INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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Metto qui' ha disposizione di tutti una delle tante sentenze emesse dal Tar Liguria Sez di Genova relativa al testo.

N. 10135/2010 REG.SEN.
N. 00883/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 883 del 2009, proposto da:
F.. V.., C.. M.., rappresentati e difesi dall'avv. Luigi Silvestrini, con domicilio eletto presso Marcello Bolognesi in Genova, via Corsica, 19/11;
contro
Ministero Pubblica Istruzione, Istituto Professionale di Stato Per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione "G. Minuto" - Massa, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
per l'annullamento
ACCERTAMENTO DIRITTO ALL'ASSEGNAZIONE DI UN INSEGNANTE DI SOSTEGNO PER L'INTERO ORARIO SCOLASTICO SETTIMANALE O IN SUBORDINE PER ALMENO 24 ORE SETTIMANALI. RICHIESTA RISARCIMENTO DANNI..

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Pubblica Istruzione e di Istituto Professionale di Stato Per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione "G. Minuto" - Massa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2010 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso notificato il 10 settembre 2009 i ricorrenti, nella qualità di genitori del figlio minore OMISSIS, ne esponevano la situazione di invalidità per sordomutismo.
Per il grave stato di disabilità è stato assicurato nei precedenti anni scolastici il supporto di un insegnante di sostegno per l’intero orario scolastico . Gli interessati sottolineavano i progressi ricevuti dal sostegno e precisavano l’indispensabilità che le ore venissero portate alla misura massima, rispetto alla insufficiente misura di 7 ore, svolgendo l’esame della disciplina vigente alla luce della quale concludeva per l’accertamento del diritto dei ricorrenti all’assegnazione dell’insegnante di sostegno per il numero di ore adeguato alle condizioni del minore.
L’amministrazione intimata si costituiva in giudizio, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Veniva disposta verificazione all’esito della quale, con ordinanza n. 3 del 2010 questo Tribunale, in accoglimento della domanda cautelare, disponeva che le amministrazioni intimate assicurassero il supporto dell’insegnante di sostegno in favore del minore fino a 18 ore settimanali totali.
Alla odierna udienza pubblica la causa passava in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio deve dare conto che la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici secondo il più recente orientamento delle Sezioni unite della Suprema Corte (cfr. Cass., SS.UU., n. 1144/2007; T.A.R. Liguria, 2^, 14 aprile 2009, n. 742) e ciò anche nella considerazione che la medesima è incentrata sull’annullamento dell'operato dell'Amministrazione scolastica, ritenuto illegittimo con riguardo all'organizzazione dell'insegnamento di sostegno in connessione con la posizione giuridica soggettiva azionata nel ricorso (Cons. di St., VI, 21 marzo 2005 n. 1134).
Nel merito il ricorso è fondato.
Infatti la Sezione non può che ribadire le proprie affermazioni, secondo cui l'assegnazione di un insegnante specializzato di sostegno al bambino disabile costituisce un diritto riconosciuto dall'art. 13, comma 3, della legge n. 104/1992, quale strumento necessario per l’attuazione dei principi di cui agli artt. 3, 32, 34 e 38 Costituzione: nello specifico l’attività didattica di sostegno è garantita nell’ambito della scuola secondaria di primo e secondo grado, ove deve essere realizzata "con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato" (art. 12 comma 5 L. 5.2.1992, n. 104).
L'organizzazione dell'attività di sostegno da parte delle istituzioni scolastiche non può quindi comprimere o vulnerare quel diritto riconosciuto alla persona dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria, ed il servizio reso dall'insegnante di sostegno deve essere garantito in via sostanziale, cioè con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell'handicap; ciò, sulla base di giudizi medici che attiengono esclusivamente alla discrezionalità tecnica.
Né tale diritto può essere inciso dalla recente normativa sulla formazione degli organici di cui all'art. 2 commi 413 e 414 della legge 24.12.2007, n. 244 - legge finanziaria per il 2008 - che ha stabilito, a decorrere dall'anno scolastico 2008/2009, un progressivo decremento del numero dei posti (comma 413) e della dotazione organica di diritto (comma 414) degli insegnanti di sostegno, giacché si tratta di misure organizzative dettate "fermo restando il rispetto dei principi sull'integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104" (comma 414), e di obiettivi che debbono comunque essere conseguiti con criteri e modalità definiti "con riferimento alle effettive esigenze rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili" (comma 413), il tutto per fornirne una lettura costituzionalmente orientata (T.A.R. Liguria, 2^, 14 aprile 2009, n. 742).
In proposito, occorre richiamare altresì quanto di recente affermato dalla Corte Costituzionale: è illegittimo costituzionalmente l’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno. L’art. 12 l. n. 104 del 1992 attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università; pertanto, il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale (cfr. Corte costituzionale, 26 febbraio 2010 , n. 80).
Ritenuti i cardini giuridici dell’intera questione, si rileva che la situazione del minore emerge innanzitutto dalla documentazione prodotta da parte ricorrente e non contestata dall’amministrazione.
I dati raccolti non sono smentiti dalla verificazione disposta da questo Tribunale in sede cautelare, verificazione eseguita da medico specializzato in neuropsichiatria infantile il quale, dopo la visita al minore e colloqui con i genitori, nonché l’esame della documentazione acquisita, ha descritto con cura la situazione del minore stesso.
Nelle conclusioni, la verificazione consiglia che l’attribuzione del massimo di ore possibili, da determinare in 18 settimanali per l’insegnante di sostegno, integrate da 12 ore di altra figura professionale specializzata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie nei sensi di cui di motivazione e, per l’effetto, dispone che le Amministrazioni intimate per quanto di rispettiva competenza, adeguino il supporto dell’insegnante di sostegno in favore della minore in questione nella misura di diciotto ore settimanali, integrate da 12 ore di altra figura professionale specializzata.
Condanna l’Amministrazione della Pubblica Istruzione al pagamento delle spese di lite liquidandole in complessivi €. 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Enzo Di Sciascio, Presidente
Antonio Bianchi, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/10/2010


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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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N. 08337/2010 REG.SEN.
N. 00978/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 978 del 2009, proposto da:
L.. G.. D. R., rappresentato e difeso dagli avv. Federico Barbano, Marco Barilati, Marco Pierfederici, con domicilio eletto presso Marco Barilati in Genova, via Corsica, 19/11; E.. G.. D. Q., L. R., E. Q., rappresentati e difesi dall'avv. Marco Barilati, con domicilio eletto presso Marco Barilati in Genova, via Corsica, 19/11;
contro
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria, Ufficio Scolastico Provinciale di Savona, Istituto Secondario di i Grado "Aycardi-Ghiglieri", rappresentati e difesi dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
per l'annullamento
ACCERTAMENTO E DECLARATORIA DEL DIRITTO ALL'ASSEGNAZIONE DI UN INSEGNANTE DI SOSTEGNO PER L'INTERO ORARIO SCOLASTICO SETTIMANALE O, IN SUBORDINE, PER ALMENO 22 ORE SETTIMANALI.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca e di Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria e di Ufficio Scolastico Provinciale di Savona e di Istituto Secondario di i Grado "Aycardi-Ghiglieri";
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2010 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso notificato il 3 ottobre 2009 i ricorrenti, nella qualità di genitori del figlio minore - OMISSIS -, esponevano la situazione di raro errore congenito del metabolismo.
Per il grave stato di disabilità è stato assicurato nei precedenti anni scolastici il supporto di un insegnante di sostegno per l’intero orario scolastico nonché di un logopedista e di un psicomotricista, sennonché nel corrente anno scolastico venivano assegnate solo 9 ore di sostegno.
Gli interessati sottolineavano i progressi ricevuti dal sostegno e precisavano l’indispensabilità che le ore venissero portate alla misura massima, svolgendo le seguenti considerazioni di diritto:

- violazione degli artt. 3 ss. Cost. e della normativa vigente in materia, nonché dei precedenti giurisdizionali, difetto di istruttoria, diritto dei ricorrenti all’assegnazione dell’insegnante di sostegno per il numero di ore adeguato alle condizioni del minore.
L’amministrazione intimata si costituiva in giudizio, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Veniva disposta verificazione all’esito della quale, con ordinanza n. 10 del 2010 questo Tribunale, in accoglimento della domanda cautelare, disponeva che le amministrazioni intimate assicurassero il supporto dell’insegnante di sostegno in favore del minore fino a 22 ore settimanali totali.
Alla odierna udienza pubblica la causa passava in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio deve dare conto che la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici secondo il più recente orientamento delle Sezioni unite della Suprema Corte (cfr. Cass., SS.UU., n. 1144/2007; T.A.R. Liguria, 2^, 14 aprile 2009, n. 742) e ciò anche nella considerazione che la medesima è incentrata sull’annullamento dell'operato dell'Amministrazione scolastica, ritenuto illegittimo con riguardo all'organizzazione dell'insegnamento di sostegno in connessione con la posizione giuridica soggettiva azionata nel ricorso (Cons. di St., VI, 21 marzo 2005 n. 1134).
Nel merito il ricorso è fondato.
Infatti la Sezione non può che ribadire le proprie affermazioni, secondo cui l'assegnazione di un insegnante specializzato di sostegno al bambino disabile costituisce un diritto riconosciuto dall'art. 13, comma 3, della legge n. 104/1992, quale strumento necessario per l’attuazione dei principi di cui agli artt. 3, 32, 34 e 38 Costituzione: nello specifico l’attività didattica di sostegno è garantita nell’ambito della scuola secondaria di primo e secondo grado, ove deve essere realizzata "con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato" (art. 12 comma 5 L. 5.2.1992, n. 104).
L'organizzazione dell'attività di sostegno da parte delle istituzioni scolastiche non può quindi comprimere o vulnerare quel diritto riconosciuto alla persona dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria, ed il servizio reso dall'insegnante di sostegno deve essere garantito in via sostanziale, cioè con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell'handicap; ciò, sulla base di giudizi medici che attiengono esclusivamente alla discrezionalità tecnica.
Né tale diritto può essere inciso dalla recente normativa sulla formazione degli organici di cui all'art. 2 commi 413 e 414 della legge 24.12.2007, n. 244 - legge finanziaria per il 2008 - che ha stabilito, a decorrere dall'anno scolastico 2008/2009, un progressivo decremento del numero dei posti (comma 413) e della dotazione organica di diritto (comma 414) degli insegnanti di sostegno, giacché si tratta di misure organizzative dettate "fermo restando il rispetto dei principi sull'integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104" (comma 414), e di obiettivi che debbono comunque essere conseguiti con criteri e modalità definiti "con riferimento alle effettive esigenze rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili" (comma 413), il tutto per fornirne una lettura costituzionalmente orientata (T.A.R. Liguria, 2^, 14 aprile 2009, n. 742).
In proposito, occorre richiamare altresì quanto di recente affermato dalla Corte Costituzionale: è illegittimo costituzionalmente l’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno. L’art. 12 l. n. 104 del 1992 attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università; pertanto, il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale (cfr. Corte costituzionale, 26 febbraio 2010 , n. 80).
Ritenuti i cardini giuridici dell’intera questione, si rileva che la situazione del minore emerge innanzitutto dalla documentazione prodotta da parte ricorrente e non contestata dall’amministrazione.
I dati raccolti non sono smentiti dalla verificazione disposta da questo Tribunale in sede cautelare, verificazione eseguita da medico specializzato in neuropsichiatria infantile il quale, dopo la visita al minore e colloqui con i genitori, nonché l’esame della documentazione acquisita, ha descritto con cura la situazione del minore stesso.
Nelle conclusioni, la verificazione consiglia che l’attribuzione del massimo di ore possibili, da determinare in 22 settimanali, sulla scorta del pregresso sostegno già assicurato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sez.2^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie nei limiti di cui di motivazione e, per l’effetto, dispone che le Amministrazioni intimate per quanto di rispettiva competenza, adeguino il supporto dell’insegnante di sostegno in favore della minore in questione nella misura di ventidue ore settimanali.
Condanna l’Amministrazione della Pubblica Istruzione al pagamento delle spese di lite liquidandole in complessivi €. 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Enzo Di Sciascio, Presidente
Antonio Bianchi, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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In Italia per ottenere un diritto anche in queste situazioni i genitori sono obbligati ha fare ricorsi ai Tar nonostante ci siano tanti insegnanti disposti a rendersi utili già da subito mentre la scuola per non assumere personale di tale importanza cerca sempre di mettere un "muro" opponendosi.

N. 08336/2010 REG.SEN.
N. 00961/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 961 del 2009, proposto da:
F. D., F. G. D. D., V. C., V. G. D. C., rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Gaggero, con domicilio eletto presso Paolo Gaggero in Genova, via Roma 3/9;
contro
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Direzione Didattica "C. Colombo" di Savona, rappresentati e difesi dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
per l'annullamento
ACCERTAMENTO DIRITTO ALL'ASSEGNAZIONE DI UN INSEGNANTE DI SOSTEGNO PER IL NUMERO DI ORE NECESSARIE RISPETTO ALLE PATOLOGIE DA CUI E' AFFETTO IL MINORE, NELLA MISURA MASSIMA CONSENTITA EX LEGE, E COMUNQUE NON INFERIORE A 25 ORE SETTIMANALI, PER L'ANNO SCOLASTICO IN CORSO (2009/2010) E FINCHE' PERDURINO LE ATTUALI CONDIZIONI DEL SOGGETTO. RICHIESTA RISARCIMENTO DANNI..

