Istanza per il rimborso delle spese legali

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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

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Ricorso ACCOLTO
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1) - veniva disposta la riduzione della somma richiesta

2) - Il ricorrente contesta il provvedimento con il quale l’avvocatura erariale ha individuato in euro 1350 la somma da corrispondere al predetto quale rimborso delle spese legali dallo stesso sostenuto

3) - Invero, a fronte di una parcella di euro 350 ed una seconda di euro 7.019,62 l’avvocatura erariale, in applicazione del Decreto del Ministero della giustizia 20 luglio 2012, n.140, ha ritenuto di ridurre la richiesta nei termini indicati.

4) - Il parere fornito dall’avvocatura distrettuale, invero, ha utilizzato i parametri economici previsti nella citata norma secondaria per definire il quantum del rimborso.

5) - Il Consiglio di Stato, chiamato a fornire il parere sulla riferita norma secondaria ha statuito :”…I tredici articoli di questo capo contengono i criteri per la determinazione dei parametri da utilizzare per la liquidazione dei compensi degli avvocati da parte del giudice” (Consiglio di Stato parere 05.07.2012 n°
3126).

Leggete attentamente i motivi qui sotto.
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SENTENZA ,sede di VENEZIA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201401473 2014-12-04


N. 01473/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01652/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1652 del 2013, proposto da:
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avv. A. L., con domicilio eletto presso A. L. in Venezia, San Marco 5548;

contro
Ministero della Difesa, Ministero Difesa - Direzione Generale Personale Militare 3° Reparto 7^ Divisione, Comando Legione Carabinieri Veneto, rappresentati e difesi, ex lege, dall’avvocatura Distrettuale dello Stato nel domicilio di Venezia S: Marco;

per l'annullamento
della determinazione del Ministero intimato, n. M_D -OMISSIS-_-OMISSIS- 3^3^-OMISSIS- -OMISSIS-/I/3^/3/-OMISSIS-_-OMISSIS-/-OMISSIS-/1-D del -OMISSIS-, con cui veniva disposta la riduzione della somma richiesta -OMISSIS-; nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2014 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente contesta il provvedimento con il quale l’avvocatura erariale ha individuato in euro 1350 la somma da corrispondere al predetto quale rimborso delle spese legali dallo stesso sostenuto nel corso del -OMISSIS-.

Invero, a fronte di una parcella di euro 350 ed una seconda di euro 7.019,62 l’avvocatura erariale, in applicazione del Decreto del Ministero della giustizia 20 luglio 2012, n.140, ha ritenuto di ridurre la richiesta nei termini indicati.

Osserva il Collegio.

Il ricorso è fondato.

Il parere fornito dall’avvocatura distrettuale, invero, ha utilizzato i parametri economici previsti nella citata norma secondaria per definire il quantum del rimborso.

Il comma 1 dell’art. 1 recita :”.. L'organo giurisdizionale che deve liquidare il compenso dei professionisti di cui ai capi che seguono applica, in difetto di -OMISSIS-cordo tra le parti in ordine allo stesso compenso, le disposizioni del presente decreto. L'organo giurisdizionale puo' sempre applicare analogicamente le disposizioni del presente decreto ai casi non espressamente regolati dallo stesso”.

Il Consiglio di Stato, chiamato a fornire il parere sulla riferita norma secondaria ha statuito :”…I tredici articoli di questo capo contengono i criteri per la determinazione dei parametri da utilizzare per la liquidazione dei compensi degli avvocati da parte del giudice” (Consiglio di Stato parere 05.07.2012 n° 3126).

Emerge dalla mera disamina della norma in argomento che la fattispecie riportata riguarda la peculiare evenienza in cui le spese legali vengono liquidate in giudizio dal giudice.

Nel caso di specie, invece, la questione attiene al richiesto rimborso delle spese legali sostenute in occasione di un -OMISSIS-

L’art. 18, del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito con L. 23 maggio 1997, n. 135, in vigore per il personale dipendente delle Pubbliche Amministrazioni il cui rapporto non sia stato privatizzato alla stregua dell’art. 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recita: “Le -OMISSIS-, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di -OMISSIS-, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di -OMISSIS- che -OMISSIS-certi la -OMISSIS- “.

Tale previsione normativa completa ed un certo senso integra quella relativa ai -OMISSIS-, introdotta nell’ordinamento dall’art. 32 della legge. 22 maggio 1975 n. 152, (Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico), che prevede : “la difesa può essere assunta, a richiesta dell’interessato dall’Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell’interessato medesimo. In questo secondo caso le spese di difesa sono a carico del Ministero dell’interno salvo rivalsa se vi è -OMISSIS-. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano a favore di qualsiasi persona che, legalmente richiesta dall’appartenente alle Forze di polizia gli presta assistenza”.

Come emerge dalla lettura degli indicati riferimenti normativi, la positiva -OMISSIS-, comporta il ristoro dalle conseguenze economiche derivanti dalla necessità di assumere un -OMISSIS-, nel caso in cui la -OMISSIS-) ne -OMISSIS--OMISSIS-.

Tale beneficio è volto proprio ad evitare e/o compensare il pregiudizio economico subito dal dipendente pubblico, in conseguenza del pagamento della parcella al difensore, per il solo fatto di aver svolto i compiti istituzionali loro demandati (T.A.R. Lazio Roma, sez. 1°, 26 aprile 2010, n. 8478; Cassazione civile sez. 1°, 3 gennaio 2008 n. 2).

Il beneficio, pertanto, è subordinato alla sussistenza di due requisiti : la stretta connessione del -OMISSIS- (T.a.r. Sicilia, Palermo, Sezione I, Sentenza -OMISSIS-).

Tali evenienze sono state già implicitamente valutate positivamente dalla stessa amministrazione con la richiesta di parere di congruità all’avvocatura erariale.

Il provvedimento censurato in uno con il parere espresso dall’avvocatura dello Stato, invero ha motivato la determinazione del quantum da corrispondere al ricorrente in termini non adeguati alla riferita normativa in quanto ha utilizzato, come metro di paragone, la norma prevista, come detto, per liquidare le spese di giudizio in sede processuale dal giudice.

L’indicato parametro, però, non può estendersi alla diversa evenienza in cui il rimborso economico è collegato alla prestazione professionale.

In questo caso è onere della difesa erariale motivare puntualmente le ragioni del parere, tenendo conto ed avendo di cura di analizzare e scrutinare la liquidazione degli onorari, così come quantificati nella nota del 20 giugno 2011 dall’ordine degli avvocati di Venezia.

Per tali motivi il ricorso deve essere -OMISSIS-colto ed il provvedimento censurato annullato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo -OMISSIS-coglie e, per l’effetto annulla i provvedimenti censurati.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida complessivamente in euro 2.500,00 ( duemil-OMISSIS-inquecento), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Alessio Falferi, Primo Referendario
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2014


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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

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Ricorso straordinario RESPINTO

qui sotto alcuni brani.
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1) - Il Capitano del Corpo dei Carabinieri -OMISSIS-, in servizio presso il -OMISSIS-, veniva indagato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS- per il reato di peculato (art. 314, comma 2 c.p.), poiché “in qualità di pubblico ufficiale, -OMISSIS-1^ -OMISSIS- con autista, se ne è appropriato momentaneamente per portarsi presso il centro abitato di -OMISSIS- per motivi estranei al servizio e al suo ufficio”.

2) - Con il decreto -OMISSIS- il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di -OMISSIS- ordinava l’archiviazione del procedimento.

3) - Con l’istanza del -OMISSIS- l’Ufficiale chiedeva il rimborso delle spese di patrocinio sostenute nel corso di detto procedimento, ai sensi dell’art. 18 del d.l. n. 67 del 1997, convertito in legge 23 maggio 1977, n. 135.

4) - Inoltre, il ricorso all’auto di servizio sarebbe nella specie giustificato da circostanze “imprevedibili ed eccezionali”, poiché il ricorrente, assente dal servizio per “motivi di studio”, era stato preavvisato che avrebbe dovuto raggiungere entro 48 ore il -OMISSIS- per assumere un “importante incarico di staff a livello internazionale”: il medesimo ricorrente, quindi, data la ristrettezza dei tempi e non essendo disponibile il servizio di barberia in caserma, avrebbe deciso - nell’ambito della sfera di discrezionalità a lui demandata - di recarsi presso un -OMISSIS- in ossequio agli interessi dell’Amministrazione.

IL CdS precisa:

5) - L’art. 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge23 maggio 1977, n. 135 prevede che (OMISSIS - leggere direttamente).

6) - Il ricorso all’auto di servizio per recarsi da un -OMISSIS-, quindi, sebbene si configuri come una condotta priva di “offensività giuridica” a livello penale, integra ugualmente una “lieve” violazione dei doveri d’ufficio, con la conseguenza che, nella fattispecie, non è possibile riscontrare quella “connessione degli atti e dei fatti con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali” richiesta dall’art. 18 del citato d.l. n. 67 del 1997 ai fini della concessione del beneficio del rimborso delle spese legali sostenute dal pubblico dipendente.

Per completezza del fatto rimando alla lettura qui sotto.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201501450 - Public 2015-05-12 -


Numero 01450/2015 e data 12/05/2015


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 15 aprile 2015

NUMERO AFFARE 06043/2012

OGGETTO:
Ministero della difesa.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Capitano del Corpo dei Carabinieri -OMISSIS- per l’annullamento del provvedimento del -OMISSIS-, con cui la Direzione Generale per il personale militare ha rigettato l’istanza di rimborso delle spese legali presentata dal medesimo ricorrente in data -OMISSIS- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.

LA SEZIONE
Vista la nota del -OMISSIS-, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere sull’affare indicato in oggetto;
Visto l’art. 52, comma 2 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.

Premesso.

1. Il Capitano del Corpo dei Carabinieri -OMISSIS-, in servizio presso il -OMISSIS-, veniva indagato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS- per il reato di peculato (art. 314, comma 2 c.p.), poiché “in qualità di pubblico ufficiale, -OMISSIS-1^ -OMISSIS- con autista, se ne è appropriato momentaneamente per portarsi presso il centro abitato di -OMISSIS- per motivi estranei al servizio e al suo ufficio”.

