NIENTE PIU' IMPEGNATIVE

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leonardo virdò
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NIENTE PIU' IMPEGNATIVE

Messaggio da leonardo virdò »

Ragazzi, la sapete l'ultima???? Ve la racconto.
Sappiamo che le CMO pretendono la documentazione sanitaria rilasciata dalla struttura pubblica, per cui, di volta in volta quando ti ripresenti da loro, ti chiedono sempre gli stessi esami clinici da ripetere. Ebbene, personalmente da quando ho iniziato con la malattia (marzo 2010) ad oggi, tra infermia regionale e CMO ho fatto 4 visite cardiologiche con altrettanto elettrocardiogramma.
Il 25 di questo mese dovrò ripresentarmi alla CMO munito per l'essima volta della suddetta documentazione, per cui, giorni addietro mi sono recato dal medico curante per la prescrizione. Per farla breve,il mio medico curante, dopo avergli spiegato i motivi, che tra l'altro conosce bene, non mi voleva rilasciare la prescrizione, adducendo che tra una visita di controllo e l'altra devono trascorrere almeno sei mesi, e che questa sarebbe stata l'ultima prescrizione che mi rilasciava. COSA DEVO DIRE AI SIGG. DELLA CMO CHE NON FANNO ALTRO SE NON QUELLO DI ORDINARE ORDINARE ORDINARE E ORDINARE. MI CREDERANNO??????????????????
CHE NE DITE VOI??????


Johnny
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Re: NIENTE PIU' IMPEGNATIVE

Messaggio da Johnny »

Potranno crederti solamente se sbatti loro in faccia la direttiva sanitaria alla quale si atterrà sin dalla prossima volta il tuo medico di fiducia.
Ciao, Johnny
leonardo virdò
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Re: NIENTE PIU' IMPEGNATIVE

Messaggio da leonardo virdò »

Johnny ha scritto:Potranno crederti solamente se sbatti loro in faccia la direttiva sanitaria alla quale si atterrà sin dalla prossima volta il tuo medico di fiducia.
Ciao, Johnny
Caro Jonny, saprei io cosa sbattere in faccia a questi sigg.
iosonoquì
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Re: NIENTE PIU' IMPEGNATIVE

Messaggio da iosonoquì »

....se è vero che esiste una direttiva sanitaria del genere (cioè che tra un esame e l'altro debbono trascorerre sei mesi), fatti dare la direttiva, stampala reperendola in internet e portala a seguito di visita CMO: nessuno potrà dirti mai nulla, dovrebbero denunciare il tuo medico di base per omissione d'atti d'ufficio!

Fai così, senza ma o senza se....
leonardo virdò
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Re: NIENTE PIU' IMPEGNATIVE

Messaggio da leonardo virdò »

iosonoquì ha scritto:....se è vero che esiste una direttiva sanitaria del genere (cioè che tra un esame e l'altro debbono trascorerre sei mesi), fatti dare la direttiva, stampala reperendola in internet e portala a seguito di visita CMO: nessuno potrà dirti mai nulla, dovrebbero denunciare il tuo medico di base per omissione d'atti d'ufficio!

Fai così, senza ma o senza se....
Ciao Iosonoquì. Ho fatto diversi giri in internet ma non ho trovato una normativa specifica in merito alla questione.
Tuttavia, ho trovato un sito ove un dr. mette in chiaro alcuni comportamenti da adottare quando un paziente si reca nell' ambulatorio medico di famiglia, tali comportamenti fanno parte della carta dei servivi e accessibilità all'ambulatorio, richiamando i diritti dell'assistito e i doveri del medico di famiglia, come previsto dal codice deontologico che regola la professione medica.
In tale contesto, viene descritto che il medico di famiglia, "SODDISFA EVENTUALI RICHIESTE, OVE REPUTATE NECESSARIE DAL MEDICO STESSO, IN ORDINE AGLI ACCERTAMENTI DI LABORATORIO E STRUMENTALI (radiografie, elettrocardiogramma ecc. ecc.) NON E' TENUTO PERTANTO ALLA TRASCRIZIONE DI PRESCRIZIONI FARMACEUTICHE, RICHIESTE DI RICOVERO, DI INDAGINE DIAGNOSTICHE E DI VISITE SPECIALISTICHE RICHIESTE DA ALTRI MEDICI, ANCHE SE SPECIALISTI, SE NON CONDIVISE".
Ritornando al mio post, il mio medico non ritiene necessario ripetere ogni 2 mesi l'elettrocardiogramma. Che fai??
panorama
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Re: NIENTE PIU' IMPEGNATIVE

Messaggio da panorama »

Un po' di notizie sanitarie per tutti.

INVALIDITÀ CIVILE:
RICORSI E DOMANDE DI ACCERTAMENTO
La Legge 69/2009 precisa che non sarà più possibile presentare nuove domande di accertamento o di aggravamento di invalidità civile se sono stati attivati ricorsi non ancora conclusi. L’INPS ha emesso una propria Circolare in cui ribadisce le nuove disposizioni.

La Legge 18 giugno 2009, n. 69 (“Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”) contiene un brevissimo articolo – il 56 - che riguarda le domande volte a ottenere il riconoscimento del diritto a pensioni, assegni e indennità, comunque denominati, spettanti agli invalidi civili nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo.

L’articolo estende a queste domande le medesime regole che già valgono per gli assegni e le pensioni per la cosiddetta “invalidità pensionabile”.

La norma di riferimento (Legge 222/1984, art. 11), infatti, vieta la presentazione di nuove domande di accertamento dello stato invalidante – per le stesse prestazioni – “fino a quando non sia esaurito l’iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.”
La disposizione, già parzialmente ripresa negli anni ’80 dal Ministero dell’Interno con proprie circolari, ora si applica (dal 4 luglio 2009), per legge, anche ai procedimenti di accertamento dell’invalidità civile, cecità civile e sordomutismo (sordità prelinguale).




INVALIDITÀ DEGLI ATTI DISPOSITIVI DEL LAVORATORE
NELLE TRANSAZIONI
La consapevolezza dei diritti ai quali rinuncia. Non trattabili i diritti indisponibili, come la salute

Con sentenza del 18 aprile 2008, n. 10218, la sezione lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la transazione sindacale con cui un lavoratore rinuncia a far valere determinati diritti, a fronte di una indennità concordata con il datore di lavoro, non è idonea ad impedire la domanda di risarcimento del danno alla salute per una specifica malattia, in quanto la violazione degli obblighi di sicurezza da parte del datore ex articolo 2087 Cc (“Tutela della condizioni di lavoro”) non può essere sottointesa in nessun tipo di accordo ed in quanto non possono essere contrattati quelli che l’ordinamento considera diritti indisponibili come appunto quello della salute.
Quindi, se un lavoratore in sede di transazione sindacale rinuncia al successivo suo diritto al risarcimento “per qualsiasi titolo”, si presume che esso sia consapevole di quali diritti si tratti e che esista la volontà e l'intenzione di accordarsi sugli stessi.
La Cassazione ha così accolto il ricorso degli eredi di un lavoratore che, dopo quattro anni da una transazione firmata in sede sindacale per la chiusura del suo rapporto, aveva fatto causa all'azienda per il pagamento dei danni subiti in seguito ad una malattia (il morbo di Parkinson) che sosteneva di aver contratto sul posto di lavoro.
Mentre il Tribunale era stato dalla parte del dipendente, condannando il datore alla liquidazione del danno biologico, la Corte d’Appello aveva rilevato che il dipendente era consapevole della malattia e della sua possibile origine professionale e, quindi, la rinuncia del lavoratore anche a pretese risarcitorie connesse al rapporto di lavoro era stata oggetto della transazione.
La Cassazione, tuttavia, ha accolto il ricorso degli eredi sostenendo che la dichiarazione da parte del lavoratore “di rinuncia a maggiori somme riferita, in termini generici, a titolo di pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, può assumere valore di rinuncia o di transazione, che il lavoratore ha l'onere di impugnare nel termine di cui all'articolo 2113 Cc, alla condizione che risulti accertato sulla base dell'interpretazione del documento o per il concorso di altre circostanze desumibili aliunde che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati o obbiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi”.

