domanda di accesso agli atti amministrativi

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mimmo63
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domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da mimmo63 »

volevo domandare, visto che da un mese sono in congedo e avendo bisogno di acquisire copie di alcuni documenti all'interno del mio ex fascicolo personale, posso io inviare una mia richiesta scritta al mio ex reparto d'appartenenza ((NORM) per l'acquisizione del fascicolo inerente alla sola mia persona!? Se così fosse, stessa cosa posso farla anche con i comandi dove in passato ho prestato servizio.

Grazie.


billyelliot1964

domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da billyelliot1964 »

Fai un'istanza di accesso agli atti amministrativi al NURP della tua legione di appartenenza per l'ultimo reparto dove hai prestato servizio, tenendo presente per gli altri reparti se di Legione diversa dovrai rivolgerti ai rispettivi NURP (Nucleo Relazioni con il Pubblico), per ogni atto che prelevi dovrai apporre una marca da bollo da € 0,26 ogni due facciate scritte .
Ti allego il modulo per la richiesta di accesso ai documenti amministrativi
Ciao
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
panorama
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domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da panorama »

Caro collega, una circolare dell'Arma dei CC. e la pubblicazione del carteggio predeve che il fascicolo "P" ove è stato impiantato segua il militare alla nuova destinazione, pertanto se hai bisogno di atti personali chiedi ai comandi di Stazione di trasmettere il tuo "P" alla tua ultima sede di servizio, in modo da poterlo visionare.
In pratica la lettera di trasmissione si fa così:
AL COMANDO STAZIONE CC. di ...........
e per conoscenza:
AL COMANDO COMPAGNIA CC. di......... (dipendente da quel comando stazione) a seguire.
AL COMANDO PROV/LE CC. di............
Il "P" tuo da stazione a stazione si invia a mezzo Racc. o Ass.ta appunto perchè contiene atti.
Una volta attivati i comandi superiori di cui sopra, loro a loro volta sono tenuti a trasmettere il loro carteggio ai rispettivi pari-comandi fino ad accumulare un unico e finale "P" della tua ultima sede di servizio.
mimmo63
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domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da mimmo63 »

Grazie ancora per le vostre risposte.
emanuele65

domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da emanuele65 »

billyelliot1964 ha scritto:Fai un'istanza di accesso agli atti amministrativi al NURP della tua legione di appartenenza per l'ultimo reparto dove hai prestato servizio, tenendo presente per gli altri reparti se di Legione diversa dovrai rivolgerti ai rispettivi NURP (Nucleo Relazioni con il Pubblico), per ogni atto che prelevi dovrai apporre una marca da bollo da € 0,26 ogni due facciate scritte .
Ti allego il modulo per la richiesta di accesso ai documenti amministrativi
Ciao
Ma siamo sicuri che gli atti amministrativi si trovano del fascicolo P degli interessati?
panorama
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da panorama »

Per notizia
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La circolare n. 7732-20/D-102 di prot. Pers . datata 04 maggio 2001 del CGA - I Reparto – SM – Ufficio Personale ad oggetto: “Fascicolo personale” dei militari dell’Arma dei Carabinieri, ha previsto a suo tempo quanto segue:

1) – Il n. 84 dell’Istruzione sul Carteggio è abrogato.

2) – I fascicoli personali esistenti e gli atti in essi contenuti dovranno essere eliminati con le modalità previste dalla lettera f) del citato n. 84 I.C., fatto salvo il modello per il rilascio della tessera personale di riconoscimento, che dovrà essere inserito all’interno della “cartella individuale” prevista dal n. 25 del Regolamento per le Matricole dell’Esercito, ed. 1941.

3) Riserva di apportare le AA.VV. alla suddetta pubblicazione, a cura dell’Ufficio Addestramento e Regolamenti.
panorama
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da panorama »

relativamente al fascicolo personale:
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Decreto legislativo n. 135 dell’11.5.1999, art. 3;

DECRETO LEGISLATIVO 11 maggio 1999, n. 135
Disposizioni integrative della legge 31 dicembre 1996, n. 675, sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici. (GU n.113 del 17-5-1999 )


Testo in vigore dal: 18-5-1999
al: 31-12-2003

Art. 3

Dati trattati

1. I soggetti pubblici sono autorizzati a trattare i soli dati essenziali per svolgere attività istituzionali che non possono essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa.

