inail riconoscimento dell'esposizione all'amianto

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Re: inail riconoscimento dell'esposizione all'amianto

Messaggio da Dott.ssa Astore »

Mi mandi un po' di materiale
Come sapete lavoro in Toscana con l'avv.Bonanni responsabile dell'Osservatorio Nazionale Amianto e sono la responsabile medico legale.
Cordialmente
Lucia Astore


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Re: inail riconoscimento dell'esposizione all'amianto

Messaggio da Dott.ssa Astore »

Come medico legale dell'Osservatorio Nazionale Amianto avv.Bonanni,conoscevo gia' questa sentenza
Mi contatti subito e vediamo cosa fare
Lucia Astore
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Re: inail riconoscimento dell'esposizione all'amianto

Messaggio da panorama »

per notizia sulla prescrizione,

Ricorso perso.

1) - il ricorrente, ex dipendente dell’Arsenale Militare di La Spezia titolare di pensione dal 3 agosto 1994, dopo aver ricevuto dall’INAIL il 17 marzo 2017 la certificazione dell’esposizione ultradecennale all’amianto, come da sua domanda del 23 aprile 2004, ha presentato domanda all’INPS per l’ottenimento di tali benefici il 6 ottobre 2017;

La CdC Sez. 3^ d'Appello precisa:

2) - Il diritto ai benefici contributivi di cui all’art. 13, comma 8, cit., deve essere tempestivamente esercitato entro il termine decennale ordinario di prescrizione e, solo se l’interessato lo ha fatto valere tempestivamente, consente di recuperare le eventuali differenze pensionistiche entro il termine quinquennale di prescrizione dei rati di pensione.

3) - Correttamente, pertanto, il giudice di primo grado ha identificato il dies a quo della decorrenza del termine prescrizionale dalla data di conoscenza della esposizione all’amianto, a sua volta ancorandola alla domanda inoltrata dall’interessato all’INAIL del 2005.

Cmq. leggete il tutto qui sotto, significando che di queste sentenze negative ne stanno altre.
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Sezione TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA

Anno 2019 Numero 204 Pubblicazione 29/10/2019

Sent. n. 204/2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
TERZA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO

composta dal Sigg.ri Magistrati
Dott.ssa Giuseppa Maneggio Presidente f.f.
Dott.ssa Chiara Bersani Consigliere rel.
Dr.ssa Giuseppina Maio Consigliere
Dr. Marco Smiroldo Consigliere
Dott.ssa Patrizia Ferrari Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nel giudizio di appello n.53851, promosso da XX XX, rappresentato e difeso dall’Avv. Cosimo Lovelli, con lui domiciliato in Taranto, alla Via Lombardia, n. 09, ed ex lege presso la Segreteria di questa Corte;

contro
l’INPS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Sergio Preden, Luigi Caliulo, Antonella Patteri e Lidia Carcavallo, e con loro domiciliato in Roma, alla Via Cesare Beccaria n. 29;

il Ministero della Difesa, n.c.;

per l’annullamento
della sentenza della Sezione Giurisdizionale per la Regione Liguria n. 157/2018, depositata il 19 aprile 2018, con la quale è stato respinto il suo ricorso per l’accertamento dei diritti contributivi di cui all’art. 13, comma l, della l. n. 257/92 e all’art. 47 del d.l. n. 269/2003;

Visto l’atto di appello, la costituzione dell’INPS e tutti gli atti di causa;
Uditi alla pubblica udienza del 20 settembre 2019 il Relatore e gli Avv.ti Preden e Lovelli;

Considerato in
FATTO

Il ricorso dell’interessato è stato respinto in prime cure in quanto il giudice ha accolto l’eccezione di prescrizione rilevata dall’INPS, e ha accertato la prescrizione del diritto alla rivalutazione della prestazione pensionistica, di cui all’art. 113, comma 8, invocato dal ricorrente. In punto di fatto, il giudice ha precisato che il ricorrente, ex dipendente dell’Arsenale Militare di La Spezia titolare di pensione dal 3 agosto 1994, dopo aver ricevuto dall’INAIL il 17 marzo 2017 la certificazione dell’esposizione ultradecennale all’amianto, come da sua domanda del 23 aprile 2004, ha presentato domanda all’INPS per l’ottenimento di tali benefici il 6 ottobre 2017; in punto di diritto ha premesso, richiamando giurisprudenza della Corte di cassazione (Corte di cassazione Sez.VI, sent. 2852/2017) e di questa Corte, che il diritto de quo, seppure previsto ai fini pensionistici, non si identifica con il diritto alla pensione, ma costituisce un diritto autonomo, in quanto opera sulla contribuzione ed è ancorato a presupposti propri e diversi a quelli del diritto alla pensione. Da tale premessa ha tratto che esso non gode della protezione costituzionale del diritto alla pensione, che ne determina l’imprescrittibilità, ma è soggetto all’ordinaria prescrizione, il cui termine è interrotto non dalla richiesta all’INAIL dell’accertamento dell’esposizione all’amianto, ma dalla domanda diretta all’ottenimento dei benefici di cui allo stesso art. 13 cit., diretta all’INPS. Ne ha concluso che la domanda all’INPS del 6 ottobre 2017 era intempestiva, in quanto intervenuta oltre il termine di prescrizione, sia a volerlo considerare dalla data di entrata in vigore della legge introduttiva del beneficio, sia dalla data di conoscenza, da parte dell’interessato, della sua avvenuta esposizione all’amianto, data da indentificarsi nella data di proposizione all’INAIL della relativa domanda di accertamento dell’esposizione ultradecennale (3 giugno 2005).

2. Avverso tale sentenza l’appellante censura la statuizione di prescrizione confutando l’individuazione del termine di decorrenza della prescrizione con più argomenti. Precisamente, le tesi dell’appellante si articolano nelle seguenti:

2.1 il dies a quo, ancorato alla data di conoscenza dell’avvenuta esposizione all’amianto, dovrebbe identificarsi nella data di conoscenza della eziologia professionale della malattia, mentre non rileverebbe la semplice conoscenza, portata dall’evidenza delle manifestazioni patologiche della stessa;

2.2 la stessa tesi della fissazione della decorrenza del dies a quo dall’avvenuta conoscenza della esposizione all’amianto, seppure suffragata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, non si attaglierebbe adeguatamente al caso dell’Arsenale Militare di La Spezia. Per questa sede di servizio, rileva, gli accertamenti sanitari disposti dalla Commissione congiunta Ministero/INAIL sono esitati solo nel 2014 in un elaborato nel quale sono chiaramente indicati i livelli di esposizione per i diversi dipendenti e settori di lavoro; orbene, rileva l’appellante, solo per i dipendenti militari l’amministrazione ha inviato direttamente all’INPS i risultati degli accertamenti, mentre non lo avrebbe fatto per il personale civile, il quale ha dovuto presentare all’INPS autonomamente la domanda per il godimento dei benefici de quibus;

2.3 seguendo i criteri interpretativi dettati dalla sentenza delle SSRR di questa Corte n. 10/99/QM in materia di prescrizione quinquennale del diritto ai ratei di pensione, la prescrizione dovrebbe decorrere dal singolo rateo maturato;

2.4 in base al disposto dell’art. 143 del dpr. n. 1092/73, norma speciale per la quale la prescrizione decorre dal giorno del provvedimento di liquidazione della pensione, in combinato disposto con l’art. 2935 c.c.., il diritto de quo non avrebbe potuto essere fatto valere in data anteriore a tale liquidazione, poiché prima di essa l’interessato non era a conoscenza della mancata maggiorazione dei periodi contributivi (cita Corte dei conti, SSRR n. 16/QM/2003, per trarne il principio che ai fini del decorso del termine di prescrizione il provvedimento di riconoscimento e liquidazione della pensione è comunque condizione di azionabilità del diritto, e il termine di prescrizione decorre solo se l’amministrazione abbia provveduto a riconoscere o denegare la pensione);

2.5 il diritto de quo non avrebbe potuto essere fatto valere dall’interessato prima della ricezione da parte dell’INAIL della certificazione di esposizione all’amianto, richiesta dall’INPS per la concessione del beneficio.

