Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

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panorama
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

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Sul sito: http://www.hairclinic.it/categoria-arch ... de-calvize" onclick="window.open(this.href);return false;. ho trovato questo interessante argomento su FINASTERIDE di cui si è anche parlato nella trasmissione televisiva di MI MANDA RAI TRE nella puntata di Venerdi scorso 18.11.2011.

questo sotto è quanto riportato sul sito:

Finasteride. E' allarme per gli effetti collaterali del farmaco
Promette di arrestare momentaneamente la caduta dei capelli negli uomini. A quanto pare il finasteride non è risolutivo e stimola anche la crescita del seno maschile. “Perché Fazio non risponde?”


La denuncia deldeputato Maran. Un medicinale contro la caduta dei capelli sarebbe all'origine dell'insorgenza di alcune patologie, fra cui il carco al seno maschile. Ma il ministro della Salute non risponde all'interrogazione parlamentare.

Tanto che le agenzie di farmacovigilanza inglese e svedese hanno imposto che nella lista delle avvertenze interne al foglio illustrativo del farmaco venissero inseriti i rischi di cancro al seno maschile dopo la cessazione del trattamento (scarica il documento della MHrA ). Ma in Italia il cosiddetto bugiardino è rimasto come era. Per questo il parlamentare Pd Alessanro Maran in un’interrogazione del 30 marzo 2010 ha invitato il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ad affrontare la questione. Ma la richiesta è rimasta inascoltata. E così in Italia questa molecola in grado di contrastare la calvizie (ma anche il cancro alla prostata e l’ipertrofia benigna), approvata nel 1992 negli Usa e in commercio nel nostro Paese dal 1997, continua a scatenare le reazioni di giovani. Che, pur assumendola su indicazione medica, lamentano effetti invalidanti dal profilo sessuale, fisico e mentale.

Onorevole Alessandro Maran, perché ha presentato un’interrogazione sul finasteride al ministro della salute Ferruccio Fazio?
“Vorrei richiamare l’attenzione sull’argomento, perché molti giovani consumano la Propecia (il nome commerciale del finasteride) senza conoscerne gli effetti collaterali. Pensano di stoppare la calvizie e, invece, possono andare in contro al cancro al seno. Ma il Ministro Fazio non risponde. Che un’interrogazione resti inascoltata non è una novità, ma questa volta in gioco c’è la salute. Non è un caso che da qualche mese a questa parte un numero crescente di giovani sta segnalando all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) effetti collaterali irreversibili sulla salute sessuale e psico-fisica dopo aver usato il Propecia, un prodotto disponibile ai consumatori italiani da ormai più di dieci anni”.

Pensa che siano sufficienti le dichiarazioni di alcuni ragazzi per sollevare la questione?
“Le segnalazioni dei giovani e degli operatori sanitari all’AIFA non sono l’unico segnale di allarme. La possibilità di effetti collaterali irreversibili correlati al consumo di Propecia è già stata segnalata dagli organismi preposti della Svezia della Gran Bretagna che nel 2009, dopo alcune indagini mirate, hanno imposto alla compagnia produttrice Merck Sharp & Dohme di aggiungere, nella lista delle avvertenze interne al foglio illustrativo del farmaco, i rischi di cancro al seno maschile. Sebbene il foglio illustrativo italiano del Propecia ne evidenzi il profilo di sicurezza e precisi che i rari effetti collaterali sulla sfera sessuale scompaiono con la cessazione dell’uso non mancano le voci contrarie che provengono, in particolare, dagli Stati Uniti. Basti pensare che il dottor Michael Irwig, endocrinologo della George Washington University, ha da poco avviato il primo studio clinico mirato a reperire nuove conoscenze per medici e pazienti in merito ai problemi permanenti provocati dal Propecia sulla sessualità dei giovani”.

Come mai in Italia il problema non si affronta?
“È probabile che questa difficoltà a riconoscere il problema derivi dall’assenza di letteratura scientifica in materia e dall’attuale impossibilità di stabilire un nesso causale tra l’assunzione del prodotto e le debilitate condizioni di salute di questi ragazzi, talvolta contestualmente afflitti da difficoltà erettili, perdita della libido, prostatiti, ansia estrema, depressione, tremori, confusione mentale, spossatezza fisica e dolori muscolari”.

In Italia, invece, non è stato fatto nulla, né una modifica delle informazioni sinora note sul prodotto, né tantomeno un’azione a tutela dei consumatori.
"Il Ministro della Salute deve rispondere. Spieghi per quale motivo l’Agenzia Italiana del Farmaco continua a ricevere comunicazioni di reazioni avverse irreversibili al Propecia e, soprattutto, che cosa può fare per evitare che ne arrivino ancora. Chiarisca quali iniziative intende avviare per tutelare i giovani dal rischio di compromettere gravemente la loro salute".

Fonte; http://www.repubblica.it/salute" onclick="window.open(this.href);return false;


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SALUTE. Cellulari, fanno male? Torna la domanda del secolo

29/11/2011

I cellulari fanno male alla salute? E' la domanda del secolo a cui sembra impossibile dare una risposta sicura. Di conseguenza il quesito ricorre a cadenza quasi semestrale: esattamente sei mesi fa, infatti, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha presentato una ricerca condotta dagli esperti dell'Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro, da cui emergeva che l'esposizione ai campi magnetici "potrebbe" causare il cancro. Lì per lì la notizia è stata anche pubblicata, ma non ha fatto abbastanza rumore.

A sollevare un po' di polemica è stata l'ultima puntata di Report, andata in onda domenica scorsa su Rai 3, condotta da Milena Gabanelli: la trasmissione ha ripreso i dati dello studio dell'OMS ed ha intervistato una serie di esperti coinvolti nel campo della ricerca sugli effetti dei telefonini sulla salute umana. La contraddizione di fondo emersa è un po' quella che ha caratterizzato il settore del tabacco all'inizio: molti degli studi condotti sono finanziati dagli stessi produttori di cellulari (o delle sigarette a seconda del caso) e per questo non potranno mai essere indipendenti ed imparziali.

La questione è sicuramente molto complessa e non può essere liquidata così. Una cosa, però, è certa: l'informazione sugli effetti del cellulare sulla nostra salute è ancora molto carente, sia per i grossi interessi economici che ruotano attorno al settore, sia per la difficoltà della ricerca. Il telefonino è un'invenzione relativamente recente ed è ancora presto per vederne concretamente gli effetti. Intanto, però, si possono prendere alcune precauzioni, come quella di utilizzare l'auricolare e di non tenerlo in tasca, ma lontano dal corpo.

A tal proposito il Consiglio superiore di sanità, in linea con gli studi dell'Agenzia internazionale della ricerca sul cancro e in accordo con l'Istituto superiore di sanità, rileva che non è stato finora dimostrato alcun rapporto di causalità tra l'esposizione a radio frequenze e i tumori, ma le conoscenze scientifiche oggi non consentono di escludere l'esistenza di causalità quando si fa un uso molto intenso del telefono cellulare. Va quindi applicato, soprattutto per quanto riguarda i bambini, il principio di precauzione, che significa anche l'educazione ad un utilizzo non indiscriminato, ma appropriato, quindi limitato alle situazioni di vera necessità, del telefono cellulare.

Il CSS ha affrontato la questione dei rischi potenziali di uno smodato uso di telefoni cellulari nella seduta del 15 novembre e fa sapere che il Ministero della Salute avvierà una campagna di informazione sulla base delle ultime relazioni degli organismi tecnico-scientifici per sensibilizzare ad un uso appropriato del telefonino.
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SALUTE. Ticket su farmaco oncologico, UNC chiede chiarimenti a Ministero, Regioni e Antitrust

29/11/2011

Malate di tumore costrette a pagare il farmaco oncologico. La denuncia è stata fatta qualche giorno fa dall'Associazione Dossetti: molte donne operate di cancro al seno, che hanno l'esenzione, in alcune regioni si ritrovano invece a pagare un farmaco indispensabile prima gratuito, il Tamoxifene. A rilanciare il caso è oggi l'Unione Nazionale Consumatori, che ha chiesto chiarimenti al Ministero della Salute, agli uffici preposti delle Regioni e dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, oltre ad aver proposto un'interrogazione parlamentare.

