Questa è più dettagliata nella normativa.
1) - elicotterista e motorista della Guardia di finanza dal 21/9/1992
2) - chiedeva il riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva del periodo di esposizione all’amianto
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Sezione SEZIONE DI APPELLO PER LA SICILIA Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 40 Pubblicazione 16/04/2019
REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana
composta dai signori magistrati:
dott. Giovanni Coppola Presidente
dott. Tommaso Brancato Consigliere
dott. Valter Del Rosario Consigliere
dott. Guido Petrigni Consigliere
dott. Giuseppe Colavecchio Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 40/A/2019
nel giudizio di appello in materia pensionistica iscritto al n. 6148 del registro di segreteria, depositato in data 31/8/2018, promosso da
- S. D., nato a omissis il omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Ezio Bonanni e domiciliato presso lo studio dell’avv. Pietro Gambino in Palermo, via Terrasanta n. 6, che ha chiesto di ricevere le comunicazioni al fax n. 0773/470660 e all’indirizzo PEC
eziobonanni@ordineavvocatiroma.org;
nei confronti di
- I.N.P.S., Sede di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresento e difeso dall’avv. Gino Madonia, dall’avv. Tiziana Giovanna Norrito e dall’avv. Luigi Caliulo, giusta procura a margine della memoria di costituzione, ed elettivamente domiciliato in Palermo, via Maggiore Toselli n. 5;
- I.N.P.S., già I.N.P.D.A.P., in persona del legale rappresentante pro tempore;
- I.N.P.S., Sede di Sant’Agata di Militello, in persona del legale rappresentante pro tempore;/
- I.N.P.S., Sede di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore;
avverso
la sentenza n. 144 del 2018, emessa dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana in data 27/2/2018.
Letti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 9/4/2019, il relatore cons. Giuseppe Colavecchio, l’avv. Pietro Gambino per delega dell’avv. Ezio Bonanni per l’appellante.
Ritenuto in
FATTO
La sezione di primo grado, con la sentenza n. 144 del 2018, rigettava il ricorso promosso da S. D., elicotterista e motorista della Guardia di finanza dal 21/9/1992, adibito dal 1996 al 2007 alla sezione area di OMISSIS e dal 2007 alla sezione area di OMISSIS (OMISSIS), che, dopo avere premesso di essere stato esposto ad amianto in concentrazioni superiori alle 100 fibre/litro dalla data di arruolamento (21/9/1992) a “tutt’oggi”, chiedeva il riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva del periodo di esposizione all’amianto con il coefficiente 1,5 (articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992) ovvero in subordine con il coefficiente 1,25 (articolo 47, comma 1, della legge n. 326 del 2003); il giudice di primo grado motivava il rigetto poiché il ricorrente era incorso nella decadenza di cui al decreto ministeriale del 27/4/2004 per avere presentato la domanda all’I.N.P.S. il 28/1/2014, “oltre il termine previsto dalla legge (15 giugno 2005)”, con assorbimento “di ogni ulteriore eccezione preliminare nonché questione di merito”.
