Il Precariato nelle Forze Armate

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Il Precariato nelle Forze Armate

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Il c.d. Precariato Militare in ambito Difesa – Trasporti – Finanze (vds: Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare, Arma dei Carabinieri, Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, e Corpo della Guardia di Finanza), è seguitato alla complessa riorganizzazione delle FFAA sul modello professionale, ed in particolare al disposto normativo afferente la stessa “professionalizzazione” (cfr: LEGGE 14 novembre 2000, n. 331 , DECRETO LEGISLATIVO 8 maggio 2001, n. 215 , LEGGE 23 agosto 2004, n. 226).
Infatti, nonostante il significativo appellativo dato al “sistema” testé citato, il servizio militare e le tutele previste per i lavoratori professionisti/professionali sono rimaste, per così dire, più legate ad un retaggio dell'Ancien Regime, che ad un effettivo studio di settore dell'impiego del personale a tempo determinato operante al giorno d'oggi.
A fortiori di un giudizio di inattuale oltre che anacronistica legislazione, frutto di un'antiquata e sorpassata considerazione del personale delle FFAA, depone la circostanza che già con il DECRETO LEGISLATIVO 6 settembre 2001, n. 368, parte della stessa richiamata normativa è stata sostanzialmente abrogata.
Stupisce, addirittura che, per quel che concerne gli Ufficiali Ausiliari, non esista alcuna tutela previdenziale, od alcun ammortizzatore sociale; cosa peggiore, risulta significativa la totale disapplicazione di tutte le Misure volte adagevolare l'inserimento dei volontari congedati nel mondo del lavoro.
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La quaestio fondamentale è legata alla precipua circostanza che mentre in “Europa” si discuteva dei diritti di tutti dei lavoratori a tempo determinato (Direttiva 70/99/CE), contestualmente in Italia si approvava, sulla scorta di un antiquato canovaccio, la riportata normativa sulla professionalizzazione, che, disattendendo tutte le misure adottate in campo internazionale, contraddiceva il portato di pensiero oltre che il concreto “dispositivo Comunitario”.
Il risultato fu la riproposizione di “vecchie figure”, pur sempre volontarie, ma completamente decontestualizzate rispetto alla realtà ed ai tempi; avulse come sono dalle regole e dagli stessi contorni ora, come allora, assunti dalla nuova figura di lavoratore a tempo determinato nell'odierno mondo del mercato del lavoro, tanto che questi appartenga al settore “privato”, quanto al comparto del pubblico impiego (cfr: brevi periodi di lavoro, acquisizione di alta specializzazione, facilità di reinserimento in altro ambiente lavorativo per una continua riconversione dell'attività, ma, anche e soprattutto, garanzie del lavoratore a tempo determinato trattenuto per periodi non giustificabili aldilà delle esigenze di una particolare contingenza) -.
Nel merito, risulta all'evidenza dei fatti il continuo ricorso al richiamo temporaneo in servizio degli ufficiali ausiliari, prova comprovata dell'utilizzo indiscriminato ed indisciplinato di periodi di ferma e rafferma pluriennali, cui sono stati vincolati tutti gli ufficiali ausiliari a far data dal luglio 2001.
Infatti, la proroga del servizio a termine di detti uff.li non risulterebbe giustificata da alcuna “motivazione obbiettiva” (in contrasto la direttiva 70/99/CE e con la Direttiva n. 7 del 30 aprile 2007, esplicativa della “stabilizzazione”, art.1, c.519, L.n296/06); proprio perché gli incarichi ricoperti, non verrebbero a determinarsi in seguito a necessità contingenti, quanto, piuttosto, per assolvere ad un servizio permanente (vds. Relazione del Capo di SM della Marina Militare al CASD - gli organici degli Ufficiali subalterni della Marina Militare sono inferiori al numero necessario per il buon funzionamento della FA).
Congedare detto personale per riassumerne di nuovo risulta, pertanto, solo un inutile dispendio di risorse pubbliche, in contrasto con le attuali disposizioni normative volte al risparmio, alla razionalizzazione della spesa, e, quindi, all'efficienza del servizio pubblico.
Lo stato ha manifestato un'esigenza di funzionari militari per assolvere ad incarichi propri del servizio Permanente Effettivo; ha, quindi, bandito un concorso per titoli ed esami, al quale hanno liberamente e volontariamente partecipato molti giovani.
I vincitori di concorso hanno risposto ad effettive carenze andando a ricoprire, il più delle volte incarichi di capo ufficio per periodi di tempo tali da determinare un sicuro “sfruttamento” degli anni migliori per proporsi nel mondo del mercato del lavoro.
Per inciso, l’ultimo Documento programmatico del Corpo delle Capitanerie di Porto datato 2006, quanto a personale, detta l’esigenza di un aumento di ufficiali subalterni del servizio permanente, riscontrabile in 100 unità circa, rispetto all'organica (comprensiva di forza ausiliare) che in detto anno (2006) non soffriva l'attuale deficit della categoria degli uff.li subalterni.
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In considerazione di tanto ne discende il dovere di anticipare alla lettura del presente blog, una considerazione di carattere generale: la definizione di “precariato in ambito militare”; poiché è questa che detta la nostra azione principe volta alla tutela di un diritto soggettivo acquisito dal singolo.

