Indennità di Trasferta o quella di Trasferimento?

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Indennità di Trasferta o quella di Trasferimento?

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A quanti potrà interessare comunico questa sentenza del Tar Lombardia del 06/04/2010 e che riguarda personale dei CC. il cui testo integrale si può leggere sul sito del Tar:
N. 00986/2010 REG.SEN.
N. 01055/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1055 del 2008, proposto da:
Sul ricorso numero di registro generale n. 1055 del 2008 proposto da ( 7 CC ), tutti rappresentati e difesi dall’avv. S. B., presso il cui studio hanno eletto domicilio in Milano, via …….;
contro
Ministero della Difesa – Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, domiciliato per legge in Milano, via Freguglia, n. 1;
per l'annullamento
- del provvedimento del Comando Regione Carabinieri Lombardia - Servizio Amministrativo Sezione Gestione Finanziaria del 15.02.2008, prot. n. 808/64-1-1999 recante diniego di riconoscimento di indennità;
- del parere espresso dal Comandante del Reparto Territoriale Carabinieri di ……;
- del parere espresso dal Comando Provinciale Carabinieri di ……;
- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso;
nonché per la declaratoria
del diritto dei ricorrenti alla corresponsione dell’indennità di trasferta (o in subordine di quella di trasferimento) ex art. 1 L. 417/1978;
e per la condanna
dell’amministrazione intimata al pagamento delle relative competenze economiche, anche arretrate.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18/02/2010 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Le parti ricorrenti chiedono la condanna dell’amministrazione alla corresponsione dell’indennità di trasferta, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 417/1978 o, in subordine, di quella di trasferimento.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente eccependo l’infondatezza della domanda e chiedendone il rigetto.
Entrambe le parti hanno prodotto documenti.
All’udienza del 18.02.2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1) Dalle deduzioni delle parti e dalla documentazione versata in atti emerge - senza alcuna contestazione sul punto - che, dal 14.01.2003, i ricorrenti, militari in servizio appartenenti all’Arma dei Carabinieri, effettivi presso la 1^ e 2^ Sezione del Nucleo ………, sono stati dislocati presso la Compagnia Carabinieri di V…... a causa di lavori di ampliamento e ristrutturazione della sede di appartenenza.
La dislocazione ha avuto ad oggetto non solo il personale, ma anche una parte dei mezzi e dei materiali utilizzati dai militari interessati.
Del resto, dalla documentazione prodotta dall’amministrazione (cfr. in particolare doc. 2) risulta che il Comando del Nucleo è rimasto presso la sede di ….., sicché lo spostamento a V….. ha riguardato solo alcuni dei militari ad esso appartenenti.
Va precisato che sia la nota con la quale si evidenzia l’esigenza dello spostamento, sia gli altri documenti redatti dai vari Comandi dell’Arma interessati (cfr. documenti prodotti dalle parti) inquadrano la vicenda in modo non univoco, atteso che in taluni casi si parla di “distacco”, in altri di “ripiegamento”, oppure di “allocazione”, in altri ancora di “ripiegamento temporaneo”.
In data 25.02.2007, il ………, interessato dallo spostamento - e parte ricorrente nel presente giudizio - ha proposto un quesito amministrativo al Comandante del Nucleo di appartenenza, rappresentando, da un lato, che la distanza chilometrica tra il Comune di ……. e quello di …….. è superiore a 10 Km, dall’altro, che solo saltuariamente l’amministrazione ha rilasciato e liquidato al personale interessato dei certificati di viaggio per servizi svolti in località diverse dalla sede di ……., con partenza e rientro a …….., evidenziando, inoltre, che il servizio istituzionale inizia e termina presso la Caserma di …… e chiedendo, infine, se ai militari interessati debba essere corrisposta “un’eventuale indennità indicando, nel caso, la quantificazione e le modalità dell’istanza tesa ad ottenere la liquidazione stessa”.
A fronte di tale quesito, il Comando Regione Carabinieri Lombardia, con atto del 15 febbraio 2008 - contestato con l’impugnazione proposta - ha negato la spettanza di un’indennità, evidenziando che il “ripiegamento temporaneo” non ha comportato alcun “trasferimento” ed, inoltre, l’Ufficio non ha autorizzato alcun “ripiegamento ordinativo”.
L’atto specifica poi che non sussistono i presupposti dell’ “aggregazione”, evidenziando che essa ricorre quando il “personale è preso in amministrazione in un ente o reparto diverso da quello di appartenenza al quale continua ad essere effettivo”.
Inoltre, si precisa che il “comando in missione” presuppone che “l’ordine sia dato al dipendente, affinché egli esplichi – fuori della ordinaria sede di servizio – attività connesse alle sue attribuzioni”.
2) A fronte di tale determinazione amministrativa, i ricorrenti chiedono che sia accertata in loro favore la maturazione del diritto alla percezione dell’indennità di trasferta, ai sensi dell’art. 1 della legge 1978 n. 417, o, in subordine, dell’indennità di trasferimento, con conseguente condanna dell’amministrazione alla corresponsione di tale indennità.
Gli interessati fondano la pretesa sulla circostanza che, in conseguenza della situazione di fatto sopra descritta, essi in concreto da anni non operano più presso la sede di M…, ma presso quella di V….., sicché ogni giorno devono recarsi, in forza delle determinazioni dell’amministrazione di appartenenza, presso una sede diversa da quella in cui sono in carica e che dista da quest’ultima più di 10 chilometri.
Insomma, si rileva che ogni giorno i militari interessati sono tenuti ad operare al di fuori della sede ordinaria di servizio ed, in particolare, in una località distante da essa oltre 10 chilometri, con conseguente sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’indennità di missione.