Sulla base di tali censure l’appellante chiede la riforma integrale della sentenza, e la dichiarazione del diritto dell’interessato al godimento dei benefici previdenziali di cui alla l.n 257/92, con riliquidazione del trattamento di pensione a far data dalla richiesta amministrativa e con spese di entrambi i gradi del giudizio.

L’INPS con memoria di costituzione del 6 agosto 2019 ha ampiamente argomentato contro tutte le censure dell’appellante, chiedendo il rigetto dell’appello.

Il Ministero della Difesa non si è costituito.

All’udienza del 20 settembre 2019 le parti, entrambe presenti, hanno argomentato e concluso come in atti.

DIRITTO

1.Devesi preliminarmente dichiarare il difetto di notifica dell’appello al Ministero della Difesa, presso la cui sede in V.le dell’Esercito, n. 186, Roma, la relata attesta un tentativo di notifica il 26 luglio 2018 non andato a buon fine in quanto trasferito in V.le dell’Università, n. 4, Roma, al quale non risultano seguite altre notificazioni.

Essendo l’appello stato notificato correttamente al legittimato passivo, l’INPS, per consegue, il giudizio è procedibile.

2. Nel merito l’appello è infondato e deve confermarsi la statuizione di rigetto del ricorso originario per prescrizione del diritto.

Deve premettere il Collegio che il diritto di cui si tratta non è il diritto ai ratei di pensione, per cui risulta inconferente l’argomentazione dell’appello di cui sopra al punto 2.3 ed il richiamo, ivi fatto, ai criteri interpretativi dettati dalla sentenza delle SSRR di questa Corte n. 10/99/QM in materia di prescrizione quinquennale del diritto ai ratei di pensione. Il diritto ai benefici contributivi di cui all’art. 13, comma 8, cit., deve essere tempestivamente esercitato entro il termine decennale ordinario di prescrizione e, solo se l’interessato lo ha fatto valere tempestivamente, consente di recuperare le eventuali differenze pensionistiche entro il termine quinquennale di prescrizione dei rati di pensione.

Il diritto alla rivalutazione contributiva consta nel diritto dell’interessato di richiedere la valorizzazione, ai soli fini delle maggiorazioni contributive, dei periodi di sovra esposizione all’amianto; è per questo suo contenuto, definito oggettivamente, che la giurisprudenza della Corte di cassazione richiamata dal giudice di prime cure, del tutto consolidata e condivisibile, àncora la decorrenza di tale diritto, ai fini della prescrizione e agli effetti dell’art. 2935 c.c., alla data di conoscenza da parte del lavoratore (pensionato o meno) della sua esposizione all’amianto, poiché solo se è a conoscenza del fatto di essere stato plausibilmente esposto al rischio amianto (e da tale data) egli è nelle condizioni di poter esercitare il diritto alla relativa maggiorazione contributiva.

Correttamente, pertanto, il giudice di primo grado ha identificato il dies a quo della decorrenza del termine prescrizionale dalla data di conoscenza della esposizione all’amianto, a sua volta ancorandola alla domanda inoltrata dall’interessato all’INAIL del 2005.

3. Per la stessa ragione non rilevano le argomentazioni dell’appello di cui sopra al punto 2.4, e il richiamo alla sentenza delle SSRR di questa Corte n. 16/QM/2003, le quali sono svolte in base al disposto dell’art. 143 del dpr. N. 1092/73, che, però, si applica al diritto a percepire i ratei della pensione.

4. Non possono accogliersi le argomentazioni dell’appello di cui sopra al punto 2.5, perché, se è vero che l’INPS non può accogliere la domanda dell’interessato di concessione dei benefici se non sulla base della certificazione dell’INAIL, questa circostanza non subordina o limita la facoltà dell’interessato di azionare il proprio diritto all’ottenimento dei benefici medesimi, e il relativo onere di esercitarla tempestivamente nei confronti dell’ente previdenziale, entro il termine di prescrizione.

5. In conclusione, l’appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in euro 1.000 a favore dell’appellato costituito.

Per questi motivi

la Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunziando, respinge l’appello in epigrafe indicato.

Condanna l’appellante a rifondere all’INPS le spese in euro 1.000(mille).

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2019.
L’estensore Il Presidente
F.to Chiara Bersani F.to Giuseppa Maneggio


Depositata in Segreteria il 29 ottobre 2019


Il Dirigente
F.to Dott. Salvatore Antonio Sardella
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Re: inail riconoscimento dell'esposizione all'amianto

Messaggio da panorama »

per notizia, anche la Sezione 2^ rigetta l'appello sulla prescrizione ed altro.

1) - In proposito, il primo giudice aveva evidenziato che dalla data del collocamento in quiescenza avvenuto il 31 dicembre 1999, a quella del 25 febbraio 2017, in cui l’interessato aveva richiesto al Ministero della Difesa il riconoscimento del diritto, erano ininterrottamente decorsi oltre dieci anni, per cui il pensionato era incorso nella prescrizione decennale anche là dove il dies a quo fosse stato da riportare alla data del 27 maggio 2005, in cui aveva richiesto all’INAIL il rilascio del certificato attestante l’esposizione.

2) - Tanto osservato, ritiene il Collegio di dover innanzi tutto evidenziare la manifesta erroneità del riferimento contenuto nell’atto d’appello all’art. 143 del t.u. n. 1092/1973, ciò per il fatto che, come condivisibilmente osservato dal primo giudice, la fattispecie di causa non verte su questioni che attengono al rapporto pensionistico ex se considerato, ma riguarda situazioni giuridiche che sebbene siano destinate ad incidere sul quantum della pensione, tuttavia godono di una disciplina legislativa separata da quest’ultimo, ancorché unitamente ad esso attratte alla giurisdizione pensionistica esercitata dalla magistratura contabile.
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Sezione SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 399 Pubblicazione 20/11/2019

SENT. 399/2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai magistrati
Luciano CALAMARO Presidente
Domenico GUZZI Consigliere
Roberto RIZZI Consigliere
Maria Cristina RAZZANO Primo Referendario
Ilaria CHESTA Primo Referendario

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio sull’appello iscritto al n. 54199 del registro di segreteria, proposto da:
- M. P., rappresentato e difeso dall’avv. Cosimo Lovelli, presso il cui studio in Taranto, via Lombardia, n. 9, ha eletto domicilio,

contro
- I.N.P.S. – Istituto Nazionale Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Sergio Preden, Luigi Caliulo, Antonella Patteri, Lidia Carcavallo, con i quali è elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria, n. 29,

- Ministero della Difesa – Direzione Generale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, domiciliato in Roma, viale dell’Esercito, n. 186 – non costituito,

avverso
la sentenza della Sezione giurisdizionale per la regione Puglia n. 722/2018, pubblicata il 31 ottobre 2018;

Visti gli atti del giudizio;
Data per letta, all’udienza pubblica del 12 novembre 2019, la relazione del Consigliere designato, uditi l’avv. Andrea Musacchio, per delega, in favore dell’appellante.