"A cosa serve l'esenzione se le donne malate di cancro al seno devono ugualmente pagare il ticket?", afferma il segretario generale UNC Massimiliano Dona, spiegando che "in alcuni casi la terapia ormonale è gratuita, in altri si è soggetti al ticket (da 3 a 5 euro) sul farmaco specifico solo se c'è l'alternativa di un generico, in altri ancora si paga anche per il farmaco equivalente: tutto ciò non solo genera una disparità di trattamento tra aree diverse del Paese, ma rappresenta una vera e propria ingiustizia, considerando che si tratta di medicine spesso indispensabili". È un problema di costi e un problema di dignità, sottolinea l'associazione, che ribadisce come piuttosto che imporre ticket ingiusti che minano la dignità dei pazienti, il Servizio sanitario nazionale "dovrebbe puntare a tagliare gli sprechi inutili ed eliminare le speculazioni del settore".
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ACCESSO AGLI ATTI - RICHIESTA RELAZIONE SANITARIA

Il Consiglio di Stato ha precisato quanto sotto:
- ritenuto, nel merito, che la domanda di accesso agli atti proposta dalla ricorrente con istanze del 19/1/2011 e 5/2/2011, può trovare accoglimento, sussistendo, ai sensi dell’art. 22 l. 241/1990, l’interesse diretto, concreto e attuale della ricorrente rivolto alla tutela di una situazione giuridicamente rilevante, qual è il diritto alla salute, correlato ai documenti ai quali è stato chiesto l’accesso; difatti, la ricorrente chiedeva il rilascio di “copia, anche informatica, OMISSIS.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

N. 06413/2011REG.PROV.COLL.
N. 06500/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 116 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 6500 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Acerbi, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Alessandro Oddi in Roma, via Pompeo Ugonio, 3;
contro
Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Marco Saverio Montanari e Donato Vigezzi, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Liegi, 16;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 01361/2011, resa tra le parti, concernente ACCESSO AGLI ATTI - RICHIESTA RELAZIONE SANITARIA

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2011 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Montanari;

- Premesso il contenuto dell’appello, da intendersi qui espressamente richiamato;
- considerato che con la sentenza impugnata il Tar Lombardia ha dichiarato inammissibile il ricorso per accesso ai documenti proposto dalla Sig.ra OMISSIS per tardività del deposito del ricorso, oltre 15 gg. dalla notifica, in violazione dell’art. 87 cod. proc. amm., condannandola altresì alle spese di giudizio;
- considerato che l’appellante chiede di disporre la rimessione in termini per errore scusabile ex art. 37 cpc e di ordinare, in accoglimento del ricorso, all’Amministrazione di consentire la visione di tutta la documentazione, anche di tipo informatico, richiesta con le istanze del 19/1/2011 e 5/2/2011, con condanna dell’Azienda appellata al risarcimento del danno quantificato in 1.000,00 euro;
- considerato che, in via subordinata, l’appellante chiede, in caso di rigetto dell’impugnazione, di compensare le spese di lite”, mentre in via istruttoria insiste per l’esibizione della relazione del 16.9.2010, a firma della prof.ssa OMISSIS , concernente il sinistro occorso alla sig.ra OMISSIS il 30.6.2011 e dell’ordine disposto in merito alla modifica della protesi mobile;
- ritenuto che può concedersi l’errore scusabile e la rimessione in termine, ai sensi dell’art. 37 cod. proc. amm., avuto riguardo alle complessive modalità di svolgimento della vicenda, ed alle condizioni personali della ricorrente, invalida al 100%, alla quale ha prestato assistenza, anche legale, nel caso di specie, il fratello OMISSIS, non abilitato all’esercizio della professione legale, e, pertanto, presumibilmente non aggiornato circa le novità processuali introdotte dal codice del processo amministrativo in materia di deposito del ricorso per l’accesso ai documenti amministrativi ex art. 116 c.p.a., non trascurando peraltro di considerare che la giurisprudenza di questa Sezione si è espressa nel senso di ammettere il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile in ipotesi di mancato rispetto del termine dimezzato fissato dall'art. 87, comma 2, del codice proc. amm. per i giudizi in camera di consiglio (ove il ricorso sia stato notificato e depositato poche settimane dopo l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo), atteso che la nuova regola rappresenta una radicale innovazione rispetto al sistema previgente (Consiglio Stato , sez. III, 11 marzo 2011 , n. 1578);
- ritenuto, peraltro, che la circostanza che la ricorrente non abbia invocato l’errore scusabile in prima istanza non introduce in appello “ius novorum”, come sostiene l’Azienda, in quanto il principio del divieto del “ius novorum” in appello non riguarda eccezioni e questioni che siano rilevabili d'ufficio, com’è l’errore scusabile (Consiglio Stato , sez. VI, 01 settembre 2009 , n. 5121);
- ritenuto, nel merito, che la domanda di accesso agli atti proposta dalla ricorrente con istanze del 19/1/2011 e 5/2/2011, può trovare accoglimento, sussistendo, ai sensi dell’art. 22 l. 241/1990, l’interesse diretto, concreto e attuale della ricorrente rivolto alla tutela di una situazione giuridicamente rilevante, qual è il diritto alla salute, correlato ai documenti ai quali è stato chiesto l’accesso; difatti, la ricorrente chiedeva il rilascio di “copia, anche informatica, della relazione medica della Dott.ssa OMISSIS, intercorsa tra la suindicata Dottoressa e la Direzione Generale in merito alla gestione del suo caso clinico” e “copia dell’ordine scritto con cui (l’Azienda Ospedaliera) ha disposto alla società OMISSIS la modifica della protesi in dotazione alla paziente, nonché della relativa fattura dovuta alla stessa in relazione a quanto da questa pagato per detto servizio, benchè invalida civile”;
-ritenuto, infine, che le difese dell’Azienda Ospedaliera non possono ritenersi esaustive, atteso che la stessa ammette che non è stata rilasciata alla ricorrente la relazione del 16.9.2010, redatta dalla prof.ssa OMISSIS, ma che il suo contenuto “è confluito nella lettera del 31.1.2011”, il che potrebbe non soddisfare l’interesse della ricorrente a conoscere integralmente e nella sua originalità la detta relazione; e, per quanto concerne l’ordine scritto, con cui è stata disposta la modifica della protesi alla società OMISSIS, che l’Ospedale afferma non essere più da esso detenuto, e la fattura del laboratorio, che dovrebbe essere recapitata direttamente alla paziente, si osserva che tali affermazioni contrastano con le risultanze della lettera di OMISSIS dell’8.6.2011, in cui si afferma che le fatture emesse a favore della Sig.ra OMISSIS e le relative prescrizioni mediche erano state già fatte pervenire all’Azienda, insieme alla lavorazione medesima.
Pertanto, in conclusione, va dichiarato il diritto della ricorrente ad estrarre copia degli atti indicati, detenuti dall’Azienda ospedaliera, nel termine di giorni trenta dalla comunicazione o notifica della presente sentenza.
- Non può trovare accoglimento, invece, la domanda di risarcimento danni avanzata dalla ricorrente, difettando la prova degli elementi oggettivi e soggettivi dell’azione di responsabilità aquiliana.
- Per quanto concerne le spese, infine, si ritiene equo compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio, in considerazione della particolarità della vicenda.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata.
Rigetta la domanda risarcitoria.
Ordina, in accoglimento del ricorso introduttivo, il rilascio di copia degli atti e documenti richiesti dalla Sig.ra OMISSIS con le istanze del 19/1/2011 e 5/2/2011, nel termine di giorni trenta dalla comunicazione o notifica della presente sentenza.
Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/12/2011
leonardo virdò
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

Messaggio da leonardo virdò »

[quote="panorama"]Espianto degli organi
Tratto da http://www.medicinaqualita.it" onclick="window.open(this.href);return false;" onclick="window.open(this.href);return false;

QUELLO CHE NON HANNO DETTO
Non ti hanno detto che l’espianto di organi quali cuore, fegato, polmoni, reni, ecc., si effettua solo e sempre da persona in coma, con respirazione aiutata, e non da cadavere freddo e rigido come tutti intendiamo.
La persona viene incisa dal bisturi mentre il suo cuore batte, il sangue circola, il corpo è roseo e tiepido, urina, può muovere gambe, braccia, tronco, ecc...
Le donne gravide portano avanti la gravidanza.
Non è vero che prima si interrompa la ventilazione e che poi, a cuore e respiro fermi, si inizi il prelievo, ma è proprio l’opposto. Gli organi vengono tolti da persona che ha perso la coscienza le cui reazioni alla sofferenza prodotta dall’espianto sono impedite da farmaci paralizzanti o da anestetici.
Si parla di "morte clinica" quando cuore e polmoni si arrestano per qualche minuto, ma è ancora possibile riattivare il sistema cardiocircolatorio prima che i tessuti degenerino (le cellule nervose muoiono già dopo due minuti).
Si parla di "morte biologica" quando in una prima fase cessano di funzionare cuore, polmoni e sistema nervoso, mentre dopo 24-48 ore muore ogni singola cellula (morte assoluta).
Ora mi rivolgo a coloro che volessero donare gli organi: è tra queste due fasi che si può procedere all'espianto.

Poche parole:
Il padre eterno è l'unico a decidere la sorte di ogni essere umano.
Credo profondamente ai miracoli come già successo in diversi casi ove la sanità non ha saputo dare spiegazioni cliniche/scientifiche.
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

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GastroPanel
nuovo esame per non fare la gastroscopia, si tratta di un prelievo di sangue.
Per notizia alla data odierna solo in qualche Ospedale d'Italia si esegue e sono anche pochi i centri privati che lo fanno.
In Basilicata non viene eseguito nè negli Ospedali nè in centri privati.
In Puglia in nessun Ospedale ma forse si esegue in centri privati, in Giovinazzo, Molfetta e Bari.
panorama
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

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Intramoenia e foro di competenza

Applicabile il “foro del consumatore” anche nei processi contro strutture sanitarie pubbliche per responsabilità contrattuale allorché il ricovero e l’intervento siano avvenuti in “regime di libera professione dei pazienti solventi” con spese totalmente a carico del paziente senza alcun onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Il caso
E’ applicabile anche il “foro del consumatore”, identificato nel luogo di residenza dell’attore, ai sensi dell’art. 33 comma 2 lettera u) del D. L.vo 7 settembre 2005 n. 206 ( codice del consumo), nei processi contro strutture sanitarie pubbliche per responsabilità contrattuale allorché il ricovero e l’intervento siano avvenuti in “regime di libera professione dei pazienti solventi” con spese totalmente a carico del paziente senza alcun onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale.”
Il principio è stato affermato dal Tribunale di Enna con ordinanza decisoria del 28 marzo 2011 sulla eccezione di incompetenza territoriale proposta dalla difesa di un prestigioso I.R.C.C.S. di rilevanza nazionale avverso la citazione proposta da un paziente dinanzi al Tribunale del suo luogo di residenza in applicazione del “foro del consumatore”.