Con il decreto -OMISSIS- il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di -OMISSIS- ordinava l’archiviazione del procedimento.

Con l’istanza del -OMISSIS- l’Ufficiale chiedeva il rimborso delle spese di patrocinio sostenute nel corso di detto procedimento, ai sensi dell’art. 18 del d.l. n. 67 del 1997, convertito in legge 23 maggio 1977, n. 135.

Con la nota prot. n. M_-OMISSIS-, di data non precisata, il Ministero della difesa inoltrava l’istanza all’Avvocatura distrettuale dello Stato, al fine di ottenere, ai sensi del citato art. 18 del d.l. n. 67 del 1997, “un parere circa l’ammissibilità del rimborso ed, ove ritenuto ammissibile, il giudizio di congruità delle spese sostenute”.

Con la nota del -OMISSIS-, l’Avvocatura distrettuale dello Stato riteneva “non accoglibile” l’istanza presentata dal -OMISSIS-, rilevando che nella fattispecie “non ricorre quella (necessaria) coincidenza tra la condotta che ha portato alla sottoposizione al procedimento penale e l’interesse dell’Amministrazione, coincidenza chiaramente presupposta dall’art. 18” del d.l. n. 67 del 1997.

Con la nota -OMISSIS-, il Ministero della difesa preannunciava al -OMISSIS- il rigetto dell’istanza di rimborso delle spese legali da lui sostenute, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

L’Ufficiale, in riscontro alla citata missiva, presentava, in data -OMISSIS-, le proprie osservazioni in merito al parere espresso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato.

Con la nota del -OMISSIS-, l’Avvocatura distrettuale dello Stato confermava integralmente il parere reso tramite la nota del -OMISSIS-.

Con il provvedimento del -OMISSIS- la Direzione Generale per il personale militare rigettava l’istanza di rimborso delle spese legali presentata dal -OMISSIS-, richiamandosi ai pareri espressi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, precedentemente citati.

2. Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in epigrafe il Capitano del Corpo dei Carabinieri -OMISSIS- ha chiesto l’annullamento del provvedimento del -OMISSIS- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.

3. Con la relazione istruttoria in epigrafe il Ministero riferente si è espresso per il rigetto nel merito del ricorso in esame.

Considerato.

4. Con un unico e articolato motivo di gravame il ricorrente ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per eccesso di potere sotto i profili dell’erronea valutazione dei fatti, del travisamento dei fatti e dell’illogicità nonché per violazione di legge in ordine all’interpretazione ed applicazione dell’art. 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge23 maggio 1977, n. 135.

Secondo il ricorrente, infatti, la condotta dal lui tenuta - contrariamente a quanto asserito dall’Avvocatura distrettuale dello Stato - risponderebbe alle esigenze dell’Amministrazione, atteso che il suo comportamento sarebbe stato posto in essere in ottemperanza ai doveri derivanti dagli artt. 17 (“Uniforme”) e 18 (“Dignità e decoro del militare”) del Regolamento di disciplina militare di cui al d. P.R. n. 545 del 1986, vigente al momento dei fatti contestati, nonché dal Regolamento sulle uniformi per l’Arma dei Carabinieri, il quale, in relazione ai capelli, prescrive che i medesimi “devono essere puliti, ordinati, ben curati e, se tinti, di colore naturale. In particolare, devono essere sempre corti e/o sfumati sulla nuca e sulle tempie, scoprendo le orecchie…”.

Inoltre, il ricorso all’auto di servizio sarebbe nella specie giustificato da circostanze “imprevedibili ed eccezionali”, poiché il ricorrente, assente dal servizio per “motivi di studio”, era stato preavvisato che avrebbe dovuto raggiungere entro 48 ore il -OMISSIS- per assumere un “importante incarico di staff a livello internazionale”: il medesimo ricorrente, quindi, data la ristrettezza dei tempi e non essendo disponibile il servizio di barberia in caserma, avrebbe deciso - nell’ambito della sfera di discrezionalità a lui demandata - di recarsi presso un -OMISSIS- in ossequio agli interessi dell’Amministrazione.

In particolare, detto interesse si sarebbe concretizzato nella necessità per l’Amministrazione di ben figurare, attraverso il dipendente, in un contesto internazionale “di altissimo livello”, con la conseguenza che la condotta contestata al ricorrente sarebbe stata posta in essere “nell’ambito dei doveri connessi alla propria qualità istituzionale” ed integrerebbe, quindi, gli estremi per l’accoglimento della sua istanza di rimborso delle spese legali ai sensi dell’art. 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge 23 maggio 1977, n. 135.

Le circostanze richiamate, infine, non sarebbero state adeguatamente considerate dall’Avvocatura distrettuale dello Stato: i pareri espressi dal succitato organo dovrebbero, quindi, ritenersi illegittimi, con conseguente illegittimità anche del provvedimento impugnato, fondato, sotto il profilo motivazionale, esclusivamente sul richiamo alle valutazioni compiute dall’Avvocatura.

4.1. Dette censure non possono essere condivise.

L’art. 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge23 maggio 1977, n. 135 prevede che “le spese legali relative a giudizi per responsabilità…., promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle Amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato”.

Il predetto articolo, così come interpretato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato pone quali presupposti indefettibili per l’ammissione al rimborso delle spese legali l’esistenza di un provvedimento giurisdizionale che dichiari il dipendente esente da ogni responsabilità nonché la connessione degli atti e dei fatti con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali (ex multis: Cons. di Stato, Sez. II, 3 luglio 2013, parere n. 4302/2013), atteso che l’interesse dell’Amministrazione a rimborsare le spese di giustizia sostenute dal dipendente può essere riconosciuto solo nei casi in cui l’imputazione riguardi l’attività svolta in diretta connessione con i fini dell’ente e sia come tale ad esso imputabile.

Orbene, nella fattispecie in esame, la Sezione osserva che le valutazioni espresse dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, su cui si è basato il provvedimento impugnato, non risultano né illogiche né irragionevoli, atteso che la cura della persona - e, in particolare, la cura dei capelli - per quanto di particolare rilievo in ambito militare ai sensi della normativa richiamata dalla parte ricorrente, non implica l’imputazione degli effetti dell’operato del dipendente direttamente in capo all’Amministrazione di appartenenza quanto piuttosto la soddisfazione di un interesse specifico e personale del singolo soggetto.

Il ricorso all’auto di servizio per recarsi da un -OMISSIS-, quindi, sebbene si configuri come una condotta priva di “offensività giuridica” a livello penale, integra ugualmente una “lieve” violazione dei doveri d’ufficio, con la conseguenza che, nella fattispecie, non è possibile riscontrare quella “connessione degli atti e dei fatti con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali” richiesta dall’art. 18 del citato d.l. n. 67 del 1997 ai fini della concessione del beneficio del rimborso delle spese legali sostenute dal pubblico dipendente.

Da quanto esposto deriva, quindi, la legittimità dei pareri espressi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato e, conseguentemente, la legittimità dell’impugnato provvedimento ministeriale di rigetto, che a detti pareri si è conformato.

5. Alla stregua delle suesposte considerazioni il ricorso risulta infondato e va, conseguentemente, respinto.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 2 del d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi del soggetto indicato nel presente parere, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Boccia Sergio Santoro




IL SEGRETARIO
Maria Grazia Nusca
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

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1) - Con sentenza n. -OMISSIS-, confermando la sentenza n. -OMISSIS-, assolveva il Primo Maresciallo -OMISSIS-, ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice di procedura penale, "perché il fatto non sussiste", in ordine al reato di "truffa pluriaggravata".

2) - Il sottufficiale, all'epoca dei fatti aiutante in servizio al -OMISSIS- era stato accusato di aver indotto in errore gli organi amministrativi in occasione di una missione nel -OMISSIS- avendone corrisposto all'albergatore solo -OMISSIS- ottenendo, così, il pagamento della somma di denaro, a titolo di rimborso spese, per l'importo fittiziamente indicato sulla fattura fiscale -OMISSIS- procurandosi, in tal modo, un ingiusto profitto per un ammontare di lire -OMISSIS-

IL CDS precisa:

Il ricorso è fondato.

3) - In particolare, è fondata ed assorbente la doglianza di illegittimità del diniego di rimborso, non potendo dubitarsi della riferibilità immediata e diretta della condotta per la quale il ricorrente è stato assolto.

4) - Nel caso di specie, secondo quanto si legge nel parere reso dall’Avvocatura dello Stato, il diritto al rimborso delle spese sarebbe da escludere, venendo in considerazione una condotta che avrebbe con l'attività di missione un legame lato ed esclusivamente indiretto, che non implicherebbe in alcun modo espressione della volontà dell'Amministrazione: si tratterebbe di un'attività sostanzialmente volontaria del ricorrente.

5) - Osserva il Collegio come l'Amministrazione abbia ordinato al ricorrente l'esecuzione di una missione per un servizio isolato, disponendo la corresponsione di -OMISSIS-. Appare di tutta evidenza che tale missione è stata disposta nell'interesse della stessa Amministrazione e che l'esigenza di assicurare una situazione alloggiativa pertinente non possa essere disgiunta rispetto all’espletamento della sola mansione lavorativa.

Il resto leggetelo qui sotto.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201501458 - Public 2015-05-13 -


Numero 01458/2015 e data 13/05/2015


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 15 aprile 2015

NUMERO AFFARE 05274/2012

OGGETTO:
Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Primo Maresciallo dell'Aeronautica (in congedo) -OMISSIS- avverso la determinazione dirigenziale n. -OMISSIS- di rigetto dell'istanza di rimborso delle spese di patrocinio legale.