FATTO

Il sig. M. P., già dipendente civile del Ministero della Difesa in servizio presso l’Arsenale della Marina Militare di Taranto con la qualifica di “aggiustatore meccanico”, aveva adito il giudice delle pensioni presso la Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia, lamentando il mancato riconoscimento della rivalutazione contributiva ai fini pensionistici nonostante che dall’1.6.1973 al 31.12.1999 avesse prestato servizio in ambienti che ne avevano comportato l’esposizione all’amianto per un periodo ultradecennale.

Evidenziava di avere presentato domanda ai sensi dell'art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992, e successive modificazioni e integrazioni, e che l’I.N.A.I.L., con nota del 7.2.2017, aveva attestato l’avvenuta esposizione all’amianto, col che aveva ritenuto che, dal lato del lavoratore, fosse stato assolto l'onere di provare l’esposizione ultradecennale alle fibre tossiche.

Ciò nonostante, sulla base di un parere fornito dall’INPS, il Ministero della Difesa aveva respinto la domanda; da qui il ricorso giurisdizionale, con il quale il sig. M. aveva chiesto il riconoscimento del diritto alla rivalutazione dei periodi contributivi, e alla riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento, oltre a interessi e rivalutazione.

Con la sentenza in epigrafe, in accoglimento dell’eccezione formulata dall’I.N.P.S., il giudice di prime cure dichiarava la prescrizione del diritto in contestazione dalla data del 31 dicembre 1999, in cui il ricorrente era stato collocato in quiescenza.

Avverso tale decisione interponeva appello il pensionato sulla base del seguente, unico motivo di impugnazione:

- errore di giudizio in ordine alla decisione di considerare prescritto il diritto pensionistico. A tal fine faceva riferimento alla giurisprudenza di questa Corte dei conti e, in particolare, alle sentenze n. 10/1999/QM e n.16/2003/QM, con le quali Sezioni riunite, stante l’imprescrittibilità del diritto a pensione, hanno chiarito che ai sensi dell’art. 143 del d.P.R. n. 1092 del 1973, “qualora il diritto a pensione sia stato negato con provvedimento formale, non solo non vi sarebbe prescrizione del diritto a pensione in quanto tale, ma anche la prescrizione dei singoli ratei non decorrerebbe finché la pensione non venga riconosciuta e liquidata con provvedimento portato a conoscenza dell’interessato”. Secondo il sig. M., il diritto alla rivalutazione contributiva non sarebbe, quindi, incorso nella prescrizione decennale.

Si è ritualmente costituito l’Istituto previdenziale per dedurre l’infondatezza dell’appello e per chiederne l’integrale reiezione.

A questo riguardo ha sostenuto l’erroneità del richiamo operato dall’appellante all’art. 143 del t.u. n. 1092/1973, giacché nel caso di specie non si verterebbe su un diritto pensionistico, ma su una situazione giuridica soggettiva, che seppur è destinata ad incidere sul quantum della pensione, sarebbe tuttavia dotata di una sua specifica individualità ed autonomia, in quanto ancorata a presupposti distinti da quelli previsti per il rapporto di quiescenza ordinario (citava Sezione Terza d’appello, sent. n. 146/2019).

Secondo l’Istituto appellato, in punto di prescrizione varrebbe la regola generale di cui all’art. 2935 c.c., per cui la conoscibilità del diritto coinciderebbe con l’avvenuta esposizione ad asbesto, dunque nello specifico con la data del 31 dicembre 1999, in cui l’appellante è stato posto in quiescenza o, al più tardi, con quella del 27 maggio 2005, in cui ha richiesto all’INAIL il certificato attestante l’esposizione alle fibre di amianto.

In conclusione, l’Istituto previdenziale ha chiesto la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

In udienza, il difensore dell’appellante esponeva i motivi di impugnazione e ne chiedeva l’accoglimento.

Considerato in
DIRITTO

Con l’unico motivo di gravame, il sig. M. contesta la legittimità della sentenza impugnata per la parte in cui, accogliendo l’eccezione sollevata dall’Istituto previdenziale, ha dichiarato la prescrizione del diritto alla rivalutazione dei periodi contributivi per esposizione ultradecennale all’amianto di cui all’art. 13, comma 8, della legge n. 257/1992, e successive modifiche e integrazioni.

In proposito, il primo giudice aveva evidenziato che dalla data del collocamento in quiescenza avvenuto il 31 dicembre 1999, a quella del 25 febbraio 2017, in cui l’interessato aveva richiesto al Ministero della Difesa il riconoscimento del diritto, erano ininterrottamente decorsi oltre dieci anni, per cui il pensionato era incorso nella prescrizione decennale anche là dove il dies a quo fosse stato da riportare alla data del 27 maggio 2005, in cui aveva richiesto all’INAIL il rilascio del certificato attestante l’esposizione.

Tanto osservato, ritiene il Collegio di dover innanzi tutto evidenziare la manifesta erroneità del riferimento contenuto nell’atto d’appello all’art. 143 del t.u. n. 1092/1973, ciò per il fatto che, come condivisibilmente osservato dal primo giudice, la fattispecie di causa non verte su questioni che attengono al rapporto pensionistico ex se considerato, ma riguarda situazioni giuridiche che sebbene siano destinate ad incidere sul quantum della pensione, tuttavia godono di una disciplina legislativa separata da quest’ultimo, ancorché unitamente ad esso attratte alla giurisdizione pensionistica esercitata dalla magistratura contabile.

La giurisprudenza ha, infatti, chiarito che la disposizione di cui all'art. 13, 8° comma, della legge n. 257/1992 non ha istituito una nuova prestazione previdenziale, ma ha soltanto disciplinato un sistema più favorevole di calcolo della contribuzione per la determinazione della pensione (Corte cost. 376/2008; Corte cass. sez. lavoro, sent. n. 2856/2017), per cui, in concreto, il beneficio non può immediatamente implicare il diritto alla riliquidazione dell’assegno di quiescenza, ma solo il riconoscimento di una contribuzione figurativa collegata all’esposizione all’amianto.