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca e di Direzione Didattica "C. Colombo" di Savona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2010 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso notificato il 14 ottobre 2009 i ricorrenti, nella qualità di genitori del figlio minore - OMISSIS - , esponevano la situazione di ritardo nello sviluppo psicomotorio del figlio.
Per il grave stato di disabilità è stato assicurato nei precedenti anni scolastici il supporto di un insegnante di sostegno, sennonché nel corrente anno scolastico venivano assegnate solo 12,5 ore di sostegno.
Gli interessati sottolineavano i progressi ricevuti dal sostegno e precisavano l’indispensabilità che le attuali ore venissero portate alla misura massima, svolgendo le seguenti considerazioni di diritto:
- violazione degli artt. 3 ss. Cost. e della normativa vigente in materia, difetto di istruttoria, diritto dei ricorrenti all’assegnazione dell’insegnante di sostegno per il numero di ore adeguato alle condizioni del minore.
L’amministrazione intimata si costituiva in giudizio, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
All’esito della disposta verificazione con ordinanza n. 5 del 2010 questo Tribunale, in accoglimento della domanda cautelare, disponeva che le amministrazioni intimate assicurassero il supporto dell’insegnante di sostegno in favore del minore fino a 25 ore settimanali totali.
Alla odierna udienza pubblica la causa passava in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio deve dare conto che la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici secondo il più recente orientamento delle Sezioni unite della Suprema Corte (cfr. Cass., SS.UU., n. 1144/2007; T.A.R. Liguria, 2^, 14 aprile 2009, n. 742) e ciò anche nella considerazione che la medesima è incentrata sull’annullamento dell'operato dell'Amministrazione scolastica, ritenuto illegittimo con riguardo all'organizzazione dell'insegnamento di sostegno in connessione con la posizione giuridica soggettiva azionata nel ricorso (Cons. di St., VI, 21 marzo 2005 n. 1134).
Nel merito il ricorso è fondato.
Infatti la Sezione non può che ribadire le proprie affermazioni, secondo cui l'assegnazione di un insegnante specializzato di sostegno al bambino disabile costituisce un diritto riconosciuto dall'art. 13, comma 3, della legge n. 104/1992, quale strumento necessario per l’attuazione dei principi di cui agli artt. 3, 32, 34 e 38 Costituzione: nello specifico l’attività didattica di sostegno è garantita nell’ambito della scuola secondaria di primo e secondo grado, ove deve essere realizzata "con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato" (art. 12 comma 5 L. 5.2.1992, n. 104).
L'organizzazione dell'attività di sostegno da parte delle istituzioni scolastiche non può quindi comprimere o vulnerare quel diritto riconosciuto alla persona dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria, ed il servizio reso dall'insegnante di sostegno deve essere garantito in via sostanziale, cioè con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell'handicap; ciò, sulla base di giudizi medici che attengono esclusivamente alla discrezionalità tecnica.
Né tale diritto può essere inciso dalla recente normativa sulla formazione degli organici di cui all'art. 2 commi 413 e 414 della legge 24.12.2007, n. 244 - legge finanziaria per il 2008 - che ha stabilito, a decorrere dall'anno scolastico 2008/2009, un progressivo decremento del numero dei posti (comma 413) e della dotazione organica di diritto (comma 414) degli insegnanti di sostegno, giacché si tratta di misure organizzative dettate "fermo restando il rispetto dei principi sull'integrazione degli alunni diversamente abili fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104" (comma 414), e di obiettivi che debbono comunque essere conseguiti con criteri e modalità definiti "con riferimento alle effettive esigenze rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili" (comma 413), il tutto per fornirne una lettura costituzionalmente orientata (T.A.R. Liguria, 2^, 14 aprile 2009, n. 742).
In proposito, occorre richiamare altresì quanto di recente affermato dalla Corte Costituzionale: è illegittimo costituzionalmente l’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno. L’art. 12 l. n. 104 del 1992 attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università; pertanto, il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale (cfr. Corte costituzionale, 26 febbraio 2010 , n. 80).
Ritenuti i cardini giuridici dell’intera questione, si rileva che la situazione del minore emerge innanzitutto dalla documentazione prodotta da parte ricorrente e non contestata dall’amministrazione.
I dati raccolti non sono smentiti dalla verificazione disposta da questo Tribunale in sede cautelare, verificazione eseguita da medico specializzato in neuropsichiatria infantile il quale, dopo la visita al minore e colloqui con i genitori, nonché l’esame della documentazione acquisita, ha descritto con cura la situazione del minore stesso.
Nelle conclusioni, la verificazione consiglia che l’attribuzione del massimo di ore possibili, da determinare in 25 settimanali, sulla scorta del pregresso sostegno già assicurato.
Da ultimo, deve essere rigettata la domanda di risarcimento del danno, sia perché generica, sia perché non assistita da prove concrete, sia perché l’accoglimento della misura cautelare ha impedito il verificarsi di danni.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie nei limiti di cui di motivazione e, per l’effetto, dispone che le Amministrazioni intimate per quanto di rispettiva competenza, adeguino il supporto dell’insegnante di sostegno in favore della minore in questione nella misura di ventidue ore settimanali. Respinge la domanda di risarcimento danni.
Condanna l’Amministrazione della Pubblica Istruzione al pagamento delle spese di lite liquidandole in complessivi €. 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Enzo Di Sciascio, Presidente
Antonio Bianchi, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/10/2010
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Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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N. 06543/2010 REG.SEN.
N. 01029/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1029 del 2010, proposto da:
M. M. e L. G., in proprio e quali genitori esercenti la potestà sul minore OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avv. Riccardo Vaselli, con domicilio eletto presso l’avv. Simone Nocentini in Firenze, via dei Rondinelli 2;
contro
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca in persona del Ministro p.t., Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana, Ufficio Scolastico Provinciale di Firenze, Direzione Didattica Statale di Pontassieve, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze e domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
per l’accertamento
del diritto del minore OMISSIS ad ottenere un sostegno pedagogico per l’intero orario di frequenza scolastica (e dunque con rapporto 1:1) per l’anno scolastico 2009/2010 nonché, parimenti, per gli anni scolastici futuri, con conseguente condanna dell’Amministrazione Scolastica a provvedere in tal senso
e conseguentemente, per la condanna
al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali patiti e patiendi dal minore OMISSIS in conseguenza della riduzione dell’orario di sostegno verificatosi per l’anno scolastico 2009/2010
e, cautelarmente,
per l’immediato riconoscimento in favore del minore OMISSIS di un insegnante di sostegno per l’intero orario di frequenza scolastica con conseguente condanna dell’Amministrazione Scolastica a provvedere in tal senso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca e di Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana e di Ufficio Scolastico Provinciale di Firenze e di Direzione Didattica Statale di Pontassieve;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2010 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori R. Vaselli e M. Gambini, avvocato dello Stato.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Con il ricorso introduttivo del giudizio i signori M. M. e L. G., in proprio e quali genitori e legali rappresentanti del figlio minore OMISSIS, impugnano in questa sede le determinazioni amministrative a mezzo delle quali sono state assegnate al minore OMISSIS, per l’anno scolastico 2009-2010, 19 ore di sostegno settimanali in luogo delle 25 ore settimanali godute precedentemente (oltre a 15 ore di assistenza rimaste invariate). In punto di fatto i ricorrenti rilevano la grave situazione di salute del minore, affetto da encefalopatia ed evidenziano altresì la invalidità al 100% dichiarata dalla competente ASL. In punto di diritto i ricorrenti censurano le determinazioni gravate, formulando nei loro confronti le seguenti censure:
1 – “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 3 comma 2, 34, comma 1, 38, commi 3 e 4, della Costituzione; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18; Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 8 lett. d), 12, 13 della legge n. 104 del 1992. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e motivazione, violazione dei principi generale del diritto”;
2 – “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40, comma 1, della legge 27.12.1997, n. 449; violazione e falsa applicazione dell’art. 21, commi 8 e 9, della legge 15.3.1997 n. 59; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 21-octies comma 2 legge n. 241 del 1990; Eccesso di potere per violazione di legge, carenza di istruttoria, difetto di motivazione”;
3 – “Diritto al risarcimento del danno non patrimoniale patito dal minore OMISSIS”.
Le Amministrazioni resistono al ricorso a mezzo dell’Avvocatura di Stato.
La causa è stata chiamata alla camera di consiglio del giorno 29 settembre 2010, relatore il dr. Riccardo Giani, ove venivano sentiti i difensori presenti. Parte ricorrente dichiarava di rinunciare all’azione risarcitoria. La causa veniva quindi trattenuta dal Collegio in decisione sul merito, dando di ciò avviso alle parti.
Con l’atto introduttivo del giudizio i ricorrenti, genitori del minore OMISSIS, contestano le determinazioni a mezzo delle quali l’Amministrazione scolastica ha stabilito di assegnare al minore medesimo un numero di ore di sostegno inferiore di sei ore settimanali rispetto a quello dell’anno precedente, per quanto lo stesso sia portatore di patologie costituenti handicap grave. L’Amministrazione scolastica ha nella specie dato applicazione alle previsioni normative di cui ai commi 413 e 414 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che hanno stabilito il rapporto tendenziale di un insegnante di sostegno ogni due alunni diversamente abili e hanno altresì abrogato la previsione di cui all’art. 40, comma 1, settimo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 che prevedeva la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti alunni “in presenza di handicap particolarmente gravi”.
Successivamente alle determinazioni qui contestate, tuttavia, è poi intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 26 febbraio 2010 la quale ha vagliato la legittimità costituzionale proprio della normativa applicabile al presente caso. La Corte ha infatti stabilito la illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, nonché l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 414, della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui esclude la possibilità di assumere insegnanti di sostegno con contratto a tempo determinato, in deroga al rapporto docenti ed alunni indicato dall’art. 40, comma 3, della l. n. 449 del 1997, in presenza di disabilità particolarmente gravi. La Corte costituzionale ha infatti affermato che seppure il legislatore ordinario goda di discrezionalità nell’individuare le misure necessarie a tutelare i diritti dei disabili, tuttavia tale potere discrezionale trova un limite nel necessario rispetto di un “nucleo indefettibile di garanzie”, sul quale sono venute ad incidere le norme sopra richiamate. La Corte conclude nel senso che risultano illegittime le norme di legge ordinaria che “stabiliscono un limite massimo invalicabile” delle ore di insegnamento di sostegno, precludendo quindi alla scuola la possibilità di avvalersi di insegnanti anche in deroga al rapporto docenti/studenti stabilito in astratto, in presenza di disabilità gravi. L’intervento della Corte costituzionale cambia radicalmente il quadro normativo di riferimento e impone all’Amministrazione scolastica una nuova valutazione delle singole situazioni in essere al fine di individuare le soluzioni più adatte, potendo anche derogare, nei termini chiariti dalla Corte costituzionale, ai limiti astrattamente stabiliti dalla normativa, in presenza di disabilità di particolare gravità.
Alla luce delle considerazioni che precedono risulta fondata in particolare la seconda doglianza proposta nel presente ricorso, con la quale si censurano gli atti gravati per difetto di adeguata motivazione, non avendo l’Amministrazione adeguatamente motivato il numero di ore assegnato al minore OMISSIS alla luce delle certificazioni mediche attestanti la sua particolare situazione sanitaria, valutando altresì la possibilità di assegnare insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti/alunni stabilito dalla normativa nazionale.
Il ricorso merita quindi di essere accolto, potendo essere assorbite le ulteriori censure proposte. Ritiene tuttavia il Collegio che sussistano nella specie giustificati motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio, stante il fatto che la pronuncia della Corte costituzionale è intervenuta successivamente all’adozione degli atti gravati.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione con annullamento della determinazioni amministrative gravate.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Papiano, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere
Riccardo Giani, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 28/10/2010
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N. 33317/2010 REG.SEN.
N. 08631/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 8631 del 2010, proposto da:
C. D. e R. C. quali genitori ed esercenti la potestà sulla minore G. C., rappresentati e difesi dagli avv. Alfonso Amoroso, Anna Maria Cardona, con domicilio eletto presso Alfonso Amoroso in Roma, via A. Davila, 89;
contro
Ministero Pubblica Istruzione, Istituto Comprensivo Regina Margherita di Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
dell’atto reg. cert. 4281/FA del 30.9.2010 con il quale il Dirigente dell’Istituto ha certificato e dichiarato che l’alunna G. C. viste le risorse interne sono state assegnate 14 ore di sostegno;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Pubblica Istruzione e di Istituto Comprensivo Regina Margherita di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2010 il dott. Francesco Brandileone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Visto il comma 1 dell’art. 60 c.p.a. il quale dispone che “in sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione”;
Visto l’art. 74 c.p.a. che così dispone: “Nel caso in cui si ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata”;
Dato atto che risultano soddisfatte le condizioni processuali di cui al precitato art. 60 in ordine alla possibilità di definire il giudizio cautelare con sentenza in forma semplificata;
Considerato che nel caso all’esame il collegio ravvisa la manifesta fondatezza del ricorso sulla base delle indicazioni e principi già espressi da questa Sezione con sentenza n.3287/2010 con a quale è stato ribadito che:
“- l’art. 38, comma 3, Cost., disponendo che “gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”, dà concretezza ai principi generalissimi che, in relazione ai “diritti inviolabili dell’uomo”, esprime l’art. 2 Cost. e, in relazione alla “pari dignità sociale”, esprime l’art. 3 Cost., quando esige che il principio di eguaglianza sia modulato in funzione anche delle “condizioni personali”;
“- la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 215 del 1987, ha affermato che “la partecipazione del disabile al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato”; dal che il dovere dello Stato (art. 38, comma 4, Cost.) di rendere concretamente fruibile il diritto all’istruzione attraverso “misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti di istruzione”;
“- la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha espressamente riconosciuto al disabile (art. 12) il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione dalla scuola materna all’università, prevedendo che la fruibilità di tale diritto sia assicurata, tra l’altro, con il ricorso a personale docente specializzato di sostegno,
“- che, prendendo atto della circostanza che, accanto a forme più lievi, esistono forme di disabilità particolarmente gravi, la legge 27 dicembre 1997, n. 449 ha previsto la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto alunni-docenti stabilito in via generale (art. 40, comma 1);
“- che l’art. 2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, aveva inciso sulle norme da ultimo ricordate fissando rigidamente un limite al numero degli insegnanti di sostegno e sopprimendo radicalmente la possibilità di assumere con contratti a tempo determinato altri insegnanti, in deroga al rapporto docenti-alunni pur se in presenza di disabilità particolarmente gravi;
“- che tali norme della legge n. 244 del 2007, tuttavia, sono state dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 80 del 26 febbraio in quanto contrastanti con il “quadro normativo internazionale (Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n, 18), costituzionale e ordinario, nonché con la consolidata giurisprudenza di questa Corte a protezione dei disabili”.
“- che nell’ora citata sentenza la Corte ha osservato che “la scelta ... di sopprimere la riserva che consentiva di assumere insegnanti di sostegno a tempo determinato” incide sul nucleo indefettibile di garanzie costituente il limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del legislatore, in quanto “detta riserva costituisce uno degli strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto all’istruzione del disabile grave”; “la possibilità di stabilire ore aggiuntive di sostegno appresta una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizione di particolare gravità ....( e) non si estende a tutti i disabili a prescindere dal grado di disabilità, bensì tiene in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetta la persona de qua”…”;
- che, nella specie, alla luce del riferito quadro normativo nel quale si iscrive la vicenda all’esame, non potrebbe dubitarsi dell’illegittimità del provvedimento impugnato con il quale, nonostante l’handicap del minore sia qualificato grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge n. 104 del 1992, l’Amministrazione dichiara l’impossibilità di garantirgli assistenza di sostegno per un numero di ore pari almeno ad un’intera cattedra ;
- che l’esiguità dell’organico, infatti, non potrebbe pregiudicare il diritto fondamentale all’istruzione del disabile grave, essendo tenuta l’Istituzione Scolastica a provvedere a soddisfarle — in deroga al rapporto docenti-alunni ordinario - attraverso contratti a tempo determinato con insegnanti di sostegno; come prevedeva già la legge n. 449 del 1997 con norma che, in parte qua, non è suscettibile di modifica da patte del legislatore ordinario e che sancisce un ineludibile dovere da parte e dell’amministrazione scolastica;
- che il recente art.. 9, comma 15, del d.l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito in legge dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, ha confermato che il limite dei docenti di sostengo (“pari a quello in attività di servizio d’insegnamento nell’ organico di fatto dell’ a.s. 2009/2010”) fa “salva l’autorizzazione di posti di sostegno in deroga al predetto contingente da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di particolare gravità di cui all’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104”: e cioè proprio in relazione alla fattispecie del presente giudizio;
Considerato che merita piena adesione la prospettazione giuridica svolta in ricorso;
Ritenuto di dover fare applicazione dell’art. 34, lett. c), c.p.a., il quale prevede che, “in caso di accoglimento del ricorso, il giudice, nei limiti della domanda … condanna [l’amministrazione] … all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio”;
Ritenuto pertanto di disporre che le amministrazioni scolastiche avviino e perfezionino con ogni tempestività, in base alla previsione di cui al precitato art. 9 del decreto legge 78/2010 che contempla la possibilità di procedere ad assunzione in deroga su posti di sostegno, le iniziative necessarie per assicurare l’adeguata integrazione dell’organico del personale di cui trattasi in relazione al concreto fabbisogno della Istituzione scolastica.
Ritenuto che concorrono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti di spese di giudizio e onorari di causa.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, ai sensi degli artt. 60 e 74 c.p.a., lo accoglie nei sensi e agli effetti di cui in motivazione, disponendo la tempestiva adozione dei provvedimenti quivi indicati.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Evasio Speranza, Presidente
Paolo Restaino, Consigliere
Francesco Brandileone, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 09/11/2010
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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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Anche se l'argomento è diverso dal titolo, ho pensato cmq di mettere qui questo parere del CdS visto che rigarda la scuola e al compenso per trasferta.

20/12/2010 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 10/11/2010

Numero 05577/2010 e data 20/12/2010

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 10 novembre 2010

NUMERO AFFARE 01488/2006
OGGETTO:
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla Sig.ra (omissis). Liquidazione indennità.
LA SEZIONE
Vista la Relazione prot. ……/E/2, del 1° febbraio 2006, con la quale il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Dipartimento per l’istruzione - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Consigliere Francesco D'Ottavi;

PREMESSO E CONSIDERATO:
Il richiedente Ministero nella suindicata relazione premette che la Prof.ssa omissis – docente titolare presso l’Istituto Tecnico Commerciale “ omissis” di Como – veniva nominata Presidente della Commissione d’esame di Stato per l’anno scolastico 2003/2004 presso l’Istituto Tecnico Commerciale “ omissis” di Bergamo; per raggiungere la sede d’esame utilizzava il treno con partenza da Como, fermata intermedia a Monza, ed arrivo a Bergamo.
La Prof.ssa omissis, considerando la durata di percorrenza Como/Bergamo di 148 minuti (comprendendone anche la sosta), chiedeva il riconoscimento della liquidazione dell’indennità calcolata nella fascia superiore ai 100 minuti. Tale richiesta veniva respinta con nota del 25 settembre 2004.
Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica l’interessata ha impugnato tale determinazione.
Nel merito del gravame, riferisce l’Amministrazione che l’Ufficio del C.D.A. di Bergamo, competente alla liquidazione dell’indennità di missione, ha utilizzato i criteri di individuazione del compenso riferito alla trasferta contenuti nelle disposizioni ministeriali e precisamente nel D.I. n.41/99, nel D.I. n.139/00 e nella C.M. n.104/99.
Nella precedente Adunanza del 9 giugno 2010 veniva disposta l’acquisizione di copia delle menzionate fonti normative; l’Amministrazione ha adempiuto con nota del 7 settembre 2010.
Ciò premesso la Sezione ritiene che, anche alla luce di quanto riscontrato con l’apposita istruttoria, le doglianze siano fondate e, conseguentemente il ricorso debba essere accolto.
Invero, la durata della documentata percorrenza della tratta ferroviaria interessata deve, necessariamente, tener conto anche dei tempi (logistici) della sosta (tempo questo calcolato anche nel calcolo dell’orario ferroviario), per cui nella specie all’istante andava riconosciuta la richiesta specifica indennità.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco D'Ottavi Vincenzo Sammarco




IL SEGRETARIO
Gabriella Allegrini
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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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Visto che si parla di scuola, metto quì questa sentenza meglio sotto indicata.