2. I dati sono raccolti, di regola, presso l'interessato.

3. Ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera c) , d) ed e), della legge, i soggetti pubblici verificano periodicamente l'esattezza e l'aggiornamento dei dati, nonché la loro pertinenza, completezza, non eccedenza e necessità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi, anche con riferimento ai dati che l'interessato fornisce di propria iniziativa. Al fine di assicurare che i dati siano strettamente pertinenti e non eccedenti rispetto agli obblighi e ai compiti loro attribuiti, i soggetti pubblici valutano specificamente il rapporto tra i dati e gli adempimenti. I dati che, anche a seguito delle verifiche, risultano eccedenti o non pertinenti o non necessari non possono essere utilizzati, salvo che per l'eventuale conservazione, a norma di legge, dell'atto o del documento che li contiene. Specifica attenzione é prestata per la verifica dell'essenzialità dei dati riferiti a soggetti diversi da quelli cui si riferiscono direttamente le prestazioni o gli adempimenti.

4. I dati contenuti in elenchi, registri o banche di dati, tenuti con l'ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l'utilizzazione di codici identificativi o di altri sistemi che, considerato il numero e la natura dei dati trattati, permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità.

5. I dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale sono conservati separatamente da ogni altro dato persone trattato per finalità che non richiedano il loro utilizzo. Al trattamento di tali dati si procede con le modalità di cui al comma 4 anche quando detti dati non sono contenuti in elenchi, registri o banche dati o non sono tenuti con l'ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati.

6. I dati non possono essere trattati nell'ambito di test psicoattitudinali volti a definire il profilo o la personalità dell'interessato.

------------------------------------------------------------------------------

Nota all'art. 3:
- L'art. 9 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, é il seguente:
"Art. 9 (Modalità di raccolta e requisiti dei dati personali). - 1. I dati personali oggetto di trattamento devono essere:
a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;
b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini non incompatibili con tali scopi;
c) esatti e, se necessario, aggiornati;
d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;
e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati".
panorama
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da panorama »

sempre relativamente al fascicolo personale:
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Legge n. 675 del 31.12.1996, artt. 9 e 13.


LEGGE 31 dicembre 1996, n. 675
Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali. (GU n.5 del 8-1-1997 - Suppl. Ordinario n. 3 )

Testo in vigore dal: 8-5-1997
al: 30-9-1999

Art. 9.

(Modalità di raccolta e requisiti dei dati personali).

1. I dati personali oggetto di trattamento devono essere:
a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;
b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini non incompatibili con tali scopi;
c) esatti e, se necessario, aggiornati;
d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;
e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.
--------------------------------

Testo in vigore dal: 8-5-1997
al: 31-1-2002

Art. 13

(Diritti dell'interessato)

1. In relazione al trattamento di dati personali l'interessato ha diritto:
a) di conoscere, mediante accesso gratuito al registro di cui all'articolo 31, comma 1, lettera a), l'esistenza di trattamenti di dati che possono riguardarlo;
b) di essere informato su quanto indicato all'articolo 7, comma 4, lettere a), b) e h);
c) di ottenere, a cura del titolare o del responsabile, senza ritardo:
1) la conferma dell'esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la comunicazione in forma intellegibile dei medesimi dati e della loro origine, nonché
della logica e delle finalità su cui si basa il trattamento; la richiesta può essere rinnovata, salva l'esistenza di giustificati motivi, con intervallo non minore di novanta giorni;
2) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non e' necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;
3) l'aggiornamento, la rettificazione ovvero, qualora vi abbia interesse, l'integrazione dei dati;
4) l'attestazione che le operazioni di cui ai numeri 2) e 3) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si riveli impossibile o comporti un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato;
d) di opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi, al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;
e) di opporsi, in tutto o in parte, al trattamento di dati personali che lo riguardano, previsto a fini di informazione commerciale o di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale interattiva e di essere informato dal titolare, non oltre il momento in cui i dati sono comunicati o diffusi, della possibilità di esercitare gratuitamente tale diritto.

