LEGGE 1O4/92

Feed - CARABINIERI

panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Per opportuna notizia, sentenza NEGATIVA per 2 motivi in essa specificati al Carabiniere.

Revoca autorizzazione a fruire di tre giorni di permesso mensile ai sensi dell’art. 33, c. 3 della L. n. 104/1992.

1) - La sua infondatezza consente di prescindere dall’evidente profilo di inammissibilità del gravame per tardiva notifica dell’atto introduttivo del giudizio, di cui il Presidente del Collegio ha reso edotto i difensori delle parti presenti.
Ed invero, il ricorrente ha firmato sul retro del provvedimento la relata di notifica da cui si evince la presa in consegna dell’atto in data 6 ottobre 2008.
Il ricorso è stato notificato a controparte il 12 dicembre 2008, allorquando erano trascorsi ben più di sessanta giorni decorrenti dalla piena conoscenza legale del provvedimento.


2) - Il militare che assista con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado con handicap in situazione di gravità, convivente o non convivente, ha diritto a tre giorni di permesso mensile … a condizione che l’handicappato non sia ricoverato a tempo pieno." (vedi circolare pag. 7).
Nel caso di specie, consta in punto di fatto che l’assistita sia ricoverata a tempo pieno “presso adeguata struttura, nello specifico Casa di Riposo Sant’Onofrio”

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

17/07/2012 201206495 Sentenza 1B


N. 06495/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00219/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 219 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Sandro Stivaletta, con domicilio eletto presso Valerio Stanisci in Roma, via F. P Aulucci de' Calboli, 54;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento

del provvedimento di revoca delle agevolazioni previste dalla legge n. 104/92;
nonché
per il risarcimento danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2012 il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna il provvedimento n. …. di protocollo del 26 settembre 2008, notificatogli il 6 ottobre 2008, con il quale il Comando Regione Carabinieri Abruzzo ha revocato l’autorizzazione a fruire di tre giorni di permesso mensile ai sensi dell’art. 33, c. 3 della L. n. 104/1992, concessa con il foglio datato 23 maggio 2008.

L’interessato deduce violazione dell’art. 33, legge n. 104/1992, violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990 nonché eccesso di potere per violazione della circolare n. 102/61 datata 30 gennaio 2003.

Il ricorso è infondato.

La sua infondatezza consente di prescindere dall’evidente profilo di inammissibilità del gravame per tardiva notifica dell’atto introduttivo del giudizio, di cui il Presidente del Collegio ha reso edotto i difensori delle parti presenti.

Ed invero, il ricorrente ha firmato sul retro del provvedimento la relata di notifica da cui si evince la presa in consegna dell’atto in data 6 ottobre 2008.

La circostanza temporale è ammessa dallo stesso ricorrente (v. pag. 2 del ricorso).

Il ricorso è stato notificato a controparte il 12 dicembre 2008, allorquando erano trascorsi ben più di sessanta giorni decorrenti dalla piena conoscenza legale del provvedimento.

In disparte il rilievo di cui sopra, il ricorso è comunque infondato.

Recita l’art. 33, c. 3 della legge n. 104/1992: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa … omissis …”.

La disposizione in commento fonda, evidentemente, non già una posizione di diritto soggettivo riconosciuta in capo a chi versa nella situazione ivi descritta, che va in ogni caso attentamente verificata dall'Amministrazione, alla luce dei criteri concreti dettati al riguardo, bensì di interesse legittimo che richiede, altresì, la valutazione di compatibilità del beneficio con esigenze di servizio, elemento tuttavia qui non in evidenza.

In tale contesto, l'intimata Amministrazione ha dettagliatamente indicato i presupposti soggettivi ed oggettivi richiesti ai fini del trasferimento in parola (cfr circolare n. 102 del 30 gennaio 2003 diramata dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri).

In particolare, per quanto concerne l’assistenza prestata da parenti o affini di portatori di handicap in situazioni di gravità (caso in cui versa il ricorrente), l’Amministrazione ha precisato che “Il militare che assista con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado con handicap in situazione di gravità, convivente o non convivente, ha diritto a tre giorni di permesso mensile … a condizione che l’handicappato non sia ricoverato a tempo pieno.” (vedi circolare pag. 7).
La insussistenza di ricovero a tempo pieno del portatore di handicap è, dunque, condizione essenziale per accedere al beneficio in parola.

La stessa Amministrazione, all’atto della concessione del beneficio, ha condizionato la validità dell’autorizzazione alla sussistenza delle “condizioni prescritte dalla pubblicazione C-14 del Comando Generale dell’Arma”, precisando che l’autorizzazione “deve intendersi revocata, così come previsto dalla citata normativa, qualora la signora sia ricoverata a tempo pieno …” (v. provvedimento 23 maggio 2008, n. 74).

Nel caso di specie, consta in punto di fatto che l’assistita sia ricoverata a tempo pieno “presso adeguata struttura, nello specifico Casa di Riposo Sant’Onofrio” (in termini, vedi pagina 2 della istanza sottoscritta dal ricorrente in data 20/3/2008).

Come risulta evidente, il criterio dettato dall'Amministrazione con la circolare in commento costituisce strumento per rendere attuabile la valutazione della situazione concreta di ciascun dipendente che avanzi tale tipo di domanda.

Per vero, il ricorrente contesta la legittimità del provvedimento impugnato muovendo da una diversa esegesi della fonte normativa.

A sui dire, per “ricovero a tempo pieno” deve intendersi “l’ospedalizzazione in struttura ospedaliera o, comunque, specializzata”.

Il Collegio non condivide l’assunto.

L’art. 33, c. 3 della legge n. 104/1992 pone come condizione “che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno”, senza alcuna ulteriore specificazione aggiuntiva circa le caratteristiche della struttura sanitaria di accoglienza.

La norma richiamata ha, infatti, lo scopo di ampliare la sfera di tutela del portatore di handicap salvaguardando, tuttavia, situazioni di assistenza in atto.

Il ricovero in struttura sanitaria, ancorché non specializzata ma comunque in grado di prestare la necessaria assistenza al disabile, è, dunque, idonea ad inverare la condizione negativa che preclude l’accesso al beneficio de quo.

Sennonché, il ricorrente evoca, a sostegno della denunciata illegittimità, proprio la circolare n. 102 del 30 gennaio 2003 che egli assume violata dall’Amministrazione.

L’interessato richiama, in particolare, il paragrafo 4 “Assistenza ai portatori di handicap – Disposizioni comuni per tutte le FF.AA.” in cui legge, a pagina 6 “Il genitore militare … ha diritto … al prolungamento … del periodo di congedo parentale a condizione che il figlio con handicap non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati”.

La circolare confermerebbe, in parte qua, che il ricovero a tempo pieno è soltanto quello “presso istituti specializzati”.

Il Collegio non condivide l’interpretazione offerta dal ricorrente.

Il criterio dettato dall’Amministrazione riguarda i “Genitori ed affidatari di portatori di handicap in situazioni di gravità”.

Si tratta, all’evidenza, di un fattispecie ontologicamente diversa da quella dei parenti o affini che assistono il disabile per la quale, invece, l’Amministrazione ha espressamente e consapevolmente posto come unica “condizione che l’handicappato non sia ricoverato a tempo pieno” (v. paragrafo successivo a quello preso inconferentemente a riferimento dal ricorrente).

La circolare - nei cui confronti non è stata proposta impugnativa, né sono state formulate puntuali doglianze -
s’appalesa, in parte qua, coerente al dettato normativo e non irragionevole avuto riguardo alla sostanziale diversità delle situazioni trattate.

Il ricorrente ha anche dedotto violazione degli artt. 7 e 8 della Legge n. 241/1990.

Sennonché, la natura vincolata del provvedimento impugnato (a condizioni date – presenza del presupposto di legge – altro contenuto finale il provvedimento non avrebbe potuto sortire) fa ragione sulla infondatezza dei dedotti vizi formali e procedimentali (art.21 octies della legge n. 24171990).

In conclusione, il ricorso impugnatorio è infondato e va, perciò, respinto.

L’infondatezza refluisce negativamente anche sulla domanda risarcitoria per mancanza di danno ingiusto (domanda, per vero, neppure assistita da elementi di prova in ordine alla reale consistenza e portata del pregiudizio subito).

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/07/2012


Luis

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da Luis »

panorama ha scritto:Seguito sentenza Tar Milano postata il 3 marzo 2012 su questo post.

Il Ministero della Giustizia ha perso l'Appello presso il Consiglio di Stato. La sentenza è di oggi.

Infatti il CdS precisa sulla legge 183/2010:
1) - In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.

2) - Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.

Il resto potete leggerlo qui sotto in sentenza.

Finalmente è stata data una giusta motivazione.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

11/07/2012 201204106 Sentenza Breve 4


N. 04106/2012REG.PROV.COLL.
N. 03698/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3698 del 2012, proposto da:
Ministero della Giustizia in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
V. V., rappresentato e difeso dagli avv. Maria Immacolata Amoroso, Fernando Bonelli, con domicilio eletto presso Fernando Bonelli in Roma, Piazzale Clodio, 56;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – Milano - Sezione IV n. 00698/2012, resa tra le parti, concernente diniego trasferimento richiesto ai sensi della l. 104/92.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. V. V.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Fernando Bonelli e Daniela Giacobbe, avvocato dello Stato;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il TAR Lombardia ha accolto il ricorso proposto dal sig. V……., agente scelto del Corpo di Polizia penitenziaria, con il quale il medesimo aveva impugnato il rigetto dell’istanza di trasferimento, avanzata ex art. 3 comma 5 legge 104/92, per assistere un affine in condizioni di grave disabilità.

Il rigetto era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito di continuità della prestazione assistenziale nei confronti del disabile (era emerso che, alla data dell’accertamento dell’invalidità, l’istante prestava servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto disabile).

Il Tribunale, in sede di accoglimento della domanda di annullamento, ha evidenziato come le recenti modifiche apportate dalla l. 4.11.2010 n. 183, al comma 3 ed al comma 5 dell’art. 33 L. n. 104/92, hanno fatto venir meno il requisito della “continuità” nell’assistenza del familiare portatore di handicap. Ha altresì precisato che non può considerarsi ostativo il disposto dell’art. 19 della citata legge n. 183/2010 - che impone di tener conto delle specificità delle Forze Armate rinviando ad una successiva disciplina di natura primaria la speciale disciplina - trattandosi di una disposizione meramente programmatica che non esclude l’immediata applicazione della novella anche al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia.

Propone appello l’amministrazione. La stessa valorizza il tenore letterale dell’art. 19 della 183/2010, la specificità delle esigenze organizzative delle Forze armate e di Polizia, nonchè il primo indirizzo giurisprudenziale adottato dalla Sezione nel senso della non immediata applicabilità delle norme di maggior favore in materia di assistenza ai familiari disabili avuto riguardo alla riconosciuta specialità delle amministrazioni richiamate.

Si è costituito il sig. V……., richiamando e perorando le argomentazioni del Giudice di prime cure.
La causa è stata trattenuta in decisione all’esito della camera di consiglio fissata per la decisione della connessa domanda cautelare, datone avviso alle parti giusto il disposto dell’art. 60 c.p.a..
L’appello non è fondato.

L’art. 24 della legge 183/2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge 104/92, eliminando i requisiti della cd. continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio. L’art. 19 della medesima legge, rubricato “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, tuttavia, ha previsto che “1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti. 2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.

Secondo una primissima esegesi fornita dalla Sezione, che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce una passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.

L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che nel “riconoscere la specialità” sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni. Il primo è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.

Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale etc.); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti, ed ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.

Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss’altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.

Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze armate, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della l.104) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultra vigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.

Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che hanno ad oggetto esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24 che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.

In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.

Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.

L’appello è in conclusione respinto.

La novità delle questioni e lo stato della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2012

Buonasera
Una domanda da porre a tutti quelli che possano rispondere in modo chiaro.
La nonna di mia moglie è stata riconosciuta invalida ai sensi dell'art 3 comma 3 della legge 104/92 volevo sapere se il sottoscritto può usufruire dei permessi previsti dall'art. 33 comma 3 e se si a quale titolo parente o affine? E che grado ?
La domanda e’ dovuta al fatto che non sono riuscito a capire quale rapporto c’e tra me e la nonna di mia nipote.
Grazie
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Legge questa sentenza del TAR Reggio Calabria se prestate servizio presso la D.I.A, altrimenti non siete interessati all'art. 55, comma 4, del D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335.

16/07/2012 201200483 Sentenza Breve 1

Ecco il punto:
Importante e storica sentenza che apre la strada (riconoscimento) a tutto il personale della D.I.A. compreso il personale dei ruoli dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza e, NON solo personale dei ruoli della Polizia di Stato.
- Il ricorrente, nel presentare la domanda di trasferimento, ha chiesto di fruire della prescrizione di cui all'art. 55, comma 4, del D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335. (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia), il base al quale "il trasferimento ad altra sede può essere disposto anche in soprannumero all'organico dell'ufficio o reparto … per gravissime ed eccezionali situazioni personali".
1) - Secondo l'Amministrazione resistente, tale disposizione riguarderebbe unicamente i trasferimenti del personale della Polizia di Stato e non potrebbe essere applicata nei confronti del deducente, atteso il suo "status" di militare appartenente all'Arma dei Carabinieri.

2) - Per il Tribunale, la tesi dell'Amministrazione non può essere condivisa.
Il D.L. 29 ottobre 1991 n. 345, convertito con modificazioni con L. 30 dicembre 1991, n. 410, ha istituito la
Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) nell'ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno, prevedendo all'art. 3, comma 7, che la D.I.A. si avvale del personale dei ruoli della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza.

3) - Ciò premesso, al fine di garantire la "par condicio" di tutto il personale utilizzato nell'ambito della D.I.A., omissis omissis.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Scusate ma ho dimenticato di precisare che l'interessato ha presentato un'istanza di trasferimento, ai sensi dell'art. 55 del D.P.R. n. 335/1982, nonché ai sensi della L. n. 104/1992, chiedendo di essere assegnato a prestare servizio presso la D.I.A. - Sezione operativa di Lecce.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Il fiume di sentenze del CdS in favore del persona continua.

Il Min.Giust. ha perso un'altro Appello al Consiglio di Stato.
L'interessato all'origine aveva inoltrato istanza per assistere i nonni paterni della propria moglie, riconosciuti come disabili.
Il rigetto da parte del Ministero era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito della esclusività dell’assistenza, da parte del ricorrente.

IL CONSIGLIO DI STATO ha dichiarato che:
1) - In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, e 11 luglio 2012, n. 4106).

2) - L’Amministrazione dovrà quindi riesaminare l’istanza del signor L….. e accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

30/07/2012 201204291 Sentenza Breve 4

N. 04291/2012REG.PROV.COLL.
N. 04925/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4925 del 2012, proposto da:
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
L. L., rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Fasanella, con domicilio eletto presso Maria Saracino in Roma, via Appia Nuova, 251;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 04039/2012, resa tra le parti, concernente DINIEGO TRASFERIMENTO AI SENSI DELLA LEGGE 104/92
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di L. L.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per la parte appellata l’avvocato Domenico Fasanella;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con sentenza 7 maggio 2012, n. 4039, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione I quarter, ha accolto il ricorso del signor L. L., ispettore del Corpo di polizia penitenziaria, contro il diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza di trasferimento, formulata ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per assistere i nonni paterni della propria moglie, riconosciuti come disabili.
Il rigetto era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito della esclusività dell’assistenza, da parte del ricorrente.

Il Tribunale regionale, nell’accogliere la domanda di annullamento, ha argomentato sulle recenti modifiche apportate dall’art. 24 della legge 4 novembre 2010, n. 183, ai commi 3 e 5 del citato art. 33 della legge n. 104 del 1992, che avrebbero fatto venir meno il requisito della “esclusività” nell’assistenza del familiare portatore di handicap. A questa conclusione non sarebbe di ostacolo il disposto dell’art. 19 della citata legge n. 183 del 2010 (che impone di tener conto delle specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, rinviando ad una successiva disciplina di natura primaria la speciale disciplina), trattandosi di una disposizione meramente programmatica che - anche alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata - non escluderebbe l’immediata applicazione della novella anche al personale in discorso.

L’Amministrazione ha proposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia.

Alla camera di consiglio del 24 luglio 2012, la domanda cautelare è stata chiamata e trattenuta in decisione.

Nella sussistenza dei requisiti di legge e avendone dato comunicazione alla parte privata, sola presente in camera di consiglio, il Collegio è dell’avviso di poter definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 60 e 74 c.p.a.

