presso le Stazioni Carabinieri di
Vico Equense (NA), Pomigliano d'Arco (NA) e Follonica (GR), con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, in concorso con il Procuratore
Capo ed il Dirigente della Segreteria della Procura della Repubblica di Torre
Annunziata, formato falsi mandati di pagamenti per anticipi di spese per
missioni fuori sede per lo svolgimento di attività di indagine delegate dalla
citata Procura della Repubblica.
Più in dettaglio, nell’agosto 2003, nei confronti dell’allora Luogotenente
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OMISSIS veniva disposta, a decorrere dal 26 luglio 2003, la "sospensione
precauzionale dall’impiego" ai sensi dell'articolo 20, comma 2, della l. 31
luglio1954, n. 599, fino a tutta la durata della misura cautelare interdittiva
disposta con ordinanza del OMISSIS
. Con tale provvedimento il GIP del
Tribunale di OMISSIS, fra l’altro, aveva disposto la «sospensione dell'ufficio
di Pubblico Ufficiale derivante dalla sua appartenenza all'Arma dei
Carabinieri», interdicendo al medesimo tutte le attività ad esso inerenti.
Con decreto n. OMISSIS del OMISSIS il Lgt. OMISSIS cessava dal servizio
permanente per infermità e veniva collocato in congedo assoluto a decorrere
dal 16/6/2008, iniziando a percepire la pensione “normale ordinaria”
provvisoria.
Con sentenza del OMISSIS, il Tribunale di OMISSIS, fra l’altro, condannava
il Sottufficiale alla pena di anni 4 di reclusio
ne, per i reati di “concorso in
falsità materiale commessa dal Pubblico Ufficiale in atti pubblici continuata”,
“falsità ideologica commessa da Pubblico Ufficiale, continuata e aggravata" e
"peculato continuato". Inoltre, dichiarava nei suoi confronti l'interdizione
temporanea dai Pubblici uffici, applicando la pena accessoria dell'estinzione
del rapporto di lavoro.
Con decreto n. OMISSIS del OMISSIS, il Comando Generale dell’Arma dei
Carabinieri - C.N.A attribuiva al pensionato la pensione definitiva.
Nel provvedimento veniva specificato che «Si potrà dare corso al recupero
dei ratei corrisposti in esecuzione del presente provvedimento, limitatamente
agli effetti dovuti alla eventuale intervenuta prescrizione, qualora, alla data
della cessazione dal servizio siano mutate la posizione dello stato giuridico in
ragione di eventuale determinazione di diverse cause della cessazione
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medesima».
Con sentenza n OMISSIS del OMISSIS, la Corte di Appello di OMISSIS, in
riforma del giudizio di primo grado, dichiarava di non doversi procedere, nei
confronti del militare, poiché i reati ascrittigli si erano estinti per prescrizion
e.
Il processo penale veniva esitato con la sentenza n. OMISSIS del OMISSIS
della Corte di cassazione, con la quale veniva dichiarata l’inammissibilità del
ricorso proposto dal OMISSIS.
Dopo la conclusione del processo penale, in data OMISSIS, il Ministero della
difesa avviava il procedimento disciplinare per i medesimi fatti, pervenendo
all’irrogazione, con decreto OMISSIS del OMISSIS, della massima sanzione
disciplinare di stato, ossia della “perdita del grado per rimozione per motivi
disciplinari”.
Il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri - C.N.A., con decreto n.
OMISSIS del OMISSIS, annullava il decreto n. OMISSIS in data OMISSIS.
A tale determinazione giungeva rilevando che poiché, per effetto del disposto
dell’art. 923, comma 5, del d.lgs. n. 66/2010, la cessazione dal servizio era da
considerare avvenuta a causa della sanzione di stato e non più per infermità,
al fine del riconoscimento del diritto al trattamento pensionistico assumevano
rilievo i requisiti minimi contributivi e anagrafici di cui all’art. 59, comma 6,
della legge 449/1997 nonché all’art. 6 del d.lgs. 165/1997, previsti per la
pensione di anzianità (aver maturato la massima anzianità contributiva per
l'ordinamento di appartenenza e un’età anagrafica non inferiore ai 53 anni,
ovvero, aver maturato il requisito contributivo di anni 40 di servizio utile):
poiché il servizio utile maturato dall'interessato alla data di cessazione (16
giugno 2008) era pari ad anni 34, mesi 11 e giorni 15, il medesimo risultava
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non aver ancora maturato il diritto a pensione.
Conseguentemente, in data 10/9/2018, l’amministrazione avviava il
procedimento per il recupero dell’importo ritenuto indebitamente percepito a
titolo di pensione, pari ad € 18.722,56.
Il primo giudice, chiarito che gli effetti retroattivi annessi alla sanzione della
perdita del grado (previsti dall’art. 37 della l. n. 599 del 1954 e
sostanzialmente ribaditi dall’art. 867, comma 5, del cod militare) dovevano
ritenersi condizionati alla pendenza, all’atto della cessazione dal servizio, di
un procedimento penale o disciplinare esitato con quella statuizione, rilevava
che, all’epoca della cessazione dal servizio, era pendente solo il procedimento
penale che, tuttavia sia era concluso con una sentenza dichiarativa di
prescrizione. La condanna alla perdita del grado era, infatti, conseguenza del
procedimento disciplinare avviato quando il OMISSIS era già stato posto in
quiescenza.
Per tale ragione, veniva esclusa l’applicabilità alla vicenda esaminata della
richiamata normativa (in specie, art. 37 l. n. 599/1954 ed art. 867, comma 5,
