Fondo Edifici di Culto

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Fondo Edifici di Culto

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Quesito in ordine all’applicabilità del D.P.R. 13/9/2005 n. 296 ai beni immobili di proprietà del Fondo Edifici di Culto.

1) - Il patrimonio immobiliare del Fondo edifici di culto è costituito da appartamenti, negozi, fabbricati, caserme, terreni e compendi forestali il cui reddito, che ammonta nel 2014 a circa 3 milioni e 600 mila euro, ed è finalizzato, in base alla citata legge 222/1985, alla conservazione, al restauro, alla tutela ed alla valorizzazione degli edifici di culto di proprietà.

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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201601924 - Public 2016-09-15 -

Numero 01924/2016 e data 15/09/2016


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 20 luglio 2016


NUMERO AFFARE 01832/2015

OGGETTO:
Ministero dell'interno - dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione.

Quesito in ordine all’applicabilità del D.P.R. 13/9/2005 n. 296 ai beni immobili di proprietà del Fondo Edifici di Culto;

LA SEZIONE
Vista la relazione con la quale il Ministero dell'interno dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo;

PREMESSO:
Il Ministero dell’interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Direzione Centrale per l’amministrazione del fondo edifici di culto, area I - amministrazione del patrimonio fruttifero, chiede al Consiglio di Stato un parere in merito alla normativa da applicarsi in materia di locazione del patrimonio immobiliare di proprietà del Fondo medesimo.

Allo scopo illustra quanto segue.

Il Fondo Edifici di Culto, istituito con legge 20 maggio 1985 n. 222, è succeduto al Fondo per il culto ed alle altre aziende di culto soppresse dalla citata legge, acquisendo la proprietà dei rispettivi patrimoni in forza delle c.d. "leggi eversive" che avevano disposto la soppressione degli ordini religiosi ed il trasferimento dei relativi beni allo Stato.

Il patrimonio immobiliare del Fondo edifici di culto è costituito da appartamenti, negozi, fabbricati, caserme, terreni e compendi forestali il cui reddito, che ammonta nel 2014 a circa 3 milioni e 600 mila euro, ed è finalizzato, in base alla citata legge 222/1985, alla conservazione, al restauro, alla tutela ed alla valorizzazione degli edifici di culto di proprietà.

Per il raggiungimento di tali obiettivi il Fondo ha improntato l’amministrazione del proprio patrimonio fruttifero a criteri di sempre maggiore efficienza e redditività, concretizzando, nella puntuale osservanza della normativa vigente, una proficua e razionale utilizzazione dei singoli beni.

In particolare, per quanto riguarda gli immobili destinati ad uso abitativo è stato emanato il D.P.R. 8 dicembre 2007, n. 276 recante “Regolamento concernente i criteri e le modalità per l’affidamento in locazione ad uso abitativo dei beni immobili appartenenti ai Fondo edifici di culto”, il quale all’art. 6 prevede che la locazione dei medesimi avvenga previo esperimenti di pubblici incanti, verso la corresponsione dei canoni accertati dai competenti uffici dell’Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate).

Per quanto riguarda invece gli immobili destinati ad un uso diverso da quello abitativo, il Fondo Edifici di Culto fa riferimento alla disciplina civilistica vigente in materia, nonché, ove applicabile, al disposto del Capo Il del D.P.R. 13/9/2005, n. 296 e recante “Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato”. Anche in tali casi la locazione avviene di norma previo esperimento di pubblici incanti, verso la corresponsione, dei canoni accertati dai competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Per la locazione a favore di Comuni o Associazioni o Enti religiosi, prima dell’entrata in vigore del citato D.P.R. n. 296/2005 il Fondo Edifici di Culto ha applicato la legge 11 luglio 1986, n.390, in virtù del rinvio dinamico contenuto nella legge n. 222/85, nella parte in cui dispone che il Fondo Edifici di Culto è amministrato in base alle norme che regolano le gestioni patrimoniali dello Stato, come affermato nel parere n. 1263 del 18/10/1989 del Consiglio di Stato. La legge del 1986 disciplinava “le concessioni e le locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello stato in favore di enti o istituti culturali, degli enti pubblici territoriali, delle unità sanitarie locali, di ordini religiosi e degli enti ecclesiastici” e prevedeva la concessione o locazione dei beni statali agli enti o istituzioni che ne avevano diritto verso il pagamento di un canone ricognitorio annuo pari a Lire 100.000 ovvero di un canone agevolato pari al 10% del canone ordinario.

A seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 296/2005, che ha abrogato e sostituito la legge n. 390/1986, l’Amministrazione del Fondo Edifici di Culto si è trovata, di fatto, nell’impossibilità di rinnovare i contratti a suo tempo stipulati a canone agevolato ovvero a stipularne di nuovi in favore di alcuni Comuni che intendono ottenere in uso gratuito immobili insistenti sul territorio per destinarli a sedi di attività socio-culturali, per lo svolgimento di attività di stretta competenza dell’Ente Civico ovvero per usi scolastici. Ciò in quanto, ai sensi della richiamata normativa attualmente vigente, la determinazione del canone agevolato, con riferimento ai limiti percentuali di riduzione da applicare al canone ordinario, è demandata ad una apposita Commissione istituita presso la Direzione generale dell’Agenzia del Demanio (art. 12 D.P.R. n. 296/2005), mentre la determinazione dei canoni locativi dei beni del Fondo è demandata all’Agenzia delle Entrate.

Conseguentemente, parte del patrimonio immobiliare di proprietà del Fondo Edifici di Culto, ed in particolare quello che per la sua specifica natura risulta di difficile collocazione sul mercato immobiliare in quanto costituito da immobili di origine ecclesiastica ma ricompresi ormai da tempo nel patrimonio fruttifero del Fondo – quali locali conventuali eccedenti gli ambienti concessi gratuitamente all’Autorità ecclesiastica per gli usi pastorali, compendi ex-conventuali come Abbazie e monasteri, di immobili già destinati a luoghi di culto ma da tempo non più officiati nonchè di aree di risulta di ex chiese – frequentemente ubicato in piccoli comuni ed in pochi casi di rilevante interesse storico-artistico, attualmente risulta per la massima parte inutilizzato ovvero, in alcuni casi, ancora utilizzato di fatto dagli Enti locali per usi connessi alle proprie finalità istituzionali. Ciò è fonte di notevoli diseconomie, data la necessità di manutenzione degli immobili per la loro vetustà.

Il Fondo Edifici di Culto ha applicato, nei casi in cui ne ricorrevano i presupposti, l’articolo 27 del citato D.P.R. 13/9/2005 n. 296, concedendo alcuni immobili a enti religiosi o a istituzioni che perseguono rilevanti finalità umanitarie o culturali a fronte del pagamento di un canone ricognitorio annuo pari ad euro 150. I decreti prefettizi di approvazione di tali contratti sono stati regolarmente registrati dalla Corte dei Conti.

Ultimamente alcune Sezioni Regionali della Corte dei Conti hanno manifestato perplessità sull’applicazione del D.P.R. n. 296/2005 ai beni immobili di proprietà del Fondo ritenendo che tale normativa si applichi esclusivamente ai beni demaniali ovvero che nell’applicazione al Fondo si segua la procedura di cui all’art. 12 per la determinazione del canone agevolato da parte della specifica Commissione del Demanio.

Da ciò due quesiti, relativi:

1) alla applicabilità del D.P.R. 13/9/2005 n. 296 e beni di proprietà del Fondo Edifici di Culto;

2) in caso affermativo, alla possibilità di fare riferimento all’Agenzia delle Entrate nei casi in cui la citata normativa prevede le competenze dell’Agenzia del Demanio relativamente alla quantificazione dei canoni agevolati.