Fatto e diritto
Un dipendente aveva chiamato in giudizio la società per il risarcimento del danno biologico per aver contratto la malattia di Parkinson a causa del lavoro svolto e la società era stata ritenuta responsabile dal giudice del lavoro ai sensi dell’art. 2087 cod. civ.
La Corte d’Appello, ritenendo precluse le domande dall’esistenza di un accordo conciliativo raggiunto dalle parti del rapporto di lavoro in sede sindacale nell’ambito del quale il dipendente avrebbe validamente rinunciato, tra l’altro, anche a pretese risarcitorie connesse all’intercorso rapporto di lavoro, ha ribaltato la decisione del giudice di primo grado.
Il ricorso è poi proseguito in appello nei confronti dei suoi eredi, a seguito del decesso del dipendente stesso. Ma la Corte d’appello ha altresì ritenuto tardiva la riproposizione in appello da parte degli eredi del lavoratore che avevano sostenuto l’incapacità di intendere e di volere del loro parente al momento della stipula dell’accordo transattivo citato e che dagli atti non risultavano elementi sufficienti sia per ritenere la sussistenza della dedotta incapacità temporanea, sia per attribuire alla società la consapevolezza di un tale stato e quindi la sua mala fede nel contrarre l’accordo transattivo.
Contro la sentenza della Corte d’appello, gli eredi hanno presentato ricorso in Cassazione.

Le ragioni degli eredi
Gli eredi hanno rilevato che il diritto al “risarcimento del danno biologico ex art. 32 Cost. e 2087 c.c. come tutela del diritto alla salute” sarebbe indisponibile e pertanto non transigibile. In secondo luogo, al momento della transazione, la possibilità di chiedere il risarcimento non poteva essere prevista, essendo ancora in corso l’accertamento della malattia professionale, per cui il diritto era in fieri e non ancora entrato nel patrimonio del de cuius. Inoltre la formula usata nella transazione sarebbe stata generica (“eventuale risarcimento danni per qualsiasi titolo”) e le somme aggiuntive sarebbero state erogate a titolo di incentivazioni all’esodo. Per cui, come affermato dalla sentenza di primo grado, si tratterebbe di mera formula di stile che non esprimerebbe una reale volontà di rinunciare al relativo diritto.
Inoltre e comunque, il dipendente sarebbe stato in una situazione di assoluta incapacità di intendere e di volere alla data di stipula della c.d. transazione, come risulterebbe dalle cartelle cliniche, ignorate dalla Corte d’appello.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Cassazione, la transazione sindacale con cui un lavoratore rinuncia a far valere determinati diritti, a fronte di una indennità concordata con il datore di lavoro, non è idonea ad impedire la domanda di risarcimento del danno alla salute per una specifica malattia, in quanto la violazione degli obblighi di sicurezza da parte del datore ex articolo 2087 Cc (“Tutela della condizioni di lavoro”) non può essere sottointesa in nessun tipo di accordo.
La Cassazione ha così accolto il ricorso degli eredi, ribadendo che la dichiarazione da parte del lavoratore “di rinuncia a maggiori somme riferita, in termini generici, a titolo di pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto, non può riguardare i diritti indisponibili, come quello della salute”.
Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 10218 del 18 aprile 2008




A PROPOSITO DEL LA CONSEGNA DEI MEDICINALI SENZA RICETTA

Con Decreto Ministeriale 31.3.2008, in vigore dall’11 maggio 2008, sono state individuate le condizioni che consentono al farmacista, in caso di estrema necessità, di consegnare anche senza la prevista ricetta un medicinale soggetto a prescrizione medica ripetibile o non ripetibile. Le condizioni includono:

-patologia cronica;

- necessità di non interrompere il trattamento terapeutico;

- presecuzione della terapia dopo dimissione ospedaliera.

Anche in questi casi tuttavia è previsto che “debbano risultare elementi che ne confermino la sussistenza”. Per le patologie croniche (ad esempio, diabete, ipertensione, broncopneumopatia

cronica), il farmacista può consegnare il medicinale a patto che siano disponibili elementi che confermino che il paziente è in trattamento con il farmaco. La consegna dei medicinali iniettabili è ammessa solo per l’insulina.
Fra gli elementi ammessi:

- presenza in farmacia di ricette mediche riferite allo stesso paziente, nelle quali è prescritto il farmaco richiesto;

- documento rilasciato dall’autorità sanitaria o dal medico curante, che attesti la patologia cronica ed il relativo trattamento;

- ricetta con validità scaduta da non più di 30 giorni;

- conoscenza diretta del farmacista dello stato di salute del paziente e del trattamento in corso.

Qualora si presenti la necessità di non interrompere un trattamento, come nel caso di ulteriore assunzione di un antibiotico (e nel caso di antibiotici monodose è ammessa anche la consegna di formulazioni iniettabili), il farmacista può consegnare il medicinale dietro esibizione da parte del cliente di una confezione non più utilizzabile o terminata; il cliente deve comunque assumersi per iscritto la responsabilità circa la veridicità del trattamento. Infine, per la prosecuzione di terapia dopo dimissione ospedaliera, è possibile la consegna del farmaco da parte del farmacista dietro presentazione di documentazione di dimissione ospedaliera emessa il giorno dell’acquisto o nei due giorni immediatamente precedenti.

In questo caso è ammessa anche la consegna di medicinali iniettabili.



Finanziaria 2008 e persone con disabilità

Il Senato della Repubblica ha approvato, in via definitiva, la manovra finanziaria per il 2008. Forniamo alcune iniziali indicazioni, anticipando alcuni elementi della nostra successiva analisi che comprende anche la presentazione delle disposizioni contenute nel Collegato fiscale alla Finanziaria, e al cosiddetto protocollo del Welfare, disposizioni approvate negli stessi giorni della Finanziaria. Nel testo approvato della Finanziaria le novità per le persone con disabilità sono estremamente limitate e di scarsa portata innovativa.

Fondo per le non autosufficienze

La Legge Finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) aveva istituito il Fondo per le non autosufficienze, per supportare a livello locale l'assistenza a persone con grave dipendenza assistenziale. La Legge Finanziaria per il 2008 ha incrementato di 100 milioni di euro la dotazione per quest'anno che quindi sale a 300 milioni. Per il 2009 il Fondo sarà di 400 milioni di euro. La cifra viene considerata da molti analisti largamente insufficiente a coprire le necessità assistenziali delle persone con grave disabilità.