D.Lgs. 66/2010), con consequenziale accoglimento del ricorso e dichiarazione
di definitività del provvedimento con il quale il ricorrente era stato collocato
in congedo assoluto per infermità il 16 giugno 2008 e dichiarazione di
insussistenza del titolo fondante il recupero del credito previdenziale vantato
dall’INPS.
Avverso la suddetta sentenza il Ministero della difesa interponeva appello
dolendosi della «Violazione e falsa applicazione degli artt. 37 Legge
599/1954; articolo 923, comma 5, C.O.M.; articolo 59 Legge n. 449/1997 e
D.Lgs. n. 165/1997».
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Secondo l’appellante, in conseguenza della novazione del titolo della
cessazione, da riforma per “inabilità assoluta” a “perdita del grado per
sanzione”, per accedere alla pensione, l’ex militare non avrebbe potuto
vantare il requisito dei 20 anni di servizio effettivo (previsto dall’art. 52 del
d.P.R. 1092/1973) ma avrebbe dovuto possedere i più stringenti requisiti
previsti dall’art. 59 della l. n. 449/1997 e art. 6 del d.lgs. n. 165/1997, che
richiama l’art. 1, comma 24 e 25, della l. 335/1995 («40 anni contributivi,
oppure di 35 anni maturati e contestualmente 57 anni anagrafici già compiuti,
ovvero di 53 anni anagrafici ed il raggiungimento della massima anzianità
contributiva corrispondente all’aliquota dell'80% ai sensi dell'art. 59, comma
6, della legge 27.12.1997, n. 449 e dell'art. 6, comma 1. del D. Lgs.I65/1997,
ovvero, i requisiti previsti dal successivo comma 2 art. 6 del citato d.lgs.
165/97»).
Poiché tali più rigorosi requisiti non erano posseduti dal OMISSIS, quanto
erogato a titolo di pensione era da ritenere non dovuto.
Evidenziava inoltre, che i precedenti giurisprudenziali favorevoli alle ragioni
dell’appellato trascuravano di considerare la c.d. “pregiudiziale penale”, in
base alla quale «Qualora per il fatto addebitabile all'impiegato sia stata
iniziata azione penale, il procedimento disciplinare non può essere promosso
fino al termine di quello penale, e se già iniziato, deve essere sospeso» (art.117
del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, applicabile ratione temporis alla vicenda,
ma sostanzialmente sovrapponibile al disposto dell’art. 1393 cod mil. entrato
in vigore nelle more).
All'epoca della cessazione per inidoneità al servizio militare incondizionato a
decorrere dal OMISSIS, il OMISSIS era sottoposto a procedimento penale,
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tant’è che venne disposta la sospensione precauzionale obbligatoria
dall'impiego con decreto del OMISSIS.
Ancora, poneva in evidenza l’irrilevanza, nella vicenda in esame,
dell’attribuzione del trattamento definitivo di pensione.
Concludeva chiedendo:
- previa sospensione cautelare dell’esecutività, l’annullamento della
sentenza impugnata;
- la dichiarazione che al OMISSIS non è dovuto alcun trattamento
pensionistico ordinario, non avendo il medesimo maturato i requisiti
necessari;
- la condanna del OMISSIS alla rifusione, in favore
dell’Amministrazione della Difesa delle somme erogate a titolo di
quiescenza.
Con memoria di costituzione depositata in data OMISSIS, il OMISSIS,
preliminarmente, eccepiva l’inammissibilità dell’appello sotto due diversi
profili.
Per un verso, veniva denunciato un difetto di rappresentanza («(…)
inammissibilità dell’appello per violazione degli artt. 190, comma 2 e 3, e 158,
comma 2, del Codice di giustizia contabile e dell’art. 417 bis del Codice di
procedura civile»).
Secondo l’appellante, l’impugnazione avrebbe dovuto essere sottoscritta da
un avvocato ammesso al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori e non
da un dipendente del Ministero della Difesa E ciò sull’assunto, argomentato
valorizzando il rinvio contenuto nell’art. 417 bis c.p.c. all’art. 413 c.p.c, che
la facoltà di stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti
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sarebbe limitata alle «sole amministrazioni statali i cui rapporti d’impiego
sono stati oggetto di privatizzazione e, pertanto, soggetti alla giurisdizione del
giudice del lavoro».
In definitiva, poiché il OMISSIS «era dipendente del Ministero della Difesa
e titolare di un rapporto di lavoro rimasto soggetto ai regimi pubblicistici (…)
il Ministero della Difesa, nel caso di specie, non può essere ritenuto
amministrazione soggetta al regime di pubblico impiego privatizzato e,
pertanto, rientrare nel novero delle P.A. prese in considerazione dall’art. 413
CPC espressamente richiamato dall’art. 417 – bis come riferimento per le
amministrazioni alle quali è concesso di essere rappresentate in giudizio
attraverso propri dipendenti».
Per altro verso, l’appello era dedotta l’inammissibilità dell’appello, per
assenza di specificità dei motivi di gravame, ai sensi dell’art. 190, comma 2,
c.g.c.
Al riguardo rilevava che il Ministero appellante non aveva assunto alcuna
posizione rispetto alla motivazione esposta nella sentenza, al fine di
contestarne il fondamento logico giuridico.
Nel merito, contestava le ragioni di doglianza, sostenendo, in aderenza alla
tesi accolta nella decisione impugnata, che il mutamento retroattivo del titolo
della cessazione dal servizio poteva aver luogo solo ove la perdita del grado
per rimozione scaturisse da un procedimento, penale o disciplinare, pendente