L’appello non è fondato.

L’art. 24 della legge n. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge n. 104 del 1992, eliminando i requisiti della c.d. continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio.

L’art. 19 della medesima legge (“Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”), tuttavia, ha previsto che:
“1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.

2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.
Secondo una primissima esegesi fornita dalla Sezione, che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze armate e di polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce una passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.

L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che, nel “riconoscere la specialità”, sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni.
Il primo è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.

Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale, ecc); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.

Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non fosse altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze armate, di polizia e dei Vigili del Fuoco.

Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti di tale personale, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge n.104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.

Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che riguardano esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24, che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.

In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, e 11 luglio 2012, n. 4106).

Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta espressamente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, in modo tale da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.

Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato e va perciò respinto.

L’Amministrazione dovrà quindi riesaminare l’istanza del signor L….. e accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.

La novità delle questioni e lo stato della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2012
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Il CdS respinge l'Appello proposto dal Ministero della Difesa - Stato Maggiore Esercito - Reparto Impiego del Personale.

1) - Il Maresciallo Capo dell’Esercito OMISSIS, in servizio presso il Reparto Comando Supporti Tattici “Pinerolo” con sede in Bari, ha presentato in data 26 ottobre 2006 domanda di trasferimento a Lecce, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 33, comma 5, della L. 5 febbraio 1994 n. 102 nel testo all’epoca vigente, al fine di prestare assistenza al proprio suocero.

2) - Contestualmente il medesimo OMISSIS ha pure chiesto la concessione in suo favore dei permessi mensili per la prestazione dell’assistenza allo stesso familiare, a’ sensi del comma 3 del predetto art. 33.

Il resto potete leggerlo direttamente in questa sentenza lunga che comprende cmq. diverse vicende.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

30/07/2012 201204295 Sentenza 4


N. 04295/2012REG.PROV.COLL.
N. 00417/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 417 del 2011, proposto a’ sensi dell’art. 112 e ss. cod. proc. amm. da:
Ministero della Difesa - Stato Maggiore Esercito - Reparto Impiego del Personale, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
OMISSIS, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bocca di Leone, 78;

per l’ottemperanza
della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Bari, Sez. II, n. 3545 dd. 8 ottobre 2010, concernente l’ottemperanza della sentenza n. 1518 dd. 8 giugno 2007 resa dallo stesso giudice di primo grado relativamente al diniego di trasferimento del sottufficiale E.I. OMISSIS.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Visto – altresì – il ricorso incidentale proposto dall’appellato OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2012 il Cons. Fulvio Rocco e udito per l’appellante Ministero della Difesa l’Avvocato dello Stato Anna Collabolletta e per l’appellato OMISSIS l’Avv. Alberto Zito in sostituzione dell’Avv. Ernesto Sticchi Damiani Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.1. Il Maresciallo Capo dell’Esercito OMISSIS, in servizio presso il Reparto Comando Supporti Tattici “Pinerolo” con sede in Bari, ha presentato in data 26 ottobre 2006 domanda di trasferimento a Lecce, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 33, comma 5, della L. 5 febbraio 1994 n. 102 nel testo all’epoca vigente, al fine di prestare assistenza al proprio suocero.

Contestualmente il medesimo OMISSIS ha pure chiesto la concessione in suo favore dei permessi mensili per la prestazione dell’assistenza allo stesso familiare, a’ sensi del comma 3 del predetto art. 33.
In data 17 gennaio 2007 lo Stato Maggiore Esercito ha comunicato all’OMISSIS, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 10-bis della L. 7 agosto 1990 n. 241, le motivazioni ostative all’accoglimento delle predette domande.

L’Omissis, a sua volta, in data 15 febbraio 2007 ha rappresentato all’Amministrazione della Difesa le proprie osservazioni a supporto dell’accoglimento delle proprie istanze.

Con provvedimento dello Stato Maggiore dell’Esercito-Dipartimento Impiego del Personale, comunicato in data 15 marzo 2007 dal Reparto Comando e Supporti Tattici Pinerolo di Bari, sono state respinte sia la domanda di trasferimento, sia la domanda di fruizione dei permessi per la prestazione di assistenza.

1.2. Con ricorso proposto sub R.G. 584 del 2007 innanzi al T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, l’Omissis ha chiesto l’annullamento di tale provvedimento.

Con sentenza n. 1518 dd. 8 giugno 2007, resa a’ sensi dell’allora vigente art. 26, quinto comma, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, la Sez. II dell’adito T.A.R. ha accolto il ricorso, rilevando che l’Amministrazione della Difesa, con riguardo alle osservazioni proposte dal medesimo OMISSIS a’ sensi dell’art. 10-bis della L. 241 del 1990, non ha accolto le domande di quest’ultimo “in quanto ordinari motivi di lavoro non esimono la nipote OMISSIS a prestare la dovuta assistenza al familiare disabile; non risulta il requisito della continuità nell’assistenza familiare, come del resto dichiarato dal sottufficiale stesso; per la sola concessione dei permessi mensili, dallo stato di famiglia dell’interessato non si evince il requisito della convivenza con il disabile; dal combinato disposto degli art. 19 e 20 della L. 8 marzo 2000 n. 53 che ha modificato la L. 104 del 1992 si desume che il requisito della convivenza è stato eliminato limitatamente all’applicazione del beneficio di cui all’art. 33, comma 5, mentre permane per il comma 3”.

Il medesimo giudice di primo grado ha quindi evidenziato che in ordine alla disciplina citata dall’Amministrazione della Difesa a sostegno della propria tesi “si è formata una copiosa giurisprudenza, anche in relazione alle modifiche apportate dalla L. 53 del 2000.

Per quello che riguarda la ricostruzione generale della previsione dell’art. 33 della L. 5 febbraio 1992. n. 104 (l. quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), è stato chiarito che il requisito dell’esclusività dell’assistenza, benché non contenuto nella lettera dell’art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992, è sicuramente desumibile dalla sua ratio. La ratio dell’art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992 non è quella di assegnare dei benefici ai soggetti che hanno un parente portatore di handicap, ma quella di garantire a quest’ultimo un’assistenza, per il caso che non ne abbia, o di garantirgli la continuità dell’assistenza già in atto, per il caso che già vi sia un parente che se ne occupi. … In generale è stato osservato che la pretesa del dipendente non assurge a rango di diritto soggettivo, in quanto la vicenda relativa all’assistenza dei familiari handicappati di cui alla L. 104 del 1992 è presa in attenta considerazione dall’ordinamento giuridico, ma tale pur notevole considerazione da parte dell’ordinamento giuridico non determina comunque un valore assoluto, dovendo in ogni caso esso essere messo in correlazione con altri valori, altrettanto notevoli, dell’ordinamento, tra cui vi è, naturalmente, quello della necessità dell’organizzazione della pubblica amministrazione. Ciò significa che ogni qualvolta viene richiesto un provvedimento per dare luogo all’assistenza di un soggetto handicappato, l’Amministrazione non può che valutare, da un lato, le esigenze assistenziali e, dall’altro, le proprie esigenze organizzatorie, assumendo le determinazioni che conseguono all’esito dell’istruttoria esperita (Consiglio di stato, sez. IV, 12 settembre 2006 n. 5319). … Rispetto a gli elementi rilevanti nella fattispecie, il ricorrente non ha fornito mere dichiarazioni, adducendo generiche circostanze, ma ha formalmente dichiarato in modo specifico e puntuale una serie di fatti e situazioni, che, da un lato, non appaiono facilmente ed efficacemente dimostrabili con altri, ulteriori mezzi a disposizione dell’interessato e che, dall’altro, nella loro oggettività sono invece accertabili e controllabili da parte dell’autorità amministrativa, nell’ambito dell’istruttoria procedimentale. Nello specifico: per ciò che riguarda l’esclusività, la nipote OMISSIS ha compiutamente illustrato la situazione di fatto che le impedisce di assolvere al dovere di assistenza nei confronti del parente, in quanto gestisce a Marittima (LE), distante 20 chilometri da Poggiardo, una catena di esercizi commerciali e che ciò comporta frequenti spostamenti in tutta l’Italia; per ciò che riguarda la continuità, il signor OMISSIS ha formalmente dichiarato che ogni mattina alle ore 5 è costretto a recarsi presso l’abitazione del suocero per controllare il livello di ossigeno e che la medesima operazione viene effettuata al rientro dal lavoro, controllando che sia seguita alla lettera tutta la terapia medica; che accompagna il portatore di handicap a tutte le visite mediche e in tutti gli altri luoghi dove può recarsi; che deve passare presso il suocero la maggior parte delle notti e che, in mancanza di permessi accordati in base all’articolo 33, terzo comma, della L. 104 del 1992, sacrifica il proprio congedo ordinario alle esigenze di assistenza; per quanto riguarda la convivenza, l’istante ha fatto presente, nelle osservazioni 26 gennaio 2007, in risposta al preavviso di rigetto, che, come sarebbe facilmente riscontrabile, subito dopo la presentazione della domanda, le condizioni di salute del signor OMISSIS si sono ulteriormente aggravate, tanto che medici hanno consigliato di non lasciarlo mai da solo, neppure la notte, e che perciò l’assistito da circa due mesi si è trasferito a casa del militare.

Alla luce di queste premesse, si deve concludere che l’intero procedimento appare viziato sia sotto il profilo dell’incompleta istruttoria (manchevolezza determinata da un aprioristico scetticismo nei confronti delle affermazioni del dipendente e della signora OMISSIS, pur puntuali e circostanziate), sia sotto il profilo dei criteri di valutazione e ponderazione degli interessi coinvolti. Da tale punto di vista rileva per un verso l’applicazione di criteri relativi al requisito della esclusività, che utilizzati in modo del tutto rigido e assoluto, si presentano inadatti a valutare una situazione di oggettiva difficoltà familiare, che deve essere considerata caso per caso, nelle sue particolarità; per l’altro, in relazione all’interesse pubblico e, in particolare alle esigenze organizzative, il ricorrente ha specificamente evidenziato, in base ad atti ufficiali prodotti in camera di consiglio, l’esistenza di posti disponibili per il trasferimento in Lecce per il 2007, anche in riferimento alle proprie qualificazioni specifiche. Il ricorso proposto dunque dev’essere accolto e, per l’effetto, dev’essere annullato il censurato provvedimento”.

1.3. Il Ministero della Difesa ha proposto appello avverso tale sentenza, peraltro confermando comunque all’OMISSIS la fruizione dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, della L. 104 del 1992.

Con ordinanza n. 6462 dd. 11 dicembre 2007 questa Sezione ha accolto parzialmente, a’ sensi dell’allora vigente art. 33 della L. 1034 del 1971, la domanda di sospensione cautelare della sentenza impugnata con esclusione della statuizione relativa ai predetti permessi, “considerato, al giudizio prognostico della relativa fase, che nel caso di specie sembrano difettare i requisiti di legge (continuità ed esclusività) per l’invocato trasferimento (“ove possibile”) onde assistere il congiunto (suocero). Ritenuto, viceversa – nella comparazione degli opposti interessi e nelle more del giudizio di merito – che il pregiudizio sussiste limitatamente ai richiesti permessi, negati per mancanza di convivenza, che è requisito non più richiesto dall’art. 33 della L. 104 del 1992, nel testo novellato dalla L. 53 del 2000 …”.

1.4. Peraltro, con susseguente decisione n. 4324 dd. 17 febbraio 2009 - resa quindi circa un anno e due mesi dopo tale ordinanza – questa stessa Sezione ha respinto l’appello del Ministero della Difesa, per l’effetto confermando integralmente la sopradescritta sentenza n. 1518 del 2007 resa dal T.A.R. per la Puglia.

1.5. Con provvedimento Prot. 17919 dd. 21 settembre 2009 lo Stato Maggiore dell’Esercito – Dipartimento Impiego del Personale – Ufficio Impiego Sottufficiali – ha conseguentemente rimosso il provvedimento caducato ope iudicis, ha confermato a beneficio dell’Omissis la fruizione dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, della L. 104 del 1992, nel mentre ha “precisato … per quanto concerne la richiesta di trasferimento ex art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992 che in capo al Mar. Ca. OMISSIS è riconosciuta la “titolarità” dei benefici derivanti dalla normativa in parola ma, al momento, non è possibile provvedere all’assegnazione auspicata dal Sottufficiale in quanto gli Enti/Reparti insistenti nella sede di Lecce si trovano in una situazione di eccedenza organica tale da non consentire ulteriore incremento di personale in relazione alle effettive/concrete esigenze funzionali. Quanto sopra al fine di non creare possibili disparità di trattamento con altro personale nelle medesime condizioni soggettive e in piena aderenza ai contenuti della specifica normativa di settore che riconosce - in capo al dipendente - un interesse legittimo a scegliere –“ove possibile” - la propria sede di servizio, sempre nei limiti però delle vacanze organiche sussistenti…Si rappresenta, altresì, che lo Stato Maggiore dell’Esercito provvederà, con immediatezza, a trasferire il Sottufficiale in presenza di mutate condizioni organiche che permettano l’assegnazione del ricorrente, contemperando in tal modo, nel dovuto bilanciamento degli interessi contrapposti, le esigenze personali dell'interessato con quelle istituzionali di Forza Armata”.

1.6. A questo punto l’Omissis ha proposto sub R.G. 3545 del 2010, sempre innanzi al T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, ricorso per l’ottemperanza della predetta sentenza n. 3545 del 2010, chiedendo comunque la corresponsione in suo favore del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale da ritardo nel caso in cui il giudice adito avesse disposto il proprio trasferimento ovvero, in via subordinata – ossia ove per ragioni organizzative attuali non fosse stato più possibile il proprio trasferimento presso una sede di servizio ubicata a Lecce – la corresponsione del risarcimento del danno tout court subito.

A conforto di tale domanda risarcitoria l’Omissis ha affermato che, ove fosse stata data da subito la doverosa esecuzione alla sentenza n. 1518 del 2007 del T.A.R. Puglia, non vi sarebbe stata alcuna difficoltà organizzativa al proprio trasferimento, posto che all’epoca (e, cioè, nel corso del 2007) risultavano alcune carenze organizzative presso la sede di Lecce, come del resto riconosciuto sia dallo stesso T.A.R. per la Puglia con la stessa sentenza n. 1518 del 2007, sia dal Consiglio di Stato nella sua decisione n. 4324 del 2009.

L’Omissis ha concluso nel senso che, se allo stato dovesse risultare non più possibile il trasferimento, ciò sarebbe per l’appunto dovuto alla colpa dell’Amministrazione della Difesa, la quale avrebbe tardato nel dare - o meglio, non avrebbe dato - doverosa esecuzione al giudicato amministrativo formatosi: colpa che comporterebbe, una propria responsabilità per danno.

Il Ministero della Difesa, costituitosi in giudizio, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica di una previa diffida ad adempiere e per omessa impugnazione del sopradescritto provvedimento Prot. n. 17919 dd. 21 settembre 2009 adottato dallo Stato Maggiore dell’Esercito.

Nel merito l’intimato Ministero ha affermato che il giudicato amministrativo formatosi sul punto non sancirebbe affatto il diritto dell’OMISSIS al trasferimento, bensì unicamente la necessità di una più adeguata motivazione del provvedimento di reiezione della domanda di trasferimento: motivazione che, per l’appunto, sarebbe stata fornita mediante il surriferito provvedimento Prot. n. 17919 dd. 21 settembre 2009.

Il medesimo Ministero ha – altresì – negato la sussistenza di una colpa dell’Amministrazione per quanto avvenuto, ha comunque affermato la domanda risarcitoria formulata dall’OMISSIS non sarebbe assistita da prove e ha da ultimo rimarcato che la sede di Lecce sarebbe ormai al completo, non sussistendo allo stato vacanze organiche e che la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente non è provata.

Con sentenza n. 3545 dd. 8 ottobre 2010 la Sez. II dell’adito T.A.R. ha, innanzitutto, respinto le eccezioni preliminari dedotte dal Ministero della Difesa, posto che anche secondo la giurisprudenza antecedente all’entrata in vigore dell’art. 114 cod. proc. amm. nel giudizio di ottemperanza non era necessaria per la proposizione del medesimo la preventiva messa in mora della P.A. ad adempiere quando essa – come per l’appunto nel caso di specie - aveva chiaramente manifestato la volontà di non voler ottemperare in tutto o in parte al giudicato (cos’, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2006 n. 5128), e posto che l’anzidetto provvedimento Prot. n. 17919 dd. 21 settembre 2009 non risultava immediatamente lesivo in quanto expressis verbis recante in astratto il riconoscimento della “titolarità” dei benefici ex art. 33, comma 5 legge n. 104/1992 in favore dell’OMISSIS con la contestuale assicurazione che si sarebbe provveduto con immediatezza al trasferimento
in presenza di mutate condizioni organiche nella sede di Lecce.