In via subordinata gli interessati considerano che, se si esclude la sussistenza dei presupposti per la corresponsione dell’indennità di missione, occorre ritenere che essi siano stati trasferiti presso la sede di V….., con conseguente spettanza dell’indennità di trasferimento prevista dall’art. 1 della legge 1987 n. 100.
L’amministrazione convenuta eccepisce l’infondatezza della pretesa avanzata, escludendo, in primo luogo, che sussistano i presupposti del trasferimento, in quanto il relativo provvedimento non è mai stato adottato dall’Autorità competente.
Il Ministero esclude pure la ricorrenza delle condizioni per il riconoscimento dell’indennità di missione, in quanto i militari interessati non sono stati comandati a prestare servizio al di fuori della sede ordinaria, ma, per effetto del nuovo dislocamento degli Uffici disposto con la nota del Reparto Territoriale dei Carabinieri di …… del 12.12.2002, la caserma di V….. è divenuta l’ordinaria sede di servizio dei militari ricorrenti.
In ogni caso, l’amministrazione evidenzia che l’indennità di missione compete per un massimo di 240 giorni e che la relativa pretesa è sottoposta alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 n. 4 c.c., sicché la pretesa vantata deve ritenersi estinta per prescrizione in relazione a gran parte dei ratei domandati, anche perché non può essere attribuito alcun effetto interruttivo alla nota del luogotenente ……. del 25.02.2007, trattandosi della semplice proposizione di un quesito amministrativo.
3) La domanda proposta in via principale, volta ad ottenere la condanna dell’amministrazione al pagamento dell’indennità di trasferta per missione, è parzialmente fondata e merita accoglimento in parte qua.
L’art. 1 della legge 1978 n. 417 riconosce la spettanza dell’indennità di trasferta anche agli appartenenti alle Forze Armate che siano “comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 Km.”, con la precisazione che “per sede di servizio si intende il centro abitato o la località isolata in cui hanno sede l'ufficio o l'impianto presso il quale il dipendente presta abitualmente servizio”.
La norma specifica che il trattamento di missione “cessa dopo i primi 240 giorni di missione continuativa nella medesima località”.
In ordine ai presupposti per l’attribuzione dell’indennità di trasferta per missione, la consolidata giurisprudenza considera che essa spetta per il fatto che, al di là del nomen iuris utilizzato dall’amministrazione, un dipendente sia stato spostato temporaneamente in una sede diversa da quella ordinaria di servizio e distante da quest’ultima almeno 10 chilometri.
In presenza delle predette condizioni il dipendente acquista il diritto al beneficio in questione, che “non può validamente essere negato per il fatto che l'atto organizzativo di attribuzione all'interessato di un incarico continuativo in una località diversa da quella di assegnazione non rechi la formale ed esplicita dicitura dispositiva dell'invio in missione, ma, ad esempio, quella (del tutto neutra ed atecnica) di distacco” (cfr. tra le altre Consiglio di Stato, sez. IV, 22 novembre 2004, n. 7627; Consiglio di Stato, sez. IV, 07 giugno 2005, n. 2877).
Nel caso di specie, l’amministrazione ha disposto lo spostamento dei militari ricorrenti dalla Caserma di M…., sede ordinaria di servizio, a quella di V…… e proprio la nota del Reparto Territoriale di ….. del 12.12.2002 – cui fa riferimento anche la difesa dell’amministrazione al fine di individuare l’atto che ha disposto il dislocamento – specifica che si tratta di uno spostamento del tutto temporaneo, correlato alla durata dei lavori di ampliamento della sede di …….
Del resto, emerge dagli atti (cfr. note dell’A.C.I. sub doc. 5 e doc. 8 di parti ricorrenti) – e non costituisce neppure oggetto di contestazione – che la distanza chilometrica tra la sede di ……. e quella di V……. eccede i 10 chilometri.
Certo, la determinazione amministrativa del 12.12.2002 non parla di comando in missione, ma di distacco temporaneo, nondimeno, al di là della locuzione utilizzata – del resto in altri documenti amministrativi la vicenda è stata diversamente qualificata, come già ricordato al punto sub 1 della motivazione – resta fermo che concretamente i militari interessati, per effetto di una scelta dell’amministrazione, sono stati spostati temporaneamente in una sede diversa da quella di servizio, sicché ricorrono i presupposti per la corresponsione dell’indennità di trasferta.
In proposito, non merita condivisione la tesi difensiva secondo la quale per effetto del dislocamento la Caserma di V…… sarebbe divenuta la sede ordinaria di servizio in luogo di quella di M….
Invero, a seguire la prospettazione della difesa si dovrebbe ritenere che nel caso di specie l’amministrazione abbia disposto un trasferimento provvisorio, ma è pacifico in giurisprudenza sia che siffatto istituto non è configurabile nel nostro ordinamento, sia che il cd. trasferimento provvisorio “non fa venire meno il presupposto che giustifica, secondo la vigente normativa, la corresponsione dell'indennità di missione: lo spostamento del dipendente dalla propria sede ordinaria di servizio ad altro ufficio” (cfr sul punto testualmente Consiglio di stato, sez. IV, 22 novembre 2004, n. 7627).
Inoltre, non va dimenticato che la dislocazione non ha riguardato tutto il Gruppo, ma solo alcuni dei militari ad esso appartenenti, atteso che, come già ricordato, il Comando del Nucleo è rimasto presso la sede di …...
Neppure è ipotizzabile un trasferimento definitivo - pure adombrato dai ricorrenti nella domanda proposta in via subordinata - giacché l’amministrazione non lo ha mai disposto, limitandosi, nei vari atti adottati, a configurare uno spostamento temporaneo della sede di lavoro dei militari interessati.
Va, pertanto, ribadito che nei confronti dei ricorrenti, i quali sono stati spostati provvisoriamente in forza di una determinazione amministrativa dalla propria sede ordinaria di servizio ad un’altra distante oltre 10 chilometri, si sono verificati i presupposti per la maturazione del diritto alla corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 1 della legge 1978 n. 417.
