Indennità giudiziaria

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Indennità giudiziaria

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corresponsione dell’indennità giudiziaria prevista dalla legge 22 giugno 1988, n. 221.

Personale Arma Carabinieri.

Ricorso ACCOLTO
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1) - dal giugno 2004 è stato distaccato presso gli Uffici Giudiziari del Tribunale penale di Roma (Casellario Giudiziale, ex Pretura e Tribunale) per svolgere attività di “acquisizione e rilevamento dati di fatto”, in collaborazione con il personale proprio dei suddetti Uffici, nonché con il personale appartenente alla Magistratura (procuratori), perciò un’attività diversa da quella di polizia giudiziaria.

2) - Secondo quanto risulta per tabulas, il ricorrente è stato inserito nell’elenco ufficiale degli operatori del Sistema Informativo Automatizzato del Tribunale Penale di Roma, al pari dei dipendenti del Ministero della Giustizia.

3) - Ne deriva che, conformemente all’orientamento espresso anche da questo Tribunale (cfr.: T.a.r. del Lazio, sez. II quater, 12.10.2010, n. 32761, sentenza non appellata, riferita al ricorso proposto da un maresciallo capo della Guardia di Finanza per chiedere l’indennità giudiziaria per il periodo 20.12.2000 - 22.11.2001), allo stesso deve essere corrisposta per tutto il periodo in cui ha prestato servizio presso gli Uffici Giudiziari del Tribunale penale di Roma.

N.B.: leggete tutto il contesto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201803861 - Public 2018-04-07 -

Pubblicato il 07/04/2018


N. 03861/2018 REG.PROV.COLL.
N. 08126/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8126 del 2006, proposto da
G.. Stefano, rappresentato e difeso dall’Avvocato Federica D’Innocenzo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 32;

contro
il Ministero della Giustizia, il Ministero della Difesa ed il Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’accertamento
del diritto alla corresponsione dell’indennità giudiziaria prevista dalla legge 22 giugno 1988, n. 221.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dei Ministeri dell’Interno, della Giustizia e della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza smaltimento del giorno 2 marzo 2018, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

I - Il ricorrente, sottufficiale dell’Arma generale dei Carabinieri, in servizio dal 1998 presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma - Reparto Operativo Nucleo Informativo, dal giugno 2004 è stato distaccato presso gli Uffici Giudiziari del Tribunale penale di Roma (Casellario Giudiziale, ex Pretura e Tribunale) per svolgere attività di “acquisizione e rilevamento dati di fatto”, in collaborazione con il personale proprio dei suddetti Uffici, nonché con il personale appartenente alla Magistratura (procuratori), perciò un’attività diversa da quella di polizia giudiziaria.

Come precisato nel corso dell’udienza pubblica, lo stesso è rientrato nei ruoli dell’Arma dei Carabinieri in data 2.5.2009.

Secondo quanto risulta per tabulas, il ricorrente è stato inserito nell’elenco ufficiale degli operatori del Sistema Informativo Automatizzato del Tribunale Penale di Roma, al pari dei dipendenti del Ministero della Giustizia.

II - Con il presente ricorso lo stesso chiede l’accertamento del suo diritto alla corresponsione della medesima indennità giudiziaria percepita dal suddetto personale, prevista dalla legge n. 221/1988, che aveva già domandato in via amministrativa, senza ottenerla.

Precisa che, pur rimanendo formalmente dipendente dall'Amministrazione di appartenenza, sarebbe stato di fatto legato all’Amministrazione della Giustizia da un rapporto di servizio effettivo, svolgendo le stesse mansioni del personale amministrativo in organico, per essere a disposizione di Uffici giudiziari e per prestarvi stabilmente e continuativamente la propria attività lavorativa. Pertanto gli spetterebbe l’indennità di cui alla legge 221 del 1988.

L’attività svolta dal medesimo sarebbe, infatti, di tipo amministrativo, istituzionalmente attribuita al personale proprio dell’organico degli uffici Giudiziari del Tribunale, e non già di polizia giudiziaria.

III - Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia, il Ministero della Difesa ed il Ministero dell’Interno con mero atto di costituzione formale.

IV - Nell’udienza pubblica del 2.3.2018 il ricorso è stato introitato per la decisione.

IV.1 - Esso è fornito di fondamento e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

V - Si rende opportuno in primo luogo richiamare l’art. 2, comma 1, della legge n. 221/1988, il quale recita così: “Al personale appartenente alle qualifiche funzionali dei ruoli delle cancellerie e segreterie giudiziarie e di quelli previsti dalle leggi 1° agosto 1962, n. 1206, e 11 novembre 1982, n. 862, il beneficio di cui all’articolo 1[indennità inizialmente prevista per i magistrati e poi estesa al personale dirigente delle cancellerie e segreterie giudiziarie] è attribuito con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto, con il Ministro del tesoro e con il Ministro per la funzione pubblica, nelle misure fissate d’intesa con le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative nel settore e con le confederazioni maggiormente rappresentative su base nazionale, con assorbimento del compenso di cui all’articolo 168 della legge 11 luglio 1980, n. 312, ed all’articolo unico della legge 11 novembre 1982, n. 862, e successive modificazioni.”.

V.1 - È evidente che la ratio ivi sottesa è quella di indennizzare il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie per i compiti intensi e delicati di natura burocratico- amministrativa svolti presso tali specifici uffici.

V.2 - Proprio in ragione di detta ratio, al di là del dato letterale che sembrerebbe limitare il suo ambito applicativo al personale dipendente dell’Amministrazione della Giustizia, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, l’indennità de qua spetta al personale, non solo di ruolo delle segreterie giudiziarie e delle cancellerie, ma anche in posizione di comando, distacco, assegnazione o utilizzo comunque denominato presso gli uffici suddetti, purché svolga attività amministrative proprie e caratteristiche dei servizi di cancelleria e segreteria, per il solo fatto di assicurare in concreto la suindicata funzione, presupponendo la prestazione di un servizio “effettivo” presso le strutture giudiziarie, a prescindere dalla posizione formale, quindi indipendentemente dall’appartenenza formale ai ruoli dell’Amministrazione giudiziaria (ex multis: Cons. Giust. Amm. Sicilia, 20.1.2014, n. 16; Cons. Stato, sez. IV, 24.4.2009, n. 2629, id. 21.6.2007, n. 3404; T.a.r. Marche, 17.4.2015, n. 313; T.a.r. Lazio – Roma, sez. I, 2.4.2010, n. 5576).

V.3 – Si rammenta in proposito che il ricorrente non ha svolto attività di polizia giudiziaria; ove invece avesse eseguito tale attività, detta indennità certamente non gli sarebbe spettata.

VI – Ne deriva che, conformemente all’orientamento espresso anche da questo Tribunale (cfr.: T.a.r. del Lazio, sez. II quater, 12.10.2010, n. 32761, sentenza non appellata, riferita al ricorso proposto da un maresciallo capo della Guardia di Finanza per chiedere l’indennità giudiziaria per il periodo 20.12.2000 - 22.11.2001), allo stesso deve essere corrisposta per tutto il periodo in cui ha prestato servizio presso gli Uffici Giudiziari del Tribunale penale di Roma.