Nondimeno, lo stesso giudice di primo grado ha evidenziato che proprio da tale provvedimento discende l’impedimento all’ottemperanza del giudicato, posto che la natura del giudizio di ottemperanza è sia esecutiva sia cognitiva e che pertanto non è precluso al giudice l’esame di atti o fatti che rendano impossibile l’adempimento in conformità al giudicato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 maggio 2008 n. 2360).

Lo stesso giudice ha inoltre evidenziato che nel caso di specie l’Amministrazione della Difesa ha fornito piena prova circa l’attuale situazione di eccedenza di personale presso la sede di Lecce tale da impedire il trasferimento dell’OMISSIS, e che la giurisprudenza ha già statuito nel senso che la situazione di eccedenza di personale configura valida ragione ostativa al trasferimento di cui all’art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992 (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. III, 8 luglio 2003 n. 2346).

Da tutto ciò l’adito T.A.R. ha pertanto tratto la conseguenza per cui, nel caso di specie, non è pertanto possibile l’ottemperanza del giudicato, nel mentre residua la possibilità di liquidare in favore dell’OMISSIS il risarcimento del danno per equivalente derivante dalla mancata tempestiva esecuzione del giudicato medesimo, a parziale accoglimento dell’azione risarcitoria contestualmente esperita dall’OMISSIS medesimo.

Il T.A.R. ha in tal senso affermato l’ammissibilità della domanda risarcitoria in sede di ottemperanza per i danni che si siano verificati in seguito alla formazione del giudicato e proprio a causa del ritardo nella esecuzione della pronuncia (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 12 dicembre 2009 n. 7800), anche con riguardo a quanto ora disposto dall’art. 112, comma 3, cod. proc. amm., e ha ritenuto nella specie la domanda stessa “fondata, stante la comprovata illegittimità sul piano oggettivo della “omissione” amministrativa (i.e. mancata esecuzione del giudicato amministrativo in esame), anche in considerazione del fatto che altrimenti non residuerebbe alcuna forma di tutela in favore” dell’OMISSIS, “ il quale subisce ingiustamente gli effetti della durata del processo amministrativo (mentre è principio generale dell’ordinamento giuridico quello secondo cui la durata del processo non può rivolgersi a danno della parte che ha ragione). Indubbi sono pertanto la sussistenza del fatto illecito “omissivo” posto in essere dalla P.A. e del nesso di causalità con il danno poiché è evidente che la mancata esecuzione del giudicato amministrativo ha cagionato un pregiudizio economico ed un disagio … (i.e. necessità di continui spostamenti da Bari a Lecce per prestare assistenza al proprio congiunto portatore di handicap).

Altrettanto chiaro è l’elemento soggettivo, valutato alla stregua dei criteri elaborati dalla giurisprudenza per il giudizio sulla colpa dell’amministrazione. Secondo l’orientamento prevalente, al privato non è chiesto un particolare sforzo probatorio, potendo invocare l’illegittimità dell’agere della P.A. quale presunzione (semplice) della colpa. Spetta a tal punto all’amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, d’influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, d’illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5500; Sez. V, 6 marzo 2007, n. 1049; Sez. VI, 9 giugno 2008 n. 2763; Sez. VI, 7 ottobre 2008 n. 4812; Sez. V, 20 ottobre 2008 n. 5124; Sez. V, 12 giugno 2009 n. 3750)” (cfr. pag. 7 e ss. della sentenza impugnata).

Il T.A.R. ha quindi rilevato che in concreto l’Amministrazione della Difesa nulla ha dedotto sul punto, con la conseguenza che nella specie sussiste l’inescusabilità dell’errore amministrativo che integra la fattispecie risarcibile.

Lo stesso giudice ha disposto che “il risarcimento del danno deve pertanto essere commisurato alle spese di viaggio sostenute dal ricorrente per gli spostamenti da Bari a Lecce necessari al fine di prestare assistenza al proprio congiunto a partire dal momento (i.e. data di deposito della decisione n. 4324 del 2009 del Consiglio di Stato: 6 luglio 2009) della formazione del giudicato amministrativo non ottemperato dalla P.A., spese che il ricorrente dovrà dimostrare nel corso della successiva fase di trattative che si svolgeranno ai sensi dell’art. 35, comma 2, del D.L.vo 31 marzo 1998 n. 80”, all’epoca vigente (cfr. ibidem, pag. 9 e ss.), fermo – altresì – restando che “la complessiva somma che sarà individuata secondo le modalità sopra descritte riconosciuta al ricorrente a titolo di risarcimento del danno da illecito aquiliano, trattandosi di debito di valore, dovrà essere rivalutata anno per anno secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data dell’illecito (data di formazione del giudicato amministrativo non eseguito dalla P.A.: 6 luglio 2009), oltre interessi legali sulla somma non rivalutata, oltre gli interessi legali sugli importi annui della svalutazione, dalla relativa maturazione (cioè dalla scadenza di ogni anno successivo alla consumazione dell’illecito secondo il cosiddetto criterio “a scalare” individuato dalla Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite 17 febbraio 1995 n.1712) sino al soddisfo. Sarà l’Amministrazione stessa, in applicazione dei criteri indicati, a dover provvedere alla relativa determinazione secondo la previsione dell’art. 35, comma 2, del D.L.vo 80 del 1998; solo in caso di mancato accordo si procederà alla liquidazione in via giudiziale secondo quanto stabilito dallo stesso art. 35” (cfr. ibidem).

2.1. Ciò posto, con l’appello in epigrafe il Ministero della Difesa chiede la riforma di tale sentenza, deducendo in sostanza quanto segue.

1) Il danno riconosciuto in sede di ottemperanza dal T.A.R. non avrebbe in realtà quale suo presupposto la mancata esecuzione del giudicato,ma l’illegittimità dell’originario provvedimento impugnato nel giudizio di merito; né, comunque, lo stesso giudice di primo grado avrebbe affermato che, a causa del ritardo nell’esecuzione del giudicato, è mutata la situazione dell’organico nella sede di Lecce.

2) L’Omissis avrebbe dovuto impugnare il provvedimento Prot. 17919 dd. 21 settembre 2009 dello Stato Maggiore dell’Esercito, in quanto comunque lesivo per il proprio interesse, anche tenuto conto di quanto disposto dall’art. 1227 cod. civ.

3) Il T.A.R. avrebbe omesso di considerare che con la propria ordinanza n. 6462 del 2007 questa stessa Sezione aveva sospeso gli effetti della sentenza n. 14518 del 2007 resa in primo grado e che, in esecuzione a tale ordinanza, l’Amministrazione della Difesa aveva dato pienamente corso a tale statuizione cautelare: circostanza, questa, che eliminerebbe il presupposto di ogni pretesa risarcitoria da parte dell’Omissis proprio in quanto difetterebbe al riguardo la colpa dell’Amministrazione medesima.

4) L’Omissis non avrebbe supportato la propria domanda risarcitoria dalla comprova che l’incapienza di posti nella sede di Lecce si sia determinata in un lasso di tempo non “coperto” dalla pronuncia cautelare di questo giudice d’appello, e ciò anche con conseguente conferma – pure sotto questo profilo – della mancanza, nella specie, di una colpa da parte dell’Amministrazione della Difesa.

2.2. Si è costituito in giudizio l’Omissis, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione del ricorso.

2.3. Il medesimo OMISSIS, peraltro, ha pure proposto ricorso incidentale impugnando la medesima sentenza resa dal T.A.R. nella parte in cui non ha riconosciuto nel danno da risarcire anche il danno non patrimoniale, asseritamente costituito dal disagio da lui subito in dipendenza delle più gravose condizioni nelle quali sarebbe stato costretto a prestare assistenza al proprio familiare.

3. Alla camera di consiglio del 17 gennaio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, il ricorso principale proposto dal Ministero della Difesa va respinto.

4.2. Va innanzitutto respinta la tesi del Ministero secondo la quale l’Omissis avrebbe dovuto impugnare, quale provvedimento lesivo per la propria sfera di interessi, la nota dello Stato Maggiore dell’Esercito Prot. 17919 dd. 21 settembre 2009.

Secondo la prospettazione del medesimo ministero, mediante tale omissione l’Omissis avrebbe di fatto concorso alla realizzazione del danno medesimo, ponendo con ciò in atto una condotta valutabile a’ sensi dell’art. 1227 c.c.

Il Collegio, a tale riguardo, concorda pienamente con l’assunto del giudice di primo grado secondo cui il contenuto della predetta nota Prot. n. 17919 dd. 21 settembre 2009 non risultava, né risulta ex se lesivo per l’Omissis, proprio in quanto recante – come ben ricavabile dallo stesso dato testuale come riportato al § 1.5. della presente sentenza – l’esplicito riconoscimento della “titolarità” dei benefici ex art. 33, comma 5 legge n. 104/1992 in favore del medesimo OMISSIS, con la contestuale assicurazione che si sarebbe provveduto con immediatezza al trasferimento nell’eventuale sopravvenienza di disponibilità organiche nella sede di Lecce.

Non si vede, dunque, in tal contesto come possa ragionevolmente sostenersi che tale provvedimento dovesse essere comunque impugnato dall’attuale appellato nella plateale assenza di un suo interesse al riguardo, e ciò anche nella consapevolezza che l’attuale contesto delle disponibilità di organico nella sede di Lecce è, per l’appunto, quello descritto nel provvedimento medesimo.

Né può essere condivisa l’ulteriore affermazione dell’Amministrazione appellante secondo la quale il danno riconosciuto in sede di ottemperanza dal T.A.R. non avrebbe in realtà quale suo presupposto la mancata esecuzione del giudicato, ma l’illegittimità dell’originario provvedimento impugnato nel giudizio di merito.

Dall’annullamento del provvedimento di diniego, motivato in via esclusiva con l’affermazione che al d’Omissis non competeva alcun beneficio contemplato dall’art. 33 della L. 104 del 1992, è infatti scaturita una nuova e diversa valutazione della fattispecie, conforme al dictum del giudice, che ha da subito condotto l’Amministrazione della Difesa a reputare sussistenti i presupposti per la concessione dei permessi di cui al comma 3 dell’art. 33 della L. 104 del 1992 e – come detto innanzi – ad affermare poi la sussistenza della titolarità del d’Omissis a chiedere anche i benefici di cui al comma 5 dello stesso articolo di legge: dimodochè il danno prodottosi e per il quale è qui causa non può che attenere alla tempestività con la quale la medesima Amministrazione ha riconsiderato la posizione dell’attuale appellato.

Parimenti infondato è l’assunto dell’Amministrazione appellante secondo il quale il giudice di primo grado avrebbe omesso di considerare che con la propria ordinanza n. 6462 del 2007 questa stessa Sezione aveva sospeso gli effetti della sentenza n. 14518 del 2007 resa in primo grado e che, in esecuzione a tale ordinanza, l’Amministrazione della Difesa aveva dato pienamente corso a tale statuizione cautelare.

Come detto innanzi, secondo la prospettazione del Ministero della Difesa tale circostanza eliminerebbe il presupposto di ogni pretesa risarcitoria da parte dell’Omissis proprio in quanto difetterebbe al riguardo la colpa dell’Amministrazione medesima.

Il Collegio, per contro, evidenzia che la mancata menzione della circostanza stessa risulta di per sé irrilevante per l’economia di causa, posto che è implicito nel “sistema” che la contingente concessione, a beneficio dell’Amministrazione soccombente in primo grado, della misura cautelare della sospensione degli effetti della relativa sentenza non esonera l’Amministrazione medesima, nell’ipotesi in cui la sentenza resa dal giudice di appello poi confermi il contenuto di quella impugnata, dalla responsabilità per il danno arrecato alla controparte con il proprio complessivo comportamento, anche susseguente all’adozione del pur caducato provvedimento illegittimo e derivante – come, per l’appunto, nel caso di specie – da carenze nell’azione amministrativa deputata a soddisfare l’interesse della controparte medesima.

L’Amministrazione, pertanto, allorquando si risolve ad impugnare la sentenza di primo grado che ne ha sancito la soccombenza e a perseverare nel contenzioso, consapevolmente affronta il rischio – giova ribadire, per nulla attenuato da eventuali provvedimenti cautelari medio tempore ottenuti a suo favore – che il danno discendente dal ritardo con il quale essa poi ottempererà al giudicato incrementi nel tempo la sua consistenza, ovvero che il risarcimento del danno stesso – come, per l’appunto, nel caso di specie – sia addirittura per forza di cose integralmente sostitutivo di un adempimento in forma specifica reso non più possibile dal decorso del tempo.

Quest’ordine di considerazioni non consente, pertanto, di escludere nella specie la sussistenza di una colpa dell’Amministrazione della Difesa, posto che essa segnatamente va ascritta anche al tempo che l’Amministrazione medesima ha inutilmente consumato per rideterminarsi sulla situazione dell’Omissis.
Né può dirsi, concludendo la trattazione del ricorso principale, che l’Omissis non avrebbe allegato la comprova che l’incapienza di posti nella sede di Lecce si sia determinata in un lasso di tempo non “coperto” dalla pronuncia cautelare di questo giudice d’appello, ovvero che il giudice di primo grado non avrebbe affermato nella propria sentenza che, a causa del ritardo nell’esecuzione del giudicato, è mutata la situazione dell’organico nella sede di Lecce.

Secondo la tesi dell’Amministrazione della Difesa, al fine di ottenere il trasferimento sarebbe necessario individuare un posto libero nella sede di richiesta destinazione del tutto omologo con la posizione organica presentemente occupato dall’interessato; e, a tale riguardo, la posizione di “assistente di branca” ad oggi ricoperta dall’Omissis non troverebbe allo stato possibilità di impiego nella sede di Lecce per indisponibilità di posti appartenenti alla posizione medesima, tanto che sinora nessun sottufficiale “assistente di branca” sarebbe stato ivi trasferito.

Il Collegio non sottace, a tale riguardo, che nel contesto organizzativo del personale, dell’addestramento e logistico in genere dell’Esercito, la “branca” è notoriamente un contesto organizzativo che si incentra sull’incarico di un “addetto di branca” conferito ai sottufficiali del ruolo marescialli ( in genere luogotenenti, primi marescialli o marescialli capi), i quali sovente operano in sostituzione degli ufficiali in tale posizione,
In posizione ulteriormente vicaria operano, nella medesima “branca”, l’”assistente di branca” e gli “aggiunti di branca”, i quali, a seconda delle rispettive competenze, curano le pratiche loro affidate, sottoponendole al momento della loro definizione al comandante o capo ufficio per la revisione finale e per la firma.

Giova peraltro evidenziare che l’ “addetto di branca”, l’”assistente di branca” e l’”aggiunto di branca” non configurano qualifiche funzionali, ma posizioni organizzative generate dall’assetto di ogni singolo ufficio dell’Esercito che tratta affari del personale, dell’addestramento e della logistica, e che in conseguenza di ciò lo stesso OMISSIS, quale maresciallo capo, già potrebbe essere eventualmente preposto alla posizione di “addetto di branca” in altro ufficio di dimensioni diverse da quello in cui egli attualmente presta la propria attività.

Ciò posto, proprio la testè evidenziata circostanza che la posizione di”assistente di branca”, pur presupponendo appositi corsi formativi e periodi (tali definiti nei contesti militari) di “indottrinamento” comunque non corrisponde ad una qualifica funzionale ma ad una posizione organizzativa contingentemente assegnata in dipendenza del contesto in cui il servizio è prestato, consente una rilevante flessibilità di impiego del personale all’interno degli anzidetti settori del personale, dell’addestramento e della logistica, tale quindi da smentire la ben rigida tesi sostenuta nel presente giudizio dal Ministero della Difesa circa l’inderogabilità dell’esigenza di trasferire l’Omissis soltanto nell’ipotesi in cui si liberi nella sede di Lecce un posto perfettamente omologo rispetto a quello da lui ad oggi occupato.

Avendo infatti riguardo alla sufficienza, per il nostro ordinamento - correttamente enunciata dal giudice di primo grado – di un non particolare sforzo probatorio dell’attore che ben può invocare l’illegittimità dell’agere della P.A. quale presunzione semplice della colpa, è agevole riscontrare che l’Omissis, nel corso del giudizio di primo grado, ha puntualmente comprovato la circostanza che l’Amministrazione della Difesa, in realtà, ha nella sua prassi contravvenuto ampiamente alla rigidità dello schema da essa qui rappresentato come inderogabile, trasferendo ad esempio nel 2008 a Lecce un militare specializzato come “meccanico” nella posizione, all’evidenza propria del settore logistico, di “gestore dei materiali”: posizione, quest’ultima che – per l’appunto – ben avrebbe potuto essere data anche all’attuale appellato.