Nondimeno l’attualità del diritto al pagamento dell’indennità deve essere accertata considerando, da un lato, che, come ricordato, l’art. 1, comma 3, della legge n. 417 dispone che il trattamento indennitario cessa dopo i primi 240 giorni di missione continuativa nella medesima località, dall’altro, considerando gli effetti che la prescrizione ha prodotto sul diritto vantato dai ricorrenti.
In relazione, al primo profilo va osservato che la limitazione della corresponsione della indennità di missione ai primi 240 giorni si traduce in un limite al pagamento della indennità di missione, che è circoscritto al periodo indicato, sicché la norma citata comporta “con efficacia "erga omnes" la cessazione del trattamento di missione” alla scadenza del termine (cfr. tra le altre T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 25 settembre 2009, n. 1516 e giurisprudenza ivi citata).
Nel caso di specie lo spostamento presso la sede di V….., integrante una situazione di invio in missione continuativa, ha avuto inizio incontestatamente in data 14.01.2003, sicché il periodo di 240 giorni è scaduto in data 11.09.2003.
L’indennità di cui si tratta matura giorno per giorno, sicché in relazione al diritto vantato occorre esaminare l’eventuale effetto estintivo correlato alla prescrizione eccepita dall’amministrazione.
Nella materia de qua non opera l’ordinaria prescrizione decennale, ma quella quinquennale.
In proposito vale ricordare che – a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 07.04.1981 – il legislatore, con l’art. 2 della legge 1985 n. 428, ha modificato l’art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939 n. 295 che al comma 1 ha introdotto la prescrizione col decorso di cinque anni per le rate di stipendio e di assegni equivalenti, nonché per le rate di pensione e per gli assegni indicati nel D.L. Lgt. 2 agosto 1917 n. 1278.
Quest' ultima norma si riferisce espressamente anche alle indennità di missione, sicché il diritto alla loro percezione soggiace alla prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c. (sul punto la giurisprudenza è uniforme, si considerino tra le altre Consiglio di Stato, sez. IV, 14 settembre 2005, n. 4770; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 05 maggio 2009, n. 4584).
Del resto, trattandosi di un diritto che matura giorno per giorno, nei limiti di 240 giorni, la prescrizione decorre - ai sensi degli artt. 2935 e 2963 c.c. – da quando la pretesa può essere fatta valere, ossia in relazione a ciascun giorno di missione.
Sul punto, va precisato che il quesito amministrativo presentato in data 25.02.2007 dal luogotenente ……. non produce alcun effetto interruttivo del decorso del decorso del termine prescrizionale, né nei confronti del ……., né, a maggior ragione, verso gli altri ricorrenti.
Invero, la richiesta rivolta all’amministrazione non aveva ad oggetto l’attribuzione di una specifica indennità, essendo volta solo ad ottenere un chiarimento in ordine ad eventuali conseguenze correlate allo spostamento cui i militari interessati sono stati sottoposti.
In altre parole, l’atto in esame non ha strutturalmente il valore di un’intimazione o richiesta volta a fare valere il diritto all’indennità di missione, sicché ad essa non si collega l’effetto interruttivo previsto dall’art. 2943, comma 4, c.c..
Nel caso di specie, l’unico atto a valenza interruttiva della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943, comma 1, c.c., è la notificazione del ricorso del presente giudizio, effettuata dai ricorrenti in data 13.05.2008.
Ne deriva che per i ratei di indennità maturati oltre 5 anni prima della notificazione del ricorso deve ritenersi compiuta la prescrizione.
In particolare, è prescritto il diritto maturato sino al 12.05.2003, sicché l’indennità di missione, in considerazione della sua debenza per soli 240 giorni, spetta ai ricorrenti per il periodo compreso tra il giorno 13.05.2003 e il giorno 11.09.2003.
Del resto, le somme dovute dovranno essere liquidate dall’amministrazione secondo i parametri legali vigenti all'epoca dei fatti, oltre agli interessi legali dalle scadenze e fino all'effettivo soddisfo.
Non è, invece, dovuta la rivalutazione monetaria in quanto l'emolumento in questione non può assimilarsi alla retribuzione della prestazione lavorativa; in particolare, tale indennità, pur trovando il proprio titolo nel rapporto d'impiego, non ha natura retributiva non essendo legata - con nesso sinallagmatico - alla prestazione di lavoro.
Insomma, il beneficio di cui si tratta riflette una logica non retributiva, assumendo la finalità di ristorare l’interessato delle spese sostenute per lo spostamento dalla propria sede e proprio il carattere non retributivo dell’indennità esclude la spettanza del cumulo tra rivalutazione ed interessi, ai sensi dell’art. 429 c.p.c. (cfr. in argomento, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 maggio 2006, n. 3170; Consiglio di Stato, sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2139; Consiglio di Stato, sez. IV, 08 agosto 2006, n. 4785; T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 25 settembre 2009, n. 1516).
4) In definitiva il ricorso è fondato nei limiti dianzi esposti e merita accoglimento.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
Resta fermo l’onere di cui all’art. 13 del d.p.r. 30.05.2002 n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del d.l. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Milano, sezione terza, definitivamente pronunciando accoglie il ricorso, nei limiti di quanto esposto in motivazione e, per l’effetto:
1) Condanna l’amministrazione resistente a corrispondere a ciascuno dei ricorrenti l’indennità di trasferta ai sensi dell’art. 1 della legge 1978 n. 417, per il periodo compreso tra il giorno 13.05.2003 e il giorno 11.09.2003, da liquidarsi secondo i parametri di legge, oltre agli interessi legali dalle scadenze fino all'effettivo soddisfo.
2) Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 3.500,00 (tremilacinquecento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 18/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Raffaello Gisondi, Referendario
Fabrizio Fornataro, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/04/2010