La soluzione
L’attore, rappresentato e difeso dall’Avv. G. C. del foro di Enna, aveva citato l’I.R.C.C.S. dinanzi al Tribunale di Enna, foro di residenza del paziente in applicazione del “foro del consumatore.”.
Il convenuto, nel costituirsi in giudizio, aveva eccepito l’inapplicabilità del “foro del consumatore”, adducendo a sostegno della sua tesi l’ordinanza della Corte di Cassazione del 2 aprile 2009 n. 8093.
L’Avv. C. ha rilevato che l’ordinanza della Corte di Cassazione citata concerneva ipotesi diversa e, cioè, quella di paziente ricoverato in struttura pubblica in regime di convenzione col Servizio Sanitario Nazionale con oneri a carico di quest’ultimo e non già quella di “paziente ricoverato in struttura pubblica in regime di libera professione dei pazienti solventi” con spese esclusivamente a proprio carico e senza oneri a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Il Tribunale di Enna ha rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale, confermando la sussistenza del “foro del consumatore” in relazione alla proposta domanda di risarcimento dei gravissimi danni patiti dall’attore in occasione di intervento chirurgico.
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Sentenza TAR di BRESCIA su ricorso per esibizione della CARTELLA CLINICA DELLA DEFUNTA. ACCOLTO.


N. 01760/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01265/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1265 del 2011, proposto da:

OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Fabio Boni, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;

contro

Comune di Sesto ed Uniti, Casa Soggiorno "Nolli Pigoli", non costituitisi in giudizio;
nei confronti di

OMISSIS;

per la pretesa
ALL’ESIBIZIONE DELLA CARTELLA CLINICA DELLA DEFUNTA OMISSIS, GIA’ OSPITE DELLA R.S.A. “CASA DI SOGGIORNO NOLLI-PIGOLI”, GESTITA DAL COMUNE DI SESTO ED UNITI.

e per l’annullamento
DEL RIFIUTO ESPRESSO CON NOTA DEL 30/8/2011.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2011 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Considerato:
- che il diritto alla trasparenza dell’azione amministrativa costituisce una situazione giuridica attiva meritevole di autonoma protezione indipendentemente dalla pendenza e dall’oggetto di una controversia giurisdizionale, non condizionata al necessario giudizio di ammissibilità e rilevanza cui è subordinata la positiva delibazione di istanze a finalità probatorie (Consiglio di Stato, sez. V – 23/2/2010 n. 1067);
- che il diritto di accesso non è dunque ostacolato dalla pendenza di un (eventuale) giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere richiesti.
- che in tale ottica è stato rilevato che il diritto di accesso non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, essendo in realtà diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita;
- che di conseguenza la domanda giudiziale tesa ad ottenere l’accesso ai documenti è indipendente non solo dalla sorte dell’eventuale processo principale nel quale venga fatta valere l’anzidetta situazione, ma anche dall’eventuale infondatezza od inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre (si veda precedente Sezione 25/2/2011 n. 341);
Rilevato:
- che nel caso di specie l’istanza di esibizione è rivolta ad ottenere informazioni e scritti della cartella clinica relativa alla defunta OMISSIS, per intraprendere eventuali iniziative in sede giurisdizionale;
- che non siamo dunque in presenza della rivendicazione giudiziale di un diritto che spetta solo “in astratto” a colui che lo aziona, poiché in concreto affiora il vantaggio – che il legislatore ritiene “comunque” degno di apprezzamento – consistente nel rendere possibile la cura e la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici;
Atteso:
- che in ambito sanitario la cartella clinica contempla un complesso di dati (anamnestici, obiettivi, specialistici, strumentali e documentati) raccolti dai sanitari sulla persona del paziente durante la sua degenza ospedaliera;
- che, dato l’elevato numero di informazioni sulla salute ivi racchiuse, anche il diritto di accesso alle cartelle cliniche è regolato dal Codice della privacy ed in particolare dall’art. 92;
- che quest’ultimo (riproducendo sostanzialmente l’art. 60 sull’accesso ai dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale) stabilisce che le istanze di accesso possono essere accolte, in tutto o in parte, solo se la richiesta sia giustificata dalla documentata necessità di:
a) far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria ai sensi dell'art. 26, comma 4, lett. c), del Codice, che sia di rango pari a quello dell’interessato ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;
b) tutelare, in conformità alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.
Tenuto conto:
- che nel caso di specie, però, il problema di una comparazione di interessi configgenti non si pone in radice perché il diritto alla riservatezza – che appartiene alla categoria dei diritti della personalità tradizionalmente configurati come assoluti, inalienabili, irrinunciabili e imprescrittibili – si estingue con la morte del titolare (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 9/6/2008 n. 2866);
- che, in questo quadro fattuale, è irrilevante il fatto che la ricorrente sia o meno titolare di un diritto “di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile” né che sia o meno erede effettivo del soggetto cui si riferiscono i dati;
- che il giudice deve viceversa accertare se l’istante abbia maturato “iure proprio” il diritto all’accesso ai dati contenuti nella cartella clinica;
- che ai sensi dell’art. 9 comma 3 del D. Lgs. 196/2003 “I diritti di cui all’articolo 7 (diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti) riferiti a dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell'interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione”;
- che detta disposizione è stata richiamata dal Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento 9/7/2003 (Bollettino del n. 41/luglio 2001) avente ad oggetto: “Dati sanitari. Provvedimento generale sui diritti di «pari rango»”;
- che, se nella fattispecie non viene in considerazione l’interesse alla riservatezza, devono in ogni caso essere esaminati i presupposti generali per il riconoscimento del diritto di accesso (ossia la sussistenza dell’interesse giuridicamente rilevante);
Atteso:
- che l’art. 22 comma 1 lett. b) della L. 7/8/1990 n. 241, nel testo novellato dalla L. 11/2/2005 n. 15, stabilisce che debbono considerarsi “interessati”, “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”;
- che l’aspirazione a difendere in giudizio i propri interessi giuridici è tutelata a livello costituzionale (art. 24 Cost.);
- che parte ricorrente ha esplicitato le ragioni della sua istanza, tesa ad affermare interessi propri corrispondenti a situazioni giuridiche degne di apprezzamento collegate ai documenti richiesti in copia (T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV – 17/11/2007 n. 1877);
- che, nel richiedere il rilascio di copia della cartella clinica e dei documenti sanitari della congiunta, la Sig.ra OMISSIS ha evidenziato la titolarità di una posizione qualificata, risultando erede legittima nel caso di successione “ab intestato” e mettendo in dubbio la genuinità del testamento olografo;
- che la ricorrente è in buona sostanza titolare di una “situazione giuridicamente rilevante” che la legittima a pretendere l’esibizione di atti potenzialmente capaci di giovare alla salvaguardia della propria aspirazione ad una porzione di patrimonio, dalla successione del quale è stata a suo avviso ingiustamente estromessa;
Ritenuto:
- che in conclusione il gravame è fondato e deve essere accolto;
- che le spese di giudizio seguono la soccombenza e possono essere liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, ordina al Responsabile del Servizio competente del Comune di Sesto ed Uniti di divulgare, mediante presa visione ed estrazione di copia, la cartella clinica individuata con l’istanza di accesso del 21/6/2011 (allegato 4 del ricorso introduttivo).
Condanna l’amministrazione comunale resistente a corrispondere alla ricorrente la somma di 2.500 € a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.
Condanna altresì l’amministrazione alla rifusione in favore della ricorrente del contributo unificato ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis del D.P.R. 30/5/2002 n. 115.
Spese compensate nei confronti degli altri membri evocati in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/12/2011
panorama
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

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Siringomielia. Di questa malattia non conoscevo neanche il nome per non averne mai sentito parlare tra persone. Ho dato un'occhiata su internet è ho trovato scritto:

Che cos'è:

La Siringomielia (SM) è un’affezione cronica del midollo spinale caratterizzata dall’infiltrazione del fluido cerebro-spinale (CSF) al suo interno con la formazione di una cavità cistica (siringa), che può provocare compressioni e/o lesioni alle fibre nervose del midollo stesso.
Queste cavità nel midollo spinale sono molto più comuni di quanto si ritenesse fino a pochi anni fa, prima della diffusione della Risonanza Magnetica (RMI).
Nella maggior parte dei casi, la Siringomielia ha origine dalla Malformazione di Chiari 1 (AC1), nella quale la discesa delle tonsille cerebellari nel canale spinale riduce o blocca il flusso del CSF a livello della giunzione cerebro-spinale, causando una anormale pressione pulsante del fluido stesso che circonda il midollo e la conseguente formazione di cavità al suo interno.
L’ostacolo alla circolazione del flusso del CSF può verificarsi anche a diversi livelli della colonna, per un trauma, una stenosi vertebrale, un’ernia discale, uno stato infiammatorio delle membrane che circondano il midollo, un tumore, una meningite, una complicazione di una puntura spinale.
Quando la cavità si genera nella porzione inferiore del tronco encefalico si ha la Siringobulbia, che può interessare i nervi cranici inferiori, con disturbi al viso, alla vista, all’udito, e, nei casi più gravi, a problemi di deglutizione e fonazione.

