Re: Misto o Retributivo?
Inviato: mar set 25, 2018 10:13 am
Ricorso Accolto - interessante sentenza.
1) - N.B.: in questa sentenza viene anche scritto:
Questo Giudice non ignora la diversa opzione ermeneutica fatta propria, in fattispecie analoghe alla presente, da alcune pronunce di Sezioni di questa Corte, sfavorevoli all’accoglimento delle tesi dei ricorrenti (Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, n. 54/2018; id. n. 69/2018).
2) - il signor M. B., alla data del 31 dicembre 1992, possedeva un’anzianità di servizio utile di anni 14, mesi 11 e giorni 18 – ivi compresa la maggiorazione figurativa di 1/5 per anni 1, mesi 11 e giorni 9 – ed alla data del 31 dicembre 1995 detta anzianità di servizio utile ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 24 e l’altra per mesi 2 e giorni 12.
3) - Secondo la prospettazione del ricorrente l’anzianità maturata alla data del 31 dicembre 1995 avrebbe dovuto essere arrotondata ad anni 18 e, conseguentemente, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essere calcolato con il sistema retributivo. L’applicazione al trattamento pensionistico del ricorrente del sistema misto anziché di quello retributivo dovrebbe ritenersi illegittima ed errata, in primo luogo per violazione dell’art. 1, comma 13 della l. n. 335/1995.
4) - Nel calcolo della pensione di anzianità sarebbe stato applicato il sistema misto anziché quello retributivo, in quanto alla data del 31 dicembre 1995 il ricorrente avrebbe maturato un’anzianità di soli anni 17, mesi 11 e giorni 24 di servizio, anziché di anni 18; il ricorrente lamenta che la frazione di giorni 24, superiore alla metà del mese solare, avrebbe dovuto essere arrotondata al mese intero.
5) - la difesa Blengino ha richiamato integralmente il contenuto del ricorso introduttivo, precisando che, avendo il medesimo maturato al 31.12.1995 un’anzianità di 18 anni, la sua pensione dovrà essere liquidata fino al 31.12.2011 con il sistema retributivo e dal 1.1.2012 con il sistema contributivo.
6) - In conclusione, la Sezione ritiene che, anche ai fini che interessano, l’anzianità contributiva del ricorrente, alla data del 31 dicembre 1995, debba essere determinata, per arrotondamento, in anni diciotto, considerato, come si è già detto, che il complessivo servizio utile maturato dal ricorrente al 31 dicembre 1995 ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 24.
7) - Per l’effetto, va dichiarata la fondatezza del gravame e va disposta la riliquidazione della pensione in base al sistema retributivo, con riferimento all’anzianità contributiva maturata antecedentemente al 31 dicembre 2011.
Cmq. leggete il tutto qui sotto anche per compredenre il fatto dell'arrotondamento e frazione di mese.
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Sezione PIEMONTE Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 89 Pubblicazione 03/08/2018
Sent. n. 89/18
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE PIEMONTE
in composizione monocratica, nella persona del magistrato dott.ssa Ilaria Annamaria Chesta, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.20417 del registro di Segreteria, proposto M. B. (Omissis), nato il Omissis ad Omissis (Omissis), residente in Omissis, Omissis (Omissis), rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv. Carlo Galvagno (GLVCRL67M12L219L) e dall’avv. Paolo Casetta (CSTPLA70H23L219H), ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Morgari, 31, in forza di procura ad litem a margine del ricorso;
contro
INPS - Gestione Dipendenti Pubblici (c.f. 80078750587), con sede in Roma, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avv. ti Giorgio Ruta (RTUGRC55C09 H501X) e Patrizia Sanguineti (SNG PRZ69A66D969D), giusta procura generale alle liti rilasciata per atto a ministero del notaio Paolo Castellini rep. 80974/21569 del 21 luglio 2015 e con loro elettivamente domiciliato in Torino, via dell’Arcivescovado n. 9;
visti gli atti e i documenti di causa;
uditi all’udienza del 23 maggio 2018 l’avv. Paolo Casetta, in rappresentanza e difesa del ricorrente e l’avv. Valentina Adorno per l’INPS.
Rilevato in
FATTO
Con ricorso depositato presso la Sezione in data 22 dicembre 2017 il ricorrente chiede che venga accertato e dichiarato il proprio preteso diritto alla riliquidazione della pensione in base al sistema retributivo, con riferimento all’anzianità di servizio di anni diciotto alla data del 31 dicembre 1995 e, per l’effetto, la condanna dell’INPS alla rideterminazione/liquidazione del trattamento pensionistico spettante, con conseguente pagamento delle differenze maturate e maturande oltre accessori.
Il signor M. B., già Ispettore Capo della Polizia di Stato, è titolare del trattamento pensionistico iscrizione n. 17196919, liquidato con il sistema misto, a decorrere dal 1 febbraio 2017.
In data 22 febbraio 2016 il ricorrente presentava istanza con la quale chiedeva la cessazione anticipata dal servizio, in applicazione degli artt. 124 e 125 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e dell’art. 59 della l. 27 dicembre 1997, n. 449.
Secondo quanto rappresentato nel ricorso il M. B. ha infatti raggiunto, nel mese di ottobre 2015, il requisito contributivo, adeguato agli incrementi della spettanza di vita, a decorrere dal 1° gennaio 2013, di anni 40 e mesi 3, indipendentemente dall’età anagrafica.
Con provvedimento n. 59341 del 9 novembre 2016 il Prefetto della Provincia di Cuneo decretava la cessazione dal servizio del ricorrente, con effetto dal 1° febbraio 2017 e il suo collocamento a riposo.