al momento del collocamento in quiescenza.
Infine, riproponeva i motivi non delibati dal giudice di prime cure perché
implicitamente ritenuti assorbiti:
- violazione dell’art. 204 del d.P.R. n. 1092/1973. eccesso di potere per
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carenza dei presupposti legali necessari per l’adozione del
provvedimento. Violazione del principio di divieto di reformatio in
peius del trattamento previdenziale. Violazione del principio di
legalità»;
- «Violazione dell’art. 206 del d.P.R. n. 1092/1973. Violazione dei
principi in materia di irripetibilità delle somme erroneamente
corrisposte al pensionato in buona fede. Violazione dei principi in
materia di legittimo affidamento».
Con ordinanza 10/2020 del 2/4/2020, questa Sezione rigettava l’istanza di
sospensione dell’esecuzione «tenuto conto della giurisprudenza formatasi in
materia (ex multis: Seconda Sezione Centrale d’appello 27 novembre 2018, n.
640)».
All’udienza del 28/1/2021, il rappresentante del Ministero della Difesa ed il
difensore della parte appellata ribadivano le rispettive conclusioni,
svolgendone i motivi. Il primo depositava copia della Delega
La causa veniva, quindi, posta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, deve essere valutata l’ammissibilità dell’appello,
contestata dalla parte appellata sotto due distinti profili.
1.1. In primo luogo, l’impugnazione sarebbe stata irritualmente proposta
siccome sottoscritta da un dirigente del Ministero della Difesa, anziché da un
avvocato ammesso al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori.
La preclusione per il Ministero ad avvalersi di propri dirigenti o funzionari per
coltivare, innanzi alla Corte dei conti, il contenzioso in materia pensionistica
in grado di appello, deriverebbe, secondo la prospettazione del resistente, dal
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fatto che il rinvio contenuto nell’art. 158, comma 2, c.g.c., all’art. 417 bis
c.p.c., ingloberebbe - per effetto di una concatenazione di rinvii (l’art. 417 bis
che rinvia all’art. 413 che, a sua volta, rinvia all’art. 409 del medesimo codice
per la selezione delle controversie) – la delimitazione del perimetro entro cui
alle pubbliche amministrazioni è consentito di ricorrere a quella peculiare
modalità di difesa.
In altri termini, posto che innanzi al giudice del lavoro posso essere esaminate
solo controversie riguardanti rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato,
sfuggendo il rapporto di lavoro del OMISSIS in precedenza in essere da quel
regime (poiché devoluto dalla legge ad altro giudice), sarebbe precluso, nella
controversia pensionistica che in tale rapporto ha radici, che
l’amministrazione ex datore di lavoro possa avvalersi della facoltà di
esercitare le prerogative di difesa avvalendosi di personale intero sprovvisto
dell’abilitazione alla difesa innanzi alle magistrature superiori.
Tale soluzione interpretativa è basata su una macroscopica confusione di
piani: viene impropriamente importato in un plesso giudiziario (quello della
Corte dei conti) l’asseto calibrato per un diverso plesso (quello del G.O. in
funzione di giudice del lavoro).
Nei giudizi in materia pensionistica che si celebrano davanti alla Corte dei
conti, infatti, la facoltà di promuovere un contenzioso o resistere in un
contezioso da altri iniziato avvalendosi della modalità di difesa alternativa al
patrocinio tecnico - riservato ad avvocati abilitati alla difesa innanzi alle
magistrature superiori, fra cui procuratori ed avvocati dello Stato (cfr. Corte
cost. sent. n. 245 del 24/11/2017 e Cons. Stato sent. n. 769 del 11/2/2013) –
non è limitata ai casi in cui gli eventuali profili patologici del rapporto di
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lavoro nel quale sono maturati i requisiti per la pensione sarebbero stati di
competenza del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro e,
correlativamente, esclusa per vicende nelle quali quel rapporto di lavoro sia
devoluto alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63,
comma 4, del d.lgs. 165/2001.
Risulta totalmente irrilevante la distribuzione della giurisdizione sulle
controversie relative ai rapporti di lavoro.
Attraverso il richiamo all’art. 417 bis c.p.c., l’art. 158 c.g.c. ha solo
identificato una modalità di difesa delle pubbliche amministrazioni opzionale.
Sicché, nei giudizi pensionistici, in primo grado, l’amministrazione può farsi
rappresentare in giudizio da un proprio dirigente o da un funzionario
appositamente delegato; in grado di appello, di tale facoltà è previsto che
possano avvalersi «le amministrazioni statali e equiparate» (comma 2).
Alla luce di tali considerazioni, quindi, l’impugnazione è stata ritualmente
promossa attraverso un atto sottoscritto da un dirigente del Ministero della
difesa.
In secondo luogo, la parte appellata ha contestato l’ammissibilità
dell’iniziativa giudiziaria da quest’ultimo intrapresa, ritenendo incongrui i
contenuti critici del gravame.
L’atto di appello, infatti, non conterrebbe alcun riferimento alla statuizione
impugnata ed alle motivazioni che hanno condotto all’accoglimento del
ricorso proposto dal OMISSIS.
La doglianza è infondata.
L’art. 190 c.g.c. richiede che l’appello, a pena d’inammissibilità, debba