In dipendenza di ciò, quindi, la colpa è stata nella specie comprovata senza che sotto questo specifico aspetto l’Amministrazione appellante abbia contro dedotto, se non negli anzidetti termini di una rigidità negli impieghi derivante dalle predette posizioni di “branca” assolutamente insostenibile.

5. A sua volta, il ricorso incidentale proposto dall’Omissis va parimenti respinto, non risultando nella specie adeguatamente comprovato il danno non patrimoniale da questi subito in dipendenza dei suoi trasferimenti per l’assistenza al proprio familiare.

Il ristoro, a carico dell’Amministrazione intimata, del danno patrimoniale così come individuato nelle sue componenti dal giudice di primo grado, risulta comunque in sé satisfattivo per l’interesse dell’appellato, il quale ha con ciò opportunamente trovato il proprio riconoscimento mediante il parziale accoglimento da parte del T.A.R. della propria domanda (per l’appunto, l’attribuzione del risarcimento per il solo danno patrimoniale, obiettivamente comprovato nella sua materialità).

6. Le spese e gli onorari del presente grado del giudizio seguono la soccombenza di lite, e sono liquidati nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente statuendo sul ricorso principale in epigrafe, lo respinge.
Respinge – altresì – il ricorso incidentale proposto dall’appellato.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, complessivamente liquidati nella misura di € 2.000,00.- (duemila/00), oltre ad I.V.A. e C.P.A.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2012
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Questa è una novità importante nel rispetto della dignità umana.

A volte i giudici vedono oltre rispetto ai nostri burocrati di Ufficiali/Dirigenti in genere.

Il Tar sez. di Bari ha dato torto al M.D. - Stato Maggiore dell’Esercito, Impiego Ufficiali che aveva negato al richiedente il riconoscimento di una " seconda richiesta" di permessi mensili legge 104 in favore dei 2°figlio.

I FATTI:

1) - Trattasi del secondogenito (OMISSIS); per il figlio primogenito, pure riconosciuto portatore di handicap, il ricorrente già ne usufruisce.

2) - Nel secondo caso il beneficio è stato negato dal Ministero della Difesa sul presupposto dell’asserita mancanza del requisito dell’esclusività posto che “la coniuge è nelle condizioni di poter richiedere i benefici di cui al punto 1 in maniera esclusiva per il secondogenito, garantendo così un equo bilanciamento tra le necessità assistenziali dei genitori e le esigenze funzionali delle due Amministrazioni interessate alla problemematica”.

IL TAR chiarisce:

1) - In particolare, il criterio dell’esclusività subisce una parziale deroga –sotto due distinti profili- in considerazione del più stretto grado di parentela. Ed invero, innanzitutto lo stesso dipendente può prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado (anche di secondo grado a certe ulteriori condizioni che non rilevano però nella fattispecie); e, in effetti, alcuna contestazione è stata mossa al ricorrente in relazione alla circostanza che egli sia già stato autorizzato ad usufruire dei benefici per cui è causa rispetto al figlio primogenito.

2) - In secondo luogo, nel particolare caso di figlio portatore di handicap, viene stabilita una deroga alla regola fissata dalla stessa norma per la generalità dei casi, secondo cui il diritto alla fruizione dei permessi mensili non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza “alla stessa persona con handicap in situazione di gravità”. Ed infatti –testualmente- “per l’assistenza allo stesso figlio..il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente”.

3) - In buona sostanza in tali casi il legislatore ha inteso sostituire alla regola dell’esclusività quella dell’alternatività della fruizione in concreto del beneficio, senza tuttavia consentire all’Amministrazione di appartenenza dei genitori di sindacare l’organizzazione familiare. Illegittimamente pertanto nel caso di specie l’Amministrazione della Difesa ha negato al ricorrente il diritto all’assistenza del figlio invocando l’astratta possibilità alternativa che dei richiesti permessi usufruisca in via esclusiva l’altro coniuge.

Per il resto vi rimando alla lettura della sentenza.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 746 del 2010, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carmelo Padalino e Antonio Totaro, con domicilio eletto presso il secondo in Bari, alla via Francesco Curzio dei Mille n.64;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale di Stato di Bari e presso la stessa domiciliata in Bari, alla via Melo n.97; OMISSIS;

per l'annullamento
-del provvedimento del Ministero della Difesa – Stato Maggiore dell’Esercito, Impiego Ufficiali, prot. n. OMISSIS del 4.2.2010, a firma del Capo Dipartimento impiego del personale (contenuto nella nota dell’11.2.2010, prot. n. ……, del OMISSIS, notificato in data 23.2.2010), con il quale veniva determinato il non accoglimento dell’istanza presentata, in data 10.8.2009, dall’esponente, con cui si chiedeva la concessione, ai sensi della legge 5 febbraio 1992 n. 104, dei tre giorni di permesso mensile per l’assistenza al figlio disabile OMISSIS;
-del provvedimento dell’11.02.2010, prot. n. …….., del OMISSIS, in persona del Comandante in carica, notificato in data 23.02.2010, con cui è stato notificato il provvedimento dello Stato Maggiore dell’Esercito prot. n. ……… del 4.2.2010;
-di ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale, o, comunque, incompatibile con la richiesta avanzata dal ricorrente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2012 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori avv. A. Totaro e avv. dello Stato G. Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;

FATTO e DIRITTO
1.- Il sig. OMISSIS, tenente colonnello in servizio presso il OMISSIS, ha chiesto all’Amministrazione di appartenenza il riconoscimento del beneficio di cui all’art.33, comma 3 della legge n.104/92 (permessi mensili) per l’assistenza al figlio, riconosciuto portatore di handicap in situazione di gravità dalla Commissione invalidi civili dell’ASL …...

Trattasi del secondogenito (OMISSIS); per il figlio primogenito, pure riconosciuto portatore di handicap, il ricorrente già ne usufruisce.

Nel secondo caso il beneficio è stato negato dal Ministero della Difesa sul presupposto dell’asserita mancanza del requisito dell’esclusività posto che “la coniuge è nelle condizioni di poter richiedere i benefici di cui al punto 1 in maniera esclusiva per il secondogenito, garantendo così un equo bilanciamento tra le necessità assistenziali dei genitori e le esigenze funzionali delle due Amministrazioni interessate alla problemematica”.

Con atto depositato in data 25.5.2010 si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del gravame.

All’udienza del 31 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2.- Il ricorso è fondato e va accolto.

L’art.33, al comma 3, disciplina il diritto all’assistenza del familiare disabile attraverso la fruizione di tre giorni di permesso mensile retribuito, coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, stabilendo talune condizioni generali (gravità dell’handicap, grado di parentela, esclusività, sempre che il portatore di handicap non risulti ricoverato a tempo pieno).

In particolare, il criterio dell’esclusività subisce una parziale deroga –sotto due distinti profili- in considerazione del più stretto grado di parentela. Ed invero, innanzitutto lo stesso dipendente può prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado (anche di secondo grado a certe ulteriori condizioni che non rilevano però nella fattispecie); e, in effetti, alcuna contestazione è stata mossa al ricorrente in relazione alla circostanza che egli sia già stato autorizzato ad usufruire dei benefici per cui è causa rispetto al figlio primogenito.

In secondo luogo, nel particolare caso di figlio portatore di handicap, viene stabilita una deroga alla regola fissata dalla stessa norma per la generalità dei casi, secondo cui il diritto alla fruizione dei permessi mensili non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza “alla stessa persona con handicap in situazione di gravità”. Ed infatti –testualmente- “per l’assistenza allo stesso figlio..il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente”.

In buona sostanza in tali casi il legislatore ha inteso sostituire alla regola dell’esclusività quella dell’alternatività della fruizione in concreto del beneficio, senza tuttavia consentire all’Amministrazione di appartenenza dei genitori di sindacare l’organizzazione familiare. Illegittimamente pertanto nel caso di specie l’Amministrazione della Difesa ha negato al ricorrente il diritto all’assistenza del figlio invocando l’astratta possibilità alternativa che dei richiesti permessi usufruisca in via esclusiva l’altro coniuge.

Né può rappresentare un impedimento l’invocata direttiva ministeriale (cfr. nota prot. 14569/2009 versata in atti) secondo cui i benefici plurimi sarebbero consentiti solo in assenza di soluzioni alternative, ove il provvedimento gravato abbia inteso darvi attuazione. Ed infatti, stante il chiaro tenore della sovraordinata norma di legge, che non esclude affatto dal proprio ambito di operatività il personale della Difesa, le richiamate disposizioni regolamentari andrebbero in ogni caso disapplicate.

Del resto, come già chiarito chiarito dalla terza Sezione di questo Tar, le modifiche nel tempo apportate alla legge n.104/92 in esame sono state “..complessivamente caratterizzate da una implementazione del diritto all’assistenza del disabile..” e “..tale criterio, che costituisce la ratio legis deve presiedere all’attività di interpretazione di tutte le disposizioni di che trattasi al fine di assicurare coerenza al sistema e compatibilità con i principi costituzionali, anche ex art.3 della Costituzione” (cfr. sentenza n.1329 dell’8.4.2010).

3.- Il ricorso deve dunque essere accolto, con condanna dell’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di giudizio in favore del ricorrente come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Bari (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il diniego gravato. Condanna il Ministero resistente alla rifusione delle spese di giudizio in favore del ricorrente complessivamente liquidate in €.2.000,00 (duemila/00) oltre I.V.A. e C.A.P. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Sabato Guadagno, Presidente
Antonio Pasca, Consigliere
Giacinta Serlenga, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2012
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Se può essere d'aiuto a qualcuno.

Circolare Dipartimento della Funzione Pubblica, Servizio Studi e Consulenza Trattamento Personale, 3 febbraio 2012, n. 1


“Modifiche alla disciplina in materia di permessi e congedi per l'assistenza alle persone con disabilità - decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 ("Attuazione dell'art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi").”


Alle Amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001


1. Premessa.

Sulla Gazzetta ufficiale del 27 luglio 2011, n. 173, è stato pubblicato il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell'art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi). Il decreto è entrato in vigore l'11 agosto 2011.
Gli artt. 3, 4 e 6 del citato decreto hanno modificato il regime del prolungamento del congedo parentale, dei permessi e del congedo straordinario per l'assistenza delle persone in situazione di handicap grave.
Rimane invariato il regime dei permessi, del trasferimento e della tutela della sede per i lavoratori in situazione di handicap grave che fruiscono delle agevolazioni per le esigenze della propria persona, nonché quello del trasferimento e della tutela della sede per i lavoratori che assistono i famigliari disabili.
La presente circolare è stata elaborata a seguito di un lavoro istruttorio di confronto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'INPS e l'INPDAP, con l'obiettivo di fornire indicazioni di carattere generale omogenee per i settori del lavoro pubblico e privato, ferme restando le autonome determinazioni di ciascuna amministrazione nell'esercizio del proprio potere organizzativo e gestionale. Rimane salvo quanto già illustrato dal Dipartimento della funzione pubblica nella Circolare n. 8 del 2008, par. 2.2 e 2.3, a proposito dell'utilizzo frazionato ad ore dei permessi e, per le parti non incompatibili, quanto già detto nella Circolare n. 13 del 2010.

Di seguito si procede quindi ad illustrare le novità apportate dalle menzionate disposizioni, che sostanzialmente riguardano il prolungamento del congedo parentale nel caso di minori disabili, modifiche alla disciplina del congedo biennale, il regime del cumulo dei permessi per l'assistenza a più persone in situazione di handicap grave, la necessità di documentazione a supporto del permesso nel caso di assistenza nei confronti di persone disabili residenti ad oltre 150 Km di distanza stradale rispetto alla residenza del lavoratore.

Valgono anche in questo caso le precisazioni terminologiche compiute nella menzionata Circolare n. 13 del 2010 in ordine alle espressioni "persona disabile" e "persona in situazione di handicap grave".

2. Prolungamento del congedo parentale.

L'art. 3 del d.lgs. n. 119 del 2011 modifica l'art. 33 del d.lgs. n. 151 del 2001. Con la novella viene ridefinita la durata complessiva del congedo parentale nell'ipotesi in cui il minore sia persona in situazione di handicap grave.

Il previgente dettato normativo prevedeva il prolungamento "fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro", con diritto, per tutto il periodo, all'indennità economica pari al 30% della retribuzione. La disposizione aveva dato adito a problemi interpretativi, poiché era sorto il dubbio che il compimento del terzo anno di età del bambino rappresentasse il limite per la fruizione del congedo. Il novellato art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001 stabilisce chiaramente la possibilità, fruibile alternativamente da parte di ciascun genitore del minore in situazione di handicap grave, di beneficiare del prolungamento del congedo parentale per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di normale congedo parentale, di tre anni, da godere entro il compimento dell'ottavo anno di vita del minore stesso (con diritto, per tutto il periodo, all'indennità economica pari al 30% della retribuzione). Il prolungamento del congedo parentale decorre a partire dalla conclusione del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente (art. 33 comma 4).

Si segnala che la modifica non ha riguardato invece il comma 1 dell'art. 42 del citato decreto, che prevede la possibilità per i genitori di fruire, in alternativa al prolungamento del congedo parentale, di due ore di permesso al giorno sino al compimento del terzo anno di vita del bambino. Ne deriva che, dopo l'entrata in vigore della novella, i genitori del minore in situazione di handicap grave continuano a poter fruire - in alternativa al prolungamento del congedo parentale - dei riposi orari retribuiti ma solo fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

Alla luce del vigente disposto normativo, pertanto:

 i genitori, anche adottivi, con bambini fino a tre anni di età hanno la possibilità di fruire, in alternativa, dei tre giorni di permesso mensile ovvero delle due ore di riposo giornaliere ovvero del prolungamento del congedo parentale;

 i genitori, anche adottivi, con bambini oltre i tre anni e fino agli otto anni di vita possono beneficiare, in alternativa, dei tre giorni di permesso mensile ovvero del prolungamento del congedo parentale;

 i genitori, anche adottivi, con figli oltre gli otto anni di età possono fruire dei tre giorni di permesso mensile.

Secondo l'art. 33 del citato d.lgs. n. 151 del 2001, il prolungamento del congedo è accordato "a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore". Valgono comunque anche in questa sede le deroghe esplicitate nella Circolare n. 13 del 2010 al paragrafo 5, lett. a).

3. Modifica della disciplina sul congedo di cui all'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.

L'art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011 ha modificato la disciplina del congedo straordinario contenuta nell'art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001. L'attuale disciplina del congedo è pertanto contenuta nei commi da 5 a 5 quinquies del menzionato art. 42. Di seguito vengono forniti chiarimenti circa: i soggetti legittimati alla fruizione del congedo, le modalità di fruizione, la durata del congedo e il trattamento economico spettante.

a) I soggetti legittimati alla fruizione del congedo.

Come noto, dopo l'entrata in vigore della l. n. 388 del 2000, con la quale è stato introdotto il congedo per l'assistenza alle persone in situazione di handicap grave, la Corte costituzionale in più occasioni ha avuto modo di pronunciarsi sulla disposizione in esame, da ultimo estendendo, con la sentenza n. 19 del 2009, la possibilità di fruire del congedo anche in favore dei figli conviventi di persone con handicap grave in caso di mancanza di altri soggetti idonei. Con il recente intervento normativo è stato individuato un elenco di persone legittimate alla fruizione del congedo, stabilendo un ordine di priorità e prevedendo in particolare che esso spetta ai seguenti soggetti:

1) coniuge convivente della persona in situazione di handicap grave;

2) padre o madre, anche adottivi o affidatari, della persona in situazione di handicap grave, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;

3) uno dei figli conviventi della persona in situazione di handicap grave, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Si segnala che la possibilità di concedere il beneficio ai figli conviventi si verifica nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente ed entrambi i genitori) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti);

4) uno dei fratelli o sorelle conviventi nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi della persona in situazione di handicap grave siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Anche in tale ipotesi, la possibilità di concedere il beneficio ai fratelli conviventi si verifica solo nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente, entrambi i genitori e tutti i figli conviventi) si trovino in una delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti).
Per quanto riguarda i concetti di "mancanza" e "patologie invalidanti" si rinvia alle indicazioni fornite nella citata Circolare n. 13 (par. 2).