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Re: Indennità di Trasferta o quella di Trasferimento?

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Ricorso straordinario al P.D.R. x diniego dell’indennità di missione, con cui il Questore di Rimini ha disposto il recupero dell’anticipazione concessagli a quel titolo. Ricorso ACCOLTO.

Ecco alcuni passaggi.

Il Consiglio di Stato afferma:

Considerato:

1) - L’art. 7 del decreto n. 164 del 2002 sopra citato prevede determinati rimborsi e indennità «Al personale comandato in missione fuori dalla sede di servizio» (comma 1), o «Al personale inviato in missione» (comma 2), conformemente a quanto dispone la legge in materia di missioni dei dipendenti statali (leggi n. 836 del 1973, sopra citata, e 26 luglio 1978 n. 417), e ai precedenti accordi collettivi. La circostanza che l’impiegato abbia l’abituale dimora (ossia la residenza, art. 43, secondo comma, del codice civile: «La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale») fuori dalla sede di servizio, rileva nel solo senso che se ne può tener conto solo a favore dell’Amministrazione (comma 8 del citato art. 7: «La località di abituale dimora può essere considerata la sede di partenza e di rientro dalla missione, ove richiesto dal personale e più conveniente per l’amministrazione. Ove la sede di missione coincida con la località di abituale dimora del dipendente, al personale compete il rimborso documentato delle spese relative ai pasti consumati». In ogni caso quel che rileva, come del resto è ovvio, è sempre e solo la residenza nel senso proprio della parola, ossia, come si è detto, la dimora abituale.

2) - Non si vede pertanto che importanza possa avere la circostanza che il dottor OMISSIS non avesse dichiarato al comune di Rimini la sua residenza in quella città, o, secondo l’impropria e usuale espressione che ha ingenerato nel ministero l’equivoco su cui sono fondati i provvedimenti, “mantenuto la residenza anagrafica” a Sassari. Si tenga presente che l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, o “residenza anagrafica”, è cosa che sfugge alla disponibilità della persona, perché i Comuni possono provvedere d’ufficio ad adeguare la situazione amministrativa a quella di fatto, disponendo d’ufficio appunto le iscrizioni e cancellazioni (articoli 4 della legge 24 dicembre 1954 n. 1228, “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente”, e 10 e 15 del relativo regolamento emanato con decreto del presidente della repubblica 30 maggio 1989 n. 223).

Il resto x completezza leggetelo qui sotto.
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12/09/2013 200903214 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 19/06/2013


Numero 03831/2013 e data 12/09/2013


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 19 giugno 2013

NUMERO AFFARE 03214/2009

OGGETTO:
Ministero dell’interno.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal dottor C. P., nato a OMISSIS e residente a Sassari, per l’annullamento del decreto del Capo della Polizia dell’11 giugno 2008, notificatogli il 21 luglio 2008, di rigetto del ricorso gerarchico contro i provvedimenti 8 marzo 2008 n. 191 del prefetto di Rimini, recante diniego dell’indennità di missione, e 16 marzo 2007 n. 2229, con cui il questore di Rimini ha disposto il recupero dell’anticipazione concessagli a quel titolo.

LA SEZIONE
Vista la relazione 24 giugno 2009 prot. n. 333-A/U.C.RR354/1250/PP con la quale il ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;
visto il ricorso, presentato il 14 novembre 2008;
visto il proprio parere interlocutorio adottato nell’adunanza del 28 aprile 2010;
vista la relazione ministeriale integrativa del 9 aprile 2013;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco D’Ottavi.

Premesso:
Il dottor OMISSIS, direttore superiore della Polizia di Stato, con provvedimento del 18 luglio 2003 aveva ricevuto l’incarico di questore di Rimini e si era trasferito da Sassari in quella città con la famiglia, in un alloggio di servizio: la consorte, dipendente dell’INPS in servizio a Sassari, aveva ottenuto un’assegnazione temporanea a Rimini per potersi appunto ricongiungere alla famiglia, mentre i figli si erano iscritti alla Facoltà di economia dell’università di Bologna, avente sede a Rimini.

Il 18 giugno 2006, nelle more del perfezionamento del decreto d’attribuzione delle funzioni di questore Sassari, avvenuta poi con provvedimento del 18 ottobre 2006, vi è stato mandato in missione per svolgervi le funzioni di questore, che ha assunto definitivamente il 2 novembre 2006. Riferisce il ministero, nella relazione integrativa, che l’invio in missione corrisponde a una prassi, essendo l’unico provvedimento che consente di ricoprire tempestivamente gli uffici dirigenziali nelle more del perfezionamento delle nomine.