Se il cane morde l’alunna nel cortile della scuola, l’Istituto scolastico paga i danni – Cassazione Civile, Sentenza n. 3680/2011
L’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni (anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso). Nonché, che è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ.; sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante.
Nella fattispecie la Cassazione ha accolto il ricorso presentato nell’interesse di una studentessa addentata alla mano da un cane incustodito e senza museruola nel cortile antistante l’edificio scolastico, mentre si accingeva a uscire da questo al termine delle lezioni. In primo grado veniva rigettata dal Tribunale la domanda, di risarcimento del danno per le lesioni subite, avanzata nei confronti del Ministero della pubblica istruzione, così come l’appello proposta dalla stessa. In applicazione dell’enunciato principio, però, la Terza sezione civile ha cassato la sentenza impugnata e rinviato, per l’applicazione del principio di diritto, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Cassazione Civile, Sezione Terza, Sentenza n. 3680 del 15/02/2011
FATTO E DIRITTO
1. [OMISSIS] (studentessa prossima alla maggiore età), addentata alla mano da un cane incustodito e senza museruola nel cortile antistante l’edificio scolastico, mentre si accingeva a uscire da questo al termine delle lezioni, vedeva rigettata dal Tribunale la domanda, di risarcimento del danno per le lesioni subite, avanzata nei confronti del Ministero della pubblica istruzione. L’appello proposta dalla stessa veniva rigettato con sentenza del 5 settembre 2005.
2. Avverso la suddetta sentenza la M. ha proposto ricorso per cassazione, con un unico motivo, e depositato memoria. Il Ministero, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensive.
3. La decisione impugnata ha rigettato l’appello sulla base delle seguenti argomentazioni:a) l’azione proposta in primo grado, come qualificata dal giudice adito e non specificamente impugnata sul punto, con conseguente passaggio in giudicato, è di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.;b) correttamente il Tribunale ha rigettato la domanda ex art. 2043 c.c., non potendosi configurare a carico della P.A. l’obbligo di impedire, attraverso appositi accorgimenti, compresa la destinazione di personale addetto alla sorveglianza all’ingresso, il verificarsi di simili eventi; né potendosi ritenere che la sorveglianza all’ingresso risponda a principi di prudenza e diligenza o che vi sia colpa (o dolo) della P.A. nella mancata predisposizione di accorgimenti idonei a evitare l’accesso di cani. Restando, perciò esclusa la possibilità di riferire l’evento alla responsabilità alla P.A.;c) l’appellante ha dedotto la violazione dell’obbligo contrattuale di garantire la sicurezza dei minori affidati alla scuola, ma la domanda non può esaminarsi perché nuova, essendo diversa da quella di risarcimento dei danni per responsabilità extracontrattuale, correttamente rigettata dal primo giudice.
3.1. La ricorrente, con unico motivo, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2048 c.c., in una con insufficiente e contraddittoria motivazione. Chiede che la sentenza sia cassata in applicazione del principio di diritto per cui, stante la portata generale dell’obbligo dell’amministrazione scolastica di garantire la sicurezza degli alunni, così che la sorveglianza e la custodia degli spazi frequentati dagli allievi deve intendersi finalizzata alla prevenzione di qualsivoglia rischio prevedibile, compresa l’introduzione di animali privi di custodia, chi agisce per il risarcimento deve dimostrare l’evento dannoso e il suo verificarsi nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante, restando indifferente che invochi la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanza di tempo e di luogo, affinché sia salvaguardata l’incolumità dei discenti minori.
4. Il ricorso è fondato.
4.1. Da quasi un decennio è principio consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, che il titolo della responsabilità del Ministero della pubblica istruzione, nel caso di alunni che subiscano danni durante il tempo in cui dovrebbero esser sorvegliati dal personale della scuola, può essere duplice e può esser fatto valere contemporaneamente. Il titolo è contrattuale se la domanda è fondata sull’inadempimento all’obbligo specificatamente assunto dall’autore del danno di vigilare, ovvero di tenere una determinata condotta o di non tenerla; extracontrattuale se la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri. Quindi, lo stesso comportamento può essere fonte per il suo autore sia di una responsabilità da inadempimento, sia di una responsabilità da fatto illecito, quando l’autore della condotta anziché astenersene la tenga, ovvero manchi di tenere la condotta dovuta e le conseguenze sono risentite in un bene protetto, non solo dal dovere generale di non fare danno ad altri, ma dal diritto di credito, che corrisponde ad una obbligazione specificamente assunta dalla controparte verso di lui. Quando una tale situazione si verifica, il danneggiato può scegliere, sia di far valere una sola tra le due responsabilità, sia di farle valere ambedue (in particolare da Cass. n. 16947 del 2003 sino a tempi molto recenti).Pure pacifico da tempo è che l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissio
ne dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni (anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso). Nonché, che è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ.; sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante (da s.u. n. 9346 del 2002 sino al 2010).
4.2. La sentenza impugnata contrasta, evidentemente, con questi principi. Oltre a ignorare il duplice titolo di responsabilità e la facoltà di scelta in capo al danneggiato, non ha valutato la portata degli obblighi contrattuali derivanti all’amministrazione scolastica dall’iscrizione dell’alunno.
Con l’iscrizione, gli alunni sono affidati all’amministrazione scolastica, che esplica il proprio servizio attraverso il personale – docente e non – e mediante la messa a disposizione di locali, laboratori ecc. Dall’iscrizione deriva a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni. Quindi, anche l’obbligo di vigilare, predisponendo gli accorgimenti necessari a seconda della conformazione dei luoghi, affinché nei locali scolastici non si introducano terzi (persone o animali) che possano arrecare danni agli alunni. Ne deriva che, nelle controversie per il risarcimento del danno da lesioni provocate dall’aggressione di un cane incustodito, nei locali e pertinenze (come nel caso di specie il cortile antistante l’edificio scolastico) messi a disposizione dalla scuola, l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre l’amministrazione ha l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile, essendo stati predisposti gli accorgimenti idonei ad impedire l’accesso a terzi.
5. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata. Il giudice di rinvio rinnoverà l’esame dell’appello applicando il suddetto principio di diritto e liquiderà le spese processuali anche del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
Depositata in cancelleria il 15 febbraio 2011
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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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Tar di Palermo nell'accogliere il ricorso ha stabilito quanto segue:

1) - vanno condannati il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, in solido fra loro, al pagamento, ex art. 26, comma 2, del codice del processo amministrativo, di una somma di denaro, liquidata equitativamente in € 500,00 (cinquecento,00) a bambino;
2) - vanno condannati il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, in applicazione della regola della soccombenza;
3) - le spese vanno, invece, compensate nei confronti della scuola, avendo la stessa rappresentato l’esigenza di un insegnante di sostegno in deroga.

NB. di queste sentenze ne stanno altre, tutte dello stesso giorno.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^


N. 02469/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02373/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2373 del 2011, proposto da:
OMISSIS, in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà su OMISSIS; OMISSIS, in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà su OMISSIS, rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso, dall'avv. Giuseppe Impiduglia, presso il cui studio in Palermo, via G. Oberdan, n. 5, sono elettivamente domiciliati;
contro
- Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca;
- Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia - Ambito Territoriale per la Provincia di Palermo;
- Direzione Didattica Statale A. Manzoni;
- Istituto Comprensivo Statale Camillo Benso Conte di Cavour;
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via Alcide De Gasperi, n. 81, sono domiciliati per legge;
per l'annullamento
- dei provvedimenti degli Istituti Scolastici frequentati dai piccoli OMISSIS e OMISSIS con i quali è stata disposta l’assegnazione a tali minori di un insegnante di sostegno per un numero insufficiente di ore di sostegno;
- dei provvedimenti (dei quali non si conoscono gli estremi) con i quali il Ministero dell’Istruzione e l’Ufficio Scolastico Regionale ha assegnato agli Istituti frequentati dai predetti minori un numero di insegnanti insufficiente ad assicurare un adeguato sostegno scolastico ai disabili gravi iscritti presso tale Istituto Scolastico;
- di tutti gli atti presupposti connessi e consequenziali;
NONCHÉ PER IL RICONOSCIMENTO
- del diritto della piccolo OMISSIS ad essere assistita da un insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1 così come risulta necessario attesa la grave disabilità della minore.
- del diritto del minore OMISSIS ad essere assistito da un insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1 così come risulta necessario attesa la grave disabilità in cui versa.
ED ALTRESI’ PER LA CONDANNA
delle Amministrazioni resistenti all’assegnazione, a favore dei minori OMISSIS e OMISSIS, di un insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1 così come risulta necessario attesa la grave disabilità dei minori.
NONCHÉ PER IL RICONOSCIMENTO
del diritto dei piccoli OMISSIS e OMISSIS e dei rispettivi genitori al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto a causa della mancata tempestiva assegnazione di un numero adeguato di ore di sostegno;
ED ALTRESI’ PER LA CONDANNA
A) Del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Ufficio Scolastico Regionale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro - tempore al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dai piccoli OMISSIS e OMISSIS e dai rispettivi genitori a causa della mancata tempestiva assegnazione di un numero adeguato di ore di sostegno.
B) Del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Ufficio Scolastico Regionale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro - tempore al pagamento, a favore dei ricorrenti, di una somma di denaro ai sensi dell’art. 26, comma 2, del C.P.A.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il consigliere Aurora Lento;
Uditi, alla adunanza camerale del 6 dicembre 2011, i difensori delle parti come da verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato quanto di seguito indicato.

La controversia ha ad oggetto i provvedimenti, con i quali sono stati assegnati ai figli minori dei ricorrenti, affetti da disabilità grave ex art. 3 l. n. 104/1992 (documentata come in atti), insegnanti di sostegno per un numero di ore settimanali inferiore a quello agli stessi necessario secondo il progetto educativo didattico versato in atti, laddove si fa riferimento al rapporto 1 a 1.
Le censure proposte lamentano essenzialmente il sacrificio del diritto allo studio in conseguenza della contrazione delle ore di sostegno funzionali a consentire la proficua partecipazione alle attività didattiche altrimenti preclusa dallo stato di disabilità.
La questione è stata risolta in senso favorevole ai ricorrenti in numerosi precedenti della sezione, alle cui motivazioni, per esigenze di sintesi si rinvia (per tutte la n. 360 del 24 febbraio 2011).
In tali decisioni è stata, in particolare, richiamata la sentenza n. 80 del 2010, con la quale la Corte costituzionale ha affermato la natura incomprimibile - rispetto a contingenti esigenze della finanza pubblica - del diritto fondamentale del soggetto disabile a fruire di un percorso scolastico effettivo ed ha espressamente circoscritto lo spazio della discrezionalità legislativa in materia entro limiti tali da non interferire con la garanzia del richiamato diritto fondamentale, escludendo in tal modo che quest’ultimo possa qualificarsi come diritto finanziariamente condizionato.
E’ stato, altresì, ricordato che il parametro normativo del potere amministrativo in materia è stato modificato dal decreto legge n. 78 del 31 maggio 2010 (convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), che autorizza il superamento del contingente degli insegnanti di sostegno qualora ricorrano – come nel caso dedotto – le condizioni di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Si è conseguentemente affermato che il quadro costituzionale e legislativo è nel senso della necessità per l’amministrazione di erogare il servizio didattico predisponendo, per l’ipotesi di disabilità, le misure di sostegno necessarie per evitare che il soggetto disabile altrimenti fruisca solo nominalmente del percorso di istruzione, essendo impossibilitato ad accedere ai contenuti dello stesso in assenza di adeguate misure compensative, e che tale rapporto di adeguatezza va evidentemente parametrato in funzione dello specifico e concreto ciclo scolastico frequentato.
Nella specie, i provvedimenti impugnati non hanno tenuto conto della esigenza di garantire al minore disabile opportune ed adeguate misure di sostegno volte ad assicurare l’effettività dell’inserimento nel percorso scolastico frequentato, avendo assegnato ai figli dei ricorrenti insegnanti di sostegno per un numero di ore settimanali inferiore a quello necessario secondo i progetti educativi didattici versati in atti, laddove si fa riferimento al rapporto 1 a 1.
Deve, pertanto, ritenersi fondata la censura di violazione degli artt. 2, 3, 34, 38 e 97 della Costituzione; degli artt. 3, 12 e 13 della legge n. 104/1992; del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, con assorbimento di ogni altra questione in rito e nel merito.
Non si ritiene, invece di accogliere l’istanza risarcitoria, in quanto la tempestiva concessione della tutela in sede di giudizio cautelare ha impedito la produzione del danno.
Diversamente deve procedersi per l’istanza ex art. 26, comma 2, del codice del processo amministrativo, in quanto, essendosi innumerevoli volte pronunciato questo TAR (conformemente ad un incontroverso orientamento giurisprudenziale) in senso favorevole ai ricorrenti, si ritiene di condannare il Ministero dell’istruzione e l’Ufficio scolastico regionale al pagamento di una somma di denaro, liquidata equitativamente in € 500,00 (cinquecento,00) a bambino.
Non si ritiene di condannare anche la scuola, avendo la stessa rappresentato l’esigenza di un insegnante di sostegno in deroga.
Il ricorso deve, pertanto, nei limiti su precisati essere accolto e, per l’effetto:
- vanno annullati in parte qua i provvedimenti impugnati;
- va riconosciuto il diritto dei minori indicati in epigrafe ad essere assistito da un insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1;
- vanno condannate le amministrazioni resistenti all'assegnazione, a favore dei predetti minori, di insegnanti di sostegno secondo il rapporto 1/1;
- vanno condannati il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, in solido fra loro, al pagamento, ex art. 26, comma 2, del codice del processo amministrativo, di una somma di denaro, liquidata equitativamente in € 500,00 (cinquecento,00) a bambino;
- vanno condannati il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, in applicazione della regola della soccombenza;
- le spese vanno, invece, compensate nei confronti della scuola, avendo la stessa rappresentato l’esigenza di un insegnante di sostegno in deroga.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e, per l’effetto:
a) annulla i provvedimenti impugnati, nella parte in cui hanno assegnato ai minori indicati in epigrafe insegnanti di sostegno per un numero di ore settimanali inferiore a quello necessario secondo il rapporto 1/1;
b) dichiara il diritto dei minori indicati in epigrafe ad essere assistiti da insegnanti di sostegno secondo il rapporto 1/1;
c) condanna le amministrazioni resistenti all'assegnazione, a favore dei predetti minori, di un insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1;
d) condanna il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, in solido fra loro, al pagamento in favore della parte ricorrente di € 500,00 (cinquecento,00) a bambino ex art. 26, comma 2, del codice del processo amministrativo
e) condanna il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e l’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia, in solido fra loro, al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 1.500,00 oltre accessori come per legge;
f) compensa le spese nei confronti della scuola.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Nicola Maisano, Presidente FF
Giovanni Tulumello, Consigliere
Aurora Lento, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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Scuola, disabile grave ex art. 3 L. 104/92, necessitante oltre che degli insegnanti di sostegno anche dell’assistente all’autonomia ed alla comunicazione.
Assegnazione, di un assistente specializzato per l'autonomia, la comunicazione, l'integrata permanenza e la socializzazione graduale;

1)- Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 23, 24, 38 e 97 Cost. – violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 12 e 13 della L. 104/92 – violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 45 del D.P.R: 616/77 e dell’art. 315, comma 2 del Dl. Lg.vo 297/94 - violazione e falsa applicazione della “Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità” ratificata con L. 3.3.2009 n. 18.