LA SEZIONE
Vista la nota prot. n. M_D -OMISSIS-, con la quale il Ministero della Difesa ha trasmesso la relazione sul ricorso straordinario in oggetto, con la quale viene chiesto il parere del Consiglio di Stato sul medesimo ricorso straordinario;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Esaminati gli atti ed udito il relatore, Consigliere Nicolò Pollari;

Premesso:

Con sentenza n. -OMISSIS-, confermando la sentenza n. -OMISSIS-, assolveva il Primo Maresciallo -OMISSIS-, ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice di procedura penale, "perché il fatto non sussiste", in ordine al reato di "truffa pluriaggravata".

Il sottufficiale, all'epoca dei fatti aiutante in servizio al -OMISSIS- era stato accusato di aver indotto in errore gli organi amministrativi in occasione di una missione nel -OMISSIS- avendone corrisposto all'albergatore solo -OMISSIS- ottenendo, così, il pagamento della somma di denaro, a titolo di rimborso spese, per l'importo fittiziamente indicato sulla fattura fiscale -OMISSIS- procurandosi, in tal modo, un ingiusto profitto per un ammontare di lire -OMISSIS-

Pertanto, in data -OMISSIS-, inoltrava un'istanza di rimborso spese di patrocinio legale, ai sensi dell'art. 18 del D.L. n. 67 del 25 marzo 1997, convertito nella legge n. 135 del 23 maggio 1997.

L'Avvocatura distrettuale dello Stato, chiamata ad esprimere il parere di congruità come previsto dalla suddetta normativa, riteneva non sussistenti i requisiti di cui all'art. 18 D.L. n. 67/1997 per la concessione del chiesto rimborso delle spese legali, poiché "la condotta contestata all'imputato a titolo di reato ha avuto riguardo alla mera fruizione di benefici economici unicamente connessi con lo "status" di pubblico dipendente (-OMISSIS-), esponenti con l'attività di servizio, un legame lato ed esclusivamente indiretto, che non implica in alcun modo espressione della volontà dell'Amministrazione, né ha riferimento alcuno alla tutela degli interessi di quest'ultima".

Tale parere negativo veniva confermato in seguito alla successiva richiesta di riesame, inoltrata dalla Direzione Generale per il personale militare con nota del -OMISSIS-.

Di conseguenza, l'amministrazione militare, dopo aver comunicato all'interessato i motivi ostativi all'accoglimento della domanda, ai sensi dell'art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, emanava, in assenza di produzione di osservazioni da parte del sottufficiale, la determinazione dirigenziale n. -OMISSIS-, di rigetto della citata istanza di rimborso.

Il ricorrente ha impugnato, con il ricorso straordinario in epigrafe, tale determinazione, deducendo vizi riconducibili all'eccesso di potere, contraddittorietà, manifesta illogicità, difetto di motivazione del provvedimento.

In particolare, evidenzia come le vicende giudiziarie in cui è incorso siano direttamente riconducibili alla Pubblica Amministrazione, in quanto "diretta conseguenza delle modalità pratiche di organizzazione della missione decise, in maniera autonoma, dalla medesima P.A.". In altre parole, egli sostiene che la circostanza che abbia pernottato presso un esercizio pubblico -OMISSIS- non sarebbe stata determinata da una sua scelta arbitraria, bensì da "un preciso ordine proveniente dal Comando di appartenenza, dettato da motivi contingenti e/o organizzativi".

Il provvedimento impugnato, inoltre, nel fare espresso riferimento al parere reso per il cd. -OMISSIS- recherebbe solo un'apparente motivazione, essendo diversi i presupposti della vicenda giudiziaria che ha interessato il ricorrente medesimo.

Il Ministero si è espresso per il rigetto del ricorso in esame.

Precisa che, ai sensi della normativa che disciplina il rimborso delle spese di patrocinio legale, per ottenere il beneficio in questione non basta il favorevole esito del procedimento giudiziario, ma occorre, altresì, come secondo presupposto, che il procedimento ai danni dell'interessato sia stato promosso "in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali". Deve essere ravvisabile ictu oculi il rapporto di immedesimazione organica tra dipendente e pubblica amministrazione (Cons. St., Sez. III, n. 1914/2008; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I quater, n. 29783/2010), laddove, nel caso che qui si discute, la condotta del sottufficiale ha avuto riguardo alla mera fruizione dei benefici economici unicamente connessi con lo status di pubblico dipendente (rimborso delle spese di missione), esponenti, con l'attività di servizio, un legame lato ed esclusivamente indiretto, che non implica in alcun modo un'espressione della volontà dell'amministrazione militare.

Con riferimento alle censure relative alla carenza di motivazione del provvedimento amministrativo impugnato, viene sottolineato che non solo la motivazione di un provvedimento amministrativo può anche ricavarsi ob relationem dagli atti istruttori richiamati nel preambolo del provvedimento stesso o da atti collegati al procedimento, ma, altresì, che il dovere di motivare è soddisfatto anche ove il provvedimento richiami altro atto che contenga esplicita motivazione e questo sia reso disponibile, così come è avvenuto nel caso di specie.

Considerato:

Il ricorso è fondato.

In particolare, è fondata ed assorbente la doglianza di illegittimità del diniego di rimborso, non potendo dubitarsi della riferibilità immediata e diretta della condotta per la quale il ricorrente è stato assolto.

Va premesso che la fattispecie all’esame è disciplinata dall’art. 18, comma 1, del D.L. n. 67/1997, convertito con Legge n. 135/1997, secondo cui le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di Amministrazioni statali in conseguenza di fatti o atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusisi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, vengono rimborsate dalle Amministrazioni di appartenenza (nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato). Le Amministrazioni interessate, sentita l’Avvocatura, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nell’ipotesi di sentenza definitiva che accerti la responsabilità del dipendente.

In sostanza, il rimborso previsto dalla citata previsione normativa si propone di tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome, per conto e nell’interesse della Pubblica Amministrazione, dalle spese legali sopportate per i procedimenti giudiziari relativi ad atti strettamente connessi all’espletamento dei compiti istituzionali. La tutela approntata subordina il diritto ad un presupposto giuridico (la sentenza o provvedimento che esclude la responsabilità), nonché a due requisiti, uno soggettivo (la qualità di dipendente di un’Amministrazione statale) ed uno oggettivo (il nesso tra i fatti e/o atti, da cui è originato il giudizio, e l’espletamento del servizio o l’assolvimento di obblighi istituzionali).

La giurisprudenza ha altresì specificato che, ai fini dell’applicabilità del citato art. 18, è richiesto un nesso di strumentalità diretto tra l’adempimento del dovere ed il compimento dell’atto o condotta, nel senso che il dipendente pubblico non avrebbe assolto ai suoi compiti, se non ponendo in essere quel determinato atto o condotta. Non può, invece, darsi rilevanza ad una connessione con il fatto di reato di tipo soggettivo ed indiretto, in quanto lo spazio di applicazione della tutela legale si dilaterebbe eccessivamente, ben oltre i confini segnati dal predetto art. 18 (C.d.S., Sez. III, 10 dicembre 2013, n. 5919).

Il giudizio di connessione tra la condotta attribuita al dipendente e l’assolvimento, da parte sua, dei compiti istituzionali, andrà effettuato in concreto, facendo riferimento al giudizio di fatto formulato dall’organo giudicante che ha emanato il provvedimento conclusivo del giudizio (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 12 marzo 2014, n. 195).

Nel caso di specie, secondo quanto si legge nel parere reso dall’Avvocatura dello Stato, il diritto al rimborso delle spese sarebbe da escludere, venendo in considerazione una condotta che avrebbe con l'attività di missione un legame lato ed esclusivamente indiretto, che non implicherebbe in alcun modo espressione della volontà dell'Amministrazione: si tratterebbe di un'attività sostanzialmente volontaria del ricorrente.

Osserva il Collegio come l'Amministrazione abbia ordinato al ricorrente l'esecuzione di una missione per un servizio isolato, disponendo la corresponsione di -OMISSIS-. Appare di tutta evidenza che tale missione è stata disposta nell'interesse della stessa Amministrazione e che l'esigenza di assicurare una situazione alloggiativa pertinente non possa essere disgiunta rispetto all’espletamento della sola mansione lavorativa.

P.Q.M.

esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi di parti o di persone comunque citate nel provvedimento, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicolo' Pollari Sergio Santoro




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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

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Contributo unificato: paga la parte soccombente anche in presenza di una condanna generica alle spese.

Afferma la Cassazione che la necessità di un comando esplicito nel provvedimento giudiziale è superata grazie alla natura del tributo e all'agevole documentabilità del suo importo
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In caso di condanna alle spese, il soccombente è tenuto a rifondere al vincitore il pagamento del contributo unificato anche se il provvedimento giudiziale non ne faccia espresso riferimento.
Infatti, a tal fine basta la generica condanna alle spese giudiziali, da estendersi implicitamente alla predetta somma, al di là della mancanza formale del magistrato.

A precisarlo, in particolare, è l'ordinanza numero 18828/2015 della Corte di Cassazione depositata il 23 settembre (qui sotto allegata), per la quale il predetto principio vale anche nel regime attuale, indipendentemente dal fatto che il d.m. n. 55/2014 impone la documentazione delle spese sostenute.

Quindi, pur se l'articolo 2 del d.m. 55/2014 prevede che le spese siano documentate e che per le spese generali sia dovuto un ulteriore importo del 15% del totale delle prestazioni, alla luce di quanto detto sarebbe illogico che la parte debba documentare anche il pagamento del contributo unificato, rilevabile tramite il fascicolo d'ufficio.

Allego:

Corte di Cassazione Sesta Sez. Civile, testo ordinanza numero 18828/2015
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

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Il CdS rigetta l'appello del Ministero della Difesa.

Speriamo che adesso le relative istanze vengano trattate entro i termini previsti.
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1) - L’amministrazione non ha fornito risposta nel termine di 180 giorni all'istanza di rimborso delle spese di patrocinio legale sostenute nella causa penale de qua e il cap. magg. Emanuele P.. ha presentato ricorso al T.A.R. per l'Emilia Romagna per ottenere l'annullamento del silenzio rifiuto formatosi sull'istanza del 11.4.2014.

