Indennità di funzione ed operativa

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Indennità di funzione ed operativa

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appello perso,

- Appellata la sentenza della Sezione Giurisdizionale di Bolzano n. 7/2018 del 31.1.2018 depositata il 16.2.2018.

1) - I ricorrenti, già dipendenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri inquadrati negli Organismi di Informazione e Sicurezza, volto ad ottenere l’inserimento nella base pensionabile dell’indennità di funzione ed operativa , percepita in servizio ai sensi dell’ art 18, comma 3 del d.P.C.M. n. 8/1980 che la qualifica espressamente come non “pensionabile”.

2) - Il giudice di primo grado ha motivato il rigetto del ricorso con il richiamo alla sentenza delle SSRR n. 2/Q.M./2018 del 30.1.2018 affermandone la piena condivisibilità alla luce del principio “lex generalis posterior non derogat priori speciali”.
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Sezione SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2020 Numero 103 Pubblicazione 05/05/2020
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Sent. 103/2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE
composta dai magistrati:
Luciano Calamaro Presidente
Rossella Scerbo Consigliere relatore
Roberto Rizzi Consigliere
Maria Cristina Razzano Consigliere
Ilaria Annamaria Chesta Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al n. 54283 del registro di segreteria, proposto da Omissis (C.F. Omissis ), Omissis C.F. (Omissis), Omissis (CF Omissis), Omissis (CF Omissis), Omissis (C.F. Omissis), rappresentati e difesi dall’avv. Massimiliano Fazi presso il cui studio in Roma alla via Attilio Regolo n.12/D sono elettivamente domiciliati, pec massimilianofazi@ordineavvocatiroma.org;

contro la
Presidenza del Consiglio dei Ministri (C.F. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, alla via Portoghesi n.12 è elettivamente domiciliata pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it;

avverso
la sentenza della Sezione Giurisdizionale di Bolzano n. 7/2018 del 31.1.2018 depositata il 16.2.2018, non notificata

Visti gli atti e i documenti di causa ;
Uditi alla pubblica udienza del 30 gennaio 2020, con l’assistenza del segretario dottoressa Giuliana Tranchino, l’avv. Massimiliano Fazi per gli appellanti e l’avv. Fabrizio Fedeli per l’Avvocatura dello Stato.

Ritenuto in
FATTO

Con la sentenza impugnata la Sezione Giurisdizionale di Bolzano ha rigettato il ricorso collettivo proposto dagli odierni appellanti, già dipendenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri inquadrati negli Organismi di Informazione e Sicurezza, volto ad ottenere l’inserimento nella base pensionabile dell’indennità di funzione ed operativa , percepita in servizio ai sensi dell’ art 18, comma 3 del d.P.C.M. n. 8/1980 che la qualifica espressamente come non “pensionabile”.

Il giudice di primo grado ha motivato il rigetto del ricorso con il richiamo alla sentenza delle SSRR n. 2/Q.M./2018 del 30.1.2018 affermandone la piena condivisibilità alla luce del principio “lex generalis posterior non derogat priori speciali”.

Con atto ritualmente notificato il 25 gennaio 2019 e tempestivamente depositato il 14 febbraio 2019, gli appellanti hanno sostenuto che la fondatezza del ricorso non è venuta meno nonostante la sentenza delle Sezioni Riunite considerato che :

· erroneamente l’organo nomofilattico ha affermato la specialità della disciplina di cui all’ art 18 del d.P.C.M. n 8/80 e la non applicabilità dell’art. 2 della legge n. 335/1995 con la motivazione che quest’ultima norma non avrebbe abrogato l’art. 43 del d.P.R. n. 1092/1973; al contrario l’art. 2 al comma 10 cita l’art. 15 della legge n.177/1976 che ha sostituito l’art 43 ;

· la specialità della normativa del settore degli organismi di informazione e sicurezza non riguarderebbe anche il collocamento a riposo e il trattamento di quiescenza; infatti, ai sensi dell’art. 56 del dPCM n. 8/1980, alla cessazione dal servizio l’impiegato avrebbe diritto al trattamento di quiescenza nei limiti e con le modalità previste dalle vigenti disposizioni per gli impiegati dello Stato, vale a dire l’art 2, comma 9 della legge n. 335/1995; norma quest’ultima che rinvia all’art. 12 della legge n 153/1969 il quale stabilisce che la retribuzione pensionabile è composta da tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in dipendenza del rapporto di lavoro in denaro e natura, salvo le eccezioni espressamente previste dall’art 12, quinto comma, con elenco avente carattere tassativo;

