Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
Per opportuna notizia.
Sentenza giustissima.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Art. 53 comma 2 lett. b) del D.L.vo 26 marzo 2011 n. 151.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00678/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00410/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 410 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS.;
contro
Questura di Salerno; Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr. Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;
per l’annullamento del provvedimento del Questore … dicembre 2008 e dell’allegata nota della Direzione centrale delle risorse umane 16 stessi mese ed anno che respingono la richiesta della ricorrente di usufruire dall’esenzione dal lavoro notturno e dai turni di reperibilità ai sensi dell’art. 53 lett. b) D.L.vo n. 151/2001,
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1-La dott. OMISSIS, ……….. della Polizia di Stato, in data …… settembre 2008 ha chiesto al Questore di Salerno l’esonero dal lavoro notturno ai sensi dell’art. 53 n. 2 lett. b) del D.L.vo 151/2001 in quanto madre unica affidataria di minore.
La domanda è stata tuttavia respinta con il provvedimento impugnato col quale il Questore ha fatto proprie le argomentazioni contenute nell’allegata nota della Direzione generale delle risorse umane 15 dicembre 2008.
Di qui il ricorso in esame con il quale l’interessata ha lamentato la violazione della norma sopra indicata, degli artt. 2 e 3 D.L.vo n. 66/2003 dell’art. 2 D.L.vo 532/1999 nonché il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà dei presupposti di fatto.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata la cui difesa, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità della parte del ricorso diretta all’annullamento della nota della Direzione generale da considerare atto endoprocedimentale e, per la restante parte ha chiesto la reiezione per infondatezza.
La Sezione ha accolto la domanda cautelare della ricorrente con l’ordinanza 314/2009, successivamente confermata in appello.
Alla pubblica udienza del 5 aprile 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2-In relazione all’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa resistente, per dimostrarne l’infondatezza, il Collegio ritiene sufficiente rilevare che non sussiste inammissibilità del ricorso per impugnazione di un atto endoprocedimentale qualora, oltre all'atto intermedio - nella specie, la nota ministeriale - venga impugnata anche la determinazione negativa dell'amministrazione che conclude il procedimento.
3-Nel merito, il ricorso risulta fondato.
L’art. 53 comma 2 lett. b) del D.L.vo 26 marzo 2011 n. 151 è testuale nel prevedere che <non sono obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni>.
Tale norma ha portata generale e, pertanto, come già evidenziato dalla Sezione con l’ordinanza cautelare n. 314/2009 successivamente confermata in appello, trova sicuramente applicazione anche in favore degli appartenenti alle forze di polizia che si trovino nella situazione dalla stessa descritta.
Né in sede di applicazione della norma possono assumere rilievo, da una parte, la distinzione che l’Amministrazione ha tentato di introdurre tra <lavoro notturno> ed espletamento del <turno di disponibilità anche in ore notturne> e, dall’altra parte, la circostanza che l’impiego di in turni di disponibilità non comporta necessariamente la qualificazione dell’addetto quale <lavoratore notturno>.
Smentisce la valenza della sopra descritta distinzione la piana lettura dell’art. 1 D.L.vo 8 aprile 2003 n. 66 – emanato, giova ricordarlo, per dare attuazione organica alla direttiva 93/104/CE del Consiglio del 23 novembre 1993, così come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 2000- secondo il quale è da considerare lavoro notturno qualsiasi prestazione lavorativa effettuata per un <periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino>; ne consegue che anche l’espletamento del turno di reperibilità in tale fascia oraria è sicuramente lavoro notturno.
Smentisce la valenza della seconda circostanza la constatazione che, già in base alla lettera della norma da applicare, ai fini della non esigibilità delle prestazioni lavorative, rileva esclusivamente la circostanza che la prestazione deve essere resa nel periodo ricompreso tra la mezzanotte e le cinque del mattino mentre non assume alcun rilievo la qualifica di <lavoratore notturno> che, ai sensi dell’art. 1 lett. e) D.L.vo 8 aprile 2003 n. 55, allo scopo di assicurargli diverse ed ulteriori tutele, acquisisce qualsiasi lavoratore < che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale o che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro>, fermo restando che, <in difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno>.
Né, sul piano logico, la soluzione avrebbe potuto essere diversa.
La norma invocata dalla ricorrente ha una funzione facilmente comprensibile: quella di impedire che il genitore unico affidatario del minore convivente sia costretto a venir meno ai suoi doveri di protezione e cure sanciti dalla convenzione sui diritti del fanciullo ratificata con la L. 27 maggio 1991 n. 176 , proprio nelle ore in cui è ancora più problematico trovare soluzioni alternative.
Tanto risulta ancora più vero allorché, come può avvenire proprio in caso di espletamento del turno di reperibilità, l’esigenza di recarsi sul luogo di lavoro si può palesare improvvisamente e con gli estremi dell’assoluta urgenza.
3-Tanto basta per l’accoglimento del ricorso e per l’annullamento degli atti impugnati.
Le spese di giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento in favore della ricorrente delle spese di giudizio che, comprensive di diritti, onorari ed altre competenze, sono liquidate in complessivi € 1200,00 (milleduecento)
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Onorato, Presidente, Estensore
Francesco Mele, Consigliere
Giovanni Grasso, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/04/2012
Sentenza giustissima.
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Art. 53 comma 2 lett. b) del D.L.vo 26 marzo 2011 n. 151.
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N. 00678/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00410/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 410 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS.;
contro
Questura di Salerno; Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr. Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;
per l’annullamento del provvedimento del Questore … dicembre 2008 e dell’allegata nota della Direzione centrale delle risorse umane 16 stessi mese ed anno che respingono la richiesta della ricorrente di usufruire dall’esenzione dal lavoro notturno e dai turni di reperibilità ai sensi dell’art. 53 lett. b) D.L.vo n. 151/2001,
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1-La dott. OMISSIS, ……….. della Polizia di Stato, in data …… settembre 2008 ha chiesto al Questore di Salerno l’esonero dal lavoro notturno ai sensi dell’art. 53 n. 2 lett. b) del D.L.vo 151/2001 in quanto madre unica affidataria di minore.
La domanda è stata tuttavia respinta con il provvedimento impugnato col quale il Questore ha fatto proprie le argomentazioni contenute nell’allegata nota della Direzione generale delle risorse umane 15 dicembre 2008.
Di qui il ricorso in esame con il quale l’interessata ha lamentato la violazione della norma sopra indicata, degli artt. 2 e 3 D.L.vo n. 66/2003 dell’art. 2 D.L.vo 532/1999 nonché il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà dei presupposti di fatto.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata la cui difesa, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità della parte del ricorso diretta all’annullamento della nota della Direzione generale da considerare atto endoprocedimentale e, per la restante parte ha chiesto la reiezione per infondatezza.
La Sezione ha accolto la domanda cautelare della ricorrente con l’ordinanza 314/2009, successivamente confermata in appello.
Alla pubblica udienza del 5 aprile 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2-In relazione all’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa resistente, per dimostrarne l’infondatezza, il Collegio ritiene sufficiente rilevare che non sussiste inammissibilità del ricorso per impugnazione di un atto endoprocedimentale qualora, oltre all'atto intermedio - nella specie, la nota ministeriale - venga impugnata anche la determinazione negativa dell'amministrazione che conclude il procedimento.
3-Nel merito, il ricorso risulta fondato.
L’art. 53 comma 2 lett. b) del D.L.vo 26 marzo 2011 n. 151 è testuale nel prevedere che <non sono obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni>.
Tale norma ha portata generale e, pertanto, come già evidenziato dalla Sezione con l’ordinanza cautelare n. 314/2009 successivamente confermata in appello, trova sicuramente applicazione anche in favore degli appartenenti alle forze di polizia che si trovino nella situazione dalla stessa descritta.
Né in sede di applicazione della norma possono assumere rilievo, da una parte, la distinzione che l’Amministrazione ha tentato di introdurre tra <lavoro notturno> ed espletamento del <turno di disponibilità anche in ore notturne> e, dall’altra parte, la circostanza che l’impiego di in turni di disponibilità non comporta necessariamente la qualificazione dell’addetto quale <lavoratore notturno>.
Smentisce la valenza della sopra descritta distinzione la piana lettura dell’art. 1 D.L.vo 8 aprile 2003 n. 66 – emanato, giova ricordarlo, per dare attuazione organica alla direttiva 93/104/CE del Consiglio del 23 novembre 1993, così come modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 2000- secondo il quale è da considerare lavoro notturno qualsiasi prestazione lavorativa effettuata per un <periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino>; ne consegue che anche l’espletamento del turno di reperibilità in tale fascia oraria è sicuramente lavoro notturno.
Smentisce la valenza della seconda circostanza la constatazione che, già in base alla lettera della norma da applicare, ai fini della non esigibilità delle prestazioni lavorative, rileva esclusivamente la circostanza che la prestazione deve essere resa nel periodo ricompreso tra la mezzanotte e le cinque del mattino mentre non assume alcun rilievo la qualifica di <lavoratore notturno> che, ai sensi dell’art. 1 lett. e) D.L.vo 8 aprile 2003 n. 55, allo scopo di assicurargli diverse ed ulteriori tutele, acquisisce qualsiasi lavoratore < che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale o che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro>, fermo restando che, <in difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno>.
Né, sul piano logico, la soluzione avrebbe potuto essere diversa.
La norma invocata dalla ricorrente ha una funzione facilmente comprensibile: quella di impedire che il genitore unico affidatario del minore convivente sia costretto a venir meno ai suoi doveri di protezione e cure sanciti dalla convenzione sui diritti del fanciullo ratificata con la L. 27 maggio 1991 n. 176 , proprio nelle ore in cui è ancora più problematico trovare soluzioni alternative.
Tanto risulta ancora più vero allorché, come può avvenire proprio in caso di espletamento del turno di reperibilità, l’esigenza di recarsi sul luogo di lavoro si può palesare improvvisamente e con gli estremi dell’assoluta urgenza.
3-Tanto basta per l’accoglimento del ricorso e per l’annullamento degli atti impugnati.
Le spese di giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento in favore della ricorrente delle spese di giudizio che, comprensive di diritti, onorari ed altre competenze, sono liquidate in complessivi € 1200,00 (milleduecento)
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Onorato, Presidente, Estensore
Francesco Mele, Consigliere
Giovanni Grasso, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/04/2012
Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
La parte interessante della sentenza di cui sopra è:
1)- L’art. 53 comma 2 lett. b) del D.L.vo 26 marzo 2011 n. 151 è testuale nel prevedere che <non sono obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni>.