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N. 02264/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01973/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 1973 del 2011, proposto da
OMISSIS, in qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Impiduglia, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Palermo, via Oberdan n.5;
contro
Comune di Petrosino;
per la condanna
del Comune di Petrosino, in persona del legale rappresentante pro tempore all'assegnazione, in favore della piccola OMISSIS, di un assistente specializzato per l'autonomia, la comunicazione, l'integrata permanenza e la socializzazione graduale;
per il riconoscimento del diritto della piccola OMISSIS ad essere assistita da un assistente specializzato per l'autonomia, la comunicazione, l'integrata permanenza e la socializzazione graduale;
per l’accertamento dell'obbligo del Comune di Petrosino di garantire alla piccola OMISSIS l'assistenza specialistica mediante assegnazione di un assistente specializzato per l'autonomia, la comunicazione, l'integrata permanenza e la socializzazione graduale;
nonché per il riconoscimento del diritto della piccola OMISSIS e del ricorrente al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto per non aver ancora fruito nell'attuale anno scolastico 2011/2012 della necessaria assistenza specialistica;
ed altresì per la condanna del Comune di Petrosino, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dalla piccola OMISSIS e dal ricorrente per non aver ancora fruito nell'attuale anno scolastico 2011/2012 della necessaria assistenza specialistica;
nonché, per quanto occorrer possa, per l’annullamento, della nota del Comune di Petrosino prot. n. 9680/… del 13.07.2001 con la quale la P.A., in riscontro alle istanze del Dirigente dell'Istituto Scolastico frequentato, comunicava che "alla data odierna, il Consiglio Comunale non ha ancora provveduto all'approvazione del bilancio di previsione 2011" ed invitava il citato dirigente scolastico a richiedere l'assegnazione dell'assistente alla Provincia Regionale di Trapani.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011 il dott. Pier Luigi Tomaiuoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Con ricorso ritualmente notificato all’Amministrazione resistente e depositato il 6.10.2011, OMISSIS, premesso di essere padre della piccola OMISSIS, disabile grave ex art. 3 L. 104/92, necessitante oltre che degli insegnanti di sostegno anche dell’assistente all’autonomia ed alla comunicazione, come previsto dal piano educativo individualizzato della stessa; che, nonostante le reiterate richieste da parate del dirigente scolastico, il Comune di Petrosino aveva omesso di assegnare il predetto assistente, salvo comunicare con nota 9680/2011 che il Consiglio Comunale non aveva ancora provveduto all’approvazione del bilancio di previsione 2011; tutto quanto sopra premesso, ha impugnato il provvedimento in epigrafe indicato lamentandone l’illegittimità per 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 23, 24, 38 e 97 Cost. – violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 12 e 13 della L. 104/92 – violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 45 del D.P.R: 616/77 e dell’art. 315, comma 2 del Dl. Lg.vo 297/94 – violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della Legge regionale 68 del 1981 e dell’art. 22 della L.R. 15 del 5.11.2004 – violazione dell’art. 3 della L. 241/90 – violazione e falsa applicazione della “Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità” ratificata con L. 3.3.2009 n. 18 – eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria ed ingiustizia manifesta – violazione dei principi nazionali comunitari in materia di tutela del diritto allo studio dei minori disabili; ha quindi concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato, per la condanna dell’Amministrazione resistente all’assegnazione in favore della minore dell’assistente specializzato, nonché al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto.
L’Amministrazione resistente, sebbene ritualmente raggiunta dalla notificazione del ricorso introduttivo, non si è costituita.
All’adunanza camerale del 26.10.2011, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare della ricorrente, è stato trattenuto in decisione.
Ritiene preliminarmente il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata emessa ai sensi dell’art. 60 del Codice del processo amministrativo ed adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione delle istanze cautelari, stante l’integrità del contraddittorio e l’avvenuta, esaustiva, trattazione delle tematiche oggetto di giudizio; possibilità espressamente indicata alle parti, dal Presidente del Collegio, in occasione dell’adunanza camerale fissata per la trattazione della predetta istanza cautelare.
Il ricorso è fondato.
Come questo Tribunale ha già avuto modo di affermare: “L'assistenza igienico - personale e gli altri servizi specialistici volti a favorire l'integrazione nella scuola dei soggetti con handicap grave di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono di competenza ex art. 22 comma 1 della L.R. 15/2004 dei comuni singoli ed associati della Regione siciliana” (T.A.R. Sicilia, Sez. I, n. 880 del 5.5.2011), sicché deve ritenersi cogente l’obbligo per l’Amministrazione comunale di garantire le prestazioni specialistiche de quibus agli studenti con disabilità (T.A.R. Sicilia, Sez. I, n. 925 del 15.5.2009).
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, deve ordinarsi al Comune di Petrosino di garantire il servizio di assistenza specialistica per l’autonomia e la comunicazione personale secondo le previsioni del piano educativo personalizzato della minore.
Visto l’art. 34, comma 1, lett. e) del Codice del processo Amministrativo, si nomina sin d’ora, per il caso di inottemperanza alla presente sentenza nel termine di giorni 30 dalla sua comunicazione o notificazione, quale commissario “ad acta” per la sua attuazione il Prefetto di Trapani o dirigente da questi delegato, il quale adotterà ogni provvedimento utile per dare esecuzione integrale alla citata sentenza.
Non si ritiene, invece di accogliere l’istanza risarcitoria, in quanto la tempestiva concessione della tutela in sede di giudizio cautelare ha impedito la produzione del danno.
Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione resistente e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto:
a) accerta il diritto della minore in epigrafe indicata ad essere assistita da un assistente per l’autonomia, la comunicazione, l’integrata permanenza e la socializzazione graduale;
b) condanna il Comune di Petrosino all'assegnazione a favore del predetto minore di un assistente per l’autonomia, la comunicazione, l’integrata permanenza e la socializzazione graduale nel termine di giorni 30 dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza;
c) per il caso di ulteriore inadempienza, si nomina quale Commissario “ad acta” il Prefetto di Trapani, con facoltà di delega a dirigente della medesima Amministrazione, affinché provveda, entro trenta giorni dalla scadenza della predetta data, a dare esecuzione alla presente sentenza a carico e spese dell'Amministrazione
d) rigetta la domanda risarcitoria;
e) condanna il Comune di Petrosino a rifondere alla parte ricorrente le spese di lite che liquida in € 1.500,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Nicola Maisano, Presidente FF
Aurora Lento, Consigliere
Pier Luigi Tomaiuoli, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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Il Ministero dell'istruzione perde l'appello sul risarcimento riconosciuto dal Tar agli esercenti la potestà genitoriale sul minore.

Sentenza del CdS esemplare ed umana
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assegnazione ore di sostegno, risarcimento danni;

(‘disturbo dello spettro autistico’)

Il CdS altresì chiarisce (ecco alcuni brani interessanti)

In reiezione dell’interposta impugnazione, è decisivo rilevare che:

1) - contrariamente all’assunto dell’Amministrazione appellante, nel ricorso introduttivo di primo grado risultano allegati, con sufficiente grado di specificità, gli elementi costitutivi della pretesa risarcitoria, segnatamente la natura dei danni lamentati sub specie di danno non patrimoniale, laddove è stato testualmente dedotto che « (…) il danno è individuabile negli effetti che la, seppur temporanea, diminuzione delle ore di sostegno subita ha provocato sulla personalità del discente, privato del supporto necessario a garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale” (…)» (v. così, testualmente, a p. 11 e 12 del ricorso di primo grado);

2) - il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale, che va rispettato con rigore ed effettività sia in adempimento ad obblighi internazionali (artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18), sia per il carattere assoluto proprio della tutela prevista dagli artt. 34 e 38, commi 3 e 4, Cost. (v. Corte Cost. 26 febbraio 2010, n. 80);

3) - in particolare, l’istruzione rappresenta uno dei fattori che maggiormente incidono sui rapporti sociali dell’individuo e sulle sue possibilità di affermazione professionale, ed il relativo diritto assume natura sia sociale sia individuale, con la conseguente necessità, con riferimento ai portatori di handicap, di assicurarne la piena attuazione attraverso la predisposizione di adeguate misure di integrazione e di sostegno;

4) - tenuto conto della gravità dell’inabilità di cui è affetto il minore, risultante dalla documentazione medica in atti (v. doc. da 3 a 15 del fascicolo di primo grado di parte ricorrente), anche un limitato lasso temporale (un mese e mezzo) di mancata fruizione delle ore di sostegno nella proporzione dovuta doveva ritenersi idoneo a sprigionare significativi effetti pregiudizievoli sui bisogni di sviluppo, di istruzione e di partecipazione del minore, con conseguente corretto riconoscimento, nell’impugnata sentenza, dei danni non patrimoniali da illegittimo (temporaneo) diniego dell’assegnazione/fruizione delle ore di sostegno in misura piena;

Il resto leggetelo qui sotto.
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27/10/2014 201405317 Sentenza Breve 6


N. 05317/2014REG.PROV.COLL.
N. 03511/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3511 del 2014, proposto da:
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
-OMISSIS- e -OMISSIS-, in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul minore -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Vittorio Emanuele Russo e Maria Luisa Palladino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Claudia Bordoni, in Roma, via Gaverina, 90;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZIONE STACCATA DI PESCARA, SEZIONE I, n. 108/2014, resa tra le parti e concernente: assegnazione ore di sostegno, risarcimento danni;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2014, il Cons. Bernhard Lageder e udito, per le parti appellate, l’avvocato Russo;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 389 del 2013 proposto dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul minore -OMISSIS- – affetto da gravi patologie (‘disturbo dello spettro autistico’) e per tale ragione riconosciuto dalla competente commissione come portatore di handicap grave ai sensi dei commi 1 e 3 dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 –, avverso il provvedimento del 1° ottobre 2013, con il quale il dirigente dell’istituto scolastico frequentato dal loro figlio (si tratta della scuola dell’infanzia dell’-OMISSIS-, dove il minore, nato il -OMISSIS-, nell’anno scolastico 2013/2014 frequentava il terzo anno) aveva assegnato un numero di ore di sostegno settimanali pari a 12 ore e 30 minuti, in luogo delle 25 ore richieste, provvedeva come segue:

(i) preso atto che l’ufficio scolastico regionale, in data 24 ottobre 2013, aveva assegnato ulteriori 12 ore e 30 minuti di sostegno per l’alunno, sicché lo stesso era venuto a beneficiare delle 25 ore di sostegno richieste, dichiarava la cessazione della materia del contendere con riferimento all’azione di annullamento;

(ii) dichiarava «inammissibile, o comunque infondata, la domanda tesa al riconoscimento della pretesa di ulteriori ore di sostegno rispetto alle 25 concesse»;

(iii) dichiarava «inammissibile la domanda tesa ad una pronuncia dichiarativa di spettanza di ore di sostegno per i futuri anni scolastici» (v. così, testualmente, i relativi capi della parte dispositiva dell’appellata sentenza);

(iv) condannava l’Amministrazione resistente a risarcire ai ricorrenti i danni non patrimoniali da mancata assegnazione/fruizione delle ore di sostegno spettanti al minore, per il periodo di un mese e mezzo, liquidandoli nell’importo complessivo di euro 750,00;

(v) condannava l’Amministrazione resistente a rifondere ai ricorrenti le spese di causa.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello l’Amministrazione soccombente, impugnando la statuizione sub 1.(iv) e censurando l’assoluta carenza motivazionale e d’istruttoria della statuizione di accoglimento della domanda risarcitoria, nonché la violazione dei principi che presiedono alla disciplina degli oneri di allegazione e di prova, dovendo il danno in questione – da qualificare come danno-conseguenza e non come danno-evento – essere puntualmente allegato e dimostrato nella sua consistenza dalla parte che agisce in giudizio, mentre, nella specie, gli originari ricorrenti non avrebbero assolto all’onere di allegazione e di prova ad essi incombente. L’Amministrazione appellante chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’appellata sentenza e in sua riforma, la reiezione dell’avversaria domanda risarcitoria.

3. Si costituivano in giudizio gli appellati, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

4. All’odierna udienza camerale, fissata per la trattazione dell’istanza di sospensiva, le parti comparse venivano avvisate della possibilità dell’emanazione di una sentenza in forma semplificata, al che la causa veniva trattenuta in decisione.

5. Premesso che non risulta interposto appello – né in via principale, né in via incidentale – avverso le statuizioni sub 1.(i), 1.(ii) e 1.(iii), sicché ogni relativa questione esula dai limiti oggettivi del devolutum, limitato alla domanda risarcitoria, e che sussistono i presupposti per la pronuncia di una sentenza in forma semplificata, si osserva che l’appello è infondato.

In reiezione dell’interposta impugnazione, è decisivo rilevare che:

- contrariamente all’assunto dell’Amministrazione appellante, nel ricorso introduttivo di primo grado risultano allegati, con sufficiente grado di specificità, gli elementi costitutivi della pretesa risarcitoria, segnatamente la natura dei danni lamentati sub specie di danno non patrimoniale, laddove è stato testualmente dedotto che « (…) il danno è individuabile negli effetti che la, seppur temporanea, diminuzione delle ore di sostegno subita ha provocato sulla personalità del discente, privato del supporto necessario a garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale” (…)» (v. così, testualmente, a p. 11 e 12 del ricorso di primo grado);

- il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale, che va rispettato con rigore ed effettività sia in adempimento ad obblighi internazionali (artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18), sia per il carattere assoluto proprio della tutela prevista dagli artt. 34 e 38, commi 3 e 4, Cost. (v. Corte Cost. 26 febbraio 2010, n. 80);

- in particolare, l’istruzione rappresenta uno dei fattori che maggiormente incidono sui rapporti sociali dell’individuo e sulle sue possibilità di affermazione professionale, ed il relativo diritto assume natura sia sociale sia individuale, con la conseguente necessità, con riferimento ai portatori di handicap, di assicurarne la piena attuazione attraverso la predisposizione di adeguate misure di integrazione e di sostegno;

- il pregiudizio lamentato dagli originari ricorrenti, conseguente al ritardato riconoscimento, in capo al figlio minore affetto da una grave forma di autismo, della piena assegnazione delle ore di sostegno in rapporto 1:1, pari a 25 ore di sostegno [come da piano educativo personalizzato in atti (v. doc. 18 del fascicolo di primo grado), con la precisazione che la violazione della correlativa proposta di sostegno nella proporzione di 1:1 costituisce indice univoco della colpa della pubblica amministrazione, con conseguente manifesta infondatezza del profilo di censura adombrato nell’atto d’appello, relativo alla mancanza dell’elemento soggettivo; v. p. 5 del ricorso in appello], si traduce nell’impossibilità di godere del supporto necessario a garantire la piena soddisfazione dei bisogni di sviluppo, istruzione e partecipazione del minore, con la conseguenza che la lesione della correlativa situazione soggettiva di vantaggio, di rango costituzionale, dà luogo al diritto al risarcimento del danno esistenziale ex art. 2059 cod. civ. (sull’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ., volta a garantire, dinanzi a condotte lesive di valori costituzionalmente protetti, ma penalmente irrilevanti, una tutela minima, quale è, appunto, quella risarcitoria, v. Corte Cost. 11 luglio 2003, n. 233, nonché Cass. 31 maggio 2003, n. 8828, e la giurisprudenza successiva);

- la peculiare natura dell’interesse leso – ossia, di valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla cui lesione deriva un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica –, sul piano dell’accertamento probatorio delle conseguenze dannose, consente il ricorso alla prova per presunzioni (inferendo, secondo criteri di normalità, l’incidenza pregiudizievole dell’illecito sul valore leso alla luce di una valutazione delle circostanze del caso concreto), mentre, sul piano della quantificazione del danno, consente il ricorso alla valutazione equitativa (ex artt. 2056 e 1226 cod. civ.), pure da rapportare alle circostanze del caso concreto;

- tenuto conto della gravità dell’inabilità di cui è affetto il minore, risultante dalla documentazione medica in atti (v. doc. da 3 a 15 del fascicolo di primo grado di parte ricorrente), anche un limitato lasso temporale (un mese e mezzo) di mancata fruizione delle ore di sostegno nella proporzione dovuta doveva ritenersi idoneo a sprigionare significativi effetti pregiudizievoli sui bisogni di sviluppo, di istruzione e di partecipazione del minore, con conseguente corretto riconoscimento, nell’impugnata sentenza, dei danni non patrimoniali da illegittimo (temporaneo) diniego dell’assegnazione/fruizione delle ore di sostegno in misura piena;

- considerate tutte le circostanze del caso concreto, la liquidazione dei danni, nell’ammontare complessivo di euro 750,00, appare informata a plausibili parametri equitativi (partendo da un importo-base di euro 1.000,00 al mese, dimidiato all’importo di euro 500,00 – avendo il minore fruito del 50% delle ore di sostegno –, moltiplicato per 1,5).

Per le esposte ragioni l’appello è da respingere, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

6. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’Amministrazione appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto (ricorso n. 3511 del 2014), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’Amministrazione appellante a rifondere agli appellati le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1, 2 e 5, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di diffusione del provvedimento, all’annotazione di cui ai commi 1,2 e 5 della medesima disposizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2014, con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
Andrea Pannone, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/10/2014
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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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Il CdS ha accolto l'appello dei genitori e precisa:

1) - questo Collegio non può non richiamare la recente normativa pure con riguardo al parametro della dotazione organica degli insegnanti di sostegno, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 26 febbraio 2010, omissis.

2) Come ha osservato questa Sezione nella richiamata sentenza n. 2231/2010 e da cui non è motivo per discostarsi, dalle statuizioni della Corte Costituzionale omissis
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 6 ,numero provv.: 201500704
- Public 2015-02-10 -


N. 00704/2015REG.PROV.COLL.
N. 03604/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3604 del 2013, proposta da -OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato Maurizio Quadrini, con domicilio eletto presso Giuseppe Ruffini in Roma, Lungotevere delle Navi n.30

contro
Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca, Ufficio scolastico regionale per l'Umbria, Scuola secondaria di primo grado “-OMISSIS-”, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n.12;

per la riforma
della sentenza del TAR Umbria-Perugia (Sezione Prima) n. 163 del 13 marzo 2013, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca e dell’ Ufficio scolastico regionale per l'Umbria e della Scuola secondaria di primo grado “-OMISSIS-”;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196, commi 1, 2 e 5;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2014, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato Di Pardo per delega dell’avvocato Quadrini, e l’avvocato dello Stato Ventrella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Le parti attuali appellanti e originariamente ricorrenti, in qualità di genitori, si rivolgevano al TAR Umbria per impugnare il provvedimento n. 4873/1 conosciuto il 22 dicembre 2012, adottato dal dirigente della scuola secondaria di primo grado "-OMISSIS-” di Terni, nella parte in cui assegnava alla figlia, frequentatrice della prima classe dell’istituto, solo otto ore di sostegno. Le parti appellavano, altresì, il provvedimento n. 13928 del 31 agosto 2012 dell’Ufficio scolastico regionale per l’Umbria, relativo all’organico di fatto dei docenti di sostegno per l’anno scolastico 2012-2013, nella parte contenente l’assegnazione, alla predetta scuola secondaria, di un numero di insegnanti insufficiente e nella misura in cui tale determinazione aveva violato il diritto della minore ad ottenere l’assegnazione di un insegnante di sostegno per l’anno scolastico con rapporto 1/1 per l’intero orario di frequenza. I due genitori chiedevano, infine, l’accertamento e il riconoscimento del diritto della minore all’istruzione e all’integrazione scolastica, con l’assegnazione di un insegnante di sostegno nel rapporto indicato per l'intero orario di frequenza dell’anno scolastico, così come necessario, attesa la certificata disabilità grave della minore.