Con riguardo alla situazione previdenziale il signor M. B., alla data del 31 dicembre 1992, possedeva un’anzianità di servizio utile di anni 14, mesi 11 e giorni 18 – ivi compresa la maggiorazione figurativa di 1/5 per anni 1, mesi 11 e giorni 9 – ed alla data del 31 dicembre 1995 detta anzianità di servizio utile ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 24 e l’altra per mesi 2 e giorni 12.
Con provvedimento INPS.2700.06/12/2016.0169076, in data 6 dicembre 2016, l’INPS di Cuneo trasmetteva l’atto n° CN012016860611 con il quale era stata conferita al ricorrente la pensione ordinaria diretta di anzianità, liquidata con il sistema misto, a decorrere dal 1 febbraio 2017.
Secondo la prospettazione del ricorrente l’anzianità maturata alla data del 31 dicembre 1995 avrebbe dovuto essere arrotondata ad anni 18 e, conseguentemente, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essere calcolato con il sistema retributivo. L’applicazione al trattamento pensionistico del ricorrente del sistema misto anziché di quello retributivo dovrebbe ritenersi illegittima ed errata, in primo luogo per violazione dell’art. 1, comma 13 della l. n. 335/1995.
Nel calcolo della pensione di anzianità sarebbe stato applicato il sistema misto anziché quello retributivo, in quanto alla data del 31 dicembre 1995 il ricorrente avrebbe maturato un’anzianità di soli anni 17, mesi 11 e giorni 24 di servizio, anziché di anni 18; il ricorrente lamenta che la frazione di giorni 24, superiore alla metà del mese solare, avrebbe dovuto essere arrotondata al mese intero.
Il ricorrente richiama giurisprudenza contabile in linea con la prospettazione attorea, secondo la quale “il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a quindici giorni e computando per un mese quella superiore”.
Con memoria depositata in data 5 aprile 2018 si è costituito in giudizio l’INPS, chiedendo il rigetto del ricorso.
Secondo la tesi difensiva dell’Istituto previdenziale l’orientamento favorevole ad una persistente applicazione del c.d. arrotondamento, di cui all’art. 3 della l. n. 274/1991, è stato condiviso in sporadici precedenti giurisprudenziali sulla base della considerazione che, non avendo il legislatore mai esteso ai dipendenti pubblici il sistema di calcolo dell’anzianità contributiva vigente per i lavoratori del settore privato, ed in difetto di norma direttamente disciplinante la fattispecie, sarebbe giustificato il ricorso all’analogia, facendo applicazione di una norma dettata per un regime previdenziale (quello degli iscritti alle ex Casse pensioni) diverso da quello dei dipendenti dello Stato, ma comunque a quest’ultimo più assimilabile rispetto a quello vigente per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria.
La difesa dell’Istituto previdenziale esclude che tale orientamento possa condividersi, in ragione dei principi in materia di interpretazione delle leggi e richiamando l’art. 12 delle preleggi.
Non sussisterebbero i presupposti per l’applicazione analogica posto che, nel caso di specie, non vi sarebbe il presupposto della lacuna normativa a monte. La disciplina applicabile al caso di specie sarebbe infatti contenuta nell’art. 1, comma 12 e 13 della l. n. 335/1995 secondo cui per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 del medesimo articolo e che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva inferiore ai diciotto anni, la pensione è determinata dalla somma della quota a) calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data e dalla quota b) di pensione, corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive, calcolato secondo il sistema contributivo. Solo per i lavoratori già iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6, che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, il successivo comma 13 prevede che la pensione sia interamente liquidata secondo la normativa vigente, in base al sistema retributivo.
Secondo la prospettazione difensiva, a fronte del chiaro e compiuto disposto normativo che prevede, per l’applicazione del sistema retributivo puro, un’anzianità contributiva di “almeno 18 anni”, si intenderebbe con tale espressione un periodo contributivo certo e determinato.
Alcuno spazio interpretativo si aprirebbe per consentire l’applicazione di una norma che, in altro ambito (ai fini della determinazione della quota del trattamento di quiescenza di cui al primo comma, lettera a), dell’articolo 3 della legge 26 luglio 1965, n. 965), permetterebbe di calcolare il complessivo servizio utile arrotondando a mese intero la frazione del mese superiore a quindici giorni. In assenza dunque di lacuna normativa, non vi sarebbe luogo per l’applicazione, in via analogica, della disposizione più volte richiamata.
Né potrebbe giungersi al risultato prospettato dal ricorrente mediante l’applicazione analogica dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Sarebbe altresì da escludere un’applicazione estensiva dell’art. 3 della legge n. 274/1991 che consentisse di estendere la portata a disciplinare anche fattispecie per le quali sia ravvisabile una eadem ratio. Tale operazione sarebbe preclusa dall’art. 14 delle preleggi, che vieta di applicare oltre i casi e i tempi in esse considerati le leggi che fanno eccezione a regole generali.
All’udienza in data 18 aprile 2018 l’avv. Paolo Casetta, per il ricorrente, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
L’avv. Patrizia Sanguineti, in rappresentanza dell’INPS, ha richiamato la memoria di costituzione e le conclusioni e ha insistito per il rigetto. Ha inoltre specificato che, in caso di accoglimento del ricorso, troverebbe applicazione l’art. 24 secondo comma del d.l. 6 dicembre 20111, n. 201 (Legge Fornero) e, per l’effetto, quantomeno per il periodo successivo all’entrata in vigore di tale disposizione, la riliquidazione non potrebbe avvenire integralmente con il metodo retributivo.