VII - Non rileva la circostanza che dal 1995 essa sia confluita nella cosiddetta “indennità di amministrazione”, corrisposta ai dipendenti delle Amministrazioni per le quali la legge la prevedeva espressamente, in quanto si tratta sempre di un’indennità, vale a dire di un compenso correlato ad una specifica attività, che non assume connotazioni di voce ordinaria della retribuzione, per cui essa è dovuta a chiunque, a qualsiasi titolo, svolga quell’attività, che presenta proprie particolarità di esecuzione nell’ambito dell’attività della pubblica amministrazione (cfr.: Cons. Stato, sez. IV, 18.9.2007, n. 4852).

VIII - Deve rimarcarsi al riguardo che il ricorrente è un militare, perciò appartenente al personale dipendente di un’Amministrazione pubblica non contrattualizzato, secondo quanto si evinceva già dall’art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 29/1993 e si desume poi dall’art. 3 del d.lgs. n. 165/2001.

VIII.1 - Ciò assume rilievo in relazione all’incidenza delle modifiche normative intervenute in tema di indennità di amministrazione.

L’art. 72, comma 2, del citato d.lgs. n. 29/1993 prevedeva: “Fino all’adozione di una diversa disciplina contrattuale secondo quanto previsto dal comma 1 in materia di infrazioni e sanzioni disciplinari, per quanto non espressamente modificato dall’articolo 59, continuano ad applicarsi le disposizioni dei capi I e II del titolo VII del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, nonché le norme che regolano le corrispondenti materie nelle amministrazioni pubbliche in cui tale decreto non si applica.”.

È poi intervenuto l’art. 71, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale: “Ai sensi dell’art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, cessano di produrre effetti per ciascun ambito di riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) al presente decreto, con le decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le disposizioni espressamente disapplicate dagli stessi contratti collettivi. Rimangono salvi gli effetti di quanto previsto dallo stesso comma 1 dell’articolo 69, con riferimento all’inapplicabilità delle norme incompatibili con quanto disposto dalla contrattazione collettiva nazionale.”.

La Tabella “A”, ha, a sua volta, stabilito, al punto I, 1, p), che, con riferimento ai Ministeri, dal 17 maggio 1995 cessava di produrre effetti proprio la legge n. 221/1988, a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997 per il personale non dirigenziale ai sensi dell’art. 69, comma 1, secondo periodo del medesimo decreto. Si tratta del personale contrattualizzato alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.

VIII.2 - Dalla lettura del combinato disposto delle richiamate previsioni normative si evince che alla data del 17.5.1995 la legge n. 221/1988 non è stata abrogata, ma ha soltanto cessato di esplicare la propria efficacia nei confronti del personale non dirigenziale dipendente dei Ministeri. Bisogna rammentare che tale legge si rivolgeva al personale delle cancellerie e segreterie degli Uffici giudiziari e in via interpretativa è stata estesa anche ad altro personale stesso che comunque svolgesse la medesima attività.

Rispetto al personale contrattualizzato la cessazione di efficacia si spiega in ragione della sottoscrizione dei contratti collettivi, ai quali il d.lgs. ha attribuito una evidente rilevanza nella disciplina del rapporto di lavoro.

VIII.3 - Per le ragioni suesposte, la circostanza che, per effetto dei contratti collettivi in questione, l’indennità giudiziaria si sia trasformata in indennità di amministrazione per il personale contrattualizzato non ha fatto venir meno la spettanza rispetto a quanti, come il ricorrente, abbiano prestato la propria attività lavorativa presso segreterie giudiziarie e non siano divenuti destinatari di detti contratti collettivi.

VIII.4 - Non risultano quindi conferenti i due precedenti giurisprudenziali, peraltro concernenti gli stessi ricorrenti (sono sentenze che hanno deciso due ricorsi per l’esecuzione del medesimo giudicato), che hanno negato detta spettanza a decorrere dal 17.5.1995, in quanto riferiti a personale contrattualizzato, perciò diverso da quello militare, al quale invece appartiene l’odierno ricorrente (Cons. Stato, sez. IV, 16.1.2008, n.76, e 22.5.2006, n. 3010).

IX - Deve, perciò, concludersi che il ricorso è fondato e deve essere accolto e, per l’effetto, al ricorrente deve essere corrisposta l’indennità de qua, maggiorata degli accessori, calcolati, secondo i criteri fissati per i crediti da lavoro, dalla spettanza al soddisfo.

X - In considerazione, tuttavia, della particolarità della questione esaminata, si ravvisano i motivi che giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- lo accoglie nei modi di cui in motivazione;

- compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2018, con l’intervento dei Magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Roberto Proietti, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Rita Tricarico Carmine Volpe





IL SEGRETARIO

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Personale della Guardia di Finanza

qui sotto la 2^ sentenza
-----------------------------

1) - Il ricorrente, appartenente alla Guardia di Finanza e col grado di luogotenente al momento della proposizione del presente ricorso, in servizio presso il Nucleo regionale di Polizia tributaria del Lazio, dal 1990 è stato distaccato presso gli Uffici Giudiziari del Tribunale penale di Roma

N.B.: idem come sopra.
---------------------------------------------------------------------------------------------------


SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201803606, - Public 2018-03-31 -

Pubblicato il 31/03/2018


N. 03606/2018 REG.PROV.COLL.
N. 08127/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8127 del 2006, proposto da
S.. Gervasio, rappresentato e difeso dall’Avvocato Federica D’Innocenzo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 32;

contro
Il Ministero della Giustizia, il Ministero della Difesa ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, non costituiti in giudizio;

per l’accertamento
del diritto alla corresponsione dell’indennità giudiziaria prevista dalla legge 22 giugno 1988, n. 221.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza smaltimento del giorno 2 marzo 2018, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

I - Il ricorrente, appartenente alla Guardia di Finanza e col grado di luogotenente al momento della proposizione del presente ricorso, in servizio presso il Nucleo regionale di Polizia tributaria del Lazio, dal 1990 è stato distaccato presso gli Uffici Giudiziari del Tribunale penale di Roma (Casellario Giudiziale, ex Pretura e Tribunale) per svolgere attività di “acquisizione e rilevamento dati di fatto”, in collaborazione con il personale proprio dei suddetti Uffici, nonché con il personale appartenente alla Magistratura (procuratori), perciò un’attività diversa da quella di polizia giudiziaria.

Come precisato nel corso dell’udienza pubblica, ha continuato a svolgere detta attività sino al suo pensionamento, avvenuto in data 26.6.2012.

Secondo quanto risulta per tabulas, il ricorrente è stato inserito nell’elenco ufficiale degli operatori del Sistema Informativo Automatizzato del Tribunale Penale di Roma, al pari dei dipendenti del Ministero della Giustizia.

II - Con il presente ricorso lo stesso chiede l’accertamento del suo diritto alla corresponsione della medesima indennità giudiziaria percepita dal suddetto personale, prevista dalla legge n. 221/1988, che aveva già domandato in via amministrativa, senza ottenerla.