Fondo per la mobilità dei disabili

È stato istituito presso il Ministero dei Trasporti un nuovo "Fondo per la mobilità dei disabili" che, lungi da quanto farebbe supporre il nome, è destinato a finanziare "interventi specifici destinati alla realizzazione di un parco ferroviario per il trasporto in Italia e all'estero dei disabili assistiti dalle associazioni di volontariato operanti sul territorio italiano". Come è facile intuire, non si tratta di interventi per la piena accessibilità al trasporto pubblico in condizioni di pari opportunità, ma piuttosto di interventi per carrozze ferroviarie (alcune già esistenti) usate prevalentemente per i pellegrinaggi gestiti da alcune associazioni.
Il Fondo è finanziato con 5 milioni di euro nel 2008, e altri 3 per ciascuno degli anni 2009 e 2010, ma vi possono confluire donazioni e sponsorizzazioni di privati o aziende.

5 per mille

È stato confermato lo strumento del 5 per mille Irpef pur limitando la spesa massima a 380 milioni di euro. Come si ricorderà ogni contribuente può destinare il 5 per mille delle imposte dovute allo Stato ad Associazioni ONLUS e di volontariato.
Sordi e cellulari

La Finanziaria estende l'esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa sui cellulari anche ai sordi. In precedenza spettava solo agli invalidi ad "entrambi gli arti inferiori" e ai non vedenti.

Congedi e adozioni

La Legge Finanziaria interviene sul Testo unico sulla maternità e paternità (D. Lgs. 151/2001) rivedendo in modo più favorevole le disposizioni a favore dei genitori adottivi e affidatari. Con le nuove regole il congedo di maternità (5 mesi) può essere fruito dal momento dell'ingresso del minore nel nucleo; nel caso di adozioni internazioni viene ammessa la concessione anche prima dell'ingresso in famiglia nel periodo di permanenza all'estero dei genitori adottivi o affidatari per lo svolgimento delle pratiche burocratiche o di incontro con il minore. Del congedo di maternità può fruire in alternativa anche il padre.
Il congedo parentale, invece, potrà essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l'età del minore entro 8 anni dall'ingresso nel nucleo, entro la maggiore età.




ACCESSO IN ZTL DI TUTTA ITALIA PER LE AUTO DEI DISABILI

Le auto degli invalidi possono entrare nelle Ztl di tutta Italia. Lo dice la Cassazione che, con una sentenza, ha stabilito la circolazione nelle zone a traffico limitato e in quelle pedonali dei comuni italiani a chi ha “capacità di deambulazione sensibilmente ridotta”, anche se il permesso di circolazione nelle Ztl è stato rilasciato solo dal Comune di residenza. La Cassazione ha accolto il ricorso di un invalido che aveva il permesso rilasciato a Milano ed era stato multato dai vigili di Roma per essere entrato nella Ztl. Da La Repubblica del 18.01.08



PROGRAMMA DI ASSISTENZA E PERMESSI LAVORATIVI:
PRECISAZIONI INPS

La recente Circolare INPS 90 del 23 maggio 2007 rivede profondamente le precedenti indicazioni relative alla continuità dell'assistenza. L'INPS precisa che non è necessario che l'assistenza sia quotidiana, ma deve comunque assumere i caratteri di sistematicità ed adeguatezza.
In tal senso i permessi lavorativi possono essere concessi anche ai lavoratori che - pur risiedendo o lavorando in luoghi anche distanti da quello in cui risiede di fatto la persona con disabilità in situazione di gravità (come, per esempio, nel caso del personale di volo delle linee aeree, del personale viaggiante delle ferrovie o dei marittimi) - offrano allo stesso un'assistenza sistematica ed adeguata.
In questi casi l'INPS introduce un nuovo documento da presentare agli uffici periferici: il Programma di assistenza. Il successivo Messaggio INPS 15021 del 7 giugno ha precisato che cosa di intenda per Programma di assistenza.

Chi deve presentarlo
Sono tenuti a presentare il Programma di assistenza i lavoratori che risiedono o lavorano in luoghi distanti da quello in cui risiede di fatto la persona con disabilità in situazione di gravità, ma che, comunque, prestano al portatore di handicap un'assistenza sistematica ed adeguata.
La "lontananza" secondo l'INPS è tale quando il tempo normalmente necessario per coprire tale distanza (fra l'abitazione o il luogo di lavoro del lavoratore e l'abitazione del disabile) superi i sessanta minuti. Gli altri lavoratori che abbiano diritto ai permessi lavorativi ma che non rientrino in questi casi non sono tenuti a presentare il Programma di assistenza.

Cosa contiene il Programma
Nel Programma di assistenza devono essere esplicitate le motivazioni della richiesta quali: visite mediche programmate in Italia e all'Estero, sostituzione programmata di personale badante, sostituzione di altro familiare nell'assistenza, ecc. Da sottolineare l'enfasi che l'INPS attribuisce alla programmazione delle visite o dell'assistenza sostitutiva: lascia intendere che le eventuali emergenze non sono ammesse quale motivo di richiesta di permesso retribuito.
Oltre a questo, nel Programma di assistenza (annuale) viene infatti richiesto un piano mensile di utilizzo dei permessi.
Il Programma va siglato con firma congiunta del lavoratore e del disabile assistito (o del tutore o dell'amministratore di sostegno). Sulla congruità del Programma di assistenza si pronuncia il responsabile del Centro medico legale della sede INPS competente.

Quando va presentato
Il Programma di assistenza va presentato congiuntamente alla domanda di rinnovo annuale o al momento della prima presentazione della domanda della fruizione dei permessi lavorativi.
Nel caso in cui nel corso dell'anno intervengano variazioni significative (annullamento del programma, ricovero a tempo pieno della persona disabile, slittamento di date, ecc.), il fruitore dei permessi deve informare tempestivamente sia il datore di lavoro sia la Sede INPS competente, mediante riproposta preventiva del programma.
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FRAZIONABILITA' IN ORE DEI PERMESSI


Da parte di molti familiari viene espressa l'esigenza di poter frazionare in ore i tre giorni di permesso. La normativa istitutiva dei permessi lavorativi (articolo 33 Legge 104/1992) né le successive modificazioni precisano se i permessi mensili siano frazionabili o meno. Su questo argomento sono intervenuti, con proprie circolari, gli enti previdenziali. Prendendo a riferimento le disposizioni dell'INPS e dell'INPDAP, che assicurano la stragrande maggioranza dei dipendenti privati e pubblici, le indicazioni erano finora diverse.

L'INPDAP ammette il frazionamento dei tre giorni di permesso lavorativo in ore per un massimo di 18 ore mensili. Il riferimento è la Circolare INPDAP 10 luglio 2000, n. 34 che su questo aspetto precisa: "5.1. Benefici previsti (articolo 33, 3° comma, L. 104/92; articolo 19, L. 53/2000) - Il dipendente ha diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera non continuativa, in luogo dei permessi, il dipendente può chiedere il frazionamento orario degli stessi nel limite massimo di diciotto ore mensili".
L'INPS, finora, consentiva di frazionare i tre giorni di permesso al massimo in mezze giornate. Il riferimento era la Circolare INPS 31 ottobre 1996, n. 211

Tuttavia, ed è questa la novità, sulla scorta di un parere del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, anche l'INPS applica ora la soluzione già adottata dall'INPDAP. Con Messaggio 15995 del 18 giugno 2007, ha precisato che d'ora in poi i beneficiari dei tre giorni di permesso, possono frazionare le assenze fino ad un massimo di 18 ore. Le 18 ore le raggiunge il lavoratore che svolge attività a tempo pieno, mentre per chi svolge un tempo parziale (verticale o orizzontale) questo numero viene proporzionato alle ore effettivamente lavorate.