L’avv. Casetta ha replicato eccependo la tardività dell’eccezione sollevata in udienza dall’INPS, evidenziando che le questioni riguardanti l’ambito di applicabilità della legge Fornero non sarebbero state evidenziate in atti. Ha quindi insistito per l’accoglimento delle rassegnate conclusioni e, in subordine, per la concessione di un termine al fine di replicare specificamente sul punto.
All’esito dell’udienza, con ordinanza n. 17/2018, è stato assegnato alle parti un termine di dieci giorni per il deposito di note difensive in ordine alla questione sollevata in udienza dalla difesa dell’INPS, riguardante i profili di applicabilità alla fattispecie dell’art. 24, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. E’ stato in tale contesto osservato che la detta questione non incorre nelle decadenze di cui all’art. 156, c. 2, del codice della Giustizia contabile, riguardanti le sole eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.
Con memoria depositata in data 3 maggio 2018 la difesa Blengino ha richiamato integralmente il contenuto del ricorso introduttivo, precisando che, avendo il medesimo maturato al 31.12.1995 un’anzianità di 18 anni, la sua pensione dovrà essere liquidata fino al 31.12.2011 con il sistema retributivo e dal 1.1.2012 con il sistema contributivo.
L’INPS ha depositato note autorizzate in data 4 maggio 2018 evidenziando che la c.d. Riforma Fornero ha definitivamente abolito il sistema di calcolo retributivo puro della pensione; per l’effetto, a partire dal 1 gennaio 2012 l’importo delle pensioni andrà comunque determinato utilizzando il criterio contributivo. Ciò per l’intero nei confronti dei lavoratori che abbiano iniziato a lavorare dopo il 31.12.1995 ovvero per una parte nei confronti dei lavoratori che, avendo iniziato l’attività lavorativa e dunque il rapporto assicurativo prima di quella data, potranno, al momento del pensionamento, avere diritto a vedere computato solo il periodo più risalente, secondo le ben più favorevoli regole del sistema di calcolo retributivo. Ha quindi insistito per il rigetto del ricorso.
All’udienza in data 23 maggio 2018 l’Avv. Paolo Casetta ha richiamato gli atti e insistito per l’accoglimento del ricorso; l’Avv. Valentina Adorno, in rappresentanza dell’INPS, ha richiamato la memoria e le conclusioni.
Rilevato in
DIRITTO
La questione oggetto del presente giudizio è costituita dall’invocato riconoscimento del diritto del ricorrente al ricalcolo del proprio trattamento pensionistico con il cosiddetto sistema "retributivo" fino al 31 dicembre 2011 anziché fino al 31 dicembre 1995, in forza dell’art. 1, comma 13 della legge n. 335/1995, secondo il quale “per i lavoratori già iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, la pensione è interamente liquidata secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo”.
Secondo la tesi attorea l’INPS avrebbe errato nel calcolare la pensione in quanto, pur avendo il M. B. maturato un’anzianità di servizio di 17 anni 11 mesi e 24 giorni al 31.12.1995, non sarebbe stato operato l’arrotondamento al mese intero della frazione superiore alla metà del mese solare; per l’effetto, nel calcolo del trattamento di quiescenza sarebbe stato applicato il sistema misto anziché quello retributivo.
Il ricorrente invoca, sulla base di un ampio orientamento della giurisprudenza contabile – che richiama -, l’applicazione analogica dell’art. 3 della legge n. 274/1991, riguardante le pensioni degli iscritti alle Casse pensioni degli istituti di previdenza, secondo il quale “il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a quindici giorni e computando per un mese quella superiore”.
Va preliminarmente osservato che il possesso del requisito contributivo richiesto dalla citata disposizione della legge n. 335/1995 deve essere verificato alla luce della normativa vigente, non alla data ivi indicata del 31 dicembre 1995, bensì nel momento in cui lavoratore è collocato a riposo, salvo diversa ed espressa previsione di legge, insussistente nella fattispecie. In tale contesto non può quindi trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 40 del d.p.r. n. 1092/1973, in quanto implicitamente abrogata, a decorrere dal 1° gennaio 1998, dall’art. 59, comma 1, lett. b) della l. n. 449/1997, secondo il quale “per la determinazione dell’anzianità contributiva ai fini sia del diritto che della misura della prestazione, le frazioni di anno non danno luogo ad arrotondamenti per eccesso o per difetto”.
Va considerata la portata applicativa di tale ultima disposizione per la determinazione dell’anzianità contributiva maturata dal ricorrente al 31 dicembre 1995, tenuto conto che l’esito di tale calcolo è rilevante “ai fini della misura della prestazione”.
Come emerge dall’interpretazione letterale della norma, quest’ultima mira a superare il regime precedente, che ammetteva l’arrotondamento dell’anzianità contributiva, basato sulle frazioni di anno.
In alcun modo la norma preclude, invece, l’arrotondamento in relazione alle frazioni di mese. Come chiarito dalla giurisprudenza contabile (cfr. Corte dei conti, Sez. Giur. Sardegna, n. 93/2014; id. n. 87/2017; Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, n. 16/2018), in proposito l’INPDAP, con circolare n. 14 del 16 marzo 1998, aveva a suo tempo chiarito che “dal tenore letterale della norma in esame si evince che per “frazioni di anno” debbano intendersi esclusivamente i mesi. Pertanto, per trattamenti pensionistici decorrenti dal 2 gennaio 1998, siano essi di vecchiaia, anzianità o inabilità, si applicano le disposizioni in materia di arrotondamenti così come previsti dall’art. 3 della legge 274/91”.