Precisa che, pur rimanendo formalmente dipendente dall'Amministrazione di appartenenza, sarebbe stato di fatto legato all’Amministrazione della Giustizia da un rapporto di servizio effettivo, svolgendo le stesse mansioni del personale amministrativo in organico, per essere a disposizione di Uffici giudiziari e per prestarvi stabilmente e continuativamente la propria attività lavorativa. Pertanto gli spetterebbe l’indennità di cui alla legge 221 del 1988.

L’attività svolta dal medesimo sarebbe, infatti, di tipo amministrativo, istituzionalmente attribuita al personale proprio dell’organico degli uffici Giudiziari del Tribunale, e non già di polizia giudiziaria.

III - Gli intimati Ministeri della Giustizia, della Difesa e dell’Economia e delle Finanze non si sono costituiti in giudizio.

IV - Nell’udienza pubblica del 2.3.2018 il ricorso è stato introitato per la decisione.

IV.1 - Esso è fornito di fondamento e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

V - Si rende opportuno in primo luogo richiamare l’art. 2, comma 1, della legge n. 221/1988, il quale recita così: “Al personale appartenente alle qualifiche funzionali dei ruoli delle cancellerie e segreterie giudiziarie e di quelli previsti dalle leggi 1° agosto 1962, n. 1206, e 11 novembre 1982, n. 862, il beneficio di cui all’articolo 1[indennità inizialmente prevista per i magistrati e poi estesa al personale dirigente delle cancellerie e segreterie giudiziarie] è attribuito con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto, con il Ministro del tesoro e con il Ministro per la funzione pubblica, nelle misure fissate d’intesa con le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative nel settore e con le confederazioni maggiormente rappresentative su base nazionale, con assorbimento del compenso di cui all’articolo 168 della legge 11 luglio 1980, n. 312, ed all’articolo unico della legge 11 novembre 1982, n. 862, e successive modificazioni.”.

V.1 - È evidente che la ratio ivi sottesa è quella di indennizzare il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie per i compiti intensi e delicati di natura burocratico- amministrativa svolti presso tali specifici uffici.

V.2 - Proprio in ragione di detta ratio, al di là del dato letterale che sembrerebbe limitare il suo ambito applicativo al personale dipendente dell’Amministrazione della Giustizia, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza, l’indennità de qua spetta al personale, non solo di ruolo delle segreterie giudiziarie e delle cancellerie, ma anche in posizione di comando, distacco, assegnazione o utilizzo comunque denominato presso gli uffici suddetti, purché svolga attività amministrative proprie e caratteristiche dei servizi di cancelleria e segreteria, per il solo fatto di assicurare in concreto la suindicata funzione, presupponendo la prestazione di un servizio “effettivo” presso le strutture giudiziarie, a prescindere dalla posizione formale, quindi indipendentemente dall’appartenenza formale ai ruoli dell’Amministrazione giudiziaria (ex multis: Cons. Giust. Amm. Sicilia, 20.1.2014, n. 16; Cons. Stato, sez. IV, 24.4.2009, n. 2629, id. 21.6.2007, n. 3404; T.a.r. Marche, 17.4.2015, n. 313; T.a.r. Lazio – Roma, sez. I, 2.4.2010, n. 5576).

V.3 – Si rammenta in proposito che il ricorrente non ha svolto attività di polizia giudiziaria; ove invece avesse eseguito tale attività, detta indennità certamente non gli sarebbe spettata.

VI – Ne deriva che, conformemente all’orientamento espresso anche da questo Tribunale (cfr.: T.a.r. del Lazio, sez. II quater, 12.10.2010, n. 32761, sentenza non appellata, riferita al ricorso proposto da un maresciallo capo della Guardia di Finanza per chiedere l’indennità giudiziaria per il periodo 20.12.2000-22.11.2001), allo stesso deve essere corrisposta per tutto il periodo in cui ha prestato servizio presso gli Uffici Giudiziari del Tribunale penale di Roma.

VII - Non rileva la circostanza che dal 1995 essa sia confluita nella cosiddetta “indennità di amministrazione”, corrisposta ai dipendenti delle Amministrazioni per le quali la legge la prevedeva espressamente, in quanto si tratta sempre di un’indennità, vale a dire di un compenso correlato ad una specifica attività, che non assume connotazioni di voce ordinaria della retribuzione, per cui essa è dovuta a chiunque, a qualsiasi titolo, svolga quell’attività, che presenta proprie particolarità di esecuzione nell’ambito dell’attività della pubblica amministrazione (cfr.: Cons. Stato, sez. IV, 18.9.2007, n. 4852).

VIII - Deve rimarcarsi al riguardo che il ricorrente è un militare, perciò appartenente al personale dipendente di un’Amministrazione pubblica non contrattualizzato, secondo quanto si evinceva già dall’art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 29/1993 e si desume poi dall’art. 3 del d.lgs. n. 165/2001.

VIII.1 - Ciò assume rilievo in relazione all’incidenza delle modifiche normative intervenute in tema di indennità di amministrazione.

L’art. 72, comma 2, del citato d.lgs. n. 29/1993 prevedeva: “Fino all’adozione di una diversa disciplina contrattuale secondo quanto previsto dal comma 1 in materia di infrazioni e sanzioni disciplinari, per quanto non espressamente modificato dall’articolo 59, continuano ad applicarsi le disposizioni dei capi I e II del titolo VII del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, nonché le norme che regolano le corrispondenti materie nelle amministrazioni pubbliche in cui tale decreto non si applica.”.

È poi intervenuto l’art. 71, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale: “Ai sensi dell’art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, cessano di produrre effetti per ciascun ambito di riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) al presente decreto, con le decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le disposizioni espressamente disapplicate dagli stessi contratti collettivi. Rimangono salvi gli effetti di quanto previsto dallo stesso comma 1 dell’articolo 69, con riferimento all’inapplicabilità delle norme incompatibili con quanto disposto dalla contrattazione collettiva nazionale.”.

La Tabella “A”, ha, a sua volta, stabilito, al punto I, 1, p), che, con riferimento ai Ministeri, dal 17 maggio 1995 cessava di produrre effetti proprio la legge n. 221/1988, a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997 per il personale non dirigenziale ai sensi dell’art. 69, comma 1, secondo periodo del medesimo decreto. Si tratta del personale contrattualizzato alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.

VIII.2 - Dalla lettura del combinato disposto delle richiamate previsioni normative si evince che alla data del 17.5.1995 la legge n. 221/1988 non è stata abrogata, ma ha soltanto cessato di esplicare la propria efficacia nei confronti del personale non dirigenziale dipendente dei Ministeri. Bisogna rammentare che tale legge si rivolgeva al personale delle cancellerie e segreterie degli Uffici giudiziari e in via interpretativa è stata estesa anche ad altro personale stesso che comunque svolgesse la medesima attività.