È opportuno precisare che il limite delle 18 ore non è applicabile per quei lavoratori che abbiano diritto alle due ore di permesso giornaliero e cioè ai lavoratori disabili o ai genitori di persone di età inferiore ai tre anni (in alternativa al prolungamento dell'astensione facoltativa.

PRECISAZIONI DELL'INPS SUI PERMESSI ORARI FRAZIONATI

Dopo il recentissimo Messaggio 15995 del 18 giugno 2007, l'INPS torna sulla questione della frazionabilità oraria dei permessi mensili previsti dall'articolo 33 della Legge 104/1992. Le precisazioni espresse nel più recente Messaggio 16866 del 28 giugno 2007 sono assai rilevanti poiché definiscono il numero massimo di ore di permesso lavorativo nel caso questo venga frazionato.

Nel precedente Messaggio l'INPS aveva ammesso la frazionabilità in ore (prima la ammetteva solo in mezze giornate), ponendo il limite massimo a 18 ore mensili.
L'INPS ribadisce ora che il limite massimo previsto opera esclusivamente quando i tre giorni di permesso vengono frazionati, anche parzialmente, in ore. Inoltre precisa che il limite di 18 ore è riferito ai casi in cui l'orario di lavoro sia di 36 ore suddiviso in sei giorni lavorativi.

Per tutti gli altri casi il monte ore massimo va ricalcolato con una formula diversa a seconda che l'orario di lavoro sia fissato su base settimanale (la maggioranza dei casi) o su base plurisettimanale e cioè che vari ciclicamente da una settimana all'altra. L'INPS fissa dunque due formule diverse.

Primo caso e cioè orario di lavoro fissato su base settimanale, la formula è la seguente:


(orario normale di lavoro settimanale/numero dei giorni lavorativi settimanali) x 3
= ore mensili fruibili.

Secondo caso e cioè orario di lavoro fissato su base plurisettimanale, la formula è la seguente:

(orario normale di lavoro medio settimanale /numero medio dei giorni lavorativi settimanali) x 3
= ore mensili fruibili.

È sufficiente inserire i dati relativi all'orario settimanale e il numero dei giorni lavorativi, desumibili dal proprio contratto, per ottenere in automatico il numero di ore di permesso concedibili con la formula della frazionabilità.
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TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

I lavoratori che hanno già manifestato al datore di lavoro la propria volontà di conferire il trattamento di fine rapporto (TFR) ad una forma pensionistica complementare devono confermarla mediante la compilazione del modulo TFR1 o TFR2 entro 30 giorni dal 1 febbraio 2007.
Lo stabilisce il decreto 30 gennaio 2007 "Attuazione dell'articolo 1, comma 765, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Procedure di espressione della volontà del lavoratore circa la destinazione del TFR maturando e disciplina della forma pensionistica complementare residuale presso l'INPS (FONDINPS)" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1 febbraio 2007.
I moduli da utilizzare per esercitare la scelta sono appunto allegati a tale provvedimento.
Il modulo TFR1 deve essere compilato dai lavoratori dipendenti del settore privato che hanno un rapporto di lavoro in essere al 31 dicembre 2006; il modulo TFR2 deve essere utilizzato da quelli il cui rapporto di lavoro ha invece inizio dopo il 31 dicembre 2006.
Consulta il dossier su Governo.it




RIFORMA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Il 24 novembre 2005 il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, il decreto legislativo che riordina la disciplina delle forme di previdenza complementare e dà attuazione alla delega contenuta nell'art. 1 della legge n. 243 del 2004 al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale.
Il testo reca disposizioni tese ad incrementare l'entità di flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari, a garantire l'omogeneità del sistema di vigilanza sul settore, a ridefinirne la disciplina fiscale, a monitorare la gestione delle risorse finanziarie derivanti dalle contribuzioni degli iscritti.
Le nuove norme diventeranno operative contestualmente all'entrata in vigore della riforma della previdenza obbligatoria, cioè dal 1° gennaio 2008.
La riforma - che riguarda circa 12 milioni di lavoratori dipendenti privati (le norme escludono al momento il versamento ai fondi integrativi della liquidazione di quelli pubblici) - ha come elemento centrale per il decollo della previdenza complementare il criterio del ''silenzio assenso''.
Dal 1° gennaio 2008 partiranno i sei mesi in cui il lavoratore potrà decidere se lasciare il Tfr in azienda o a quale fondo destinarlo. Se, al termine di questo periodo, il lavoratore non si sarà espresso, il suo Tfr ''maturando'' sarà versato dal datore di lavoro nel fondo previsto dal contratto.
(Notizie dal Governo, 29 novembre 2005)




I VOSTRI DIRITTI NELLE FASI DELL’ASSISTENZA

Colloqui in privato
La consegna di analisi, cartelle cliniche, certificati, ricette e la prescrizione di farmaci deve avvenire in modo tale che le informazioni del paziente non vengano a conoscenza di estranei.
Distanze di cortesia
Agli sportelli per le prenotazioni o al momento della comunicazione sullo stato di salute al paziente, devono essere rispettate opportune distanze tra l’interessato e altre persone eventualmente presenti.
Meglio non fare nomi
I pazienti in attesa di prestazioni o di referti non devono essere chiamati per nome (si può usare, per esempio, in codice numerico). No alle liste di pazienti affisse nei locali di attesa, anche se non è indicata la patologia.
Notizie dal pronto soccorso
Si può dare notizia della presenza di una persona al pronto soccorso (anche per telefono) o in reparto, ma solo ai familiari o conviventi. Se l’interessato è cosciente, deve indicare chi può essere informato.
Volontari con il segreto
Chi ha accesso alle strutture sanitarie, per esempio, come volontario, deve rispettare gli stessi vincoli di riservatezza, possibilità e modalità di approccio ai degenti che riguardano il personale sanitario.
Ritiri con delega
Referti diagnostici, risultati di analisi e certificati possono essere ritirati da persone diverse dal diretto interessato, purché munite di delega scritta e purché il documento sia consegnato in busta chiusa.
Comunicazioni per pochi
Si possono dare informazioni sulle condizioni del paziente ad altre persone, con il suo consenso (per impossibilità fisica o incapacità, può acconsentire un familiare o persona in stretta relazione con l’interessato).
No a sguardi indiscreti
Nei reparti di rianimazione durante l’orario di visita devono essere adottati accorgimenti (per esempio, paraventi) per limitare la visibilità dell’interessato ai solo suoi familiari e conoscenti.
Corriere della Sera- 4 dicembre 2005



BENEFICI ED AGEVOLAZIONE CHE SI PUÒ CHIEDERE IN RELAZIONE A DIVERSI GRADI DI INVALIDITÀ

- Dal 34% di invalidità si ha diritto alla Concessione di protesi ed ausili da parte della ASL da richiedersi presso l’Ufficio “Protesi ed ausili” della competente ASL di residenza;

- dal 46% di invalidità si ha diritto all’iscrizione alle liste di collocamento per le categorie protette, presso il Centro per l’Impiego competente per territorio;

- dal 67% al 100% invalidi civili, ciechi totali e ciechi con residuo visivo non superiore ad 1/10 ad entrambi gli occhi e sordomuti hanno diritto a Abbonamenti annuali di vario tipo, con tariffe agevolate, per l’utilizzo del trasporto pubblico. Informarsi presso gli Uffici competenti dell’Azienda di trasporto locale;

- dal 67% di invalidità (compresi i minori titolari di indennità di frequenza) si ha diritto alla esenzione dal pagamento dei ticket sanitari, da richiedersi presso l’”Ufficio di scelta del medico di base” presso l’ASL di competenza;

- dal 74% di invaliditàsi ha diritto alla riduzione del canone mensile di abbonamento al servizio telefonico (mediante domanda da inoltrare a Telecom spa- Via della Centralinista, 3 - Roma);

- dal 75% di invalidità, a decorrere dal 2002 (L. 388 del 23.12.2000) riconoscimento per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private ovvero cooperative, del beneficio di due mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva.