Il CdS precisa:

2) - Il T.A.R. ha correttamente accertato la sussistenza dell’'obbligo del convenuto Ministero della Difesa di provvedere sull'istanza, non essendo condivisibile la tesi del Ministero di non essersi potuto determinare per mancanza del parere obbligatorio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, richiesto in data 16.5.2014 e non rilasciato in tempo.

3) - Il mancato rilascio del provvedimento richiesto e, comunque, di una formale risposta all’istanza di parte ha, infatti, determinato la formazione del silenzio inadempimento, nè rilevano le disfunzioni procedurali di natura endoprocedimentale evidenziate.

Leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201601721
- Public 2016-05-03 -


N. 01721/2016REG.PROV.COLL.
N. 05010/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5010 del 2015, proposto dal Ministero della Difesa in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

contro

Sig. Emanuele P.., non costituito

per l'ottemperanza

della sentenza breve del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 00193/2015, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione su istanza di rimborso delle spese legali sostenute in procedimento penale subito in relazione all'attività di servizio;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 il Consigliere Carlo Schilardi e udito per il Ministero appellante l’avvocato dello Stato De Giovanni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Il 1° C.le Magg. P.. Emanuele è stato imputato in sede penale per il reato di “insubordinazione con ingiuria aggravata”.

La Corte Militare di Appello, con sentenza n. 101 del 18 settembre 2013, ha confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale Militare di Verona che aveva assolto l’imputato “perché il fatto non costituisce reato".

All’esito della vicenda penale, il P.., in data 11 aprile 2014, ha proposto istanza di rimborso delle spese di patrocinio legale ai sensi dell’articolo 18 del Decreto Legge n. 67 del 25 marzo 1997 convertito nella Legge 23 maggio 1997.

Il TAR con sentenza n. 193, depositata il 26.2.2015, ha accolto il ricorso affermando il dovere dell’Amministrazione di rilasciare il provvedimento espresso, stabilendo che in caso di ulteriore inadempimento in sede di ottemperanza poteva essere richiesto al Presidente dell’Ordine degli avvocati di Bologna di rilasciare il prescritto parere. Ha, altresì, condannato il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di giudizio e disposto la trasmissione, ai sensi dell’art. 1, co. 1, del D.L. n. 5/2012, convertito nella L. n. 35/2012, della sentenza alla Procura regionale della Corte dei Conti per l’Emilia Romagna.

1b.- Il Ministero della Difesa ha proposto ricorso avverso la sentenza lamentando l'infondatezza del ricorso accolto.

L’originario ricorrente non si è costituito in giudizio.

La causa è stata assunta per la decisione alla camera di consiglio del 17.3.2016.

L'appello è infondato e va respinto.

2.- L’amministrazione non ha fornito risposta nel termine di 180 giorni all'istanza di rimborso delle spese di patrocinio legale sostenute nella causa penale de qua e il cap. magg. Emanuele P.. ha presentato ricorso al T.A.R. per l'Emilia Romagna per ottenere l'annullamento del silenzio rifiuto formatosi sull'istanza del 11.4.2014.

3.- Il T.A.R. ha correttamente accertato la sussistenza dell’'obbligo del convenuto Ministero della Difesa di provvedere sull'istanza, non essendo condivisibile la tesi del Ministero di non essersi potuto determinare per mancanza del parere obbligatorio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, richiesto in data 16.5.2014 e non rilasciato in tempo.

Il mancato rilascio del provvedimento richiesto e, comunque, di una formale risposta all’istanza di parte ha, infatti, determinato la formazione del silenzio inadempimento, nè rilevano le disfunzioni procedurali di natura endoprocedimentale evidenziate.

4.- In ordine all'assunta illegittimità della nomina, in qualità di commissario ad acta, del Presidente dell’Ordine degli avvocati di Bologna, si deve prendere atto della sua sopravvenuta non attualità, atteso che l'Amministrazione, quanto al provvedimento richiesto, ha inviato al cap. magg. Emanuele P.. preavviso di diniego, dopo aver acquisito il rituale parere dell'Avvocatura dello Stato.

In tema di rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente di un'amministrazione dello Stato per la difesa in un procedimento penale per atti o fatti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di compiti istituzionali giova tuttavia, osservare che il parere di congruità dell'Avvocatura dello Stato previsto dall'art. 18 d.l. n. 67 del 1997 (conv. nella legge n. 135 del 1997) riguarda i presupposti giuridici della pretesa al rimborso nell'ambito dell'intera vicenda processuale che ha interessato il dipendente, pur nel suo collegamento con le funzioni esercitate presso l'amministrazione di appartenenza, e non la sola determinazione del quantum da rimborsare. Tale valutazione investe sia le necessità difensive del funzionario, in relazione alle accuse che gli vengono mosse ed ai rischi del giudizio penale, sia la conformità della parcella presentata dal difensore alla tariffa professionale.

Corollario di detto principio è che tale giudizio non si risolve in un mero controllo di conformità della parcella presentata dal difensore alla tariffa professionale (Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 2013, n. 3593).

5.- Resta fermo quanto stabilito dal T.A.R. con riferimento alla condanna alle spese del primo grado.

Nessuna determinazione deve essere, invece, assunta per le spese del presente grado di giudizio, nessuno essendo costituito per la parte appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/05/2016
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

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Ricorso Accolto
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negato il rimborso delle spese legali

Il Tar Lazio scrive:

1) - a parere del ricorrente sussisterebbero tutti i presupposti per ottenere il rimborso delle spese legali, considerando che la sentenza della Corte dei Conti ha confermato l’inesistenza di una responsabilità del Sig. N.. nel custodire i binocoli poi rubati da altri;

2) - In realtà il parere dell’Avvocatura si fonda su un’interpretazione non condivisibile della sentenza della Corte dei Conti che ha assolto il ricorrente.

3) - Si è accertato, infatti, che solo in una fase successive al furto il reparto di appartenenza del ricorrente aveva adottato misure più restrittive.

Il TAR precisa:

1) - Ne consegue che ogni pronuncia assolutoria determina, quanto meno astrattamente, l’insorgere di un diritto al rimborso delle spese legali, non rilevando che addebiti “minori”, giuridicamente irrilevanti, possano essere imputati al convenuto.

leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201803869, - Public 2018-04-07 -

Pubblicato il 07/04/2018


N. 03869/2018 REG. PROV. COLL.
N. 03614/2005 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3614 del 2005, proposto da:
N. Antonio, rappresentato e difeso dall'avvocato Guglielmo Conca, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

contro
Ministero della Difesa, parte non costituita in giudizio;

per l'annullamento,

a) della determinazione a firma del Direttore della 7° Divisione “Disciplina” presso la Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa, notificata in data 10 febbraio 2005 in uno con la sua nota di trasmissione (prot. n. M. DGMIL 040016156 DGPM/III/7°/2°/70105/03-D) del 21 dicembre 2004 con la quale veniva negato il rimborso delle spese legali richiesto dal ricorrente;

b) della nota prot. CS. 18258/03 Sez. V del 18 ottobre 2004, pervenuta al III reparto – 7° Divisione Disciplina presso la DGPM del Ministero della difesa in data 8 novembre 2004 (prot. n. 5941) e notificata al ricorrente in data 30 marzo 2005 all’esito della sua istanza di accesso, con la quale l’Avvocatura Generale dello Stato rendeva note le ragioni sottese al diniego di rimborso così come esplicitate nel proprio parere del 18 ottobre 2004;

c) del parere reso, in sede di istruttoria ai sensi dell’art. 18 comma 1 del D.L. 67/97 conv. nella L. 135/97 dall’Avvocatura Generale dello Stato recepito nella determina dirigenziale di diniego;

d) di ogni altro atto preordinato, consequenziale e connesso comunque lesivo degli interessi del ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 2 marzo 2018 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il presente ricorso il Sig. Antonio N.. ha impugnato la determinazione del 21 dicembre 2004, del Ministero della Difesa, con la quale gli è stato negato il rimborso delle spese legali richieste ai sensi dell’art. 18 del D.L. 67/97.

Il Sig. N.., in quanto Maresciallo dell’esercito con la qualifica di “artificiere”, era stato convenuto nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 24213 della Procura contabile presso la Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna -, in conseguenza del furto di n. 2 binocoli passivi ad intensificazione di luce dall’interno della caserma “Omissis” dove il ricorrente presentava servizio.

A seguito dell’avvenuto proscioglimento dagli addebiti mossi, avvenuto con la sentenza n. 1618/02 della Corte dei Conti, il Sig. N.., con istanza del 13 gennaio 2003, ha chiesto il rimborso delle spese legali sostenute per l’attività di patrocinio forense espletata dai difensori incaricati, allegando le fatture n. 623/02 e n. 143/03, rispettivamente per un importo di euro 427,04 e di euro 2.817,07.

E’ seguita l’emanazione della determina del 21 dicembre 2004 con la quale, il Ministero della Difesa, facendo proprio il parere dell’Avvocatura (prot. 18258/03) del 18 ottobre 2004, ha rigettato la richiesta di rimborso.

Dal parere dell’Avvocatura è possibile evincere che quest’ultima ha ritenuto insussistente il presupposto di cui all'art. 18 D.L. n. 67/97, così come convertito nella L. n. 135/97, in considerazione del fatto che la sentenza della Corte dei Conti avrebbe assolto il ricorrente “soltanto perché, considerati tutti gli aspetti della vicenda, ha ritenuto che non ricorresse il requisito della colpa grave, ma non ha escluso la responsabilità del dipendente nella causazione del furto, riconoscendo esplicitamente”.