A fronte di alcune richieste di parere sul punto, si aggiunge che, poiché l'ordine dei soggetti possibili beneficiari è stato indicato direttamente ed espressamente dalla legge, la quale ha pure stabilito le condizioni in cui si può "scorrere" in favore del legittimato di ordine successivo, tale ordine non si ritiene derogabile. Pertanto, per l'individuazione dei legittimati non pare possibile accogliere dichiarazioni di rinuncia alla fruizione al fine di far "scattare" la legittimazione del soggetto successivo, né dare rilievo a situazioni di fatto o di diritto che non siano state esplicitamente considerate nella norma (come, ad esempio, la circostanza che il coniuge convivente sia lavoratore autonomo o imprenditore).

Il diritto al congedo è subordinato per tutti i soggetti legittimati, tranne che per i genitori, alla sussistenza della convivenza. Questo requisito è provato mediante la produzione di dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445 del 2000, dalle quali risulti la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione (art. 4 del d.P.R. n. 223 del 1989). In linea con l'orientamento già espresso in precedenza, al fine di venire incontro all'esigenza di tutela delle persone disabili, il requisito della convivenza previsto nella norma si intende soddisfatto anche nel caso in cui la dimora abituale del dipendente e della persona in situazione di handicap grave siano nello stesso stabile (appartamenti distinti nell'ambito dello stesso numero civico) ma non nello stesso interno. Sempre al fine di agevolare l'assistenza della persona disabile, il requisito della convivenza potrà ritenersi soddisfatto anche nei casi in cui sia attestata, mediante la dovuta dichiarazione sostitutiva, la dimora temporanea, ossia l'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989, pur risultando diversa la dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile. Le amministrazioni disporranno per gli usuali controlli al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni (art. 71 del citato d.P.R. n. 445 del 2000).

Il nuovo comma 5 bis dell'art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 estende anche al congedo in esame il principio del "referente unico" già introdotto dall'art. 24 della l. n. 183 del 2010 per i permessi ex lege n. 104 del 1992. Infatti, la norma stabilisce che il congedo straordinario di cui all'art. 42 citato ed i permessi di cui all'art. 33 della l. n. 104 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona in situazione di handicap grave. Ne consegue che, in base alla legge, la fruizione dei permessi e del congedo dovranno concentrarsi in capo al medesimo legittimato e, pertanto, non sarà possibile beneficiare del congedo per assistere una persona disabile nell'ipotesi in cui un altro lavoratore risulti autorizzato a fruire dei permessi di cui all'art. 33, comma 3, della l . n. 104 del 1992 per la stessa persona. Allo stesso modo, non potranno essere fruiti i permessi di cui all'art. 33, comma 3, della citata legge per assistere una persona in situazione di handicap grave nell'ipotesi in cui un altro lavoratore risulti autorizzato a beneficiare di periodi di congedo per la stessa persona. Fanno eccezione a questa regola i genitori, anche adottivi, del minore in situazione di handicap grave, i quali possono fruire delle prerogative in maniera alternata anche nell'arco dello stesso mese.

b) Le modalità di fruizione.

Il d.lgs. n. 119 del 2011 ha modificato il disposto dell'ex comma 5 dell'art. 42 in esame, prevedendo all'attuale comma 5 bis che "i genitori, anche adottivi, possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'art. 33, commi 2 e 3, della l. n. 104 del 1992 e 33, comma 1, del presente decreto.". A seguito della modifica, i genitori possono fruire delle predette agevolazioni (permessi di tre giorni mensili, permessi di due ore al giorno, prolungamento del congedo parentale) anche in maniera cumulata con il congedo straordinario nell'arco dello stesso mese, mentre è precluso il cumulo dei benefici nello stesso giorno. La conclusione vale anche nel caso in cui la fruizione delle agevolazioni avvenga da parte di un solo genitore, che, pertanto, nell'arco dello stesso mese può fruire del congedo ex art. 42, commi 5 ss., d.lgs. n. 151 del 2001 e dei permessi di cui all'art. 33, commi 2 e 3, della l. n. 104 del 1992 o del prolungamento del congedo parentale. Analogamente, il dipendente che assiste una persona in situazione di handicap grave diversa dal figlio nell'ambito dello stesso mese può fruire del congedo in esame e del permesso di cui all'art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992. Deve quindi intendersi superato quanto detto nella Circolare n. 13 del 2010, al paragrafo 4, in ordine alla preclusione rispetto al cumulo tra congedo ex art. 42, comma 5, e permessi. A fronte di alcune richieste di chiarimento in proposito, si precisa, inoltre, che nel caso di fruizione cumulata nello stesso mese del congedo (ovvero di ferie, aspettative od altre tipologie di permesso) e dei citati permessi di cui all'art. 33, comma 3, da parte del dipendente a tempo pieno questi ultimi spettano sempre nella misura intera stabilita dalla legge (3 giorni) e non è previsto un riproporzionamento.

In base a quanto previsto dall'art. 42, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, per i genitori rimane comunque ferma l'alternanza, nell'arco dello stesso mese, tra la fruizione delle due ore di permesso al giorno (art. 33, comma 2, della l. n. 104 del 1992), il prolungamento del congedo parentale (art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2001) e le tre giornate di permesso al mese (art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992).

Il congedo è fruibile anche in modo frazionato (a giorni interi, ma non ad ore). Affinché non vengano computati nel periodo di congedo i giorni festivi, le domeniche e i sabati (nel caso di articolazione dell'orario su cinque giorni), è necessario che si verifichi l'effettiva ripresa del lavoro al termine del periodo di congedo richiesto. Tali giornate non saranno conteggiate nel caso in cui la domanda di congedo sia stata presentata dal lunedì al venerdì, se il lunedì successivo si verifica la ripresa dell'attività lavorativa ovvero anche un'assenza per malattia del dipendente o del figlio. Pertanto, due differenti frazioni di congedo straordinario intervallate da un periodo di ferie o altro tipo di congedo, debbono comprendere ai fini del calcolo del numero di giorni riconoscibili come congedo straordinario anche i giorni festivi e i sabati (per l'articolazione su cinque giorni) cadenti subito prima o subito dopo le ferie o altri congedi o permessi.
Quanto precede vale anche nel caso in cui il dipendente richiedente abbia un rapporto di lavoro part-time con l'amministrazione. Nel caso di part-time verticale, il conteggio delle giornate dovrà essere effettuato sottraendo i periodi in cui non è prevista l'attività lavorativa, considerato che in tale ipotesi la prestazione e la retribuzione del dipendente sono entrambe proporzionate alla percentuale di part-time.

c) La durata del congedo.

Per quanto riguarda la durata, il novellato comma 5 bis dell'art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 precisa che "il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa".

Dalla disposizione si evince un duplice principio: da un lato, la norma stabilisce che ciascuna persona in situazione di handicap grave ha diritto a due anni di assistenza a titolo di congedo straordinario da parte dei famigliari individuati dalla legge, dall'altro, il famigliare lavoratore che provvede all'assistenza può fruire di un periodo massimo di due anni di congedo per assistere i famigliari disabili.

Al riguardo, si deve tener conto del fatto che il congedo di cui all'art. 42, commi 5 ss., rappresenta una species nell'ambito del genus di congedo disciplinato dall'art. 4, comma 2, della l. n. 53 del 2000. Tale disposizione stabilisce che "i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni". Pertanto, il "contatore" complessivo a disposizione di ciascun dipendente è comunque quello di due anni nell'arco della vita lavorativa, a prescindere dalla causa specifica per cui il congedo è fruito. Si chiarisce, così, che utilizzati i due anni, ad esempio, per il congedo ex art. 42, commi 5 ss., il dipendente avrà esaurito anche il limite individuale per "gravi e documentati motivi familiari". Si chiarisce, altresì, che, trattandosi di limite massimo individuale, ad un lavoratore o una lavoratrice che nel tempo avesse fruito, ad es., di un anno e quattro mesi di permessi anche non retribuiti "per gravi e documentati motivi familiari", il congedo di cui all'art. 42, comma 5, potrà essere riconosciuto solo nel limite di otto mesi.

Va evidenziato che nell'ipotesi in cui la situazione di handicap grave rivedibile non sia confermata da parte dell'apposita commissione, il dipendente decade dal beneficio, con la conseguenza che l'amministrazione non potrà riconoscere la fruizione del congedo, né dei permessi. Inoltre, la fruizione del congedo non può essere accordata per un periodo che superi l'eventuale termine di efficacia dell'accertamento di handicap grave.

Si segnala che, in base a quanto risulta dai CCNL (art. 23 CCNL comparto ministeri del 16 maggio 2001, art. 6 CCNL regioni ed autonomie locali del 14 settembre 2000, art. 33 CCNL comparto enti pubblici non economici del 14 febbraio 2001, art. 35 CCNL comparto S.S.N. del 20 settembre 2001), in linea anche con l'orientamento già manifestato dall'ARAN, in caso di part-time verticale la durata del congedo deve essere riproporzionata in osservanza della regola generale espressa nelle clausole, precisandosi che tale modalità applicativa continua ad applicarsi sin quando perdura la situazione che l'ha originata, ossia sino a quando il dipendente fruisce del part-time verticale.

d) Il trattamento spettante durante il congedo.

Il nuovo comma 5-ter dell'art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001 stabilisce che il dipendente che fruisce del congedo straordinario ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, ma con riferimento esclusivamente alle voci fisse e continuative del trattamento. L'indennità, pertanto, è corrisposta nella misura dell'ultima retribuzione percepita e cioè quella dell'ultimo mese di lavoro che precede il congedo, con esclusione degli emolumenti variabili della retribuzione accessoria, che non abbiano, cioè, carattere fisso e continuativo. L'indennità al lordo della relativa contribuzione, per esplicita previsione normativa, spetta fino all'importo complessivo annuo pari a € 43.579,06 (importo riferito all'anno 2010). Detto importo è rivalutato annualmente a decorrere dall'anno 2011, sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. L'importo si intende al lordo della contribuzione, con riferimento alla quota a carico dell'ente datore di lavoro e a quella a carico del lavoratore.

Ai sensi del comma 5-quinquies del citato articolo, i periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e trattamenti di fine servizio (cfr.: Circolare INPDAP n. 11 del 2001), ma, essendo coperti da contribuzione, sono validi ai fini del calcolo dell'anzianità. Si precisa che il riferimento alla contribuzione figurativa contenuto nella norma vale solo per i lavoratori del settore privato e non per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, poiché per questi ultimi la contribuzione va calcolata, trattenuta e versata, secondo le ordinarie regole, sulla base dei trattamenti corrisposti (circolare INPDAP n. 2 del 2002). Tale contribuzione deve essere versata ai fini del trattamento pensionistico, a seconda della gestione cui risulta iscritto il lavoratore beneficiario, a favore della gestione unitaria delle attività sociali e creditizie nonché a favore dell'assicurazione sociale vita. In considerazione del previsto limite di spesa complessivo tra indennità da erogare e contribuzione, si sottolinea, inoltre, che non sono valorizzabili ai fini pensionistici, neanche tramite accredito figurativo a carico della gestione previdenziale, gli importi di retribuzione eccedenti i limiti massimi imposti.

Il trattamento non è invece assoggettato alla contribuzione TFS/TFR, in quanto, come visto, il congedo di cui trattasi non rileva a tali fini.

Si coglie l'occasione per fornire chiarimenti in merito al regime speciale di contribuzione vigente per i dipendenti di amministrazioni pubbliche privatizzate. In proposito, l'art. 20 del d.l. n.112 del 2008, convertito in l. n. 133 del 2008, prevede, a decorrere dal 1 gennaio 2009, per le imprese privatizzate dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali, con personale optante (ai sensi dell'art. 5 della l. n. 274 del 1991) per il mantenimento dell'iscrizione ad INPDAP l'obbligo del versamento all'INPS della contribuzione per maternità (congedi e riposi previsti dal d.lgs. n. 151 del 2001; permessi ex lege n. 104 del 1992). Come precisato dall'INPDAP con la nota operativa n. 18 del 22 dicembre 2009 e dall'INPS con la circolare n. 114 del 30 dicembre 2008, a decorrere dalla medesima data, l'INPS è tenuto ad erogare ai suddetti optanti - indipendentemente, quindi, dalla gestione pensionistica di loro appartenenza - le previste prestazioni economiche di maternità ed a riconoscere la relativa contribuzione figurativa, da valorizzare successivamente in INPDAP tramite la ricongiunzione d'ufficio prevista dall'art. 6 della l. n. 29 del 1979. Anche l'indennità collegata al congedo straordinario ex art. 42 rientra tra le prestazioni economiche di maternità erogate dall'INPS e coperte da contribuzione figurativa, cui fa riferimento la previsione del citato art. 20 (cfr. messaggio INPS n. 31250 del 10 dicembre 2010). Pertanto, per i lavoratori sopra individuati, durante i periodi di congedo straordinario, nessuna contribuzione è dovuta ad INPDAP.

Il comma 5-quarter (anch'esso introdotto dall'art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011) prevede che con la fruizione di un periodo di congedo straordinario continuativo non superiore a sei mesi il dipendente matura il diritto a fruire di permessi non retribuiti (senza diritto a contribuzione figurativa) in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbe maturato nello stesso arco di tempo lavorativo. Si precisa che gli stessi, non essendo retribuiti, non sono parimenti assoggettabili a contribuzione.

4. Il regime del cumulo dei permessi per l'assistenza a più persone in situazione di handicap grave.

L'art. 6 del d.lgs. n. 119 del 2011 restringe la platea dei legittimati alla fruizione dei permessi per l'assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave. Infatti, in base al nuovo periodo aggiunto al comma 3 dell'art. 33 della legge n. 104 del 1992, "Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado oppure entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.". Tale disposizione contempla la fattispecie in cui lo stesso lavoratore intenda cumulare i permessi per assistere più disabili. La norma va intesa nel senso che il cumulo di più permessi in capo allo stesso lavoratore è ammissibile solo a condizione che il famigliare da assistere sia il coniuge o un parente o un affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora entrambi i genitori o il coniuge della persona in situazione di handicap grave abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti e il cumulo delle agevolazioni sarà consentito al massimo per l'assistenza nell'ambito del secondo grado di parentela o affinità.

5. La documentazione circa il raggiungimento del luogo di residenza della persona in situazione di handicap grave nel caso di fruizione dei permessi previsti dall'art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992.

L'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 119 del 2011 ha modificato l'art. 33 della l. n. 104 del 1992 aggiungendo il comma 3 bis. La disposizione prevede che "Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell'assistito".

In base alla nuova previsione, il lavoratore che fruisce dei permessi dovrà provare di essersi effettivamente recato, nei giorni di fruizione degli stessi, presso la residenza del famigliare da assistere, mediante l'esibizione del titolo di viaggio o altra documentazione idonea (a mero titolo di esempio, ricevuta del pedaggio autostradale, dichiarazione del medico o della struttura sanitaria presso cui la persona disabile è stata accompagnata, biglietto del mezzo pubblico utilizzato per lo spostamento in loco), la cui adeguatezza verrà valutata dall'amministrazione di riferimento, fermo restando che l'assenza non potrà essere giustificata a titolo di permesso ex lege n. 104 del 1992 nell'ipotesi in cui il lavoratore non riesca a produrre al datore l'idonea documentazione.

La disposizione fa riferimento al luogo di residenza del dipendente e della persona in situazione di handicap grave. Il presupposto per l'applicazione della norma è pertanto quello del luogo in cui è fissata la residenza anagrafica per entrambi i soggetti interessati. Considerato che la finalità della norma è quella di assicurare l'assistenza alle persone disabili, in base alla legge occorre far riferimento alla residenza, che è la dimora abituale della persona, mentre non è possibile considerare il domicilio, che, secondo la definizione del c.c., è "nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi". Anche in questo caso, l'amministrazione potrà dare rilievo alla dimora temporanea (ossia, come visto, l'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989) attestata mediante la relativa dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000.

6. Rilevazione dati relativi ai permessi per l'assistenza alle persone in situazione di handicap grave.

Infine, si rammenta a tutte le Amministrazioni l'adempimento previsto dall'art. 24 della l. n. 183 del 2010 ai fini della rilevazione sulla fruizione dei permessi per l'assistenza alle persone in situazione di handicap grave e si raccomanda il rispetto del termine previsto dalla legge (31 marzo di ogni anno). Si segnala altresì che, considerate le richieste pervenute e tenendo conto del fatto che si tratta del primo anno di gestione del sistema, sarà ancora consentito per i mesi di gennaio e febbraio del 2012 comunicare i dati relativi all'anno 2010.