Tale norma ha portata generale e, pertanto, come già evidenziato dalla Sezione con l’ordinanza cautelare n. 314/2009 successivamente confermata in appello, trova sicuramente applicazione anche in favore degli appartenenti alle forze di polizia che si trovino nella situazione dalla stessa descritta.
2)- La norma invocata dalla ricorrente ha una funzione facilmente comprensibile: quella di impedire che il genitore unico affidatario del minore convivente sia costretto a venir meno ai suoi doveri di protezione e cure sanciti dalla convenzione sui diritti del fanciullo ratificata con la L. 27 maggio 1991 n. 176 , proprio nelle ore in cui è ancora più problematico trovare soluzioni alternative.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
Cordialmente
1)- L’art. 53 comma 2 lett. b) del D.L.vo 26 marzo 2011 n. 151 è testuale nel prevedere che <non sono obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni>.
Tale norma ha portata generale e, pertanto, come già evidenziato dalla Sezione con l’ordinanza cautelare n. 314/2009 successivamente confermata in appello, trova sicuramente applicazione anche in favore degli appartenenti alle forze di polizia che si trovino nella situazione dalla stessa descritta.
2)- La norma invocata dalla ricorrente ha una funzione facilmente comprensibile: quella di impedire che il genitore unico affidatario del minore convivente sia costretto a venir meno ai suoi doveri di protezione e cure sanciti dalla convenzione sui diritti del fanciullo ratificata con la L. 27 maggio 1991 n. 176 , proprio nelle ore in cui è ancora più problematico trovare soluzioni alternative.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
Cordialmente
Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
Figli minorenni, “monoparenterale”, o “affido condiviso”?
Beneficio dell’esonero dai servizi notturni.
Interessante sentenza.
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N. 00316/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00142/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale =142= del =2012=, proposto da OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Elvio Fortuna, con domicilio eletto presso Roberta Roccetti in Pescara, via Trieste,125;
contro
Ministero dell'INTERNO, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata per legge in L'Aquila;
per l'annullamento
del decreto Uff. Pers. Div. I Cat. 1. 2.13/ Prot.nr. 0103/2012 del 12/01/2012 con il quale il Questore della Provincia di Pescara ha rigettato l'istanza della ricorrente, in servizio presso la Divisione anticrimine della Questura di Pescara, tendente a ottenere l'esonero dei servizi notturni ; nonché di ogni altro atto presupposto, contestuale, successivo e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2012 il cons. Dino Nazzaro e uditi per le parti i difensori specificati nel verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, dipendente della P.S., in servizio presso la Questura di OMISSIS, ha chiesto di beneficiare dell’esonero dai servizi notturni, in base al D.Lgs. n.151/26.3.2001 ed ai sensi dell’art.15 L. n. 53/8.3.2000, fino al compimento degli anni =12= dei due figli minori. L’Amministrazione, facendo applicazione di una circolare Inps (n.8/17.1.2003), ha sostenuto che l’esonero “monoparenterale”, presupporrebbe l’affidamento esclusivo dei figli minori, mentre nel suo caso vi é un “affido condiviso”.
Nella fattispecie viene, invero, stigmatizzato il completo disinteresse da parte del padre, che abita a OMISSIS, e si fa presente come i figli minori, bisognevoli di cure, siano in effetti affidati alle cure della madre con la quale abitano a OMISSIS.
L’interessata ha fatto presente l’esistenza di un’effettiva situazione monoparenterale, ottenendo di fatto l’esonero dai servizi in orario notturno, che, però, nel tempo é venuto meno, per essere sempre più impiegata in tali servizi.
In data 12.1.2012 (notificato il 28.1.2012) vi é stato il rigetto dell’istanza, nel mentre la medesima ha provveduto a richiedere (24.2.2012) un provvedimento (art.710 cpc) di modifica dell’affido.
Le censure pongono in evidenza la violazione della L. n.151/26.3.2001, del D. Lgs. n.66/8.4.2003, del DPR. n.51/16.4.2009.
Alla pubblica udienza la causa é stata assegnata a decisione.
==La questione posta dalla ricorrente é quella del valore da dare alla espressione “lavoratori in situazione monoparenterale”, allorquando si ha una situazione di genitore che convive in via esclusiva con i minori, anche se “affidatario” in condivisione.
Va preliminarmente osservato come la circolare Inps é del 17.1.2003, allorquando la L. n. 54/8.2.2006 (affido condiviso) non esisteva; il principio di ragionevolezza impone all’Amministrazione di valutare con adeguatezza le singole fattispecie.
Il decreto impugnato fa riferimento al provvedimento del Tribunale dei minorenni de L’Aquila (1.2.2010) per quel che lo stesso prevede come “diritti” del genitore con affido condiviso, deducendo che “le modalità ed i tempi ivi previsti sono da ritenere compatibili con la presenza di almeno uno dei genitori, in relazione ai rispettivi orari di lavoro”; si aggiunge che la richiedente “solo raramente potrebbe essere chiamata a prestare servizio notturno” e che vi sarebbe un “obbligo per entrambi i genitori di attendere alla gestione straordinaria della prole in forma condivisa e previamente concordata”, ritenendosi che “entrambi i genitori hanno l’obbligo di collaborazione”.
Le argomentazioni esposte peccano di astrattezza, in quanto quelli che sono i “diritti” riconosciuti ad un genitore, presuppongono il loro effettivo esercizio, ed il cd. dovere di collaborazione, in relazione alle “esigenze di lavoro”, postulerebbe un impegno preciso dei due dipendenti con la stessa Amministrazione, in modo da dare la certezza di assistenza ai minori (Convenzione dei diritti del fanciullo, ratificata con L. n. 176/27.5.1991).
Allorquando solo una parte fa la domanda di esonero dal turno notturno, é evidente che sulla stessa grava il maggior peso dell’assistenza, stante il “collocamento presso la madre” dei due figli minori, né l’Amministrazione ha un potere costrittivo verso l’altro genitore, tenuto solo a rispettare (non esercitare) i tempi e le modalità di frequentazione stabilite dal Tribunale dei minori.
In un contesto giuridico così labile, é preminente la situazione della madre convivente, particolarmente per il periodo notturno; considerazione questa fatta propria dal Dipartimento della P.S. Ufficio I – Affari Generali e Giudici (nota 29.8.2008, n.333-A/9807.F.6.2/8425).
Il D.Lgs. n. 151/2001 (art.53) prevede, per il lavoro notturno, il non obbligo per l’unico “genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni”; la norma collega l’affidamento alla convivenza, il che dovrebbe far ritenere, in ipotesi di affido condiviso, come resta sempre decisiva la convivenza.
Stessa indicazione é contenuta nel D.Lgs. n. 66/8.4.2003 e nel DPR n. 51/16.4.2009 (art. 18, comma I°, lett. d).
In effetti, al di là delle possibili interpretazioni ministeriali e/o previdenziali, l’affido condiviso non fa venir meno il diritto all’esonero per la madre che obiettivamente é l’unica ad avere cura dei figli con lei conviventi e cui va riconosciuta una posizione analoga alla situazione monoparentale.
Il ricorso é accolto.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo- Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo ACCOGLIE e per l’effetto ANNULLA l’atto impugnato.
CONDANNA il convenuto Ministero al pagamento delle spese di giudizio (onorari di avvocato, diritti procuratori e spese vive), liquidare in complessivi €3000,00=, oltre il rimborso del C.U. (art. 2, n. 35-bis D. L. n.138/13.8.2011) e degli accessori di legge (Iva, Cpa, art.14 D.M. Giustizia n. 127/2004).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Michele Eliantonio, Consigliere
Dino Nazzaro, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/06/2012
Beneficio dell’esonero dai servizi notturni.
Interessante sentenza.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00316/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00142/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale =142= del =2012=, proposto da OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Elvio Fortuna, con domicilio eletto presso Roberta Roccetti in Pescara, via Trieste,125;
contro
Ministero dell'INTERNO, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata per legge in L'Aquila;
per l'annullamento
del decreto Uff. Pers. Div. I Cat. 1. 2.13/ Prot.nr. 0103/2012 del 12/01/2012 con il quale il Questore della Provincia di Pescara ha rigettato l'istanza della ricorrente, in servizio presso la Divisione anticrimine della Questura di Pescara, tendente a ottenere l'esonero dei servizi notturni ; nonché di ogni altro atto presupposto, contestuale, successivo e conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2012 il cons. Dino Nazzaro e uditi per le parti i difensori specificati nel verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, dipendente della P.S., in servizio presso la Questura di OMISSIS, ha chiesto di beneficiare dell’esonero dai servizi notturni, in base al D.Lgs. n.151/26.3.2001 ed ai sensi dell’art.15 L. n. 53/8.3.2000, fino al compimento degli anni =12= dei due figli minori. L’Amministrazione, facendo applicazione di una circolare Inps (n.8/17.1.2003), ha sostenuto che l’esonero “monoparenterale”, presupporrebbe l’affidamento esclusivo dei figli minori, mentre nel suo caso vi é un “affido condiviso”.
Nella fattispecie viene, invero, stigmatizzato il completo disinteresse da parte del padre, che abita a OMISSIS, e si fa presente come i figli minori, bisognevoli di cure, siano in effetti affidati alle cure della madre con la quale abitano a OMISSIS.
L’interessata ha fatto presente l’esistenza di un’effettiva situazione monoparenterale, ottenendo di fatto l’esonero dai servizi in orario notturno, che, però, nel tempo é venuto meno, per essere sempre più impiegata in tali servizi.
In data 12.1.2012 (notificato il 28.1.2012) vi é stato il rigetto dell’istanza, nel mentre la medesima ha provveduto a richiedere (24.2.2012) un provvedimento (art.710 cpc) di modifica dell’affido.
Le censure pongono in evidenza la violazione della L. n.151/26.3.2001, del D. Lgs. n.66/8.4.2003, del DPR. n.51/16.4.2009.
Alla pubblica udienza la causa é stata assegnata a decisione.
==La questione posta dalla ricorrente é quella del valore da dare alla espressione “lavoratori in situazione monoparenterale”, allorquando si ha una situazione di genitore che convive in via esclusiva con i minori, anche se “affidatario” in condivisione.
Va preliminarmente osservato come la circolare Inps é del 17.1.2003, allorquando la L. n. 54/8.2.2006 (affido condiviso) non esisteva; il principio di ragionevolezza impone all’Amministrazione di valutare con adeguatezza le singole fattispecie.