Come si presenta:

I sintomi della SM sono molteplici e dipendono dalla forma e dall’ubicazione della cavità e, in genere, si sommano a quelli della causa scatenante.
Lo sviluppo della sintomatologia è lento; tuttavia i sintomi si possono manifestare improvvisamente in seguito a un colpo di tosse, a uno sforzo, a una caduta, a un trauma.
I sintomi più comuni sono: mancanza di sensibilità (specialmente al caldo e al freddo), debolezza o spasmi muscolari, difficoltà motorie, stanchezza, parestesie, incontinenza. Inoltre, la maggior parte dei pazienti soffre di male di testa e di altri dolori di origine neuropatica.
In alcuni pazienti la Siringomielia può portare a gravi danni neurologici, fino alla paraplegia.
Nel caso di una forma evidente di scoliosi (soprattutto nei bambini), può essere opportuno un esame con RMI per una diagnosi precoce di una eventuale SM.

Come viene diagnosticata:

SM viene diagnosticata tramite una RMI, esame non invasivo, che mette chiaramente in evidenza sia la parte ossea (colonna) che le parti molli (midollo e membrane meningee).
La presenza di cavità siringomieliche all’interno del midollo richiede ulteriori esami per ricercare la causa della loro formazione: in particolare la coesistenza di AC1 e la possibile presenza di “midollo ancorato”, rilevabile, in prima battuta, dal posizionamento del cono midollare, ossia della parte finale del midollo.
panorama
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

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Per opportuna notizia a quanti possa interessare.
Articolo 5 della legge 210 del 1992.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

Numero 00005/2012 e data 09/01/2012

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 28 settembre 2011

NUMERO AFFARE 03716/2011
OGGETTO:
Ministero della salute.

Quesito sull’applicazione dell'articolo 5 della legge 210 del 1992.
LA SEZIONE

Vista la nota n. DGPROG 0028240-P-24/08/2011 F.l.a.b.2, con la quale il Ministero della salute ha trasmesso la relazione ed chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito indicato in oggetto;
visto il ricorso;
vista la relazione ministeriale ed allegati;
esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, cons. Francesco Bellomo.

PREMESSO:
Il Ministero della Salute formula un quesito sulla procedura di cui all’articolo 5 della legge 210 del 1992 per gli indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni e vaccinazioni obbligatorie
La legge n. 210 del 1992 ha introdotto forme speciali di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni (articolo 1, comma 1), dei soggetti contagiati da infezione da virus HIV a seguito di somministrazione di sangue ed emoderivati (comma 2) e dei soggetti che abbiano contratto epatiti post-trasfusionali (comma 3).
Il beneficio in oggetto è anche esteso (comma 4) a persone che abbiano riportato danni a seguito di contatto con persona vaccinata, a persone sottoposte a vaccinazioni ritenute necessarie, anche se non obbligatorie, per motivi di lavoro o per accedere ad uno Stato estero, e ai soggetti a rischio operanti nelle strutture sanitarie ospedaliere che si siano sottoposte a vaccinazioni anche non obbligatorie.
Un ulteriore ampliamento della sfera degli aventi diritto si è avuto a seguito di svariate sentenze della Corte costituzionale.
La legge 25 febbraio 1992, n. 210 prevede, nel primo grado di giudizio, che le Commissioni Mediche Ospedaliere (CMO) dislocate sul territorio nazionale, esaminino la documentazione sanitaria prodotta a corredo di ogni istanza, sottopongano eventualmente a visita il richiedente e quindi formulino il proprio giudizio sanitario di merito.
Tale giudizio, redatto su un verbale, comprende: la diagnosi relativa alle lesioni riscontrate, il nesso causale tra l'evento potenzialmente lesivo ed il danno funzionale manifestato, l'ascrizione a categoria tabellare di quest'ultimo con riferimento alla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981 n. 834 e la valutazione della tempestività dell'istanza.
L'attività delle CMO, quindi, viene esplicitata in un unico processo verbale omnicomprensivo. articolato nelle quattro voci: giudizio diagnostico; nesso di causalità; ascrizione a categoria del danno; tempestività dell'istanza.
Anche l’operato del Ministero della salute nell'ambito dei ricorsi ex art. 5 Legge 210/92, si esplicita, dunque, attraverso un unico elaborato medico legale, articolato nelle quattro voci sopra citate, quale espressione delle risultanze cui si è pervenuti in esito ad ogni singola istruttoria tecnica e descrittiva della complessa vicenda clinica di ciascun soggetto. Ciò ha comportato che proprio detta valutazione complessiva, in ordine ad ogni singolo ricorso, ha consentito al Ministero della salute di esprimere perplessità in alcuni giudizi favorevoli espressi dalle CMO.
L’Amministrazione riferisce che la procedura sopra descritta, seguita nei quasi 20 anni di vigenza della norma, non è stata mai oggetto di impugnativa da parte dei soggetti interessati.
Tale prassi è stata contestata con la risoluzione n. 8-00109 dalla XII^ Commissione "Affari Sociali" della Camera dei Deputati il 9 febbraio.
In detta risoluzione si segnala come siano frequenti i casi in cui le Commissioni medico ospedaliere, pur riconoscendo l'esistenza del danno da vaccinazione o da emotrasfusione, rigettino tuttavia l'istanza per intempestività: l'erronea valutazione di tale requisito è quindi spesso oggetto di impugnativa. In tali fattispecie, il Ministero non si limita ad accogliere o respingere i gravami in ordine ai motivi proposti dalla parte ricorrente, ed in specie, a rivalutare il solo requisito della tempestività dell'istanza; piuttosto, si procede a riforma nel merito del provvedimento emanato della commissione medica, nuovamente sindacando - al fine di escluderlo - l'esistenza del nesso causale tra morbo e vaccinazione già accertato in prima istanza.
La prassi ministeriale in sede di riforma dei provvedimenti emanati dalle Commissioni medico ospedaliere sarebbe non conforme a legge. In materia di ricorsi amministrativi esistono limiti ai poteri di riesame della fattispecie in capo all'autorità investita della decisione. Il ricorso, infatti, ha natura giustiziale e partecipa di alcuni caratteri propri dell'attività giurisdizionale: tra questi, la rigorosa corrispondenza tra chiesto e pronunciato e il divieto di reformatio in pejus. L'autorità decidente non può annullare o riformare il provvedimento per motivi differenti da quelli sollevati dal ricorrente; né può annullare o riformare parti del provvedimento non oggetto di impugnazione, esplicita o almeno implicita. La cosiddetta reformatio in pejus è ammissibile solo nei casi di ricorso incidentale, ove, dunque, un altro privato controinteressato impugni a sua volta il provvedimento, per i profili di interesse-evenienza, questa, esclusa in principio nelle fattispecie di cui si discute, per l'assenza di controinteressati in senso tecnico nelle procedure di concessione del benefìcio ex lege n. 210 del 1992; nè a differente soluzione può condurre il testo del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, cosiddetto «decreto ricorsi», nella parte in cui prevede che l'autorità «se riconosce infondato il ricorso, lo respinge. Se lo accoglie per incompetenza, annulla l'atto e rimette l'affare all'organo competente. Se lo accoglie per altri motivi di legittimità o per motivi di merito, annulla o riforma l'atto salvo, ove occorra, il rinvio dell'affare all'organo che lo ha emanato». Il potere di riforma nel merito dell'atto, infatti, si lega sempre indissolubilmente all'accoglimento di uno dei motivi di ricorso, prospettati dalla parte privata;
In tal senso viene richiamata copiosa giurisprudenza amministrativa.
CONSIDERATO:
Per la soluzione del quesito posto è decisivo comprendere la natura del sistema di liquidazione dell’indennizzo ed, in particolare, della – eventuale – fase contenziosa che lo assiste.
Stabilisce l’art. 1, comma 1 che “Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”.
In ordine alla portata di tale posizione soggettiva, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno ricordato, con sentenza n. 8064 del 2010, come «Nella giurisprudenza costituzionale è consolidato principio quello che: la menomazione della salute derivante da trattamenti sanitari può determinare una di queste tre conseguenze:
a) il diritto al risarcimento pieno del danno, riconosciuto dall'articolo 2043 c.c., in caso di comportamenti colpevoli;
b) il diritto a un equo indennizzo, discendente dall'articolo 32 Cost. in collegamento con l'articolo 2, ove il danno, non derivante da fatto illecito, sia stato subito in conseguenza dell'adempimento di un obbligo legale;
c) il diritto, a norma degli articoli 38 e 2 Cost., a misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore, nell'ambito dell'esercizio costituzionalmente legittimo dei suoi poteri discrezionali, in tutti gli altri casi. (cfr. sent. 118 del 1996; n. 226 del 2000)».
Quindi la discrezionalità del legislatore in caso di trattamenti sanitari non prescritti per legge (o provvedimento) è ampia a fronte di una discrezionalità più stretta in caso di trattamenti sanitari obbligatori.
Ciò permette di inquadrare il procedimento amministrativo di cui agli artt. 3 e ss. della legge, che, avanzata domanda da parte dell’interessato, si snoda in due fasi necessarie: il giudizio dinanzi alla commissione (art. 4), la quale stabilisce la spettanza o meno del diritto, e il pagamento da parte del Ministero della Sanità (art. 8), cui spetta l’erogazione materiale dell’indennizzo.
Tra queste due fasi può interporsi il ricorso al Ministero avverso il giudizio della Commissione (art. 5).
Risulta evidente da tale struttura come il Ministero sia tenuto a dar seguito al giudizio della Commissione, a meno che non sia adito con ricorso da parte dell’interessato.
Per completare il quadro utile a chiarire la natura di tale ricorso è necessario esaminare l’art. 5, il quale prevede che:
“1. Avverso il giudizio della commissione di cui all'art. 4, è ammesso ricorso al Ministro della sanità. Il ricorso è inoltrato entro trenta giorni dalla notifica o dalla piena conoscenza del giudizio stesso.
2. Entro tre mesi dalla presentazione del ricorso, il Ministro della Sanità, sentito l'ufficio medico-legale, decide sul ricorso stesso con atto che è comunicato al ricorrente entro trenta giorni.
3. È facoltà del ricorrente esperire l'azione dinanzi al giudice ordinario competente entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione”.
Orbene, il ricorso in esame ricalca, pur con talune peculiarità, il modello giustiziale delineato dalla legge quadro in materia di ricorsi n. 1199 del 1971, con riguardo al ricorso gerarchico, venendo peraltro in rilievo un rapporto di gerarchia cd. impropria.
Ciò induce a ritenere che il ricorso in esame si pone solo dal punto di vista cronologico nel mezzo del procedimento amministrativo volto all’erogazione dell’indennizzo, nei casi in cui il giudizio della commissione sia stato – in tutto o in parte – negativo avendo esso funzione autonoma. Infatti, attraverso la sua proposizione, l’interessato contesta un atto – il giudizio della commissione – che assume portata sostanzialmente definitiva, essendo il Ministero vincolato a disporre in conformità .
Tale ricostruzione rafforza l’idea che il potere decisionale del Ministero non si estenda al di là del thema decidendum fissato nel ricorso, essendo una diversa interpretazione contraria sia alla lettera che alla ratio della previsione.
Quanto alla prima, basti osservare che oggetto dell’attività del Ministero è la decisione del ricorso (comma 2), e che il ricorso si configura come una contestazione del giudizio della commissione (comma 1). Transitivamente, dunque, il Ministero ha solo il potere di valutare la fondatezza o meno delle censure rivolte dal ricorrente, limitando la propria cognizione ai punti e ai capi che ne sono coinvolti.
Quanto alla seconda, tenuto conto che il Ministero è privo del potere di sindacare la discrezionalità tecnica della Commissione in sede di erogazione dell’indennizzo, non si capisce come tale potere possa essergli concesso in sede di decisione del ricorso dell’interessato al di fuori dell’ambito da esso devoluto.
In definitiva, il principio generale della corrispondenza tra chiesto e pronunciato non può in alcun modo essere posto in discussione.
Va anche osservato che la tesi secondo cui il Ministero della salute possa ingerirsi nella valutazione dei presupposti del diritto all’indennizzo, per ragioni di finanza pubblica, oltre ad essere poco rispettosa del principio di legalità e delle garanzie del cittadino, non convince neppure dal punto di vista del buon andamento, posto che ammetterebbe una duplice valutazione tecnica sul medesimo oggetto.
P.Q.M.
Delibera di rispondere al quesito nei sensi di cui in motivazione.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Alessandro Pajno