La richiamata disposizione dell’art. 3 della legge n. 274/1991, concernente le pensioni degli iscritti alle (allora esistenti) Casse pensioni degli istituti di previdenza, stabilisce che “il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a quindici giorni e computando un mese quella superiore”.
Un rilevante orientamento della giurisprudenza contabile – che questo Giudice condivide - reputa ammissibile l’applicazione analogica della predetta disposizione anche ai trattamenti pensionistici diversi da quelli cui era originariamente indirizzata la norma, sulla considerazione, “per un verso, che il legislatore non ha mai esteso ai dipendenti pubblici il sistema di calcolo dell’anzianità contributiva vigente per i lavoratori del settore privato, in cui il periodo di base ai detti fini è costituito dalla settimana coperta da contribuzione obbligatoria e, per altro verso, che, in difetto di norma direttamente disciplinante la fattispecie, è giustificato il ricorso all’analogia facendo applicazione di una norma dettata per un regime previdenziale (quello degli iscritti alle ex casse pensioni) diverso da quello dei dipendenti dello Stato, ma comunque a quest’ultimo assimilabile rispetto a quello vigente per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria” (Corte dei conti, Sez. Giur. Sardegna, n. 93/2014; id. n. 87/2017; Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, n. 16/2018; Corte dei conti, Sez. Giur. Liguria, n.118/2016).
Questo Giudice non ignora la diversa opzione ermeneutica fatta propria, in fattispecie analoghe alla presente, da alcune pronunce di Sezioni di questa Corte, sfavorevoli all’accoglimento delle tesi dei ricorrenti (Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, n. 54/2018; id. n. 69/2018).
Questo orientamento si fonda sulla ritenuta inapplicabilità del principio del c.d. “arrotondamento” al mese, non reputandosi ricorrere i presupposti per darsi luogo ad un’interpretazione analogica dell’art. 3 della l. n. 274/1991.
La tesi non coglie nel segno. Nella fattispecie, come evidenziato in precedenza, la disciplina che regola i limiti dell’operazione di “arrotondamento” è contenuta nell’ art. 59, comma primo, lett. b) della l. n. 449/1997, che preclude la sola considerazione delle “frazioni di anno”, dovendo intendersi, a tal fine, esclusivamente i mesi.
Secondo il principio per cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit l’unico divieto presente nell’ordinamento riguarda il detto arrotondamento all’anno e non quello riguardante la frazione di mese, che non incontra, come detto, alcuna preclusione.
L’applicazione in via estensiva dell’art. 3 della l. n. 274/1991 va ritenuto quindi meramente finalizzato all’individuazione dei criteri di computo delle frazioni di mese, ai fini dell’operazione di arrotondamento appunto “al mese”, da intendersi ammessa in quanto non ricompresa nel divieto di cui all’art. 59, comma primo, lett. b) della l. n. 449/1997.
Né l’estensione della detta disciplina a fattispecie per le quali si ravvisa eadem ratio può ritenersi incontrare i limiti di cui all’art. 14 delle preleggi con riguardo alle leggi che fatto eccezione a regole generali, tenuto conto che la possibilità di arrotondamento per frazioni di mese non costituisce deroga alla disciplina in materia di computo dell’anzianità contributiva ma indica lo specifico criterio di determinazione e computo del detto requisito.
In conclusione, la Sezione ritiene che, anche ai fini che interessano, l’anzianità contributiva del ricorrente, alla data del 31 dicembre 1995, debba essere determinata, per arrotondamento, in anni diciotto, considerato, come si è già detto, che il complessivo servizio utile maturato dal ricorrente al 31 dicembre 1995 ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 24.
Per l’effetto, va dichiarata la fondatezza del gravame e va disposta la riliquidazione della pensione in base al sistema retributivo, con riferimento all’anzianità contributiva maturata antecedentemente al 31 dicembre 2011.
Come pacificamente riconosciuto anche dal ricorrente, nell’ambito della memoria depositata in data 3 maggio 2018, trova infatti applicazione alla fattispecie la disposizione di cui all’art. 24 del d.l. n. 201/2011, per cui “A decorrere dal 1° gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo”; essendo, da tale data, venuto meno il sistema di calcolo retributivo puro, la pensione del ricorrente potrà essere liquidata con il sistema retributivo esclusivamente fino al 31.12.2011.
Sulle maggiori somme dovute per effetto della presente sentenza spettano al pensionato gli accessori di legge, da calcolare secondo quanto disposto con la sentenza n. 10/2002/QM delle SS.RR. di questa Corte e con decorrenza dal giorno di maturazione del diritto.
Considerata la peculiarità della questione trattata le spese di giudizio si intendono compensate.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso del signor M. B., con riconoscimento del diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico in base al sistema retributivo, in relazione all’anzianità contributiva maturata antecedentemente al 1 gennaio 2012.
Sulle maggiori somme dovute spettano al ricorrente gli accessori di legge, rappresentati dagli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria, limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per interessi, secondo quanto disposto dalle SS.RR. di questa Corte con la sentenza n. 10/2002/QM.
Sussistono le condizioni per la compensazione delle spese di lite.
Così deciso in Torino il 23 maggio 2018.