Il decreto impugnato fa riferimento al provvedimento del Tribunale dei minorenni de L’Aquila (1.2.2010) per quel che lo stesso prevede come “diritti” del genitore con affido condiviso, deducendo che “le modalità ed i tempi ivi previsti sono da ritenere compatibili con la presenza di almeno uno dei genitori, in relazione ai rispettivi orari di lavoro”; si aggiunge che la richiedente “solo raramente potrebbe essere chiamata a prestare servizio notturno” e che vi sarebbe un “obbligo per entrambi i genitori di attendere alla gestione straordinaria della prole in forma condivisa e previamente concordata”, ritenendosi che “entrambi i genitori hanno l’obbligo di collaborazione”.
Le argomentazioni esposte peccano di astrattezza, in quanto quelli che sono i “diritti” riconosciuti ad un genitore, presuppongono il loro effettivo esercizio, ed il cd. dovere di collaborazione, in relazione alle “esigenze di lavoro”, postulerebbe un impegno preciso dei due dipendenti con la stessa Amministrazione, in modo da dare la certezza di assistenza ai minori (Convenzione dei diritti del fanciullo, ratificata con L. n. 176/27.5.1991).
Allorquando solo una parte fa la domanda di esonero dal turno notturno, é evidente che sulla stessa grava il maggior peso dell’assistenza, stante il “collocamento presso la madre” dei due figli minori, né l’Amministrazione ha un potere costrittivo verso l’altro genitore, tenuto solo a rispettare (non esercitare) i tempi e le modalità di frequentazione stabilite dal Tribunale dei minori.
In un contesto giuridico così labile, é preminente la situazione della madre convivente, particolarmente per il periodo notturno; considerazione questa fatta propria dal Dipartimento della P.S. Ufficio I – Affari Generali e Giudici (nota 29.8.2008, n.333-A/9807.F.6.2/8425).
Il D.Lgs. n. 151/2001 (art.53) prevede, per il lavoro notturno, il non obbligo per l’unico “genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni”; la norma collega l’affidamento alla convivenza, il che dovrebbe far ritenere, in ipotesi di affido condiviso, come resta sempre decisiva la convivenza.
Stessa indicazione é contenuta nel D.Lgs. n. 66/8.4.2003 e nel DPR n. 51/16.4.2009 (art. 18, comma I°, lett. d).
In effetti, al di là delle possibili interpretazioni ministeriali e/o previdenziali, l’affido condiviso non fa venir meno il diritto all’esonero per la madre che obiettivamente é l’unica ad avere cura dei figli con lei conviventi e cui va riconosciuta una posizione analoga alla situazione monoparentale.
Il ricorso é accolto.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo- Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo ACCOGLIE e per l’effetto ANNULLA l’atto impugnato.
CONDANNA il convenuto Ministero al pagamento delle spese di giudizio (onorari di avvocato, diritti procuratori e spese vive), liquidare in complessivi €3000,00=, oltre il rimborso del C.U. (art. 2, n. 35-bis D. L. n.138/13.8.2011) e degli accessori di legge (Iva, Cpa, art.14 D.M. Giustizia n. 127/2004).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Michele Eliantonio, Consigliere
Dino Nazzaro, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/06/2012
Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
La presente notizia non c'entra con il lavoro notturno.
Questa è un'altra sentenza positiva in favore di "Tutela delle lavoratrici madri" prevista dall’art. 10 legge n. 1204/1971 per beneficiare di periodi di riposo giornaliero.
Nel caso in argomento in misura doppia avendo dato alla luce due figlie gemelle, quindi al fine di fruire di due periodi di riposo durante la giornata della durata di un’ora ciascuno in misura doppia e quindi della durata di 4 ore al giorno. (4 ore lavorative sulle complessive 6).
(“durante il primo anno di vita del bambino”)
Per tutta la vicenda connessa per anni, il Consiglio di Stato con sentenza n. 2732/2011 ha riformato la sentenza del T.A.R. Bari n. 395/2005, riconoscendo alla OMISSIS il risarcimento del danno (equitativamente liquidato in €. 5.000,00).
Per meglio lumeggiare la vicenda vi rimando alla lettura della sentenza.
Complimenti alla collega della PolStato che ha difeso i propri diritti di madre.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01525/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01083/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1083 del 2005, proposto da OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Russi e Alessandro Russi, con domicilio eletto in Bari, corso Vittorio Emanuele, 60;
contro
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- della determinazione ministeriale n. NC-333.D/28316 del 12 maggio 2005, a firma del Direttore della Divisione, comunicata alla ricorrente in data 14.6.2005, con la quale il Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale per le Risorse Umane, Servizio Sovrintendenti, Assistenti e Agenti, Sezione Stato Giuridico, Divisione 1°, ha disposto la “riduzione di due ore dell’orario di servizio” per l’agente scelto della Polizia di Stato OMISSIS, in servizio presso il Commissariato Sezionale di PS. Bari Nuova - Carrassi di Bari, e ciò “per un numero di giorni pari a quello in cui tale beneficio non era stato riconosciuto” in favore della predetta;
- di ogni altro atto ad essa presupposto, connesso e/o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e udito nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2012 per la parte ricorrente il difensore avv. Vittorio Russi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente OMISSIS (agente scelto della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato Sezionale di PS Bari Nuova - Carrassi di Bari), avendo dato alla luce due figlie gemelle in data ......1999, presentava in data 29.5.1999 istanza ai sensi della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (in tema di “Tutela delle lavoratrici madri”) al fine di fruire di due periodi di riposo durante la giornata della durata di un’ora ciascuno in misura doppia e quindi della durata di 4 ore al giorno.
Tale richiesta veniva disattesa con nota ministeriale del 20.9.1999.
Pertanto, la OMISSIS proponeva ricorso (r.g. n. 2406/1999) dinanzi a questo T.A.R. invocando la tutela cautelare.
L’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 720 dell’1.12.1999.
A seguito dell’ordinanza cautelare n. 720/1999 la OMISSIS poteva fruire - a partire dal 4.12.1999 (data di comunicazione della suddetta ordinanza) e sino al termine ex lege previsto (6.4.2000) - del doppio permesso giornaliero (4 ore lavorative sulle complessive 6).
Con sentenza n. 2789/2003 del T.A.R. Puglia, sede di Bari (non appellata) le veniva riconosciuto il diritto alla fruizione di due periodi di riposo giornaliero ai sensi dell’art. 10 legge n. 1204/1971 in misura doppia.
Tuttavia, la domanda risarcitoria azionata dalla OMISSIS con separato ricorso (r.g. n. 242/2001) veniva disattesa per carenza probatoria con sentenza n. 395/2005 del T.A.R. Puglia, sede di Bari.
Con il gravato provvedimento del 12 maggio 2005 l’Amministrazione convenuta, a distanza di sei anni dalla nascita delle gemelle, riconosceva all’interessata (in asserita esecuzione della sentenza n. 2789/2003) la fruizione del periodo residuo (i.e. riduzione di due ore dell’orario di servizio) per un numero di giorni pari a quello in cui tale beneficio non le era stato riconosciuto e cioè sino al 3.12.1999, precisando inoltre che “tale diritto dovrà essere fruito con effetto immediato e senza soluzione di continuità”.
La ricorrente impugna in questa sede il menzionato provvedimento del 12 maggio 2005.
Deduce censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 legge n. 1204/1971; difetto di motivazione: il provvedimento contestato riconoscerebbe un beneficio, spettante ex lege con riferimento ad un arco temporale predefinito (“durante il primo anno di vita del bambino”), a distanza di sei anni dalla nascita delle gemelle (e dalla adozione della ordinanza di questo T.A.R. n. 720/1999) e di circa tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza n. 2789/2003; detto provvedimento sarebbe inficiato da carenza di motivazione circa i presupposti che ne hanno legittimato l’adozione e costituirebbe una distorta ed abnorme applicazione della normativa posta a tutela delle lavoratrici madri (art. 10 legge n. 1204/1971 che riconosce alle lavoratrici madri l’esercizio del diritto ai periodi di riposo durante il “primo anno di vita del bambino”);
2) violazione del giudicato di cui alla sentenza n. 2789/2003: il mancato tempestivo riconoscimento, da parte dell’Amministrazione intimata, del diritto della ricorrente come attestato dalla sentenza di questo T.A.R. n. 2789/2003 sarebbe elusivo del dictum di detta decisione e fonte di conseguenze sul piano risarcitorio.
Si costituiva l’Amministrazione, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Invero, il Consiglio di Stato con sentenza n. 2732/2011 ha riformato la sentenza del T.A.R. Bari n. 395/2005, riconoscendo alla OMISSIS il risarcimento del danno (equitativamente liquidato in €. 5.000,00).
Inoltre, nel corso del presente giudizio, con ordinanza istruttoria n. 35/2012 è stata disposta l’acquisizione di informazioni in ordine all’esecuzione della gravata determinazione ministeriale n. NC-333.D/28316 del 12 maggio 2005 ed al pagamento della somma liquidata nella citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 maggio 2011, n. 2732 a titolo di risarcimento danni in favore dell’odierna ricorrente OMISSIS.
L’Amministrazione, nel rispondere alla menzionata ordinanza istruttoria con produzione documentale depositata in data 14 febbraio 2012, ha rimarcato che, a seguito della determinazione del 12.5.2005, la OMISSIS iniziava a fruire del beneficio per il periodo residuo (e cioè sino al 3.12.1999) a partire dal 4.7.2005.
Se ne desume che ormai la deducente ha integralmente subito gli effetti del provvedimento gravato e che lo stesso è stato totalmente eseguito.
Peraltro, risulta che la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (oltre le spese di giudizio) cui l’Amministrazione veniva condannata da Cons. Stato n. 2732/2011 è stato integralmente corrisposta all’interessata (cfr. produzione documentale del 12.2.2012).
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, non risultando più utile per la ricorrente l’annullamento del censurato provvedimento.
La OMISSIS, nella memoria depositata in data 27 aprile 2012, rileva che comunque vi è interesse (anche ai fini della proposizione di una eventuale ed ulteriore azione risarcitoria ed ai fini della condanna alle spese di lite secondo il principio della cd. soccombenza virtuale) all’accertamento dell’illegittimità (ex art. 34, comma 3 cod. proc. amm.) dell’azione amministrativa.
Ritiene questo Collegio, conformemente alla richiesta contenuta nella citata memoria, di accertare, ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm., l’illegittimità del provvedimento amministrativo gravato, stante l’arbitraria imposizione, da parte dello stesso, della fruizione del beneficio in esame con riferimento ad un arco temporale non più rispondente alla ratio dell’istituto di cui alla legge n. 1204/1971 e la consequenziale illogicità di tale imposizione a distanza di molti anni dalla nascita delle figlie della OMISSIS.