In base alle regolamentazioni interne di ogni Ente, ovviamente modificabili, di anno in anno, si può avere diritto a punteggi preferenziali, a riduzione economiche particolari, ad agevolazioni di vario tipo da verificare preso il singolo Ente per le seguenti prestazioni:

- A) partecipazioni a bandi pubblici per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, emessi dal Comune di residenza- Ufficio Casa;

- B) agevolazioni economiche per l’uso di trasporto pubblico locale;

- C) possibili agevolazioni per il trasporto ferroviario: rilascio della carta blu (riduzioni tariffarie anche per l’accompagnatore, per il sordomuto e il cieco e possibilità di accompagnamento);

- D) punteggi aggiuntivi per la domanda di accesso agli asili nido e scuole materne se nel nucleo del richiedente siano presenti invalidi civili con invalidità dal 46% o superiori ai 2/3;

- E) possibilità di ingresso gratuito a musei della città (anche per accompagnatori) in base alle regolamentazioni di ogni singola struttura.




COME POSSIAMO ECONOMIZZARE L’ENERGIA SENZA CAMBIARE IL NOSTRO MODO DI VITA?

- Mantenere nella casa una temperatura non superiore ai 19 gradi durante la giornata e 15 gradi durante la notte.
- Spegnere la luce quando si lascia una stanza
- Spegnere in modo definitivo (senza lasciare i led accesi) tutte le apparecchiature elettriche come televisori e stereo (un anno di “veglia” costa 100 euro)
- Per consumare meno acqua privilegiare la doccia al bagno
- Privilegiare l’utilizzo del forno a microonde per scongelare e riscaldare i prodotti, anche se la potenza richiesta da tali tipi di forni è notevole, la velocità con la quale si scaldano gli alimenti è altissima
- Non riscaldare le stanze non occupate
- Installare le lampade fluorescenti a basso consumo di energia
- Caricare interamente la lavastoviglie e selezionare il ciclo economico
- Scegliere una lavatrice che consuma meno acqua e meno energia




“PREGO SI SPOGLI”
QUATTRO I DIRITTI DEL PAZIENTE MESSO A NUDO

1. Il malato ha diritto ad essere informato e a dare il consenso sulla presenza d’estranei (universitari, medici, altro personale sanitario che non sia l’infermiere) durante la visita medica. Tale procedura non è solamente per la privacy dei dati sanitari, ma per evitare imbarazzo al paziente che non intende spogliarsi, mettendosi a nudo, davanti ad estranei.

2. Il paziente ha diritto di conoscere preventivamente ogni controllo o ispezione il medico intende effettuare sul suo corpo e le modalità di utilizzo degli strumenti clinici- Ha diritto di chiedere spiegazioni e di rifiutare determinate procedure mediche qualora le ritenesse superflue, inopportune o addirittura lesive della sua dignità personale.

3. Purtroppo sono sempre più frequenti i professionisti che, per ragioni di tempo, si occupano di due pazienti contemporaneamente: di uno steso sul lettino e di un altro al telefono. Il paziente abbandonato svestito deve considerare un suo diritto far notare al medico il comportamento scorretto.

4. Il paziente che si ritiene leso nei propri diritti può: fare esposto all’Ordine dei medici al quale il medico è iscritto, per l’aspetto disciplinare; procedere per vie legali; affidarsi alle Associazioni per la tutela dei diritti del malato.
Corriere della Sera, 30 ottobre 2005




IL MEDICO DI TURNO 'RITARDATARIO' RISCHIA IL CARCERE

Rischia il carcere il medico di turno che ritarda la visita.
Il ritardo, infatti, equivale ''di fatto ad un rifiuto''.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha reso definitiva la condanna a sei mesi di reclusione (pena condizionalmente sospesa) e alla interdizione temporanea dai pubblici uffici nei confronti di un medico di turno presso la guardia medica di un ospedale che, pur avendo ricevuto nella notte una richiesta di intervento a domicilio da un ottantenne che lamentava ''fortissimi dolori addominali e non riusciva ad urinare'', aveva assicurato ''a parole'' il suo intervento che si era fatto attendere tanto che l'anziano era stato accompagnato da un vicino di casa al pronto soccorso.
Per la Suprema Corte, il medico di turno, ''in quanto dotato, nell'espletamento dell'attività di diagnosi e di prescrizioni di prestazioni farmaceutiche e terapeutiche, di poteri certificativi ed autoritativi, riveste lo 'status' di pubblico ufficiale che ha il dovere di non rifiutare indebitamente un atto del proprio ufficio che, per ragioni di sanità deve essere compiuto senza ritardo''.
(Data: 09/10/2005 - Autore: Adnkronos)




TRASPORTI UN INVALIDO? TOLLERANZA ZERO SE L'AUTO INTRALCIA

La Corte di Cassazione promette tolleranza zero nei confronti di chi, pure in possesso del permesso di parcheggio per portatori di handicap, crea disagi o intralci alla circolazione. Lo fa con due sentenze con le quali ha ripristinato la sanzione amministrativa a due cittadini, accompagnatori di invalidi, che avevano parcheggiato rispettivamente l'uno in doppia fila, l'altro in maniera tale da non consentire il passaggio pedonale.
Per la Suprema Corte non va riconosciuta esimente alcuna a chi provoca intralcio alla circolazione nemmeno se trasporta un invalido.
“La violazione del divieto di sosta in doppia fila presenterebbe in sé la caratteristica di intralcio e di pericolo per la circolazione con la conseguenza che esso dovrebbe essere rispettato anche da coloro che utilizzano gli autoveicoli per il trasporto degli invalidi''. Stessa inflessibilità anche per chi, pure trasportando portatori di handicap, ostacola la circolazione pedonale dal momento che ''è prescritto che sia lasciato uno spazio di almeno un metro per il passaggio pedonale anche ai veicoli in possesso del contrassegno relativo al permesso di parcheggio per invalidi''. (Data: 22/09/2005 - Autore: Adnkronos




PERDERE LA PAZIENZA PER LE CODE IN OSPEDALE PUO' ESSERE REATO

Perdere la pazienza davanti alle interminabili code in ospedale può essere reato.
Per essersi rivolto ad un medico dicendogli ''ti faccio una faccia da schiaffi, ti aspetto fuori'', un 35enne è stato definitivamente condannato dalla Corte di Cassazione a due mesi di reclusione per il reato di minaccia a pubblico ufficiale ''per essersi rivolto al medico di turno dell'ospedale pronunciando al suo indirizzo le frasi: 'ti faccio una faccia da schiaffi, ti aspetto fuori'.
Invano il paziente, condannato dalla Corte d'appello di Roma nell'aprile del 2003, ha presentato ricorso in Cassazione per alleggerire la sua posizione, facendo notare che aveva dato in escandescenza perchè ''il suo dolore era tale che non aveva le cognizioni per valutare l'urgenza per curare la sua patologia rispetto a quelle di altri pazienti''. (Data: 11/08/2005 - Autore: Adnkronos