L'organico militare c.d. “precario”, corrisponde a tutto il personale di cui all'art.111 del D.p.r. 237/64, reclutato ai sensi delle citate leggi sulla professionalizzazione, che venga trattenuto (rafferme/esigenze di FFAA) o richiamato, di modo tale da maturare un periodo di servizio omologo - stesso ruolo: Ufficiale, sottufficiale, o militare di truppa - complessivamente superiore ai trentasei (36) mesi nel Corpo/Arma d'appartenenza.

Tutti coloro i quali si riferiscano a detta categoria hanno DIRITTO ad ottenere il SERVIZIO PERMANENTE EFFETTIVO (cfr: rapporto di lavoro a tempo indeterminato), non tanto, e, non solo ai sensi del c.519, L.n.296/06 – e, più in generale, di tutta la “normativa di settore” dello “stato membro Italia” -, ma pure, e soprattutto, in virtù delle odierne disposizioni Comunitarie.
Infatti con direttiva 70/99/CE, l'Europa ha decretato l'accordo quadro sul tempo determinato da applicarsi entro il 10 luglio 2001 in tutto il territorio comunitario.
L'Italia ha recepito nel proprio ordinamento la disciplina in parola con il DECRETO LEGISLATIVO 6 settembre 2001, n. 368 , nel quale, in particolare, ha ordinato l'impossibilità a porre un termine temporale - anche se previsto da legge - al servizio “a tempo determinato”, qualora lo stesso risulti superiore ai 36 mesi in virtù di proroga, consentendone la trasformazione “a tempo indeterminato”.
E' necessario sottolineare che, al pari di quanto disposto nella Direttiva Comunitaria, le Forze Armate, e, più in generale, tutto il Comparto Sicurezzanon sono esclusi dal campo di applicazione del decreto legislativo (cfr: art10, D.Lgs. n.368/01) e che dalla data di entrata in vigore del decreto in parolasono abrogate tutte le disposizioni di legge che sono comunque incompatibili e non sono espressamente richiamate nel decreto legislativostesso.
Tale legge è stata interpretata in favore del solo personale dell'impiego privato fino alla fine dell'anno 2006.
A smentire detta erronea e parziale convinzione è intervenuta la Corte di Giustizia Europea, che ha sancito il beneficio in parola – trasformazione del rapporto a tempo indeterminato – anche per il personale del Pubblico Impiego(vds: sentenza 4 luglio 2006, cause ruoli C 212/04, ma soprattutto C-53/04 e C-180/04).
Infatti, come era già stato stabilito in precedenti sentenze, le deroghe previste dal Trattato riguardano solo le norme relative alla libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi, e non le disposizioni in materia sociale del Trattato. In conformità ad una costante giurisprudenza, la direttiva si applica ai rapporti d'impiego nel settore pubblico (procedimento C-273/97).
In particolare risulta dalla stessa formulazione della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro, che il campo di applicazione di quest’ultimo viene inteso in senso lato, riguardando in maniera generale i lavoratori a tempo determinato dotati di un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge (in particolare, tutti gli ufficiali ausiliari ai sensi del combinato del disposto normativo di cui all'art.3, c.1, lett.d), L.n.331/2000, e all'art.21, D.Lgs.n.215/2001).
In conseguenza di ciò, il governo italiano, onde scongiurare gravosi ricorsi, ha stabilito una normativa sulla c.d. “stabilizzazione” per TUTTO IL PERSONALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE in possesso del sopra riportato requisito – 36 mesi di servizio -, ovvero nella possibilità di maturarlo nel corso dell'anno 2007 in virtù di proroga ante 29.09.2006 (cfr: L.n.296/2006, art.1, cc417 – 420, 519, 523, 526, e seguenti); contestualmente, è corso ai ripari imponendo il blocco delle assunzioni a tempo determinato (proprio per evitare di ritrovarsi nelle condizioni che hanno preceduto le citate sentenze della C.G.E., luglio-settembre 2006).
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Risulta ora di fondamentale importanza sottolineare che per “l'Europa” non esiste alcuna differenza tra i dipendenti - o i diritti che gli stessi abbiano maturato - della Pubblica Amministrazione, sia che si tratti di appartenenti all'ambito “civile”o del “comparto sicurezza”.