La declaratoria di sopravvenuto difetto di interesse non preclude, inoltre, una sommaria delibazione nel merito della pretesa azionata anche al fine della pronuncia sulle spese (cosiddetta soccombenza virtuale).
Il ricorso appare fondato in base a quanto accertato in precedenza ai sensi del disposto di cui all’art. 34, comma 3 cod. proc. amm.
Le spese di giudizio sostenute dalla OMISSIS devono, pertanto, essere poste a carico dell’Amministrazione resistente e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:
1) dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse;
2) accerta, ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm., l’illegittimità del provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente OMISSIS, liquidate in complessivi €. 1.500,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/07/2012
Questa è un'altra sentenza positiva in favore di "Tutela delle lavoratrici madri" prevista dall’art. 10 legge n. 1204/1971 per beneficiare di periodi di riposo giornaliero.
Nel caso in argomento in misura doppia avendo dato alla luce due figlie gemelle, quindi al fine di fruire di due periodi di riposo durante la giornata della durata di un’ora ciascuno in misura doppia e quindi della durata di 4 ore al giorno. (4 ore lavorative sulle complessive 6).
(“durante il primo anno di vita del bambino”)
Per tutta la vicenda connessa per anni, il Consiglio di Stato con sentenza n. 2732/2011 ha riformato la sentenza del T.A.R. Bari n. 395/2005, riconoscendo alla OMISSIS il risarcimento del danno (equitativamente liquidato in €. 5.000,00).
Per meglio lumeggiare la vicenda vi rimando alla lettura della sentenza.
Complimenti alla collega della PolStato che ha difeso i propri diritti di madre.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01525/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01083/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1083 del 2005, proposto da OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Russi e Alessandro Russi, con domicilio eletto in Bari, corso Vittorio Emanuele, 60;
contro
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- della determinazione ministeriale n. NC-333.D/28316 del 12 maggio 2005, a firma del Direttore della Divisione, comunicata alla ricorrente in data 14.6.2005, con la quale il Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale per le Risorse Umane, Servizio Sovrintendenti, Assistenti e Agenti, Sezione Stato Giuridico, Divisione 1°, ha disposto la “riduzione di due ore dell’orario di servizio” per l’agente scelto della Polizia di Stato OMISSIS, in servizio presso il Commissariato Sezionale di PS. Bari Nuova - Carrassi di Bari, e ciò “per un numero di giorni pari a quello in cui tale beneficio non era stato riconosciuto” in favore della predetta;
- di ogni altro atto ad essa presupposto, connesso e/o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e udito nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2012 per la parte ricorrente il difensore avv. Vittorio Russi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente OMISSIS (agente scelto della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato Sezionale di PS Bari Nuova - Carrassi di Bari), avendo dato alla luce due figlie gemelle in data ......1999, presentava in data 29.5.1999 istanza ai sensi della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (in tema di “Tutela delle lavoratrici madri”) al fine di fruire di due periodi di riposo durante la giornata della durata di un’ora ciascuno in misura doppia e quindi della durata di 4 ore al giorno.
Tale richiesta veniva disattesa con nota ministeriale del 20.9.1999.
Pertanto, la OMISSIS proponeva ricorso (r.g. n. 2406/1999) dinanzi a questo T.A.R. invocando la tutela cautelare.
L’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 720 dell’1.12.1999.
A seguito dell’ordinanza cautelare n. 720/1999 la OMISSIS poteva fruire - a partire dal 4.12.1999 (data di comunicazione della suddetta ordinanza) e sino al termine ex lege previsto (6.4.2000) - del doppio permesso giornaliero (4 ore lavorative sulle complessive 6).
Con sentenza n. 2789/2003 del T.A.R. Puglia, sede di Bari (non appellata) le veniva riconosciuto il diritto alla fruizione di due periodi di riposo giornaliero ai sensi dell’art. 10 legge n. 1204/1971 in misura doppia.
Tuttavia, la domanda risarcitoria azionata dalla OMISSIS con separato ricorso (r.g. n. 242/2001) veniva disattesa per carenza probatoria con sentenza n. 395/2005 del T.A.R. Puglia, sede di Bari.
Con il gravato provvedimento del 12 maggio 2005 l’Amministrazione convenuta, a distanza di sei anni dalla nascita delle gemelle, riconosceva all’interessata (in asserita esecuzione della sentenza n. 2789/2003) la fruizione del periodo residuo (i.e. riduzione di due ore dell’orario di servizio) per un numero di giorni pari a quello in cui tale beneficio non le era stato riconosciuto e cioè sino al 3.12.1999, precisando inoltre che “tale diritto dovrà essere fruito con effetto immediato e senza soluzione di continuità”.
La ricorrente impugna in questa sede il menzionato provvedimento del 12 maggio 2005.
Deduce censure così sinteticamente riassumibili:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 legge n. 1204/1971; difetto di motivazione: il provvedimento contestato riconoscerebbe un beneficio, spettante ex lege con riferimento ad un arco temporale predefinito (“durante il primo anno di vita del bambino”), a distanza di sei anni dalla nascita delle gemelle (e dalla adozione della ordinanza di questo T.A.R. n. 720/1999) e di circa tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza n. 2789/2003; detto provvedimento sarebbe inficiato da carenza di motivazione circa i presupposti che ne hanno legittimato l’adozione e costituirebbe una distorta ed abnorme applicazione della normativa posta a tutela delle lavoratrici madri (art. 10 legge n. 1204/1971 che riconosce alle lavoratrici madri l’esercizio del diritto ai periodi di riposo durante il “primo anno di vita del bambino”);
2) violazione del giudicato di cui alla sentenza n. 2789/2003: il mancato tempestivo riconoscimento, da parte dell’Amministrazione intimata, del diritto della ricorrente come attestato dalla sentenza di questo T.A.R. n. 2789/2003 sarebbe elusivo del dictum di detta decisione e fonte di conseguenze sul piano risarcitorio.
Si costituiva l’Amministrazione, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Invero, il Consiglio di Stato con sentenza n. 2732/2011 ha riformato la sentenza del T.A.R. Bari n. 395/2005, riconoscendo alla OMISSIS il risarcimento del danno (equitativamente liquidato in €. 5.000,00).
Inoltre, nel corso del presente giudizio, con ordinanza istruttoria n. 35/2012 è stata disposta l’acquisizione di informazioni in ordine all’esecuzione della gravata determinazione ministeriale n. NC-333.D/28316 del 12 maggio 2005 ed al pagamento della somma liquidata nella citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 maggio 2011, n. 2732 a titolo di risarcimento danni in favore dell’odierna ricorrente OMISSIS.
L’Amministrazione, nel rispondere alla menzionata ordinanza istruttoria con produzione documentale depositata in data 14 febbraio 2012, ha rimarcato che, a seguito della determinazione del 12.5.2005, la OMISSIS iniziava a fruire del beneficio per il periodo residuo (e cioè sino al 3.12.1999) a partire dal 4.7.2005.
Se ne desume che ormai la deducente ha integralmente subito gli effetti del provvedimento gravato e che lo stesso è stato totalmente eseguito.
Peraltro, risulta che la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (oltre le spese di giudizio) cui l’Amministrazione veniva condannata da Cons. Stato n. 2732/2011 è stato integralmente corrisposta all’interessata (cfr. produzione documentale del 12.2.2012).
Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, non risultando più utile per la ricorrente l’annullamento del censurato provvedimento.
La OMISSIS, nella memoria depositata in data 27 aprile 2012, rileva che comunque vi è interesse (anche ai fini della proposizione di una eventuale ed ulteriore azione risarcitoria ed ai fini della condanna alle spese di lite secondo il principio della cd. soccombenza virtuale) all’accertamento dell’illegittimità (ex art. 34, comma 3 cod. proc. amm.) dell’azione amministrativa.
Ritiene questo Collegio, conformemente alla richiesta contenuta nella citata memoria, di accertare, ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm., l’illegittimità del provvedimento amministrativo gravato, stante l’arbitraria imposizione, da parte dello stesso, della fruizione del beneficio in esame con riferimento ad un arco temporale non più rispondente alla ratio dell’istituto di cui alla legge n. 1204/1971 e la consequenziale illogicità di tale imposizione a distanza di molti anni dalla nascita delle figlie della OMISSIS.
La declaratoria di sopravvenuto difetto di interesse non preclude, inoltre, una sommaria delibazione nel merito della pretesa azionata anche al fine della pronuncia sulle spese (cosiddetta soccombenza virtuale).
Il ricorso appare fondato in base a quanto accertato in precedenza ai sensi del disposto di cui all’art. 34, comma 3 cod. proc. amm.
Le spese di giudizio sostenute dalla OMISSIS devono, pertanto, essere poste a carico dell’Amministrazione resistente e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:
1) dichiara improcedibile il ricorso per sopravvenuto difetto di interesse;
2) accerta, ai sensi dell’art. 34, comma 3 cod. proc. amm., l’illegittimità del provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente OMISSIS, liquidate in complessivi €. 1.500,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/07/2012
Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
Ministero dell’interno
- ) - diniego dei benefìci dell’esonero dai turni notturni e di tre giorni di permesso al mese ai sensi della legge 104/1992.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
1) - il signor OMISSIS, sovrintendente della Polizia di Stato, con provvedimento dell’11/9/2007, aveva avuto riconosciuto il diritto ai benefìci della legge n. 104/1992 sull’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, per l’assistenza al marito della madre, portatore di handicap grave.
2) - A seguito di variazioni delle competenze dell’ufficio, il ricorrente rinnovava le sue istanze per l’anno 2009,
- ) - la prima datata 14/10/2008, con cui chiedeva di essere esentato dai turni notturni
e
- ) - la seconda, datata 26/2/09, con cui chiedeva di poter usufruire dei tre giorni di permesso mensile previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, sempre per l’assistenza.
3) - Il questore respingeva entrambe le richieste
4) - Avverso tali provvedimenti veniva proposto ricorso gerarchico al capo della Polizia che, con decreto datato 20/10/2009 e notificato il 26/11/2009 respingeva il ricorso relativo ad entrambe le richieste con la motivazione che condizione indispensabile per la concessione del beneficio doveva ritenersi la contemporanea sussistenza dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” nell’assistenza, mentre, nella specie, era carente il requisito dell’esclusività, essendo presente nel nucleo familiare la madre del ricorrente, moglie della persona da assistere, che non era lavoratrice né invalida civile, per cui il ricorrente non poteva considerarsi la sola persona effettivamente idonea a prestare assistenza.