Il Giudice
F.to Dott.ssa Ilaria Annamaria Chesta
Depositata in Segreteria il 3 agosto 2018
Per il Direttore della Segreteria
F.to Coll. Amm. Renzo Piasco
1) - N.B.: in questa sentenza viene anche scritto:
Questo Giudice non ignora la diversa opzione ermeneutica fatta propria, in fattispecie analoghe alla presente, da alcune pronunce di Sezioni di questa Corte, sfavorevoli all’accoglimento delle tesi dei ricorrenti (Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, n. 54/2018; id. n. 69/2018).
2) - il signor M. B., alla data del 31 dicembre 1992, possedeva un’anzianità di servizio utile di anni 14, mesi 11 e giorni 18 – ivi compresa la maggiorazione figurativa di 1/5 per anni 1, mesi 11 e giorni 9 – ed alla data del 31 dicembre 1995 detta anzianità di servizio utile ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 24 e l’altra per mesi 2 e giorni 12.
3) - Secondo la prospettazione del ricorrente l’anzianità maturata alla data del 31 dicembre 1995 avrebbe dovuto essere arrotondata ad anni 18 e, conseguentemente, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essere calcolato con il sistema retributivo. L’applicazione al trattamento pensionistico del ricorrente del sistema misto anziché di quello retributivo dovrebbe ritenersi illegittima ed errata, in primo luogo per violazione dell’art. 1, comma 13 della l. n. 335/1995.
4) - Nel calcolo della pensione di anzianità sarebbe stato applicato il sistema misto anziché quello retributivo, in quanto alla data del 31 dicembre 1995 il ricorrente avrebbe maturato un’anzianità di soli anni 17, mesi 11 e giorni 24 di servizio, anziché di anni 18; il ricorrente lamenta che la frazione di giorni 24, superiore alla metà del mese solare, avrebbe dovuto essere arrotondata al mese intero.
5) - la difesa Blengino ha richiamato integralmente il contenuto del ricorso introduttivo, precisando che, avendo il medesimo maturato al 31.12.1995 un’anzianità di 18 anni, la sua pensione dovrà essere liquidata fino al 31.12.2011 con il sistema retributivo e dal 1.1.2012 con il sistema contributivo.
6) - In conclusione, la Sezione ritiene che, anche ai fini che interessano, l’anzianità contributiva del ricorrente, alla data del 31 dicembre 1995, debba essere determinata, per arrotondamento, in anni diciotto, considerato, come si è già detto, che il complessivo servizio utile maturato dal ricorrente al 31 dicembre 1995 ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 24.
7) - Per l’effetto, va dichiarata la fondatezza del gravame e va disposta la riliquidazione della pensione in base al sistema retributivo, con riferimento all’anzianità contributiva maturata antecedentemente al 31 dicembre 2011.
Cmq. leggete il tutto qui sotto anche per compredenre il fatto dell'arrotondamento e frazione di mese.
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Sezione PIEMONTE Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 89 Pubblicazione 03/08/2018
Sent. n. 89/18
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE PIEMONTE
in composizione monocratica, nella persona del magistrato dott.ssa Ilaria Annamaria Chesta, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.20417 del registro di Segreteria, proposto M. B. (Omissis), nato il Omissis ad Omissis (Omissis), residente in Omissis, Omissis (Omissis), rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv. Carlo Galvagno (GLVCRL67M12L219L) e dall’avv. Paolo Casetta (CSTPLA70H23L219H), ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Morgari, 31, in forza di procura ad litem a margine del ricorso;
contro
INPS - Gestione Dipendenti Pubblici (c.f. 80078750587), con sede in Roma, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avv. ti Giorgio Ruta (RTUGRC55C09 H501X) e Patrizia Sanguineti (SNG PRZ69A66D969D), giusta procura generale alle liti rilasciata per atto a ministero del notaio Paolo Castellini rep. 80974/21569 del 21 luglio 2015 e con loro elettivamente domiciliato in Torino, via dell’Arcivescovado n. 9;
visti gli atti e i documenti di causa;
uditi all’udienza del 23 maggio 2018 l’avv. Paolo Casetta, in rappresentanza e difesa del ricorrente e l’avv. Valentina Adorno per l’INPS.
Rilevato in
FATTO
Con ricorso depositato presso la Sezione in data 22 dicembre 2017 il ricorrente chiede che venga accertato e dichiarato il proprio preteso diritto alla riliquidazione della pensione in base al sistema retributivo, con riferimento all’anzianità di servizio di anni diciotto alla data del 31 dicembre 1995 e, per l’effetto, la condanna dell’INPS alla rideterminazione/liquidazione del trattamento pensionistico spettante, con conseguente pagamento delle differenze maturate e maturande oltre accessori.
Il signor M. B., già Ispettore Capo della Polizia di Stato, è titolare del trattamento pensionistico iscrizione n. 17196919, liquidato con il sistema misto, a decorrere dal 1 febbraio 2017.
In data 22 febbraio 2016 il ricorrente presentava istanza con la quale chiedeva la cessazione anticipata dal servizio, in applicazione degli artt. 124 e 125 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e dell’art. 59 della l. 27 dicembre 1997, n. 449.
Secondo quanto rappresentato nel ricorso il M. B. ha infatti raggiunto, nel mese di ottobre 2015, il requisito contributivo, adeguato agli incrementi della spettanza di vita, a decorrere dal 1° gennaio 2013, di anni 40 e mesi 3, indipendentemente dall’età anagrafica.
Con provvedimento n. 59341 del 9 novembre 2016 il Prefetto della Provincia di Cuneo decretava la cessazione dal servizio del ricorrente, con effetto dal 1° febbraio 2017 e il suo collocamento a riposo.
