L’assegno divorzile: casi in cui può essere chiesta la modifica e casi di revoca

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L’assegno divorzile: casi in cui può essere chiesta la modifica e casi di revoca

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L’assegno divorzile consiste nell’obbligo di uno dei due ex coniugi, a seguito di pronuncia di divorzio, di corrispondere periodicamente all’altro un contributo economico, se questi non ha mezzi adeguati o per ragioni oggettive non se li può procurare.

L’art. 5 della L. n. 898/2010 disciplina i rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi e prevede che il Tribunale, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio, può disporre l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente, o in un’unica soluzione, un assegno in favore dell’altro, a condizione che quest’ultimo sia privo di mezzi adeguati o, comunque, non possa procurarseli per ragioni oggettive.

La ratio dell’assegno divorzile si fonda sul principio di solidarietà post-coniugale - che è espressione del più generale dovere di solidarietà economico sociale previsto dall’art. 2 Costituzione – e non richiede che il beneficiario versi necessariamente in uno stato di bisogno, ma è sufficiente che questi non abbia i mezzi adeguati per il proprio sostentamento.

La disciplina dell’assegno divorzile è stata recentemente soggetta a numerosi interventi giurisprudenziali, che hanno profondamente modificato la materia.

Fino a pochi anni fa, infatti, il criterio impiegato per valutare l’esistenza del diritto a percepire l’assegno divorzile si basava sulla verifica circa l’esistenza dei mezzi necessari a garantire la conservazione, a favore del coniuge più debole, del tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.

Tale principio è stato recentemente superato da numerosi interventi giurisprudenziali, anche della Corte di Cassazione (tra cui Cass. n. 11504/2017 e SU n. 18287/2018), dal che allo stato attuale l’assegno divorzile non è più finalizzato alla ricostituzione del tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, bensì al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

Oggi pertanto l’assegno divorzile – a differenza dell’assegno di mantenimento, riconosciuto in fase di separazione – ha natura assistenziale e compensativa, non essendo infatti più finalizzato alla ricostruzione del tenore di vita coniugale, bensì al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole al rapporto familiare, con conseguente riconoscimento, nella maggior parte dei casi, di importi ben più contenuti rispetto al passato.

L’art. 9 della Legge 898/70 consente la possibilità di chiedere la revisione dell’assegno divorzile quando, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, sopravvengano “giustificati motivi”.

In virtù di ciò, ne consegue che, nell’ipotesi di mutamento delle condizione economico - finanziarie di uno o di entrambi i coniugi, l’importo originariamente previsto in sede di divorzio potrà essere modificato, su istanza dell’interessato, mediante apposito ricorso in Tribunale.

Il diritto all’assegno divorzile cessa con il passaggio dell’avente diritto a nuove nozze, ai sensi dell’art. 5 co. 10 L. 898/1970.

Inoltre, si segnala che la più recente giurisprudenza ha ritenuto causa della perdita dell’assegno anche l’instaurarsi di una convivenza di fatto, purché di natura stabile e duratura.

Avv. Giovanni Giorgetti


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