Nell’impugnare i provvedimenti sopra citati si sostiene l’esistenza dei seguenti vizi:

1. la violazione dell'art. 3 comma 2 bis aggiunto dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639 al D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, dell'art. 18 D.L. del 25 marzo 1997 n. 67; a parere del ricorrente sussisterebbero tutti i presupposti per ottenere il rimborso delle spese legali, considerando che la sentenza della Corte dei Conti ha confermato l’inesistenza di una responsabilità del Sig. N.. nel custodire i binocoli poi rubati da altri;

2. la violazione dell’art. 18 D.L. del 25 marzo 1997 n. 67, in quanto non sussisterebbe il potere dell’Avvocatura di valutare l’ammissibilità del rimborso, ma solo di incidere sul quantum da corrispondere all’istante;

3. la violazione dell’art. 3 comma 2 bis, aggiunto dalla legge del 20 dicembre 1996 n. 639 al D.L. del 23 ottobre 1996 n. 543, delle circolari Ministero Difesa n. DGPM/III/7^/1847 e n. 4560/B-2-1 e del parere dell'Avvocatura Generale dello Stato n. 31/04, in quanto l’elemento determinante ai fini della corresponsione del rimborso sarebbe da individuare nel fatto che il richiedente abbia conseguito una pronuncia che escluda la sua responsabilità con sentenza o provvedimento (art. 18 L. n. 135/97), ovvero, che sia definitivamente prosciolto (nel caso di giudizio di responsabilità innanzi la Corte dei Conti ex art.3, comma 2 bis L. n. 636/96), presupposti questi ultimi che sarebbero tutti esistenti nel caso di specie.

Non si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, pur essendo stato correttamente intimato.

All’udienza del 2 marzo 2018, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso va accolto, risultando fondati il primo e il terzo motivo.

1.1 A tal fine, è necessario premettere che il ricorrente è stato convenuto nel giudizio di responsabilità, ad istanza della Procura contabile presso la Corte di Conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna- e, ciò, con atto di citazione del 07 agosto 2001 con il quale l’organo requirente ha chiesto la condanna del Sig. N.. al pagamento della somma di denaro pari a Lire 14.200.000 più accessori di legge, corrispondente al valore commerciale di n. 2 binocoli passivi ad intensificazione di luce del tipo “PB4DSVI” matricola n. 120411210, trafugati dal locale adibito ad armeria all’interno della caserma “Omissis”, ove il ricorrente prestava e presta servizio quale militare in carriera.

1.2 Con la sentenza n. 1618/02/, la Corte dei Conti ha assolto il Sig. N.. dagli addebiti evidenziati dalla Procura contabile.

1.3 L’Avvocatura dello Stato, nell’espressione del parere di cui all’art. 18 del DL. 67/97 ha, a sua volta, ritenuto che detta assoluzione sarebbe stata dettata “soltanto perché, considerati tutti gli aspetti della vicenda, ha ritenuto che non ricorresse il requisito della colpa grave, ma non ha escluso la responsabilità del dipendete nella causazione del fiuto, riconoscendo esplicitamente, anzi, che il comportamento non era immune da censura”.

1.4 In realtà il parere dell’Avvocatura si fonda su un’interpretazione non condivisibile della sentenza della Corte dei Conti che ha assolto il ricorrente.

1.5 Detta pronuncia, dopo aver escluso l’esistenza di una colpa grave nel furto che aveva riguardato dei beni sottoposti alla vigilanza del ricorrente, si è limitata ad accertare che lo stesso ricorrente non aveva posto in essere “il temporaneo passaggio di consegne nel momento di una breve assenza (quando, cioè furono trafugati i binocoli)”.

1.6 La stessa sentenza ha avuto cura di evidenziare l’esistenza di elementi “a favore” del ricorrente, da individuarsi, in primo luogo, nell’inesistenza di “disposizioni organizzative, di sicuro affidamento”, essendo i binocoli di cui si tratta lasciati “al libero uso e deposti in luogo di libero accesso”.

Si è accertato, infatti, che solo in una fase successive al furto il reparto di appartenenza del ricorrente aveva adottato misure più restrittive.

1.7 Si è poi rilevato, sempre nella pronuncia di cui si tratta, “le modalità perpetrative del furto”, nell’ambito del quale erano state sfilate “le viti del coperchio delle bolgette contenenti i binocoli evitando di intaccare le piombature apposte. Va quindi dato atto al N.. di aver diligentemente piombato i contenitori dei beni trafugati pur non essendosi peritato, all'opposto - e ciò è dato che muove a critica sul suo operato - della possibile eludibilità di tale accorgimento”.

1.8 La sentenza si conclude con una pronuncia di assoluzione del Sig. N.. in considerazione dell’inesistenza di una colpa grave nei confronti dell’attuale ricorrente.

1.9 Ciò premesso è evidente che il comportamento del Sig. N.., che l’Avvocatura pone a fondamento del diniego di rimborso, è del tutto accessorio ed è stato ritenuto dalla stessa Corte dei Conti pressocchè ininfluente ai fini di evitare il furto, circostanziandosi nel mancato passaggio di consegne conseguente ad un’assenza temporanea del ricorrente, circostanze queste ultime che nel loro complesso non potevano che portare ad una sentenza di assoluzione dalla responsabilità per danno erariale.

2. Deve ritenersi violato l’art. 3 della L. 543/1996 nella parte in cui richiede, come presupposto per il rimborso delle spese legali, “il definitivo proscioglimento” dall’azione di responsabilità.

2.1 Analogamente violato è l’art. 18 (Rimborso delle spese di patrocinio legale) del D.L. 67/97 che, a sua volta e per quanto riguarda i giudizi nell’ambito dei quali risultino coinvolti i pubblici dipendenti, richiede che sussista una “sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità”.

2.2 E’ quindi evidente che attribuire rilievo a condotte accessorie e comunque ininfluenti ai fini di impedire la fattispecie ascritta, avrebbe l’effetto di condurre ad un’interpretazione contrastante con la ratio delle sopra citate disposizioni, dirette a tenere indenne il pubblico dipendente dalle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari strettamente connessi all'espletamento dei propri compiti istituzionali e nei cui confronti sia stato riconosciuto nel merito dell'infondatezza dell'ipotesi accusatoria (T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 20 giugno 2013, n. 982; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Sez. I, 30 aprile 2012, n. 143).

2.3 Seguire l’interpretazione dell’Avvocatura determinerebbe una sostanziale elusione dei principi contenuti nell’art. 18, legittimando dinieghi del rimborso anche in circostanze in cui il comportamento del dipendente sia suscettibile di incidere, solo marginalmente, sugli obblighi di vigilanza cui era tenuto nel caso di specie il pubblico dipendente.

2.3 In questo senso sono anche alcune pronunce che hanno escluso l’ammissibilità del rimborso in presenza di una circostanze eccezionali e nell’ambito delle quali la sentenza si era limitata a dichiarare la prescrizione (Corte dei Conti Sez. II App., 13-07-2005, n. 272; Corte dei Conti Sez., 26-02-2007, n. 000136) o nell’ipotesi in cui non sera stata esclusa l’assenza di responsabilità (T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 22-11-2011, n. 5450).

2.4 Ne consegue che ogni pronuncia assolutoria determina, quanto meno astrattamente, l’insorgere di un diritto al rimborso delle spese legali, non rilevando che addebiti “minori”, giuridicamente irrilevanti, possano essere imputati al convenuto.

2.5 In conclusione. l’accoglimento della sopra citata censura consente di assorbire le ulteriori doglianze proposte.

2.6 Il ricorso è, pertanto, fondato e va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

La novità della fattispecie esaminata consente di compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Compensa le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Rosa Perna, Consigliere
Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Ricchiuto Concetta Anastasi





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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

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2-5-2018 Supplemento ordinario n. 21/L alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 1002


(FF.PP. a Ordinamento Militare - CC. e GdiF.)


Art. 29.
Tutela legale


1. Le disposizioni di cui all’articolo 32 della legge 22 maggio 1975, n. 152 e dell’articolo 18 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito con legge 23 maggio 1997, n. 135, si applicano anche a favore del coniuge e dei figli del dipendente deceduto. In mancanza del coniuge e dei figli del dipendente deceduto, si applicano le vigenti disposizioni in materia di successione. Alla relativa spesa si provvede nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio.

2. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 1, agli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria indagati o imputati per fatti inerenti al servizio, che intendono avvalersi di un libero professionista di fiducia, può essere anticipata, a richiesta dell’interessato, compatibilmente con le disponibilità di bilancio dell’Amministrazione di appartenenza, una somma che, anche in modo frazionato, non può superare complessivamente l’importo di euro 5.000,00 per le spese legali, salvo rivalsa se al termine del procedimento viene accertata la responsabilità del dipendente a titolo di dolo.

3. L’importo di cui al comma 2 può essere anticipato, anche al personale convenuto in giudizi per responsabilità civile ed amministrativa previsti dalle disposizioni di cui al comma 1, salvo rivalsa ai sensi delle medesime norme.

4. Sono ammesse al rimborso, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, le spese di difesa relative a procedimento penale concluso con la remissione di querela.

5 . La richiesta di rimborso, fermi restando i limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’articolo 18 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito con legge 23 maggio 1997, n. 135, ha efficacia fino alla decisione dell’Amministrazione.
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

Messaggio da panorama »

Allego Circolare del Ministero della Difesa

M_D GMIL REG2018 0530676 datata 07-09-2018 ad Oggetto:

DD.PP.RR. 15 marzo 2018, n. 39 e n. 40. Recepimento dei provvedimenti di concertazione riguardanti il personale, rispettivamente, delle Forze di polizia ad ordinamento civile/militare e delle Forze armate. Triennio normativo ed economico 2016-2018. “Tutela legale”.


1) - somma che, anche in modo frazionato, non può superare complessivamente l'importo di euro 5.000,00 per le spese legali, salvo rivalsa se al termine del procedimento viene accertata la responsabilità del dipendente a titolo di dolo”


Il Militare interessato dovrà:
- presentare l’istanza presso l’Ente di appartenenza corredata dai seguenti elementi:

- OMISSIS

- importo chiesto a titolo di anticipazione, entro il limite massimo 5.000,00 euro.