Con riguardo alla situazione previdenziale il signor M. B., alla data del 31 dicembre 1992, possedeva un’anzianità di servizio utile di anni 14, mesi 11 e giorni 18 – ivi compresa la maggiorazione figurativa di 1/5 per anni 1, mesi 11 e giorni 9 – ed alla data del 31 dicembre 1995 detta anzianità di servizio utile ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 24 e l’altra per mesi 2 e giorni 12.
Con provvedimento INPS.2700.06/12/2016.0169076, in data 6 dicembre 2016, l’INPS di Cuneo trasmetteva l’atto n° CN012016860611 con il quale era stata conferita al ricorrente la pensione ordinaria diretta di anzianità, liquidata con il sistema misto, a decorrere dal 1 febbraio 2017.
Secondo la prospettazione del ricorrente l’anzianità maturata alla data del 31 dicembre 1995 avrebbe dovuto essere arrotondata ad anni 18 e, conseguentemente, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essere calcolato con il sistema retributivo. L’applicazione al trattamento pensionistico del ricorrente del sistema misto anziché di quello retributivo dovrebbe ritenersi illegittima ed errata, in primo luogo per violazione dell’art. 1, comma 13 della l. n. 335/1995.
Nel calcolo della pensione di anzianità sarebbe stato applicato il sistema misto anziché quello retributivo, in quanto alla data del 31 dicembre 1995 il ricorrente avrebbe maturato un’anzianità di soli anni 17, mesi 11 e giorni 24 di servizio, anziché di anni 18; il ricorrente lamenta che la frazione di giorni 24, superiore alla metà del mese solare, avrebbe dovuto essere arrotondata al mese intero.
Il ricorrente richiama giurisprudenza contabile in linea con la prospettazione attorea, secondo la quale “il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a quindici giorni e computando per un mese quella superiore”.
Con memoria depositata in data 5 aprile 2018 si è costituito in giudizio l’INPS, chiedendo il rigetto del ricorso.
Secondo la tesi difensiva dell’Istituto previdenziale l’orientamento favorevole ad una persistente applicazione del c.d. arrotondamento, di cui all’art. 3 della l. n. 274/1991, è stato condiviso in sporadici precedenti giurisprudenziali sulla base della considerazione che, non avendo il legislatore mai esteso ai dipendenti pubblici il sistema di calcolo dell’anzianità contributiva vigente per i lavoratori del settore privato, ed in difetto di norma direttamente disciplinante la fattispecie, sarebbe giustificato il ricorso all’analogia, facendo applicazione di una norma dettata per un regime previdenziale (quello degli iscritti alle ex Casse pensioni) diverso da quello dei dipendenti dello Stato, ma comunque a quest’ultimo più assimilabile rispetto a quello vigente per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria.
La difesa dell’Istituto previdenziale esclude che tale orientamento possa condividersi, in ragione dei principi in materia di interpretazione delle leggi e richiamando l’art. 12 delle preleggi.
Non sussisterebbero i presupposti per l’applicazione analogica posto che, nel caso di specie, non vi sarebbe il presupposto della lacuna normativa a monte. La disciplina applicabile al caso di specie sarebbe infatti contenuta nell’art. 1, comma 12 e 13 della l. n. 335/1995 secondo cui per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 del medesimo articolo e che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva inferiore ai diciotto anni, la pensione è determinata dalla somma della quota a) calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data e dalla quota b) di pensione, corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive, calcolato secondo il sistema contributivo. Solo per i lavoratori già iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6, che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, il successivo comma 13 prevede che la pensione sia interamente liquidata secondo la normativa vigente, in base al sistema retributivo.
Secondo la prospettazione difensiva, a fronte del chiaro e compiuto disposto normativo che prevede, per l’applicazione del sistema retributivo puro, un’anzianità contributiva di “almeno 18 anni”, si intenderebbe con tale espressione un periodo contributivo certo e determinato.
Alcuno spazio interpretativo si aprirebbe per consentire l’applicazione di una norma che, in altro ambito (ai fini della determinazione della quota del trattamento di quiescenza di cui al primo comma, lettera a), dell’articolo 3 della legge 26 luglio 1965, n. 965), permetterebbe di calcolare il complessivo servizio utile arrotondando a mese intero la frazione del mese superiore a quindici giorni. In assenza dunque di lacuna normativa, non vi sarebbe luogo per l’applicazione, in via analogica, della disposizione più volte richiamata.
Né potrebbe giungersi al risultato prospettato dal ricorrente mediante l’applicazione analogica dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Sarebbe altresì da escludere un’applicazione estensiva dell’art. 3 della legge n. 274/1991 che consentisse di estendere la portata a disciplinare anche fattispecie per le quali sia ravvisabile una eadem ratio. Tale operazione sarebbe preclusa dall’art. 14 delle preleggi, che vieta di applicare oltre i casi e i tempi in esse considerati le leggi che fanno eccezione a regole generali.
All’udienza in data 18 aprile 2018 l’avv. Paolo Casetta, per il ricorrente, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
L’avv. Patrizia Sanguineti, in rappresentanza dell’INPS, ha richiamato la memoria di costituzione e le conclusioni e ha insistito per il rigetto. Ha inoltre specificato che, in caso di accoglimento del ricorso, troverebbe applicazione l’art. 24 secondo comma del d.l. 6 dicembre 20111, n. 201 (Legge Fornero) e, per l’effetto, quantomeno per il periodo successivo all’entrata in vigore di tale disposizione, la riliquidazione non potrebbe avvenire integralmente con il metodo retributivo.