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafa'
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Sanità, Belluno, visite private in ospedale: sospeso un primario

TMNews


Roma, 24 gen. (TMNews) - All'ospedale di Pieve di Cadore (Belluno) nuovo caso di malasanità con protagonista uno stimato primario. Poco prima dello scorso Natale era stato arrestato il primario di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale, che si faceva pagare per sveltire le liste d'attesa per le procedure sulla procreazione assistita. Ora la Guardia di Finanza ha scoperto che anche il primario di Cardiologia dello stesso nosocomio, senza alcuna autorizzazione dell'Ulss, visitava a pagamento i suoi clienti in ospedale, mentre i pazienti 'pubblici' attendevano mesi in lista d'attesa. Con un'ordinanza emessa dal gip di Belluno, eseguita oggi dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Belluno, sono state inflitte al primario le misure cautelari della sospensione dall'attività presso l'ULSS di competenza ed il divieto di dimora nel comune di Pieve di Cadore. Per il medico la struttura ospedaliera era una dependance dei suoi ambulatori privati, tanto che era sua moglie a prendere le prenotazioni delle visite private da eseguire negli ambulatori dell'ospedale con le attrezzature sanitarie pubbliche. Il primario adesso deve rispondere di peculato aggravato continuato, truffa aggravata continuata nei confronti dello Stato ed interruzione di pubblico servizio. La moglie è accusata di concorso in truffa.
24 gennaio 2012
panorama
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

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Casi di Telarca.

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Dal sito internet:

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CRONACHE

Sono bambine, ma hanno il seno. Guariniello ad Affari: "Verifiche sugli omogeneizzati"

Mercoledì, 8 febbraio 2012 - 10:49:00

di Lorenzo Lamperti

Sono ancora bambine. Però hanno il seno. La colpa? Degli omogeneizzati. Almeno secondo la procura di Torino, che indaga su 106 casi di pubertà precoce registrati all'ospedale Regina Margherita. Il pm Raffaele Guariniello ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di reato di lesioni colpose, al momento contro ignoti, per vederci chiaro sulla "strana" diffusione del telarca, una malattia che provoca l'ingrandimento anomalo delle ghiandole mammarie.
Tante bambine in pubertà precoce. Guariniello si è insospettito dopo che un medico gli ha segnalato un caso di telarca su una bimba nata nel dicembre 2010. Nei mesi successivi il magistrato ha chiesto all'ospedale Regina Margherita di segnalargli tutti i casi accertati di telarca negli ultimi due anni. La ricerca ha dato come risultato un numero preoccupante: 106. Ed è un dato arrotondato per difetto, perché non sempre il problema viene riscontrato o segnalato.
La malattia è stata riscontrata nelle piccole pazienti nel periodo compreso tra l'allattamento e lo svezzamento. La causa sarebbe la somministrazione di alimenti contenenti ormoni. Colpa degli estrogeni, insomma. E sotto esame finiscono gli omogeneizzati. Ma la patologia può essere ricondotta anche alla carne. Sempre più spesso negli animali si trovano tracce di anabolizzanti e ormoni per la crescita con quantità superiori a quelle consentite. Oggi, come nel 2003, quando sempre Guariniello aprì un'inchiesta contro il cibo per i più piccoli. L'inchiesta fu trasferita a Latina nel 2006, ma nel frattempo in soli cinque anni erano stati segnalati 331 casi di telarca precoce solamente in Piemonte. Il picco nel 2003, con 161 casi. Il 110% in più rispetto agli altri anni presi in esame.

L'INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT

Come mai così tanti casi di telarca a Torino?

"Ma io non credo che i casi di telarca ci siano solo a Torino o in Piemonte. Suppongo proprio che non sia una questione ambientale. Quello che capita a Torino credo che si rispecchi in quello che capita anche in tante altre città. La differenza è che qui li cerchiamo, mentre altrove molto spesso rimangono sepolti negli archivi ospedalieri. Nessuno li va a cercare. Tra l'altro è un problema che non sempre viene riscontrato e non tutti vengono fuori. Noi cerchiamo di mantenere un controllo alto per farne venire alla luce il maggior numero possibile".

Quanti casi di pubertà precoce sono stati riscontrati?

"Sono 106 negli ultimi due anni. Diciamo una media di una cinquantina all'anno".

Negli scorsi anni lei si era già occupato della questione. Non è cambiato niente da allora?

"Purtroppo no. Pensavo davvero che dopo quell'inchiesta il problema si fosse risolto e invece non è così. Le cause scatenanti sono ancora in atto. Ora stiamo cercando di scoprire quali siano le specifiche cause, perché bisogna vigilare e capire che cosa viene dato da mangiare ai bambini di piccola età. Speriamo di risolvere il tutto attraverso il campionamento di prodotti alimentari".

I cibi presi in esame quali sono?

"Omogeneizzati e carne. Gli obiettivi principali sono questi, vedremo i risultati dei campionamenti di questi prodotti che cosa ci diranno".

A suo tempo lei aveva ordinato verifiche anche in colossi come Plasmon. Potrebbero esserci nuove verifiche presso le aziende?

"Certamente sì. Ce ne saranno ancora".
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dal sito

http://www.abruzzopopolare.it/cultura/4 ... iglia.html" onclick="window.open(this.href);return false;

notizia importante da sapere.

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Quanto guadagna un Medico di Famiglia?

di Luciano Pellegrini

Il medico di famiglia è a tutti gli effetti un componente della famiglia. Conosce tutto e più di tutto, anche le cose più segrete. Il paziente ha in lui la massima fiducia. Sa che la sua salute dipende da questa persona e gli vuole bene. Gli perdona tutto anche se per essere visitato deve fare lunghe file, pazienza! Chi è questo medico? Lavora mediamente 4 ore al giorno dal lunedì al venerdì, in totale 20 ore. Qualcuno apre lo studio anche il pomeriggio almeno tre volte a settimana, altre 6 ore. In totale lavora 26 ore a settimana. Il sabato offre la reperibilità telefonica per un paio di ore nella mattina. Ci sono comunque le visite domiciliari.

Anche la associazione professionale dei medici di famiglia appartiene ad una casta. Guai se qualcuno prova ad interessarsi dei fatti loro. Infatti Il Consiglio nazionale della FIMMG, riunitosi a Roma, aveva approvato un calendario di scioperi della categoria per difendere l'autonomia dell’ENPAM, la cassa previdenziale dei camici bianchi, messa a rischio dalle misure previste nella manovra del Governo Monti. Lo sciopero era programmato dal 9 al 12 febbraio. Questione legata ai soldi che versano per la pensione. Però, causa la situazione meteorologica, i medici di famiglia hanno revocato lo sciopero, pur rimanendo in stato di agitazione.

Quanto guadagna un medico di famiglia?