Il sig. S., con l’atto di appello, censurava la sentenza di primo grado con argomentazioni spesso ripetitive e con riferimento a disposizioni del codice di procedura civile non applicabili al presente giudizio stante l’apposita disciplina dettata dal decreto legislativo n. 174 del 2016, argomentazioni di seguito sinteticamente riportate:
- insussistenza della motivazione o non pertinenza della stessa con la fattispecie di causa perché il diritto alla maggiorazione contributiva di cui all’articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 era maturato prima dell’entrata in vigore (avvenuta il 2/10/2003) dell’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003, con la conseguente sua salvaguardia dalla decadenza ai sensi dell’articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003, giusta la sentenza n. 21862 del 2004 della Corte di cassazione e la sentenza n. 376/2008 della Corte costituzionale;
inoltre, essendo un diritto di natura risarcitoria non poteva essere sottoposto ad alcuna decadenza e, comunque, deduceva di avere “avuto contezza soltanto nel 2015” dell’avvenuta esposizione ad amianto (n.d.r. la domanda amministrativa all’I.N.P.S. è stata inoltrata con raccomandata del 28/1/2014, come da copia della velina in atti);
in ogni caso, nel ricorso di primo grado era stata chiesta la disapplicazione dell’articolo 47, comma 5, della legge n. 326 del 2003, con una interpretazione conforme ai principi della normativa europea, giusta anche la direttiva n. 2009/148/CE del 30/11/2009, e ai principi costituzionali oppure un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per violazione dell’art. 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o alla Corte costituzionale per violazione degli articoli 1, 2, 3, 32, 35, 36 e 41 nonché 10, 11, 117 della Carta fondamentale;
- “mancata pronuncia sulla domanda di accertamento in ordine alla condizione di esposizione ad amianto” anche “in prospettiva di eventuali domande di riconoscimento di causa di servizio e/o pensione privilegiata per danni da amianto”, giusta la competenza della Corte dei conti a conoscere tale tipo di controversie secondo quanto stabilito dalla sezioni unite della Corte di cassazione nell’ordinanza n. 4325/2014 e tenuto conto della “diagnosi di …….. ovvero di patologie infiammatorie da amianto ……..”;
- mancata ricostruzione dei fatti di causa giacché l’I.N.P.S., costituendosi nel giudizio di primo grado, “non aveva contestato specificamente i dati fattuali, in forza dei quali (…) il diritto a pensione, unitamente alla maggiorazione per esposizione ad amianto” era maturato “prima del 02.10.2003, e comunque i benefici ex art. 13 comma 8 legge 257/92” erano parimenti maturati “già alla data del 02.10.2003, e sulla erronea e intervenuta decadenza per mancata presentazione ad INAIL della domanda del 15.06.2005”.
In conclusione, l’appellante chiedeva la riforma della sentenza n. 144 del 2018, con condanna dell’I.N.P.S. “a rivalutare la sua posizione contributiva, ex art. 13, comma 8, l. 257/92 e art. 47 comma 6 bis legge 326/03 e art. 3 comma 132 legge 350/03, per il periodo dedotto nel ricorso di 1° grado, ovvero per il periodo ultradecennale di esposizione qualificata ad amianto che fosse accertato (…) in seguito ad accertamento tecnico-ambientale e/o espletamento delle prove, con il coefficiente 1,5 (…) ovvero in subordine con il coefficiente 1,25”; in subordine, in caso di mancato accoglimento dei motivi di gravame sopra esposti, chiedeva “ctu e prova testimoniale, ordine di esibizione e richiesta di informativa alla ASL e all’INAIL circa i dati epidemiologici, e acquisizione delle relazioni ex art. 9 l. 275/92 e dei piani di lavoro per lo smaltimento amianto ex art. 34 d.Lgs. 277/91”; chiedeva, altresì, di disporre il rinvio degli atti al giudice di primo grado, “ai sensi dell’art. 105, II comma del R.D. 1038 del 1933 e ex art. 383, I comma, c.p.c. e 384, I comma, c.p.c.” per la decisione di “merito con ammissione dei mezzi istruttori”, come richiesti (in particolare, prova testimoniale e consulenza tecnica ambientale).
Questa sezione, con ordinanza n. 53 del 2018, considerato che ai sensi dell’articolo 190 del decreto legislativo n. 174 del 2016 l’appello doveva proporsi con citazione contenente le indicazioni prescritte dall’articolo 86 e che il gravame non era conforme alla predetta disciplina normativa, rimetteva in termini il sig. S., previa apposita richiesta, ordinandogli di rinnovare l’atto di appello nelle forme prescritte dall’articolo 190 del suddetto decreto legislativo n. 174 del 2016.
L’appellante provvedeva in tal senso e depositava l’atto di appello in data 4/2/2019.