CONSIDERATO:

Con i pareri n. 265/89 e n. 4399/03 il Consiglio di Stato ha osservato che beni di cui è titolare il Fondo devono essere tenuti distinti dai beni demaniali e patrimoniali dello Stato, in quanto destinati a specifiche finalità che attengono ai rapporti fra Stato italiano e Santa Sede, regolati da un regime concordatario ai sensi dell’art. 7 della Costituzione.

Si pone pertanto il problema dell’applicabilità agli stessi del D.P.R. n. 296/2005, il cui art. 1 definisce l’ambito della normativa con riferimento ai beni demaniali.

La soluzione patrocinata dal Ministero richiedente è nel senso dell’applicabilità di questa normativa nel rispetto del regime di specialità dei beni di proprietà del Fondo, sull’assunto che, avendo il D.P.R. n. 296/2005 sostituito la legge n. 390/1986, per esso vale lo stesso ragionamento in ordine al rinvio operato dalla legge n. 222/85.

L’argomento appare persuasivo, atteso che l’art. 56 di detta legge prevede che “Il Fondo edifici di culto ha personalità giuridica ed è amministrato in base alle norme che regolano le gestioni patrimoniali dello Stato con i privilegi, le esenzioni e le agevolazioni fiscali ad esse riconosciuti”.

Si tratta di un rinvio cd. formale, che adegua automaticamente il contenuto della disposizione ai cambiamenti nelle fonti richiamate che si succedono nel tempo, comportando – oggi – il richiamo al citato D.P.R. n. 296/2005, che detta il “Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato”.

Tuttavia, occorre considerare l’art. 58 della legge 222/85, secondo cui “I proventi del patrimonio del Fondo edifici di culto, integrati nella misura di cui al terzo comma dell'articolo 50, sono utilizzati per la conservazione, il restauro, la tutela e la valorizzazione degli edifici di culto appartenenti al Fondo, nonché per gli altri oneri posti a carico del Fondo stesso”.

È lo stesso Ministero richiedente a mettere in evidenza – anche con un altro quesito deciso nella stessa adunanza e relativo alla possibilità di investire i proventi derivanti dalla negoziazione del beni patrimoniali in titoli di Stato – come il principio ispiratore del sistema normativo in esame sia quello della redditività del patrimonio, in vista del perseguimento degli scopi istituzionali del Fondo, come scolpiti dalla disposizione appena citata. Appare contraddittorio in questa prospettiva estendere automaticamente e in modo indiscriminato la disciplina generale della concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato, in particolare per quanto attiene ai canoni.

La Sezione pertanto ha chiesto al Ministero riferente un approfondimento su tale profilo e ha disposto di acquisire l’avviso dell’Agenzia delle Entrate sulle questioni poste.

Il Ministero osserva che la possibilità di applicazione della disciplina in esame agli immobili del R.E.C. consentirebbe all’Amministrazione di mettere a reddito e comunque di rendere fruibile una importante porzione del patrimonio che, diversamente, continuerebbe ad essere inutilizzato, rimanendo un onere a carico di questa Amministrazione. Fermo restando, infatti, che per quanto riguarda i beni ad uso abitativo, le procedure di collocazione sul mercato immobiliare continuerebbero ad attuarsi nel rispetto della normativa vigente, mediante l’adozione delle più adeguate ed idonee forme di pubblicità finalizzate alla scelta del contraente, l’applicabilità del D.P.R. 13/9/2005 n. 296 riguarderebbe principalmente il patrimonio di origine ecclesiastica costituito da complessi conventuali quali Abbazie e monasteri, da immobili già destinati a luoghi di culti ma da tempo non più officiati, da aree di risulta di ex chiese nonché da locali conventuali eccedenti gli ambienti concessi all’Autorità ecclesiastica come Rettorie.

Il citato D.P.R. n. 296/2005 prevede che la concessione a titolo gratuito ovvero a canone agevolato degli immobili statali sia comunque subordinata all’assunzione degli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria da parte del locatario.