2. Per ciascuna richiesta di cui al comma 1, lettera c), numero 1), può essere chiesto all'interessato, ove non risulti confermata l'esistenza di dati che lo riguardano, un contributo spese, non superiore ai costi effettivamente sopportati, secondo le modalità ed entro i limiti stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 33, comma 3.

3. I diritti di cui al comma 1 riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chiunque vi abbia interesse.

4. Nell'esercizio dei diritti di cui al comma 1 l'interessato può conferire, per iscritto, delega o procura a persone fisiche o ad associazioni.

5. Restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione di giornalista, limitatamente alla fonte della notizia.
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da panorama »

quanto sopra poiché la circolare citata richiama:

RIFERIMENTI NORMATIVI
- Legge n. 241 del 7.8.1990, artt. 22, comma 1, e 25, comma 1;
- Legge n. 675 del 31.12.1996, artt. 9 e 13;
- Decreto legislativo n. 135 dell’11.5.1999, art. 3;
- Regolamento di Disciplina Militare, artt. 62 e 75;
- Regolamento per le Matricole dell’Esercito, Ed. 1941, n. 25;
- Istruzione sul Carteggio per l’Arma dei Carabinieri – N. 1 – 4 – Ed. 1990, n. 84.
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da panorama »

Bella sentenza del CdS
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Diritto del dipendente sapere chi parla male di lui al datore

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Va mostrata al dipendente la mail privata del collega che sparla di lui col capo in vista del conferimento di un incarico: è in gioco la sua carriera e questi, pertanto, deve poter ottenere copia del documento in modo da agire davanti al giudice. Non c’è dunque alcuna segretezza sui documenti presentati da terzi, neanche se costoro chiedono il massimo riserbo sulla segnalazione fatta al datore: ciò perché, laddove si tratti di esercitare un proprio diritto alla difesa giudiziaria, non c’è privacy che tenga.

L’accesso al documento non può essere negato al lavoratore che ne faccia richiesta all’azienda al fine di difendersi in tribunale per tutelare la propria immagine professionale qualora intenda contestare la decisione che pregiudica la sua carriera a causa di segnalazioni da parte dei colleghi: il suo datore deve tirare fuori tutti verbali del consiglio di amministrazione, compreso il testo dell’email e il nome di chi l’ha inviata. L’azienda non si può trincerare di fronte alla considerazione che si tratterebbe di corrispondenza privata.
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I FATTI

Un dipendente, con il ruolo di responsabile amministrativo, dopo sette anni di fedele attività prestata in favore dell’azienda, non veniva più confermato nella sua posizione per via delle rimostranze di alcuni lavoratori, i quali avevano segnalato all’azienda forti tensioni con il capo team. Il datore motivava tale decisione richiamando la conflittualità nell’ambiente di lavoro. Il dipendente decideva allora di ricorrere al giudice del lavoro per contestare il conferimento dell’incarico, che evidentemente era andato a un altro.

Ma il lavoratore, per provare quanto affermato in tribunale, necessitava delle segnalazioni fatte contro di lui ai vertici della struttura, indicate nel verbale del consiglio di amministrazione che aveva preso la decisione sul suo futuro. E l’azienda aveva negato tale esibizione.

Il giudice, però, ha imposto al datore l’ostensione di tutti gli atti.
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La sentenza

Seppure l’email è equiparabile alla corrispondenza privata e, come tale, essa è stretta dalla riservatezza, tutelata persino dalla Costituzione, tale vincolo cade quando è in gioco il diritto di un cittadino a far valere i propri diritti davanti al giudice. È tuttavia necessario che tale “segnalazione” scritta sia posta a base della decisione di comprimere il diritto del ricorrente (nel caso di specie, infatti, l’azienda aveva motivato la decisione richiamando proprio la suddetta email). E allora, quando il testo della mail diventa a tutti gli effetti un documento “detenuto” dell’ente, esso va anche mostrato all’interessato. Diverso sarebbe se il datore non facesse alcun riferimento alla segnalazione e giustificasse il proprio provvedimento sulla scorta di altre ragioni.