contenere «la specificazione delle ragioni in fatto e in diritto sulle quali si
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fonda il gravame con l’indicazione:
a) dei capi della decisione che si intende appellare e delle modifiche che
vengono richieste alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo
grado;
b) delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro
rilevanza ai fini della decisione impugnata».
Tali indispensabili contenuti sono indubbiamente presenti nella citazione con
la quale è stato dato avvio al giudizio di appello.
A fronte della illustrazione del percorso argomentativo seguito dal giudice per
motivare la non condivisa soluzione interpretativa, sono state argomentate le
ragioni di dissenso ed illustrate le conseguenti, auspicate modifiche.
In definitiva, nell’appello sono contenuti gli elementi per innescare un esame
critico delle argomentazioni svolte dal primo giudice e chiaramente fornita la
ricostruzione alternativa proposta degli accadimenti in fatto.
2. Nel merito, l’appello è infondato.
La sequenza temporale degli accadimenti è incontroversa:
- OMISSIS, sospensione precauzionale dall'impiego ai sensi
dell'articolo 20, comma 2, della l. 31 luglio1954, n. 599 in conseguenza
della misura cautelare interdittiva disposta nell’ambito del
procedimento penale avviato per i reati di “concorso in falsità
materiale commessa dal Pubblico Ufficiale in atti pubblici continuata”,
“falsità ideologica commessa da Pubblico Ufficiale, continuata e
aggravata" e "peculato continuato";
- OMISSIS: cessazione dal servizio permanente per infermità e
conseguente collocamento in congedo assoluto con trattamento di
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pensione “normale ordinaria” provvisorio;
- OMISSIS pubblicazione della sentenza di condanna a quattro anni di
reclusione, recante anche la dichiarazione dell'interdizione temporanea
dai Pubblici uffici e l’applicazione della pena accessoria
dell'estinzione del rapporto di lavoro;
- OMISSIS decreto di attribuzione della pensione definitiva con la
specificazione che «Si potrà dare corso alt recupero dei ratei
corrisposti in esecuzione del presente provvedimento, limitatamente
agli effetti dovuti alla eventuale intervenuta prescrizione, qualora, alla
data della cessazione dal servizio siano mutate la posizione dello stato
giuridico in ragione di eventuale determinazione di diverse cause della
cessazione medesima»;
- OMISSIS pubblicazione della sentenza della Corte di Appello di
OMISSIS con la quale, in riforma del giudizio di primo grado, è stata
dichiarato di non doversi procedere, nei confronti dell’ex militare,
poiché i reati ascrittigli erano estinti per prescrizione;
- OMISSIS dichiarazione, da parte della Corte di cassazione,
dell’inammissibilità del ricorso e conseguente consolidamento della
riconosciuta prescrizione dei reati;
- OMISSIS, avvio, da parte del Ministero della difesa, del procedimento
disciplinare per i medesimi fatti già oggetto del processo penale;
- OMISSIS emanazione del decreto di irrogazione della sanzione della
“perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari”;
- OMISSIS, annullamento, da parte del Ministero della difesa, del
decreto di attribuzione della pensione definitiva per constatata
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insussistenza dei requisiti di accesso al trattamento di quiescenza, e
conseguente avvio del recupero dei ratei indebitamente erogati.
Il profilo controverso che riveste carattere pregiudiziale è se la sanzione della
“perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari”, irrogata all’esito di
un procedimento disciplinare avviato nei confronti di un appartenente
all’Arma dei Carabinieri in quiescenza, dopo la conclusione di un processo
penale a sua volta iniziato quando il medesimo soggetto era ancora in servizio,
possa dispiegare effetti retroattivi, mutando il titolo della cessazione dal
servizio, da riforma per “inabilità assoluta” a “perdita del grado per sanzione”.
L’insensibilità dell’assetto pensionistico del OMISSIS alla sanzione
disciplinare, secondo il giudice di prime cure, deriva dalla constatazione
secondo cui al momento del collocamento in quiescenza (beneficiando degli
estremamente favorevoli requisiti accordati a coloro che versassero in
condizioni di inabilità) non era pendente il procedimento disciplinare ed il
processo penale, che avrebbe potuto determinare un effetto analogo a quello
poi ottenuto attraverso il procedimento disciplinare, si è arenato sulla
prescrizione.
L’art. 37 della l. n. 599 del 31/7/1954 (“Stato dei sottufficiali dell'Esercito,
della Marina e dell'Aeronautica”) prevedeva che «Il sottufficiale, nei cui
riguardi si verifichi una delle cause di cessazione dal servizio permanente
previste dal presente capo, cessa dal servizio anche se si trovi sottoposto a
procedimento penale o disciplinare.
Qualora il procedimento si concluda con una sentenza o con un giudizio di
Commissione di disciplina che importi la perdita del grado, la cessazione del
sottufficiale dal servizio permanente si considera avvenuta, ad ogni effetto,
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per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta».
Tale disposizione è stata abrogata a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 15