Rispetto al personale contrattualizzato la cessazione di efficacia si spiega in ragione della sottoscrizione dei contratti collettivi, ai quali il d.lgs. ha attribuito una evidente rilevanza nella disciplina del rapporto di lavoro.

VIII.3 - Per le ragioni suesposte, la circostanza che, per effetto dei contratti collettivi in questione, l’indennità giudiziaria si sia trasformata in indennità di amministrazione per il personale contrattualizzato non ha fatto venir meno la spettanza rispetto a quanti, come il ricorrente, abbiano prestato la propria attività lavorativa presso segreterie giudiziarie e non siano divenuti destinatari di detti contratti collettivi.

VIII.4 - Non risultano quindi conferenti i due precedenti giurisprudenziali, peraltro concernenti gli stessi ricorrenti (sono sentenze che hanno deciso due ricorsi per l’esecuzione del medesimo giudicato), che hanno negato detta spettanza a decorrere dal 17.5.1995, in quanto riferiti a personale contrattualizzato, perciò diverso da quello militare, al quale invece appartiene l’odierno ricorrente (Cons. Stato, sez. IV, 16.1.2008, n. 76, e 22.5.2006, n. 3010).

IX - Deve, perciò, concludersi che il ricorso è fondato e deve essere accolto e, per l’effetto, al ricorrente deve essere corrisposta l’indennità de qua, maggiorata degli accessori, calcolati, secondo i criteri fissati per i crediti da lavoro, dalla spettanza al soddisfo.

X - In considerazione, tuttavia, della particolarità della questione esaminata, si ravvisano i motivi che giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- lo accoglie nei modi di cui in motivazione;

- compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2018, con l’intervento dei Magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Roberto Proietti, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Rita Tricarico Carmine Volpe





IL SEGRETARIO


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Re: Indennità giudiziaria

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Ricorso Accolto

1) - rilevato nella specie della diversità dei compiti e delle funzioni svolte, non di polizia giudiziaria, ma di attività materiale amministrativa di supporto agli uffici del PM con mansioni affidate analoghe a quelle del personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie.

Il TAR precisa:

2) - Pertanto l’indennità giudiziaria (di amministrazione) in oggetto deve essere riconosciuta ai ricorrenti in relazione ai periodi lavorativi sopra riferiti ed effettivamente riscontrati, allo stato, salvo eventuale pensionamento e trasferimento (e comunque nei limiti della eventuale prescrizione), in assenza tra l’altro di opposizione da parte delle Amministrazioni resistenti.

3) - Deve, perciò, concludersi che la domanda merita favorevole apprezzamento, sia pure con i limiti sopra specificati, e, per l’effetto, ai ricorrenti deve essere corrisposta l’indennità de qua, maggiorata degli accessori, calcolati, secondo i criteri fissati per i crediti da lavoro, dalla spettanza al soddisfo.

N.B.: vedi allegato
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Re: Indennità giudiziaria

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Anche questi 3 ricorsi hanno lo stesso giudizio
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1) -
SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1Q ,numero provv.: 201900866, - Public 2019-01-23 –

Pubblicato il 23/01/2019

N. 00866/2019 REG. PROV. COLL.
N. 02273/2010 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2273 del 2010, proposto dai signori Renato F.., Paolo Z.., Nadia G.., Riccardo A.., rappresentati e difesi dagli avvocati Donatella Mento, Francesco Petrucci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Angelico, 34;

contro
Ministero dell'Interno, Ministero della Giustizia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

OMISSIS


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2) -
SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1Q ,numero provv.: 201900865, - Public 2019-01-23 –

Pubblicato il 23/01/2019

N. 00865/2019 REG. PROV. COLL.
N. 02275/2010 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2275 del 2010, proposto dai signori Alberto R.., Paolo Z.., Enrico M.., rappresentati e difesi dagli avvocati Donatella Mento, Francesco Petrucci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Angelico, 34;

contro
Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Ministero della Giustizia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

OMISSIS

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3) -
SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1Q ,numero provv.: 201900863, - Public 2019-01-23 –

Pubblicato il 23/01/2019

N. 00863/2019 REG. PROV. COLL.
N. 02271/2010 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2271 del 2010, proposto da
Claudio B.., Gianluigi C.., Giuseppe S.., Alfredo F.., Luca P.., Claudio G.., Daniele B.., Leonardo F.., Massimiliano G.., Luca B.., Alessandra G.., Dario A.., Matteo D. F., Pasquale S.., Roberto L.., rappresentati e difesi dagli avvocati Donatella Mento, Francesco Petrucci, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Angelico, 34;

contro
Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

OMISSIS
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Re: Indennità giudiziaria

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qualcosa si muove, infatti Il CdS ha chiesto alcuni dati.
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ORDINANZA COLLEGIALE sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 201907010

Pubblicato il 15/10/2019

N. 07010/2019 REG. PROV. COLL.
N. 03336/2019 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

ORDINANZA

Sull’appello n. 3336 del 2019, proposto dal Ministero della Giustizia e dal Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;


contro
Il signor Alberto R.., rappresentato e difeso dagli avvocati Donatella Mento ed Emanuela Quici, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Emanuela Quici in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 35;
i signori Paolo Z.. e Enrico M.., rappresentati e difesi dall'avvocato Donatella Mento, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora, n. 16;

per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 865/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Alberto R.., Paolo Z.. ed Enrico M..;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato Emanuela Quici e l'avvocato dello Stato Fabio Tortora;


1. Con il ricorso di primo grado n. 2275 del 2010 (proposto al TAR per il Lazio), gli appellati:

a) hanno dedotto di avere la qualifica di agenti e di ufficiali della polizia giudiziaria e di svolgere la loro attività lavorativa presso un gruppo di lavoro istituito nelle sezioni di polizia giudiziaria della procura della Repubblica del tribunale di Brescia, in esecuzione di un atto del procuratore della Repubblica di data 4 dicembre 2004, e di svolgere una attività lavorativa analoga a quella svolta dal personale di segreteria del Ministero della giustizia;

b) hanno chiesto l’accertamento dei loro diritti di percepire la ‘indennità giudiziaria’ di cui all’art. 2 della legge 22 giugno 1988, n. 221, dalla data di maturazione dei relativi crediti.

2. Il TAR – con la sentenza n. 865 del 2019 – ha accolto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.

In particolare, il TAR:

- ha richiamato la giurisprudenza sulla natura della ‘indennità giudiziaria’ e sulla sua spettanza ‘a tutto il personale – sia esso di ruolo delle segreterie giudiziarie e delle cancellerie, sia esso in posizione di comando, distacco, assegnazione o utilizzo comunque denominato presso gli uffici suddetti – che assicuri in concreto l’indicata funzione, attività amministrative proprie e caratteristiche dei servizi di cancelleria e segreteria – indipendentemente dalla sua appartenenza ai ruoli dell’Amministrazione giudiziaria’;

- ha ritenuto che l’indennità sia dovuta, pur dopo l’entrata in vigore dell’art. 3, comma 60, della legge n. 537 del 1993, recante l’interpretazione autentica dell’art. 168 della legge n. 312 del 1980 e delle leggi n. 221 del 1988 e n. 51 del 1989;

- gli interessati possono scegliere se percepire l’importo calcolato sulla base della legge n. 221 del 1988 o ‘l’indennità accessoria legata alla specifica prestazione di lavoro svolta, salva la facoltà di optare per l’indennità economicamente più vantaggiosa’.