L’avv. Casetta ha replicato eccependo la tardività dell’eccezione sollevata in udienza dall’INPS, evidenziando che le questioni riguardanti l’ambito di applicabilità della legge Fornero non sarebbero state evidenziate in atti. Ha quindi insistito per l’accoglimento delle rassegnate conclusioni e, in subordine, per la concessione di un termine al fine di replicare specificamente sul punto.
All’esito dell’udienza, con ordinanza n. 17/2018, è stato assegnato alle parti un termine di dieci giorni per il deposito di note difensive in ordine alla questione sollevata in udienza dalla difesa dell’INPS, riguardante i profili di applicabilità alla fattispecie dell’art. 24, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. E’ stato in tale contesto osservato che la detta questione non incorre nelle decadenze di cui all’art. 156, c. 2, del codice della Giustizia contabile, riguardanti le sole eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.
Con memoria depositata in data 3 maggio 2018 la difesa Blengino ha richiamato integralmente il contenuto del ricorso introduttivo, precisando che, avendo il medesimo maturato al 31.12.1995 un’anzianità di 18 anni, la sua pensione dovrà essere liquidata fino al 31.12.2011 con il sistema retributivo e dal 1.1.2012 con il sistema contributivo.
L’INPS ha depositato note autorizzate in data 4 maggio 2018 evidenziando che la c.d. Riforma Fornero ha definitivamente abolito il sistema di calcolo retributivo puro della pensione; per l’effetto, a partire dal 1 gennaio 2012 l’importo delle pensioni andrà comunque determinato utilizzando il criterio contributivo. Ciò per l’intero nei confronti dei lavoratori che abbiano iniziato a lavorare dopo il 31.12.1995 ovvero per una parte nei confronti dei lavoratori che, avendo iniziato l’attività lavorativa e dunque il rapporto assicurativo prima di quella data, potranno, al momento del pensionamento, avere diritto a vedere computato solo il periodo più risalente, secondo le ben più favorevoli regole del sistema di calcolo retributivo. Ha quindi insistito per il rigetto del ricorso.
All’udienza in data 23 maggio 2018 l’Avv. Paolo Casetta ha richiamato gli atti e insistito per l’accoglimento del ricorso; l’Avv. Valentina Adorno, in rappresentanza dell’INPS, ha richiamato la memoria e le conclusioni.
Rilevato in
DIRITTO
La questione oggetto del presente giudizio è costituita dall’invocato riconoscimento del diritto del ricorrente al ricalcolo del proprio trattamento pensionistico con il cosiddetto sistema "retributivo" fino al 31 dicembre 2011 anziché fino al 31 dicembre 1995, in forza dell’art. 1, comma 13 della legge n. 335/1995, secondo il quale “per i lavoratori già iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, la pensione è interamente liquidata secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo”.
Secondo la tesi attorea l’INPS avrebbe errato nel calcolare la pensione in quanto, pur avendo il M. B. maturato un’anzianità di servizio di 17 anni 11 mesi e 24 giorni al 31.12.1995, non sarebbe stato operato l’arrotondamento al mese intero della frazione superiore alla metà del mese solare; per l’effetto, nel calcolo del trattamento di quiescenza sarebbe stato applicato il sistema misto anziché quello retributivo.
Il ricorrente invoca, sulla base di un ampio orientamento della giurisprudenza contabile – che richiama -, l’applicazione analogica dell’art. 3 della legge n. 274/1991, riguardante le pensioni degli iscritti alle Casse pensioni degli istituti di previdenza, secondo il quale “il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a quindici giorni e computando per un mese quella superiore”.
Va preliminarmente osservato che il possesso del requisito contributivo richiesto dalla citata disposizione della legge n. 335/1995 deve essere verificato alla luce della normativa vigente, non alla data ivi indicata del 31 dicembre 1995, bensì nel momento in cui lavoratore è collocato a riposo, salvo diversa ed espressa previsione di legge, insussistente nella fattispecie. In tale contesto non può quindi trovare applicazione la disposizione di cui all’art. 40 del d.p.r. n. 1092/1973, in quanto implicitamente abrogata, a decorrere dal 1° gennaio 1998, dall’art. 59, comma 1, lett. b) della l. n. 449/1997, secondo il quale “per la determinazione dell’anzianità contributiva ai fini sia del diritto che della misura della prestazione, le frazioni di anno non danno luogo ad arrotondamenti per eccesso o per difetto”.
Va considerata la portata applicativa di tale ultima disposizione per la determinazione dell’anzianità contributiva maturata dal ricorrente al 31 dicembre 1995, tenuto conto che l’esito di tale calcolo è rilevante “ai fini della misura della prestazione”.
Come emerge dall’interpretazione letterale della norma, quest’ultima mira a superare il regime precedente, che ammetteva l’arrotondamento dell’anzianità contributiva, basato sulle frazioni di anno.
In alcun modo la norma preclude, invece, l’arrotondamento in relazione alle frazioni di mese. Come chiarito dalla giurisprudenza contabile (cfr. Corte dei conti, Sez. Giur. Sardegna, n. 93/2014; id. n. 87/2017; Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, n. 16/2018), in proposito l’INPDAP, con circolare n. 14 del 16 marzo 1998, aveva a suo tempo chiarito che “dal tenore letterale della norma in esame si evince che per “frazioni di anno” debbano intendersi esclusivamente i mesi. Pertanto, per trattamenti pensionistici decorrenti dal 2 gennaio 1998, siano essi di vecchiaia, anzianità o inabilità, si applicano le disposizioni in materia di arrotondamenti così come previsti dall’art. 3 della legge 274/91”.