La base è di 80 euro lordi/anno per paziente e poi ci sono le indennità sulle altre attività che vengono svolte, (i dati sono del mese di marzo 2011, dovrebbero essere ancora validi in quanto non mi risulta che ci sono stati rinnovi contrattuali ndr). Con 1500 pazienti il medico di famiglia guadagna 120.000 euro lorde all'anno, con una ritenuta di acconto del 20% operata dalla ASL , al netto fanno 96mila euro, quindi 8mila euro al mese. Mica poco ...! Ma non è tutto ...

Ci sono inoltre le indennità! Se il medico di famiglia lavora nello studio 12 ore, percepisce altri 1200 euro lordi al mese che è molto superiore a quello di molti lavoratori. Non è ancora finito. Ci sono 74 euro lorde al mese come indennità per usare il computer, inoltre altre indennità per le prestazioni per l’ADI, (Assistenza Domiciliare Integrata) o per le medicazioni o per i vaccini praticati in studio, le partecipazioni a Progetti obiettivo della regione o del Ministero, le schede per le ricerche sanitarie, le partecipazioni a commissioni mediche, i rimborsi per il funzionamento dello studio professionale, il pagamento per una serie di certificati, come per le attività sportive e così via.

Quindi questo amico di famiglia che è sempre sorridente, ancora di più se non ti fai mai vedere, guadagna tutti questi soldi, anzi se viene a farti la visita a casa perché sei febbricitante, quasi quasi mosso a compassione e per bontà per l'ora tardi, gli fai anche qualche regalia.

Caro Ministro della salute Renato Balduzzi, essendo lei un tecnico e quindi non legato alla politica del compromesso, cosa ne pensa di deliberare un decreto legge che stabilisca un massimo di 500 pazienti per medico di famiglia? Le restanti 1000 persone le gestirebbero altri due medici. Il paziente ci guadagnerebbe? Perbacco, i medici di famiglia erogherebbero un miglior servizio e non si farebbero lunghe attese. I medici si lagnano oltremodo, perché hanno qualche impegno in più come l’Adi (L'Assistenza Domiciliare Integrata) e quindi meno tempo da dedicare ai pazienti. Questo impegno remunerato ha un tetto e anche se superi il numero dei pazienti non puoi guadagnare di più, quindi meglio non eccedere. L'assistito però deve far valere questo suo diritto, perché sembra che il medico se ne dimentica di fare questa visita programmata. Ha mai provato lei, Ministro Balduzzi, a recarsi dal suo medico di famiglia?

Le racconto quello che succede ad un assistito campione! La mattina presto va a fare la fila per prendere il numero. Catturato il numero si organizza la mattinata. Cioè, calcolando che una visita mediamente se va bene dura tre quarti d'ora, sbriga altre faccende per poi tornare in tempo per la visita e non perdere il posto. Si chiederà, ministro Balduzzi, il motivo per cui la visita dura tanto tempo, poverino chissà che malattia avrà! Non si spaventi, l'assistito non ha niente di grave, riesce a parlare con il medico forse 5 minuti. Ed allora? Mentre apri la bocca per esporre il tuo malanno, arriva la prima telefonata, poi apri nuovamente la bocca ed arriva la seconda telefonata e così via sino a quando esci dallo studio. Quello che avresti desiderato fare presente al medico non lo hai fatto, però hai una ricetta, la tua e tante altre delle persone che hanno telefonato. Quasi timidamente e vergognosamente entri nella sala di attesa per depositare le ricette telefoniche e vedendo gli occhi incazzati dei presenti, fai un timido sorriso alla fracchia alzando le spalle. Gli altri pazienti spazientiti che aspettano, faranno la stessa fine, anche loro escono con le ricette!

Se, caro Ministro i pazienti scendono a 500, non le sembra che il cittadino paziente, che paga le tasse può essere meglio trattato e curato? Concludendo, caro Ministro, anche se è ancora giovane, compirà fra pochi giorni 57 anni, pensi ai tanti anziani che sono costretti a file estenuanti presso i medici di famiglia per richiedere un diritto, che è quello della salute, e prendo come esempio l'impegno che lei ha sempre avuto nella chiesa cattolica. Diminuisca il numero dei pazienti ai medici di famiglia!
panorama
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DIRITTO ALLA RIVALUTAZIONE IN BASE AL TASSO ANNUALE DI INFLAZIONE PROGRAMMATA DELL'INDENNIZO PERCEPITO AI SENSI DELLA LEGGE N. 210/92. recante “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni o somministrazioni di emoderivati”
Il Consiglio di Stato condanna il Ministero della Salute.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

N. 01269/2012REG.PROV.COLL.
N. 04532/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4532 del 2011, proposto da:
Ministero della Salute, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Paola Perrone, con domicilio eletto presso A. Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZIONE I, n. 00671/2011, resa tra le parti, concernente OTTEMPERANZA SENTENZA N. 6109/2009 DEL TAR PUGLIA , LECCE - I SEZIONE - DIRITTO ALLA RIVALUTAZIONE IN BASE AL TASSO ANNUALE DI INFLAZIONE PROGRAMMATA DELL'INDENNIZO PERCEPITO AI SENSI DELLA LEGGE N. 210/92

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. - Con sentenza n. 6109/2009 il Giudice del lavoro del Tribunale di Lecce ha condannato il Ministero della salute al pagamento dell’adeguamento ISTAT dell’indennizzo corrisposto all’odierno appellato ai sensi dell’art. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992 ( recante “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni o somministrazioni di emoderivati” ) anche nella parte relativa alla indennità integrativa speciale quale componente dell’indennizzo ex art. 1 della legge citata, a far tempo dall’1 gennaio 1996, con gli interessi legali dalla data di presentazione della domanda amministrativa e fino al soddisfo.
2. – In particolare, con la suddetta decisione, il giudice ordinario adìto ha dichiarato il diritto del ricorrente “ad ottenere la rivalutazione in base al tasso annuale di inflazione programmata dell’indennizzo percepito ai sensi della legge n. 210/1992, anche nella parte relativa all’indennità integrativa speciale” ed ha condannato il predetto Ministero “al pagamento in favore del ricorrente delle differenze indennitarie tra quanto dovuto … e quanto di fatto già liquidato a far data dall’1.1.1996, oltre interessi legali” ( così, testualmente, la decisione medesima ).
La pronuncia, munita della formula esecutiva, è stata notificata al Ministero della salute in data 23.6.2009 ed è divenuta cosa giudicata per mancanza di impugnazione nei termini di legge.
3. Con bonifico del 17.12.2009, il Ministero della Salute ha provveduto a liquidare in favore dell’interessato la somma lorda di Euro 15.344,59 a titolo di differenza tra quanto già liquidato e quanto dovuto sulla base della rivalutazione monetaria dell’intero indennizzo con decorrenza 01/01/96 e con ordinativo di pagamento relativo al I° bimestre 2010 ha corrisposto l’indennizzo rivalutato nella sua interezza ( euro 1.395,88 anzicchè euro 1.100,40). Sennonché in data 2.11.2010 il ricorrente si è visto corrispondere la somma di euro 1.01,48, anzicchè la maggior somma percepita fino a quel momento.
4. – Non avendo l’Amministrazione adeguato in maniera definitiva la misura della corresponsione dell’emolumento di che trattasi al veduto dictum giudiziale, l’interessato ha proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sezione staccata di Lecce ricorso per ottemperanza, vòlto ad ottenere l’adozione di misure idonee ad assicurare l’esatta e completa esecuzione del giudicato.
Il T.A.R. ha accolto il ricorso, accertando “l’inadempimento della amministrazione intimata nel dare esatta e completa esecuzione alla sentenza del giudice del lavoro di Lecce, e ciò in quanto sia pur a fronte di un dictum giudiziale sufficientemente chiaro (sostanziale riconoscimento in via definitiva del diritto alla rivalutazione sulle somme integrative) l’amministrazione si è limitata al riconoscimento delle differenze maturate sino ad un determinato periodo di tempo (comunque antecedente alla entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010) senza per questo provvedere alla erogazione delle ulteriori somme dovute, al medesimo titolo, per il periodo successivo (e “definito” dalla sentenza stessa) e nonostante deponesse in siffatta direzione il chiaro disposto della normativa di carattere interpretativo medio tempore intervenuta (decreto-legge n. 78 del 2010)”; conseguentemente ordinando “alla Amministrazione intimata di provvedere senza indugio alla esecuzione della sentenza in epigrafe indicata sia con riferimento al riconoscimento in via definitiva della rivalutazione sulle somme dovute a titolo di indennità integrativa speciale (IIS), sia con riferimento alla corresponsione delle differenze eventualmente non ancora corrisposte, al medesimo titolo, sino al periodo antecedente alla notifica della presente sentenza” ( pagg. 10 - 11 sent. ).
5. – La sentenza di primo grado è impugnata dal Ministero della salute, che ne contesta la legittimità, in particolare criticando l’interpretazione operata dal T.A.R. dell’art. 11, comma 14, del D.L. n. 78/2010 convertito con modificazioni nella legge n. 122/2010, secondo cui un giudizio del tenore di quello del quale si è chiesta l’ottemperanza sarebbe idoneo a fondare il diritto all’adeguamento sine die della componente dell’indennizzo in argomento commisurata all’I.I.S., pure in presenza della richiamata, sopravvenuta, normativa.
Si è costituito in giudizio, per resistere, l’appellato, eccependo l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specifiche critiche alla sentenza impugnata e comunque l’infondatezza del gravame, anche alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 293/2011, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, commi 13 e 14, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.
6.- Con memoria il 18 gennaio 2012 l’appellante ha svolto ulteriori considerazioni a sostegno della fondatezza del ricorso, con particolare riguardo agli effetti dispiegati nel presente giudizio, alla luce dell’oggetto della controversia, dalla citata sentenza della Corte Costituzionale; ha fatto anche rilevare che nelle more il Ministero ha dato corso al pagamento della rivalutazione fino al 31.12.2011 ed ha disposto la variazione dell’importo mensile con adeguamento dell’ISS alla rivalutazione monetaria dall’1.1.2012.
7. - La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 27 gennaio 2012.