2. Con la sentenza impugnata, il giudice di primo grado riteneva infondate le plurime censure dedotte con il ricorso che veniva respinto, dopo aver preliminarmente stabilito che i genitori degli altri alunni disabili non rivestivano la posizione di controinteressati. In particolare, veniva affermato che:

a. il diritto dell’istruzione dell’alunno disabile con tutti i mezzi necessari all’apprendimento e all’integrazione, non ha carattere di assolutezza, nè è suscettibile, di per sé considerato, di derogare al rapporto alunni-docenti e al raggiungimento degli obiettivi di riduzione del comparto nella proporzione fissata dalla legge, limiti che possono essere superati soltanto in presenza di effettive esigenze rilevate da situazioni eccezionali non fronteggiabili con gli ordinari strumenti di apprendimento e di integrazione e che giustificano la necessità di sostegno in misura maggiore di quella programmata.

b. la sentenza della Consulta n. 80/2010 non ha inciso sull’ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi di cui all’art. 21, commi 8 e 9 della legge n. 59/97 e dell’art. 1, comma 1, della legge n. 449/97,che prevede la realizzazione del principio di integrazione scolastica degli alunni handicappati. La deroga al rapporto docenti-alunni, ai fini della assunzione a tempo determinato degli insegnanti di sostegno, si giustifica con la necessità di considerare la specificità dell’handicap da cui è affetta la persona, motivo per cui la deroga non è estesa a tutti i disabili a prescindere dal grado di disabilità, ma deve trovare presupposto nella condizione di particolare gravità del disabile, nella cui assenza opera, comunque, il vincolo organizzativo di determinazione dei dipendenti del comparto nella proporzione fissata dal legislatore.

c. i ricorrenti, più che contestare l’adeguatezza del sostegno, lamentano l’insufficienza del monte ore assegnato, asserendo in ragione della gravità dell’handicap, l’inderogabilità del rapporto 1/1 per l’intero orario scolastico di frequenza; ma il diritto all’assegnazione di un insegnante di sostegno in deroga, non comporta automaticamente il diritto del disabile ad ottenere un insegnante di sostegno per l’intero monte ore di frequenza e il numero di ore di sostegno cui possono aspirare gli alunni particolarmente gravi è quello coincidente con l’orario di cattedra dei docenti stessi: 25 ore per la scuola dell’infanzia; 24 per la scuola primaria e 18 per le medie e la superiore.

d. i provvedimenti impugnati sono immuni dalle censure dedotte sia perché il diritto originato, da qualificarsi come finanziariamente condizionato, trova il limite intrinseco nelle esigenze previste dall’articolo 40, comma 3 della legge n. 449/97, sia perché risultano predisposte specifiche misure nei suddetti limiti che rendono possibile l’effettiva partecipazione dell’alunna alla vita scolastica e al previsto ciclo di apprendimento, come testimoniato dai progressi attestati dall’insegnante di sostegno.

3. Con l’appello in epigrafe, gli stessi genitori, originari ricorrenti, hanno dedotto:

a. la contraddittorietà, se non l’assenza della motivazione della sentenza del TAR e l’incertezza delle tesi sostenute dal giudice di primo grado, il quale ha sostenuto la possibilità di derogare alla proporzione fissata dalla legge ovvero assegnare ore ed insegnanti di sostegno in deroga solo in caso di particolare gravità del disabile, così affermando che è l’Amministrazione scolastica a dover valutare tale gravità, pur non possedendo competenze e capacità in tal senso con ciò esautorando gli organi sanitari competenti, con effetti recessivi rispetto alla tutela del diritto alla salute e allo studio in condizioni di parità per l’alunno affetto da handicap grave;

b. l’errore del primo giudice nell’affermare che i ricorrenti non abbiano inteso contestare l’adeguatezza del sostegno scolastico che invece risulta non solo esiguo, ma distribuito rigidamente in sole 3 materie e quindi incongruo a coprire le effettive esigenze di apprendimento e integrazione dell’alunna e per le quali la scuola è tenuta a sopperire con l’attivazione del sostegno in deroga, anche tramite l’assunzione mediante contratti a tempo determinato;

c. le argomentazioni del giudice di primo grado sono tutte tese a diminuire la portata e l’efficacia della pronuncia della Corte Costituzionale n. 80/2010, nonostante il caso specifico di certificata gravità dell’handicap che non può essere arbitrariamente valutato dalla scuola, la quale non può elidere il diritto dell’alunna handicappata di cui è stata accertata, dal competente organo sanitario, l’invalidità particolarmente grave;

d. secondo la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 80/2010, l’unica condizione che deve sussistere per l’attivazione del sostegno in deroga è la condizione di handicap grave accertato nelle opportune sedi e non dalla scuola; in ogni caso, il criterio dell’effettiva esigenza rilevata è stato dichiarato incostituzionale, al pari del limite numerico, né vi può essere indisponibilità di bilancio tale da condurre alla negazione del diritto ove sussistente e documentato come nella specie;

e. il giudice di primo grado erra, quindi, quando afferma che il diritto di cui è richiesta la tutela in questione sia addirittura condizionato, dal momento che il diritto deve essere riconosciuto e non deve soccombere di fronte alle scarse finanze dello Stato, ne è possibile che la valutazione di particolare gravità del disabile espressa dalla ASL e dall’INPS sia recessiva di fronte alla flessibilità organizzativa della scuola e alla possibilità che avrebbe quest’ultima di valutare le effettive esigenze del disabile fino al punto di disapplicare le valutazioni di gravità dell’handicap effettuate dalle strutture sanitarie;

f. il piano di primo soccorso predisposto dalla scuola per le esigenze fisiologiche dell’alunna, non integra una misura atta a rendere possibile l’effettiva partecipazione della stessa alunna alla vita scolastica e al ciclo di apprendimento; del resto, gli stessi progressi attestati dall’insegnante di sostegno sono contingenti e circoscritti alle materie a cui è stato assegnato il sostegno e comunque il numero di ore di sostegno (otto) è irrisorio rispetto alle esigenze dell’alunna affetta da un grave handicap che non è stato correttamente apprezzato dalla Scuola;

g. la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi sul motivo di ricorso relativo all’assenza, nel provvedimento di assegnazione delle ore di sostegno, della motivazione parametrata illegittimamente sulle sole esigenze organizzative e funzionali dell’intero istituto scolastico, senza considerare le reali esigenze dell’alunna in relazione al suo grave handicap. La sentenza è, altresì, contraddittoria, quando afferma l’esigenza di un’ulteriore valutazione rispetto a quella già effettuata dalla struttura sanitaria ed assistenziale, del tipo e della gravità dell’handicap ai fini dell’attribuzione di un numero maggiore di ore di sostegno e contestualmente non censura la mancata valutazione della reale situazione clinica dell’alunna nel provvedimento di assegnazione del monte ore e nella successiva determinazione di distribuirle in sole tre materie. L’inadeguatezza a fronteggiare le reali esigenze è peraltro attribuibile all’illegittimità delle scelte adottate senza il coinvolgimento dei genitori.

4. Con memoria del 4 giugno 2014, la parte appellata ha ritenuto infondata l’esigenza di un insegnante di sostegno nel rapporto 1/1, anche per il successivo anno scolastico e ha ribadito la legittima posizione dell’amministrazione scolastica che deve valutare le situazioni di tutti gli alunni in relazione alle risorse disponibili, il che è stato fatto con riferimento a precise situazioni di alunni disabili tra cui la minore figlia dei ricorrenti, minore risultata migliorata sotto il profilo comportamentale e dell’apprendimento, grazie all’apporto dell’insegnante di sostegno e in ragione della minore problematicità della situazione specifica, diversa da altri casi che hanno portato alla richiesta di docenti di sostegno in deroga. La parte appellata, nella circostanza, ha sottolineato il proprio convincimento nel ritenere errata la posizione assunta dai genitori della minore in questione riguardo all'esistenza di un preteso diritto dell’alunno portatore di handicap ad avere un insegnante di sostegno e ad averlo per le ore ritenute sufficienti a valutare la lesione o il rispetto del diritto.

Nè il complesso quadro normativo, può indurre a provvedere nel senso richiesto dagli appellanti, perchè anche diritti quali quelli allo studio e alla salute, nel momento in cui si atteggiano a diritti e a prestazioni positive da parte dello Stato, possono essere garantiti solamente come diritti costituzionali condizionati dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento.

La parte appellata ha insistito ancora, dopo aver illustrato la molteplicità di interventi che le amministrazioni promuovono accanto alla nomina del docente specializzato, assegnato alla scuola per lo svolgimento delle attività di sostegno e non assegnato al singolo portatore di handicap, ha ribadito di aver fatto ciò che era concretamente possibile nell’ambito delle proprie prerogative, con il vincolo delle risorse disponibili. Comunque, fermo restando che la legge impone di garantire l’attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati, ciò non significa che si ha diritto all’insegnante di sostegno nella specifica misura di volta in volta ritenuta utile. Da qui l’infondatezza della pretesa della parte appellante.

DIRITTO

L’appello va accolto. La minore su cui le parti appellanti esercitano la potestà, è stata riconosciuta portatrice di handicap in situazione di gravità ex articolo 3, comma 3 della legge n. 104/1992 e successive modifiche ed integrazioni, come accertato dall’INPS tramite la ASL competente e la Commissione medica per l’accertamento dell’handicap che la ha ritenuta affetta da disfunzione neuropsicologica relativa a deficit delle funzioni esecutive con grave ricaduta nelle capacità di apprendimento, anche successivamente all’intervento chirurgico per asportazione di lesione OMISSIS.

Come risulta dalla documentazione acquisita agli atti, anche il piano educativo personalizzato in cui si dà conto della tipologia clinica della disabilità e dei deficit menzionati, prevede la necessità di una globale organizzazione disciplinare ispirata a criteri speciali e di una tabella di individualizzazione disciplinare dedicata all’alunna in cui, come puntualmente fatto notare dagli appellanti, figurano originariamente insegnamenti che non sono coperti dal sostegno assegnato, a causa dell’esiguo oggettivo numero di ore assegnate settimanalmente, ritenuto, nella sostanza, insufficiente sul piano dell’integrazione scolastica e della stessa autonomia dell’alunna in questione. Dalla stessa documentazione risulta, peraltro, che a fronte di più di venti situazioni di disabilità accertata, sono stati previsti 4,5 docenti di organico di diritto aumentati sino a 5,5.

Ciò posto, questo Collegio non può non richiamare la recente normativa pure con riguardo al parametro della dotazione organica degli insegnanti di sostegno, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 26 febbraio 2010, richiamata dagli stessi appellanti, posto che il diritto all’istruzione dei disabili è tutelato dall’ordinamento internazionale (articolo 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006), da quello europeo (articolo 2 Trattato Unione Europea e articolo 19 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, nonché articolo 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità) e dall’ordinamento nazionale che, in attuazione dei dettati di cui agli articoli 34 e 38 della Costituzione, con la legge 5 febbraio 1992, n. 104 (articoli 1, 12 e 13) fissa i principi e gli obiettivi della piena integrazione delle persone disabili e della garanzia del sostegno con docenti specializzati per l’integrazione in ambito scolastico. Il quadro normativo circa l'attività di sostegno è stato integrato, poi, dall’art. 10, comma 5 del d.l. n. 78/2010 convertito dalla legge n. 122/20 che detta disposizioni specifiche sulla redazione del piano educativo individualizzato e sui doveri dei componenti del collegio chiamati a formulare quest’ultimo.

Nel richiamare, altresì, l’attenta disamina normativa effettuata in proposito dalla sentenza di questa Sezione, n. 2231 del 23 marzo 2010 relativamente all'evoluzione legislativa registrata in materia a partire dalla legge n. 449 del 1997 (art. 40) e dall’art. 1, comma 605 della legge n. 296/2006 e poi dall’art. 2, commi 413 e 414 della legge n. 244 del 2007, questo Collegio ritiene necessario ulteriormente ribadire quanto affermato nella già citata sentenza n. 80/2010 della Corte Costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittime proprio le posizioni contenute nell’appena citato articolo 2, commi 413 e 414 della legge n. 244 del 2007 e specificamente, quanto al primo dei suddetti commi, nella parte in cui fissa il limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno e, quanto al comma 414, nella parte in cui esclude la possibilità, già prevista dalla predetta legge n. 449/97 di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente.

La Corte Costituzionale nella sentenza n. 80/2010 ha statuito, in particolare, che il “diritto del disabile all’istruzione si configura come diritto fondamentale” e che il potere discrezionale del legislatore nell’individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili non ha carattere assoluto e trova un limite invalicabile nel rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati.

Secondo la Corte, la scelta operata dal legislatore di sopprimere la riserva che consentiva di assumere insegnanti di sostegno a tempo determinato, non trova alcuna giustificazione nel nostro ordinamento, posto che detta riserva costituisce uno degli strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto fondamentale all’istruzione del disabile grave. Ciò in quanto la ratio della norma che prevede la possibilità di stabilire ore aggiuntive di sostegno, è quella di apprestare una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in gravi condizioni, forma che non si estende a tutti i disabili a prescindere dai gradi di disabilità, bensì tiene in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetta la persona.

Come ha osservato questa Sezione nella richiamata sentenza n. 2231/2010 e da cui non è motivo per discostarsi, dalle statuizioni della Corte Costituzionale si ricava:

a. la qualificazione del diritto all’istruzione del disabile, e in particolare del disabile grave, quale diritto fondamentale;

b. l’individuazione in questo ambito di un “nucleo indefettibile” di garanzie perché tale diritto sia realizzato, pur stante la discrezionalità del legislatore nella individuazione delle relative misure;

c. l’obiettivo primario è quello della massima tutela possibile del diritto del disabile grave all’istruzione ed all’integrazione e nella classe e nel gruppo, fino alla previsione di un’ora di sostegno per ogni ora di frequenza, ma non è di per sé illegittimo un intervento minore, purchè non sia scalfito il nucleo indefettibile del diritto, se motivato dall’analisi accurata della situazione specifica nel quadro di ragioni e vincoli oggettivi;

d. la possibilità di ricorrere, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente, all’assunzione di insegnanti in deroga;

e. dalla accertata situazione di gravità del disabile può conseguire la determinazione di un numero di ore di sostegno pari a quello delle ore di frequenza e che, comunque, la scelta deve essere orientata verso la più ampia ipotesi possibile di sostegno nelle condizioni date.

E’ altresì condivisibile la valutazione operata nella stessa richiamata sentenza, secondo cui l’insegnante di sostegno, una volta assegnato, assume la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui opera, e partecipa alla programmazione educativa e didattica al pari degli altri docenti, non essendo destinato in via esclusiva ad una specifica docenza di un alunno individuato, ferma restando la non necessaria coincidenza del monte ore di frequenza settimanale dell’alunno con l’orario – cattedra settimanale del singolo docente, che potrebbe rivelarsi insufficiente a coprire l’intero monte ore di frequenza settimanale, specie nei casi in cui l’alunno abbia optato per una frequenza a tempo pieno.

Questo Collegio osserva, comunque, che ciascun intervento di sostegno deve essere rivolto al rispetto della normativa che intende favorire in ogni caso la integrazione scolastica e che esige un intervento individualizzato e commisurato alle specifiche esigenze dell’alunno. Ciò di conseguenza impone una valutazione congruamente motivata e commisurata alle specifiche difficoltà riscontrate nell’area dell’apprendimento, diverse da soggetto a soggetto in relazione al tipo e gravità di handicap e alla sua stessa evoluzione, rapportata pure ai miglioramenti intervenuti nel tempo e oggettivamente riscontrati.

In sostanza, nella specie, come si evince dal provvedimento di assegnazione delle ore di sostegno adottato dall’Amministrazione scolastica, non vi è alcun riferimento alla gravità dell’handicap da cui è affetta la minore così come accertato dall’apposito organo Collegiale e l’assegnazione delle ore risulta solo motivato dalle difficoltà connesse al numero degli alunni in situazione di handicap che, per quanto detto innanzi, a proposito della vigente normativa ed alla luce della sentenza della Corte Costituzionale non è sufficiente a giustificare la determinazione assunta che, pertanto, risulta non poggiare su un’analisi accurata della specifica situazione.

Nè, invero, la violazione del diritto allo studio riguarda la sola inadeguatezza delle ore di sostegno assegnato poiché tale inadeguatezza ha inficiato pure la qualità del sostegno, essendosi rivolta soltanto a tre materie, trascurando gli insegnamenti di alcune materie previste dal piano individuale predisposto per l’alunna e che non sono coperte dal sostegno scolastico.

Il Giudice di primo grado non ha quindi colto l’esigenza di garantire un sostegno adeguato e congruo in presenza di un handicap grave e ha ritenuto legittimo il comportamento dell’Amministrazione scolastica che, con la sua determinazione impugnata dai genitori della minore, ha reso prive di effetti concreti, sul piano del sostegno, le statuizioni operate dall’organo collegiale competente a stabilire la gravità dell’handicap e a predisporre il piano individuale di intervento a sostegno del minore in una situazione di handicap riconosciuto come grave.

Né risulta contestato dalla parte appellata l’eccepita assenza dell’apporto degli stessi genitori appellanti nella definizione degli interventi medesimi.

I motivi di appello risultano, quindi, fondati anche perchè dalla motivazione esibita nel provvedimento che assegna le ore di sostegno, risulta evidente l’esercizio di una discrezionalità non consentita all’Amministrazione scolastica che si è fatta carico di ravvisare un vincolo derivante dalla carenza di risorse economiche che non possono, in modo assoluto, condizionare il diritto al sostegno in deroga, sino a esigere e sacrificare il diritto fondamentale allo studio e all’istruzione. Ciò vale a maggior ragione, ove il condizionamento risulti fondato sulle sole esigenze organizzative e funzionali dell’istituto scolastico.