Le forze armate italiane sono dotate di una struttura amministrativa, di natura civile, che è presumibilmente destinata, in diverse occasioni, a “lavorare a fianco” dei militari addirittura con le medesime qualifiche e compiti (vds, anche: nel caso degli ufficiali, la comune qualifica di funzionario dello Stato italiano).
A fortiori, nell'ambito di applicazione delle “disposizioni europee”, si riporta quanto statuito nella sentenza della Corte di Giustizia ruolo C-285/98: “la Commissione considera che la direttiva, che si applica ai rapporti di impiego nel servizio pubblico, si applica ai rapporti di impiego nelle Forze armate... Infatti, come la Corte ha già affermato, il Trattato prevede deroghe da applicare in situazioni che possono compromettere la pubblica sicurezza soltanto in ipotesi eccezionali chiaramente delimitate (le quali concernano situazioni di guerra o di gravi tensioni internazionali che costituiscano minaccia di guerra). Non è lecito dedurne una riserva generale, inerente al Trattato, che escluda dall'ambito d'applicazione del diritto comunitario qualsiasi provvedimento adottato per motivi di pubblica sicurezza.L'ammettere l'esistenza di una riserva del genere, prescindendo dai presupposti specifici stabiliti dal Trattato, rischierebbe di compromettere la forza cogente e l'applicazione uniforme del diritto comunitario.”
Dette deroghe pertanto non possono essere applicate a decisioni degli Stati membri concernenti l'arruolamento nelle forze armate in situazioni normali!
Peraltro, per quel che concerne il Comparto Sicurezza (Forze Armate e Forze di Polizia), nel procedimento C-273/97 si sancisce che la nozione di pubblica sicurezza ai sensi degli articoli del Trattato, comprende tanto la sicurezza interna (cfr: Polizia di stato, Arma dei Carabinieri, Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, e Corpo della Guardia di Finanza, ecc) degli Stati membri, quanto la loro sicurezza esterna (Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare, Arma dei Carabinieri, Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, e Corpo della Guardia di Finanza).
Infatti, secondo il noto principio di legittimità, seguitando i termini stessi dell’art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70 (cfr: sentenza C 212/04 - gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva) -, la L.n.296/06, art.1, cc.519, 526, prevede la stabilizzazione anche del personale delle Forze Armate.
Tant'è vero che anche se le modalità di attuazione di siffatte norme attengono all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere tuttavia meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) - cfr: sentenze causa C 312/93, nonché C 212/04.
Ovvero anche, nel caso di specie, che le decisioni adottate dagli Stati membri in materia di accesso all'impiego, di addestramento professionale e dicondizioni di lavoro nelle forze armate allo scopo di garantire l'efficienza bellica, non sono escluse dall'ambito d'applicazione del diritto comunitario (procedimento C-273/97).
***
In definitiva all'Europa interessa tutelare il diritto soggettivo del singolo dipendente militare, stimando impossibile considerarlo alieno ai diritti fondamentali sostenuti per i pari colleghi “civili” della stessa P.A.: vi può essere una specificità del servizio, non una differenziazione del valore dello stesso!
La natura delle attività militari in sé non è, infatti, sufficiente a legittimare l'applicazione di disparità di trattamento/deroghe al trattato e, quindi, al contenuto alla direttiva 70/99/CE (applicato in Italia con D.Lgs.368/01).
In ultima si ricorda che fin quando vi sarà un procedimento, in materia di stabilizzazione del personale precario delle FFAA, “sub iudice” - circostanza attinente la fattispecie -, la riportata pendenza non potrà mai sostenersi definita – è realtà di DIRITTO, non volontà dell'Amministrazione!
In particolare, preme segnalare che, in virtù dell'annosa problematica, è stata sottoposta ai giudici del Consiglio di Stato una “questione pregiudiziale” da proporre alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