2) - DISPOSIZIONI FINALI
La presente circolare sostituisce e abroga la precedente pari oggetto n. M_D GMIL REG2018 0392667 in data 16 luglio 2018.


vedi allegato
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

Messaggio da panorama »

CdS Parere su rimborso spese legali per procedimento Civile.
Ricorso Accolto


- Il ricorrente - all'epoca dei fatti Comandante di Stazione Carabinieri di OMISSIS (PD) – in data 2 ottobre 2004 procedeva all’arresto di una persona.

- Nella circostanza l'arrestato riportava la frattura delle ossa nasali mentre il militare la contusione alla spalla.

- Successivamente, il prevenuto citava dinanzi al Tribunale civile di Venezia il maresciallo B.. per il risarcimento dei danni subiti nelle fasi dell'arresto.

- Il giudice civile, con sentenza n. 2540, datata 11 ottobre 2011 passata in giudicato, rigettava la domanda attorea e la domanda riconvenzionale del convenuto maresciallo.


vedi allegato
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panorama
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

Messaggio da panorama »

Il CdS con la sentenza allegata, rigetta l'appello del collega ricorrente.

Ecco alcuni brani e regolatevi bene.

1) - il ricorrente è stato indagato a seguito di una denuncia per una presunta aggressione subita da una donna nel cortile posto in prossimità dell’abitazione del suocero.

2) - a seguito di rinuncia alla prescrizione nel frattempo decorsa, il ricorrente è stato assolto dal reato ascrittogli.

3) - in realtà le circostanze che avevano portato al procedimento penale erano state la conseguenza di un intervento richiesto da alcuni dei presenti per evitare, proprio in quanto appartenente all’Arma dei Carabinieri, tentativi autolesionistici da parte della stessa denunciante.

4) - il ricorrente ha chiesto il rimborso ritenendo la connessione degli eventi con gli obblighi di intervento prescritti per gli appartenenti all’Arma dei Carabinieri dall’art. 36 del D.P.R. n. 545 del 1986 (regolamento di disciplina militare) e dall’art. 732 del D.P.R. n. 90 del 2010 (regolamento al testo unico dell’ordinamento militare).

Il CdS precisa:

5) - In sostanza, l’assolvimento del servizio o la semplice appartenenza del soggetto a una Pubblica Amministrazione statale non deve costituire la mera occasione del compimento degli atti per i quali lo stesso sia stato coinvolto in un procedimento giurisdizionale. E’ invece necessario che il dipendente abbia operato agendo per conto dell’Amministrazione e facendo ricadere gli effetti giuridici delle sue azioni sulla sfera della stessa (cfr. ex multis, Cons. di Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190).

6) - Il rimborso al dipendente pubblico delle spese legali sostenute per la difesa in un procedimento penale per atti o fatti connessi con l'espletamento del servizio o l'assolvimento di compiti istituzionali richiede infatti un rapporto causale con lo svolgimento di una corretta prestazione lavorativa le cui conseguenze ricadrebbero sull'Amministrazione, non essendo sufficiente la mera connessione occasionale delle condotte con la qualifica di pubblico ufficiale, né che l'evento avvenga durante e in occasione dell'esecuzione della prestazione.

7) - D’altra parte, un ulteriore riferimento normativo utile per interpretare correttamente il tema della “connessione” è costituito dall’art. 1720, secondo comma, c.c., ai sensi del quale il mandante deve risarcire al mandatario i danni che questi abbia subito a causa dello svolgimento del mandato. Alla stessa ratio può infatti farsi riferimento per delimitare la portata dell’art. 18 del DL n. 67/1997. La connessione deve dunque essere concepita come stretta “consequenzialità”, sul piano causale, delle spese sostenute in giudizio rispetto all’assolvimento di uno specifico compito funzionale.

8) - Né può rilevare in senso contrario la circostanza che tra i doveri funzionali degli appartenenti all’Arma dei Carabinieri rientri anche il prestare soccorso a persone in difficoltà. Tali obblighi sono infatti posti a carico della generalità dei soggetti a prescindere dall’appartenenza ad una Amministrazione pubblica.

9) - Nessuna causa, neppure indiretta, si può pertanto rintracciare con l’attività di servizio. I riferiti elementi non sono oggettivamente né sufficienti, né idonei per integrare la fattispecie prevista dal citato art. 18.
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naturopata
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

Messaggio da naturopata »

In pochi giorni sono state pubblicate ben 14 sentenze d'appello sul rimborso delle spese legali. Indovinate un po', tutte respinte. Le sentenze sono la n.8046/8057/8058/8070/8127/8128/8136/8137/8138/8139/8140/8143/8144/8146 del 2019. Un copia e incolla totale, tra l'altro unico relatore per tutte, il Presidente. Ne riporto una per tutte. Incomincerei a valutare l'inutilità di questi ricorsi, in quanto se si viene condannati, il reato è tipico, ovvero di un pubblico ufficiale, se invece il fatto non sussiste o non è stato commesso, quel fatto non è in connessione con il servizio, ma se io sono indagato/imputato ad esempio per omissioni d'atti d'ufficio, se vengo condannato, non emesso e/o adempiuto a un dovere d'ufficio, ma se vengo prosciolto con formula piena, vuol dire che ho emesso e/o ho adempiuto a quel dovere d'ufficio. Ma di cosa parliamo?

Pubblicato il 25/11/2019
N. 08046/2019REG.PROV.COLL.

N. 08341/2014 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 8341 del 2014, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Mauro Cimbalo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Scafa in Roma, via Cicerone, n. 44;


contro

Il Ministero della difesa - Direzione Generale per il personale militare III reparto - 7°Divisione, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;


per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche n. -OMISSIS-, resa tra le parti;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Amministrazione appellata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato Andrea Scafaper e l'avvocato dello Stato Giulio Bacosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. L’appellante, dipendente dell’arma dei carabinieri, è stato sottoposto a due processi penali:

- nel primo, è stato imputato per i reati di abbandono di posto, ingiuria ad un inferiore, minaccia e ingiurie, previsti dal codice penale militare di pace: per alcuni reati è stato assolto con sentenza del Tribunale militare di Roma ‘perché il fatto non sussiste’, per altri è stato condannato in primo grado ed è stato prosciolto dalla Corte penale militare d’appello, perché il fatto non sussiste;

- nel secondo, è stato imputato per i reati di procurato allarme e falsità materiale e per reati previsti dal codice penale militare di pace: con sentenza del tribunale di Macerata, è stato prosciolto perché il fatto non sussiste, quanto ai primi due reati, ed è stato prosciolto dagli altri per i principio del ne bis in idem.

Dopo la conclusione del giudizio penale, in data 10 luglio 2014 egli ha chiesto alla Amministrazione di appartenenza il rimborso delle spese legali sostenute, ai sensi dell’art. 18 del decreto legge n. 67 del 1997, convertito nella legge n. 135 del 1997.

Con l’atto di data 8 gennaio 2013, emesso su conformi pareri dell’Avvocatura Generale dello Stato di data 5 gennaio 2012 e 25 ottobre 2012, il Ministero della difesa ha respinto l’istanza, rilevando che i fatti valutati in sede penale non erano connessi all’espletamento del servizio o con l’assolvimento di compiti istituzionali.

2. Con il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-(proposto al TAR per le Marche), l’interessato ha impugnato il diniego e ne ha chiesto l’annullamento.

3. Il TAR, con la sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso ed ha compensato le spese del giudizio, rilevando che ‘non può ritenersi del tutto esclusa la materialità della condotta’, la quale ‘appare piuttosto causativa di un discredito per l’Amministrazione, che non posta in essere nell’interesse della stessa’.

4. Con l’appello in esame, l’interessato ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia accolto.

L’appellante ha dedotto che il TAR avrebbe errato nel valutare i fatti.

Nella specie, è accaduto che egli, nella qualità di operatore presso la centrale operativa dei Carabinieri di -OMISSIS-, a seguito di un allarme di tentativo di furto ordinava ad un capo equipaggio dell’autoradio di servizio di portarsi sul posto per gli accertamenti del caso e che poi chiedeva spiegazioni in merito alla successiva presenza in caserma dei colleghi e non sul luogo del tentato furto, effettuando un rimprovero verbale dal quale nasceva una discussione tra i militari e, di conseguenza, la denuncia alla autorità giudiziaria.

I fatti contestati sarebbero pertanto ‘connessi al servizio svolto’.

5. Il Ministero appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che il gravame sia respinto.

Con una memoria depositata in data 5 dicembre 2014, il Ministero ha rilevato che, malgrado il proscioglimento in sede penale, l’appellante ha posto in essere comportamenti accertati in sede penale e che, pur se hanno dato luogo al proscioglimento, sono stati ritenuti ‘deplorevoli’ dal Tribunale militare di Roma (v. p. 12 della sua sentenza) e ‘senz’altro deprecabili ed eventualmente sanzionabili disciplinarmente’ dalla Corte militare d’appello.

6. Ritiene la Sezione che l’appello vada respinto, perché infondato.

7. Per comodità di lettura, va riportato il contenuto dell’art. 18, comma 1, del decreto legge n. 67 del 1997, come convertito nella legge n. 135 del 1997.

“Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità”.

Per i casi in cui sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva, rilevano i principi generali per i quali, in presenza di un potere valutativo dell’Amministrazione, la posizione del dipendente va qualificata come interesse legittimo (pur se è stata talvolta definita come di ‘diritto condizionato’ all’accertamento dei relativi presupposti: Cons. Stato, Sez. III, 29 dicembre 2017, n. 6194; Sez. VI, 21 gennaio 2011, n. 1713).

L’art. 18 sopra riportato attribuisce un peculiare potere valutativo all’Amministrazione con riferimento all’an ed al quantum, poiché essa deve verificare se sussistano in concreto i presupposti per disporre il rimborso delle spese di giudizio sostenute dal dipendente, nonché – quando sussistano tali presupposti - se siano congrue le spese di cui sia chiesto il rimborso – con l’ausilio della Avvocatura dello Stato, il cui parere di congruità ha natura obbligatoria e vincolante (Cons. Stato, Sez. II, 31 maggio 2017, n. 1266; Sez. IV, 8 luglio 2013, n. 3593).