Pertanto il dottor OMISSIS ha chiesto l’autorizzazione al rimborso forfettario delle spese di trasferimento ai sensi dell’art. 7 del decreto del presidente della repubblica 18 giugno 2002 n. 164 (di recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia) e la corresponsione di un’anticipazione di cassa, che gli è stata liquidata nella misura di …….. euro.

Il dottor OMISSIS, nel periodo di permanenza a Rimini, non aveva provveduto a “trasferire la residenza anagrafica a Rimini” (ossia a dichiarare al comune di Rimini di essersi lì trasferito da Sassari) ed era rimasto iscritto all’anagrafe del comune di Sassari.

La questura di Rimini, in seguito a un parere della direzione centrale per le risorse umane, servizio del trattamento economico, sul trattamento economico di missione richiesto dal ricorrente, il 16 novembre 2007 ne ha negato la spettanza, e il questore di Rimini di conseguenza ha disposto che il dottor OMISSIS restituisse la somma di ……. euro ricevuta come anticipazione.

Contro tali provvedimenti il dottor OMISSIS ha proposto ricorso gerarchico, che è stato respinto con il decreto del Capo della Polizia sopra indicato, con la motivazione che «durante il periodo di missione, per stessa ammissione dell’interessato, questi ha mantenuto la residenza anagrafica nel comune di Sassari» e che «l’aver mantenuto la residenza anagrafica in un preciso domicilio abitativo del comune di Sassari presuppone, in assenza di prova contraria, l’esistenza di una abitazione idonea alle esigenze alloggiative del dipendente».

Il dottor OMISSIS con il ricorso in esame ha impugnato i provvedimenti, sostenendo in primo luogo l’illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto, essendo l’istituto di missione sorto per indennizzare il dipendente del disagio sopportato nello svolgere l’attività lavorativa lontano dalla località di dimora, quel che rileva è che la sede ordinaria di servizio non coincida con la località di missione e che la località di missione non coincida con quella di dimora abituale; nel caso in esame concorrono ambedue i presupposti, perchè egli è stato inviato in missione in una sede di servizio temporanea (Sassari) diversa rispetto dalla sede di servizio ordinario (Rimini), dove abitava. Rileva poi che la motivazione addotta negli atti impugnati, la quale si fonda sulla circostanza che egli avesse mantenuto la residenza anagrafica a Sassari, non è convincente, perché l’art.1, comma 1, della legge 18 dicembre 1973 n. 836 (“Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali”) dispone: «ai dipendenti civili dello Stato, compresi quelli ... appartenenti ... ai corpi organizzati militarmente comandati in missione isolata fuori dalla sede di servizio ... spettano le indennità di trasferta di cui alle unite tabelle ...»); l’art.7 del D.P.R. n. 164/2002, senza far alcun riferimento alla sede anagrafica; al primo comma chiarisce che l’indennità di missione spetta “Al personale comandato in missione fuori dalla sede di servizio”; e anche al successivo comma 8, nell’escludere il diritto all’indennità in misura piena, non fa riferimento alla residenza anagrafica, bensì alla dimora abituale.

A tale proposito, sottolinea il ricorrente, è evidente il suo diritto all’indennità di missione, avendo egli stabilito, unitamente alla sua famiglia, dimora abituale a Rimini a seguito del primo incarico conferitogli, ed essendo stato successivamente comandato in altra sede. In tale logica, egli ritiene irrilevante che la località di missione coincida o meno con la residenza anagrafica.

Deduce poi l’illegittimità del provvedimento ministeriale impugnato anche laddove esso omette di pronunciarsi sulla censura, proposta nel ricorso gerarchico, di violazione dell’art.10-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 per l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto della domanda di concessione dell’indennità in questione.

Il ministero nella richiamata relazione conclude per il rigetto del ricorso.

Considerato:
L’art. 7 del decreto n. 164 del 2002 sopra citato prevede determinati rimborsi e indennità «Al personale comandato in missione fuori dalla sede di servizio» (comma 1), o «Al personale inviato in missione» (comma 2), conformemente a quanto dispone la legge in materia di missioni dei dipendenti statali (leggi n. 836 del 1973, sopra citata, e 26 luglio 1978 n. 417), e ai precedenti accordi collettivi. La circostanza che l’impiegato abbia l’abituale dimora (ossia la residenza, art. 43, secondo comma, del codice civile: «La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale») fuori dalla sede di servizio, rileva nel solo senso che se ne può tener conto solo a favore dell’Amministrazione (comma 8 del citato art. 7: «La località di abituale dimora può essere considerata la sede di partenza e di rientro dalla missione, ove richiesto dal personale e più conveniente per l’amministrazione. Ove la sede di missione coincida con la località di abituale dimora del dipendente, al personale compete il rimborso documentato delle spese relative ai pasti consumati». In ogni caso quel che rileva, come del resto è ovvio, è sempre e solo la residenza nel senso proprio della parola, ossia, come si è detto, la dimora abituale.

È fuori discussione, oltre che provato, che il dottor OMISSIS, al momento dell’invio in missione a Sassari, risiedesse a Rimini (e del resto non si può fare il questore a Rimini abitando a Sassari).