Così intesa, risulta dunque evidente come la situazione giuridica di cui trattasi sia correlata a condizioni e presupposti del tutto autonome e differenziate dal diritto a pensione, anche per ciò che concerne il regime della prescrizione, che a questa stregua verrebbe a riguardare il solo diritto alla contribuzione figurativa e non anche i singoli ratei pensionistici eventualmente rivalutati (cfr. Corte di cass. Sezioni unite 10 giugno 2003 n. 9219; Sez. lavoro 27 maggio 2015 n. 10980).

A questo punto, incontestata essendo, per il diritto di cui trattasi, la durata decennale del termine prescrizionale, occorre appurare a quale situazione di fatto si possa ritenere ancorata la conoscibilità del diritto e, con essa, l’individuazione del dies a quo del termine prescrizionale, posto che, come chiarito dalla giurisprudenza di questa stessa Sezione d’appello, l’attitudine interruttiva del suo decorso può essere ravvisata solo nella domanda di rivalutazione rivolta all’amministrazione di appartenenza, e non anche nella richiesta indirizzata all’I.N.A.I.L. di rilascio del certificato attestante l’esposizione del lavoratore alle fibre d’amianto (Sez. II, 14 luglio 2016 n. 735; 29 gennaio 2016 n. 107; 30 novembre 2018, n. 658).

Così opinando, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata abbia fatto buon governo dei principi che regolano la fattispecie in contestazione, avendo considerato che il dies a quo dovesse farsi risalire alla data del 31 dicembre 1999 in cui il sig. M. è stato collocato in quiescenza, giacché è da quel momento che si può ritenere acquisita la consapevolezza del diritto al conseguimento di un beneficio economico di natura pensionistica correlato alla sua condizione di lavoratore, diritto che dalla documentazione in atti risulta formalmente esercitato solamente in data 25 febbraio 2017, con la richiesta avanzata all’Amministrazione di appartenenza, quindi ben oltre la scadenza del termine di prescrizione decennale.

Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere conclusivamente respinto, mentre per quanto concerne le spese, la trattazione del giudizio imperniata sulla sola questione preliminare di merito della prescrizione del diritto controverso ne giustifica la compensazione.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando, respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 novembre 2019.
L’Estensore Il Presidente
Domenico Guzzi Luciano Calamaro
F.to Domenico Guzzi F.to Luciano Calamaro


Depositato in Segreteria il 20 NOV. 2019


Il Dirigente
Sabina Rago
F.to Sabina Rago
DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196,
DISPONE
che a cura della Segreteria sia apposta l’annotazione di cui al comma 1 di detto articolo 52, a tutela dei diritti delle parti private,
IL PRESIDENTE
Luciano Calamaro
F.to Luciano Calamaro
Depositato in Segreteria il 20 NOV. 2019
IL DIRIGENTE
(dott.ssa Sabina Rago)
F.to Sabina Rago
In esecuzione del provvedimento collegiale ai sensi dell’art. 52 del Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione: omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti private.
Roma, 20 NOV. 2019
IL DIRIGENTE
(dott.ssa Sabina Rago)
F.to Sabina Rago
Avalon73
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Re: inail riconoscimento dell'esposizione all'amianto

Messaggio da Avalon73 »

Non capisco, il soggetto non ha diritto perché sono passati 10 anni dal suo pensionamento a quando ha portato la risposta dell inail e quindi è andato in prescrizione.
Ma se per esempio uno avesse fatto domanda nel 2003 e avesse ricevuto la risposta nel 2015 e nel 2019 va in pensione , può fare richiesta dei benefici per L amianto oppure no?
Questi benefici sono reali oppure sono ancora da definire, se uno ha fatto domanda però non ha nessun sintomo solo L esposizione certificata dell amianto e niente più, la certificazione dell inail può avere qualche beneficio sulla pensione? Grazie
panorama
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Re: inail riconoscimento dell'esposizione all'amianto

Messaggio da panorama »

Questa è più dettagliata nella normativa.

1) - elicotterista e motorista della Guardia di finanza dal 21/9/1992

2) - chiedeva il riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva del periodo di esposizione all’amianto
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Sezione SEZIONE DI APPELLO PER LA SICILIA Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 40 Pubblicazione 16/04/2019

REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana

composta dai signori magistrati:
dott. Giovanni Coppola Presidente
dott. Tommaso Brancato Consigliere
dott. Valter Del Rosario Consigliere
dott. Guido Petrigni Consigliere
dott. Giuseppe Colavecchio Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 40/A/2019

nel giudizio di appello in materia pensionistica iscritto al n. 6148 del registro di segreteria, depositato in data 31/8/2018, promosso da
- S. D., nato a omissis il omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Ezio Bonanni e domiciliato presso lo studio dell’avv. Pietro Gambino in Palermo, via Terrasanta n. 6, che ha chiesto di ricevere le comunicazioni al fax n. 0773/470660 e all’indirizzo PEC eziobonanni@ordineavvocatiroma.org;

nei confronti di
- I.N.P.S., Sede di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresento e difeso dall’avv. Gino Madonia, dall’avv. Tiziana Giovanna Norrito e dall’avv. Luigi Caliulo, giusta procura a margine della memoria di costituzione, ed elettivamente domiciliato in Palermo, via Maggiore Toselli n. 5;

- I.N.P.S., già I.N.P.D.A.P., in persona del legale rappresentante pro tempore;
- I.N.P.S., Sede di Sant’Agata di Militello, in persona del legale rappresentante pro tempore;/
- I.N.P.S., Sede di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore;

avverso
la sentenza n. 144 del 2018, emessa dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana in data 27/2/2018.

Letti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 9/4/2019, il relatore cons. Giuseppe Colavecchio, l’avv. Pietro Gambino per delega dell’avv. Ezio Bonanni per l’appellante.

Ritenuto in
FATTO

La sezione di primo grado, con la sentenza n. 144 del 2018, rigettava il ricorso promosso da S. D., elicotterista e motorista della Guardia di finanza dal 21/9/1992, adibito dal 1996 al 2007 alla sezione area di OMISSIS e dal 2007 alla sezione area di OMISSIS (OMISSIS), che, dopo avere premesso di essere stato esposto ad amianto in concentrazioni superiori alle 100 fibre/litro dalla data di arruolamento (21/9/1992) a “tutt’oggi”, chiedeva il riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva del periodo di esposizione all’amianto con il coefficiente 1,5 (articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992) ovvero in subordine con il coefficiente 1,25 (articolo 47, comma 1, della legge n. 326 del 2003); il giudice di primo grado motivava il rigetto poiché il ricorrente era incorso nella decadenza di cui al decreto ministeriale del 27/4/2004 per avere presentato la domanda all’I.N.P.S. il 28/1/2014, “oltre il termine previsto dalla legge (15 giugno 2005)”, con assorbimento “di ogni ulteriore eccezione preliminare nonché questione di merito”.