5) - L’Amministrazione, anche con riferimento a un parere dell’Avvocatura dello Stato del 18/12/2007, ha sostenuto la prevalenza del principio della esclusività dell’assistenza, nel senso che vanno privilegiate le consolidate linee interpretative e ciò anche con riferimento alle specifiche esigenze delle Forze armate e di polizia che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, impongono la priorità della tutela degli interessi pubblici.
Il CONSIGLIO DI STATO precisa:
6) - Al riguardo, il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 5378/2012, n. 4291/2012 e n. 4047/2012, ha completamente mutato il proprio precedente orientamento, fornendo un’interpretazione più confacente al tenore letterale delle disposizioni in commento, nel senso che la norma di cui all’art. 24 della legge n. 183/2010, che ha soppresso i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza, è immediatamente applicabile anche ai rapporti di lavoro del personale di polizia, in quanto il citat art. 19 non è idoneo a giustificare l’inoperatività della norma, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, e si presenta, di contro, come un autonomo articolato, con lo scopo di prevedere le basi del futuro assetto di un’organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze armate e di polizia.
7) - In conclusione, i requisiti della “continuità” ed “esclusività” non possono più essere pretesi dall’Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992, neppure con riferimento al personale delle Forze armate e di polizia, in quanto gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefìci in questione sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione d’appartenenza, rispetto alle quali il beneficio deve risultare “possibile”, e dall’altro, nel caso di trasferimento del lavoratore per l’assistenza del disabile, l’effettiva necessità del trasferimento, al fine di impedire un uso strumentale e opportunistico della normativa (T.A.R Piemonte, sez. I, n. 105/2013).
Ricorso Straordinario ACCOLTO.
Per completezza vi invito ha leggere il tutto qui sotto.
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06/11/2013 201004014 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 06/03/2013
Numero 04485/2013 e data 06/11/2013
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 6 marzo 2013
NUMERO AFFARE 04014/2010
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal signor OMISSIS, nato a OMISSIS, per l’annullamento del decreto del capo della Polizia 20 ottobre 2009 n. 33.D/89014, notificatogli il 26 novembre 2009, di rigetto del ricorso gerarchico contro il provvedimento del questore di Roma 14 maggio 2009 n. ……, recante diniego dei benefìdi dell’esonero dai turni notturni e di tre giorni di permesso al mese ai sensi della legge 5 febbraio 1992 n. 104.
LA SEZIONE
Vista la relazione 31 agosto 2010 prot. n. 333-A/U.C./15643/1864/T con la quale il ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;
visto il ricorso, datato 25 marzo 2010;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Adolfo Metro.
Premesso:
il signor OMISSIS, sovrintendente della Polizia di Stato, con provvedimento dell’11/9/2007, aveva avuto riconosciuto il diritto ai benefìci della legge n. 104/1992 sull’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, per l’assistenza al marito della madre, portatore di handicap grave.
A seguito di variazioni delle competenze dell’ufficio, il ricorrente rinnovava le sue istanze per l’anno 2009, la prima datata 14/10/2008, con cui chiedeva di essere esentato dai turni notturni e la seconda, datata 26/2/09, con cui chiedeva di poter usufruire dei tre giorni di permesso mensile previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, sempre per l’assistenza al proprio OMISSIS.
Il questore respingeva entrambe le richieste
Avverso tali provvedimenti veniva proposto ricorso gerarchico al capo della Polizia che, con decreto datato 20/10/2009 e notificato il 26/11/2009 respingeva il ricorso relativo ad entrambe le richieste con la motivazione che condizione indispensabile per la concessione del beneficio doveva ritenersi la contemporanea sussistenza dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” nell’assistenza, mentre, nella specie, era carente il requisito dell’esclusività, essendo presente nel nucleo familiare la madre del ricorrente, moglie della persona da assistere, che non era lavoratrice né invalida civile, per cui il ricorrente non poteva considerarsi la sola persona effettivamente idonea a prestare assistenza.
Con il presente ricorso straordinario al capo dello Stato il ricorrente pone, a sostegno della sua pretesa, una circolare dell’INPS (n.90/2007) e la giurisprudenza della corte di cassazione degli ultimi anni, che avrebbe riesaminato i presupposti applicativi dell’art. 33 della legge n. 104/1992 in senso favorevole ad un’interpretazione estensiva dei requisiti di “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza, nel senso che ai fini dell’integrazione del requisito dell’esclusività non è richiesto che il lavoratore sia l’unico familiare della persona con disabilità a poter prestare le cure necessarie; richiama, al riguardo, le sentenze n. 7701/2003 della corte di cassazione, sezione lavoro e n. 13481/2004 della stessa corte.
L’Amministrazione, anche con riferimento a un parere dell’Avvocatura dello Stato del 18/12/2007, ha sostenuto la prevalenza del principio della esclusività dell’assistenza, nel senso che vanno privilegiate le consolidate linee interpretative e ciò anche con riferimento alle specifiche esigenze delle Forze armate e di polizia che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, impongono la priorità della tutela degli interessi pubblici.
Considerato:
Per l’interpretazione delle disposizioni sopra citate può richiamarsi quanto disposto dalla cassazione civile, sezione lavoro, n. 16.460/2012, secondo cui “Sul piano sistematico - come le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato con la sentenza n 16102 del 2009, e come ribadito da Cass. n. 4623/2010 - la configurazione giuridica delle posizioni soggettive riconosciute dalla L. n. 104 del 1992, art. 33, e i limiti del relativo esercizio all'interno del rapporto di lavoro, devono essere individuati alla luce dei numerosi interventi della Corte costituzionale, che - collocando le agevolazioni in esame all'interno di un’ampia sfera di applicazione della legge, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacenti, la tutela dei soggetti svantaggiati, destinata a incidere sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sulla integrazione scolastica - ha tuttavia precisato la discrezionalità del Legislatore nell'individuare le diverse misure operative finalizzate a garantire la condizione del disabile mediante la interrelazione e la integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale (cfr. Corte cost. n. 406 del 1992; id., n. 325 del 1996).
In questa ottica, le misure previste dal’'art. 33, devono intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo - riconducibile ai principi sanciti dall'art. 3 Cost., comma 2, e dall’art. 32 Cost., - che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l'assistenza familiare e, dall'altro, devono coesistere e bilanciarsi con altri valori costituzionali.
Si è opportunamente osservato che tali agevolazioni sono dirette essenzialmente ad evitare che il bambino handicappato resti privo di assistenza, di modo che possa risultare compromessa la sua tutela psico-fisica e la sua integrazione nella famiglia e nella collettività, così confermandosi che, in generale, il destinatario della tutela realizzata mediante le agevolazioni previste dalla legge non è il nucleo familiare in sé, ovvero il lavoratore onerato dell’assistenza, bensì la persona portatrice di handicap (cfr. Corte cost. n. 19 del 2009). Una configurazione siffatta, d'altronde, è in linea con la definizione contenuta nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006, là dove la finalità comune dei diversi ordinamenti viene identificata nella piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri, nonchè con la nuova classificazione adottata nel 1999 dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha definito la disabilità come difficoltà all'espletamento delle “attività personali” e alla “partecipazione sociale” (cfr. Cass., sez. un., n. 16102 del 2009, cit.).
Va anche rilevato che, poco dopo l’emanazione dell’atto qui impugnato, l’art. 24 della legge 4 novembre 2010 n. 183 ha sostituito i commi 3 (permessi mensili retribuiti) e 5 (scelta della sede) dell’art. 33 della legge n. 104/1992, eliminando i requisiti della cosiddetta “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza quali necessari presupposti per la concessione del beneficio; e la giurisprudenza ha ritenuto che “la recente evoluzione legislativa deve ritenersi implicitamente retroattiva, proprio perché finalizzata a risolvere le svariate questioni insorte a seguito delle diverse interpretazioni fornite dalle precedenti normative e non può, quindi, non applicarsi a situazioni ancora non definite” (C.S. III 5725/11; C.S.6216/11).
Né a tale interpretazione estensiva può essere di ostacolo l’art. 19 della medesima legge, che dispone che la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti da tale disposizione.
Al riguardo, il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 5378/2012, n. 4291/2012 e n. 4047/2012, ha completamente mutato il proprio precedente orientamento, fornendo un’interpretazione più confacente al tenore letterale delle disposizioni in commento, nel senso che la norma di cui all’art. 24 della legge n. 183/2010, che ha soppresso i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza, è immediatamente applicabile anche ai rapporti di lavoro del personale di polizia, in quanto il citat art. 19 non è idoneo a giustificare l’inoperatività della norma, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, e si presenta, di contro, come un autonomo articolato, con lo scopo di prevedere le basi del futuro assetto di un’organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze armate e di polizia.
In conclusione, i requisiti della “continuità” ed “esclusività” non possono più essere pretesi dall’Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992, neppure con riferimento al personale delle Forze armate e di polizia, in quanto gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefìci in questione sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione d’appartenenza, rispetto alle quali il beneficio deve risultare “possibile”, e dall’altro, nel caso di trasferimento del lavoratore per l’assistenza del disabile, l’effettiva necessità del trasferimento, al fine di impedire un uso strumentale e opportunistico della normativa (T.A.R Piemonte, sez. I, n. 105/2013).
Per a quanto esposto, il ricorso dev’essere accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti, per difetto di motivazione, dato che l’Amministrazione non ha esternato nessuna valutazione sull’esistenza di eventuali ragioni organizzative od operative interne dell’Amministrazione d’appartenenza, tali da prevalere sull’interesse del familiare disabile a ricevere la dovuta assistenza.
P.Q.M.
esprime il parere che ricorso debba essere accolto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Adolfo Metro Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Gabriella Allegrini
- ) - diniego dei benefìci dell’esonero dai turni notturni e di tre giorni di permesso al mese ai sensi della legge 104/1992.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
1) - il signor OMISSIS, sovrintendente della Polizia di Stato, con provvedimento dell’11/9/2007, aveva avuto riconosciuto il diritto ai benefìci della legge n. 104/1992 sull’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, per l’assistenza al marito della madre, portatore di handicap grave.
2) - A seguito di variazioni delle competenze dell’ufficio, il ricorrente rinnovava le sue istanze per l’anno 2009,
- ) - la prima datata 14/10/2008, con cui chiedeva di essere esentato dai turni notturni
e
- ) - la seconda, datata 26/2/09, con cui chiedeva di poter usufruire dei tre giorni di permesso mensile previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, sempre per l’assistenza.