TOLLERANZA ZERO CON CHI RAGGIRA GLI ANZIANI

Tolleranza zero nei confronti di chi raggira gli anziani.
A chiedere pene severe per quanti approfittano della ''ingenuità'' e della ''buona fede'' delle persone anziane promettendo, dietro pagamento di denaro, cose che non potranno mantenere, è la Corte di Cassazione che ha reso definitiva la condanna ad un anno di reclusione e a 600,00 euro di multa ciascuno inflitta ad una coppia napoletana, rea di avere ricevuto da una persona anziana 1.250,00 euro come prezzo della loro mediazione presso il ministero delle Poste nella prospettiva di fare assumere in servizio il figlio.
L'anziana, alla ricerca disperata di un lavoro per il figlio disoccupato, aveva accettato di pagare la somma pensando si trattasse di un prestito.
Per la Suprema Corte di Cassazione, per fare scattare la condanna per 'millantato credito' è sufficiente che la prospettazione del millantatore sia tale da fare sorgere nel soggetto passivo la ragionevole convinzione di poter utilizzare un'influenza diretta o indiretta sul soggetto qualificato e non occorre che costui sia designato nominativamente o ne sia indicata la specifica funzione, nè che costui esista effettivamente'' . Il raggiro è avvenuto nell'agosto del 1998 quando la coppia si era presentata alla porta dell'anziana prospettandole di potere intervenire presso l'amministrazione centrale delle Poste per l'assunzione del figlio disoccupato e riuscendo ad ottenere, per la mediazione promessa, la somma di 1.250,00 euro. (Data: 08/10/2005 - Autore: Adnkronos)




E' "ON LINE" L'ELENCO DEI FARMACI RIMBORSABILI

L'agenzia del farmaco ha reso noto l'elenco, aggiornato al 26 luglio 2005, dei medicinali autorizzati e in commercio alla data del 28 giugno 2005 rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, ovvero appartenenti alla classe A. I medicinali che erano rimborsabili precedentemente e che ora non figurano nel nuovo elenco, possono essere comunque dispensati al pubblico fino alla data di scadenza indicata in Etichetta, purchè già prodotti alla data di pubblicazione della Determinazione, emanata dall'Agenzia del farmaco il 25 luglio 2005. Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2005, contiene anche (allegato 3) l'elenco aggiornato dei medicinali rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, utilizzati in ambito ospedaliero o in strutture ad esso assimilabile ed appartenenti alla classe H.
Consulta l'elenco(Notizie dal Governo, 2 agosto 2005)




UN AIUTO POCO UTILIZZATO: L'AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO

E’ una figura ancora poco conosciuta dai cittadini, ma anche da molti giudici che dovrebbero estendere l’utilizzo.
Secondo un sondaggio, realizzato dall'Istituto di ricerca "Barometro" per conto dell'Agenzia per le Onlus, soltanto il 12 per cento degli italiani ha sentito parlare dell' "amministratore di sostegno" e sa in che cosa consiste questa nuova figura giuridica, introdotta un anno e mezzo fa dalla legge n. 6 del 2004.
Eppure si tratta di «uno strumento che tutela chiunque si trovi in difficoltà e non possa esercitare, temporaneamente o in modo permanente, i propri diritti in autonomia» afferma Giuliano Vassalli, presidente emerito della Corte Costituzionale.
L'amministratore di sostegno, infatti, può tutelare gli interessi personali e patrimoniale di ogni persona non del tutto autosufficiente: disabili, anziani, persone colpite da ictus, malati terminali, o chi ha avuto un incidente. Può, per esempio, occuparsi di un affetto o dell’investimento di una somma di denaro, ma anche manifestare il consenso alle cure per un soggetto gravemente traumatizzato o con deficit intellettivo.
Nomina e poteri
Ma come si attiva questa figura?
«A richiederla può essere lo stesso interessato, ma anche i familiari, gli assistenti sociali, il Pubblico Ministero - spiega l'avvocato Annalisa Baroni, primo amministratore di sostegno in Italia -. Il giudice tutelare, avvertito che una persona è in difficoltà, s'informa tramite gli assistenti sociali, se occorre va a parlare con l’interessato e con chi gli sta vicino. Infine, emette in tempi rapidi un decreto in cui nomina l'amministratore di sostegno - tra familiari, amici o anche persone di un'associazione -, specificando le operazioni che può effettuare sempre in nome e per conto dell'interessato».
«Diversamente da quanto accade con l'interdizione, in questo caso l'incapacità del soggetto in difficoltà è limitata agli atti specificamente menzionati - sottolinea Baroni -.
Per il resto, la persona conserva i suoi diritti».
Corriere Salute- luglio 2005




QUANDO TUTTA L’EQUIPE CHIRURGICA E’ RESPONSABILE

La responsabilità per danno causato al paziente è di tutti i componenti dell’équipe medica, compresi gli infermieri, quando sia stata accertata la loro responsabilità penale per avere violato le regole poste alla base della prestazione resa in gruppo.
Il principio è stato affermato dalla sezione quata della Corte di Cassazione con la sentenza del 26 gennaio scorso.
La vicenda riguardava una paziente che, a causa della dimenticanza di una pinza nell’addome, aveva riportato laparocele con indebolimento della funzione contenitiva.
La Cassazione ha ritenuto responsabili sia i chirurghi, sia la ferrista.
A quest’ultima ha addebitato la mancata conta dei ferri ad intervento ultimato e ai chirurghi l’omessa vigilanza sull’attività della ferrista stessa.
I chirurghi nel discolparsi, secondo la Cassazione, non potevano invocare di avere fatto affidamento sulla corretta ottemperanza della ferrista al suo compito, in quanto erano anch’essi in colpa per essere venuti meno al dovere di controllo (derivante loro dalla posizione di garanti della salute dell’assistito), nonché dall’obbligo della conta dei ferri, nonostante la presenza della ferrista.
Corriere Salute- giugno 2005




PERCHE’ IL SIERO ANTIVIPERA NON E’ PIU’ IN FARMACIA

Gli appassionati delle escursioni in montagna conoscono bene il siero antivipera, da utilizzare tempestivamente in caso di morso.
Adesso, però, se si va in farmacia a chiedere il siero non lo ritrova più disponibile.
Perché?
Il siero antivipera è oggi in dotazione soltanto a Ospedali e pronto soccorso, perché, per le sue caratteristiche di composizione, è un farmaco che può dare shock anafilattico ed è quindi pericolosa l’autosomministrazione.
Si raccomanda, invece, oggi più che mai particolare cura alla prevenzione: calzettoni spessi, scarpe alte, attenzione ai bambini, non infilare le mani tra i rovi e le pietraie.
Se malauguratamente si dovesse essere morsi bisogna raggiungere al più presto il più vicino presidio ospedaliero, che valuterà se somministrare il siero o come intervenire.
Assolutamente inutile tagliare la ferita e succhiare il sangue; al più può essere utile un bendaggio elastico (non un laccio emostatico) al di sopra della ferita.
Per le emergenze, contattare i Centri Antiveleni, come quello di Milano, attivo 24 ore su 24, al numero telefonico 02/66101029.
Corriere Salute- giugno 2005