Non si vede pertanto che importanza possa avere la circostanza che il dottor OMISSIS non avesse dichiarato al comune di Rimini la sua residenza in quella città, o, secondo l’impropria e usuale espressione che ha ingenerato nel ministero l’equivoco su cui sono fondati i provvedimenti, “mantenuto la residenza anagrafica” a Sassari. Si tenga presente che l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, o “residenza anagrafica”, è cosa che sfugge alla disponibilità della persona, perché i Comuni possono provvedere d’ufficio ad adeguare la situazione amministrativa a quella di fatto, disponendo d’ufficio appunto le iscrizioni e cancellazioni (articoli 4 della legge 24 dicembre 1954 n. 1228, “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente”, e 10 e 15 del relativo regolamento emanato con decreto del presidente della repubblica 30 maggio 1989 n. 223).

Infine, quanto alla motivazione relativa alla presunzione che il dottor OMISSIS avesse a Sassari un’abitazione, non si vede che cosa ciò abbia a vedere con la questione della spettanza o meno del trattamento di missione; tale ipotizzata condizione patrimoniale non sarebbe stata diversa se il dottor OMISSIS avesse a suo tempo dichiarato all’anagrafe il suo trasferimento a Rimini.

Il ricorso, pertanto, è fondato e va accolto, annullando i provvedimenti impugnati e restando assorbito l’esame del motivo di violazione dell’art. 10-ter della legge n. 241 del 1990.

P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco D'Ottavi Raffaele Carboni




IL SEGRETARIO
Antimo Morlando
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Re: Indennità di Trasferta o quella di Trasferimento?

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1) - L’amministrazione ha negato la corresponsione del trattamento di missione al ricorrente sul presupposto che tale trattamento non sia attribuibile al dipendente comandato, come nel caso di specie, a prestare servizio preso altra amministrazione.

IL TAR chiarisce:

2) - Appare, pertanto, arduo fondare una distinzione normativa ovvero ontologica tra istituto del comando e istituto dell’invio in missione, risolvendosi entrambi nella prestazione temporanea del servizio in sede diversa da quella ordinaria (TAR Calabria n. 133/11, TAR Lombardia Milano III 6 aprile 2010 n. 986).

3) - In conclusione il ricorso deve essere parzialmente accolto il provvedimento impugnato deve essere annullato e riconosciuto il diritto del ricorrente ad ottenere la corresponsione del trattamento di missione relativamente al periodo di comando presso l’Avvocatura dello Stato in Roma limitatamente a 240 giorni come stabilito dall’art. 1, comma 3 l. 417/78.
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SENTENZA ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201500330 - Public 2015-03-25 -


N. 00330/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00938/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 938 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A. S., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Antonelli, domiciliato in Genova, via dei Mille n. 9 presso la Segreteria del Tar Liguria;

contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliato in Genova, viale Brigate Partigiane n. 2;

per l'annullamento
del provvedimento 25 settembre 2014 n. prot. 0182382/14 con cui è stata respinta l'istanza prodotta dal ricorrente in data 20 gennaio 2014 finalizzata ad ottenere il pagamento del trattamento di missione per il periodo dall’11 gennaio 2008 al 29 dicembre 2013, in cui il ricorrente è stato comandato a prestare servizio presso l’Avvocatura generale dello Stato in Roma.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Generale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2015 il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato il 18 settembre 2014 al Ministero dell’economia e delle finanze e depositato il successivo 1 ottobre 2014 il sig. A. S., ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza 20 gennaio 2014 finalizzata ad ottenere il pagamento del trattamento di missione per il periodo dall’11 gennaio 2008 al 29 dicembre 2013, in cui il ricorrente è stato comandato a prestare servizio presso l’Avvocatura generale dello Stato in Roma.

Si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata.

Avendo l’amministrazione provveduto formalmente a respingere l’istanza in questione con provvedimento 25 settembre 2014 n. prot. 0182382/14 il ricorrente provvedeva ad impugnarlo con motivi aggiunti notificati in data 17 ottobre 2014.

All’udienza pubblica del 19 marzo 2015, a seguito di trasformazione del rito, il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Il ricorso in esame è rivolto avverso il provvedimento 25 settembre 2014 n. prot. 0182382/14 con cui l’amministrazione provveduto formalmente a respingere l’istanza 20 gennaio 2014 finalizzata ad ottenere il pagamento del trattamento di missione per il periodo dall’11 gennaio 2008 al 29 dicembre 2013, in cui il ricorrente è stato comandato a prestare servizio presso l’Avvocatura generale dello Stato in Roma.
Il ricorso è solo parzialmente fondato.

L’amministrazione ha negato la corresponsione del trattamento di missione al ricorrente sul presupposto che tale trattamento non sia attribuibile al dipendente comandato, come nel caso di specie, a prestare servizio preso altra amministrazione.

La tesi non è persuasiva.

Deve, infatti, rilevarsi come il comando presso diversa amministrazione che abbia sede in luogo diverso dall’ordinaria sede di servizio del dipendente non possa essere assimilato ad un trasferimento attesa l’assenza di definitività che contraddistingue quest’ultimo.

Deve, sotto altro profilo, rilevarsi come, il comando, almeno per quanto riguarda l’attribuzione del trattamento di missione, non sia normativamente distinguibile dall’ordinario espletamento di una missione.

L’art. 1 l. 8.12.1973 stabilisce infatti che “ai dipendenti civili dello Stato, compresi quelli delle amministrazioni con ordinamento autonomo, ed agli appartenenti alle forze armate ed ai corpi organizzati militarmente comandati in missione isolata fuori della ordinaria sede di servizio, in località distanti almeno 30 chilometri”.

Tale norma è stata richiamata dal successivo art. 1 l. 20.7.1978 n. 417.