3) - Il questore respingeva entrambe le richieste
4) - Avverso tali provvedimenti veniva proposto ricorso gerarchico al capo della Polizia che, con decreto datato 20/10/2009 e notificato il 26/11/2009 respingeva il ricorso relativo ad entrambe le richieste con la motivazione che condizione indispensabile per la concessione del beneficio doveva ritenersi la contemporanea sussistenza dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” nell’assistenza, mentre, nella specie, era carente il requisito dell’esclusività, essendo presente nel nucleo familiare la madre del ricorrente, moglie della persona da assistere, che non era lavoratrice né invalida civile, per cui il ricorrente non poteva considerarsi la sola persona effettivamente idonea a prestare assistenza.
5) - L’Amministrazione, anche con riferimento a un parere dell’Avvocatura dello Stato del 18/12/2007, ha sostenuto la prevalenza del principio della esclusività dell’assistenza, nel senso che vanno privilegiate le consolidate linee interpretative e ciò anche con riferimento alle specifiche esigenze delle Forze armate e di polizia che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, impongono la priorità della tutela degli interessi pubblici.
Il CONSIGLIO DI STATO precisa:
6) - Al riguardo, il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 5378/2012, n. 4291/2012 e n. 4047/2012, ha completamente mutato il proprio precedente orientamento, fornendo un’interpretazione più confacente al tenore letterale delle disposizioni in commento, nel senso che la norma di cui all’art. 24 della legge n. 183/2010, che ha soppresso i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza, è immediatamente applicabile anche ai rapporti di lavoro del personale di polizia, in quanto il citat art. 19 non è idoneo a giustificare l’inoperatività della norma, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, e si presenta, di contro, come un autonomo articolato, con lo scopo di prevedere le basi del futuro assetto di un’organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze armate e di polizia.
7) - In conclusione, i requisiti della “continuità” ed “esclusività” non possono più essere pretesi dall’Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992, neppure con riferimento al personale delle Forze armate e di polizia, in quanto gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefìci in questione sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione d’appartenenza, rispetto alle quali il beneficio deve risultare “possibile”, e dall’altro, nel caso di trasferimento del lavoratore per l’assistenza del disabile, l’effettiva necessità del trasferimento, al fine di impedire un uso strumentale e opportunistico della normativa (T.A.R Piemonte, sez. I, n. 105/2013).
Ricorso Straordinario ACCOLTO.
Per completezza vi invito ha leggere il tutto qui sotto.
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06/11/2013 201004014 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 06/03/2013
Numero 04485/2013 e data 06/11/2013
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 6 marzo 2013
NUMERO AFFARE 04014/2010
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal signor OMISSIS, nato a OMISSIS, per l’annullamento del decreto del capo della Polizia 20 ottobre 2009 n. 33.D/89014, notificatogli il 26 novembre 2009, di rigetto del ricorso gerarchico contro il provvedimento del questore di Roma 14 maggio 2009 n. ……, recante diniego dei benefìdi dell’esonero dai turni notturni e di tre giorni di permesso al mese ai sensi della legge 5 febbraio 1992 n. 104.
LA SEZIONE
Vista la relazione 31 agosto 2010 prot. n. 333-A/U.C./15643/1864/T con la quale il ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;
visto il ricorso, datato 25 marzo 2010;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Adolfo Metro.
Premesso:
il signor OMISSIS, sovrintendente della Polizia di Stato, con provvedimento dell’11/9/2007, aveva avuto riconosciuto il diritto ai benefìci della legge n. 104/1992 sull’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, per l’assistenza al marito della madre, portatore di handicap grave.
A seguito di variazioni delle competenze dell’ufficio, il ricorrente rinnovava le sue istanze per l’anno 2009, la prima datata 14/10/2008, con cui chiedeva di essere esentato dai turni notturni e la seconda, datata 26/2/09, con cui chiedeva di poter usufruire dei tre giorni di permesso mensile previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, sempre per l’assistenza al proprio OMISSIS.
Il questore respingeva entrambe le richieste
Avverso tali provvedimenti veniva proposto ricorso gerarchico al capo della Polizia che, con decreto datato 20/10/2009 e notificato il 26/11/2009 respingeva il ricorso relativo ad entrambe le richieste con la motivazione che condizione indispensabile per la concessione del beneficio doveva ritenersi la contemporanea sussistenza dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” nell’assistenza, mentre, nella specie, era carente il requisito dell’esclusività, essendo presente nel nucleo familiare la madre del ricorrente, moglie della persona da assistere, che non era lavoratrice né invalida civile, per cui il ricorrente non poteva considerarsi la sola persona effettivamente idonea a prestare assistenza.
Con il presente ricorso straordinario al capo dello Stato il ricorrente pone, a sostegno della sua pretesa, una circolare dell’INPS (n.90/2007) e la giurisprudenza della corte di cassazione degli ultimi anni, che avrebbe riesaminato i presupposti applicativi dell’art. 33 della legge n. 104/1992 in senso favorevole ad un’interpretazione estensiva dei requisiti di “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza, nel senso che ai fini dell’integrazione del requisito dell’esclusività non è richiesto che il lavoratore sia l’unico familiare della persona con disabilità a poter prestare le cure necessarie; richiama, al riguardo, le sentenze n. 7701/2003 della corte di cassazione, sezione lavoro e n. 13481/2004 della stessa corte.
L’Amministrazione, anche con riferimento a un parere dell’Avvocatura dello Stato del 18/12/2007, ha sostenuto la prevalenza del principio della esclusività dell’assistenza, nel senso che vanno privilegiate le consolidate linee interpretative e ciò anche con riferimento alle specifiche esigenze delle Forze armate e di polizia che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, impongono la priorità della tutela degli interessi pubblici.
Considerato:
Per l’interpretazione delle disposizioni sopra citate può richiamarsi quanto disposto dalla cassazione civile, sezione lavoro, n. 16.460/2012, secondo cui “Sul piano sistematico - come le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato con la sentenza n 16102 del 2009, e come ribadito da Cass. n. 4623/2010 - la configurazione giuridica delle posizioni soggettive riconosciute dalla L. n. 104 del 1992, art. 33, e i limiti del relativo esercizio all'interno del rapporto di lavoro, devono essere individuati alla luce dei numerosi interventi della Corte costituzionale, che - collocando le agevolazioni in esame all'interno di un’ampia sfera di applicazione della legge, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacenti, la tutela dei soggetti svantaggiati, destinata a incidere sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sulla integrazione scolastica - ha tuttavia precisato la discrezionalità del Legislatore nell'individuare le diverse misure operative finalizzate a garantire la condizione del disabile mediante la interrelazione e la integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale (cfr. Corte cost. n. 406 del 1992; id., n. 325 del 1996).
In questa ottica, le misure previste dal’'art. 33, devono intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo - riconducibile ai principi sanciti dall'art. 3 Cost., comma 2, e dall’art. 32 Cost., - che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l'assistenza familiare e, dall'altro, devono coesistere e bilanciarsi con altri valori costituzionali.
Si è opportunamente osservato che tali agevolazioni sono dirette essenzialmente ad evitare che il bambino handicappato resti privo di assistenza, di modo che possa risultare compromessa la sua tutela psico-fisica e la sua integrazione nella famiglia e nella collettività, così confermandosi che, in generale, il destinatario della tutela realizzata mediante le agevolazioni previste dalla legge non è il nucleo familiare in sé, ovvero il lavoratore onerato dell’assistenza, bensì la persona portatrice di handicap (cfr. Corte cost. n. 19 del 2009). Una configurazione siffatta, d'altronde, è in linea con la definizione contenuta nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006, là dove la finalità comune dei diversi ordinamenti viene identificata nella piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri, nonchè con la nuova classificazione adottata nel 1999 dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha definito la disabilità come difficoltà all'espletamento delle “attività personali” e alla “partecipazione sociale” (cfr. Cass., sez. un., n. 16102 del 2009, cit.).
Va anche rilevato che, poco dopo l’emanazione dell’atto qui impugnato, l’art. 24 della legge 4 novembre 2010 n. 183 ha sostituito i commi 3 (permessi mensili retribuiti) e 5 (scelta della sede) dell’art. 33 della legge n. 104/1992, eliminando i requisiti della cosiddetta “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza quali necessari presupposti per la concessione del beneficio; e la giurisprudenza ha ritenuto che “la recente evoluzione legislativa deve ritenersi implicitamente retroattiva, proprio perché finalizzata a risolvere le svariate questioni insorte a seguito delle diverse interpretazioni fornite dalle precedenti normative e non può, quindi, non applicarsi a situazioni ancora non definite” (C.S. III 5725/11; C.S.6216/11).
Né a tale interpretazione estensiva può essere di ostacolo l’art. 19 della medesima legge, che dispone che la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti da tale disposizione.
Al riguardo, il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 5378/2012, n. 4291/2012 e n. 4047/2012, ha completamente mutato il proprio precedente orientamento, fornendo un’interpretazione più confacente al tenore letterale delle disposizioni in commento, nel senso che la norma di cui all’art. 24 della legge n. 183/2010, che ha soppresso i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza, è immediatamente applicabile anche ai rapporti di lavoro del personale di polizia, in quanto il citat art. 19 non è idoneo a giustificare l’inoperatività della norma, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, e si presenta, di contro, come un autonomo articolato, con lo scopo di prevedere le basi del futuro assetto di un’organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze armate e di polizia.
In conclusione, i requisiti della “continuità” ed “esclusività” non possono più essere pretesi dall’Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992, neppure con riferimento al personale delle Forze armate e di polizia, in quanto gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefìci in questione sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione d’appartenenza, rispetto alle quali il beneficio deve risultare “possibile”, e dall’altro, nel caso di trasferimento del lavoratore per l’assistenza del disabile, l’effettiva necessità del trasferimento, al fine di impedire un uso strumentale e opportunistico della normativa (T.A.R Piemonte, sez. I, n. 105/2013).
Per a quanto esposto, il ricorso dev’essere accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti, per difetto di motivazione, dato che l’Amministrazione non ha esternato nessuna valutazione sull’esistenza di eventuali ragioni organizzative od operative interne dell’Amministrazione d’appartenenza, tali da prevalere sull’interesse del familiare disabile a ricevere la dovuta assistenza.
P.Q.M.
esprime il parere che ricorso debba essere accolto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Adolfo Metro Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
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Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
Messaggio da antoniougrigiu »
bravo hai messo una sentenza utile per tutti, continua cosi.
Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
Cass. Civile, Sentenza n. 15435, sezione Lavoro, del 07-07-2014
CASSAZIONE CIVILE
MADRE DI MINORE CON HANDICAP – LEGGE N. 104/1992 – PERMESSI EX ARTICOLO 33 – TREDICESIMA – CONGEDI PARENTALI – NON COMPUTABILITÀ CON I CONGEDI.