- la non pensionabilità dell’indennità di funzione ex art. 18 dPCM n.18/1980 era coerente con la disciplina dettata dall’allora vigente art. 43 del T.U comma 5 ( “agli stessi fini nessun altro assegno o indennità anche se pensionabile possono essere considerati se la relativa disposizione non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”);

- il contesto normativo di riferimento risulterebbe, però, mutato con l’entrata in vigore della legge n 335/1995 che persegue l’obiettivo dell’armonizzazione e le cui disposizioni, in base a quanto previsto dall’art.1 comma 2 ,“costituiscono principi fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica; le successive leggi della Repubblica non possono introdurre eccezioni o deroghe alla presente legge se non mediante espresse modificazioni delle sue disposizioni”.

· trattandosi di normativa di rango primario non potrebbe essere modificata se non da norme di pari rango e non da un regolamento seppure emanato in base ad una norma ordinaria che prevede una facoltà in deroga limitata al trattamento giuridico ed economico del personale;

· l’Amministrazione degli OO.I.S. con varie disposizioni interne si sarebbe uniformata alla legge n. 335/1995 e successive modifiche ; (ad esempio la disposizione n. 325/326/3136 del 23.1.1998 affermerebbe l’applicabilità delle nuove disposizioni anche al personale degli OO.I.S. alla luce del rinvio ex art 56 dPCM 8/1980);

· la legge n. 801/1977 e i relativi decreti attuativi sarebbero stati abrogati dalla legge n. 124/2007 ; per tale ragione l’art 18, a tutto voler concedere, potrebbe trovare applicazione solo per il personale andato in quiescenza prima dell’entrata in vigore della legge n. 124/2007 essendo stato riprodotto come indennità di funzione non pensionabile nell’art 105 del decreto attuativo della legge n. 124 del 2007 che, come norma speciale, non può derogare la legge generale anteriore.

In via subordinata gli appellanti hanno posto la questione di legittimità costituzionale della normativa così come interpretata dalle Sezioni Riunite , con riferimento agli artt. 3, 36, 38 per violazione del principio di ragionevolezza (1 e 2 comma dell’art 3 Cost.) di uguaglianza e di parità di trattamento economico nonché con riferimento all’art. 76 per eccesso di delega, in quanto attraverso lo strumento del decreto delegato, sarebbe stata incisa una materia riservata alla legge .

La Presidenza del Consiglio dei Ministri con memoria del 20 gennaio 2020 si è costituita in giudizio con il ministero (ope legis) dell’Avvocatura Generale dello Stato ed ha chiesto il rigetto dell’impugnazione alla luce della pronuncia delle Sezioni Riunite peraltro confermativa di un orientamento pressocché consolidato della giurisprudenza della Corte dei conti.

Al riguardo ha argomentato la specialità della disciplina dell’indennità di funzione recata non solo per effetto del dPCM n. 18/1980, ma anche dei decreti attuativi n. 1/2008 ( art. 116 ) e n. 1/2011 (art.118) che sono stati emanati sulla base della delega prevista dalla legge n .124/2007 e, quindi, successivamente all’entrata in vigore della legge n. 335/1995.

Con riferimento all’eccezione difensiva con la quale è stata denunciata l’ingiustizia della posizione deteriore riservata a dipendenti degli OO.I.S. rispetto agli altri dipendenti statali, ha fatto presente che il rinvio di cui all’art. 56 del dPCM n 8/1980 è stato effettuato nei limiti e con le modalità previste dalle vigenti disposizioni .

Proprio in virtù della specialità, i dipendenti degli OO.I.S. fruirebbero di disposizioni di favore rispetto agli altri dipendenti dello Stato in materia di cessazione dal servizio, pensione privilegiata, maggiorazioni nel computo del servizio ed altro.

Con memoria depositata il 31 dicembre 2019 gli appellanti hanno ribadito le argomentazioni espresse nei precedenti scritti difensivi e hanno denunciato l’impossibilità (anche per il giudicante) di avere diretta conoscenza attraverso la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, della normativa regolante lo stato giuridico e il trattamento economico del personale dipendente dagli OO.I.S .Tale diretta conoscenza non sarebbe surrogabile dall’esibizione di stralci della normativa operata dalla resistente Presidenza del Consiglio su ordine del giudice,

Hanno denunciato l’illegittimità costituzionale, ex art 76 Cost. della delega “permanente” prevista dalla legge n 809/1977 e 124/2007 e sostenuto la non condivisibilità di quanto affermato dalle Sezioni Riunite secondo cui si verterebbe in ipotesi di delegificazione con possibilità di derogare alla disposizioni legislative vigenti.