Ciò posto e asseverata l’insufficienza dell’intervento di sostegno nei termini motivati dall’Amministrazione scolastica, quest’ultima dovrà riconsiderare il numero delle ore di sostegno assegnate al fine di una diversa determinazione che, valutata la specificità della situazione, eventualmente anche alla luce di un rinnovato accertamento sanitario presso i competenti organi pubblici, pure considerando gli ulteriori strumenti di tutela previsti, può giungere alla individuazione di un numero di ore pari a quello delle ore di frequenza, ma deve comunque essere maggiore dell’attuale, nella misura necessaria a perseguire al meglio l’obiettivo dell’integrazione del disabile nelle condizioni date.

La rideterminazione da parte dell’Amministrazione del numero delle ore di sostegno per ciascuno degli anni successivi a quello cui sarà applicata, dovrà comunque sempre essere preceduta da verifiche periodiche degli effetti degli interventi adottati, per eventualmente modificarli in relazione alla loro efficacia ed alla evoluzione della patologia accertata.

In conclusione, l’appello va accolto nei termini sopra esposti, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione scolastica.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 3604 del 2013), accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado.

Condanna la parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio a favore delle parti appellanti che liquida in euro 4000 (quattromila).

Ritenuto che sussistono i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1, 2 e 5 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196, manda alla Segreteria di procedere, in caso di diffusione del provvedimento, all’annotazione di cui ai commi 1, 2 e 5 della medesima disposizione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 4 novembre 2014, con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Carlo Mosca, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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“trattamento di dati sensibili idonei a rilevare lo stato di disabilità degli alunni censiti nell’Anagrafe Nazionale Studenti in una partizione separata”, ai sensi dell’articolo 13, comma 2-ter, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 128;
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE C ,numero provv.: 201601262 - Public 2016-05-27 -

Numero 01262/2016 e data 25/05/2016


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 5 maggio 2016

NUMERO AFFARE 00815/2016

OGGETTO:
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Schema di regolamento ministeriale recante “trattamento di dati sensibili idonei a rilevare lo stato di disabilità degli alunni censiti nell’Anagrafe Nazionale Studenti in una partizione separata”, ai sensi dell’articolo 13, comma 2-ter, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 128;

LA SEZIONE
Vista la relazione del 28 aprile 2016, trasmessa con nota n. 1894 in pari data, con la quale il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ufficio legislativo, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Visto il parere del Garante per la protezione dei dati personali, espresso in data 15 ottobre 2015;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Gerardo Mastrandrea;


Premesso e considerato.

Lo schema di decreto in oggetto intende dare attuazione al disposto contenuto nell’articolo 13, comma 2-ter, del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, in base al quale “al fine di consentire il costante miglioramento dell'integrazione scolastica degli alunni disabili mediante l'assegnazione del personale docente di sostegno, le istituzioni scolastiche trasmettono per via telematica alla banca dati dell'Anagrafe nazionale degli studenti le diagnosi funzionali di cui al comma 5 dell'articolo 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, prive di elementi identificativi degli alunni. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, i criteri e le modalità concernenti la possibilità di accesso ai dati di natura sensibile di cui al presente comma e la sicurezza dei medesimi, assicurando nell'ambito dell'Anagrafe nazionale degli studenti la separazione tra la partizione contenente le diagnosi funzionali e gli altri dati.

Rappresenta, dunque, l’Amministrazione, in sede di relazione illustrativa di accompagnamento del provvedimento, che l’innovazione normativa che lo schema di regolamento suindicato intende attuare consiste nella realizzazione di una procedura per l'assegnazione del personale docente di sostegno agli studenti con disabilità attraverso le nuove funzionalità dell'anagrafe ANS. In particolare, lo schema di regolamento prevede che i dati idonei a rivelare lo stato di salute degli studenti con disabilità siano raccolti, privi di elementi identificativi, nella cosiddetta "partizione separata" dell'ANS. Tale partizione si presenta distinta, sia dal punto di vista logico che fisico, rispetto alla parte dell'ANS che raccoglie i dati identificativi (anagrafici, curriculari e di frequenza) riferiti agli studenti.

Lo schema di regolamento, segnala altresì l’Amministrazione, non contiene alcun richiamo all’articolo 1, commi 136-141, della legge n. 107 del 2015 (Portale unico dei dati della scuola/Open data), in quanto intende disciplinare un flusso informativo e documentale interno, peraltro riferito all’utilizzo di dati sensibili, non riconducibile in alcun modo all’ “Open data”.

A tale riguardo, si fa anche rilevare che è previsto il divieto della diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute, ai sensi dell’articolo 22, comma 8, del Codice della privacy, come ribadito nelle Linee guida "in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati" (in Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2014).

Resta ferma la possibilità per l’Amministrazione pubblica (prevista dal Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi statistici e scientifici, articolo 9 “Trattamento dei dati sensibili o giudiziari” - comma 6) di trattare dati sensibili o giudiziari per:

a) scopi scientifici, nel rispetto dell’articolo 22 del Codice, qualora provveda con atto di natura regolamentare ad individuare e rendere pubblici i tipi di dati e di operazioni strettamente pertinenti e necessari in relazione alle finalità perseguite nei singoli casi, aggiornando tale individuazione periodicamente, secondo quanto previsto dall’art. 20, commi 2 e 4, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;

b) scopi statistici, nel rispetto dell’articolo 22 del Codice, qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 20, commi 2, 3 e 4, del medesimo Codice.

Sullo schema di decreto regolamentare il Ministero ha richiesto il parere del Garante per la protezione dei dati personali, che si è espresso favorevolmente, subordinandolo ad una modifica, recepita nel testo.

Il regolamento si compone di un articolo e di un allegato tecnico.

L’articolo 1 (Trattamento dei dati idonei a rilevare lo stato di disabilità degli alunni censiti in Anagrafe Nazionale degli Studenti) descrive il quadro normativo di riferimento e l’ambito di applicazione.

In particolare:

a) il comma 1, nel confermare che le finalità perseguite dal presente regolamento rientrano fra quelle di interesse pubblico, istituisce la partizione separata dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti ed elenca i documenti che contengono i dati sensibili da trattare, ovvero le diagnosi funzionali di cui all’articolo 12, comma 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, il profilo dinamico-funzionale e il piano educativo individualizzato;

b) il comma 2 specifica che le tipologie di dati e i soggetti deputati a trattarli sono disciplinati all’interno dell’allegato tecnico, che costituisce parte integrante e sostanziale del regolamento.

L'allegato tecnico, nel descrivere le operazioni eseguibili, individua, nello specifico, le modalità e i soggetti legittimati ad accedere alla partizione separata e le funzionalità abilitate per ogni singola categoria di utente (attraverso, ad esempio, un accesso consentito mediante credenziali costituite da un codice identificativo e da una password).

Orbene, con riferimento alle "misure di sicurezza", previste nell'allegato tecnico, paragrafo 2, ultimo periodo, il Garante per la protezione dei dati personali ha chiesto all’Amministrazione di individuare con propria valutazione i termini certi di conservazione dei dati. Si fa riferimento, in particolare, ai file di log relativi alla registrazione degli accessi per i quali lo schema di regolamento prevedeva, inizialmente, un periodo di conservazione "non inferiore a 12 mesi”.

In proposito, è stato richiamato quanto stabilito dal Codice della privacy, che richiede termini certi di conservazione dei dati e, dunque, l’inammissibilità di locuzioni indefinite quali "non inferiore". L'allegato tecnico, pertanto, è stato perfezionato con l’individuazione di un termine certo di conservazione del log, congruo e proporzionato rispetto alle finalità perseguite. Conseguentemente, si è provveduto ad apportare la correzione richiesta, specificando in 24 mesi il tempo di conservazione dei file di log.

Ciò premesso, la Sezione non ha particolari osservazioni da formulare sul testo sottoposto.

Ritiene, nondimeno, di dover segnalare che, quando nell’Allegato tecnico (a pag. 3 su 14), si affronta, al punto III, il diritto-dovere della famiglia di richiedere, laddove la provvista si riveli insufficiente, l’attribuzione di ore di sostegno in deroga, in base a quanto disposto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 80/2010, deve ritenersi, e quindi se del caso va meglio chiarito e specificato, che anche in tale ipotesi l’accesso da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale ai dati sensibili dell’alunno disabile contenuti nella partizione dell’ANS, e relativi pertanto alle diagnosi funzionali ed agli altri elementi sopra descritti, è fatto nel pieno rispetto del principio di tutela dei dati privati identificativi.

Dal punto di vista formale, si segnala, altresì, l’opportunità che nelle premesse al decreto venga preliminarmente richiamato, più in generale, l’articolo 17, commi 3 e 4, della legge n. 400 del 1988, e non solamente, in fine, come è comunque opportuno, il predetto comma 3 in relazione all’obbligo di comunicazione preventiva del testo al Presidente del Consiglio dei Ministri.

P.Q.M.

Nei suddetti termini, e con le osservazioni riportate, è il parere favorevole della Sezione.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gerardo Mastrandrea Franco Frattini




IL SEGRETARIO
Maria Luisa Salvini
panorama
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Re: INSEGNANTE DI SOSTEGNO. Sentenze.

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Spolverata sul pensionamento degli insegnanti.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PUGLIA SENTENZA 10 2016 PENSIONI 15/01/2016
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Sent. n. 10/2016


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA PUGLIA

IL GIUDICE UNICO
Il Dott. Roberto D’Alessandro, all’udienza del 15.01.2016, ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 31399/PC del registro di segreteria proposto da:
C. VITTORIA CAROLINA, nata a …….., residente in …… (TA) alla Via ……, cod. fisc.: ……., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce alla memoria acquisita al prot. 26174 del 10.12.2012, dall'Avv. Michele Ursini, cod. fisc.: ……, presso il cui studio, in Bari a Piazza Umberto I n. 32, elettivamente domicilia, n. fax: 0805245338;

contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Uff. IX, Amb. Terr. Prov. Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore;

contro
INPS – Gestione ex INPDAP, con sede legale in Roma, Via Ciro il Grande, 24, (c.f. 80078750587), rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Bove, giusta procura ad lites per atto del Notaio Paolo Castellini del 16.02.2012, rep. 77882, raccolta 19.525, elettivamente domiciliato presso la Sede INPS — Gestione ex INPDAP di Bari Via Oberdan n. 40/O, Ufficio dell'Avvocatura Regionale INPS Gestione EX INPDAP,

nel merito per l’accertamento

del diritto al collocamento a riposo a decorrere dal 1 settembre 2012 in base ai requisiti contributivi e anagrafici previsti dalla Legge 23 agosto 2004 n. 243, così come modificata dalla Legge 24 dicembre 2007 n. 247, e integrata dall'art.12 del D.L. 78/2010 convertito nella L. 122/2010

in via cautelare per la sospensione dell'efficacia della circolare n. 23 Prot. n. AOODGPER. 1814 del MIUR - Dipartimento per l'istruzione - Direzione generale per il personale scolastico, pubblicata in data 12 Marzo 2012, avente per oggetto "D.M. n 22 del 12 marzo 2012. Cessazione dal servizio dal 1 settembre 2012.

Trattamento di quiescenza — Indicazioni operative" nella parte in cui prevede che le domande di cessazione dal servizio devono essere presentate esclusivamente con la procedura Polis-istanze-on-line, con conseguente condanna del MIUR ad accettare la domanda presentata in versione cartacea o a rimettere in termini parte ricorrente per la presentazione tramite la procedura Polis-istanze-on-line,

per la disapplicazione

del D. Min. 12 Marzo 2012 n. 22 e della circolare n. 23 di cui sopra, nella parte in cui estendono al personale scolastico il termine del 31 dicembre 2011 per l'applicazione della normativa pensionistica previgente al decreto- legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011 n. 214, nonché degli atti amministrativi conseguenziali,

nonché per la disapplicazione
delle circolari I.N.P.S. - Gestione ex I.N.P.D.A.P. nn. 35 e 37 del 14 marzo 2012 nella parte in cui, nel fissare al 31 dicembre 2011 la data ultima di maturazione dei requisiti necessari per il collocamento in quiescenza secondo la normativa previgente il decreto- legge 2001 n. 201 convertito con legge 2011 n. 241, esclude il personale della scuola in servizio che intende andare in pensione con i vecchi requisiti maturati entro tale data

VISTI il ricorso e gli altri documenti di causa;

UDITE, nell’udienza del 15.01.2016, le parti presenti per come risulta dal verbale dell’udienza;

Considerato in
FATTO

Con ricorso depositato il 19.9.2012 e la memoria acquisita al prot. 26174 del 10.12.2012 la ricorrente in epigrafe generalizzata chiedeva, previa sospensione del provvedimento e delle circolari con cui il MIUR rigettava la richiesta di collocamento a riposo per assenza dei requisiti richiesti, dichiararsi in suo favore il diritto all'accesso al trattamento di pensione di anzianità a partire dal 01.09.2012, con condanna dell'Amministrazione e, per essa, dell'INPS Gestione ex INPDAP territorialmente competente a liquidare la pensione integralmente secondo il sistema del calcolo retributivo, in virtù delle disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 201 del 06.12.2011, conv. in L. n. 214 del 2011, avendo raggiunto nel corso dell' anno scolastico 2011/2012 i requisiti per accedere al collocamento a riposo. In via gradata chiedeva che fosse sollevata la questione di legittimità costituzionale.

Preliminarmente affermava la giurisdizione della Corte dei Conti nella materia de qua, in quanto rientrante nei casi devoluti ai sensi degli artt. 13 e 62 del RD n. 1214/1934 nella cognizione del Giudice contabile in materia pensionistica (Cass. SS.UU. n.23734/2006, n. 3195/2007, n. 1134/2007, n. 221/2007; Trib. Roma, Ord. 10.08.12; Trib. Nuoro, Ord. 09.08.2012). Richiamava S.U. ord. n. 171 del 18/12/2007-9/1/2008 che afferma: "Risulta perciò superato il diverso orientamento espresso da Sezioni Unite 1/4/1999 n.207 perché l'esposizione all'amianto è un fatto e, come tale, insuscettibile di formare oggetto di accertamento giudiziale indipendentemente dal diritto che si pretende da esso generato. (...)

La difesa del ricorrente ha sollevato dubbio di legittimità costituzionale della normativa sopra richiamata nella parte in cui la devoluzione della controversia alla Corte dei conti non consentirebbe la piena difesa del proprio diritto soggettivo, per la difficoltà dell'accertamento della esposizione all'amianto, in particolare in relazione alla certificazione Inail. La questione è manifestamente infondata. La giurisdizione della Corte dei conti sulle pensioni è giurisdizione di merito e per l'accertamento e la valutazione dei fatti essa dispone degli stessi poteri, anche istruttori, del giudice ordinario (Cass. S.u. n. 532/1993, n. 10297/1993) e quindi può e deve accertare l'esposizione all'amianto e conoscere della certificazione Inail relativa con la stessa pienezza del giudice ordinario. Del giudice contabile si deve predicare, come già affermato per quello amministrativo (ex plurimis e da ultimo Corte così'. n. 140/2007) che esso assicura la tutela piena dei diritti soggettivi ad esso devoluti".

In materia di rapporto di lavoro alle dipendenze dell'amministrazione pubblica, il contenzioso pensionistico, sotto l'aspetto della giurisdizione, si separa con riferimento alla fase dello svolgimento del lavoro e alla successiva fase del collocamento in quiescenza. Fonte normativa di riferimento in materia è l'art 62 del r.d. n. 1214/1934, collocato nella sezione III, relativa ai giudizi in materia di pensione, il quale stabilisce che "contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione a carico totale o parziale dello Stato è ammesso il ricorso alla competente sezione della Corte, la quale giudica con le norme di cui agli articoli seguenti. Alla medesima sezione sono devoluti anche tutti gli altri ricorsi in materia di pensione, che leggi speciali attribuiscono alla Corte dei conti, nonché le istanze dirette ad ottenere la sentenza che tenga luogo del decreto di collocamento a riposo o in riforma e dichiari essersi verificate nell'impiegato dello Stato o nel militare le condizioni dalle quali, secondo le leggi vigenti, sorge il diritto a pensione, assegno o indennità". Al fine di stabilire se una determinata controversia sia riservata alla giurisdizione del giudice ordinario (giudice del rapporto di lavoro) o a quella della Corte dei Conti, occorre aver riguardo al petitum sostanziale, cioè allo specifico oggetto e alla reale natura della controversia, da identificarsi in funzione della causa petendi, costituita dal contenuto della posizione soggettiva dedotta in giudizio e senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazione della parte, indipendentemente dal momento in cui è proposta la domanda.

L'ambito della giurisdizione riservata alla Corte dei Conti in materia di pensioni riguarda, quindi, quanto concerne con immediatezza, l'an ed il quantum del diritto a pensione e, dunque, il sorgere, il modificarsi o l'estinguersi totale o parziale di tale diritto, restando esclusa da tale competenza ogni questione connessa con il rapporto di pubblico impiego, quale ad esempio il mutamento del titolo di risoluzione del rapporto di lavoro, o la determinazione della base di calcolo dei contributi sulla retribuzione, sulla quale, invece, la giurisdizione è del giudice del rapporto di lavoro (cfr. Cass. n. 22730/2011 e Cass. n. 12337/2010).

Ciò premesso in punto di diritto, la pretesa sostanziale azionata in ricorso dalla Sig.ra C.. riguarderebbe direttamente ed immediatamente il trattamento pensionistico, incidendo sul rapporto di lavoro solo in via riflessa e conseguenziale.