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Permessi per figlio disabile ai fini della tredicesima
Cassazione Lavoro, sentenza depositata il 7 luglio 2014
I permessi usufruiti dalla lavoratrice, in quanto madre di un minore portatore di handicap, si computano ai fini della tredicesima. È quanto emerge dalla sentenza 7 luglio 2014, n. 15435, della Corte di Cassazione – Sezione Lavoro.
Il caso. Una società è stata condannata dalla Corte d’appello di Reggio Calabria a corrispondere a una dipendente poco più di 300 euro, oltre accessori, a titolo di tredicesima e quattordicesima mensilità in relazione ai permessi usufruiti dalla medesima dipendente nel 1999 (da febbraio ad aprile), quale madre di un minore portatore di handicap.
Tesi a confronto. Ad avviso della Corte territoriale, la non computabilità dei permessi ai fini della tredicesima opera solo se questi permessi si cumulano con i congedi parentali previsti, circostanza che nel caso in esame non si era verificata.
Di diverso avviso il datore di lavoro, che infatti ha impugnato la decisione di secondo grado dinanzi alla Suprema Corte, sostenendo che il comma 4 dell’articolo 33 della legge n. 104 del 1992 prevede l’esclusione del computo dei permessi previsti dai precedenti commi 2 e 3 ai fini della tredicesima mensilità in ogni caso, e non solo in quello in cui essi si cumulino con permessi previsti dall’articolo 7 della legge n. 1204 del 1991.
Ebbene, nel giudizio di legittimità ha prevalso la tesi del giudice di merito, con conseguente conferma della decisione gravata.
La Sezione Lavoro del Palazzaccio ha ritenuto corretta l’interpretazione della normativa di riferimento operata dalla Corte territoriale, perché “ragioni di coerenza con la funzione dei permessi” e i principi di matrice comunitaria (Direttiva 2000/78/CEE del Consiglio e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità) impongono di aderire “all’interpretazione della disposizione maggiormente idonea a evitare che l’incidenza sull’ammontare della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l’utilizzo del permesso stesso”.
Gli Ermellini ricordano che la materia dei permessi per i figli con handicap grave è oggi disciplinata anche dall’articolo 42 del D.Lgs. n. 151 del 2001 (TU delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità), che ha frammentato il comma 4 dell’articolo 33 della legge 104 in due parti: il comma 4 dell’articolo 42 e il comma 2 dell’articolo 43.
Tali disposizioni, tuttavia, non rilavano nel caso esaminato, in quanto il D.Lgs. 151 è intervenuto in epoca successiva ai fatti causa.
CASSAZIONE CIVILE
MADRE DI MINORE CON HANDICAP – LEGGE N. 104/1992 – PERMESSI EX ARTICOLO 33 – TREDICESIMA – CONGEDI PARENTALI – NON COMPUTABILITÀ CON I CONGEDI.
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Permessi per figlio disabile ai fini della tredicesima
Cassazione Lavoro, sentenza depositata il 7 luglio 2014
I permessi usufruiti dalla lavoratrice, in quanto madre di un minore portatore di handicap, si computano ai fini della tredicesima. È quanto emerge dalla sentenza 7 luglio 2014, n. 15435, della Corte di Cassazione – Sezione Lavoro.
Il caso. Una società è stata condannata dalla Corte d’appello di Reggio Calabria a corrispondere a una dipendente poco più di 300 euro, oltre accessori, a titolo di tredicesima e quattordicesima mensilità in relazione ai permessi usufruiti dalla medesima dipendente nel 1999 (da febbraio ad aprile), quale madre di un minore portatore di handicap.
Tesi a confronto. Ad avviso della Corte territoriale, la non computabilità dei permessi ai fini della tredicesima opera solo se questi permessi si cumulano con i congedi parentali previsti, circostanza che nel caso in esame non si era verificata.
Di diverso avviso il datore di lavoro, che infatti ha impugnato la decisione di secondo grado dinanzi alla Suprema Corte, sostenendo che il comma 4 dell’articolo 33 della legge n. 104 del 1992 prevede l’esclusione del computo dei permessi previsti dai precedenti commi 2 e 3 ai fini della tredicesima mensilità in ogni caso, e non solo in quello in cui essi si cumulino con permessi previsti dall’articolo 7 della legge n. 1204 del 1991.
Ebbene, nel giudizio di legittimità ha prevalso la tesi del giudice di merito, con conseguente conferma della decisione gravata.
La Sezione Lavoro del Palazzaccio ha ritenuto corretta l’interpretazione della normativa di riferimento operata dalla Corte territoriale, perché “ragioni di coerenza con la funzione dei permessi” e i principi di matrice comunitaria (Direttiva 2000/78/CEE del Consiglio e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità) impongono di aderire “all’interpretazione della disposizione maggiormente idonea a evitare che l’incidenza sull’ammontare della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l’utilizzo del permesso stesso”.
Gli Ermellini ricordano che la materia dei permessi per i figli con handicap grave è oggi disciplinata anche dall’articolo 42 del D.Lgs. n. 151 del 2001 (TU delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità), che ha frammentato il comma 4 dell’articolo 33 della legge 104 in due parti: il comma 4 dell’articolo 42 e il comma 2 dell’articolo 43.
Tali disposizioni, tuttavia, non rilavano nel caso esaminato, in quanto il D.Lgs. 151 è intervenuto in epoca successiva ai fatti causa.
Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
Permessi legge 104: anche nei festivi e di notte
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L'INPS fornisce chiarimenti sulla fruizione dei permessi ex legge 104 in caso di turni di lavoro notturno e festivi, nonché su riproporzionamento giornaliero e frazionabilità in ore per lavoratori part-time
I tre giorni di permesso mensile che hanno a disposizione i lavoratori che prestano assistenza ai familiari disabili possono essere fruiti anche nei giorni festivi e di notte ove questi rientrino in turni di lavoro.
Lo ha chiarito l'INPS nel messaggio n. 3114/2018 (sotto allegato) riguardante proprio le modalità di fruizione dei permessi di cui all'articolo 33 della legge n. 104/92 e del congedo straordinario di cui all'articolo 42, comma 5, del d.lgs n. 151/2001, relativamente ai casi di particolari modalità organizzative dell'orario di lavoro.
Permessi 104 quando si lavora nei festivi e di notte
L'Istituto si pronuncia in primis sulla fruizione dei permessi di cui all'articolo 33, commi 3 e 6, della legge n. 104/92 in corrispondenza di turni di lavoro articolati a cavallo di due giorni solari e/o durante giornate festive.
Per "lavoro a turni" si intende, quindi, ogni forma di organizzazione dell'orario di lavoro, diversa dal normale "lavoro giornaliero", in cui l'orario operativo dell'azienda può andare a coprire l'intero arco delle 24 ore e la totalità dei giorni settimanali. Tale modalità organizzativa, pertanto, può comprendere anche il lavoro notturno e il lavoro prestato durante le giornate festive (compresa la domenica).
L'INPS evidenzia che l'articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 preveda che la fruizione dei permessi mensili retribuiti avvenga "a giornata", indipendentemente, cioè, dall'articolazione della prestazione lavorativa nell'arco delle 24 ore o della settimana e dal numero di ore che il dipendente avrebbe dovuto concretamente effettuare nel giorno di interesse.
Ne deriva che il beneficio in argomento può essere fruito anche in corrispondenza di un turno di lavoro da effettuare nella giornata di domenica.
Lo stesso principio si applica anche al lavoro notturno: infatti, sebbene il lavoro notturno si svolga a cavallo di due giorni solari, la prestazione resta riferita ad un unico turno di lavoro in cui si articola l'organizzazione.
Ne consegue che il permesso fruito in corrispondenza dell'intero turno di lavoro va considerato pari a un solo giorno di permesso anche nel caso in cui si articoli a cavallo di due giorni solari. L'eventuale riproporzionamento orario dei giorni di permesso dovrà essere applicato solo in caso di fruizione ad ore del beneficio in argomento.
In tale caso, ai fini della determinazione delle ore mensili fruibili, deve essere applicato il seguente algoritmo (cfr. messaggio n. 16866/2007):
"orario di lavoro medio settimanale/numero medio dei giorni (o turni) lavorativi settimanali x 3 = ore mensili fruibili ".
Permessi 104: riproporzionamento giornaliero per lavoratori part-time
Il messaggio si occupa anche del riproporzionamento giornaliero dei permessi ex art. 33 in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, rammentando il principio di non discriminazione tra lavoratori part-time e a tempo pieno sancito dal d.lgs. n. 81/2015.
Lo stesso d.lgs del 2015, inoltre, ha introdotto la possibilità di pattuire, nell'ambito dei contratti di lavoro part-time, specifiche clausole elastiche, rendendo più flessibile la collocazione temporale e la durata della prestazione lavorativa.
Alla luce dell'attuale contesto normativo, pertanto, l'INPS ha fornito la seguente formula di calcolo da applicare ai fini del riproporzionamento dei 3 giorni di permesso mensile ai casi di part-time verticale e part-time misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese:
(orario medio settimanale teoricamente eseguibile dal lavoratore part-time/orario medio settimanale teoricamente eseguibile a tempo pieno) x 3 (giorni di permesso teorici).
Il risultato numerico andrà quindi arrotondato all'unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore.
A titolo esemplificativo per un lavoratore in part-time con orario medio settimanale pari a 18 ore presso un'azienda che applica un orario di lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 38 ore, applicando la formula sopra enunciata, il calcolo sarà il seguente:
(18/38) X 3= 1,42 che arrotondato all'unità inferiore, in quanto frazione inferiore allo 0,50, dà diritto a 1 giorno di permesso mensile.
Si ribadisce che il riproporzionamento andrà effettuato solo in caso di part-time verticale e part-time misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese. Non andrà effettuato per i mesi in cui, nell'ambito del rapporto di lavoro part time, è previsto lo svolgimento di attività lavorativa a tempo pieno.
I tre giorni di permesso non andranno riproporzionati, ancora, in caso di part-time orizzontale in quanto la commisurazione dei giorni di permesso alla ridotta durata dell'attività lavorativa è insita nella dinamica del rapporto medesimo.
Permessi 104: frazionabilità in ore per lavoratori part-time
Il riproporzionamento orario dei giorni di permesso di cui all'articolo 33, comma 3, della legge n. 104/92 dovrà essere effettuato solo nel caso in cui il beneficio venga utilizzato, anche solo parzialmente, in ore.