L’I.N.P.S., nella memoria depositata in data 29/3/2019, eccepiva l’inammissibilità dell’atto di appello nella parte in cui era chiesto di accertare i tempi e l’intensità all’esposizione ad amianto in quanto costituente questione di fatto, sottratta al sindacato del giudice di seconde cure; eccepiva, poi, la prescrizione sia del diritto alla rivalutazione della maggiorazione contributiva che dei ratei di pensione giacché controparte era consapevole dell’avvenuta esposizione ad amianto sin dal momento in cui aveva svolte le mansioni descritte nel ricorso; insisteva sulla maturata decadenza pronunciata nella sentenza impugnata poiché mancava la certificazione I.N.A.I.L. e la domanda amministrativa non era stata inoltrata entro il termine di cui all’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 “e poi dall’art. 3, co. 132 l, 350/2003 e dal DM 27.10.2004”.
Considerato in
DIRITTO
Preliminarmente, è necessario puntualizzare che l’atto di appello verte, per come meglio in prosieguo verrà esposto, principalmente su questioni di diritto e come tale pienamente ammissibile ai sensi dell’articolo 170 del decreto legislativo n. 174 del 2016; deve, altresì, precisarsi che il gravame contiene diversi rinvii al ricorso innanzi al giudice di primo grado che sono inammissibili in quanto incompatibili con la struttura del giudizio di secondo grado e con la specificità dei motivi di impugnazione prevista dall’articolo 190 del suddetto decreto legislativo n. 174 del 2016.
Ciò posto, il sig. S. D., nell’impugnare la sentenza n. 144 del 2018 del giudice di prime cure, ha sostenuto che il suo diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione ultradecennale alle polveri di amianto non è incorso nella decadenza prevista dall’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003 per una pluralità di ragioni: è maturato prima dell’entrata in vigore del suddetto articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, con applicazione della precedente disciplina normativa giusta anche il disposto dall’articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003; ha appreso soltanto nel 2015 di essere stato esposto a rischio ambientale; la natura risarcitoria del diritto esercitato.
Per scrutinare le doglianze dell’appellante è necessario tratteggiare la normativa di riferimento.
La legge n. 257 del 1992, emanata dopo la sentenza di condanna della Corte di giustizia n. 240 del 1990, disponendo la cessazione dell’uso dell’amianto, ha introdotto diverse misure di sostegno alle imprese e ai lavoratori che, alla data di entrata in vigore della legge stessa, non si trovassero già in pensione, prevedendo all’articolo 13, comma 8, come modificato dal decreto legge n. 169 del 1993, convertito dalla legge n. 271 del 1993, il beneficio contributivo di ottenere la rivalutazione del periodo lavorativo di esposizione con il coefficiente 1,5 a favore di coloro che fossero stati esposti all’amianto per oltre dieci anni.
L’art. 47 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, ha modificato, per ragioni di contenimento della spesa pubblica, la previgente normativa a decorrere dall’1/10/2003, nei seguenti termini, come già evidenziato dal giudice di primo grado: ha ridotto il coefficiente di rivalutazione del servizio da 1,5 a 1,25, limitandone l’applicabilità alla quantificazione delle prestazioni pensionistiche e non anche a quello della maturazione del diritto a pensione; ha individuato come beneficiari i lavoratori, anche non coperti da assicurazione I.N.A.I.L., che per un periodo non inferiore a dieci anni fossero stati esposti all’amianto, con una concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore lavorative al giorno; ha introdotto l’obbligo della certificazione rilasciata dall’I.N.A.I.L.; ha previsto un termine di decadenza di 180 giorni, decorrente dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale di un apposito decreto interministeriale, entro il quale i lavoratori interessati - compresi quelli a cui era stata rilasciata la relativa certificazione in data antecedente all’1/10/2003 - dovevano presentare la relativa domanda alla competente sede dell’I.N.A.I.L. (il termine è scaduto il 15/6/2005 a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 295 del 17/12/2004 del decreto interministeriale del 27 ottobre 2004).