Dunque decade la natura privata dell’email che parla male dell’interessato che va richiesta di esibizione.

E, sebbene la sentenza in commento si riferisca al pubblico impiego, il principio vale anche quando il datore di lavoro non è una pubblica amministrazione. L’amministrazione, nel caso di specie, è stata condannata a mostrare all’interessato il nome del detrattore.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 6 ,numero provv.: 201501113
- Public 2015-03-05 -


N. 01113/2015REG.PROV.COLL.
N. 10517/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10517 del 2014, proposto da:
Istituto Nazionale di Astrofisica-Inaf, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato presso gli uffici di quest’ultima in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

contro
OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Ingrascì, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Santa Maria dell'Anima, 39;

per la riforma
della sentenza 21 ottobre 2014, n. 10552, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione III.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Pizzi e l’avvocato Ghera per delega dell’avvocato Ingrascì.

FATTO

1.– OMISSIS, dipendente dell’Istituto nazionale di astrofisica-INAF (d’ora innanzi anche solo INAF), con profilo di Tecnologo, già responsabile amministrativo dell’Osservatorio astrofisico di OMISSIS dal 2005 al 2012, ha presentato ricorso al Tribunale di OMISSIS, Sezione Lavoro, relativo alla procedura di conferimento del predetto incarico per l’anno 2013.

La parte, in data 15 novembre 2013, a tutela della propria immagine professionale, inoltrava all’amministrazione istanza di accesso, avente ad oggetto le richieste di intervento dei ricercatori per difficoltà di gestione amministrativa delle missioni, a cui veniva fatto riferimento nel verbale del consiglio di amministrazione del 20/21 marzo 2012, le segnalazioni al Direttore Generale sulla conflittualità tra i dipendenti dell’Osservatorio e l’istante, con particolare riferimento al contenzioso instaurato, le segnalazioni e richieste relative all’Osservatorio, sottoposte all’attenzione del consiglio di amministrazione nelle adunanze di cui al suddetto verbale.

Alla suindicata richiesta l’INAF forniva una risposta con nota del 13 dicembre 2013, rilevando come quelle indicate erano problematiche afferenti alla gestione amministrativa delle missioni, facendo, tra l’altro, richiamo alla «missiva di cui all’allegato 5», che conteneva parte del testo di una e-mail indirizzata da un soggetto non indicato al Presidente dell’Istituto.

L’interessata, non soddisfatta della predetta risposta, presentava, a tutela della propria immagine professionale, una nuova domanda di accesso, in data 16 dicembre 2013, volta al conseguimento: a) della versione integrale del menzionato allegato 5, col nominativo dell’estensore del relativo foglio, b) degli allegati a loro volta abbinati al suddetto allegato 5; c) delle eventuali note di trasmissione dell’allegato 5 ad altri soggetti; d) degli atti oggetto di discussione nelle adunanze del consiglio di amministrazione di cui al verbale del 20/21 marzo 2012; e, g) delle eventuali richieste di intervento da parte di ricercatori sulle difficoltà di gestione delle missioni; ;f, g) di altri atti e segnalazioni riferiti all’istante; h) di notizie volte a sapere se nel consiglio di amministrazione erano state mai discusse le accennate problematiche relative all’Osservatorio di OMISSIS.

Con foglio del 15 gennaio 2014 l’INAF segnalava che, oltre gli atti già trasmessi, non esistevano altri documenti relativi a segnalazioni, richieste di intervento e problematiche riferite all’Osservatorio di OMISSIS, che le discussioni e le decisioni del consiglio di amministrazione erano riportate nei verbali accessibili sul sito istituzionale dell’Istituto, che il nominativo dell’estensore della nota di cui al suddetto allegato 5 non veniva rilevato per esigenze di riservatezza.

2.– L’interessata ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio tale diniego, deducendo la violazione degli articoli 1, 2, 3, 22, comma 1d, 24, comma 7, della legge n.241 del 1990, dell’art.9, comma 1, del D.P.R. 12 aprile 2006, n.184, degli artt. 3, 24, 97, 113 Cost., nonché deducendo eccesso di potere sotto il profilo della manifesta contraddittorietà ed illogicità, del difetto di motivazione.