TEMPI E MODI PER RITIRARE LA CARTELLA CLINICA

Se una persona viene ricoverata in ospedale, indipendentemente dal motivo e dalla durata del ricovero, la struttura sanitaria che la accoglie (pubblica o privata che sia) è tenuta ad aprire una cartella clinica del paziente.
Nella cartella clinica vengono raccolti, oltre ai dati anagrafici, tutte le informazioni relative al motivo del ricovero, all’amnesi, all’esame obiettivo dello stato di salute, nonché gli esami diagnostici, le terapie, le prescrizioni e gli interventi effettuati durante il ricovero.
La struttura sanitaria è tenuta ad aggiornare la cartella in caso di successivi ricoveri della stessa persona e a conservarla per 20 anni.
Il paziente, da parte sua, ha il diritto di richiederne copia integrale- senza essere tenuto a giustificare il motivo della richiesta- in qualunque momento e, a seconda degli ospedali, la richiesta può essere fatta dal paziente o dal suo medico curante.
Richiedere la propria cartella clinica è una operazione che ha un costo, anche questo differente da situazione a situazione (che talvolta può limitarsi al costo di fotocopiatura di tutto il materiale cartaceo che lo compone) e richiede tempi diversi da struttura a struttura.
Corriere Salute- maggio 2005



QUANDO MANCA IL PEDIATRA DI BASE

La Società italiana di pediatria da anni lamenta una carenza di pediatri che, in prospettiva, sarà sempre maggiore.
Ogni anno, per 600 pediatri che lasciano l’attività (prevalentemente per anzianità) vengono assegnati dal Ministero non più di 200 dei posti nelle scuole di specializzazione.
La conseguenza è che sono sempre di più le realtà territoriali in cui manca il pediatra.
Ma quando si verifica una situazione del genere che cosa devono fare i genitori?
L’unica alternativa è iscrivere il bambino presso un medico di base dell’adulto, che lo inserirà in una lista speciale, e attendere che il posto vacante del pediatra sia coperto.
Attesa che può essere breve o anche molto lunga, perché non è detto che ci sia necessariamente un pediatra disponibile a coprire il posto lasciato vuoto (il che accade frequentemente in zone territorialmente disagiate).
Del resto, non c’è, da parte delle Istituzioni competenti, la possibilità di obbligare un pediatra convenzionato a esercitare in un determinato luogo.
Quindi, non rimane che… attendere e sperare.
Corriere Salute- maggio 2005




PER DANNO BIOLOGICO RISARCIMENTI INDIVIDUALI AI FAMILIARI

Qualora una persona subisca gravi menomazioni o muoia in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale, il risarcimento dovuto per danno biologico, patrimoniale e morale ai familiari va calcolato individualmente e non complessivamente.
Questo perché la conseguenza del danno è individuale, al pari del dolore per le conseguenze dell’evento. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (terza sezione civile, sentenza n. 2653 del 9 febbraio 2005) in relazione a un evento che ha coinvolto, nei danni, anche la famiglia dell’infortunato.
La sentenza della Corte stravolge quella dei giudici della Corte di Appello che avevano riconosciuto al marito e ai due figli di una donna deceduta in seguito ad un incidentate stradale un risarcimento cumulativo di 100 milioni di lire.
La Suprema Corte ha annullato la sentenza di appello, affermando che, poiché nel caso in questione tutti e tre i familiari avevano agito “iure proprio” e cioè come soggetti direttamente danneggiati, a ciascuno di essi andava liquidato l’importo relativo al risarcimento del danno biologico nonché i danni patrimoniali e morali.
Corriere Salute- aprile 2005



SE VAI ALL’ESTERO CON LA RICETTA IN VALIGIA

In Italia i farmaci si dividono sostanzialmente in: prodotti “da banco” che possono essere acquistati liberamente in farmacia, perché si considera accettabile l’autoprescrizione, e farmaci che possono essere acquistati solo con ricetta medica che ne indichi il dosaggio.
Ma la stessa ricetta è valida solo in Italia o anche fuori dal nostro Paese. E viceversa, la ricetta “straniera” vale in Italia?
I linea di principio in Italia i farmacisti riconoscono solo le ricette di medici (naturalmente anche stranieri) iscritti all’Ordine professionale italiano- ma come segnalano all’ordine nazionale dei farmacisti- se la ricetta è di un medico della Comunità europea, redatta nel Paese nel quale esercita e conforme alle specifiche richieste, in Italia può essere accettata.
Per gli altri Paesi (sia della Comunità Europea che extracomunitari) non c’è una regola generale: dipende dalla legislazione di ciascuna Nazione.
Indipendentemente dal poterlo acquistare, non è detto però che lo stesso farmaco, con la medesima denominazione e il medesimo dosaggio, sia disponibile dovunque. Perciò, se si segue una cura e si va all’estero, è opportuno avere con sé le scorte necessarie.
Corriere Salute- aprile 2005




INDIRIZZI DELLE STRUTTURE DI RICOVERO E ASL

Il Sistema Informativo Sanitario del Ministero della Salute fornisce, alla pagina http://www.ministerosalute.it" onclick="window.open(this.href);return false;, gli elenchi ed i recapiti aggiornati al 1 gennaio 2005 relativi a:
- Indirizzi Strutture di ricovero
- Indirizzi Aziende Sanitarie Locali
- Corrispondenze ASL-Comuni.




C’E’ LA PRIVACY ANCHE DAL MEDICO DI BASE

Dal 30 maggio 2004 è entrata in vigore la nuova legge per la tutela della privacy nell’ambito dei rapporti medico-paziente. Secondo questa legge il medico deve chiedere autorizzazione all’assistito per poter trattare i dati personali che lo riguardano.
Quindi, il paziente deve essere informato sulle finalità e sulle modalità del trattamento dei dati (connessi all’attività di prevenzione, diagnosi e cura); sui soggetti e sulle categorie alle quali questi dati possono essere comunicati (medici sostituti, specialisti, farmacisti, ospedali, ecc.); sul diritto del paziente all’accesso ai propri dati, con la facoltà di chiederne aggiornamento, rettifica, cancellazione, nonché di opporsi all’invio di comunicazioni commerciali; sulla necessità di fornire al medico i dati per ottenere l’erogazione di prestazioni sanitarie adeguate.
Questo consenso informato può essere richiesto a voce, nel qual caso il medico dovrà annotare sul libretto sanitario del paziente l’avvenuta comunicazione (ai sensi del DL 196/93), o per iscritto, facendo firmare al paziente un modulo contenente le informazioni sopra riportate, nonché le generalità del paziente e il nome del medico.
Corriere Salute - Febbraio 2005



IL MEDICO D’AZIENDA NON PUO’ ESSERE ISPETTIVO

Il controllo sui lavoratori per malattia può essere fatto soltanto dai medici dei Servizi ispettivi degli Istituti previdenziali o del Servizio Sanitario pubblico. Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza del 21 gennaio 2005 (n. 1728 terza sezione penale). La Corte ha ritenuto legittima la condanna (mille euro di ammenda) inflitta ad un imprenditore per avere sottoposto un dipendente a visita fiscale delegando a tal fine il medico dell’azienda. L’azienda, secondo la Corte, viola l’articolo 5 dello Statuto dei lavoratori in base al quale, nell’ipotesi di malattia o infortunio, il controllo del lavoratore deve avvenire soltanto attraverso i medici del servizio ispettivo o del servizio pubblico in quanto soltanto costoro possono garantire la dignità del lavoratore. E ciò perché, in base alla norma dell’articolo 16 dello Statuto dei lavoratori, il compito del medico aziendale è esclusivamente quello di collaborare con l’imprenditore per verificare la regolarità delle prestazioni lavorative sotto l’aspetto salutistico e della sicurezza, svolgendo un’indagine preventiva di eventuali controindicazioni al lavoro e accertamenti periodici dello stato di salute dei dipendenti.
Corriere Salute - Febbraio 2005