Nonostante necessiti un urgente provvedimento al fine di rendere la normativa afferente il reclutamento delle Forze Armate dello Stato membro Italia conforme agli obblighi comunitari, senza trascurare .i reiterati tentativi di soluzione proposti alla quaestio in parola, l'Amministrazione tarda a prendere una decisione.
Tutto ciò in virtù del fatto che i Dirigenti responsabili vivono nella illusoria convinzione, che anche nel caso di sconfitta, non dovranno pagarne il fio!
Ma attenzione al RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE!


In ultima, quanto al Diritto comunitario, si ricorda che l'art. 2 CE dispone che la Comunità ha il compito di promuovere nell'insieme della Comunità, mediante l'instaurazione di un mercato comune e di un'unione economica e monetaria e mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche,un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un elevato grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell'ambiente ed il miglioramento della qualità di quest'ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri.
L'art. 3, n. 2, CE sancisce che, nell'ambito delle azioni a norma del n. 1 di questo articolo condotte per il conseguimento degli scopi enunciati all'art. 2 CE,[la] Comunità (...) mira ad eliminare le inuguaglianze.

A VOI LE CONCLUSIONI
"...Il ministro (On. Antonio MARTINO) ha quindi affermato che la prevista abolizione del servizio di leva obbligatorio si tradurrà in una forza armata ridotta, ma formata da uomini e donne più addestrati, meglio pagati e meglio equipaggiati. Secondo quanto scrive la testata, il ministro ha indicato che ENTRO IL GENNAIO DEL 2007, MESE IN CUI TUTTI I MILITARI SARANNO PROFESSIONISTI A TEMPO INDETERMINATO, le forze armate dovrebbero contare 190.000 unità rispetto alle attuali 300.000."(Daily Telegraph, Londra, 21-02-2002)


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Re: Il Precariato nelle Forze Armate

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Tar Sardegna

19/06/2013 201300476 Sentenza 1


per l'annullamento
1) del Decreto n. 14/09 del Ministero della Difesa, pubblicato in G.U. n. 5 del 20.01.2009, con il quale veniva indetta la procedura speciale per la stabilizzazione di Ufficiali in ferma prefissata, ausiliari del ruolo speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri per gli anni 2007 e 2008, nella parte in cui non contempla il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato;

IL TAR scrive:

(ecco alcuni passaggi).

1) - Va rammentato che la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, intitolata “Principio di non discriminazione”, chiarisce che “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”.