Hanno richiamato la giurisprudenza amministrativa ( Cons. Stato Sez. V n. 154/1992) che ,nell’ambito dei giudizi di legittimità, ha da tempo riconosciuto il potere del giudice di disapplicare i regolamenti illegittimi in quanto in contrasto con norme primarie.

Al dibattimento sentite le parti che hanno confermato le rispettive conclusioni scritte come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione

Considerato in
DIRITTO

L’appello non è meritevole di accoglimento.

L’atto di impugnazione si risolve sostanzialmente in una confutazione di argomentazioni poste dalle Sezioni Riunite con la sentenza n.2/2018/QM a fondamento del principio di diritto che ha escluso l’abrogazione ad opera dell’art.2, comma 9, della legge n.335/1995 dell’art 18,comma 3, del d.P.C.M. n 8/1980, disposizione che ha previsto la non pensionabilità dell’indennità di funzione ed operativa percepita in servizio dai dipendenti degli OO.I.S.

Contrariamente a quanto affermato dal giudice della nomofilachia, la predetta disposizione regolamentare, che espressamente escludeva la pensionabilità dell’indennità di funzione e/o operativa, sarebbe stata implicitamente abrogata dall’art. 2,comma 9 della legge 8.8.1995 n. 335 che, nell’ambito del processo di armonizzazione dei trattamenti pensionistici, avrebbe esteso a tutte le gestioni assicurative la regola di cui alla 12 della legge n. 153/1969 secondo cui la retribuzione pensionabile è composta da tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in dipendenza del rapporto di lavoro in denaro e natura, salvo le eccezioni espressamente previste dall’art 12, quinto comma, con elenco tassativo.

Il collegio, a conferma di un orientamento già espresso (sent. n. 47/2019 del 26.2.2019; sent. n 623/2018 del 2.11.2018 ) non ritiene di doversi discostare dal principio di diritto reso dall’organo nomofilattico esercitando la facoltà di cui all’art 117 c.g.c. di rimettere ad esso con ordinanza motivata la decisione dell’impugnazione .

Risultano infatti pienamente condivisibili le argomentazioni con le quali le Sezioni Riunite hanno motivato in ordine alla specialità delle norme regolamentari emanate in base alla legge n. 801/1977 che ne giustifica la perdurante applicabilità anche successivamente all’entrata in vigore di una legge, quale la n. 335/1995, avente dichiaratamente finalità di armonizzazione dei sistemi pensionistici.

Le tesi difensive, che in buona parte ripropongono argomentazioni già svolte in primo grado, non scalfiscono la correttezza del percorso logico giuridico della sentenza n.2/Q.M./2018 e non pongono questioni nuove rispetto a quelle esaustivamente affrontate e risolte nella citata sentenza le cui motivazioni devono intendersi qui integralmente richiamate.

Il carattere di norma speciale delle disposizioni che il collegio è chiamato ad applicare nel presente giudizio risulta dall’ art. 7,comma 3,della legge 24.10.1977, n 801 che ha devoluto in via permanente al Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero al Ministro dell’Interno e al Ministro della Difesa su parere del Comitato interministeriale per le Informazioni e la Sicurezza ,di concerto con il Ministero del Tesoro la potestà normativa ,da esercitare anche in deroga alle disposizioni legislative vigenti in considerazione della specialità del complesso ordinamentale che trae origine dalla peculiarità delle attribuzioni proprie degli organismi.

Trattandosi di norma speciale è da escluderne l’abrogazione, ivi compresa quella implicita per assoluta incompatibilità tra le due discipline, ad opera della legge generale successiva.

Giova evidenziare, a dimostrazione dell’infondatezza della tesi dell’abrogazione, che la potestà regolamentare nella materia della Presidenza del Consiglio è stata espressamente mantenuta dalla legge n. 124/2007, successiva alla legge n. 335/1995 che all’art. 21 ,comma 2 (rubricato contingente speciale del personale) dispone che “il regolamento disciplina altresì, anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge e nel rispetto dei criteri di cui alla presente legge l’ordinamento ed il reclutamento del personale garantendone l’unitarietà della gestione, il relativo trattamento economico e previdenziale, nonché il regime di pubblicità del regolamento stesso della citata legge 124/2007”.