DA UN MEDICO DI FAMIGLIA ALL’ALTRO, SENZA “CARTELLA”

Ogni cittadino può, se vuole, cambiare il medico di famiglia. In genere, avviene se ci si trasferisce in una altra città o in un altro quartiere; in ogni caso si ha diritto di cambiare medico anche per motivi non legati ad una variazione di residenza o di domicilio. Ma quando ciò accade è necessario fornire al nuovo medico la propria cartella clinica compilata dal vecchio dottore? La risposta è no. Anche perché, in base alla convenzione (in fase di rinnovo) tra medici di famiglia e Servizio Sanitario Nazionale, il medico non è tenuto ad avere una “cartella clinica” dei pazienti (come quella che deve obbligatoriamente essere redatta e conservata in ospedale quando avviene un ricovero), ma soltanto una scheda sanitaria (che comunque può essere accurata e dettagliatissima). Se il paziente la richiede per portarla dal nuovo medico, il vecchio dottore può dargliela, se vuole, ma non è tenuto a farlo. Il nuovo medico, quindi, non può chiedere al paziente la documentazione del collega che l’ha preceduto, ma dovrà effettuare ex-novo una anamnesi completa, sulla base di quanto il paziente riferirà, dei suoi esami, o di sue cartelle cliniche ospedaliere.
Corriere Salute - Febbraio 2005




IL BOLLO FISCALE SULLA RICETTA

Quando si va dal medico e si chiede la ricevuta della parcella (che, per legge, dovrebbe essere data), rimane il dubbio se sia necessario o meno che su tale ricevuta ci sia la marca da bollo.
E chi la debba pagare: il medico o il paziente?
Tutto dipende dall’importo della parcella.
In base a quanto prescrive la legge sull’imposta di bollo, se l’importo è inferiore a 77,47 euro (pari alle vecchie 150.000 lire), c’è l’esenzione dal bollo. Questo diventa, invece, obbligatorio quando la parcella supera tale cifra.
Il bollo da applicare è pari a 1,29 Euro (pari alle vecchie 2.500 lire) e il medico è tenuto ad aggiungere tale cifra al suo onorario, evidenziandola separatamente.
L’importo del bollo rimane comunque sempre un onere a carico del paziente, che è – detto in gergo – il consumatore finale della prestazione.
In sostanza, la marca da bollo va applicata, con le limitazioni dette, quando la prestazione è esente dall’applicazione dell’IVA nella quale casistica rientrano le prestazioni mediche) e, come nel caso dell’IVA, questa grava interamente sull’utente.
Corriere Salute - Dicembre 2004




SE LO STUDIO DEL MEDICO NON E’ AGIBILE PER I DISABILI

Se un medico di famiglia ha, tra i propri pazienti, un portatore di handicap costretto sulla sedia a rotelle, non è obbligato ad adeguare l’accesso al proprio studio, eliminando le barriere architettoniche, in base alle esigenze del paziente in questione.
Questo perché lo studio medico non è considerato un “ambulatorio” aperto al pubblico, struttura che, invece, deve garantire il soddisfacimento di una serie di norme, tra le quali la possibilità di accesso anche per un portatore di handicap in carrozzina.
Anche uno studio medico, sia privato sia di un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, ha dei requisiti di tipo igienico e sanitario da rispettare, ma non quello dell’abbattimento delle barriere architettoniche.
La convenzione dei medici di famiglia prevede, comunque, che il medico debba recarsi al domicilio del paziente quando esistano gravi disagi alla trasferibilità di quest’ultimo. L’impossibilità, da parte del paziente, di raggiungere lo studio del proprio medico, anche per motivi legati all’insormontabilità delle barriere architettoniche esistenti, può rientrare in questa casistica.
Corriere Salute - Dicembre 2004




LA RESPONSABILITA’ DELLA CLINICA PRIVATA

La clinica privata risponde nei confronti dei danni cagionati dal medico anche se collaboratore occasionale. Lo ha stabilito la Cassazione (Sez. Civile 3, sent. 13055 del 10/09/2004). Ecco i fatti. Una donna su consiglio del ginecologo di fiducia, sceglie di partorire in una clinica privata, presso la quale lo stesso medico è collaboratore saltuario. Il parto viene mal condotto e il bambini nasce in condizioni di slaute precarie. Al neonato, trasferito al policlinico, viene diagnosticata una asfissia preinatale e il piccolo muore poco dopo. Il tribunale condanna la clinica al pagamento dei danni ai genitori, con un risarcimento di circa tre miliardi di lire. La Corte di Appello conferma la sentenza riducendo l’importo.. La Cassazione, infine, nel ritenere corretta la sentenza, ha puntualizzato che il rapporto tra clinica privata e paziente (contratto atipico) fa sorgere a carico della clinica obblighi alberghieri, di messa a disposizione di personale medico e ausiliario, dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie. Quindi essa risponde direttamente dei danni causati ai ricoverati dal personale in essa operante, compreso quello occasionale e precario.
Corriere Salute-Novembre 2004




SE IL LAVORATORE MALATO NON SI FA TROVARE IN CASA

Capita sovente che il lavoratore in malattia, non trovato in casa nelle fasce orarie di reperibilità, adduca, a sua scusante, di essersi recato dal medico.
Basta ciò a far ritenere non censurabile il suo comportamento?
La Corte di Cassazione (sezione lavoro, sentenza numero 4247 del 2 marzo 2004) ha, al riguardo, precisato che il lavoratore, al fine di addurre un’adeguata giustificazione per la sua assenza da casa. deve dimostrare sia l’assoluta necessità di tale visita medica, sia anche l’assoluta impossibilità di rispettare le fasce orarie di reperibilità.
In altri termini, il lavoratore deve provare anche che la causa del suo allontanamento dal domicilio durante le fasce orarie, pur senza dimostrare una causa di forza maggiore, costituisce, al fine della tutela della salute, un “necessario” mezzo o situazione per curare la sua malattia.
Egli, inoltre, deve dimostrare che l’assenza dalla sua abitazione nelle fasce di reperibilità è stata determinata da situazioni tali da comportare adempimenti non effettuabili in ore diverse da quelle di reperibilità.
Corriere Salute-Novembre 2004



“SCADENZE” PIU’ LUNGHE PER LE RICETTE

Quando il nostro medico ci compila una ricetta (per un farmaco, una visita specialistica, per analisi del sangue), per quanto tempo è valida la prescrizione? Ovvero, dopo quanto la ricetta non può essere più utilizzata e occorre farsene rilasciare una nuova?
Fino a qualche tempo fa la validità era di 10 giorni per le ricette di prescrizione di un farmaco e sei mesi per l’effettuazione di una visita specialistica o di esami diagnostici.
Di recente le regole sono cambiate: la ricetta per la prescrizione di un farmaco (quando non è ripetibile, cioè non è una ricetta che si può utilizzare più volte) ha validità 30 giorni a partire dal giorno successivo al rilascio; non ha scadenza, invece, la prescrizione di visita specialistica o esame diagnostico.
Per quanto concerne la ripetibilità della ricetta, questa è ammessa, salvo diversa indicazione del medico prescrivente, per un periodo non superiore a tre mesi dalla data di compilazione e comunque per non più di cinque volte.
Che si tratti di ricetta ripetibile o no, infine, è possibile la fornitura frazionata da parte della farmacia in caso di indisponibilità dell’intero quantitativo di farmaci prescritto.
Corriere Salute-Novembre 2004
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