La ricorrente contesta il rifiuto della domanda volta ad ottenere il collocamento in quiescenza, la quale pur incidendo sulla durata del rapporto di impiego, coinvolge in termini essenziali ed inscindibili il diritto a pensione, imponendo la verifica della sussistenza delle condizioni necessarie per far luogo al collocamento a riposo, aspirando la parte ed ottenere un provvedimento che sostituisca il decreto di collocamento in quiescenza, non adottato dal MIUR, sollevando, dunque, una questione che concerne l'an del diritto a pensione e che come tale rientra nel disposto dell'art. 62 sopra citato, che devolve alla cognizione della Corte dei Conti le istanze volte ad ottenere una sentenza che tenga luogo del decreto di collocamento a riposo e dichiari essersi verificate nel dipendente pubblico le condizioni dalle quali secondo le leggi vigenti sorge il diritto a pensione.

Oggetto del contendere sarebbe esclusivamente il diritto al trattamento di quiescenza, senza che sia formulata alcuna domanda relativa alla disciplina del rapporto di lavoro, che non viene in rilievo, dovendosi unicamente individuare la data di maturazione dei requisiti per godere del trattamento pensionistico, con conseguente giurisdizione della Corte dei conti.

In particolare, la legge 1969 n. 153, art. 22, comma 1, subordina il conseguimento della pensione di anzianità alla condizione della previa presentazione della domanda di cessazione del servizio al datore di lavoro, ovvero il MIUR nel caso specie. Nel caso del personale scolastico, il DPR 1998 n. 351, art. 1, comma 1, prevede un'unica finestra al 10 settembre di ogni anno, ossia vincola la cessazione dal servizio all'inizio dell'anno scolastico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata.

In virtù di tale normativa speciale operante nel comparto scuola, contestava gli atti con i quali le Amministrazioni convenute hanno impartito istruzioni interpretative ed operative in materia di cessazione dal servizio e di trattamento di quiescenza del personale della scuola ai sensi della nuova normativa pensionistica contenuta nell'art. 24 del D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito con L. n. 214 del 22 dicembre 2011, con particolare riferimento ai limiti massimi per la permanenza in servizio delle Pubbliche Amministrazioni. In particolare, l'art. 24 del D.L. N. 201 del 6 dicembre 2011, convertito in legge n. 214/2011, ha modificato in peius a decorrere dal 1 gennaio 2012, i requisiti di accesso al trattamento pensionistico, facendo però salvo il diritto all'applicazione della previgente normativa per il personale che ne abbia maturato i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2011.

La riforma prevede comunque la salvaguardia dei diritti maturati entro la data di entrata in vigore. Infatti, il terzo comma del suindicato art. 24 recita che: "Il lavoratore che maturi entro il 31 dicembre 2011 i requisiti di età e di anzianità contributiva, previsti dalla normativa vigente, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, consegue il diritto alla prestazione pensionistica secondo tale normativa e può chiedere all'ente di appartenenza la certificazione di tale diritto", pertanto, i lavoratori, ivi compresi quelli del comparto scuola, conservano i più favorevoli requisiti pregressi per l'accesso al trattamento di pensione se maturati entro il 31 dicembre 2011. La norma consentirebbe di presentare domanda per andare in pensione a tutti coloro che intendevano avvalersi della legislazione previgente prima del 31 dicembre 2011, indipendentemente dalla data di presentazione della domanda, che nella scuola per esigenze legate alla programmazione e alla continuità didattica nonché alla formazione degli organici, deve avvenire prima del completamento dell'ultimo anno di servizio. Lo stesso Miur ha fissato al 31 marzo 2012 la data ultima per richiedere il pensionamento al personale della scuola, escludendo, tuttavia, proprio coloro che al 1 settembre 2011 avevano l'intenzione di svolgere l'ultimo anno di servizio, intenzione confermata, in alcuni casi, nella dichiarazione di cessazione dal servizio inoltrata al dirigente scolastico, nello stesso autunno, prima dell'approvazione della riforma.

La parte ricorrente si duole che se non fosse consentito a tali soggetti di avvalersi della finestra aperta a tutti gli altri dipendenti pubblici si creerebbe una inaccettabile disparità di trattamento nella salvaguardia dei diritti quesiti tra personale appartenente al pubblico impiego, delineandosi una discriminazione tra l'esatta individuazione della maturazione del diritto del docente o personale ATA ad andare in pensione, cioè il momento in cui viene integrata la fattispecie costitutiva del diritto, diritto che nascerebbe al 1° settembre 2011 e, quindi, in linea con i nuovi parametri forniti dal riforma Fornero, ed il momento della decorrenza (fine anno scolastico successivo) ossia della scadenza del termine per poter concretamente astenersi dal lavoro e godere del beneficio maturato. E ciò in virtù dell' art. 59, comma 9, L. n. 449/1997, secondo cui: "Per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, che in cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico (dell'anno successivo), con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno". "Nel comparto scuola il dpr 351/98 stabilisce una sfasatura tra data di maturazione del diritto e data in cui la persona "può stare a casa". Di questa sfasatura dà atto la circolare 11. 2/12 Dip. Funzione Pubblica che si pone il problema evidenziando esservi specifici termini di cessazione del rapporto nel settore scuola a differenza di altri comparti per cui il dipendente non può "stare a casa" da subito ma deve aspettare la fine dell'anno scolastico (01.09.11 — 31.08.12). Ne consegue che l'elemento essenziale cui fare riferimento è la maturazione del requisito entro il 31.12.11”.

La ricorrente si duole che il legislatore possa aver inteso incidere su diritti quesiti, e nel caso di specie, il diritto ad andare in pensione di chi ha manifestato la volontà di iniziare il settembre 2011 l'ultimo suo anno di servizio, indipendentemente dalla data di scadenza di presentazione della domanda (entro il 31 marzo 2012). Prova ne sarebbe che se il Miur avesse nel mese di ottobre 2011 piuttosto che nel mese di marzo 2012 aperto le procedure telematiche per presentare domanda di pensionamento, alla ricorrente sarebbe stata consentita la presentazione della domanda attraverso il sistema telematico e sarebbe stato riconosciuto il diritto al pensionamento, previa verifica del corretto espletamento dell'ultimo anno di servizio che in ogni caso deve concludersi con il 31 agosto 2012.

L'applicazione del DPR 351/1998 al comparto scuola, è riconosciuta, anche dopo l'emanazione del D.L. 201/2011, anche dalle amministrazioni convenute che nei provvedimenti qui impugnati (cfr. D.M. 22 del 12 marzo 2012), espressamente richiamano il DPR 351/1998 - " Visto il D.P.R: 28 aprile 1998 n. 351.. - Visto in particolare l'art. 1, comma 2, del citato regolamento.. " - ponendo questa normativa alla base degli stessi atti impugnati. Vi sarebbe una grave incongruità, ma ciò confermerebbe la tesi della ricorrente: il D.L. 201/2011, deve essere letto in armonia con il DPR 351/1998 e a lei deve essere riconosciuto il diritto quesito al 1 settembre 2011 non già al 31 marzo 2012 o al 31 agosto 2012.

Ad avviso della ricorrente, la sua domanda di pensione, presentata prima dell'entrata in vigore del D.L. 201/2011 e certificata dagli organi secondari del Miur, sarebbe stata accolta invero per silenzio-assenso.

In data 02/12/2011, tale certificazione che prevedeva l'accesso alla pensione al 01.09.2012 per compimento del quarantennio di servizio, veniva inviata agli organi competenti, nonché all'INPAD (ora Inps).

L'art. 1 comma 3 del DPR 351/1998 afferma espressamente come “La domanda di collocamento a riposo per compimento del quarantesimo anno di servizio si intende accolta alla scadenza del termine di cui al comma 2” (termini di presentazione delle domande): vigendo il principio del silenzio-assenso la domanda dovrebbe considerarsi accolta.

Costei lamenta inoltre violazione degli artt. 2 e 38 della Costituzione nonché dell'art. 6 della Cedu. La Corte Costituzionale con sentenza n. 822 del 1988 cosi si esprimeva: "questa corte ha già affermato (sent. 349 del 1985) che nel nostro sistema costituzionale il legislatore può emanare disposizioni che modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, anche se il loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti-... dette disposizioni, però, al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere dal leggi precedenti, frustrando cosi anche l'affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica che costituisce elemento fondamentale ed indispensabile dello Stato di diritto". Nel caso del lavoratore pubblico, e con particolare riferimento al lavoratore nato nel 1952, quale la ricorrente, per effetto della norma avente efficacia retroattiva si tratta di una repentina modificazione di prospettiva esistenziale, che interviene non già in una fase avanzata del rapporto di lavoro, ma addirittura sul limitare dell'accesso alla quiescenza, in una fase anche anagraficamente delicata, laddove l'affidamento nella certezza giuridica trascolora dal pur non pallido valore ordinamentale generale, di principio, all'intenso diritto inviolabile della persona, sulla scena di scelta umane fondamentali (art. 2 Cost., correlato all'art. 38).

Con memoria acquisita in data 3.12.2012 l’INPS eccepiva in via preliminare il difetto di giurisdizione della Corte dei conti poiché l'accertamento della data di cessazione del rapporto di lavoro è questione che investe in via principale rapporto di lavoro, avente natura pregiudiziale rispetto al diritto a pensione ed è pertanto devoluta in linea di principio al giudice ordinario, nei limiti di quanto previsto dall'art. 63 del D.lgs. n. 165/2001. Del resto la Corte dei Conti non avrebbe neanche il potere di annullare atti amministrativi.

Sempre in via preliminare, eccepiva l'inammissibilità del ricorso, in quanto la ricorrente non avrebbe proposto preventivamente alcuna domanda amministrativa nei confronti dell'INPS- INPDAP tesa al riconoscimento del differente trattamento di liquidazione preteso.

II ricorso sarebbe inammissibile anche in quanto controparte non riferisce quale atto amministrativo dell'Istituto abbia impugnato, ex art. 71 r.d. n. 1038/1933.

Eccepiva poi il difetto di legittimazione a contraddire dell'Istituto, in quanto il giudizio verte sul diritto al collocamento a riposo preteso da parte istante che vede quale proprio ed unico contraddittore esclusivamente il Ministero convenuto. Pertanto estraneo al giudizio sarebbe l'Istituto previdenziale che dovrebbe essere estromesso.

In via preliminare chiedeva la sospensione del giudizio, pendendo questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto le norme presupposte dalla circolare ministeriale di cui la ricorrente chiede la disapplicazione, come da ordinanza del Tribunale di Siena — Sezione Lavoro del 21.08.12.

In via subordinata, eccepiva la infondatezza, nel merito, delle domande spiegate da controparte.

Innanzitutto l'Istituto sarebbe estraneo alla vicenda del diritto al collocamento a riposo. Parte istante contesta gli atti con i quali le convenute amministrazioni hanno impartito istruzioni interpretative ed operative in materia di cessazione dal servizio e di trattamento di quiescenza del personale della scuola ai sensi della nuova normativa pensionistica contenuta nell' art. 24 del D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito con L n. 214 del 22 dicembre 2011, con particolare riferimento ai limiti massimi per la permanenza in servizio nelle Pubbliche Amministrazioni. In particolare, parte ricorrente osserva che l’articolo 24 del D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito in legge n. 214/2011, ha modificato in peius a decorrere dal 1 gennaio 2012, i requisiti di accesso al trattamento pensionistico, facendo però salvo il diritto all'applicazione della previgente normativa per il personale che ne abbia maturato i requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2011. Ed invero, con il cosiddetto "decreto salva Italia" è stata introdotta una riforma strutturale della previdenza prevedendo in particolare:

1) l'introduzione del sistema dì calcolo della pensione contributivo pro rata anche per i lavatori che avevano mantenuto il sistema retributivo all'epoca della L. 335/19951. Con tale disposizione, che trova applicazione nei confronti di tutti gli iscritti alle casse gestite dall'ex Inpdap, nei confronti dei soggetti i in possesso di almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, ferma restando la valutazione con il sistema retributivo delle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 2011, la quota di pensione relativa alle anzianità contributive maturate a partire dal 1° gennaio 2012 è determinata con il sistema di calcolo contributivo. Nulla è innovato nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, già destinatari del c.d. sistema di calcolo misto di pensione (articolo 24, comma 2 secondo cui: "A decorrere dal 1° gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo)";

2) l'innalzamento a 66 anni dell'età per la pensione di vecchiaia, sia per gli uomini che per le donne (salvo modifiche connesse all'aspettativa di vita), con necessità di almeno 20 anni di anzianità contributiva. Cfr. l'articolo 24, commi 6, 7, 9 e 20 secondo il quale, per gli iscritti alle forme esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, che maturano a decorrere dal 1° gennaio 2012 i requisiti prescritti per il diritto a pensione, il requisito anagrafico per l'accesso alla pensione di vecchiaia è determinato in 66 anni in presenza di un'anzianità contributiva minima pari a 20 anni. Per i lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, fermi restando il limite anagrafico minimo pari a 66 anni e quello contributivo pari a 20, l'accesso al pensionamento è altresì condizionato all'importo della pensione che deve risultare non inferiore a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale (c.d. importo soglia); tale importo è annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del PIL nominale, appositamente calcolata dall'ISTAT, con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare. Il predetto importo soglia non può in ogni caso essere inferiore, per un dato anno, a 1,5 l'importo mensile dell'assegno sociale stabilito per il medesimo anno. Si prescinde dal predetto requisito di importo minimo se in possesso di un'età anagrafica pari a settanta anni, ferma restando un'anzianità contributiva effettiva di cinque anni. Si specifica che per "contribuzione effettiva" deve intendersi solo la contribuzione, sia obbligatoria che volontaria che da riscatto, effettivamente versata e accreditata con esclusione quindi di quella figurativa. Considerato che i requisiti di accesso al sistema pensionistico devono essere adeguati agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 e s.m.i., a decorrere dal 1° gennaio 2013 il requisito anagrafico di 66 anni e quello di 70 anni sono incrementati di 3 mesi. Nel sistema di calcolo contributivo, oltre ai sopra riportati requisiti, l'importo della pensione deve essere non inferiore a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale, tranne i casi di accesso al pensionamento con 70 anni di età (in questo caso la contribuzione effettiva minima richiesta è pari a 5 anni);

3) l'introduzione della cosiddetta "pensione anticipata", in luogo della "pensione di anzianità con il requisito di 41 anni e un mese di anzianità contributiva per le donne, e 42 anni e un mese per gli uomini seppure con penalizzazioni. Secondo l'articolo 24, comma 10: nei confronti dei soggetti che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a partire dal 1° gennaio 2012, la pensione anticipata si consegue esclusivamente a condizione che risulti maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne. Tali requisiti sono aumentati di un ulteriore mese per l'anno 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dal 2014, fermi restando gli incrementi della speranza di vita a decorrere dal 10 gennaio 2013. Sulla quota retributiva del trattamento pensionistico relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente al 10 gennaio 2012 è applicata una riduzione pari a 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni; tale riduzione è elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni (ovvero rispetto ai 60 anni di età). Nel caso in cui l'età al pensionamento non sia intera la riduzione percentuale è proporzionale al numero dei mesi. Le riduzioni percentuali di cui sopra non trovano applicazione, limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la predetta anzianità contributiva ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria;

4) la possibilità di optare per liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo. Cfr articolo 24, comma 7 secondo cui "In riferimento alla facoltà di opzione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo, con il comma 7 dell'art. 24 sono state soppresse le parole "ivi comprese quelle relative ai requisiti di accesso alla prestazione di cui al comma 19" contenute nell'articolo 1, comma 23, della legge n. 335/1995 e s.m.i.; la soppressione della citata locuzione fa venire meno il rinvio ai requisiti di accesso per la pensione di vecchiaia nel sistema contributivo";

5) di conseguenza, anche se resta salva la facoltà dei lavoratori iscritti all'AGO e alle forme sostitutive ed esclusive della stessa, che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un' anzianità contributiva inferiore a 18 anni, di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo a condizione che, al momento dell' opzione, abbiano anche maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni di cui almeno 5 nel sistema medesimo, ai soggetti che optano per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole di calcolo del sistema contributivo si applicano i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia e alla pensione anticipata, introdotti dall' art. 24 del decreto in esame, previsti per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;

6) infine con la disposizione contestata con il ricorso è stata prevista la salvaguardia dei diritti maturati entro la data di entrata in vigore della riforma a mente del terzo comma dell’art. 24 sicché i predetti lavoratori, ivi compresi quelli del comparto scuola, conservano i più favorevoli requisiti pregressi per l'accesso al trattamento di pensione qualora li abbiano maturati entro il 31 dicembre 2011. Sennonché la ricorrente ritiene che la norma sopra richiamata debba interpretarsi in modo tale da consentire, relativamente al comparto scuola, la conservazione della normativa pregressa in capo a coloro che matureranno i requisiti entro il compimento dell'anno scolastico e quindi in una data successiva al 31.12.2011. Diversamente, argomenta la ricorrente, la stessa si vedrebbe privata di un diritto quesito al collocamento in quiescenza sulla base della normativa pensionistica a lei applicabile al momento dell'inizio dell'anno scolastico 2011/2012 (1 settembre 2011), antecedente alla riforma. Dette argomentazioni sarebbero infondate. La prima considerazione da smentire è la circostanza secondo cui la riforma avrebbe posticipato implicitamente la decorrenza del possesso dei requisiti per i dipendenti del comparto scuola.