Di per sé il parere – per la sua natura tecnico-discrezionale – non deve attenersi all’importo preteso dal difensore (Cons. Stato, Sez. II, 20 ottobre 2011, n. 2054/2012), o a quello liquidato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati per quanto rileva nei rapporti tra il difensore e l’assistito (Cons. Stato, Sez. II, 31 maggio 2017, n. 1266; Sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4942), ma deve valutare quali siano state le effettive necessità difensive (Cass. Sez. Un., 6 luglio 2015, n. 13861; Cons. Stato, Sez. IV, 7 ottobre 2019, n. 6736; Sez. II, 31 maggio 2017, n. 1266; Sez. II, 20 ottobre 2011, n. 2054/12) ed è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità per errore di fatto, illogicità, carenza di motivazione, incoerenza, irrazionalità o per violazione delle norme di settore (Cons. Stato, Sez. II, 30 giugno 2015, n. 7722).

Qualora il diniego (totale o parziale) di rimborso risulti illegittimo, il suo annullamento non comporta di per sé l’accertamento della spettanza del beneficio, dovendosi comunque pronunciare sulla questione l’Amministrazione, in sede di emanazione degli atti ulteriori.

8. Per quanto riguarda i presupposti indefettibili per l’applicazione dell’art. 18, si è formata una univoca e convergente giurisprudenza della Corte di Cassazione e di questo Consiglio di Stato.

Tali presupposti sono due:

a) la pronuncia di una sentenza o di un provvedimento del giudice, che abbia escluso definitivamente la responsabilità del dipendente;

b) la sussistenza di una connessione tra i fatti e gli atti oggetto del giudizio e l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali.

9. Quanto alla pronuncia definitiva sull’esclusione della responsabilità del dipendente, qualora si tratti di una sentenza penale si deve trattare di un accertamento della assenza di responsabilità, anche quando – in assenza di ulteriori specificazioni contenute nell’art. 18 - sia stato applicato l’art. 530, comma 2, del codice di procedura penale (Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2017, n. 4176, cit.; Ad. Gen., 29 novembre 2012, n. 20/13; Sez. IV, 21 gennaio 2011, n. 1713, cit.).

L’art. 18, invece, non può essere invocato quando il proscioglimento sia dipeso da una ragione diversa dalla assenza della responsabilità, cioè quando sia stato disposto a seguito dell’estinzione del reato, ad esempio per prescrizione, o quando vi sia stato un proscioglimento per ragioni processuali, quali la mancanza delle condizioni di promovibilità o di procedibilità dell’azione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2017, n. 4176, cit.; Sez. VI, 2005, n. 2041).

10. Oltre alla pronuncia del giudice che espressamente abbia escluso la responsabilità del dipendente, l’art. 18 ha disciplinato un ulteriore presupposto per la spettanza del beneficio, e cioè la sussistenza di una connessione tra i fatti e gli atti oggetto del giudizio e l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali: l’art. 18 si applica a favore del dipendente che abbia agito in nome e per conto, oltre che nell’interesse della Amministrazione (e cioè quando per la condotta oggetto del giudizio sia ravvisabile il ‘nesso di immedesimazione organica’).

10.1. Tale connessione sussiste – sia pure in modo peculiare - qualora sia stata contestata al dipendente la violazione dei doveri di istituto e, all’esito del procedimento, il giudice abbia constatato non solo l’assenza della responsabilità, ma che esso sia sorto in esclusiva conseguenza di condotte illecite di terzi, di natura diffamatoria o calunniosa, oppure qualificabili come un millantato credito (si pensi al funzionario, al dirigente o al magistrato accusato di corruzione, ma in realtà del tutto estraneo ai fatti, perché vittima di una orchestrata attività calunniosa o di un millantato credito emerso dopo l’attivazione del procedimento penale).

Sotto tale profilo, l’art. 18 tutela senz’altro – col rimborso delle spese sostenute - il dipendente statale che sia stato costretto a difendersi, pur innocente, nel corso del procedimento penale nel quale – esclusivamente in ragione del suo status e non per l’aver posto in essere specifici atti - sia stato coinvolto nel procedimento penale perché sostanzialmente vittima di illecite condotte altrui, che per un qualsiasi motivo illecito hanno coinvolto il dipendente, a maggior ragione se è stato designato come vittima proprio quale appartenente alle Istituzioni e per il servizio prestato.

Qualora in tali casi il giudice penale disponga il proscioglimento del dipendente statale, non rileva pertanto la natura attiva od omissiva della condotta oggetto della contestazione, perché ciò che conta è l’accertamento da parte del giudice penale dell’estraneità del dipendente ai fatti contestati, nonché il carattere diffamatorio o calunnioso delle dichiarazioni altrui.

10.2. A parte l’ipotesi del coinvolgimento del dipendente estraneo ai fatti, ma vittima di una illecita condotta altrui, quanto alla ‘connessione’ tra i fatti e gli atti oggetto del giudizio e l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali, la giurisprudenza ha più volte chiarito che si deve trattare di condotte (estrinsecatesi in atti o comportamenti) che di per sé siano riferibili all’Amministrazione di appartenenza e che, di conseguenza, comportino a questa l’imputazione dei relativi effetti (Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 2018, n. 3427; Sez. IV, 5 aprile 2017, n. 1568; Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190): la condotta oggetto della contestazione deve essere espressione della volontà della Amministrazione di appartenenza e finalizzata all’adempimento dei suoi fini istituzionali.

L’art. 18 è di stretta applicazione e si applica quando il dipendente sia stato coinvolto nel processo per l’aver svolto il proprio lavoro, e cioè quando si sia trattato dello svolgimento dei suoi obblighi istituzionali e vi sia un nesso di strumentalità tra l’adempimento del dovere ed il compimento dell’atto o del comportamento (e dunque quando l’assolvimento diligente dei compiti specificamente lo richiedeva), e non anche quando la condotta oggetto della contestazione sia stata posta in essere ‘in occasione’ dell’attività lavorativa (Cass., 3 gennaio 2008, n. 2; Cons. Stato, Sez. VI, 13 marzo 2017, n. 1154; Sez. III, 8 aprile 2016, n. 1406; Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190; Sez. IV, 14 aprile 2000, n. 2242) o quando sia di per sé meritevole di una sanzione disciplinare (Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190).

Invece, esso non si applica quando la contestazione in sede penale si sia riferita ad un atto o ad un comportamento, in ipotesi, che:

a) di per sé costituisca una violazione dei doveri d’ufficio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 2018, n. 3427);

b) sia stato comunque posto in essere per ragioni personali, sia pure durante e ‘in occasione’ dello svolgimento del servizio, e dunque non sia riferibile all’Amministrazione (Cass. civ., Sez. I, 31 gennaio 2019, n. 3026; Sez. lav., 6 luglio 2018, n. 17874; Sez. lav., 3 febbraio 2014, n. 2297; Sez. lav., 30 novembre 2011, n. 25379; Sez. lav., 10 marzo 2011, n. 5718; Cons. Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1816; Sez. III, 2013, n. 4849; Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190), ad esempio, quando la contestazione si sia riferita a una condotta che riguardi la propria vita di relazione, ancorché nell’ambiente di lavoro (Cons. Stato, Sez. V, 2014, n. 6389; Sez. II, 15 maggio 2013, n. 3938/13), o che non sia riconducibile strettamente alla attività istituzionale, quale l’accettazione di un regalo o il coinvolgimento in un alterco con colleghi, ma che all’esito del giudizio non sia stata qualificata come reato.

c) sia potenzialmente idoneo a condurre ad un conflitto con gli interessi dell’Amministrazione (ad esempio quando, malgrado l’assenza di una responsabilità penale, sussistano i presupposti per ravvisare un illecito disciplinare e per attivare il relativo procedimento: cfr. Cons. Stato, Sez. II, 27 agosto 2018, n. 2055; Sez. IV, 4 settembre 2017, n. 4176, cit.; Sez. IV, 2013, n. 1190; Sez. IV, 2012, n. 423).

Infatti, la ratio della regola del rimborso delle spese – per i giudizi conseguenti alle condotte attinenti al servizio - è quella di ‘evitare che il dipendente statale tema di fare il proprio dovere’: occorre uno specifico nesso causale tra il fatto contestato e lo svolgimento del dovere d’ufficio (Cons. Stato, Sez. II, 21 novembre 2018, n. 2735; Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1681) e il rimborso non spetta per il solo fatto che in sede penale vi sia il proscioglimento per un reato proprio (commesso per la qualità di dipendente dello Stato).

10.3. In materia non rilevano di per sé le disposizioni del codice civile sul contratto di mandato, proprio perché l’art. 18 sopra riportato ha indicato i presupposti – sostanziali e procedimentali – indefettibili per la spettanza del rimborso.

11. Tenuto conto dei principi sopra evidenziati, vanno integralmente confermate le statuizioni della sentenza appellata, la quale, sia pure sinteticamente, ha correttamente evidenziato le ragioni ostative all’accoglimento della istanza.

La condotta contestata in sede penale non ha riguardato un atto o un comportamento imputabile alla Amministrazione di appartenenza, bensì un comportamento del dipendente, che è stato coinvolto in un alterco con i colleghi.

Va condivisa la valutazione dell’Amministrazione, che ha rilevato come le condotte oggetto delle contestazioni non possono essere considerate connesse ‘con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali’: oggetto delle contestazioni sono stati comportamenti personali, qualificati come minacce ed ingiurie nella contestazione e poi considerati non costituenti reato, e non i comportamenti tipici riferibili alla attività di prevenzione o di repressione dei reati, connessi allo svolgimento dell’attività istituzionale.

12. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge l’appello n. 8341 del 2014.

Compensa tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell’appellante.

Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019, con l'intervento dei magistrati:




Luigi Maruotti, Presidente, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere







IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Luigi Maruotti






IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

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Appello perso,

1) - è stato sottoposto ad un processo penale, nel quale è stato imputato per il reato di insubordinazione con ingiuria, aggravata dalla presenza di più militari, per aver rivolto ad un superiore una frase, durante lo svolgimento dei preparativi per una festa dell’Arma.