Il comma 6 bis del citato articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003, introdotto dalla legge di conversione n. 326 del 2006, dettato per agevolare il passaggio da un regime normativo ad un altro e garantire l’applicazione della più favorevole disciplina previgente ha stabilito: “Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento”.
Tale disposizione normativa non contemplava, tuttavia, i lavoratori che, alla predetta data del 2/10/2003, avessero già ottenuto la certificazione dall’I.N.A.I.L. e si è provveduto con l’articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003 che ha stabilito: “In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 02.10.2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’I.N.A.I.L. o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall’I.N.A.I.L.”
Il suddetto disposto normativo, quindi, pur presupponendo la disciplina introdotta dall’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, è intervenuto ad escluderne l’applicabilità, con salvezza della precedente, per ulteriori categorie di assicurati.
Orbene, la Corte di cassazione da tempo (ex multis n. 21862/2004, n. 15679/2006, n. 8649/2012, n. 28090/2017) e con condivisibile motivazione, ha sostenuto che “in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, la legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132, che – con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, comma 1 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326) – ha fatto salva l’applicabilità della precedente disciplina, prevista dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano avanzato domanda di riconoscimento all’I.N.A.I.L. od ottenuto sentenza favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che:
a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione;
b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva”.
Tale conclusione non muta per l’effetto della pubblicazione del decreto interministeriale del 27 ottobre 2004 perché, quale fonte di rango secondario per dare attuazione all’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, non può che collocarsi nel solco tracciato dalla fonte primaria, con la conseguenza che il riferimento, per l’applicazione della disciplina previgente, a coloro che abbiano già maturato, alla data del 2/10/2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, deve essere necessariamente inteso con riferimento a coloro che abbiano già maturato il diritto a pensione.
Da quanto sopra esposto ne consegue che per tutti gli interessanti la salvezza della previgente disciplina normativa che non prevedeva alcun termine di decadenza riguarda esclusivamente coloro che alla data di entrata in vigore della legge n. 275 del 1992 hanno maturato il diritto a pensione sia pure per effetto della rivalutazione contributiva prevista dall’articolo 13 della legge n. 257 del 1992.
Arricchito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento rispetto a quanto contenuto nella sentenza impugnata, le doglianze dell’appellante, volte a sostenere l’applicabilità della normativa antecedente all’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, senza quindi alcun termine decadenziale, non possono essere accolte perché questi non ha in alcun modo provato di avere maturato alla data del 2/10/2003 il diritto alla pensione (anzi dagli atti risulta il contrario, essendo stato assunto in servizio il 21/9/1992) o di avere avviato un procedimento amministrativo o giudiziario (il ricorso in primo grado è stato depositato il 20/2/2017) .
Ad una soluzione diversa non è possibile giungere né in base al principio di non contestazione dei fatti di causa da parte dell’I.N.P.S. nel giudizio di primo grado, non sussistente in base all’esame della memoria di costituzione e, comunque, erroneamente invocato dall’appellante con riferimento ad una questione di interpretazione di norme giuridiche, né con la qualificazione soggettiva dell’azione proposta come risarcitoria poiché il termine di decadenza è stato introdotto dal legislatore per la fattispecie astratta - nella quale rientra perfettamente il caso concreto de quo - e prescinde dalle modalità con le quali sia stata introdotta l’azione giudiziaria da parte dell’interessato.
In tale contesto, ove il legislatore ha voluto apporre un termine decadenziale per l’esercizio di un diritto, appare del tutto irrilevante il momento in cui l’interessato abbia avuto contezza dell’avvenuta esposizione all’amianto; del resto, a fronte di una lunga produzione normativa, iniziata nel 1992, appare quanto mai anomalo che la conoscenza dell’avvenuta esposizione all’amianto sia stata acquisita solo nel 2015.