Infatti secondo la ricorrente, per l'accesso alla pensione con le norme previgenti, la ratio con la quale la "riforma Fornero" ha inteso applicare tale norma sarebbe proprio quella di salvaguardare il pensionamento, secondo la normativa preesistente, per l'anno solare (per il personale del pubblico impiego legato al dato temporale dell'anno solare) in corso al momento della entrata in vigore della nuova normativa e quindi (implicitamente quella in corso al momento dell'inizio dell'anno scolastico) per il personale del comparto scuola. Ciò in quanto in mancanza di tale volontà il D. L. n 201 del 6 dicembre 2011 avrebbe stabilito l'entrata in vigore delle nuove norme, secondo prassi, a partire dalla data di pubblicazione del Decreto sulla Gazzetta Ufficiale.

Sennonché nella norma non c'è traccia di alcuna differenziazione in tal senso per il comparto scuola, risultando invece evidente la volontà del Legislatore di individuare un unico termine di decorrenza applicabile a tutti i lavoratori siano essi in regime AGO ovvero della pensione pubblica. Ed infatti, il comma 1 dell'articolo 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, vincola la cessazione dal servizio nel comparto scuola all'inizio dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata, esclusivamente al fine di garantire la continuità didattica sicché la finestra di uscita è costituita da un solo giorno (II 1° settembre ovvero per i Conservatori la data del 1° novembre) per ogni anno. Questa e non altro è la specificità del comparto della scuola per il quale la cessazione dal servizio è subordinata al completamento dell'anno scolastico entro il quale si maturano i requisiti per la pensione, ossia una previsione principalmente a tutela degli utenti del servizio e non una ragione di salvaguardia delle norme pensionistiche previgenti, oltre l'anno solare.

Pertanto, a fronte di una riforma strutturale del sistema pensionistico italiano, la ricorrente, al pari degli altri lavoratori, non avrebbe posseduto alcun diritto quesito alla cessazione dal servizio entro il 1° settembre 2012 indipendentemente da eventuali modifiche in materia di trattamenti pensionistici, non diversamente da altri lavoratori che, in ipotesi avrebbero maturato i requisiti nel gennaio 2012 anziché nel dicembre 2011 e che per pochi giorni si sono visti allontanare nel tempo la possibilità di un pensionamento anticipato. L'intento del legislatore, invero, non è stato quello di intervenire con correzioni sulle finestre di uscita, ma di modificare strutturalmente i requisiti di accesso al pensionamento individuando un termine unico di decorrenza, analogamente a quanto si fece con la riforma Dini del 1995, ove fu introdotto il sistema contributivo di calcolo della pensione a coloro che non raggiungevano i diciotto anni di contributi con riferimento alla data del 31 dicembre 1995. In tal senso la scelta del Legislatore di individuare la data del 31 dicembre 2011 quale termine ultimo di maturazione dei requisiti secondo la precedente disciplina, in luogo del termine di entrata in vigore del D.L. 201/2011 non costituisce affatto un indizio ermeneutico nel senso inteso dai ricorrenti. La scelta della del 1 gennaio 2012 è stata piuttosto determinata da ragioni di carattere pratico dovuto al fatto che, stante l'urgenza determinata della situazione finanziaria con il rischio concreto di non poter disporre del finanziamento del debito in scadenza, il Governo intendeva far decorrere dall'inizio dell'anno 2012 tutti gli effetti di correzione di spesa del bilancio pubblico. Pertanto sarebbero insussistenti i denunciati vizi di legittimità degli atti impugnati, e non sussisterebbe alcuna contraddizione tra la particolare disciplina di uscita dei dipendenti del comparto scuola e l'introduzione dei nuovi requisiti per l'accesso alle prestazioni ed in particolare con l'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Neanche sussisterebbe alcun eccesso di potere poiché le amministrazioni resistenti si sono limitate ad attuare atti regolamentari e circolari di mera attuazione e descrizione della normativa citata.

Atti che comunque non ledono la facoltà di scelta dei lavoratori del comparto scuola che nell'anno 2011 erano già in possesso della massima anzianità contributiva o della quota o comunque dei requisiti previsti per la pensione e avevano deciso nel corso del 2011 di non andare in pensione. Infatti per i suddetti lavoratori del comparto scuola continuano ad essere vigenti le condizioni legittimanti l'accesso al trattamento precedente e non può trovare applicazione la nuova disciplina, fermo restando che si applica anche a loro il regime contributivo pro-rata per le anzianità maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.

Come specificato dalla circolare n.2/2012 della Funzione Pubblica, 1'Amministrazione di appartenenza, nell'anno 2012 o negli anni successivi, dovrà collocare a riposo al compimento dei 65 anni (salvo trattenimento in servizio) quei dipendenti che pur avendo maturato i requisiti al 31 dicembre 2011 decidano di rimanere in servizio.

Domandava infine la vittoria di spese e onorari.

Con memoria acquisita in data 14/12/2012 il MIUR ha rappresentato che la ricorrente non ha maturato al 31/12/2011 (cessazione dal servizio a decorrere dal 01/09/2012), i requisiti richiesti dalle disposizioni vigenti: Legge n. 214 del 22/12/2011 art. 24, Circolare n. 2 del 08/03/2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica, D.M. n. 22 del 12/03/2012, C.M. n. 23 del 12/03/2012, che consentono il collocamento a riposo del personale della Scuola. Al 31/12/2011, infatti, la sua anzianità complessiva utile a pensione risulta di: AA. 33 MM. 04 GG. 22, che sommata alla sua età anagrafica di AA. 60 MM. 07 GG. 22 non le consentirebbero di raggiungere complessivamente la c.d. "Quota 96", condizione necessaria per essere collocata a riposo dall' 1/09/2012;

Con ordinanza n. 14 del 2013 l’istanza cautelare veniva respinta.

Con memoria depositata in data 01.12.2015 il MIUR ha rinnovato il versamento degli atti a fascicolo, integrato dalla comunicazione n. 11245 del 04.12.2015 dell’I.I.S.S. Majorana di Taranto contenente il prospetto relativo alle assenze non retribuite.

All’odierna udienza, come da relativo verbale, nessuno comparso per il MIUR, l’avv. Michele Ursini per la ricorrente e l’avv. Marcella Mattia per l’INPS, si sono riportati ai rispettivi atti.

La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

Ritenuto in
DIRITTO

Le numerose questioni pregiudiziali sollevate devono essere esaminate con carattere di priorità logica prima ancora che giuridica.

Eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti.

Come noto, l’art. 62, comma 21, del R.D. n. 1214/1934 (T.U. delle leggi sulla Corte dei conti) prevede che “le istanze dirette ad ottenere la sentenza che tenga luogo del decreto di collocamento a riposo o in riforma e dichiari essersi verificate nell’impiegato dello Stato o nel militare le condizioni dalle quali, secondo le leggi vigenti, sorge il diritto a pensione, assegno o indennità” rientra pacificamente tra quelle devolute alla cognizione di questo Giudice (in senso conforme ex plurimis Corte di Cassazione Sez. U ord. n. 2298/2008, Corte dei conti Sez. II n. 142/2005). L’eccezione deve quindi essere rigettata.

Eccezione di improponibilità del ricorso ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 7 della legge 11.8.1973 n. 533 e 148 disp. att. cpc - che presuppone una necessaria previa richiesta amministrativa.

L’eccezione deve essere disattesa in quanto risulta dagli atti di causa che la ricorrente, pur non potendola inoltrare secondo le procedure informatiche previste dall’amministrazione, ha, comunque, previamente presentato la domanda in via amministrativa di cessazione dal servizio a decorrere dall’1.9.2012 precisando il raggiungimento della c.d. quota 96 entro il 31.12.2012. Domanda presentata in data 30.03.2012.

Eccezione di inammissibilità per violazione dell’art. 71 del Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti (R.D. n. 1038/1933), sul presupposto dell’asserita mancanza della previa domanda amministrativa.

Anche tale eccezione non può trovare ingresso nel giudizio dal momento che i documenti in atti testimoniano chiaramente la presentazione dell’istanza diretta ad ottenere la prestazione previdenziale negata e qui rivendicata.

Merito.

Il ricorso è infondato.

Anzitutto non si è formato alcun silenzio assenso atteso che l’amministrazione scolastica ha tempestivamente rigettato la richiesta con nota in data 16.4.2012 a riscontro dell’istanza di accedere al pensionamento a decorrere dall’1.9.2012 sulla base della normativa previgente all’art. 24 del d.l. n. 201/2011 emessa dall’Ufficio scolastico regionale per la Puglia – Ambito Territoriale per la Provincia di Taranto.

La domanda della ricorrente è tesa, comunque, ad accertare il diritto al collocamento in pensione secondo la previgente normativa, previa rimessione alla Corte Costituzionale della questione di costituzionalità del succitato art. 24 (concernente “Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici).

Analogo ricorso per fattispecie del tutto assimilabile al presente è stato scrutinato dalla Sezione con decisione n. 10.03.2014, n. 229, cui è possibile richiamarsi anche ai fini dell’obbligo di motivazione, per come disciplinato dal combinato disposto di cui agli artt. 118 disp.att. c.p.c. comma 1, u.p. come novellato dall’art. 52, comma 5 della legge 18.06.2009, n. 69 secondo il quale la motivazione può essere resa anche mediante il “riferimento a precedenti conformi”.

In particolare, l’art. 1, co. 21, del d.l. 13.8.2011 n. 138, ha modificato, con effetto dal 1° gennaio 2012, l’art. 59, co. 9, della legge 449/1997 prevedendo che “Per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico dell'anno successivo, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno”.

Sulla base di tale quadro normativo di riferimento il personale della scuola che ha maturato la menzionata quota 96 nel corso dell’anno 2011 ha potuto accedere al trattamento di pensione a decorrere dal 1° settembre di quell’anno mentre per i dipendenti che avessero maturato i requisiti per conseguire il diritto al trattamento di pensione entro l’anno 2012, la modifica dell’art. 59 della legge 449/1999, aveva già comportato il differimento dell’accesso alla pensione stessa con effettiva decorrenza dall’inizio dell’anno scolastico o accademico dell’anno successivo, ossia dal 1° settembre 2013 (cfr. Corte Cost. ord. n. 318, del 17 dicembre 2013 ove si osserva che tale norma aveva “...di fatto spostato di un anno in avanti la possibilità di esser collocati in pensione per coloro i quali maturavano i requisiti per il pensionamento con effetto dal 1° gennaio 2012”).

Alla luce di tale ricostruzione legislativa appare del tutto infondato l’assunto della ricorrente secondo cui la stessa avrebbe iniziato l’anno scolastico 2011/2012 nella consapevolezza di aver conseguito il diritto ad accedere alla pensione di anzianità a decorrere dal 1° settembre 2012 ed irrilevante l’argomentazione difensiva tratta da quanto disposto dall’art. 1, co. 1 del D.P.R. 28.4.1998 n. 341 – “i collocamenti a riposo a domanda per compimento del quarantesimo anno di servizio utile al pensionamento e le dimissioni dall'impiego del personale del comparto «Scuola» con rapporto di lavoro a tempo indeterminato decorrono dall'inizio dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata” - che, essendo norma a carattere regolamentare, deve trovare applicazione con adeguamento alla sopravvenuta normativa di rango superiore.

Invero, laddove non fosse intervenuta la contestata disposizione di cui all’art. 24, co. 3, del d.l. 201/2011 la ricorrente avrebbe potuto aver accesso al trattamento di pensione soltanto a decorrere dall’1.9.2013 posto che, si ripete, alla data del 31.12.2011 non era maturato in suo favore alcun diritto a conseguire la pensione di anzianità.

La giurisprudenza, infatti ha chiarito come l’art. 24 del D.L. 6.12.2011 n. 201, convertito in l.n. 214/2011, ha introdotto più rigorosi requisiti per accedere alla c.d. “pensione anticipata” a decorrere dall’1 gennaio 2012 (è infatti necessaria un’anzianità contributiva di 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne), mentre resta assoggettato al più favorevole “sistema delle finestre mobili” (c.d. “quota 96” quale somma di età ed anzianità contributiva) il pensionamento anticipato di coloro che abbiano maturato i requisiti richiesti entro il 31.12.2011.

Tale norma, nel disporre nuove e più restrittive regole per la maturazione dei requisiti per l’accesso al pensionamento, ha limitato la clausola di salvaguardia, espressamente, ai lavoratori che avrebbero maturato i requisiti per il pensionamento entro la data del 31 dicembre 2011, i quali, pertanto hanno avuto diritto al pensionamento anticipato se maturata la c.d. “quota 96” quale somma di età anagrafica e anzianità contributiva; ma parte ricorrente, per essere nata il 9.6.1952, a tale data non aveva detti requisiti non avendo ancora compiuto i 60 anni di età.

Secondo i canoni ermeneutici delle disposizioni sulla legge in generale, al codice civile (art. 15), la nuova disciplina in materia di accesso al pensionamento deve ritenersi incompatibile, e prevalente, rispetto a quella previgente, avuto riguardo alla ratio del d.l. n. 201 del 2011, e cioè la situazione di gravissima crisi economica che ha investito il Paese, è quella di un contenimento, sia a breve che a medio termine e in tutti i settori, della spesa pubblica, con particolare riguardo al settore previdenziale.

I dubbi di costituzionalità espressi dalla parte ricorrente peraltro sono stati dichiarati “manifestamente infondati”.

In linea generale, giova ricordare che la Corte Costituzionale ha più volte escluso l’illegittimità costituzionale di interventi restrittivi dell’accesso ai c.d. trattamenti pensionistici di anzianità (“pensione anticipata” ai sensi della previsione introdotta dall’art. 24, comma 3, lett. b) dell’art. 24 all’esame), in quanto tutti ragionevolmente inseriti - come quello censurato in questa sede - nel processo di radicale riconsiderazione di tali trattamenti pensionistici al fine di stabilizzare la spesa previdenziale entro determinati livelli di rapporto con il prodotto interno lordo (sentenze n. 245/1997, n. 417/1996, n. 439/1994, ordinanze n. 10/2011, n. 319/2001, n. 18/2001, n. 318/1997).

Assume, poi, peculiare rilievo per la questione in trattazione, che la stessa Corte Costituzionale ha, in molteplici occasioni, evidenziata l’ampia discrezionalità riconosciuta al legislatore in materia di interventi sui trattamenti pensionistici, ed in particolare sulla scelta del dato temporale cui necessariamente si collega la decorrenza degli effetti di una riforma, purché sia rispettato il limite della razionalità.

Il discrimine temporale per l’entrata in vigore della nuova e più restrittiva disciplina, fissato dall’art. 24 del D.L. 6.12.2011 n. 201 all’1 gennaio 2012 (quindi a poca distanza dall’entrata in vigore del provvedimento pubblicato sulla G.U. del 6.12.2011), non appare sicuramente irrazionale, in quanto inserito nel c.d. “decreto salva Italia” recante disposizioni urgenti esplicitamente dirette a garantire il rispetto degli impegni presi con l’Unione Europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo (cfr art. 24 comma 1).

La fissazione del predetto termine, non ha poi introdotto alcuna disparità di trattamento tra il personale appartenente al comparto scuola, censurabile per contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

Risulta manifestamente infondata la dedotta illegittimità costituzionale dell’articolo 24 del decreto legge n. 201 del 2011, convertito nella legge n. 214 del 2011, e che legittimamente le amministrazioni resistenti hanno disciplinato la fattispecie con le normative di dettaglio impugnate col gravame (in termini: Corte dei conti, Sezione Sardegna, sentenza n. 154 del 24/05/2013; Sezione Calabria, sentenze 14 febbraio 2013, n. 4 e 28/12/2012, n. 415; Sezione Basilicata, sentenze n. 203/2012/C del 7 dicembre 2012 e n. 30 del 14/02/2013; Sezione Lombardia, sentenza n. 127 del 24/05/2013).

Manifestamente infondata anche la censura della violazione dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU) da parte della disposizione in discussione; invero la norma in contestazione, come si è visto, non ha alcuna efficacia retroattiva né ha inciso su situazioni di diritto soggettivo già acquisite (infatti il D.L. n. 201/2011 non incide sui soggetti che abbiano maturato i requisiti richiesti entro il 31.12.2011, ma muta il regime dei pensionamenti anticipati, a decorrere dal 1° gennaio 2012, solo per coloro che non abbiano ancora maturato i requisiti precedentemente richiesti).

Sulla base di quanto innanzi esposto, la prospettata questione di costituzionalità dell’art. 24 del D.L. 6.12.2011 n. 201, convertito in l.n. 214/2011 risulta manifestamente infondata.

Conseguentemente il ricorso va respinto.

Considerata la peculiarità della questione dedotta in giudizio si reputa che sussistano i gravi motivi di cui all’art. 92 cpc per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra deduzione, eccezione e domanda, rigetta il ricorso n. 31399.

Spese compensate.

Così deciso, in Bari, all'esito della pubblica udienza del 15.01.2016.

IL GIUDICE
F.to Dott. Roberto D’Alessandro
LETTO IN UDIENZA E
DEPOSITATA IN SEGRETERIA


IL 15.01.2016


F.to sig.ra Patrizia Squicciarini
(Funzionario di Cancelleria)
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