Nella medesima ottica particolarmente significativa è la norma di cui all’art. 44, primo comma della stessa legge che ha disposto l’abrogazione di “tutte le disposizioni interne e regolamentari in contrasto e comunque non compatibili tranne le norme dei decreti attuativi che interessano il contenzioso del personale in quiescenza dei servizi di informazione per la sicurezza ai fini della tutela giurisdizionale e della sicurezza”.

Gli appellanti con riferimento al carattere permanente di tale delega, prevista come si è visto dall’art. 7 della legge n. 801/1977 e reiterata dall’art 21 della legge n 124/2007, hanno prospettato profili di illegittimità costituzionale per violazione dell’art 76 Cost che tra i limiti posti alla delega della funzione legislativa al Governo include quello temporale , nel senso che può essere fatta solo per “un tempo limitato”.

La questione è manifestamente infondata per erronea individuazione del parametro di riferimento che si assume violato che ,a sua volta, è conseguenza dell’errato inquadramento nell’istituto della delega legislativa ,della devoluzione operata con le richiamate leggi n.801/1977 e n.124/2007 alla potestà regolamentare.

Al riguardo giova ricordare che la sottrazione di una materia , o nel suo ambito di determinati rapporti giuridici , alla potestà legislativa e la sua sottoposizione a quella regolamentare, rappresentano un fenomeno diffuso nell’ordinamento italiano ispirato a esigenze diverse, che ha visto un modello generale nell’art. 17 della legge 23.8.1988, n. 400 che disciplina l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e prevede l’adozione di regolamenti indipendenti, esecutivi, integrativi nonché di delegificazione.

La legittimità costituzionale nel sistema di gerarchia delle fonti di produzione della devoluzione al potere regolamentare di materie sottratte al potere legislativo è garantita dalla presenza di una legge di autorizzazione che fissa i criteri che devono presiedere all’esercizio del potere regolamentare, fermo restando il limite dell’esclusione delle materie per le quali operi una riserva assoluta di legge, mentre non è previsto un limite temporale (in terminis Corte cost. sent. n. 21 del 22/2/1980).

Ciò premesso il ricorso risulta infondato stante l’espressa previsione di non pensionabilità di cui all’art. 18, comma 3 del dPCM 8 del 1980, disposizione che è stata riconfermata, dopo l’entrata in vigore della legge n. 124/2007, dall’ art. 103 , comma 1, lett. d del d.P.C.M. n 1/2008 e dall’art. 105, comma 1 lett. d e 8 del d.P.C.M. n 1/2011; norme queste, applicabili agli odierni appellanti ratione temporis in relazione alla differenti date di cessazione dal servizio.

Come è stato osservato dalle Sezioni Riunite, l’esclusione della pensionabilità dell’indennità di cui si tratta appare coerente con le finalità espressamente individuate in tutti i citati decreti nel “rimborso forfettario delle spese comunque sostenute per lo svolgimento dei compiti di istituto e per l’aggiornamento tecnico professionale , nel risarcimento dei rischi e disagi connessi al servizio previdenziale”.

Per completezza motivazionale è, altresì, da escludere per come ipotizzato dalla difesa, che la non pensionabilità possa riferirsi solo ai dirigenti e non agli altri dipendenti; depone in senso contrario il dato testuale dell’art. 18, comma terzo che così dispone “Al personale rivestente le qualifiche di direttore di divisione, vice direttore di divisione e direttore di sezione, in relazione al livello di dirigenza affidatogli , compete un’indennità di funzione; al restante personale compete un’indennità operativa, in relazione ai compiti svolti .Tali indennità non pensionabili sono corrisposte per i periodi di servizio effettivamente prestato e di congedo ordinario”. Tale definitiva formulazione è stata introdotta mediante il dPCM 21 dicembre 1984 n. 17/1984 superando ogni potenziale dubbio interpretativo che potesse derivare dal tenore letterale ( ma non dalla ratio complessiva) dell’originaria versione.

Resta da esaminare la questione, proposta in via subordinata, di legittimità costituzionale “dell’impianto normativo così come delineato dall’interpretazione fornita dalle Sezioni Riunite che porta ad escludere la pensionabilità dell’indennità in questione” con riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost. per violazione del principio di ragionevolezza (art. 3, commi 1 e 2) di uguaglianza e parità di trattamento economico (art.36 e 38) nonché di eccesso di delega per violazione dell’art. 76 in quanto attraverso lo strumento del decreto delegato si è inciso su una materia, il trattamento di quiescenza, coperta da riserva assoluta di legge.