Il sig. S., con l’atto di appello, censurava la sentenza di primo grado con argomentazioni spesso ripetitive e con riferimento a disposizioni del codice di procedura civile non applicabili al presente giudizio stante l’apposita disciplina dettata dal decreto legislativo n. 174 del 2016, argomentazioni di seguito sinteticamente riportate:

- insussistenza della motivazione o non pertinenza della stessa con la fattispecie di causa perché il diritto alla maggiorazione contributiva di cui all’articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 era maturato prima dell’entrata in vigore (avvenuta il 2/10/2003) dell’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003, con la conseguente sua salvaguardia dalla decadenza ai sensi dell’articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003, giusta la sentenza n. 21862 del 2004 della Corte di cassazione e la sentenza n. 376/2008 della Corte costituzionale;
inoltre, essendo un diritto di natura risarcitoria non poteva essere sottoposto ad alcuna decadenza e, comunque, deduceva di avere “avuto contezza soltanto nel 2015” dell’avvenuta esposizione ad amianto (n.d.r. la domanda amministrativa all’I.N.P.S. è stata inoltrata con raccomandata del 28/1/2014, come da copia della velina in atti);
in ogni caso, nel ricorso di primo grado era stata chiesta la disapplicazione dell’articolo 47, comma 5, della legge n. 326 del 2003, con una interpretazione conforme ai principi della normativa europea, giusta anche la direttiva n. 2009/148/CE del 30/11/2009, e ai principi costituzionali oppure un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per violazione dell’art. 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o alla Corte costituzionale per violazione degli articoli 1, 2, 3, 32, 35, 36 e 41 nonché 10, 11, 117 della Carta fondamentale;

- “mancata pronuncia sulla domanda di accertamento in ordine alla condizione di esposizione ad amianto” anche “in prospettiva di eventuali domande di riconoscimento di causa di servizio e/o pensione privilegiata per danni da amianto”, giusta la competenza della Corte dei conti a conoscere tale tipo di controversie secondo quanto stabilito dalla sezioni unite della Corte di cassazione nell’ordinanza n. 4325/2014 e tenuto conto della “diagnosi di …….. ovvero di patologie infiammatorie da amianto ……..”;

- mancata ricostruzione dei fatti di causa giacché l’I.N.P.S., costituendosi nel giudizio di primo grado, “non aveva contestato specificamente i dati fattuali, in forza dei quali (…) il diritto a pensione, unitamente alla maggiorazione per esposizione ad amianto” era maturato “prima del 02.10.2003, e comunque i benefici ex art. 13 comma 8 legge 257/92” erano parimenti maturati “già alla data del 02.10.2003, e sulla erronea e intervenuta decadenza per mancata presentazione ad INAIL della domanda del 15.06.2005”.

In conclusione, l’appellante chiedeva la riforma della sentenza n. 144 del 2018, con condanna dell’I.N.P.S. “a rivalutare la sua posizione contributiva, ex art. 13, comma 8, l. 257/92 e art. 47 comma 6 bis legge 326/03 e art. 3 comma 132 legge 350/03, per il periodo dedotto nel ricorso di 1° grado, ovvero per il periodo ultradecennale di esposizione qualificata ad amianto che fosse accertato (…) in seguito ad accertamento tecnico-ambientale e/o espletamento delle prove, con il coefficiente 1,5 (…) ovvero in subordine con il coefficiente 1,25”; in subordine, in caso di mancato accoglimento dei motivi di gravame sopra esposti, chiedeva “ctu e prova testimoniale, ordine di esibizione e richiesta di informativa alla ASL e all’INAIL circa i dati epidemiologici, e acquisizione delle relazioni ex art. 9 l. 275/92 e dei piani di lavoro per lo smaltimento amianto ex art. 34 d.Lgs. 277/91”; chiedeva, altresì, di disporre il rinvio degli atti al giudice di primo grado, “ai sensi dell’art. 105, II comma del R.D. 1038 del 1933 e ex art. 383, I comma, c.p.c. e 384, I comma, c.p.c.” per la decisione di “merito con ammissione dei mezzi istruttori”, come richiesti (in particolare, prova testimoniale e consulenza tecnica ambientale).

Questa sezione, con ordinanza n. 53 del 2018, considerato che ai sensi dell’articolo 190 del decreto legislativo n. 174 del 2016 l’appello doveva proporsi con citazione contenente le indicazioni prescritte dall’articolo 86 e che il gravame non era conforme alla predetta disciplina normativa, rimetteva in termini il sig. S., previa apposita richiesta, ordinandogli di rinnovare l’atto di appello nelle forme prescritte dall’articolo 190 del suddetto decreto legislativo n. 174 del 2016.

L’appellante provvedeva in tal senso e depositava l’atto di appello in data 4/2/2019.

L’I.N.P.S., nella memoria depositata in data 29/3/2019, eccepiva l’inammissibilità dell’atto di appello nella parte in cui era chiesto di accertare i tempi e l’intensità all’esposizione ad amianto in quanto costituente questione di fatto, sottratta al sindacato del giudice di seconde cure; eccepiva, poi, la prescrizione sia del diritto alla rivalutazione della maggiorazione contributiva che dei ratei di pensione giacché controparte era consapevole dell’avvenuta esposizione ad amianto sin dal momento in cui aveva svolte le mansioni descritte nel ricorso; insisteva sulla maturata decadenza pronunciata nella sentenza impugnata poiché mancava la certificazione I.N.A.I.L. e la domanda amministrativa non era stata inoltrata entro il termine di cui all’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 “e poi dall’art. 3, co. 132 l, 350/2003 e dal DM 27.10.2004”.

Considerato in
DIRITTO

Preliminarmente, è necessario puntualizzare che l’atto di appello verte, per come meglio in prosieguo verrà esposto, principalmente su questioni di diritto e come tale pienamente ammissibile ai sensi dell’articolo 170 del decreto legislativo n. 174 del 2016; deve, altresì, precisarsi che il gravame contiene diversi rinvii al ricorso innanzi al giudice di primo grado che sono inammissibili in quanto incompatibili con la struttura del giudizio di secondo grado e con la specificità dei motivi di impugnazione prevista dall’articolo 190 del suddetto decreto legislativo n. 174 del 2016.

Ciò posto, il sig. S. D., nell’impugnare la sentenza n. 144 del 2018 del giudice di prime cure, ha sostenuto che il suo diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione ultradecennale alle polveri di amianto non è incorso nella decadenza prevista dall’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003 per una pluralità di ragioni: è maturato prima dell’entrata in vigore del suddetto articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, con applicazione della precedente disciplina normativa giusta anche il disposto dall’articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003; ha appreso soltanto nel 2015 di essere stato esposto a rischio ambientale; la natura risarcitoria del diritto esercitato.

Per scrutinare le doglianze dell’appellante è necessario tratteggiare la normativa di riferimento.

La legge n. 257 del 1992, emanata dopo la sentenza di condanna della Corte di giustizia n. 240 del 1990, disponendo la cessazione dell’uso dell’amianto, ha introdotto diverse misure di sostegno alle imprese e ai lavoratori che, alla data di entrata in vigore della legge stessa, non si trovassero già in pensione, prevedendo all’articolo 13, comma 8, come modificato dal decreto legge n. 169 del 1993, convertito dalla legge n. 271 del 1993, il beneficio contributivo di ottenere la rivalutazione del periodo lavorativo di esposizione con il coefficiente 1,5 a favore di coloro che fossero stati esposti all’amianto per oltre dieci anni.