3. Con l’appello indicato in epigrafe, il Ministero della giustizia ed il Ministero dell’interno hanno chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia respinto.

Le Amministrazioni statali hanno dedotto che:

- l’art. 45 comma 1, del decreto legislativo n. 29 del 1993, ha disposto che, a seguito della contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, ‘il trattamento economico fondamentale ed accessorio … è definito dai contratti collettivi’, con un meccanismo di delegificazione;

- l’art. 71, comma 1, del medesimo decreto legislativo ha previsto che, con la stipula del contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, cessano di produrre effetti – per i soggetti da essi previsti - le norme generali e speciali di cui agli allegati A e B, tra cui la legge n. 221 del 1988, indicata nel comma 1, lettera p), dell’allegato A;

- con il d.P.C.M. 3 marzo 1995, il Governo è stato autorizzato a sottoscrivere il primo contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto del personale dipendente dai Ministeri (di data 16 maggio 2005), il cui art. 34 al comma 1 ha previsto la conservazione dei trattamenti economici accessori e al comma 2 ha rimandato all’allegato B per l’indicazione delle tabelle sulla determinazione della retribuzione accessoria mensile, distinta per Amministrazioni e livelli, mantenendo il trattamento economico accessorio già in godimento;

- i successivi contratti del 22 ottobre 1997, del 16 febbraio 1999 e del 16 maggio 2001 hanno modificato le tabelle e gli importi dell’indennità di amministrazione, prevedendo la corresponsione in dodici mensilità;

- per l’art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ‘l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi… o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dal relativo rinnovo contrattuale’;

- da tale quadro normativo, si desume che i dipendenti del Ministero della giustizia percepiscono una indennità, ‘che ha natura e presupposti diversi rispetto alla disapplicata indennità giudiziaria’, che ha ‘carattere di emolumento generale e continuativo, sia pure con importo diverso, in via esclusiva, ai dipendenti del comparto Ministeri, a prescindere dalla natura dell’attività espletata’, con la conseguente impossibilità di corrispondere l’indennità di amministrazione al personale di altri comparti;

- il TAR – nel ritenere ‘non contestati i fatti’ dedotti degli interessati - ha erroneamente attribuito all’art. 64, comma 2, del c.p.a., poiché esso è entrato in vigore dopo la proposizione del ricorso di primo grado, senza accertare le mansioni effettivamente da loro svolte;

- l’attività svolta dagli interessati è riferibile a quella di polizia giudiziaria, riferibile alle loro qualifiche.

Gli appellati si sono costituiti in giudizio ed hanno chiesto che l’appello sia respinto.

4. Ritiene la Sezione che, ai fini del decidere, sia necessaria l’acquisizione di una documentata relazione, da cui si possano evincere le seguenti circostanze:

a) quanti siano stati i dipendenti del Ministero dell’interno e dell’Arma dei Carabinieri che hanno lavorato – che abbiano cessato tale attività o che lavorino tutt’ora - presso gli uffici della procura della Repubblica di Brescia, con l’indicazione delle relative qualifiche, che abbiano chiesto la corresponsione della indennità prevista dall’art. 2 della legge n. 221 del 1988;

b) se tali dipendenti (o dipendenti di altre Amministrazioni) abbiano percepito emolumenti di qualsiasi natura e comunque denominati, per il fatto di prestare l’attività lavorativa presso gli uffici della procura della Repubblica di Brescia;

c) quanti dipendenti del Ministero – o di altre Amministrazioni - abbiano prestato servizio presso altri uffici delle procure della Repubblica, svolgendo attività analoghe a quelle che gli appellati dichiarano di avere svolto e di continuare a svolgere (precisando se essi abbiano chiesto o ottenuto in sede amministrativa ovvero chiesto o ottenuto in sede giurisdizionale il pagamento di una indennità, a causa dello svolgimento della medesima attività lavorativa);

d) se risulti che dipendenti di altre Amministrazioni – anche di altri comparti - abbiano chiesto o ottenuto in sede amministrativa o in sede giurisdizionale il pagamento di una indennità, a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa presso gli uffici giudiziari del territorio nazionale;

e) quali siano state le effettive mansioni svolte dagli appellati, nel periodo in relazione al quale la sentenza impugnata ha ritenuto spettante l’indennità in questione;

f) ogni altro elemento utile a definire il presente giudizio.

Tale relazione dovrà essere redatta dal Ministero della giustizia, con l’ausilio del Ministero dell’Interno e con la collaborazione delle altre amministrazioni per quanto di propria competenza, entro il termine di giorni novanta, decorrente dalla comunicazione della presente ordinanza.

Tale termine potrà essere differito su istanza del Ministero della giustizia o del Ministero dell’Interno, qualora sussistano oggettive esigenze, al fine di eseguire compiutamente la presente ordinanza.

La data dell’udienza di definizione del secondo grado del giudizio sarà fissata, a cura della Segreteria, a seguito del deposito della relazione, da parte del Ministero della giustizia.

Il Ministero della giustizia e il Ministero dell’interno potranno comunque concordare le modalità necessarie per il deposito della relazione istruttoria, anche convenendo che sia lo stesso Ministero dell’interno a curare l’acquisizione dei dati e il deposito della medesima relazione, qualora ciò semplifichi l’attività istruttoria.

Ogni altra statuizione resta riservata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), riservata ogni ulteriore statuizione in rito, sul merito e sulle spese nel giudizio n. 3336 del 2019, dispone che il Ministero della giustizia ed il Ministero dell’interno curino – entro il termine e con le precisazioni indicati in motivazione – il deposito della relazione necessaria per la definizione del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2019, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Luigi Maruotti



IL SEGRETARIO
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Re: Indennità giudiziaria

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Il CdS accoglie l'Appello dei Ministeri

- Rif. sentenza TAR Lazio, sede di Roma, Sezione Prima, n. 864 del 23 gennaio 2019.

- indennità giudiziaria (ora di amministrazione) di cui alla legge 22 giugno 1988, n. 221.
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
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Re: Indennità giudiziaria

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Il CdS ha pubblicato altre sentenze sempre relative allo stesso argomento e concludendo con lo stesso giudizio di cui sopra.
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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 202103285

Pubblicato il 23/04/2021

N. 03285/2021 REG. PROV. COLL.
N. 07661/2018 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 7661 del 2018, proposto dal Ministero della Giustizia, dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dal Ministero della Difesa, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
contro
il signor G. S., rappresentato e difeso dall'avvocato Federica D'Innocenzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Prima, n. 3606 del 31 marzo 2018, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità giudiziaria.