IL MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E LA SEMPLIFICAZIONE

Cons. Filippo Patroni Griffi
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Per notizia

Finalmente un'altra sentenza in favore dei militari.

Ex art. 33, comma 5, legge n.104/92

Il Consiglio di Stato nel rigettare l'Appello proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dal Comando Generale della Guardia di Finanza ha precisato che:

1) - Parte appellante insiste al riguardo sul fatto dell’assenza del requisito della continuità ed esclusività nell’assistenza prestata al familiare handicappato, ma tale circostanza non vale ad impedire il riconoscimento del beneficio di che trattasi, per la semplice ragione che tale requisito non è più vigente in forza delle modifiche apportate all’art.33 della legge n.104/92 dalle disposizioni innovative recate dalla legge n.183/2010 che all’art.24 ha espressamente eliminato la continuità ed esclusività nell’assistenza quale presupposto necessario per il riconoscimento del beneficio.
de quo.

2) - Quanto poi all’applicabilità o meno della più recente normativa di favore agli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia ( cui i inclusa a pieno titolo la Guardia di Finanza ) la Sezione, ponendosi sulla scia di quanto peraltro già affermato da questo Consesso in altre analoghe occasioni ( Cons. Stato Sez. III 7 marzo 2012 n.1253), qui ribadisce quanto già statuito in un recentissima decisione, la n. 4106 dell’11 luglio 2012, e cioè che non è di impedimento alla immediata applicazione delle disposizioni legislative appena illustrate la norma di cui all’art.19 della stessa legge n.183/2010 che rinviava in ragione della specificità del rapporto di appartenenza alle FF.AA. ad altra disciplina, dovendosi peraltro ritenere superata la disciplina contenuta sul punto dalla circolare n.379389, risalente al 2009.

Il resto potete leggerlo in sentenza qui sotto.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

N. 04620/2012REG.PROV.COLL.
N. 05264/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 5264 del 2012, proposto da:

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
S. G., rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Maffettone, Marco Trevisan, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via G.B. De Rossi N. 30;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 04273/2012, resa tra le parti, concernente assegnazione all'interno del territorio nazionale dei neo marescialli frequentatori dell' 80° corso "allievi marescialli"

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di S. G.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2012 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Andrea Maffettone e Alessandro Maddalo (avv.St.);
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato quanto segue in :

FATTO e DIRITTO
Il sig. G. S., dopo aver superato la procedura concorsuale bandita dal Comando Generale della Guardia di Finanza per la partecipazione all’80° Corso per Allievi Marescialli, frequentava con esito favorevole il corso di formazione presso la Scuola Ispettori e Sovrintendenti di L’Aquila .

A conclusione di tale corso, in relazione all’adottanda determinazione di assegnazione ai vari reparti l’interessato con istanza del 1 dicembre 2011 reiterata , con memoria del successivo giorno 28 dicembre, prodotta a corredo della “scheda di pianificazione trasferimenti” chiedeva di essere assegnato presso uno dei reparti compresi nel Comando Provinciale di Napoli ai sensi dell’art.33 comma 5 della legge n.104/92 , per assistere, con l’assegnazione ad una sede di servizio più vicina al domicilio, un proprio familiare affetto da handicap in situazione di gravità, il fratello, di cui era anche tutore legale
Con nota del 21 dicembre 2011 indirizzata all’Ispettorato per gli Istituti di istruzione il Comandante della Scuola Ispettori e Sovrintendenti esprimeva parere contrario alla predetta richiesta e il predetto Ispettorato con nota del 23 dicembre 2011 inviata al Comando Generale della Guardia di Finanza concordava con il parere formulato dal Comandante della predetta Scuola .

Le richieste avanzate dal G. non venivano però definite dall’Amministrazione militare e con determina del 25 febbraio 2012 del Comando Generale della Guardia di Finanza recante l’assegnazione dei neo marescialli frequentatori dell’80° corso allievi marescialli presso i vari comandi territoriali, il predetto veniva assegnato presso il nucleo PT di Palermo.

Il sottufficiale con ricorso giurisdizionale proposto innanzi al Tar per il Lazio impugnava la determina in questione nella parte in cui lo assegnava al Nucleo PT di Palermo e non prendeva in considerazione la sua istanza volta ad ottenere come assegnazione uno dei reparti posti alle dipendenze del Comando della G.d.f di Napoli, ai sensi dell’art.33 comma 5 della legge n.104/92, deducendo la illegittimità dell’inerzia serbata su tale richiesta e comunque del diniego implicitamente assunto nei riguardi di tale istanza in sede di assegnazione al reparto di destinazione:

il ricorrente sosteneva in quella sede altresì la sussistenza del “suo buon diritto” ad ottenere il beneficio richiesto.

Con atto di motivi aggiunti il suindicato militare impugnava altresì la nota 92 del 28 febbraio 2012 con cui il Comandante della Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza di L’Aquila ha restituito al corso allievi la pratica relative alle istanze formulate dall’interessato ai sensi dell’art.33 della legge n.104/92.

L’adito Tribunale con sentenza 4273/2012 ha accolto i gravami proposti, giudicandoli fondati.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comando Generale della Guardia di Finanza hanno impugnato tale decisum , ritenendolo errato ed ingiusto.

A sostegno dell’appello con un unico articolato motivo viene dedotta la erroneità delle assunte statuizioni giacchè, avuto riguardo alla natura giuridica del provvedimento di assegnazione, questo rientrerebbe nel genus degli ordini, come tale non necessiterebbe di specifica motivazione.

Quanto al diniego opposto alla richiesta di trasferimento ex art.33 citato, parte appellante nega la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa di favore in discussione, mancando, in particolare, il requisito della continuità ed esclusività dell’assistenza in favore del familiare in stato di handicap non senza far presente che le modiche normative introdotte sul punto dall’art.24 della legge n.183/2010 non sono direttamente ed immediatamente applicabili al personale appartenente alla Forze Armate e di Polizia.
Si è costituito in giudizio il Maresciallo S. G. che ha contestato la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.

All’odierna camera di consiglio, la causa, avvisate le parti, viene introitata per essere definita con sentenza in forma semplificata.

Tanto premesso, l’appello è infondato, meritando le statuizioni rese dal primo giudice con l’impugnata sentenza integrale conferma.

In primo luogo, quanto alla questione relativa alla sussistenza o meno nel caso de quo dell’obbligo motivazionale in capo all’Amministrazione militare, vale quanto acutamente osservato dal TAR, lì dove correttamente il primo giudice ha avuto modo di rilevare che nella specie non si discute della legittimità del provvedimento di assegnazione quale atto organizzativo in sè, come tale non suscettibile di essere motivato: qui l’atto del Comandante Generale che assegna l’appellato viene in rilievo nella parte in cui oblitera completamente le richieste dell’interessate che, senza essere state definite con autonoma determinazione, comunque andavano, quanto meno, “affrontate” nella sede naturale dell’assegnazione del sottufficiale ai reparti operativi del Corpo all’indomani della chiusura del corso.

Ora è indubbio che i competenti organi della Guardia di Finanza dovevano dare contezza delle loro determinazioni in ordine alle istanze di concessione del beneficio richiesto ex art. 33, comma 5, legge n.104/92, obbligo ancora più pregante stante l’espressa previsione di apposite disposizioni in ordine all’applicabilità della legge n.104/92 contenute al punto 5 del “Testo Unico sulla mobilità del personale appartenente ai ruoli ispettori , sovrintendenti, appuntati e finanzieri” ( circolare n.379389/09).

L’assenza di riferimenti alla richiesta di applicazione dei benefici per cui è causa e la mancata esposizione delle ragioni di non definizione di tale istanza comporta necessariamente la illegittimità della determina di assegnazione,in parte qua, puntualmente gravata in primo grado.

Il Collegio è altresì chiamato pronunciarsi sugli aspetti sostanziali della pretesa posta al centro della controversia, anche in ragione degli specifici profili di doglianza dedotti dalla parte appellante in ordine alla legittimità del diniego opposto.

Sul punto della insussistenza dei requisiti in capo all’appellato per usufruire dei benefici di che trattasi, la tesi difensiva dell’ Amministrazione militare è priva di fondamento, dovendosi invero rilevare, come peraltro esattamente accertato dal primo giudice , la non opponibilità da parte dei competenti organi militari, del diniego di concessione del beneficio de quo e in definitiva, dare atto della sussistenza delle condizioni di fatto e di diritto richieste dal OMISSIS per farsi luogo all’applicabilità delle normativa volta ad assicurare le esigenze di assistenza dell’handicappato a mezzo del trasferimento nella sede più vicina al domicilio del familiare ( militare ) deputato a prestare l’assistenza in questione.

Parte appellante insiste al riguardo sul fatto dell’assenza del requisito della continuità ed esclusività nell’assistenza prestata al familiare handicappato, ma tale circostanza non vale ad impedire il riconoscimento del beneficio di che trattasi, per la semplice ragione che tale requisito non è più vigente in forza delle modifiche apportate all’art.33 della legge n.104/92 dalle disposizioni innovative recate dalla legge n.183/2010 che all’art.24 ha espressamente eliminato la continuità ed esclusività nell’assistenza quale presupposto necessario per il riconoscimento del beneficio.

de quo.

Quanto poi all’applicabilità o meno della più recente normativa di favore agli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia ( cui i inclusa a pieno titolo la Guardia di Finanza ) la Sezione, ponendosi sulla scia di quanto peraltro già affermato da questo Consesso in altre analoghe occasioni ( Cons. Stato Sez. III 7 marzo 2012 n.1253), qui ribadisce quanto già statuito in un recentissima decisione, la n. 4106 dell’11 luglio 2012, e cioè che non è di impedimento alla immediata applicazione delle disposizioni legislative appena illustrate la norma di cui all’art.19 della stessa legge n.183/2010 che rinviava in ragione della specificità del rapporto di appartenenza alle FF.AA. ad altra disciplina, dovendosi peraltro ritenere superata la disciplina contenuta sul punto dalla circolare n.379389, risalente al 2009.

In forza delle suestese notazioni l’appello deve considerarsi infondato e, pertanto, va respinto.

Sussistono, peraltro giusti motivi, avuto riguardo alla peculiarità della vicenda all’esame, per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.
Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/08/2012
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/1992.

Ricorso Accolto e sentenza innovativa.
Il resto potete leggerlo in sentenza.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

19/10/2012 201208702 Sentenza Breve 1Q


N. 08702/2012 REG.PROV.COLL.
N. 07433/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7433 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Trimarco, con domicilio eletto presso Ernesto Trimarco in Roma, via degli Scipioni, 252;

contro
Ministero della Giustizia - (D.A.P.), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen. Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
della circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003;
del provvedimento G-DAP 0239327-2012 del 22.6.2012 di diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/1992, notificato al ricorrente in data 2.7.2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - (D.A.P.);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 il dott. Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Con il ricorso in epigrafe sono stati impugnati : Circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003; Provvedimento DAP 0239327-2012 del 22.6.2012 di diniego di trasferimento ai sensi dell’art. 33, 5, L. 104/1992.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto :

1). Violazione e falsa applicazione artt. 5 e 33, 3-5, L. 104/1992, novellati dalla L. 183/2010 e in relazione alla circolare della Presidenza Consiglio Ministri DFP n. 13 del 6.12.2010; violazione artt. 1 e ss. CEDU; art. 26 Carta diritti fondamentali UE e artt. 2 e 117 Cost.; eccesso di potere per falsità presupposti applicativi, sviamento funzione tipica dell’istituto e travisamento dei fatti, vizio di motivazione per violazione artt. 3 e 10 nonies L. 241/1990.

Nella specie, il ricorrente è addetto alla Casa circondariale di T. e distaccato per mandato elettorale a P. Omissis. Con l’istanza di trasferimento chiede la sede di P. Omissis ex art. 33, 5 comma, L. 104/1992.
I). In via preliminare, deve essere richiamata la normativa in materia.

L'articolo 33, comma 5, del d.P.R. 5.2.1992, n. 104 dispone che "... il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado disabile ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".

Il testo citato è stato modificato dall'articolo 19 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che ha soppresso il requisito, prima richiesto, della convivenza con il familiare disabile; l'articolo 20 della medesima legge n. 53 ha poi stabilito che "le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente".

Come noto, la ratio dell'articolo 33, comma 5, è quella di tutelare il rapporto assistenziale, in atto con carattere di continuità, nel presupposto che lo stesso esprima valori di solidarietà familiare e umana aventi fondamento costituzionale; ciò si basa sul fatto che la relazione assistenziale ha un contenuto affettivo intimo e personale e che la sua instaurazione dipende da una scelta individuale che non può essere imposta, dipendendo la stessa da una libera e consapevole assunzione di responsabilità del singolo.

L’interpretazione letterale e logica della disposizione dell'articolo 33 impone di escludere tra i suoi presupposti, la inesistenza di altri familiari che possano prestare la dovuta assistenza al congiunto o la impossibilità da parte di questi congiunti di prestarla, cioè la cd. esclusività della relazione assistenziale: quest'ultimo requisito è però senza dubbio stato introdotto, sia pure con una tecnica normativa a dir poco infelice, dal citato articolo 20 della legger n. 53.

Orbene, è indubbio che attualmente, proprio alla luce delle modifiche normative intervenute e soprattutto di quelle più recenti, può affermarsi, sul piano generale che, per usufruire del diritto al trasferimento nella sede più vicina alla residenza del familiare da assistere, il dipendente deve dare prova, con dati e elementi oggettivi, della necessità di dover prestare assistenza al familiare disabile e che nessun altro familiare sia in grado o possa assicurare tale assistenza, fatte salve le irrinunciabili esigenze organizzative e funzionali dell'Amministrazione.

II). Passando al merito il ricorso è fondato.

Nel caso di specie la PA ha negato il trasferimento in quanto ha ritenuto insussistente il requisito della continuità della prestazione assistenziale ed esclusività nei confronti del congiunto (madre del ricorrente).
La giurisprudenza ha precisato in più occasioni che :

a). l’esclusività deve essere intesa come inesistenza di altri congiunti che siano disponibili a prestare e che, in concreto, prestino in modo adeguato assistenza al congiunto, indipendentemente dalle ragioni di tale indisponibilità, che possono essere oggettive ma anche soggettive proprio perché la relazione in questione ha un essenziale contenuto affettivo e emotivo e dipende dal concreto atteggiarsi dei legami tra soggetti;

b). è, pertanto, sufficiente solo il requisito dell'esclusività, inteso come indisponibilità di altri parenti a provvedere all'assistenza.

L'interpretazione proposta non si traduce nell'assegnazione di un beneficio al soggetto che abbia un parente o affine portatore di handicap ma nell'attribuzione, in applicazione di esigenze solidaristiche aventi un indubbio valore costituzionale, di un beneficio a chi già si sia spontaneamente e responsabilmente assunto il compito - oltretutto assai oneroso materialmente e psicologicamente - di prestare assistenza a un congiunto disabile instaurando con lo stesso il rapporto assistenziale.

In altri termini la disposizione dell'articolo 33, comma 5, considera un valore in sé la relazione assistenziale continua ed esclusiva (nel senso chiarito) che nasce spontaneamente tra il disabile e il suo familiare o affine e come tale la riconosce e protegge, nel presupposto che tale relazione ha un contenuto emotivo e affettivo oltre che materiale.

È chiaro che, alla base della disposizione, come modificata nel 2000, vi è anche - e forse soprattutto - la preoccupazione di evitare i possibili abusi, ma tali abusi possono essere evitati attraverso la puntuale verifica delle situazioni di fatto.

In questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.

La mera esistenza di altri familiari potenzialmente in grado di fornire assistenza, quindi, non costituiva di per sé ragione per negare il beneficio; piuttosto l'amministrazione, anche nell'ottica di evitare abusi, avrebbe dovuto verificare che tali altri familiari non fossero disponibili a prestare adeguata assistenza o non avessero instaurato essi stessi una relazione assistenziale con il proprio congiunto; solo in questo caso (e salve esigenze prevalenti di servizio) l'amministrazione avrebbe potuto giustificare un diniego.

In conclusione il ricorso deve essere accolto e gli atti impugnati annullati per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104., potendo restare assorbiti gli ulteriori motivi dedotti.

Tenuto conto della complessità della questione si dispone l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando :
Accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/10/2012
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Giusto per notizia ai colleghi CC.

La Pub. C-14 sulle licenze, permessi, ecc., del C.G.A. CC. alla pag. 69 punto 11 "Esonero dal servizio notturno" prevede: "Il personale non dirigente che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, può, a domanda, essere esonerato dal prestare servizio notturno (nota 152bis).
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Per opportuna notizia anche se è di diverso argomento.