In caso di rapporto di lavoro a tempo pieno, rimane confermata la formula già indicata nel messaggio n. 16866 del 28/6/2007. Si fornisce la formula di calcolo da utilizzare in caso di part-time (orizzontale, verticale o misto) ai fini della quantificazione del massimale orario mensile dei permessi:
[orario medio settimanale teoricamente eseguibile dal lavoratore part-time/numero medio dei giorni (o turni) lavorativi settimanali previsti per il tempo pieno] x 3 (giorni di permesso teorici)
Cumulo tra congedo straordinario e i permessi 104
L'INPS, infine, conferma la possibilità di cumulare nello stesso mese, purché in giornate diverse, i periodi di congedo straordinario ex art. 42, comma 5, del d.lgs n. 151/2001 con i permessi ex art. 33 della legge n. 104/92, nonché ex art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151/2001 (3 giorni di permesso mensili, prolungamento del congedo parentale e ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale).
Si precisa che i periodi di congedo straordinario possono essere cumulati con i permessi di cui alla legge 104 senza necessità di ripresa dell'attività lavorativa tra la fruizione delle due tipologie di benefici. Ciò può accadere anche a capienza di mesi interi e indipendentemente dalla durata del congedo straordinario.
La fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale stesso deve, invece, intendersi alternativa e non cumulativa nell'arco del mese (cfr. Circolare n. 155/2010).
Vedi allegato messaggio INPS n. 3114/2018 datato 07/08/2018
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L'INPS fornisce chiarimenti sulla fruizione dei permessi ex legge 104 in caso di turni di lavoro notturno e festivi, nonché su riproporzionamento giornaliero e frazionabilità in ore per lavoratori part-time
I tre giorni di permesso mensile che hanno a disposizione i lavoratori che prestano assistenza ai familiari disabili possono essere fruiti anche nei giorni festivi e di notte ove questi rientrino in turni di lavoro.
Lo ha chiarito l'INPS nel messaggio n. 3114/2018 (sotto allegato) riguardante proprio le modalità di fruizione dei permessi di cui all'articolo 33 della legge n. 104/92 e del congedo straordinario di cui all'articolo 42, comma 5, del d.lgs n. 151/2001, relativamente ai casi di particolari modalità organizzative dell'orario di lavoro.
Permessi 104 quando si lavora nei festivi e di notte
L'Istituto si pronuncia in primis sulla fruizione dei permessi di cui all'articolo 33, commi 3 e 6, della legge n. 104/92 in corrispondenza di turni di lavoro articolati a cavallo di due giorni solari e/o durante giornate festive.
Per "lavoro a turni" si intende, quindi, ogni forma di organizzazione dell'orario di lavoro, diversa dal normale "lavoro giornaliero", in cui l'orario operativo dell'azienda può andare a coprire l'intero arco delle 24 ore e la totalità dei giorni settimanali. Tale modalità organizzativa, pertanto, può comprendere anche il lavoro notturno e il lavoro prestato durante le giornate festive (compresa la domenica).
L'INPS evidenzia che l'articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 preveda che la fruizione dei permessi mensili retribuiti avvenga "a giornata", indipendentemente, cioè, dall'articolazione della prestazione lavorativa nell'arco delle 24 ore o della settimana e dal numero di ore che il dipendente avrebbe dovuto concretamente effettuare nel giorno di interesse.
Ne deriva che il beneficio in argomento può essere fruito anche in corrispondenza di un turno di lavoro da effettuare nella giornata di domenica.
Lo stesso principio si applica anche al lavoro notturno: infatti, sebbene il lavoro notturno si svolga a cavallo di due giorni solari, la prestazione resta riferita ad un unico turno di lavoro in cui si articola l'organizzazione.
Ne consegue che il permesso fruito in corrispondenza dell'intero turno di lavoro va considerato pari a un solo giorno di permesso anche nel caso in cui si articoli a cavallo di due giorni solari. L'eventuale riproporzionamento orario dei giorni di permesso dovrà essere applicato solo in caso di fruizione ad ore del beneficio in argomento.
In tale caso, ai fini della determinazione delle ore mensili fruibili, deve essere applicato il seguente algoritmo (cfr. messaggio n. 16866/2007):
"orario di lavoro medio settimanale/numero medio dei giorni (o turni) lavorativi settimanali x 3 = ore mensili fruibili ".
Permessi 104: riproporzionamento giornaliero per lavoratori part-time
Il messaggio si occupa anche del riproporzionamento giornaliero dei permessi ex art. 33 in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, rammentando il principio di non discriminazione tra lavoratori part-time e a tempo pieno sancito dal d.lgs. n. 81/2015.
Lo stesso d.lgs del 2015, inoltre, ha introdotto la possibilità di pattuire, nell'ambito dei contratti di lavoro part-time, specifiche clausole elastiche, rendendo più flessibile la collocazione temporale e la durata della prestazione lavorativa.
Alla luce dell'attuale contesto normativo, pertanto, l'INPS ha fornito la seguente formula di calcolo da applicare ai fini del riproporzionamento dei 3 giorni di permesso mensile ai casi di part-time verticale e part-time misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese:
(orario medio settimanale teoricamente eseguibile dal lavoratore part-time/orario medio settimanale teoricamente eseguibile a tempo pieno) x 3 (giorni di permesso teorici).
Il risultato numerico andrà quindi arrotondato all'unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore.
A titolo esemplificativo per un lavoratore in part-time con orario medio settimanale pari a 18 ore presso un'azienda che applica un orario di lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 38 ore, applicando la formula sopra enunciata, il calcolo sarà il seguente:
(18/38) X 3= 1,42 che arrotondato all'unità inferiore, in quanto frazione inferiore allo 0,50, dà diritto a 1 giorno di permesso mensile.
Si ribadisce che il riproporzionamento andrà effettuato solo in caso di part-time verticale e part-time misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese. Non andrà effettuato per i mesi in cui, nell'ambito del rapporto di lavoro part time, è previsto lo svolgimento di attività lavorativa a tempo pieno.
I tre giorni di permesso non andranno riproporzionati, ancora, in caso di part-time orizzontale in quanto la commisurazione dei giorni di permesso alla ridotta durata dell'attività lavorativa è insita nella dinamica del rapporto medesimo.
Permessi 104: frazionabilità in ore per lavoratori part-time
Il riproporzionamento orario dei giorni di permesso di cui all'articolo 33, comma 3, della legge n. 104/92 dovrà essere effettuato solo nel caso in cui il beneficio venga utilizzato, anche solo parzialmente, in ore.
In caso di rapporto di lavoro a tempo pieno, rimane confermata la formula già indicata nel messaggio n. 16866 del 28/6/2007. Si fornisce la formula di calcolo da utilizzare in caso di part-time (orizzontale, verticale o misto) ai fini della quantificazione del massimale orario mensile dei permessi:
[orario medio settimanale teoricamente eseguibile dal lavoratore part-time/numero medio dei giorni (o turni) lavorativi settimanali previsti per il tempo pieno] x 3 (giorni di permesso teorici)
Cumulo tra congedo straordinario e i permessi 104
L'INPS, infine, conferma la possibilità di cumulare nello stesso mese, purché in giornate diverse, i periodi di congedo straordinario ex art. 42, comma 5, del d.lgs n. 151/2001 con i permessi ex art. 33 della legge n. 104/92, nonché ex art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 151/2001 (3 giorni di permesso mensili, prolungamento del congedo parentale e ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale).
Si precisa che i periodi di congedo straordinario possono essere cumulati con i permessi di cui alla legge 104 senza necessità di ripresa dell'attività lavorativa tra la fruizione delle due tipologie di benefici. Ciò può accadere anche a capienza di mesi interi e indipendentemente dalla durata del congedo straordinario.
La fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale stesso deve, invece, intendersi alternativa e non cumulativa nell'arco del mese (cfr. Circolare n. 155/2010).
Vedi allegato messaggio INPS n. 3114/2018 datato 07/08/2018
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Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
"Ne consegue che il permesso fruito in corrispondenza dell'intero turno di lavoro va considerato pari a un solo giorno di permesso anche nel caso in cui si articoli a cavallo di due giorni solari. L'eventuale riproporzionamento orario dei giorni di permesso dovrà essere applicato solo in caso di fruizione ad ore del beneficio in argomento"
Io ritengo che per un dipendente pubblico in genere, non part time, anche qualora faccia servizio in turni e notturni, il max delle ore mensili per questa tipologia di permesso rimangono 18.
Quindi anche nel caso di cui sopra, se pur vero che un turno a cavallo di due giorni può essere coperto da un solo GIORNO di permesso dei TRE disponibili, tale giorno per convenzione è computato nel controvalore di 6 ore e non una di più.
Io ritengo che per un dipendente pubblico in genere, non part time, anche qualora faccia servizio in turni e notturni, il max delle ore mensili per questa tipologia di permesso rimangono 18.
Quindi anche nel caso di cui sopra, se pur vero che un turno a cavallo di due giorni può essere coperto da un solo GIORNO di permesso dei TRE disponibili, tale giorno per convenzione è computato nel controvalore di 6 ore e non una di più.
Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
esonero dai servizi notturni
Il CdS accoglie l'Appello del Ministero dell'Interno e respinge il ricorso di primo grado.
1) - veniva negata l’esenzione dal lavoro notturno, richiesta in data 1 marzo 2018 per assistere la propria coniuge, riconosciuta portatrice di handicap ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per vedersi riconoscere il relativo diritto ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
Il CdS accoglie l'Appello del Ministero dell'Interno e respinge il ricorso di primo grado.
1) - veniva negata l’esenzione dal lavoro notturno, richiesta in data 1 marzo 2018 per assistere la propria coniuge, riconosciuta portatrice di handicap ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per vedersi riconoscere il relativo diritto ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
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Re: Esenz. dal lav. notturno e dai turni di reperibilità.
Il CdS con la sentenza allegata , Accoglie l'Appello del Ministero dell'Interno.
Personale PolStato,
1) - diritto all’esonero dai servizi notturni per assistere la propria coniuge, riconosciuta portatrice di handicap ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per vedersi riconoscere il relativo diritto ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
Il CdS ribalta la sentenza del Tar Campania sede di Napoli ben motivandola dando ragione al Ministero dell'Interno.
Personale PolStato,
1) - diritto all’esonero dai servizi notturni per assistere la propria coniuge, riconosciuta portatrice di handicap ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per vedersi riconoscere il relativo diritto ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
Il CdS ribalta la sentenza del Tar Campania sede di Napoli ben motivandola dando ragione al Ministero dell'Interno.
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