2) - Come chiarito espressamente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E., la direttiva - e, conseguentemente, la normativa interna di recepimento – trova applicazione anche con riguardo ai datori di lavoro che siano Pubbliche Amministrazioni (cfr. in relazione ad una questione sollevata dal Tribunale di Genova, Corte giustizia U.E., sez. II, 7 settembre 2006, in C-53/04, par. 39 ss.). La stessa Corte di Giustizia, nella citata sentenza del 18 ottobre 2012 (nelle cause riunite da C-302/11 a C-305/11), precisa che, al fine di verificare se in una determinata ipotesi sussista una discriminazione del lavoratore a tempo determinato rispetto al lavoratore a tempo indeterminato, occorre “anzitutto, esaminare la comparabilità delle situazioni in esame e poi, in un secondo momento, verificare l’esistenza di un’eventuale giustificazione oggettiva” (punto 41 della sentenza)


3) - La verifica circa la comparabilità delle situazioni postula l’accertamento che il lavoratore a tempo determinato eserciti, al tempo dell’asserita discriminazione, le medesime mansioni dei colleghi lavoratori a tempo indeterminato.


4) - La soluzione, alla luce del richiamato orientamento affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza citata, deve essere nel senso di ritenere equiparabili il servizio svolto come Tenente in ferma prefissata e quello effettuato come Tenente in servizio permanente effettivo, non evidenziandosi né una diversità di mansioni né alcuna (altra) ragione che sul piano oggettivo giustifichi una diversa qualificazione dei due periodi di servizio considerati.

Omissis

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, così dispone:

Omissis
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Re: Il Precariato nelle Forze Armate

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Il Tar del Lazio accoglie il ricorso presentato nel 2015.

Con decreto n. 14/09 del Ministero della Difesa, con il quale veniva indetta la procedura speciale per la stabilizzazione di ufficiali in ferma prefissata, ausiliari del ruolo speciale e tecnico-logistico dell’Arma dei Carabinieri per gli anni 2007 e 2008

Il Tar scrive:

- Ciò detto, permangono da valutare la domanda di riconoscimento dell’anzianità pregressa, maturata nel corso del periodo di servizio prestato a tempo determinato, e, ancora, la domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive dovute.

- Tali domande sono meritevoli di positivo riscontro ai sensi e nei limiti di seguito indicati.

- Il Collegio non ravvisa, infatti, validi motivi per discostarsi da precedenti pronunce emesse in materia e, pertanto, ribadisce – in stretta aderenza, in particolare, alla decisione del Consiglio di Stato, Sezione Seconda, n. 4965 del 30 giugno 2021 e alla sentenza del TAR Lazio, Roma, Sez. I bis, 8 febbraio 2022, n. 1462quanto segue:

OMISSIS

Il Tar precisa in seguito:

1) - Da quanto sopra esposto deriva come conseguenza anche il riconoscimento del relativo livello retributivo: deve, pertanto, ritenersi fondata anche la domanda di accertamento e condanna dell’Amministrazione alla somma richiesta a titolo di differenze retributive tra quanto percepito quale ufficiale durante il servizio prestato a tempo determinato e quanto dovuto quale ufficiale in servizio permanente, oltre rivalutazione monetaria e interessi medio tempore maturati, ma - comunque - nei limiti in cui non è da ritenersi maturata la prescrizione quinquennale, formalmente eccepita dall’Amministrazione nella memoria depositata in giudizio.

2) - In sintesi, è meritevole di accoglimento la domanda proposta dalla ricorrente di riconoscimento dell’anzianità maturata in virtù del servizio prestato a tempo determinato (ossia, “in ferma prefissata”) e, come conseguenza, la domanda afferente il riconoscimento del relativo livello retributivo, con connessa condanna dell’Amministrazione alla corresponsione delle somme dovute a titolo di differenze retributive tra quanto da essa percepito come ufficiale “a tempo determinato” e quanto percepito dai suoi colleghi assunti a tempo indeterminato, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, nei limiti in cui non è maturata la prescrizione estintiva quinquennale, .... OMISSIS

N.B.: per completezza leggete il tutto nell'allegato in quanto sono spiegati altri motivi.
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