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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 202103283

Pubblicato il 23/04/2021

N. 03283/2021 REG. PROV. COLL.
N. 03421/2019 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3421 del 2019, proposto dal Ministero della Giustizia e dal Ministero dell'Interno, in persona di Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
i signori R. F., P. Z., N. G. e R. A., rappresentati e difesi dagli avvocati Donatella Mento ed Emanuela Quici, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Prima, n. 866 del 23 gennaio 2019, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità giudiziaria.

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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 202103244

Pubblicato il 21/04/2021

N. 03244/2021 REG. PROV. COLL.
N. 03420/2019 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3420 del 2019, proposto dal Ministero della Giustizia e dal Ministero dell'Interno, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
i signori C. B., G. C., G. S., A. F., L. P., C. G., D. B., L. F., M. G., L. B., A. G., D. A., M. D. F., P. S., R. L., rappresentati e difesi dagli avvocati Donatella Mento ed Emanuela Quici, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Prima, n. 863 del 23 gennaio 2019, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità giudiziaria.

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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 202103241

Pubblicato il 21/04/2021

N. 03241/2021 REG. PROV. COLL.
N. 03419/2019 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3419 del 2019, proposto dal Ministero della Giustizia e Ministero dell'Interno, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
i signori M. D. F., L. P., L. B., A. G., M. R., rappresentati e difesi dagli avvocati Donatella Mento ed Emanuela Quici, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione Prima, n. 871 del 23 gennaio 2019, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità giudiziaria.

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Re: Indennità giudiziaria

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PARERE DEFINITIVO sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 202101376

Numero 01376/2021 e data 04/08/2021 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 7 luglio 2021


NUMERO AFFARE 00629/2021

OGGETTO:
Corte dei conti.


Quesito concernente la corresponsione dell’indennità di amministrazione ai dipendenti pubblici, di ogni ordine e grado, ovvero ai dipendenti di enti pubblici economici e società in house in posizione di distacco, comando o altri istituti similari presso la Corte dei Conti.

LA SEZIONE
Vista la richiesta n. 3713 del 25 maggio 2021 con la quale la Corte dei conti ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Neri;


1. Il quesito. La Corte dei Conti ha formulato un quesito al Consiglio di Stato in ordine al riconoscimento del diritto alla c.d. “indennità di amministrazione”, di cui all’art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51, per il personale delle pubbliche amministrazioni, diverso dai militari della Guardia di Finanza, ovvero di enti pubblici economici e società in house, in posizione di “comando, distacco o altri istituti similari presso la Corte dei Conti” stessa.

Come indicato nella richiesta, l’esigenza deriva dal fatto che – dopo la pubblicazione del parere 1 febbraio 2019, n. 334 – sono pervenute alla Corte dei Conti alcune istanze finalizzate ad ottenere l’indennità de qua da parte di militari non appartenenti alla Guardia di Finanza nonché da unità di personale proveniente da Enti pubblici economici e da società in house in posizione di comando, di distacco o istituti similari presso la Corte dei Conti.

Tali istanze richiamano a proprio fondamento il predetto parere n. 334/2019 che, come è noto, ha riconosciuto il diritto a percepire l’indennità di amministrazione al personale della Guardia di Finanza che presta servizio in posizione di distacco presso la Corte.

In quella occasione la Sezione ha ritenuto, tra l’altro, che

- l’indennità giudiziaria è destinata al personale amministrativo di cancellerie e segreterie giudiziarie per il servizio intenso, delicato e ininterrotto che viene prestato nella prospettiva dell’ordinato funzionamento degli uffici giudiziari e quindi dell’amministrazione della giustizia;

- l’indennità va riconosciuta al personale che garantisca in concreto questa finalità, indipendentemente dalla sua appartenenza ai ruoli dell’amministrazione giudiziaria, e dunque spetta anche al personale distaccato o comandato (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 24 febbraio 2010, n. 5576; Tar Lazio, Roma, I-ter, 8371/09; Cons. Stato, IV, 19 dicembre 2008, n. 6406; 21 giugno 2007, n. 3404; 14 febbraio2005, n. 424; 12 gennaio 2005, n. 44; 30 dicembre 2003, nn. 9169 e 9208; 10novembre 2003, n. 7145; 15 aprile 1996, n. 495; 28 marzo 1994, n. 307; 2settembre 1992, n. 714);

- il riconoscimento non è automatico ma legato all’accertamento, di caso in caso, delle mansioni effettivamente disimpegnate e del collegamento con i compiti dell’amministrazione della giustizia a condizione però che non si tratti di personale appartenente alle forze di polizia assegnato alle sezioni di polizia giudiziaria (Cons. St., sez. IV, 19/12/2008, n. 6406; 4 febbraio 2008 n. 304).


2. L’indennità di amministrazione. Per rispondere a tale quesito è bene ricostruire brevemente il quadro normativo inerente alla c.d. “indennità di amministrazione”.

L’art. 3 della l. 19 febbraio 1981 n. 27 ha istituito tale indennità, col nome di “indennità giudiziaria”, attribuendola inizialmente solo ai magistrati ordinari per essere poi estesa anche alle magistrature speciali. Successivamente, la legge 22 giugno 1988 n. 221 ha previsto tale indennità anche per il personale dirigente e con qualifiche equiparate delle cancellerie e segreterie giudiziarie nonché per il personale con qualifiche funzionali nei ruoli di detti uffici. L’art. 1 della legge del 15 febbraio 1989 n. 51 ha attribuito, infine, l’indennità in questione anche al personale amministrativo del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali, della Corte dei Conti, dell’Avvocatura dello Stato e dei Tribunali militari.

3. Contrasto giurisprudenziale. Il già citato parere n. 334/2019, redatto sulla base dei precedenti e pacifici approdi giurisprudenziali, afferma, innanzitutto, la natura non stipendiale dell’indennità di amministrazione. L’indennità di cui all’art. 2 della legge 22 giugno 1988 n. 221 non sarebbe diretta a compensare le prestazioni svolte nella struttura dell’organizzazione giudiziaria, ma solo ad indennizzare il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie per i compiti intensi e delicati di natura burocratico-amministrativa svolti presso tali specifici uffici, e ciò indipendentemente dall’appartenenza ai ruoli dell'Amministrazione giudiziaria e purché il personale sia effettivamente addetto ai servizi amministrativi (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 4 luglio 2018, n.4443; T.A.R. Ancona, sez. I, 17 aprile 2015, n.313; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 3 settembre 2013, n.8067; Consiglio di Stato, sez. VI, 18 giugno 2008, n. 2999; sez. IV, 12 gennaio 2005, n. 44; sez. IV, 30 dicembre 2003, nn. 9169 e 9208; sez. IV, 17 ottobre 2000, n.5511; 15 aprile 1996, n. 495; 28 marzo 1994, n. 307; 2 settembre 1992, n. 714).