DIRITTO
1. – L’appello, pur ammissibile ( in quanto recante una chiara contestazione dei limiti di insensibilità del giudicato alle disposizioni dettate dal legislatore del 2010 così come individuati dal Giudice di primo grado ), è infondato.
Se, invero, la questione controversa nel presente giudizio è l’attitudine della normativa sopravvenuta, recata dai commi 13 e 14 dell’art. 11 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, ad incidere sull’efficacia del giudicato formatosi sulla sentenza di cui s’è chiesta in primo grado l’esecuzione, laddove essa ha affermato il diritto della parte ricorrente ad ottenere la rivalutazione in base al tasso annuale di inflazione programmata dell’indennizzo percepito ai sensi della legge n. 210/1992 anche nella parte relativa all’indennità integrativa speciale, è chiaro che la stessa è da risolversi nel senso del riconoscimento della pienezza del suo rivendicato diritto alla rivalutazione dell’indennità integrativa speciale di cui tràttasi, una volta che le anzidette norme del decreto-legge n. 78/2010 hanno cessato retroattivamente di avere efficacia – con effetto su tutti i rapporti, quale quello in questione, non esauriti – in forza della sopravvenuta sentenza della Corte Costituzionale n. 293 del 2011, che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per irragionevole disparità di trattamento proprio in quanto negano la rivalutazione annuale “sulla componente diretta a coprire la maggior parte dell’indennizzo stesso, con la conseguenza, tra l’altro, che soltanto questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla svalutazione”.
Com’è noto, invero, in base al combinato disposto dell'art. 136 della Costituzione e dell'art. 30 della legge 11.3.1953, n. 87, la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge determina la cessazione della sua efficacia erga omnes ed impedisce, dopo la pubblicazione della sentenza, che essa possa essere applicata ai rapporti, in relazione ai quali la norma dichiarata incostituzionale – della cui sola portata ed interpretazione in sostanza qui si controverte - risulti comunque rilevante.
In definitiva, una volta cassate dall’ordinamento sia la disposizione di legge che negava con valenza di norma interpretativa la possibilità di rivalutare la componente dell’indennizzo de quo corrispondente all’indennità integrativa speciale sia la disposizione diretta a regolare gli effetti intertemporali della norma interpretativa, in disparte la considerazione che il diritto alla contestata rivalutazione trova ormai fondamento nella stessa norma di legge attributiva del beneficio così come interpretata dalla stessa Corte costituzionale, con tutta evidenza non sussiste alcun ostacolo al pieno dispiegarsi anche per il futuro dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale definitivo oggetto del presente giudizio di ottemperanza, alla luce del principio, per cui nei rapporti di durata l’autorità della cosa giudicata, quale pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche per il futuro e cioè per tutta la durata del rapporto, trova il solo limite di una sopravvenienza di fatto o di diritto ( sopravvenienza nel caso di specie ormai come s’è visto cassata dall’ordinamento ), che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento (Cass., III, 6 dicembre 2007, n. 25454).
2. – Da ciò consegue che l’appello dev’essere respinto, con conseguente conferma, se pure con diversa motivazione, della sentenza impugnata.
Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio, liquidati nella misura indicata in dispositivo, séguono, come di régola, la soccombenza

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma, con diversa motivazione, la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante alla rifusione di spese ed onorari del presente grado di giudizio in favore di parte appellata, liquidandoli in complessivi Euro 3.000,00=, oltre I.V.A. e C.P.A.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Alessandro Botto, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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TRIBUNALE DI VARESE - UFFICIO DEL GIUDICE TUTELARE - Estensore Dott. Giuseppe BUFFONE - provvedimento del 12 marzo 2012

Con provvedimento di ieri, 12 marzo 2012, il Giudice Tutelare del Tribunale di Varese, Dott. Giuseppe BUFFONE, ha stabilito che il paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) può utilizzare il comunicatore oculare per redigere testamento olografo dettando le proprie volontà all’amministratore di sostegno.

Per i pazienti affetti da SLA deve ritenersi sussistente un vero e proprio diritto alla comunicazione non verbale, mediante l’utilizzo di un comunicatore a puntamento oculare.

Il provvedimento è leggibile nella sua integralità nell'allegato.

Trib. Varese, Ufficio Vol. Giur., decreto 12 marzo 2012 (Giudice tutelare, G. Buffone)

PAZIENTE AFFETTO DA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA) – UTILIZZO DI COMNICATORE OCULARE PER ESPRIMERE DESIDERI E VOLONTÀ – NOMINA DI UN AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO – RACCOLTA DELLE VOLONTÀ DEL PAZIENTE, MEDIANTE IL COMUNICATORE OCULARE, PER REDIGERE TESTAMENTO OLOGRAFO – DIRITTI PERSONALISSIMI E RAPPRESENTANZA SOSTITUTIVA – POSSIBILITÀ – SUSSISTE – DIRITTO DEL MALATO A NON ESSERE DISCRIMINATO IN RAGIONE DELLA MALATTIA – UTILIZZO DELLE NUOVE TECNOLOGIE E DEI NUOVI ISTITUTI GIURIDICI – SUSSISTE

Il paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) può fare testamento dettando le proprie volontà all’amministratore di sostegno avvalendosi del comunicatore oculare, non potendosi ammettere che un individuo perda la facoltà di testare a causa della propria malattia, trattandosi di una discriminazione fondata sulla disabilità. Per i pazienti affetti da SLA, peraltro, deve ritenersi sussistente un vero e proprio diritto alla comunicazione non verbale, mediante l’utilizzo di un comunicatore a puntamento oculare.

IN FATTO.

In data 17 gennaio 2012, con decreto n. 333/2012, è stata istituita, in favore di …. (nato il ….. 1950 e residente presso la propria abitazione, in ….o), una amministrazione di sostegno,
con designazione della sorella, quale soggetto deputato a coadiuvarlo nelle attività gestionali e amministrative, atteso il suo impedimento fisico. …. è affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), esordita nei primi mesi del 2005. Allo stato, si trova in respirazione meccanica attraverso tracheotomia dall’11 novembre 2008 e in nutrizione enterale attraverso PEG dall’agosto del 2008. All’esito degli accertamenti medici, è risultato essere perfettamente vigile, cosciente e ben orientato con pieno sensorio integro. Il beneficiario, tuttavia, presenta una grave tetra paresi per cui non è in grado di utilizzare gli arti per i movimenti finalistici (v. certificato in atti, dell’1 agosto 2011). In data 16 febbraio 2011, il beneficiario – in funzione del procedimento (allora) pendente – è stato sentito dal giudice, presso la sua abitazione. In quell’occasione, si è così accertato che, nella sua dimora, il beneficiario dispone di un comunicatore oculare che gli consente di esprimersi autonomamente. In sede di esame, il beneficiario, infatti, ha dichiarato di essere consapevole della pendenza del procedimento di amministrazione di sostegno ed ha chiesto di designare la propria sorella come amministratrice. …., insomma, è perfettamente capace di intendere e volere e, grazie al supporto delle nuove tecnologie, può anche esprimere la sua volontà e comunicarla all’esterno, senza alcun problemi. Vi è, tuttavia, che il beneficiario non può “firmare” le sue volontà, nel senso che, pur manifestando il suo volere non può sottoscriverlo in forma solenne. Orbene, in data odierna, l’amministratrice di sostegno ha presentato al giudice quelle che sarebbero le volontà testamentarie del beneficiario; volontà che, però, non possono essere tradotte in testamentifactio per la impossibilità fisica del fratello di firmare il negozio, eventualmente nello studio notarile prescelto. Ha, pertanto, chiesto di autorizzare la sua sostituzione, con rappresentanza, al beneficiario, per presentare ella stessa, come amministratrice, il testamento. Posto che, tuttavia, la stessa, come sorella, è comunque nominata tra gli eredi, ha anche proposto al giudice di valutare la eventuale nomina di un curatore speciale.