Cmq. riguarda una norma della Regione autonoma della Sardegna rispetto alla legge dello Stato Italiano.

1) - Legge 21 maggio 1998, n.162

"Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave"
(Pubblicata in G.U. 29 maggio 1998, n. 123)

2) - Fondo per la non autosufficienza: piani personalizzati di sostegno in favore delle persone con grave disabilità.

3) - Riconoscimento dello stato di handicap grave, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992.

Inserisco il Parere espresso dal Consiglio di Stato a seguito di un ricorso straordinario al PDR e che ha accolto il ricorso.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

09/11/2012 201104892 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 11/07/2012


Numero 04687/2012 e data 09/11/2012


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 11 luglio 2012

NUMERO AFFARE 04892/2011

OGGETTO:
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto da R. F. per chiedere l’annullamento della deliberazione della Regione autonoma della Sardegna n. 45/18, in data 21 dicembre 2010, avente ad oggetto: “Legge n. 162/1998. Fondo per la non autosufficienza: piani personalizzati di sostegno in favore delle persone con grave disabilità. Parziale modifica dei criteri per la predisposizione e l’erogazione dei finanziamenti”, e relativi allegati; nonché della nota del Comune di Terralba , in data 28 febbraio 2011, di comunicazione ed approvazione del piano personalizzato di sostegno per le persone con grave disabilità, in favore di OMISSIS e del suo ammontare pari ad € 7.050,00,, per il periodo marzo-dicembre 2011.

LA SEZIONE
Vista la relazione n.0000996 del 08/11/2011, con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per l'inclusione, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore Consigliere Paolo De Ioanna;

Premesso
1.Il ricorrente, R. F., in qualità di genitore che esercita la potestà sul minore OMISSIS, chiede l’annullamento della deliberazione della Regione autonoma della Sardegna n. 45/18, in data 21 dicembre 2010, avente ad oggetto: “Legge n. 162/1998. Fondo per la non autosufficienza: piani personalizzati di sostegno in favore delle persone con grave disabilità. Parziale modifica dei criteri per la predisposizione e l’erogazione dei finanziamenti”, e relativi allegati; nonché della nota del Comune di Terralba , in data 28 febbraio 2011, di comunicazione ed approvazione del piano personalizzato di sostegno per le persone con grave disabilità, in favore di OMISSIS e del suo ammontare pari ad € 7.050,00, per il periodo marzo-dicembre 2011.

La citata delibera n. 45/18 del 2010 della Giunta della Regione autonoma della Sardegna ha introdotto modifiche ai criteri per la predisposizione e l’assegnazione dei finanziamenti relativi ai piani personalizzati di sostegno in favore delle persone con grave disabilità: i nuovi criteri sono contenuti nell’allegato A alla delibera citata. Detto allegato prevede come unico criterio di accesso al finanziamento il riconoscimento dello stato di handicap grave, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992. In ordine ai criteri in base ai quali graduare l’entità del finanziamento, si prevede l’attribuzione di un punteggio massimo pari a 100 punti, di cui fino a 50 possono essere rilevati dalla compilazione della scheda salute operata da un medico generico o da uno specialista e fino a 50 attraverso la compilazione di una scheda sociale; ai fini della compilazione della scheda sociale i parametri utilizzati sono: l’età della persona con disabilità; i servizi fruiti settimanalmente dal destinatario del piano; il carico assistenziale familiare e particolari situazioni di disagio. Ottenuto il punteggio finale si procede alla determinazione dell’entità del finanziamento, la quale è ottenuta applicando le disposizioni della legge regionale 23 dicembre 2005, n. 23, in merito alla compartecipazione alla spesa da parte dei soggetti destinatari dei servizi degli interventi sociali, determinata sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), che fa riferimento al nucleo familiare di appartenenza. Per il programma 2010 i soggetti con un valore ISEE superiore a € 9.000,00 vedranno ridotto proporzionalmente il finanziamento massimo concedibile sulla base delle percentuali indicate nella relativa tabella; a partire dal programma 2011 viene invece applicato il criterio della compartecipazione al costo delle prestazioni da parte dei soggetti beneficiari. I comuni di residenza dei beneficiari del piano hanno predisposto, di concerto con l’assessorato all’igiene, sanità ed assistenza sociale della Regione autonoma Sardegna, una scheda riepilogativa del piano personalizzato – programma 2010 – nella quale (sulla base delle indicazioni contenute nella citata deliberazione n. 45/18 e relativi allegati) sono riportati i punteggi ottenuti nelle singole aree e la riduzione operata sulla base del valore ISEE del nucleo familiare a cui appartiene il soggetto beneficiario del piano.

La scheda relativa a OMISSIS, indica che a causa del valore ISEE del nucleo familiare, è stata operata una riduzione del finanziamento pari al 6% ed il finanziamento concesso risulta pari a 7.050,00,0 , a fronte di un punteggio finale pari a 72 punti.

2. Il ricorrente contesta le modalità adottate dalla deliberazione di Giunta n. 45/18 e dal relativo allegato A nella parte in cui, ai fini della individuazione del reddito da considerare per la partecipazione al costo delle prestazioni erogate, si considera il reddito dell’intero nucleo familiare e non quello del singolo assistito.

Il sig. F……, in particolare, sostiene che la delibera impugnata configura una violazione dell’art. 3, comma 2 ter, del d.lgs. n. 109 del 1998 (come modificato dal d.lgs. n. 130 del 2000), norma che prevede l’emanazione di un DPCM “al fine di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo delle prestazioni”.

Si evidenzia come, ai sensi della legge n. 328 del 2000, la verifica della situazione economica del soggetto che richiede servizi e prestazioni sociali deve essere effettuata sulla base del citato d.lgs. n. 109 del 1998, come modificato dal d.lgs. n. 130 del 2000. Tali precetti, secondo il ricorrente, sono preordinati al mantenimento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in condizione di parità su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, comma 2, della Costituzione (come è noto si tratta di una materia riservata alla competenza sclusiva del legislatore statale).

Pertanto, secondo l’istante, l’intervento normativo regionale in questa materia risulterebbe assunto con carenza assoluta di potere, con conseguente nullità degli atti adottati, anche di natura regolamentare.

Si deduce quindi, in conclusione, la violazione della legge n. 104 del 1992, della legge n. 162 del 1998 ed infine della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con la legge n. 18 del 2009.

Si fa, poi, ampio riferimento alla posizione assunta in materia dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale con la decisione n. 1607 del 16 marzo 2011.

In sostanza, il citato art. 3, comma 2 ter, del d.lgs. n. 109 del 1998, pur rinviando in parte la sua attuazione ad un successivo DPCM, ha comunque definito un criterio di immediata applicazione, con specifico riferimento al criterio che lo stato di bisogno va ricostruito con riferimento alla situazione economica del solo assistito, allorché siamo di fronte a persone alle quali è riconosciuto uno stato di handicap permanente e grave.

La previsione della delibera di Giunta regionale di una riduzione del finanziamento utilizzando il parametro dell’ISEE riferito al nucleo familiare e non quello dell’ISEE individuale, configura la violazione di un livello essenziale di cittadinanza attratto nell’orbita della competenza esclusiva dello Stato, non derogabile in sede regionale.

Il ricorrente osserva, altresì, come nella scheda sociale sia illegittima la previsione nella delibera regionale dell’inclusione tra i servizi fruiti della voce relativa ai ricoveri sanitari. In questo modo un ricovero sanitario per motivi di salute verrebbe a costituire un elemento di pregiudizio per la persona con disabilità grave; infatti il ricovero sanitario viene anche considerato come alleggerimento del carico familiare omettendo di valutare come esso costituisca comunque un peso per il nucleo familiare visto che, a causa della mancata autonomia del minore, e delle modalità con le quali viene erogato il servizio sanitario, è sempre necessaria la presenza di un genitore accanto al minore stesso.

3. Il ricorrente osserva, infine, come sia illegittimo anche considerare i permessi lavorativi ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, come una forma di alleggerimento del carico familiare, conteggiabile ai fini dei criteri della compartecipazione. In questo modo, secondo il ricorrente, la delibera impugnata dalla Giunta della Sardegna, in asserita applicazione della legge n. 162 del 1998, finisce per attribuire loro una valenza pregiudizievole ai fini del calcolo del finanziamento dovuto: in questo modo uno strumento di sostegno della famiglia si ritorcerebbe contro la persona del disabile per il quale i benefici sono previsti.

4. La relazione istruttoria ministeriale riporta largamente la posizione della Regione Sardegna, la quale sostiene che la delibera di Giunta impugnata sarebbe conforme a quanto previsto dall’art. 24 della legge regionale n. 31 del 1998 e successive modificazioni.

Al riguardo, la posizione della Regione fa riferimento a diverse decisioni della giustizia amministrativa (Cons. Stato, Sez. III, n. 569/2009; TAR Toscana, Sez. II, sent. n. 744 del 2010 e n. 1409/2009). In sostanza, la giurisprudenza richiamata sostiene che l’art. 3, comma 2 ter, del d.lgs. n. 109 del 1998 non esprime una efficacia immediatamente autoesecutiva, in mancanza del DPCM ivi previsto e soprattutto dell’intesa in sede di Conferenza unificata. Quanto al caso di specie la Regione Sardegna, richiamando la decisione n. 1607 del 2011 del Consiglio di Stato, osserva che comunque i criteri ivi indicati non si applicherebbero al caso dei ricorrenti; infatti, secondo questo orientamento del Consiglio di Stato. la deroga rispetto alla valutazione dell’intero nucleo familiare “è limitata, sotto il profilo soggettivo, alle persone con handicap permanente grave e ai soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti (con specifico accertamento in entrambi i casi) e, con riguardo all’ambito oggettivo, alle prestazioni inserite in percorsi integrati di natura socio-sanitaria, erogati a domicilio o in ambienti residenziali di tipo diurno oppure continuativo. Ricorrendo tali presupposti deve essere presa in considerazione la situazione economica del solo assistito”.

Nel caso in esame, secondo la Regione Sardegna, sussiste il requisito soggettivo: persona con handicap permanente grave e genitori ultrasessantacinquenni non autosufficienti; difetterebbe, invece, il requisito oggettivo: prestazioni inserite in percorsi integrati di natura socio-sanitaria. Infatti, il piano personalizzato di OMISSIS avrebbe natura esclusivamente socio-assistenziale e non socio-sanitaria; il piano personalizzato infatti prevede l’apporto di un educatore, cioè l’apporto di una figura esclusivamente socio-assistenziale che non può e non deve fornire alcuna prestazione sanitaria. Secondo la Regione, la natura socio-sanitaria, che legittimerebbe eccezionalmente la valutazione della capacità economica del solo assistito, sarebbe invece propria dell’assistenza domiciliare integrata, dell’inserimento in centri diurni integrati, dell’inserimento in residenze sanitarie assistite, che fornirebbero specifiche prestazioni caratterizzate dall’integrazione degli interventi sanitari con quelli sociali.

Infine, per quanto riguarda la richiesta di risarcimento dei danni, la Regione richiama la nota posizione di questo Consesso, secondo la quale in sede di ricorso straordinario resta esclusa ogni valutazione delle istanze intese all’accertamento dei diritti patrimoniali, ovvero ad ottenere il risarcimento di eventuali danni, essendo ciò estraneo all’ambito di cognizioni ammesso con questo strumento contenzioso, ai sensi dell’art. 8, primo comma, del d.P.R. n. 1199 del 1971.

5. La relazione istruttoria del Ministero procedente sostiene la legittimità della posizione della Regione autonoma della Sardegna. Gli elementi in atti consentono di procedere nell’esame del ricorso straordinario in oggetto.

Considerato:
1. In via di premessa è opportuno ricordare che il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 (in Gazz. Uff., 18 aprile, n. 90), ha definito i criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della l. 27 dicembre 1997, n. 449.

Nella materia che ci occupa (assistenza socio-sanitaria ai portatori di handicap gravi), questi criteri rimangono pienamente validi e vigenti e sono risultati poi attratti dalla Costituzione alla competenza esclusiva della legislazione statale ( art. 117, comma 2, lett, m); è dunque pacifico che la fonte normativa che deve disciplinare questi criteri, nel quadro di una valutazione di compatibilità degli equilibri economico finanziari complessivi, è la legge dello Stato; tant’è che nella recente modifica dell’art. 81 della Costituzione (c.d. pareggio strutturale di medio termine; cfr. art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012) si è stabilito che, in sede di legge cornice rinforzata di finanza pubblica (di cui al sesto comma del nuovo art. 81 Cost.), saranno determinate le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali, anche in deroga all'articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali. Ciò a conferma della garanzia statuale di questi livelli, considerati elementi unificanti del diritto di cittadinanza.

Per inquadrare in modo esatto la materia è opportuno aggiungere che l’art. 1 del decreto legislativo n. 109/1998, pienamente vigente, chiarisce con precisione l’ambito di applicazione delle prestazioni sociali agevolate, stabilendo che resta fermo “il diritto ad usufruire delle prestazioni e dei servizi assicurati a tutti dalla Costituzione e dalle altre disposizioni vigenti”; la normativa di cui al decreto legislativo in questione, inoltre, “individua, in via sperimentale, criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche. Ai fini di tale sperimentazione le disposizioni del presente decreto si applicano alle prestazioni o servizi sociali e assistenziali, con esclusione dell’integrazione al minimo, della maggiorazione sociale delle pensioni, dell’assegno e della pensione sociale e di ogni altra prestazione previdenziale, nonché della pensione e assegno di invalidità civile e delle indennità di accompagnamento e assimilate”.

L’art. 3 (che disciplina elementi di integrazione dell'indicatore della situazione economica e della variazione del nucleo familiare da parte degli enti erogatori), al comma 2-ter , limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate “nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertato ai sensi dell'articolo 4 della stessa legge, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali”, riconduce l’applicazione delle norme del decreto legislativo ai limiti da stabilire con un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità. Detto decreto dovrà comunque essere adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con la finalità specifica “di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni contenute nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 3- septies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni”.

2. Sulla base degli orientamenti di questo Consesso (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, n. 1607 del 2011) e del generale criterio di applicazione delle norme di legge ordinarie che sono costituzionalmente orientate ed immediatamente eseguibili (come il caso in esame), è fondato ritenere che la disposizione del’art. 3, comma 2 ter, del decreto legislativo n. 109/98 sia di immediata applicazione; e lo scopo della norma è esattamente quello di favorire la permanenza dell’handicappato presso il nucleo familiare, sulla base della evidenziazione della situazione economica del solo assistito anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.

Quindi è chiaro che la funzione della norma è specificamente quella di sottrarre la valutazione del reddito dell’handicappato grave al meccanismo familiare dell’ISEE , allo scopo dichiarato di rafforzare in questo caso il sostegno sia al singolo che alla stessa famiglia. Si tratta di una scelta diretta del legislatore statale, perfettamente coerente con i principi costituzionali e con quella definizione in via legislativa statale esclusiva di un nucleo non rinunciabile dei diritti civili e sociali. E’, altresì, evidente che la struttura e i contenuti concreti di questo nucleo sono soggetti ad un ambito di scelta discrezionale che il legislatore statale graduerà sulla base ora di un criterio di equilibrio strutturale dei conti di tutte le amministrazioni pubbliche, ivi inclusi soprattutto gli enti territoriali disciplinati dal titolo V Cost.

3. In questo contesto di sistema, il ricorso è fondato. L’ambito della disciplina delle prestazioni socio sanitarie a favore dei portatori di grave handicap resta definito in modo specifico dalla disposizione di cui al citato art. 3, comma 2 ter. Se l’ente Regione intende aggiungere prestazioni di ordine assistenziale, o socio-assistenziale, a quelle garantite ai fini socio-sanitari può ben farlo, a carico delle sue finanze, e senza oneri aggiuntivi per lo Stato; ma non ha il potere di mutare, in pejus, i meccanismi che la legge statale ha introdotto per sovvenire ad una situazione specifica di bisogno, situazione che viene staccata dalla disciplina generale (sia pure sperimentale) dell’ISEE proprio alo scopo di fornire un sostegno più incisivo al soggetto interessato ed al suo nucleo familiare.

Nel caso che ci occupa, la legge regionale sarda n. 31 del 1998 afferisce alla disciplina di prestazioni sociali e alle modalità con cui organizzare la compartecipazione dei soggetti assistiti. Detta legge non può intervenire in aree di legislazione statale esclusiva ed infatti non lo fa, in quanto non incide sulle prestazioni di natura socio-sanitaria.