La richiamata disposizione dell’art. 3 della legge n. 274/1991, concernente le pensioni degli iscritti alle (allora esistenti) Casse pensioni degli istituti di previdenza, stabilisce che “il complessivo servizio utile viene arrotondato a mese intero, trascurando la frazione del mese non superiore a quindici giorni e computando un mese quella superiore”.
Un rilevante orientamento della giurisprudenza contabile – che questo Giudice condivide - reputa ammissibile l’applicazione analogica della predetta disposizione anche ai trattamenti pensionistici diversi da quelli cui era originariamente indirizzata la norma, sulla considerazione, “per un verso, che il legislatore non ha mai esteso ai dipendenti pubblici il sistema di calcolo dell’anzianità contributiva vigente per i lavoratori del settore privato, in cui il periodo di base ai detti fini è costituito dalla settimana coperta da contribuzione obbligatoria e, per altro verso, che, in difetto di norma direttamente disciplinante la fattispecie, è giustificato il ricorso all’analogia facendo applicazione di una norma dettata per un regime previdenziale (quello degli iscritti alle ex casse pensioni) diverso da quello dei dipendenti dello Stato, ma comunque a quest’ultimo assimilabile rispetto a quello vigente per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria” (Corte dei conti, Sez. Giur. Sardegna, n. 93/2014; id. n. 87/2017; Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, n. 16/2018; Corte dei conti, Sez. Giur. Liguria, n.118/2016).
Questo Giudice non ignora la diversa opzione ermeneutica fatta propria, in fattispecie analoghe alla presente, da alcune pronunce di Sezioni di questa Corte, sfavorevoli all’accoglimento delle tesi dei ricorrenti (Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia, n. 54/2018; id. n. 69/2018).
Questo orientamento si fonda sulla ritenuta inapplicabilità del principio del c.d. “arrotondamento” al mese, non reputandosi ricorrere i presupposti per darsi luogo ad un’interpretazione analogica dell’art. 3 della l. n. 274/1991.
La tesi non coglie nel segno. Nella fattispecie, come evidenziato in precedenza, la disciplina che regola i limiti dell’operazione di “arrotondamento” è contenuta nell’ art. 59, comma primo, lett. b) della l. n. 449/1997, che preclude la sola considerazione delle “frazioni di anno”, dovendo intendersi, a tal fine, esclusivamente i mesi.
Secondo il principio per cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit l’unico divieto presente nell’ordinamento riguarda il detto arrotondamento all’anno e non quello riguardante la frazione di mese, che non incontra, come detto, alcuna preclusione.
L’applicazione in via estensiva dell’art. 3 della l. n. 274/1991 va ritenuto quindi meramente finalizzato all’individuazione dei criteri di computo delle frazioni di mese, ai fini dell’operazione di arrotondamento appunto “al mese”, da intendersi ammessa in quanto non ricompresa nel divieto di cui all’art. 59, comma primo, lett. b) della l. n. 449/1997.
Né l’estensione della detta disciplina a fattispecie per le quali si ravvisa eadem ratio può ritenersi incontrare i limiti di cui all’art. 14 delle preleggi con riguardo alle leggi che fatto eccezione a regole generali, tenuto conto che la possibilità di arrotondamento per frazioni di mese non costituisce deroga alla disciplina in materia di computo dell’anzianità contributiva ma indica lo specifico criterio di determinazione e computo del detto requisito.
In conclusione, la Sezione ritiene che, anche ai fini che interessano, l’anzianità contributiva del ricorrente, alla data del 31 dicembre 1995, debba essere determinata, per arrotondamento, in anni diciotto, considerato, come si è già detto, che il complessivo servizio utile maturato dal ricorrente al 31 dicembre 1995 ammontava ad anni 17, mesi 11 e giorni 24.
Per l’effetto, va dichiarata la fondatezza del gravame e va disposta la riliquidazione della pensione in base al sistema retributivo, con riferimento all’anzianità contributiva maturata antecedentemente al 31 dicembre 2011.
Come pacificamente riconosciuto anche dal ricorrente, nell’ambito della memoria depositata in data 3 maggio 2018, trova infatti applicazione alla fattispecie la disposizione di cui all’art. 24 del d.l. n. 201/2011, per cui “A decorrere dal 1° gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo”; essendo, da tale data, venuto meno il sistema di calcolo retributivo puro, la pensione del ricorrente potrà essere liquidata con il sistema retributivo esclusivamente fino al 31.12.2011.
Sulle maggiori somme dovute per effetto della presente sentenza spettano al pensionato gli accessori di legge, da calcolare secondo quanto disposto con la sentenza n. 10/2002/QM delle SS.RR. di questa Corte e con decorrenza dal giorno di maturazione del diritto.
Considerata la peculiarità della questione trattata le spese di giudizio si intendono compensate.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso del signor M. B., con riconoscimento del diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico in base al sistema retributivo, in relazione all’anzianità contributiva maturata antecedentemente al 1 gennaio 2012.
Sulle maggiori somme dovute spettano al ricorrente gli accessori di legge, rappresentati dagli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria, limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per interessi, secondo quanto disposto dalle SS.RR. di questa Corte con la sentenza n. 10/2002/QM.
Sussistono le condizioni per la compensazione delle spese di lite.
Così deciso in Torino il 23 maggio 2018.
Il Giudice
F.to Dott.ssa Ilaria Annamaria Chesta
Depositata in Segreteria il 3 agosto 2018
Per il Direttore della Segreteria
F.to Coll. Amm. Renzo Piasco