La ricorrente, in particolare, ha fatto presente che l’acquisizione dei suddetti atti era strumentalmente volta alla tutela della propria immagine professionale in tutte le sedi oltre che in fase di conferimento delle funzioni di responsabile amministrativo dell’Osservatorio di OMISSIS, con la conseguenza che le esigenze di riservatezza opposte in riferimento alla richiesta sub a) erano da considerarsi recessive e che non erano ben evidenziate le ragioni del diniego.

3.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 21 ottobre 2014, n. 10552, ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse in ordine alla richiesta degli atti di cui alle lettere b-h) e ha accolto il ricorso in ordine al diniego opposto all’accesso integrale, comprensivo del nominativo del mittente, del documento di cui all’allegato 5.

4.– L’Istituto ha proposto appello per le ragioni indicate nella parte in diritto.

5.– Si è costituita in giudizio la ricorrente in primo grado chiedendo il rigetto dell’appello.

6. – La causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio del 10 febbraio 2015.

DIRITTO

1.– La questione posta all’esame della Sezione attiene alla legittimità del rifiuto di accesso opposto dall’Istituto Nazionale di Astrofisica in relazione al contenuto di una e-mail che un soggetto ha indirizzato al Presidente dell’Istituto al fine di segnalare alcuni episodi relativi all’attività lavorativa svolta dalla parte appellata.

2.– Con un primo motivo l’appellante deduce l’inammissibilità del ricorso di primo grado per tardività, in quanto la ricorrente non avrebbe impugnato la nota del 13 dicembre 2014, con la quale l’amministrazione aveva rigettato l’istanza di accesso. In particolare, l’appellante rileva che il successivo diniego di accesso del 15 gennaio 2014 sarebbe un atto meramente confermativo del precedente e in quanto tale inidoneo a consentire la riapertura dei termini.

Il motivo non è fondato.

L’art. 116 cod. proc. amm. dispone che «Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all’amministrazione e ad almeno un controinteressato».

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che «il termine previsto dalla normativa per la proposizione del ricorso in sede giurisdizionale avverso le determinazioni dell’amministrazione sull’istanza di accesso, stabilito dall'art. 116 c. proc. amm., come già prima dall’art. 25, l. n. 241 del 1990, in trenta giorni dalla conoscenza del diniego o dalla formazione del silenzio significativo, è a pena di decadenza: di conseguenza, la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo; viceversa, quando il cittadino reiteri l’istanza di accesso in presenza di fatti nuovi non rappresentati nell’istanza originaria o prospetti in modo diverso la posizione legittimante all'accesso ovvero l' amministrazione proceda autonomamente ad una nuova valutazione della situazione, è certamente ammissibile l'impugnazione del successivo diniego, perché a questo non può attribuirsi carattere meramente confermativo del primo» (Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4912; si veda anche Cons. Stato, sez. VI, 7 giugno 2006, n. 3431).

Nel caso di specie, l’amministrazione, con la nota del 13 dicembre 2014, ha fatto riferimento, per la prima volta, alla missiva di cui all’allegato 5 di cui non ha però consentito l’integrale visione comprensiva del nominativo del mittente. A fronte di tale nota la parte ha pertanto formulato una nuova richiesta di accesso in data 16 dicembre 2013 alla quale l’Istituto ha risposto con l’atto impugnato.

E’ evidente, pertanto, che si è in presenza dei presupposti – novità degli elementi prospettati cui si unisce anche una risposta espressa da parte dell’amministrazione – che la giurisprudenza amministrativa, sopra riportata, ha individuato al fine di ritenere ammissibile la proposizione del ricorso giurisdizionale avverso il nuovo atto di rigetto della richiesta di accesso.

3.– Con il secondo motivo si deduce l’erroneità della sentenza per avere consentito l’accesso al contenuto di una corrispondenza privata come risulterebbe dalle circostanza che l’e-mail: i) sarebbe stata inviata all’indirizzo personale del Presidente e all’indirizzo istituzionale ad accesso esclusivo del Presidente stesso; ii) non sarebbe stata protocollata; iii) avrebbe un “tono confidenziale”.