Per parte propria l’Agenzia delle Entrate richiama l’articolo 64, comma 3-bis, del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 300, in forza del quale, “ferme le attività di valutazione immobiliare per le amministrazioni dello Stato di competenza dell’Agenzia del demanio” è competente a svolgere le attività di valutazione immobiliare e tecnico-estimative richieste dalle pubbliche amministrazioni. Le predette attività, a norma dello stesso comma 3-bis, sono disciplinate mediante accordi, secondo quanto previsto dall’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Tali accordi prevedono, tra l’altro, il rimborso dei costi sostenuti dall’Agenzia, la cui determinazione è stabilita nella convenzione col Ministero dell’Economia e delle Finanze prevista dall’articolo 59 del citato decreto legislativo n. 300 del 1999.

Pertanto, il decreto legislativo n. 300/1999 se da un lato offre la possibilità alle pubbliche amministrazioni di richiedere l’espletamento di servizi estimativi all’Agenzia delle Entrate, dall’altro dispone che l’Agenzia svolga le attività richieste nei termini e nei limiti di competenza indicati nella norma medesima.

In generale, le richieste di prestazione all’Agenzia da parte del Fondo Edifici di Culto rientrano in tale contesto normativo; pertanto, in quanto non di competenza dell’Agenzia del Demanio, esse sono regolate da specifici accordi sottoscritti tra le Prefetture delle province in cui ricadono gli immobili oggetto di stima e le strutture periferiche dell’Agenzia territorialmente competenti. In particolare, poi, in materia di locazione dei beni immobili ad uso abitativo appartenenti al FEC, una specifica norma (art. 6 comma 1 del D.P.R. 8 dicembre 2007, n. 276) stabilisce che l’ex Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate) accerta “il canone commisurato ai pressi praticati in regime di libero mercato […]”.

L’Agenzia delle Entrate precisa che l’eventuale competenza in ordine alla determinazione del suddetto canone agevolato sarebbe limitata alla stima del canone di mercato (canone ordinario), in analogia con quanto già previsto per gli immobili ad uso abitativo come sopra accennato. Infatti, l’azione di verifica sui requisiti di legge posseduti o meno dal soggetto beneficiario di un canone agevolato, nonché la quantificazione della percentuale da applicare al canone ordinario ai fini della determinazione dell’effettivo ammontare del canone agevolato, non possono essere svolte da questa Agenzia, in quanto tali attività non rientrano nelle competenze tecnico-istituzionali ad essa attribuite per norma.

Alla luce di quanto precede, la Sezione ritiene di dover dare risposta affermativa a entrambi i quesiti.

In particolare, per quanto attiene all’applicabilità del D.P.R. 13/9/2005 n. 296 ai beni di proprietà del Fondo Edifici di Culto, i chiarimenti forniti dal Ministero permettono si superare le perplessità evidenziate con riferimento al principio di redditività del patrimonio.

Il dato storico dimostra che gli immobili interessati, nonostante i tentativi effettuati nel corso degli anni per la messa a reddito attraverso la locazione o la vendita ad asta pubblica e/o trattativa privata, risultano inutilizzati e che il precario stato manutentivo in cui versa tale patrimonio – a causa della sua vetustà e del suo protratto inutilizzo – comporta un notevole impegno economico per il bilancio del F.E.C. il quale si trova spesso a dover intervenire a salvaguardia della pubblica incolumità con il finanziamento di interventi di somma urgenza. Applicando il regime giuridico in discussione, l’immobile verrebbe conservato e valorizzato e ciò costituirebbe un consistente risparmio economico, addossando tutti gli oneri manutentivi, ordinari e straordinari, al locatario.

Di fatto, dunque, l’estensione della normativa generale non appare incoerente con quanto già stabilito dall’art. 97, comma 1 Cost. per le Amministrazioni pubbliche in generale e, a maggior ragione, valido per il Fondo Edifici di Culto.

Con riferimento al secondo quesito, la possibilità di fare riferimento all’Agenzia delle Entrate deve essere riconosciuta nei termini e nei limiti di cui al parere fornito dall’Ente in questione.

P.Q.M.

Nei termini di cui sopra è il parere del Consiglio di Stato




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Mario Luigi Torsello




IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli


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