Ne consegue che l’aspetto fondamentale da verificare ai fini della corresponsione dell’indennità de qua è quello funzionale, cioè l’effettivo svolgimento del servizio, e non la semplice appartenenza ai ruoli dell’amministrazione. In sostanza, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto di privilegiare, per il conseguimento del diritto all’indennità in questione, il rapporto funzionale del dipendente con l’Amministrazione presso cui il servizio viene svolto, rispetto a quello formale di dipendenza organica (T.A.R. Roma, sez. I, 2 aprile 2010, n.5576; T.A.R. Bologna, sez. II, 23 novembre 2010, n.8083.; Consiglio di Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3404; sez. IV, 14 giugno 2002, n. 3284) e ciò anche al personale comandato per lo svolgimento di mansioni proprie delle cancellerie o segreteria giudiziarie (Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 luglio 1997, n. 705; n. 417 del 1 aprile 1996).

In estrema sintesi, i presupposti necessari ai fini dell’attribuzione dell’indennità di amministrazione sono individuati nell’effettivo svolgimento da parte del dipendente di funzioni amministrative e burocratiche, ai fini dell’ordinato funzionamento degli uffici giudiziari, nonché nella circostanza che le mansioni assolte dai soggetti “distaccati” o “comandati” non siano ricomprese in quelle istituzionalmente attribuite dall’Amministrazione di appartenenza al dipendente.

La più recente giurisprudenza della quarta sezione del Consiglio di Stato ha inaugurato, invece, un orientamento di segno opposto che privilegia il rapporto formale, anziché funzionale, esistente fra il dipendente pubblico e l’amministrazione, a nulla rilevando lo svolgimento di funzioni che esulano dalle mansioni istituzionali in sede di “distacco” o di “comando”.

Il punto nodale risiede nella circostanza che l’indennità giudiziaria, ora denominata “di amministrazione”, per la quarta sezione, avrebbe natura e presupposti diversi rispetto a quella originariamente prevista dall’art. 2 della legge n. 221/1988. L’indennità di amministrazione è infatti, almeno dall’Accordo integrativo del 16 maggio 2001 del Contratto Collettivo Nazionale del Comparto Ministeri, un emolumento con “carattere di generalità” e “natura fissa e ricorrente” riconosciuto in via esclusiva per i dipendenti dello stesso comparto (quindi non per il Comparto Sicurezza, per il quale l’eventuale attività svolta presso gli uffici giudiziari dà luogo ad indennità collegate all’appartenenza alle relative istituzioni).

In linea con tali premesse la quarta Sezione ha ora concluso che “ai dipendenti della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, in servizio presso il Tribunale non spetta quindi l'indennità di amministrazione, ex indennità giudiziaria, prevista dal CCCNL Ministeri per i dipendenti della giustizia, perché il rapporto di lavoro con l'istituzione di provenienza non viene meno, né muta per effetto dell’applicazione alla sezione di polizia giudiziaria la sua regolamentazione a livello legale e/o contrattuale. 16.3. D’altra parte, come rilevato dalla Corte di Cassazione (sez. lav., 5 ottobre 2016, n. 19916, e 18 luglio 2017, n. 17742), nel caso di personale di altri comparti assegnato presso uffici giudiziari non rileva la natura delle mansioni e dei compiti svolti dai lavoratori dipendenti da altre Amministrazioni, essendo dirimente ai fini del riconoscimento dell’indennità solo la specifica posizione ordinamentale propria dei dipendenti del Ministero della Giustizia”.

Ai fini del riconoscimento dell’indennità – secondo tale recente orientamento espresso dalla quarta Sezione – sarebbe, dunque, dirimente esclusivamente la specifica posizione ordinamentale dei dipendenti del Ministero della Giustizia (Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 aprile 2021, nn. 3241 e 3244).

4. La funzione consultiva. Per valutare l’ammissibilità del quesito, è necessario fare un breve excursus sulla funzione consultiva del Consiglio di Stato evidenziandone i presupposti per la sua attivazione.

Come è noto “il Consiglio di Stato non è organo consultivo dell’Amministrazione, che partecipa, mediante una consulenza di legittimità o di merito, all’ordinario svolgersi dell’azione amministrativa, ma si qualifica quale organo ausiliario del Governo in posizione di autonomia, indipendenza e terzietà, e la funzione consultiva concorre insieme a quella giurisdizionale a realizzare la giustizia nell’amministrazione (cfr. Cons. St., Sez. II, 12 novembre 2003, n. 1855; e, da ultimo, Cons. St., Ad. Gen., 17 febbraio 2011, n. 255)” (Consiglio di Stato, Sez. II, 9 marzo 2011, n. 1589).

La portata della funzione de quo è stata precisata dall’art. 17, comma 25, l. 15 maggio 1997 n. 127, che ha individuato i tre casi in cui il parere del Consiglio di Stato è richiesto in via obbligatoria, con l’evidente scopo di limitare la funzione consultiva alle questioni di maggiore importanza. In primo luogo, i pareri del Consiglio di Stato devono essere richiesti per l’emanazione degli atti normativi del Governo e dei singoli ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonché per l’emanazione di testi unici; in secondo luogo, per la decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica; e in terzo luogo, sugli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni predisposti da uno o più ministri.

L’articolo 17 dispone altresì l’abrogazione di “ogni diversa disposizione di legge che preveda il parere del Consiglio di Stato in via obbligatoria” e istituisce “una sezione consultiva del Consiglio di Stato per l'esame degli schemi di atti normativi per i quali il parere del Consiglio di Stato è prescritto per legge o è comunque richiesto dall'amministrazione”.

Accanto ai pareri obbligatori si affiancano i pareri facoltativi, i quali possono essere diretti o all’esame di atti normativi per cui non è obbligatoria la richiesta di parere al Consiglio di Stato o a risolvere questioni concernenti l’interpretazione o l’applicazione del diritto, in questo caso prendendo la forma di “quesiti” sull’interpretazione delle norme. Codesti pareri hanno in particolare una “funzione di ausilio tecnico-giuridico indispensabile per indirizzare nell’alveo della legittimità e della buona amministrazione l’attività di amministrazione attiva” (Consiglio di Stato, Ad. gen., 18 gennaio 1980, n. 30).

Dopo le modifiche introdotte con l’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, il parere facoltativo deve riguardare solo “le attività che più incisivamente impegnano l’azione del Governo o degli altri organi di maggior rilevanza dello Stato-ordinamento e non può essere attivata da una mera pretesa o esigenza dell’amministrazione interessata, la quale, al contrario, deve esporre, nella sua richiesta di parere, i rilevanti motivi di interesse pubblico strumentali alle attività fondamentali o comunque più significative, che quasi impongono il ricorso al parere facoltativo, il quale, altrimenti, andrebbe a sovrapporsi all’esclusiva autonomia e responsabilità dirigenziale” (Consiglio di Stato, Sez. II, 25 luglio 2008, n. 5172).

In altri termini, va esclusa la possibilità di emettere pareri su aspetti minimali relativi ad “un ordinario segmento del procedimento amministrativo” (Consiglio di Stato, Sez. I, 2 febbraio 2012, n. 1), in quanto il supporto consultivo, da un lato, non può e non deve sostituirsi all’amministrazione nel dovere di provvedere (cfr. pareri n. 118/02; n. 2994/02; n. 9/03; n. 1212/03; n. 1274/03; n. 82/99; n. 4212/02; n. 2564/02; n. 2250/2007) e, dall’altro, non può invadere l’ambito di operatività delle attribuzioni dell’Avvocatura dello Stato nella sua funzione generale di consulenza alle pubbliche amministrazioni.