Con il terzo motivo, connesso a quello appena esposto, si rileva come non si tratterebbero di un documento amministrativo suscettibile di accesso, non trattandosi di atti concernenti attività di interesse pubblico.

I motivi non sono fondati.

L’art. 22, lettera d), della legge n. 241 del 1990 prevede che per «documento amministrativo» si intende «ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale».

L’art. 24, comma 7, della stessa legge dispone che «deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici». La norma aggiunge che nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e, in presenza di situazioni giuridiche di pari rango, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

Nel caso di specie entrambe le norme, contrariamente a questo sostenuto dalla difesa dell’amministrazione appellante, sono state violate.

In relazione alla natura di documento, il contenuto dell’e-mail non può ritenersi corrispondenza privata in quanto il Presidente ha provveduto a rendere edotti gli uffici dell’amministrazione dell’esistenza di tale informativa. Così facendo ha reso egli stesso di rilevanza pubblica il documento. Non è un caso che la parte privata è venuta a conoscenza dell’esistenza dell’e-mail perché il responsabile del procedimento, nell’atto di diniego dell’accesso, ha fatto ad essa riferimento mediante il rinvio all’«allegato 5». Si trattava dunque di un documento ormai detenuto dall’amministrazione. La tesi dell’appellante sarebbe stata corretta se il Presidente avesse mantenuto in “forma privata” la corrispondenza ricevuta, assegnandole valenza non rilevante ai fini dell’attività istituzionale dell’ente.

In definitiva, deve ritenersi che, per le ragioni esposte, la particolarità della fattispecie concreta assegna valenza di documento all’e-mail inviata al Presidente dell’Istituto.

In relazione alla esigenza di tutela della riservatezza dell’autore dell’e-mail, la parte appellata ha dimostrato che la conoscenza del suo contenuto e del nome del mittente è necessaria ai fini sia della difesa nell’ambito del giudizio relativo al conferimento dell’incarico sia, soprattutto, per potere agire in giudizio ai fini della tutela del proprio onore e della propria reputazione professionale.

4.– La particola natura della controversia e la sua specificità, in assenza di precedenti giurisprudenziali rilevanti, giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese anche del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;

b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/03/2015
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

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silenzio rigetto formatosi su istanza di accesso ai documenti e per l’accertamento del diritto ad accedere ai richiesti documenti.

1) - il fratello, veniva ricoverato, nel corso del proprio servizio obbligatorio di leva, presso il Policlinico Militare di Roma del Celio per ben cinque volte, infine decedendo causa leucemia, che si assume contratta durante il detto servizio di leva. Nella qualità di erede del deceduto, la ricorrente ha quindi chiesto al Policlinico Militare di Roma, in data 12 febbraio 2014, copia della documentazione sanitaria relativa al fratello al fine di verificare l’esistenza di un nesso causale tra le vaccinazioni obbligatorie e la patologia che ha condotto al decesso il militare.

Il resto leggetelo qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201504628 - Public 2015-03-26 -


N. 04628/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00353/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 353 del 2015, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Gianluca Valeriani, con domicilio eletto presso l’avv. Gianluca Valeriani in Roma, Via Tacito, 50;

contro
Dipartimento Militare di Medicina Legale;

per l'annullamento
del silenzio rigetto formatosi su istanza di accesso ai documenti e per l’accertamento del diritto ad accedere ai richiesti documenti

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2015 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Espone la odierna ricorrente che il fratello, OMISSIS, veniva ricoverato, nel corso del proprio servizio obbligatorio di leva, presso il Policlinico Militare di Roma del Celio per ben cinque volte, infine decedendo causa leucemia, che si assume contratta durante il detto servizio di leva. Nella qualità di erede del deceduto, la ricorrente ha quindi chiesto al Policlinico Militare di Roma, in data 12 febbraio 2014, copia della documentazione sanitaria relativa al fratello al fine di verificare l’esistenza di un nesso causale tra le vaccinazioni obbligatorie e la patologia che ha condotto al decesso il militare. In data 20 febbraio 2014 il Policlinico comunicava alla ricorrente di non aver rinvenuto alcuna cartella clinica relativa a ricoveri operati nell’anno 1987 del nominato. Analoga istanza di accesso agli atti è stata allora avanzata in data 30 ottobre 2014 al Dipartimento Militare di Medicina Legale di via dei Bersaglieri – Roma, inoltrata per conoscenza anche alla Direzione Generale della Sanità Militare di via Santo Stefano Rotondo – Roma. In particolare, è stata chiesta copia del libretto vaccinazioni militari e delle cartelle cliniche relative ai più ricoveri del militare presso l’Ospedale Militare di Roma nonché di ogni ulteriore certificato connesso o collegato.