marzo 2010, n. 66, rubricato “Codice dell'ordinamento militare” (a decorrere
dal 9/10/2010).
Attualmente la disciplina delle cause che determinano la cessazione del
rapporto d’impiego del militare è contenuta nell’art. 923 di detto codice.
Per quanto di rilievo in questa sede, il comma 5 del citato art. 923 prevede che
«Il militare cessa dal servizio, nel momento in cui nei suoi riguardi si verifica
una delle predette cause, anche se si trova sottoposto a procedimento penale
o disciplinare. Se detto procedimento si conclude successivamente con un
provvedimento di perdita del grado, la cessazione dal servizio si considera
avvenuta per tali cause».
Per dirimere la questione controversa occorre avere riguardo alla disciplina
vigente al momento del collocamento in quiescenza, in base al principio
tempus regit actum.
Nell’art. 37 della l. n. 599 del 31/7/1954 l’efficacia retroattiva del
procedimento comportante la perdita del grado era condizionata alla pendenza
del procedimento che tale epilogo ha avuto già all’epoca della cessazione dal
servizio.
In altri termini, l’automatica riqualificazione della causa di cessazione dal
servizio in termini di cessazione per perdita del grado poteva avere luogo solo
ove vi fosse piena sovrapponibilità di tipologia («penale o disciplinare») tra il
procedimento pendente al momento della cessazione dal servizio ed il
procedimento a cui è seguita la perdita del grado.
La retroattività non era cioè una caratteristica insita nella misura afflittiva
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disposta nei confronti del sottufficiale ma un effetto generato dalla postuma
definizione di un procedimento già in corso al momento del pensionamento:
non poteva ritenersi sufficiente la pendenza di un qualsiasi procedimento
potenzialmente in grado di essere esitato con una pronuncia che importasse la
perdita del grado, ma accorreva che quest’ultima conseguisse specificamente
al procedimento in corso al momento della cessazione dal servizio.
A rafforzare tale conclusione, deponeva anche la considerazione
dell’inidoneità del procedimento penale a precludere l’avvio di un
procedimento disciplinare per i medesimi fatti penalmente rilevanti.
La pregiudiziale penale, seppure introdotta con il cod. militare (cfr.
l’originaria formulazione dell’art. 1393, comma 1, vigente dal 9/10/2010 al
27/8/2015, a tenore della quale «Se per il fatto addebitato al militare è stata
esercitata azione penale, ovvero è stata disposta dall'autorità giudiziaria una
delle misure previste dall'articolo 915, comma 1, il procedimento disciplinare
non può essere promosso fino al termine di quello penale o di prevenzione e,
se già iniziato, deve essere sospeso») è venuta meno a seguito delle modifiche
successivamente introdotte (dapprima con l’art. 15 della l. 124/2015 - c.d.
legge Madia - che ha previsto «In caso di procedimento disciplinare che abbia
ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità
giudiziaria, si applica la disciplina in materia di rapporti fra procedimento
disciplinare e procedimento penale di cui all’articolo 55-ter del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165» e poi, dall’art. 4, comma 1, lett. t), d.lgs.
26 aprile 2016, n. 91 che ha introdotto l’attuale formulazione «Il procedimento
disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali
procede l'autorità giudiziaria, è avviato, proseguito e concluso anche in
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pendenza del procedimento penale (…)»)
Ove l’amministrazione avesse voluto evitare il consolidamento degli effetti
del pensionamento, ben avrebbe potuto, anziché passivamente attendere gli
sviluppi del processo penale, promuovere un procedimento disciplinare per i
gravi fatti emersi a carico del OMISSIS ed eventualmente, ravvisandone
l’opportunità, sospenderlo nelle more della celebrazione del primo.
Ad indurre a dare continuità all’orientamento interpretativo costantemente
seguito da questa Sezione (cfr. sentt. 618 e 640/2018, 391/2017, 789/2015,
256-257-258/2016), vi è poi la constatazione che con, l’art. 1, comma 1, lett.
s), nn. 1) e 2), d.lgs. 27/12/2019, n. 173 è stato aggiunto un periodo al comma
5 dell’art. 923, del cod. militare a tenore del quale la disposizione che prevede
l’effetto retroattivo del provvedimento di perdita del grado «si applica anche
nel caso in cui la perdita del grado derivi da un procedimento disciplinare di
stato instaurato dopo la definizione del procedimento penale che era pendente
all'atto della cessazione dal servizio».
L’intervenuta specificazione dell’irrilevanza (per il futuro) di quale
procedimento fosse pendente all’epoca della cessazione dal servizio
costituisce inequivoca conferma che, precedentemente, tale rilevanza vi fosse
e condizionasse gli effetti temporali del provvedimento comportante la perdita
del grado.
Anche alla luce di tale ulteriore considerazione, il Collegio reputa che i
difformi orientamenti assunti dalle altre Sezioni di appello (Sez. I App sentt.
50/2020, 52/2019, 64-118/2019, 383-391/2017; Sez. III App sentt. 42/2019,
46/2018, 527/2017; Sez. App. Sicilia sentt. 2-49/2018) non diano luogo ad un
contrasto, bisognevole di essere composto attraverso un intervento
nomofilattico, ai sensi dell’art. 114 c.g.c.