Appare, pertanto, arduo fondare una distinzione normativa ovvero ontologica tra istituto del comando e istituto dell’invio in missione, risolvendosi entrambi nella prestazione temporanea del servizio in sede diversa da quella ordinaria (TAR Calabria n. 133/11, TAR Lombardia Milano III 6 aprile 2010 n. 986).

L’istanza del ricorrente, tuttavia, non può essere accolta nella sua interezza, ostandovi il disposto di cui all’art.1, comma 3, l. 417/1978 secondo il quale “Il trattamento previsto dal primo comma del presente articolo cessa dopo i primi 240 giorni di missione continuativa nella medesima località”.

La vigenza di tale norma nei confronti del personale militare è stata da ultimo confermata dall’art. 7, comma 1, d.p.r. 11 settembre 2007 n. 171 che stabilisce: “Al personale impegnato nella frequenza di corsi addestrativi e formativi, il limite di duecentoquaranta giorni di missione continuativa nella medesima località, previsto dall' articolo 1, comma 3, della legge 26 luglio 1978, n. 417, è elevato a trecentosessantacinque giorni”.

La norma nell’elevare il periodo di corresponsione del trattamento di missione a 365 giorni lo ha espressamente limitato alla frequenza di corsi addestrativi onde per le tutte le altre ipotesi continua ad essere vigente il predetto limite.

Il Collegio deve, inoltre, prendere posizione sulla prescrizione del relativo diritto.

Orbene, posto che il diritto alla corresponsione del trattamento di missione si prescrive in cinque anni (TAR Lazio II 5 giugno 2014 n. 5982), il Collegio rileva come la prescrizione non sia stata eccepita dall’amministrazione, non potendo valere a tal fine la nota 20 febbraio 2014 n. prot. 0035380, trattandosi di una era richiesta interna di parere all’organo sovraordinato.

In conclusione il ricorso deve essere parzialmente accolto il provvedimento impugnato deve essere annullato e riconosciuto il diritto del ricorrente ad ottenere la corresponsione del trattamento di missione relativamente al periodo di comando presso l’Avvocatura dello Stato in Roma limitatamente a 240 giorni come stabilito dall’art. 1, comma 3 l. 417/78.

Su tale somma dovranno essere corrisposti gli interessi legali.

Le spese possono compensarsi stante la soccombenza parziale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato e accerta il diritto del ricorrente alla corresponsione del trattamento di missione per il periodo di comando presso l’Avvocatura dello Stato in Roma limitatamente a 240 giorni, oltre ad interessi legali.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Luca Morbelli, Consigliere, Estensore
Angelo Vitali, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2015
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Re: Indennità di Trasferta o quella di Trasferimento?

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Tar Milano
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SENTENZA ,sede di MILANO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201501618 - Public 2015-07-13 -

misurare la distanza chilometrica con l’ausilio informatico di “google earth”.

IL TAR scrive:

Tuttavia, dall’esame delle varie certificazioni dell’ACI allegate in atti, ma anche da quella acquisita per effetto dell’ottemperanza all’ordinanza istruttoria n. 220 del 19.3.2014, si evince che nessuna delle misurazioni (che, in ogni caso, evidenziano una contraddittorietà interna alle stesse valutazioni dell’ACI) è stata riferita alle sedi di servizio.

Nella specie, tuttavia, tale verifica, dirimente ai fini del decidere, si prospetta agevole (rendendosi dunque superfluo un supplemento di istruttoria) e direttamente esperibile dal Collegio, per mezzo di ordinarie cognizioni informatiche, in attuazione del principio secondo cui al giudice è ammesso avvalersi “della sua veste di peritus peritorum, riconosciutagli dall'ordinamento, in virtù della quale gli è consentito disattendere le argomentazioni tecniche (…) sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie o basate su accertamenti di fatto erronei, sia quando il giudice sostituisca ad esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche o da una diversa ristrutturazione logica degli accertamenti peritali” (cfr. Corte di Cassazione, sez. I, 22 novembre 2010, n. 23592).

Ciò premesso, calcolando tramite l’ausilio informatico di “google earth” la distanza chilometrica tra il Comando di Vimercate (sito in Via Damiano Chiesa, n. 10) e quello di Biassono (Via Cesana e Villa, n. 94), ci si avvede che questa è di 11,6 km se si percorre la SP7 e di 13,3 km se si percorre la SP6.

Pertanto, in entrambi i casi risulta superiore alla soglia minima dei dieci chilometri.

In conclusione, dev’essere disposta, in accoglimento del ricorso, la condanna dell’Amministrazione resistente alla corresponsione in favore del ricorrente di tutti gli emolumenti arretrati, previa verifica sull’esattezza dell’importo di €. 12.517,20 (oggetto della domanda del ricorrente), maggiorati degli interessi legali per le somme non ancora corrisposte.
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Re: Indennità di Trasferta o quella di Trasferimento?

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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201600924
- Public 2016-03-07 -


N. 00924/2016REG.PROV.COLL.
N. 10017/2007 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10017 del 2007, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Musarra, con domicilio eletto presso Ivan Marrapodi in Roma, via Premuda, 6;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00748/2007, resa tra le parti, concernente revoca trasferimento dell’appellato, di cui alla nota Capo PS 26.5.1997 n. 333 dal Commissariato PS di Villa San Giovanni al CIC di Reggio Calabria ed al provvedimento 1.7.1997 che disponeva il trattamento di missione dal gennaio al giugno 1997.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Vitale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’appellato, già ricorrente in primo grado, all’inizio dell’anno 1997 prestava servizio, quale Vice-ispettore di Polizia, presso il Commissariato P.S. di Villa San Giovanni. Con atto notificatogli il 2 gennaio 1997 egli è stato trasferito (ufficialmente “a domanda”) presso il Centro Criminalpol di Reggio Calabria.