2) - la contestazione ha riguardato l’aver rivolto al superiore, alla presenza di più persone, una frase di natura ingiuriosa e irrispettosa, dopo essere stato da lui verbalmente rimproverato per aver dato in escandescenze

3) - il Ministero della difesa ha respinto l’istanza, rilevando che i fatti valutati in sede penale non erano connessi all’espletamento del servizio o con l’assolvimento di compiti istituzionali.

Il CdS precisa a tal riguardo:

4) - Per quanto riguarda i presupposti indefettibili per l’applicazione dell’art. 18, si è formata una univoca e convergente giurisprudenza della Corte di Cassazione e di questo Consiglio di Stato

5) - L’art. 18 è di stretta applicazione e si applica quando il dipendente sia stato coinvolto nel processo per l’aver svolto il proprio lavoro, e cioè quando si sia trattato dello svolgimento dei suoi obblighi istituzionali e vi sia un nesso di strumentalità tra l’adempimento del dovere ed il compimento dell’atto o del comportamento (e dunque quando l’assolvimento diligente dei compiti specificamente lo richiedeva), e non anche quando la condotta oggetto della contestazione sia stata posta in essere ‘in occasione’ dell’attività lavorativa (Cass., 3 gennaio 2008, n. 2; Cons. Stato, Sez. VI, 13 marzo 2017, n. 1154; Sez. III, 8 aprile 2016, n. 1406; Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190; Sez. IV, 14 aprile 2000, n. 2242) o quando sia di per sé meritevole di una sanzione disciplinare (Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190).

6) - La condotta contestata in sede penale non ha riguardato un atto o un comportamento posto in essere nel corso dello svolgimento del servizio e imputabile alla Amministrazione di appartenenza, bensì un comportamento del dipendente, per una espressione formulata nei confronti di un proprio superiore.

7) - Nella specie, i fatti accaduti hanno riguardato un alterco – effettivamente verificatosi - nel quale è stato coinvolto l’appellante.

8) - tenuto conto dei principi sopra affermati nel punto 11.2. va condivisa la valutazione dell’Amministrazione, che ha rilevato come il comportamento oggetto della contestazione – conseguente alla animata discussione con il superiore - non può essere considerato connesso ‘con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali’, ai sensi e per gli effetti dell’art. 18, comma 1, del decreto legge n. 67 del 1997, come convertito nella legge n. 135 del 1997.

N.B. rileggi i punti 1, 2, 7 e 8.
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naturopata
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

Messaggio da naturopata »

Non per ripetermi, ma sull'esempio della sentenza riportata da Panorama, se vengo condannato alterco è un'insubordinazione con ingiuria militare aggravata, se vengo prosciolto è un alterco fra privati. Allora a questo punto bisognerebbe intentare un'azione risarcitoria dinanzi al giudice ordinario ai danni del privato che ha tramesso comunicazione di notizia di reato, ovvero querela/denuncia per una banale discussione e che mi deve risarcire le spese che ho sostenuto illegittimamente.
panorama
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

Messaggio da panorama »

Come esempio, io ho voluto postare questa sentenza del CdS n. 8144/2019 anche se tu avevi citato gli estremi, per il solito fatto che potrebbero accadere analoghi fatti tra colleghi e, quindi, si regolano di conseguenza.
panorama
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Re: Istanza per il rimborso delle spese legali

Messaggio da panorama »

Il CdS con il presente PARERE rigetta il ricorso del collega CC.

- veniva accusato di violenza privata e, al termine dei vari gradi di giudizio, assolto perché il fatto non costituisce reato con la sentenza n. -OMISSIS- emessa dalla Corte di Appello di Trento – Sezione OMISSIS, in data 5 giugno 2014.

IL CdS precisa:

1) - Premesso che, trattandosi di norma che incide sulla spesa pubblica, essa è di carattere eccezionale e ne va data una interpretazione restrittiva (Cons. Stato, sez. III, n. 193/2009), è necessario che il giudizio di responsabilità sia stato promosso in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento degli obblighi istituzionali, e che esso si sia concluso con sentenza od altro provvedimento che abbia escluso la responsabilità dell'istante.

2) - la condotta del ricorrente nei confronti di due cittadini convocati in caserma e che hanno poi sporto denuncia, non appare posto in essere per fini propri dell'amministrazione, mancando un rapporto causale tra la condotta imputata al ricorrente e i compiti istituzionali facenti capo alla pubblica amministrazione di appartenenza del ricorrente.
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PARERE DEFINITIVO sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 202002048

Numero 02048/2020 e data 17/12/2020 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 21 ottobre 2020


NUMERO AFFARE 00931/2020

OGGETTO:
Ministero della difesa.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da -OMISSIS-, avverso il rigetto dell'istanza di rimborso delle spese legali proposta il 30 ottobre 2015.

LA SEZIONE
Vista la relazione n. del 03/08/2020 con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Fabrizio Cafaggi;


Premesso:

Riferisce l’amministrazione che il ricorrente -OMISSIS- , maresciallo capo dell’Arma dei Carabinieri, veniva accusato di violenza privata e, al termine dei vari gradi di giudizio, assolto perché il fatto non costituisce reato con la sentenza n. -OMISSIS- emessa dalla Corte di Appello di Trento – Sezione OMISSIS, in data 5 giugno 2014.

Con istanza proposta il 30 Ottobre 2015 al Ministero della difesa, l’interessato chiedeva il rimborso delle spese legali in cui era incorso nel procedimento penale cui è stato sottoposto con la imputazione del reato di violenza privata

Con Determina M_D GMIL REG2018 0149568 28-02-2018 il Ministero della difesa rigettava l’istanza

Avverso tale provvedimento il ricorrente propone ricorso straordinario al Presidente della Repubblica asserendone l’illegittimità e deducendo violazione di legge ed eccesso di potere.

L’amministrazione esprime l’avviso che il ricorso debba dichiararsi infondato


Considerato

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell’articolo 18 D.L:. n. 67/1997 conv. in l. n. 135/1997. Il motivo è infondato.

L'art. 18 D.L. n. 67/1997 conv. in l. n. 135/1997 individua i presupposti che legittimano l'amministrazione a contribuire alla difesa del suo dipendente imputato in un processo penale.

Premesso che, trattandosi di norma che incide sulla spesa pubblica, essa è di carattere eccezionale e ne va data una interpretazione restrittiva (Cons. Stato, sez. III, n. 193/2009), è necessario che il giudizio di responsabilità sia stato promosso in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento degli obblighi istituzionali, e che esso si sia concluso con sentenza od altro provvedimento che abbia escluso la responsabilità dell'istante.

Ai fini dell'applicazione dell'art. 18 comma 1, D.L. 25 marzo 1997 n. 67, conv. nella l. 23 maggio 1997 n. 135, in tema di rimborso di spese legali , la connessione dei fatti con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali va intesa nel senso che tali atti e fatti siano riconducibili all'attività funzionale del dipendente stesso in un rapporto di stretta dipendenza con l'adempimento dei propri obblighi, dovendo trattarsi di attività che necessariamente si ricollegano all'esercizio diligente della pubblica funzione, nonché occorre che vi sia un nesso di strumentalità tra l'adempimento del dovere e il compimento dell'atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non compiendo quel fatto o quell'atto. (Cons. Stato, sez. IV, 5655/2020).

Ha chiarito la giurisprudenza del Consiglio di Stato che il beneficio di cui all’art. 18 l. 1997 non ha attinenza al rapporto difensore-cliente, ma a quello intercorrente tra il dipendente e l’Amministrazione, che non può ritenersi vincolata all’importo delle prestazioni pretese dai legali.

Nel caso di specie il fatto specifico che ha determinato il giudizio, la condotta del ricorrente nei confronti di due cittadini convocati in caserma e che hanno poi sporto denuncia, non appare posto in essere per fini propri dell'amministrazione, mancando un rapporto causale tra la condotta imputata al ricorrente e i compiti istituzionali facenti capo alla pubblica amministrazione di appartenenza del ricorrente. E’ possibile imputare gli effetti degli atti del dipendente direttamente all'amministrazione di appartenenza solo quando “risulti che l'agire incriminato di questi sia strettamente strumentale al regolare e diligente adempimento dei compiti istituzionali di servizio” ovvero “vi sia coincidenza di posizioni e non si concreti invero un conflitto di interessi con l'amministrazione di appartenenza”. (Cons. Stato, sez. 1, parere 1870/2019).

Come argomentato dall’ Avvocatura dello Stato, la cui competenza si estende sia all’an che al quantum dell’eventuale rimborso, non sussiste tale coincidenza nel caso in esame. La sentenza di proscioglimento non è sufficiente a conferire il diritto al rimborso così come non è dirimente ai fini della concessione l’assenza di un procedimento disciplinare relativo alla condotta non penalmente rilevante. E’ necessario che l’azione compiuta, che ha condotto alla sottoposizione a procedimento penale, coincida perfettamente con gli interessi istituzionali dell’amministrazione. Il comportamento tenuto dal dipendente deve, dunque, risultare pienamente conforme al modello di condotta richiesto dalla normativa applicabile ( Cons. Stato, sez. IV, 5655/2020, Cons. Stato, sez. IV, 281/2020, Cons. Stato, sez. IV 239/2020, Cons. Stato, sez. IV, 1568/2017).

Alla luce dei principi esposti la Sezione ritiene che, nel caso di specie, non sussista la coincidenza di interessi richiesta dalla norma, configurandosi la condotta del ricorrente, seppure risultata penalmente non rilevante, inappropriata e comunque non conforme ai parametri di diligenza richiesti nell’adempimento degli obblighi di servizio.

Pertanto la Sezione esprime il parere che i motivi di gravame debbano ritenersi privi di fondamento e, per le ragioni esposte in motivazione, che il ricorso debba essere respinto, con assorbimento dell’istanza cautelare.


P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Fabrizio Cafaggi Francesca Quadri




IL SEGRETARIO
Carola Cafarelli



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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