Attesa la particolare complessità delle questioni, della quale è sintomo il
contrasto degli orientamenti giurisprudenziali sulla questione di merito,
appare equo disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale d’Appello
definitivamente pronunciando, rigetta l’appello.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2021.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Dott. Roberto Rizzi Dott. Andrea Lupi
F.to digitalmente F.to digitalmente
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 11 FEB. 2021
IL DIRIGENTE
Dott.ssa Sabina Rago
F.to digitalmente
DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’articolo 52 del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196,
dispone
che, a cura della Segreteria, sia apposta l’annotazione di cui al comma 1 di
detto articolo 52, a tutela dei diritti delle parti private.
IL PRESIDENTE
Dott. Andrea Lupi
F.to digitalmente
SENT. 47/2021
19
Depositato in Segreteria il 11 FEB. 2021
IL DIRIGENTE
Dott.ssa Sabina Rago
F.to digitalmente
In esecuzione del provvedimento collegiale, visto l’art. 52 del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione: omettere le generalità
e gli altri dati identificativi delle parti private.
Roma, 11 FEB. 2021
andrea666
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da andrea666 »

Naturopata complimenti per il servizio di postare sentenze così particolari ,
Solo , credo che affermare che in questo caso non è corretta la sentenza dei giudici che hai postato mentre lo sono le differenti sentenze delle altre due sezioni è un parere . Io credo che se la sentenza penale non preveda la perdita del grado , il proc discip a seguito incardinato non può essere retroattivo.