L’art. 47 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, ha modificato, per ragioni di contenimento della spesa pubblica, la previgente normativa a decorrere dall’1/10/2003, nei seguenti termini, come già evidenziato dal giudice di primo grado: ha ridotto il coefficiente di rivalutazione del servizio da 1,5 a 1,25, limitandone l’applicabilità alla quantificazione delle prestazioni pensionistiche e non anche a quello della maturazione del diritto a pensione; ha individuato come beneficiari i lavoratori, anche non coperti da assicurazione I.N.A.I.L., che per un periodo non inferiore a dieci anni fossero stati esposti all’amianto, con una concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore lavorative al giorno; ha introdotto l’obbligo della certificazione rilasciata dall’I.N.A.I.L.; ha previsto un termine di decadenza di 180 giorni, decorrente dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale di un apposito decreto interministeriale, entro il quale i lavoratori interessati - compresi quelli a cui era stata rilasciata la relativa certificazione in data antecedente all’1/10/2003 - dovevano presentare la relativa domanda alla competente sede dell’I.N.A.I.L. (il termine è scaduto il 15/6/2005 a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 295 del 17/12/2004 del decreto interministeriale del 27 ottobre 2004).

Il comma 6 bis del citato articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003, introdotto dalla legge di conversione n. 326 del 2006, dettato per agevolare il passaggio da un regime normativo ad un altro e garantire l’applicazione della più favorevole disciplina previgente ha stabilito: “Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscono di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento”.

Tale disposizione normativa non contemplava, tuttavia, i lavoratori che, alla predetta data del 2/10/2003, avessero già ottenuto la certificazione dall’I.N.A.I.L. e si è provveduto con l’articolo 3, comma 132, della legge n. 350 del 2003 che ha stabilito: “In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 02.10.2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’I.N.A.I.L. o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall’I.N.A.I.L.”

Il suddetto disposto normativo, quindi, pur presupponendo la disciplina introdotta dall’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, è intervenuto ad escluderne l’applicabilità, con salvezza della precedente, per ulteriori categorie di assicurati.

Orbene, la Corte di cassazione da tempo (ex multis n. 21862/2004, n. 15679/2006, n. 8649/2012, n. 28090/2017) e con condivisibile motivazione, ha sostenuto che “in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all’amianto, la legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 132, che – con riferimento alla nuova disciplina introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, comma 1 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326) – ha fatto salva l’applicabilità della precedente disciplina, prevista dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, per i lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 abbiano avanzato domanda di riconoscimento all’I.N.A.I.L. od ottenuto sentenza favorevoli per cause avviate entro la medesima data, va interpretato nel senso che:
a) per maturazione del diritto deve intendersi la maturazione del diritto a pensione;
b) tra coloro che non hanno ancora maturato il diritto a pensione, la salvezza concerne esclusivamente gli assicurati che, alla data indicata, abbiano avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva”.

Tale conclusione non muta per l’effetto della pubblicazione del decreto interministeriale del 27 ottobre 2004 perché, quale fonte di rango secondario per dare attuazione all’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, non può che collocarsi nel solco tracciato dalla fonte primaria, con la conseguenza che il riferimento, per l’applicazione della disciplina previgente, a coloro che abbiano già maturato, alla data del 2/10/2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, deve essere necessariamente inteso con riferimento a coloro che abbiano già maturato il diritto a pensione.

Da quanto sopra esposto ne consegue che per tutti gli interessanti la salvezza della previgente disciplina normativa che non prevedeva alcun termine di decadenza riguarda esclusivamente coloro che alla data di entrata in vigore della legge n. 275 del 1992 hanno maturato il diritto a pensione sia pure per effetto della rivalutazione contributiva prevista dall’articolo 13 della legge n. 257 del 1992.

Arricchito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento rispetto a quanto contenuto nella sentenza impugnata, le doglianze dell’appellante, volte a sostenere l’applicabilità della normativa antecedente all’articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, senza quindi alcun termine decadenziale, non possono essere accolte perché questi non ha in alcun modo provato di avere maturato alla data del 2/10/2003 il diritto alla pensione (anzi dagli atti risulta il contrario, essendo stato assunto in servizio il 21/9/1992) o di avere avviato un procedimento amministrativo o giudiziario (il ricorso in primo grado è stato depositato il 20/2/2017) .

Ad una soluzione diversa non è possibile giungere né in base al principio di non contestazione dei fatti di causa da parte dell’I.N.P.S. nel giudizio di primo grado, non sussistente in base all’esame della memoria di costituzione e, comunque, erroneamente invocato dall’appellante con riferimento ad una questione di interpretazione di norme giuridiche, né con la qualificazione soggettiva dell’azione proposta come risarcitoria poiché il termine di decadenza è stato introdotto dal legislatore per la fattispecie astratta - nella quale rientra perfettamente il caso concreto de quo - e prescinde dalle modalità con le quali sia stata introdotta l’azione giudiziaria da parte dell’interessato.

In tale contesto, ove il legislatore ha voluto apporre un termine decadenziale per l’esercizio di un diritto, appare del tutto irrilevante il momento in cui l’interessato abbia avuto contezza dell’avvenuta esposizione all’amianto; del resto, a fronte di una lunga produzione normativa, iniziata nel 1992, appare quanto mai anomalo che la conoscenza dell’avvenuta esposizione all’amianto sia stata acquisita solo nel 2015.

Né è possibile procedere, come richiesto, ad una disapplicazione del citato articolo 47 del decreto legge n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, tenuto conto che l’interpretazione fornita da questo collegio, in armonia tra l’altro con l’orientamento della Corte di cassazione, appare coerente con il complesso sistematico normativo antecedente e susseguente alla citata disposizione legislativa.

Per quanto riguarda la doglianza avente ad oggetto la “mancata pronuncia sulla domanda di accertamento in ordine alla condizione di esposizione ad amianto” anche “in prospettiva di eventuali domande di riconoscimento di causa di servizio e/o pensione privilegiata per danni da amianto” che il giudice di primo grado ha ritenuto assorbita dalla decisione adottata deve puntualizzarsi che, al di là di ogni questione procedurale, agli atti non risulta provata la presentazione di una apposita domanda amministrativa che sia stata rigettata con provvedimento espresso o sulla quale si sia formato il silenzio rifiuto; solo nell’ambito di detto limitato perimetro questa Corte ha giurisdizione, mentre la prospettiva dell’appellante volta ad ottenere una pronuncia giurisdizionale sulla questione appare generica, poco comprensibile e soprattutto legata ad un interesse meramente eventuale che potrebbe prospettarsi in futuro e, comunque, non è meritevole di alcuna tutela in questo momento.

In ultimo, non sussistono i presupposti per un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea per violazione del principio di non discriminazione di cui agli articoli 141 e 157 del trattato o alla Corte costituzionale per violazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 35, 36, 37, 38, 111 della Carta fondamentale al di là della non chiara esposizione delle ragioni che dovrebbero rendere non infondate le questioni prospettate.