La questione, nei termini in cui è proposta, si pone al limite dell’inammissibilità a causa dell’incerta individuazione della norma impugnata; il problema non è di poco rilievo ove si consideri che la disciplina dell’indennità di funzione e operativa è contenuta in norme regolamentari che, come è noto, per costante giurisprudenza del giudice delle leggi ( sen n. 21 del 22.2.1980,ord. n. 917 del 16.7.1988; ord. 265 del 18.5.1989) nel giudizio incidentale sono sottratte al vaglio di legittimità costituzionale che ha per oggetto, ai sensi dell’art. 134 Cost., solo le leggi e gli atti aventi forza di legge.

Volendo aderire all’orientamento dottrinario che ammette l’impugnazione di fronte alla Corte costituzionale delle leggi che hanno devoluto la potestà regolamentare (con conseguente caducazione del regolamento in caso di declaratoria di illegittimità della legge) “ l’impianto normativo” andrebbe individuato nelle leggi delega n. 101/1977 e n. 124/2007 cui sembra riferirsi, la violazione dell’art 76 Cost. per eccesso di delega in quanto attraverso lo strumento del decreto delegato si andrebbe ad incidere su una materia, il trattamento di quiescenza, coperta da riserva assoluta di legge.

La questione è manifestamente infondata per il duplice motivo che il potere regolamentare “delegato” non trova fondamento nell’art 76 Cost. che si riferisce esclusivamente alla delega legislativa e mancando una espressa previsione costituzionale che riservi esclusivamente alla legge la disciplina del trattamento di quiescenza.

In merito alla dedotta violazione degli artt. 3, 36 e 38 Cost., presumibilmente riferita alle leggi n. 801/1977 e n.124/2007 nella misura in cui hanno consentito l’adozione di norme derogatorie ( artt. 56 dPCM n.18/1980; 116 dPCM n.1/2008 e 118 d.P.C.M. n. 1/2011) rispetto al trattamento riservato agli altri dipendenti pubblici, il collegio ritiene la questione manifestamente infondata per le ragioni, cui si fa integrale rinvio, individuate dalla sentenza n. 2/QM/2018 attraverso il puntuale richiamo agli arresti giurisprudenziali della Consulta.

In particolare la violazione del principio di uguaglianza può ritenersi integrata solo dalla disparità di trattamento di situazioni simili (sent. n. 196/1980, n 340 del 2004 ) non ravvisabile nel caso di specie connotato dalla specialità della disciplina del trattamento giuridico ed economico , per molti profili di favore, riservata al personale degli OO.I.S.

Quanto alla presunta violazione degli artt, 36 e 38 Cost, è sufficiente ricordare che la Corte costituzionale ha escluso l’immanenza nell’ordinamento costituzionale di un obbligo di corrispondenza totale tra pensione e ultima retribuzione (sent. n. 173/2016 ,n.250/2017) .

Conclusivamente l’appello va rigettato.

Alla soccombenza segue la condanna al pagamento delle spese del grado ,non ravvisandosi dopo l’intervento delle Sezioni Riunite i motivi di “novità e complessità della questione” che potrebbero giustificare la compensazione.

P.Q.M.

la Corte dei conti Sezione Seconda Centrale d’Appello ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa definitivamente pronunciando

RIGETTA

l’appello proposto e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.

Condanna gli appellanti alla rifusione a favore della Presidenza del Consiglio delle spese del presente grado che liquida forfettariamente in € 1.000,00 (mille/00).

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 gennaio 2020

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Rossella Scerbo Luciano Calamaro
F.to digitalmente F.to digitalmente


DEPOSITATA IN SEGRETERIA 5 MAG. 2020


IL DIRIGENTE
dott.ssa Sabina Rago
f.to digitalmente
DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003n.196
DISPONE
che a cura della segreteria sia apposta l’annotazione di cui al comma 1 di detto art 52 ,a tutela dei diritti delle parti private.
IL PRESIDENTE
dott. Luciano Calamaro
F.to digitalmente
Depositata in segreteria il 5 MAG. 2020
IL DIRIGENTE
dott.ssa Sabina Rago
f.to digitalmente
In esecuzione del provvedimento collegaile ,ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n.196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti private.
Roma 5 MAG. 2020
IL DIRIGENTE
dott.ssa Sabina Rago
F.to digitalmente


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