Certo hai ragione avrebbero dovuto rivolgersi alle sezioni riunite .
panorama
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da panorama »

La CdC Sez. 3^ d’Appello con la sentenza n. 15/2022 in riferimento alla CdC Puglia n. 98/2020, Accoglie l’Appello proposto dall’INPS nei confronti del collega CC. per recupero dell’indebito pensionistico, a seguito della revoca del trattamento pensionistico perché incorso nella sanzione disciplinare della “ perdita del grado per motivi disciplinari” con effetto retroattivo e con la stessa decorrenza del collocamento in congedo assoluto per infermità, mutando così il titolo di cessazione dal servizio.

Il Giudice d’Appello precisa in una parte
:
Questo Collegio, pertanto, ritiene di non poter condividere la scelta operata dal giudice di primo grado, ma ritiene di dover seguire l’interpretazione data dalla giurisprudenza di questa Corte (Corte conti Seconda Appello n. 47/2021 – Corte conti Prima Appello 52/2019) ai molti casi sovrapponibili a quello in esame, per i quali è stato ritenuta corretta la scelta di procedere al mutamento del titolo di cessazione dal servizio, ogni qual volta la perdita di stato militare fosse la conseguenza di un procedimento disciplinare iniziato prima che il militare fosse stato posto in quiescenza.