Tuttavia l’interessato non aveva presentato alcuna domanda in tal senso. Pertanto, mentre prestava ottemperanza all’ordine di trasferimento, faceva istanza perché il trasferimento venisse qualificato “d’autorità” con la conseguente attribuzione dei benefici economici previsti per legge.

Con successivo provvedimento del 26 maggio 1997, l’amministrazione ha preso atto che il dipendente non aveva presentato alcuna istanza di trasferimento ed ha quindi revocato l’originario provvedimento disponendo che l’interessato riprendesse servizio presso il Commissariato di Villa San Giovanni. Per il periodo di effettivo servizio nella sede di Reggio Calabria (dall’8 gennaio al 9 giugno 1997) l’amministrazione, con provvedimento del 1° luglio 1997, disponeva che all’interessato venisse corrisposto il trattamento di missione.

2. Il funzionario ha impugnato davanti al T.A.R. di Reggio Calabria (r.g. 1169/2007) i due atti del 26 maggio e del 1° luglio 1997, limitatamente alla parte in cui riconoscevano in suo favore il trattamento di missione.

Il ricorrente sosteneva che invece vi erano stati due consecutivi trasferimenti d’autorità: il primo da Villa San Giovanni a Reggio Calabria, il secondo da Reggio Calabria a Villa San Giovanni. Reclamava pertanto tutti i benefici economici spettanti per l’uno e per l’altro trasferimento.

3. Il T.A.R. di Reggio Calabria ha accolto il ricorso con sentenza n. 748/2007 pubblicata il 23 luglio 2007.

La sentenza riconosce che la vicenda aveva concretizzato un duplice trasferimento d’autorità, e che pertanto all’interessato spettava il trattamento di trasferimento per l’una e per l’altra occasione. Il T.A.R. ha tuttavia precisato che sulle somme dovute non spetta la rivalutazione.

4. Contro la sentenza ha proposto appello il Ministero dell’Interno.

L’interessato si è costituito eccependo l’inammissibilità dell’appello e contestandone comunque la fondatezza nel merito.

5. Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’eccezione d’inammissibilità dell’appello (la cui fondatezza non appare di immediata evidenza) in quanto la sentenza appellata deve comunque essere confermata nel merito.

6. Si deve prendere atto innanzi tutto della circostanza che il Ministero appellante riconosce che il trasferimento dell’interessato a Reggio Calabria era stato disposto nell’erroneo convincimento che vi fosse una istanza in tal senso; anzi il Ministero aggiunge che per una prassi costante e motivata le assegnazioni ai Centri Criminalpol non vengono disposte se non a domanda e che pertanto, se non vi fosse stato quel fraintendimento, l’attuale appellato non sarebbe stato inviato a quella sede.

E’ dunque confermato, senza ombra di dubbio, che il trasferimento a Reggio Calabria è stato disposto d’autorità e che per esso pertanto spetta l’inerente trattamento economico.

7. L’appellante deduce, ancora, che l’interessato avrebbe manifestato la sua contrarietà al trasferimento solo qualche tempo dopo che esso era stato attuato. Questa circostanza però è smentita in punto di fatto, perché al contrario l’interessato aveva segnalato l’inesistenza di una sua domanda con apposita postilla alla ricevuta della comunicazione del trasferimento.

8. Quanto al secondo trasferimento (quello da Reggio Calabria a Villa San Giovanni) l’appellante Ministero deduce che questo dovrebbe essere considerato “a domanda” in quanto è stato disposto proprio per venire incontro all’interesse del dipendente, il quale si era doluto di essere stato inviato a Reggio Calabria contro la sua volontà.

Ma sta di fatto che il dipendente non aveva chiesto di essere restituito a Villa San Giovanni; aveva solamente segnalato che il trasferimento non era stato preceduto da una sua domanda, e lo aveva fatto al fine di conseguire i benefici economici connessi al trasferimento d’autorità.

Quindi anche il secondo trasferimento deve essere qualificato come avvenuto d’autorità.

9. E’ corretto, infine, il giudizio del T.A.R. secondo il quale non vi erano i presupposti per applicare (a posteriori) la disciplina delle “missioni”.

10. In conclusione, l’appello del Ministero va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e, pertanto, liquidate in euro 3.000,00 oltre gli accessori di legge, sono poste a carico del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello in epigrafe e per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Pone le spese del grado, liquidate in euro 3000 oltre agli accessori dovuti per legge, a carico del Ministero dell’Interno.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Michele Corradino, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 07/03/2016
panorama
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Re: Indennità di Trasferta o quella di Trasferimento?

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A tutti i colleghi CC, faccio presente che nel portale Leonardo è stata pubblicata la lettera del C.G.A. - Direzione di Amministrazione - n. 6/196/10-2 datata 13/12/2016 ad oggetto: "Linee guida Amministrative sul trattamento economico di Trasferimento nel territorio nazionale a favore del personale dell'Arma dei CC. in attività di servizio", il cui scopo pratico è quello di permettere agli operatori dei Servizi Amministrativi e delle Sezioni Amministrative ed a tutto il Personale dell'Arma dei Carabinieri di avere una visione completa ed esaustiva del settore.
Con detta lettera, sono state abrogate molte circolari che sono riportate nell'allegato "A" a far data dalla diramazione della stessa, a cui si rimanda per la lettura.
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