Tale intervento è stato invece realizzato dalla delibera di Giunta n. 45 del 2010, che utilizza i criteri della compartecipazione a programmi socio-assistenziali per incidere sul regime dei benefici socio-sanitari riconosciuti direttamente dalla legge statale. Si tratta di una fonte che, in parte qua, interviene su materia ad essa sottratta.

Secondo questa ricostruzione, che ad avviso della Sezione è la più coerente con il sistema delle fonti disegnato in Costituzione a protezione di un nucleo fondativo e non rinunciabile dei diritti sociali e civili, la richiamata legge statale non può essere derogata né dalla legge regionale ( ed infatti la finalità della legge regionale non sono direttamente invasive della competenza esclusiva dello Stato) né da regolamenti regionali né da regolamenti comunali: questi ulteriori e degradanti livelli normativi, nel regolare la materia de qua, devono dunque attenersi a questo criterio minimo, che si configura come un livello essenziale delle prestazioni da garantire in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, trattandosi proprio di una facilitazione all’accesso ai servizi sociali per le persone più bisognose di assistenza.

4. Il meccanismo adottato dalla delibera impugnata della Giunta regionale della Sardegna è ispirato a criteri che allargano la valutazione al nucleo familiare di appartenenza della persona assistita, consentendo di graduare la partecipazione al costo in base alle condizioni di reddito della famiglia; si tratta, in tutta evidenza, di condizioni, valutate secondo le diverse fasce reddituali, che afferiscono ad interventi di natura esclusivamente socio ambientale.

L’ente locale utilizza la dichiarazione ISEE come fonte informativa della condizione economica della famiglia ai fini della quantificazione successiva dell’ammontare del contributo dovuto. La Regione, infatti, nelle sue argomentazioni riconosce che ai sensi dell’art. 3, comma 2 ter citato, la valutazione della capacità economica del solo assistito è condizionata alla stretta natura socio-sanitaria delle prestazioni erogate, cioè all’integrazione di interventi sanitari con quelli sociali: e per legittimare il suo intervento, a livello di delibera di Giunta, sostiene che quando i piani personalizzati hanno natura esclusivamente socio-assistenziale e non socio-sanitaria, sarebbe corretto far riferimento alla valutazione della capacità economica dell’intera famiglia.

5. La tesi dell’Amministrazione e della Regione autonoma Sardegna è infondata; se si adottasse, infatti, questa impostazione il nucleo non rinunciabile del livello essenziale di cittadinanza sociale sarebbe discrezionalmente graduabile dalla Regione (o dal Comune), nella misura in cui l’ente territoriale decide che il percorso di inserimento non ha natura integrata socio-sanitaria, ma ha natura socio-assistenziale. In questo modo la qualità e la quantità del beneficio, come delineato dalla legge statale, risulterebbero irrimediabilmente rimesse ad una valutazione regionale (o locale) che ne può drasticamente ridurre la portata. Ora una tale operazione, che equivale ad una ridefinizione del nucleo non rinunciabile del livello essenziale, non può che essere rimessa ad una fonte statale, a cui la materia è demandata in via esclusiva.

6. In conclusione, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni è rimessa in materia di servizi sociali al legislatore statale e la definizione dei criteri per l'accesso alle prestazioni di cui si tratta integra un livello essenziale, la cui definizione spetta al legislatore statale, in quanto se determinate attività e determinati servizi devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale è necessario che anche i parametri di accesso ai medesimi siano uniformi.

Ne deriva che rispetto alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura socio-sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo rivolte ad handicappati gravi e anziani non autosufficienti, che integrino livelli essenziali di assistenza - c.d. L.E.A. - il criterio di accesso e di parametrazione dei costi a carico del richiedente è necessariamente rimesso alla definizione del legislatore statale.

In tale ambito, non vi è spazio per un’integrazione lasciata alle singole fonti regionali o locali, che non possono modificare o integrare, in mancanza di norme primarie ad hoc, il criterio dettato in modo uniforme dal legislatore statale.

Solo una fonte normativa di grado adeguato, infatti, può definire con chiarezza l’ambito relativo alle prestazioni socio-sanitarie rispetto a quello delle prestazioni socio-assistenziali, mediante la chiara individuazione di queste ultime, in modo che all’Amministrazione territoriale competente sia sottratta ogni discrezionalità in ordine a tipologia e misura dei benefici erogati.

7. In tal senso il ricorso straordinario in oggetto è fondato e deve essere accolto, e per l’effetto gli atti impugnati devono essere annullati; la coeva richiesta di misure di cautela resta assorbita.
P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Paolo De Ioanna Gerardo Mastrandrea




IL SEGRETARIO
Tiziana Tomassini
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

per notizia vds allegato

Circolare Accessibilità siti web x disabili
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

diniego della concessione dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, comma 3 legge n. 104/1992.

1) - Detto provvedimento motivava il diniego in considerazione della esistenza di altri familiari della disabile (i.e. la madre del militare) oggettivamente non impossibilitati a prestare la dovuta assistenza.

2) - Successivamente in sede di riesame con il provvedimento ..... l’Amministrazione resistente reiterava il diniego di concessione dei permessi retribuiti, rilevando la presenza di ben quattro figli e del coniuge della disabile quali soggetti che possono prendersi cura della persona portatrice di handicap (madre del OMISSIS);

IL TAR di Bari precisa:

3) - la giurisprudenza amministrativa di primo e di secondo grado, alle cui conclusioni questo Collegio ritiene di aderire, ha ormai riconosciuto il definitivo superamento dei requisiti della esclusività e della continuità della assistenza ai fini della fruizione dei benefici di cui all’art. 33 legge n. 104/1992 a seguito della novella legislativa di cui all’art. 24 legge n. 183/2010 (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 11 gennaio 2013, 252; Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2012, n. 5716; Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047).


4) - Conseguentemente, la presenza di altri familiari non impossibilitati alla prestazione della dovuta assistenza in favore del soggetto portatore di handicap non può più costituire di per sé ostacolo alla concessione del beneficio richiesto, nel caso di specie, dal OMISSIS.

5) - Erra, pertanto, l’Amministrazione nel porre a fondamento del censurato diniego la presenza di altri familiari della disabile oggettivamente non impossibilitati a fornire la dovuta assistenza.

Ricorso ACCOLTO.

Per capire meglio i fatti Vi invito ha leggere il tutto qui sotto.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

29/05/2013 201300864 Sentenza 1


N. 00864/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01423/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1423 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Garofalo, con domicilio eletto in Bari, via Dante Alighieri, 396;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,
- del provvedimento prot. n. 4225 del 26.5.2011, notificato il 30.5.2011;
- del provvedimento prot. n. 5128 del 22.6.2011, notificato il 27.6.2011;

nonché per il riconoscimento del diritto del sig. OMISSIS a godere dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, comma 3 legge n. 104/1992;

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato in data 25 gennaio 2012, per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento prot. n. 8756 del 27.10.2011, notificato il 2.11.2011;

nonché per il riconoscimento del diritto del sig. OMISSIS a godere dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, comma 3 legge n. 104/1992;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2013 per le parti i difensori avv.ti Alessandro Del Vecchio, su delega dell’avv. Domenico Garofalo, e Grazia Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio l’odierno ricorrente OMISSIS (Caporale Maggiore Capo dell’Esercito in forza presso la Caserma “Vitrani” in Bari) impugnava il provvedimento di diniego della concessione dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, comma 3 legge n. 104/1992.

Detto provvedimento motivava il diniego in considerazione della esistenza di altri familiari della disabile (i.e. la madre del militare) oggettivamente non impossibilitati a prestare la dovuta assistenza.

Evidenziava parte ricorrente che il provvedimento gravato si fonda sulla previgente formulazione dell’art. 20 legge n. 53/2000 (i.e. necessità della esclusività dell’assistenza al fine di poter fruire dei permessi retribuiti); che, tuttavia, la novella di cui all’art. 24, comma 3 legge n. 183/2010 ha abolito tale requisito; che, pertanto, in base alla normativa vigente non è più richiesta la dimostrazione, a carico dell’istante, della impossibilità per altri familiari di assistere la persona per la quale è inoltrata la domanda.

Da ciò la richiesta di declaratoria di illegittimità del provvedimento gravato, in quanto fondato su un dato normativo ormai superato, e di riconoscimento del proprio diritto alla fruizione dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, comma 3 legge n. 104/1992.

Con ordinanza cautelare n. 713/2011 questo T.A.R. accoglieva ai fini del riesame l’istanza sospensiva formulata dal OMISSIS con il ricorso introduttivo.

Successivamente in sede di riesame con il provvedimento prot. n. 8756 del 27.10.2011 l’Amministrazione resistente reiterava il diniego di concessione dei permessi retribuiti, rilevando la presenza di ben quattro figli e del coniuge della disabile quali soggetti che possono prendersi cura della persona portatrice di handicap (madre del OMISSIS); che non vi è prova che l’istante sia l’unico soggetto che presta effettivamente assistenza alla persona disabile; che gli altri familiari hanno comunque un preciso dovere morale e giuridico di prestare assistenza alla disabile; che in una valutazione comparativa degli interessi in gioco deve ritenersi prevalente quello dell’Amministrazione militare; che secondo la giurisprudenza amministrativa il requisito dell’esclusività non è venuto meno a seguito dell’introduzione dell’art. 24 legge n. 183/2010.

Con ricorso per motivi aggiunti il OMISSIS censurava il citato provvedimento prot. n. 8756 del 27.10.2011.
Deduceva le seguenti censure:

1) illegittimità del gravato provvedimento per violazione dei limiti del potere di riesame posti dall’ordinanza del T.A.R. n. 713/2011;

2) illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge ed eccesso di potere, con riferimento alla parte di motivazione concernente la presunta persistenza in vigore dell’art. 20 legge n. 53/2000: diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione militare, il requisito di esclusività sarebbe stato ormai abolito dall’art. 24 legge n. 183/2010; l’art. 19 legge n. 183/2010 sarebbe una norma meramente programmatica non ostativa alla immediata operatività dell’art. 24 legge n. 183/2010; inoltre, il OMISSIS assisterebbe effettivamente la madre; il ragionamento operato dall’Amministrazione militare comporterebbe una indebita discriminazione ai danni del ricorrente in violazione dell’art. 2 dlgs n. 216/2003; il ricorrente avrebbe fornito prova idonea in ordine all’assistenza dallo stesso prestata alla madre disabile; comunque l’Amministrazione avrebbe potuto procedere a richiesta di integrazione ai sensi dell’art. 6 legge n. 241/1990.

Sia con l’atto introduttivo sia con i motivi aggiunti il OMISSIS chiedeva il riconoscimento del proprio diritto alla fruizione dei permessi retribuiti di cui all’art. 33, comma 3 legge n. 104/1992.

Si costituiva l’Amministrazione, resistendo al gravame.

Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia fondato.

Come correttamente evidenziato da parte ricorrente, la giurisprudenza amministrativa di primo e di secondo grado, alle cui conclusioni questo Collegio ritiene di aderire, ha ormai riconosciuto il definitivo superamento dei requisiti della esclusività e della continuità della assistenza ai fini della fruizione dei benefici di cui all’art. 33 legge n. 104/1992 a seguito della novella legislativa di cui all’art. 24 legge n. 183/2010 (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 11 gennaio 2013, 252; Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2012, n. 5716; Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047).

Peraltro, la citata giurisprudenza amministrativa non ha mancato di sottolineare l’immediata operatività della previsione normativa di cui all’art. 24 legge n. 183/2010 anche con riferimento al pubblico impiego non contrattualizzato, pur in mancanza della disciplina attuativa richiamata dall’art. 19 legge n. 183/2010.

Conseguentemente, la presenza di altri familiari non impossibilitati alla prestazione della dovuta assistenza in favore del soggetto portatore di handicap non può più costituire di per sé ostacolo alla concessione del beneficio richiesto, nel caso di specie, dal OMISSIS.

Erra, pertanto, l’Amministrazione nel porre a fondamento del censurato diniego la presenza di altri familiari della disabile oggettivamente non impossibilitati a fornire la dovuta assistenza.

Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso introduttivo, integrato da motivi aggiunti, e, per l’effetto, l’annullamento dei provvedimenti gravati.

Ogni altra censura formulata da parte ricorrente resta assorbita.

Resta salvo, altresì, ogni ulteriore provvedimento che l’Amministrazione riterrà di adottare previa nuova valutazione della istanza del ricorrente alla luce dei principi sopra espressi.

In considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia, nonché della qualità delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, integrato da motivi aggiunti, disattesa ogni altra istanza, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti gravati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Francesco Cocomile, Referendario, Estensore
Francesca Petrucciani, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2013
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12869
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: LEGGE 1O4/92

Messaggio da panorama »

Il collega ha chiesto l’esecuzione della sentenza breve del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 01005/2013 ma lo stesso CdS così si è espresso:
- ) - In questo senso, la sentenza ha prescritto all’Amministrazione di riesaminare la domanda del signor OMISSIS e di accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.

- ) - Nella specie l’Amministrazione - con procedura che ha avuto inizio prima della notifica del ricorso in ottemperanza (14 marzo 2013), ma ha si è conclusa successivamente (17 maggio 2013) - ha proceduto al riesame della domanda, ritenendo tuttavia il trasferimento richiesto incompatibile – per le ragioni rammentate – con le esigenze istituzionali.

Il resto per completezza potete leggerlo tutto qui sotto.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------

21/08/2013 201304218 Sentenza 4

N. 04218/2013REG.PROV.COLL.
N. 03143/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3143 del 2013, proposto da:
L. C., rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Gentile, con domicilio eletto presso Paolo Carbone in Roma, via del Pozzetto, 122;

contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Regionale della Guardia di finanza della Campania, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’esecuzione
della sentenza breve del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 01005/2013, resa tra le parti, concernente diniego trasferimento ad altra sede.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza e di Comando Regionale della Guardia di Finanza della Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti l’Avv. Allamprese, per delega dell’Avv. Gentile, e l'Avvocato dello Stato Elefante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con sentenza in forma semplificata 19 febbraio 2013, n. 1005, il Consiglio di Stato, sez. IV, ha accolto l’appello proposto dal signor L. C., militare della Guardia di finanza, e per l’effetto ha annullato il rifiuto opposto dall’Amministrazione alla domanda di trasferimento presentata dall’appellante ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, allo scopo di prestare assistenza al signor OMISSIS, suo affine di terzo grado.

Con successivo ricorso ai sensi degli artt. 112 e segg. c.p.a., notificato in data 17 aprile 2013, il signor OMISSIS, dolendosi dell’inerzia dell’Amministrazione, ha agito per l’esecuzione della sentenza. Il ricorrente chiede che l’Amministrazione proceda al riesame della propria domanda di trasferimento, con eventuale nomina di un commissario ad acta.

L’Amministrazione finanziaria si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, osservando che, come appare dalla documentazione depositata, il Comando generale della Guardia di finanza avrebbe comunicato che l’istanza non può essere accolta in quanto in nessuna delle tre sedi richieste dal ricorrente sussisterebbero vacanze di organico nel ruolo “Appuntati e Finanzieri”.

Alla camera di consiglio del 2 luglio 2013, il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO
Nella sentenza di cui il ricorso chiede l’esecuzione, il Consiglio di Stato, nel solco di una giurisprudenza ormai consolidata, ha ritenuto che il nuovo testo dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 – come introdotto dall’art. 24 della legge 4 novembre 2010, n. 183 – si applichi anche agli appartenenti alle Forze di Polizia e ai dipendenti pubblici a questi equiparati.

Peraltro la posizione del dipendente pubblico, che richieda la concessione del beneficio, non può qualificarsi come un diritto soggettivo. La situazione soggettiva azionata costituisce un interesse legittimo, nel senso che all’Amministrazione spetta valutare la richiesta del singolo contemperandola con le esigenze organizzative e di efficienza complessiva del servizio (cfr. in termini Cons. Stato, sez. IV, 10 giugno 2013, n. 3168).

In questo senso, la sentenza ha prescritto all’Amministrazione di riesaminare la domanda del signor OMISSIS e di accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.

Nella specie l’Amministrazione - con procedura che ha avuto inizio prima della notifica del ricorso in ottemperanza (14 marzo 2013), ma ha si è conclusa successivamente (17 maggio 2013) - ha proceduto al riesame della domanda, ritenendo tuttavia il trasferimento richiesto incompatibile – per le ragioni rammentate – con le esigenze istituzionali.

Ferma restando la possibilità di produrre autonoma impugnazione contro il nuovo diniego, il presente ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Apprezzate le circostanze, le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/08/2013
Rispondi