N.B.: per completezza potete leggere il tutto nell'allegato.
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
avt8
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da avt8 »

In Italia i Giudici non sono uniformi nemmeno le sezioni di appello- Una sezione stabilisce un principio
altra sezione annulla il principio-

Quindi fanno quello che cavolo vogliono da una VITA
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da Fabiogurus »

fiot ha scritto: gio mar 15, 2012 2:39 pm Buongiorno. Sono stato riformato 9 anni fa. Scusate ma ho capito bene, che se oggi vengo denunciato da un vicino di casa a seguito di una lite e vengo condannato penalmente, il ministero mi può revocare la pensione di inabilità, peraltro oggi privilegiata a vita?

Vi ringrazio per eventuali delucidazioni in merito.
chi puo dare risposta a FLOT?
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da mauri64 »

Salve Fabiogurus,
il messaggio di fiot risale a 10 anni orsono...

Saluti
Gabry08
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da Gabry08 »

Buongiorno a tutti.
Scusate, chiedo a chi è ferrato in materia la cortesia di potermi dare alcune delucidazioni.
All'articolo 52 del DPR 1093/1973, aggiornato al 31.12.21, si legge quanto segue:

------
L'ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo a domanda, per decadenza o per perdita del grado hanno diritto alla pensione normale se hanno
compiuto almeno venti anni di servizio effettivo.

------

Premesso quanto sopra, che significa che se un militare viene sanzionato con la perdita del grado ma ha maturato almeno vent'anni di servizio effettivo e trovandosi già in pensione perché riformato, mantiene la stessa pensione, cioè non gli viene revocata?
Grazie anticipatamente a chi mi darà risposta
Saluti a tutti.
avt8
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da avt8 »

adesso anche se viene disposta la perdita del grado ,con 20 anni non si ha diritto alla pensione immediata, ma solo al compimento del 67 anno e 6 mesi di età-
Si ha diritto alla PP, in caso di perdita del grado, se si ha una patologia riconosciuta causa di servizio ascritta dalla 1^ catg. alla 8 ^ categoria la cosiddetta pensione percentualistica, in base alla percenutuale di invalidità. Se invece si viene condannati a pensa superiore ai 5 anni, allora vige l'art.28, ed in questo caso la cessazione dal servizio non può essere retroattiva ma dalla data della pubblicazione della sentenza della Cassazione, anche dalla lettura del solo dispositivo.
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da Gabry08 »

Grazie avt.
Spero solo mi vada bene la mia ex si è inventata denunce x il semplice fatto che l ho lasciata dopo aver scoperto chi realmente era, una vendetta costruita sulle sue mancanze. Cmq sono in pensione da riformato, ora riconosciuta x causa di servizio. Percepisco 1.500 e. Di pensione e, per cumulo, ho una 5 categoria a vita. Ho fatto già domanda privilegiata con una 8 a vita ma dopodomani devo inoltrare a INPS nuova istanza con la 5 appena notificatomi. Spero solo che se mi dovesse essere revocata la pensione normale di invalidità, riesca a sopravvivere con la privilegiata di 5 categoria. Non ho assolutamente idea di quanto possa ammontare. Chi sa darmi un orientamento in merito sarò felice di prenderne atto. Grazie a tutti.
Questa è la vita dopo 32 anni di servizio ineccepibile e varie onoreficenze e ricompense, chi mi fa più male è proprio la persona a cui ho donato la mia vita. Pazienza chi fa del male prima o poi lo riceverà con gli interessi dalla provvidenza. Io ho molta fede. Ciao fratelli. E mte grazie e colgo l occasione per ringraziarvi tutti indistintamente perché mi siete stati vicino. Sarò sempre una persona onesta che sarà da esempio x miei figli. Abbracci.
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da NavySeals »

Ciao,prendi il modello SM5007 di Inps, va in fondo, dove ti hanno calcolato la privilegiata. Troverai la voce base pensionabile (o retribuibile, è la stessa cosa).
La pensione tabellare è: 100% di quell'importo per A1, 90% per A2, 80% per A5, 70% per A4, 60% per A5.....
Quindi, calcola il 60% di quell'importo e avrai la tua pensione annua lorda.
In bocca al lupo.

PS. Non conosco la gravità delle accuse, ma posso dirti che per questioni familiari è improbabile la rimozione dal grado.
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE

Messaggio da Gabry08 »

Grazie molte Navy. Vedo subito e poi posto. Ti abbraccio e grazie ancora. Incredibile la vita. Ho fatto polizia giudiziaria per quasi tutto il servizio e come tutti noi ho conosciuto ogni tipo di contesti sociali e pensavo di aver visto tutto nella vita, bè mi sbagliavo alla grande! Ciao cari.
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