Innanzitutto, non si comprende quale discriminazione avrebbe subito il ricorrente “rispetto a posizioni di altri colleghi di lavoro, eguali dal punto di vista di fatto e di diritto, che hanno potuto vedere applicata la stessa maggiorazione solo perché l’ente ha applicato la normativa sull’amianto”; il principio di non discriminazione presuppone situazioni identiche che nel caso in esame, al di là della non provata affermazione dell’appellante, non può sussistere tra coloro che hanno esercito un diritto entro il termine di decadenza e coloro che non lo hanno fatto; non si ravvisa, quindi, nessuna violazione della normativa comunitaria, tra l’altro non puntualmente e chiaramente indicata da parte attrice.

Poi, l’introduzione di un congro termine di decadenza all’esercizio di un diritto, dettato anche e soprattutto da ragioni di contenimento della spesa pubblica da ricollegarsi alla quantificazione certa degli oneri economici discendenti dall’introduzione di benefici previdenziali aggiuntivi rispetto al diritto a pensione - che nella presente fattispecie non è in discussione - non appare in alcun modo discriminatorio quale spartiacque per l’applicazione di differenti normative né si pone in contrasto con alcuna norma costituzionale poiché, si ripete, non è in discussione il diritto a pensione dell’appellante.

Tenuto conto del non univoco orientamento giurisprudenziale in materia, sussistono i presupposti di legge per compensare le spese di lite.

P. Q. M.

La Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana - definitivamente pronunciando, rigetta
- l’appello avverso la sentenza n. 144 del 2018 della sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana che conferma e compensa le spese di lite.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 9 aprile 2019.
L’Estensore Il Presidente
f.to (Dott. Giuseppe Colavecchio) f.to (Dott. Giovanni Coppola)
DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali” dispone che a cura della Segreteria venga apposta, in calce alla su estesa sentenza, l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo 52 nei riguardi della parte e dei terzi.
Il Presidente
f.to (Dott. Giovanni Coppola)


Sentenza e Decreto depositati in Segreteria il 16 aprile 2019


Il Direttore della Segreteria
f.to (Dott. Fabio Cultrera)
In esecuzione del Provvedimento soprariportato, ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi della parte e dei terzi.
Palermo, 16 aprile 2019
Il Direttore della Segreteria
F.to (Dott. Fabio Cultrera)
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Re: inail riconoscimento dell'esposizione all'amianto

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supervalutazione.

1) - Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Roma – Sezione Terza Lavoro, in accoglimento della domanda del ricorrente, dichiarava il diritto dello stesso alla richiesta supervalutazione e condannava l’INPS al pagamento delle conseguenti differenze sulla pensione in godimento senza che tuttavia l’Istituto provvedesse alla sua esecuzione ….

2) - il ricorrente è stato esposto ad inalazione ed assorbimento di amianto per una concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro ……

Il TAR LAZIO precisa:

3) - il ricorso va pertanto accolto nei termini di cui appresso, anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato sul precedente specifico in materia, (C. Stato, sezione III, 19 marzo 2018, n. 1718) laddove l’Alto Consesso ha posto in evidenza che in base alla giurisprudenza di legittimità sulla materia, considerato che il beneficio di cui all’art. 13 cit. assolve alla principale funzione di agevolare il conseguimento della pensione massima ai lavoratori esposti al cd “rischio amianto” è ottenibile solo da coloro che non abbiano raggiunto il massimo della prestazione conseguibile ossia le 2080 settimane ovvero 40 anni di contribuzione.
----------------------------------------

SENTENZA sede di ROMA, sezione SEZIONE 3Q, numero provv.: 201911053

Pubblicato il 17/09/2019

N. 11053/2019 REG. PROV. COLL.
N. 08653/2018 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8653 del 2018, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Cinzia Pietrograzia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Giotto, n. 3-E;

contro
Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.g.;

per l'ottemperanza
al giudicato formatisi sulla sentenza n. -OMISSIS- emessa dal Tribunale Civile di Roma – Sezione Terza Lavoro;


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2019 la dott.ssa Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato all’INPS -OMISSIS-, parte ricorrente espone che, essendo stato esposto per il periodo 15 dicembre 1960 – 31 dicembre 1985 ad amianto in concentrazioni superiori a 100 fibre per litro, durante il servizio svolto alle dipendenze della -OMISSIS- chiamava in giudizio l’INPS per ottenere il beneficio di cui all’art. 13, comma 8 della legge n. 257 del 1992 come modificata dalla L. n. 271 del 1993.

Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Roma – Sezione Terza Lavoro, in accoglimento della domanda del ricorrente, dichiarava il diritto dello stesso alla richiesta supervalutazione e condannava l’INPS al pagamento delle conseguenti differenze sulla pensione in godimento senza che tuttavia l’Istituto provvedesse alla sua esecuzione, nonostante la notifica in forma esecutiva in data -OMISSIS-.

2. Pertanto l’interessato ha proposto il ricorso in esame chiedendo che sia accertata la mancata esecuzione della sentenza del Tribunale di Roma Sezione Lavoro n. -OMISSIS- e che ne sia ordinata l’esecuzione all’INPS condannando l’Istituto al pagamento allo stesso della somma dovutagli a titolo di differenze sulla pensione in godimento dal -OMISSIS- all’esito del ricalcolo della stessa sulla base del punto a) del dispositivo indicando il termine entro il quale l’adempimento dovrà essere eseguito o in caso di inottemperanza chiede la nomina di un commissario ad acta che provveda in via sostitutiva con condanna dell’INPS al pagamento degli interessi e della rivalutazione come per legge.

3. L’INPS non risulta costituito in giudizio.

4. Pervenuto il ricorso per la trattazione alla camera di consiglio del 9 luglio 2019 il Collegio lo ha trovato in parte fondato, come nel prosieguo verrà disaminato.

Il dispositivo della sentenza del Tribunale di Roma di cui parte ricorrente chiede l’esecuzione testualmente stabilisce che:

“a) dichiara il diritto del ricorrente alla supervalutazione di cui all’art. 13, comma 8 della L. n. 257/1992 e s.m., con applicazione del coefficiente di 1,5 del periodo di contribuzione che va dal -OMISSIS-;

b) condanna l’INPS al pagamento, in favore del ricorrente, delle conseguenti differenza sulla pensione in godimento dal -OMISSIS-, oltre alla maggior somma tra rivalutazione istat ed interessi legali da oggi al soddisfo;

c) respinge la domanda avente ad oggetto il premio;

d) condanna l’INPS alla rifusione, in favore del ricorrente, delle spese di difesa, che liquida in E. 2.610,00 di cui E. 20,00 per spese, E. 1.030,00 per dritti, E. 1.560,00 per onorari, oltre S.G., Iva e Cpa da distrarsi; pone definitivamente a carico dell’INPS le spese di CTU liquidate con separato decreto;…”.

L’INPS con nota a prot. -OMISSIS- recante ad oggetto “Esecuzione sentenza n. -OMISSIS- Tribunale di Roma” ha testualmente risposto ad un sollecito di parte ricorrente come segue:

“Si comunica che a seguito della sentenza in oggetto è stata riesaminata la posizione contributiva del Sig. -OMISSIS-. E’ stato rilevato, tuttavia, che la pensione -OMISSIS- risulta già calcolata sulla massima anzianità contributiva riconoscibile nel Fondo Trasporti prima della sua soppressione (36 anni, pari al 90% della retribuzione pensionabile dell’ultimo anno).