SLA E COMUNICAZIONE NON VERBALE

La SLA1 comporta, in danno del paziente, la progressiva perdita dei motoneuroni centrali e periferici, con un decorso atipico variabile da caso a caso ma con esiti infausti che la letteratura di settore non ha difficoltà a definire disastrosi per la qualità di vita, oltre che per la sopravvivenza. La patologia determina disfagia (ovvero la perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione), disartria (perdita dell'articolazione della parola) e una progressiva perdita del controllo dei muscoli scheletrici, con una paralisi che può avere estensioni variabili, anche in ragione delle condizioni soggettive concrete del paziente, pregresse o sopravvenute. La SLA, tuttavia, non altera le funzioni cognitive e sensoriali del malato e, anche nelle fasi più avanzate, colpisce soltanto il sistema motorio e risparmia tutte le altre funzioni neurologiche.
1 La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è anche nota come “Morbo di Lou Gehrig”,” malattia di Charcot” o “malattia dei motoneuroni”. La letteratura di settore la descrive in termini di malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria.
Alla luce di queste brevi premesse – e tenuto conto della situazione nel caso concreto - è agevole apprendere che, il paziente affetto da SLA conserva intatto il suo nucleo del volere: e, però, pur “potendo volere”, è racchiuso in una corteccia fisica aggredita dalla malattia che gli impedisce di esternare, con i canali tipici, le proprie volontà. Per far fronte alla “prigione” fisica in cui vengono a trovarsi i pazienti affetti da SLA, il progresso tecnologico ha elaborato e messo in commercio sistemi di comunicazione alternativi che consentono al paziente di comunicare con forme diverse da quella verbale. Spiccano, in questo ambito, i comunicatori a controllo oculare (o a “puntamento oculare”) che profittano dell’unico movimento ancora controllabile dal paziente: quello degli occhi. La credibilità scientifica di questi strumenti è riconosciuta dalla Comunità scientifica internazionale e dalle Associazioni di settore. Ciò che osta alla loro diffusione, infatti, non è la funzionalità degli stessi (nota e riconosciuta) ma il costo elevato che non li rende facilmente accessibili a tutti pazienti, in assenza di specifiche disposizioni del sistema sanitario nazionale che riconoscano, invero, l’essenzialità di questi veicoli di comunicazione, per i pazienti affetti da SLA.
Il riconoscimento dell’importanza della comunicazione non verbale, mediante lettura del movimento oculare, in ogni caso, non costituisce solamente un mezzo di esternazione (anche giuridica) delle volontà, ma un atto di rispetto e celebrazione della dignità del malato, il quale solo in questo modo può tornare ad essere partecipe della società, della famiglia degli affetti e, soprattutto, solo in questo modo può tornare ad avere il governo della propria vita, mediante chiara e precisa rivelazione di ogni volontà e desiderio.
La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, e ratificata dall’Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n. 18, riconosce espressamente (lett. n del preambolo) “l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte” (collocati nel novero dei “principi generali”, v. art. 3 della convenzione). La Convenzione, inoltre, all’art. 4 espressamente impone agli Stati Membri l’adozione di quelle misure che garantiscano “l’accessibilità alla comunicazione”, così essendo riconosciuto che “comunicare è un diritto” della persona malata con disabilità e non una eventualità ancillare al diritto alla salute ed alla cura.
Alla luce delle riflessioni che precedono, deve affermarsi che il paziente gode del diritto a comunicare le sue volontà ed ha anche diritto a che le stesse siano rese effettive, nel senso che, in caso di impossibilità di accesso alle forme previste dalla Legge per beneficiarie di taluni Diritti, siano introdotte misure per evitare l’impasse e, quindi, la discriminazione in base alla malattia.
Si giunge, così, al caso di specie.
Se il paziente affetto da SLA ha desiderio di testamentare, ritenere che non possa farlo a causa della patologia, è una discriminazione inaccettabile che, al di là del quadro normativo internazionale sopra segnalato, si scontra con gli artt. 2 e 3 della Costituzione i quali non distinguono l’accesso ai diritti costituzionali in base alla capacità o meno di potere scrivere o muoversi (soprattutto dove il disponente sia pienamente capace di intendere e volere). Da qui, pertanto, la necessità di apprestare, in favore del paziente, meccanismi di “sostituzione”
giuridica attraverso i quali il rappresentante raccolga la volontà del titolare del diritto e la renda efficace nell’ordinamento, sottoscrivendo gli atti in nome e per conto del rappresentato, nel rispetto del volere raccolto. Ebbene, una tale procedura è espressamente ammessa nell’ambito dell’amministrazione di sostegno che prevede, infatti, il meccanismo giuridico della rappresentanza sostitutiva, ex art. 409 comma I c.c.
Il problema che si pone, però, nasce dal fatto che, in questi casi, si ammetterebbe una rappresentanza in atti personalissimi e, peraltro, in situazioni giuridiche soggettive non necessariamente a contenuto patrimoniale. La Dottrina, infatti, colloca la volontà di testare negli atti personalissimi. Come noto, in linea astratta, al codice di rito non è estranea l’evenienza che un soggetto diverso dal titolare del diritto possa in taluni casi agire o resistere in un giudizio in sostituzione od in assistenza di quest’ultimo. L’indagine diventa però complessa là dove venga in rilievo una situazione soggettiva attiva rientrante nella categoria dei cd. diritti personalissimi, rispetto ai quali l’insegnamento tradizionale è che non sia possibile alcuna forma di esercizio disgiunto dalla titolarità. Tale assioma si è, però, andato sgretolando nella sua assolutezza, in tempi più recenti, grazie ai contributi della Dottrina ed alle spinte della giurisprudenza, soprattutto nel delicato settore degli adulti incapaci. La giurisprudenza più garantista così, ha ritenuto di dovere accedere alla più moderna concezione che non esclude la possibilità di una sostituzione anche nelle situazioni giuridiche soggettive con sostrato esistenziale (anche questo Ufficio, v. Trib. Varese, Ufficio V.G., decreto 20 aprile 2010). Gli istituti di protezione, infatti, hanno il principale fine di rimuovere quegli ostacoli che si frappongono tra il soggetto e la sua libera esplicazione della personalità e, dunque, oltre a poter costituire una figura che rappresenti il beneficiario/interdicendo possono tradursi nella istituzione di “una persona che accompagna le scelte esistenziali”, come, in particolare, gli studiosi dell'Amministrazione di sostegno tendono oggi a suggerire nell'elaborazione dottrinale più recente. Si tratta cioè di approdare ad un interpretazione che valorizzi l'autonomia dei soggetti deboli in una prospettiva nel senso di rendere effettivo esercizio dei diritti laddove, come giustamente si è scritto, “se non vi è esercizio non vi è neppure titolarità”. Una interpretazione si segno diverso, dietro la difesa del diritto personalissimo, maschererebbe in realtà una sostanziale “espropriazione” di tal altri diritti, pure personalissimi e fondamentali: come quello alla separazione (cfr. Cass. 9 ottobre 2007, n. 21099) o al divorzio. Il problema, così, si sposta: non astratta configurabilità della sostituzione, ma modalità e limiti della sua effettiva consistenza (ecco perché, alcuni in Dottrina hanno parlato di “procura di sostegno”). La soluzione preferibile è, dunque quella che salvaguarda il diritto dell’incapace a porre in essere i suoi atti personalissimi e gli fa dono di uno strumento flessibile e plastico perché ciò avvenga: se si sostenesse che l’incapace non può farsi sostituire dall’amministratore nel porre in essere gli atti personalissimi allora si dovrebbe accettare, di fatto, che i soggetti vulnerabili perdono, in concreto, quei diritti, in quanto non ne hanno più l’esercizio. Tesi non più accettabile alla luce del mutato quadro costituzionale, comunitario e internazionale. Certo: si tratta di atti che debbono essere oggetto di specifico provvedimento autorizzatorio motivato e che devono trovare giustificazione nella volontà del beneficiario, come percepibile all’attualità o ricostruibile guardando al passato. Ma non possono essere negati per il solo fatto della infermità.
Quanto ai pazienti di SLA dotati di comunicatore oculare (“fortunati tra gli sfortunati”), deve dunque ammettersi che l’amministratore possa raccogliere le volontà testamentarie del beneficiario, riportarle in forma scritta su atto formale sottoscritto, ex art. 409 comma I c.c., in nome e per conto del beneficiario, con i poteri di rappresentanza sostitutiva. In questo modo, insomma, l’amministratore diventerà strumento del beneficiario per confezionare un valido testamento olografo.
D’altronde, l’art. 591 comma 1 n. 2) esclude la capacità di testare per gli interdetti ma non per i beneficiario. Nel caso di specie, però, l’amministratrice sarebbe una delle eredi e, dunque, è opportuno designare un curatore speciale che provvederà come da dispositivo.

P.Q.M.

Letto ed applicato l’art. 409, comma I, c.c.
NOMINA un curatore speciale, in persona dell’Avv. …., in favore di …., nato a …il …1950, cui demanda, ex art. 409, comma I, c.c., il potere di rappresentanza sostitutiva per la redazione di testamento olografo ai sensi dell’art. 602 cod. civ., nel rispetto rigoroso delle formalità che seguono:

1) Il Curatore si recherà a casa del beneficiario (entro il 31 marzo 2012) e, in presenza dell’amministratore di sostegno, chiederà al beneficiario stesso di redigere (a video), con il comunicatore oculare, il suo testamento. Della schermata a video il curatore dovrà raccogliere rappresentazione fotografica. A questo punto, il curatore riporterà le volontà del beneficiario su atto scritto di suo pugno, secondo le forma di cui all’art. 602 c.c. Ogni foglio sarà sottoscritto come segue: “il sottoscritto curatore Avv. … in rappresentanza sostitutiva di …. e per suo conto, ai sensi dell’art. 409 c.c., giusta decreto del Tribunale di Varese del 12 marzo 2012”.

2) A questo punto, a cura del curatore, il testamento olografo verrà depositato in casa del beneficiario, in luogo da lui indicato e copia dello stesso, con le rappresentazioni fotografiche, verrà depositato agli atti del procedimento. In quel momento cessa la curatela speciale qui aperta.

3) L’amministratore ha il compito di raccogliere le eventuali revoche o modifiche al testamento, informando il giudice tutelare perché si provveda alla raccolta delle nuove volontà, dove sopravvenute.

4) Convoca il curatore per il giuramento, prima di assumere l’incarico.
Letto ed applicato l’art. 741, comma II, c.p.c.
DISPONE che il decreto abbia efficacia esecutiva immediata
SI COMUNICHI

Varese, lì 12 marzo 2012

IL GIUDICE TUTELARE
GIUSEPPE BUFFONE
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