Ciò è pienamente coerente con l’idea “di un’evoluzione sostanziale delle funzioni consultive del Consiglio di Stato di cui all’articolo 100 della Costituzione” e con la necessità di inquadrare le funzioni consultive “in una visione sistemica e al passo coi tempi, confermando il ruolo del Consiglio di Stato come un advisory board delle Istituzioni del Paese anche in un ordinamento profondamente innovato e pluralizzato” (cfr. pareri: Comm. Spec., 18 ottobre 2017, n. 2162; Comm. Spec., 17 gennaio 2017, n. 83; Comm. Spec., 2 agosto 2016, n. 1767). Così ragionando, le funzioni consultive del Consiglio di Stato si rivolgono, nella prassi più recente, oltre che a singoli ‘atti’, anche a sostenere “i ‘processi’ di riforma, accompagnandoli in tutte le loro fasi e indipendentemente dalla natura degli atti di attuazione, fornendo sostegno consultivo ai soggetti responsabili dell’attività di implementazione” (Consiglio di Stato, Comm. spec., 2 agosto 2016, n. 1767).

Va inoltro aggiunto, per quanto di rilevanza nel presente quesito, che il Consiglio ha reiteratamente escluso la “possibilità di richiedere pareri facoltativi su materie o fattispecie per le quali già siano pendenti o in corso di attivazione controversie giurisdizionali” (parere 2941/2005). In talune pronunce è stato difatti affermato che “in presenza di contrasti interpretativi già insorti, la richiesta di parere è inammissibile” (Consiglio di Stato, Sez. II, 26 giugno 2013, n. 3006 e Sez. II, 9 marzo 2011, n. 1589) nel senso che “nell’esercizio dell’attività consultiva, il Consiglio di Stato, quale organo di consulenza imparziale e terzo dello Stato-ordinamento e non dello Stato-apparato, non è destinato (...) a supportare le scelte decisionali delle Amministrazioni, quante volte esse ritengano, a loro discrezione, di avvalersi della consulenza del Consiglio stesso, dal momento che la funzione consultiva svolta nell’interesse non dell’ordinamento generale, ma dell’Amministrazione assistita, compete all’Avvocatura dello Stato. Il Consiglio di Stato fornisce il proprio parere solo su questioni di massima, la cui soluzione potrà guidare la successiva azione amministrativa nel suo futuro esplicarsi” (Consiglio di Stato, Sez. II, 9 marzo 2011, n. 1589; Comm. Spec., 26 settembre 2017, n. 2065).

Dai summenzionati pareri si evince come l’attività consultiva, di tipo facoltativo, non possa richiedersi quando vada ad incidere, direttamente od indirettamente, su un contenzioso in atto, o potenziale, avente lo stesso oggetto del quesito posto dall’amministrazione, poiché in tali casi l’esercizio della funzione consultiva potrebbe dar luogo ad indebite ingerenze e sovrapposizioni, che arrecherebbero un vulnus al principio di imparzialità del giudice e di parità fra le parti, sancito espressamente oggi a livello costituzionale dall’art. 111, comma 2, della Costituzione (cfr. pareri n. 118/02; n. 2994/02; n. 9/03; n. 1212/03; n. 1274/03; n. 82/99; n. 4212/02; n. 2564/02; n. 2250/2007).

Questa Sezione ha ribadito, di recente, tale orientamento affermando che per garantire il corretto equilibrio istituzionale, va esclusa la «possibilità di richiedere pareri facoltativi su materie o fattispecie per le quali già siano pendenti o in corso di attivazione controversie giurisdizionali» (Consiglio di Stato, Sez. I., 13 novembre 2020, n. 1807).

5. Conclusioni. In adesione a tali principi, poiché sulla tematica oggetto di quesito v’è già in atto un contrasto giurisprudenziale - determinato dal recente mutato indirizzo della quarta Sezione del Consiglio di Stato a fronte di una linea interpretativa fino ad allora consolidata, adeguatamente motivata e che questa Sezione ha pienamente condiviso con il parere 1 febbraio 2019, n. 334 – e tale contrasto inevitabilmente si ripercuote sul contezioso pendente e su quello che ancora sarà instaurato, il Collegio ritiene di dover dichiarare il non luogo a provvedere.

P.Q.M.

Dichiara che non vi è luogo a provvedere sul quesito.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vincenzo Neri Paolo Troiano




IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli
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Re: Indennità giudiziaria

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Il CdS rigetta l'Appello proposto dal collega.

- il ricorrente era sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, in servizio presso il Reparto servizi magistratura-sezione Tribunale di Napoli, impiegato presso il Tribunale militare di Napoli ed in congedo dal 24.2.2004;

- diritto alla percezione della ‘indennità giudiziaria’, di cui all’art. 1 della l.n. 51/1989, per il periodo 1.1.1994 -24.2.2004, cumulativamente alla ‘indennità pensionabile’ (operativa)

Il CdS scrive:

Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.

1) - L’art. 3, co. 63, della l.n. 537/1993 stabilisce cheI pubblici dipendenti in posizione di comando, di fuori ruolo o in altre analoghe posizioni non possono cumulare indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall’amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti economici accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell’amministrazione presso la quale i predetti pubblici dipendenti prestano servizio.”.
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Re: Indennità giudiziaria

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Il CdS Accoglie gli Appelli proposti dal Ministero della difesa, dal Ministero dell’interno, dal Ministero dell’economia e delle finanze e dal Ministero della giustizia,

Rif. Tar Puglia, Sezione Prima, 26 novembre 2020, n. 1517.

I ricorrenti al Tar Puglia appartenenti alcuni all’Arma dei Carabinieri, altri alla Polizia di Stato ed altri ancora alla Guardia di Finanza, tutti assegnati alla sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia.
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Re: Indennità giudiziaria

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Il Tar Lazio con le sentenze allegate respinge 3 ricorsi in merito al post, presentati singolarmente per ogni Corpo di appartenenza e difesi sempre dallo stesso legale.

- N.B.: in servizio nelle sezioni di polizia giudiziaria istituite presso gli uffici requirenti (Procura e Procura generale) di Roma.
- Personale CC;
- Personale PolStato;
- Personale GdF.

Per quanto sopra, il Tar si appoggia alla recente sentenza del CdS (da me postata precedentemente sopra) e precisa:

1) - L’ultimo e piú puntuale arresto è quello reso da Cons. Stato, sez. II, 27 ottobre 2022, n. 9188, che ha ampiamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale, illustrando la ratio dell’indennità giudiziaria, la sua estensione nonché lo sviluppo storico di questa particolare forma di remunerazione (ormai inglobata nell’indennità di amministrazione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al comparto funzioni centrali): in particolare, il Consiglio di Stato ha statuito la non spettanza dell’indennità al personale di polizia giudiziaria assegnato alle sezioni presso la Procura della Repubblica.
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