“L’anzianità contributiva accreditata nella posizione assicurativa del sig. -OMISSIS- (presa a base per il calcolo della pensione), infatti è pari a 39 anni 6 mesi e 14 gg; non è stato possibile, pertanto, attribuire alcuna maggiorazione.”.

A fronte di tale nota parte ricorrente oppone che l’applicazione della sentenza comporta che “l’anzianità contributiva, ai fini del ricalcolo della pensione del Sig. -OMISSIS-, deve essere da parte dell’INPS maggiorata di 12,5 anni di contribuzione in più in virtù della moltiplicazione per il coefficiente 1,5 dei 25 anni di lavoro esposto alle fibre di amianto, ossia da sommare ai 39 anni 6 mesi e 14 giorni, a titolo di beneficio previsto e disposto a norma dell’art. 13, comma 8, della L. 257 del 1992, come modificata dalla L. 271 del 1993. Vale a dire che l’INPS avrebbe dovuto e deve dare esecuzione alla sentenza in parola ricalcolando la pensione (n. -OMISSIS-) in godimento al Sig. -OMISSIS- dal -OMISSIS- sulla base di effettivi 39 anni 6 mesi e 14 giorni + 12,5 anni di contribuzione in più dovutigli in virtù della emarginata sentenza del Tribunale Lavoro di Roma ormai passata in giudicato, per un totale pari a 52 anni e 14 giorni di contribuzione ai fini del ricalcolo della pensione e del pagamento delle conseguenti differenze in favore del Sig. -OMISSIS- con decorrenza -OMISSIS-sino a tutt’oggi, anziché sulla base dei soli effettivi 39 anni 6 mesi e 14 giorni.”

La tesi di parte ricorrente è tuttavia smentita dalla accurata ricostruzione operata dal Tribunale di Roma che nella ridetta sentenza a n. -OMISSIS- di cui si chiede l’esecuzione ha chiarito che in base alla CTU effettuata, il ricorrente è stato esposto ad inalazione ed assorbimento di amianto per una concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro, con un valore medio per otto ore al giorno nel periodo dal -OMISSIS-.

Poiché la soglia rilevante è una soglia di concentrazione media annua ed il ricorrente è andato in pensione a -OMISSIS-, il Tribunale ha chiarito che il coefficiente da applicare per la supervalutazione è quello di 1,5 e non quello di 1,25 ridimensionato dall’art. 47, comma 1 della Legge n. 326/2003.

Il Tribunale conclude, dunque, che “l’INPS va pertanto condannato al pagamento in favore del ricorrente delle differenze sul trattamento pensionistico derivante dalla accertata supervalutazione con gli accessori di legge (art. 16, comma 6 della legge n. 412/91).”

Da tale motivazione della sentenza si ricava sostanzialmente che l’applicazione del beneficio statuita dal Tribunale di Roma comporta la supervalutazione del servizio prestato dall’interessato per il periodo di sottoposizione alle polveri di amianto secondo il coefficiente di 1,5 previsto dalla norma originaria prima della modifica intervenuta nel 2003 e non nella aggiunta di ulteriori anni come sopra calcolato dall’interessato.

5. In questo senso, poiché dalla nota in data -OMISSIS- non è chiaro se l’Istituto, che peraltro non risulta costituito in giudizio, abbia proceduto al riesame della posizione del ricorrente secondo tali esplicite disposizioni recate dalla sentenza di cui enuncia l’esecuzione, il ricorso va pertanto accolto nei termini di cui appresso, anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato sul precedente specifico in materia, (C. Stato, sezione III, 19 marzo 2018, n. 1718) laddove l’Alto Consesso ha posto in evidenza che in base alla giurisprudenza di legittimità sulla materia, considerato che il beneficio di cui all’art. 13 cit. assolve alla principale funzione di agevolare il conseguimento della pensione massima ai lavoratori esposti al cd “rischio amianto” è ottenibile solo da coloro che non abbiano raggiunto il massimo della prestazione conseguibile ossia le 2080 settimane ovvero 40 anni di contribuzione.

E poiché, come sopra evidenziato, in assenza di costituzione dell’Istituto, il ricorrente ha prestato servizio dal -OMISSIS-, quindi per trentatrè anni e non è chiaro se i 39 anni 6 mesi e 14 gg attribuitigli siano il frutto della supervalutazione ex art. 13, comma 8 della L. n. 257/1992, come risulterebbe dalla nota del-OMISSIS- sopra richiamata, l’INPS dovrà dunque dare corretta esecuzione alla sentenza del Tribunale di Roma – Sezione Terza Lavoro a n. -OMISSIS- ed in tale forma notificata all’INPS l’-OMISSIS-, rimasta non ottemperata né appellata, come risulta dal certificato di non interposto giudizio di secondo grado rilasciato dal competente ufficio della Corte di Appello di Roma in data -OMISSIS-. Assegna per l’esecuzione il termine di trenta giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

Si nomina sin da ora, come richiesto dal ricorrente, per il caso di perdurante inadempimento dopo il decorso di tale termine di trenta giorni, quale Commissario ad acta il Prefetto di Roma o un funzionario all’uopo delegato, il quale dovrà provvedere agli adempimenti sostitutivi entro l’ulteriore termine di sessanta giorni dietro presentazione di specifica istanza dell’interessato e previa verifica dell’eventuale adempimento nelle more intervenuto.

Il compenso del commissario ad acta viene liquidato sin da ora in euro 800,00 a carico del bilancio dell’INPS fermo restando che il detto commissario dovrà comunque produrre al termine dell’incarico documentata relazione attestante l'avvenuto espletamento dell'attività affidatagli.

6. Le spese del giudizio di ottemperanza vanno poste a carico dell’amministrazione nella misura indicata in motivazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), pronunciando sul ricorso in ottemperanza in epigrafe indicato, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e per l’effetto:

1) ordina all’INPS di dare corretta esecuzione alla sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Terza Lavoro n. -OMISSIS- a favore del ricorrente nel termine di 30 (trenta) giorni decorrenti dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza;

2) in caso di inesecuzione, nel termine predetto, nomina sin d’ora quale Commissario ad acta il Prefetto di Roma o un funzionario all’uopo delegato, il quale Commissario dovrà provvedere agli adempimenti sostitutivi, dietro presentazione di specifica istanza dell’interessato, entro l’ulteriore termine di sessanta giorni dalla ricezione della predetta istanza, secondo le modalità in motivazione indicate;

3) condanna l’INPS intimato al pagamento delle spese di giudizio direttamente al procuratore in epigrafe indicato, spese che liquida in euro 800,00 (ottocento/00) ed al pagamento del compenso del Commissario ad acta che viene liquidato in euro 800,00, fermi restando gli incombenti di cui in motivazione a carico dello stesso.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Savoia, Presidente
Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore
Paolo Marotta, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Pierina Biancofiore Riccardo Savoia





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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