Né è possibile procedere, come richiesto, ad una disapplicazione del citato articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, tenuto conto che l’interpretazione fornita da questo collegio, in armonia tra l’altro con l’orientamento della Corte di cassazione, appare coerente con il complesso sistematico normativo antecedente e susseguente alla citata disposizione legislativa.
Per quanto riguarda la doglianza avente ad oggetto la “mancata pronuncia sulla domanda di accertamento in ordine alla condizione di esposizione ad amianto” anche “in prospettiva di eventuali domande di riconoscimento di causa di servizio e/o pensione privilegiata per danni da amianto” che il giudice di primo grado ha ritenuto assorbita dalla decisione adottata deve puntualizzarsi che, al di là di ogni questione procedurale, agli atti non risulta provata la presentazione di una apposita domanda amministrativa che sia stata rigettata con provvedimento espresso o sulla quale si sia formato il silenzio rifiuto; solo nell’ambito di detto limitato perimetro questa Corte ha giurisdizione, mentre la prospettiva dell’appellante volta ad ottenere una pronuncia giurisdizionale sulla questione appare generica, poco comprensibile e soprattutto legata ad un interesse meramente eventuale che potrebbe prospettarsi in futuro e, comunque, non è meritevole di alcuna tutela in questo momento.
In ultimo, non sussistono i presupposti per un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea per violazione del principio di non discriminazione di cui agli articoli 141 e 157 del trattato o alla Corte costituzionale per violazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 35, 36, 37, 38, 111 della Carta fondamentale al di là della non chiara esposizione delle ragioni che dovrebbero rendere non infondate le questioni prospettate.
Innanzitutto, non si comprende quale discriminazione avrebbe subito il ricorrente “rispetto a posizioni di altri colleghi di lavoro, eguali dal punto di vista di fatto e di diritto, che hanno potuto vedere applicata la stessa maggiorazione solo perché l’ente ha applicato la normativa sull’amianto”; il principio di non discriminazione presuppone situazioni identiche che nel caso in esame, al di là della non provata affermazione dell’appellante, non può sussistere tra coloro che hanno esercito un diritto entro il termine di decadenza e coloro che non lo hanno fatto; non si ravvisa, quindi, nessuna violazione della normativa comunitaria, tra l’altro non puntualmente e chiaramente indicata da parte attrice.
Poi, l’introduzione di un congro termine di decadenza all’esercizio di un diritto, dettato anche e soprattutto da ragioni di contenimento della spesa pubblica da ricollegarsi alla quantificazione certa degli oneri economici discendenti dall’introduzione di benefici previdenziali aggiuntivi rispetto al diritto a pensione - che nella presente fattispecie non è in discussione - non appare in alcun modo discriminatorio quale spartiacque per l’applicazione di differenti normative né si pone in contrasto con alcuna norma costituzionale poiché, si ripete, non è in discussione il diritto a pensione dell’appellante.
Tenuto conto del non univoco orientamento giurisprudenziale in materia, sussistono i presupposti di legge per compensare le spese di lite.
P. Q. M.
La Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana - definitivamente pronunciando, rigetta
- l’appello avverso la sentenza n. 144 del 2018 della sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana che conferma e compensa le spese di lite.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 9 aprile 2019.
L’Estensore Il Presidente
f.to (Dott. Giuseppe Colavecchio) f.to (Dott. Giovanni Coppola)
DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali” dispone che a cura della Segreteria venga apposta, in calce alla su estesa sentenza, l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi della parte e dei terzi.
Il Presidente
f.to (Dott. Giovanni Coppola)
Sentenza e Decreto depositati in Segreteria il 16 aprile 2019
Il Direttore della Segreteria
f.to (Dott. Fabio Cultrera)
In esecuzione del Provvedimento soprariportato, ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi della parte e dei terzi.
Palermo, 16 aprile 2019
Il Direttore della Segreteria
F.to (Dott. Fabio Cultrera)