Decorso inutilmente il termine di legge, la ricorrente impugna il silenzio così formatosi sulla detta istanza di accesso, comunque chiedendo all’adito Tribunale di voler accertare il proprio diritto alla ostensione della richiesta documentazione, all’uopo deducendo violazione degli artt. 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990; violazione del principio di trasparenza della pubblica amministrazione; assenza di istruttoria, difetto di motivazione, ingiustizia grave e manifesta; violazione del giusto procedimento.

Non si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione.

Alla camera di consiglio del 4 marzo 2015 il ricorso viene ritenuto per la decisione.

Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto sia pure con l’avvertenza di seguito meglio esplicitata.

Occorre premettere che ai fini della sussistenza del presupposto legittimante l'esercizio del diritto di accesso ai documenti della Pubblica amministrazione deve esistere un interesse giuridicamente rilevante del richiedente, non necessariamente consistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato, non potendo identificarsi col generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa e un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione, fermo rimanendo che:
a) l'interesse all'accesso va valutato in astratto, senza che possa essere operata, con riferimento al caso specifico, alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale che gli interessati potrebbero eventualmente proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l'accesso;
b) alla P.A. detentrice del documento è preclusa una penetrante indagine sulla "meritevolezza" dell'interesse sotteso alla richiesta di ostensione, tanto che, laddove vi sia detenzione e custodia in capo alla parte pubblica l'obbligo di consentire l'accesso opera in termini pressoché automatici.

Sulla scorta degli esposti principi, nessun dubbio sussiste in ordine alla sussistenza, nel caso di specie, in capo alla ricorrente di una situazione giuridicamente rilevante, quale erede del militare deceduto, alla cui tutela è peraltro chiaramente orientata l’istanza di accesso ai richiesti documenti ed è del pari indubbio che alcuna ragione di segretezza o divieto qualsivoglia di divulgazione può essere ragionevolmente opposta.
Ne consegue, oltre che la illegittimità del silenzio rigetto formatosi sulla istanza di accesso a suo tempo presentata dalla ricorrente, l’accertamento del diritto di questa alla richiesta ostensione, fermo ovviamente il limite logico della necessaria rinvenibilità della documentazione di cui è questione presso il Dipartimento Militare di Medicina Legale cui l’istanza è stata rivolta, dovendo necessariamente trattarsi di atti preesistenti e nella effettiva disponibilità della struttura cui la richiesta è indirizzata.

Con detta avvertenza, quindi, il Collegio ordina al Dipartimento Militare di Medicina Legale di Roma di consentire, nei modi e termini di legge, l’accesso richiesto dalla odierna ricorrente ai documenti elencati nell’istanza del 30 ottobre 2014.

Sussistono giuste ragioni per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina al Dipartimento Militare di Medicina Legale di Roma di consentire, nei modi e termini di legge, l’accesso richiesto dalla odierna ricorrente ai documenti elencati nell’istanza del 30 ottobre 2014.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere, Estensore
Floriana Rizzetto, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/03/2015
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

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ORDINANZA N. 92
ANNO 2015


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), promosso dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, nel procedimento vertente tra R. G. e la Regione siciliana - Fondo pensioni Sicilia, con ordinanza del 9 settembre 2014, iscritta al n. 226 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 29 aprile 2015 il Giudice relatore Daria de Pretis.

Ritenuto che, con ordinanza del 9 settembre 2014, la Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), in riferimento agli artt. 3, 97, 24, 113 e 117, primo comma, della Costituzione;

che la questione, così prospettata, è stata sollevata in un processo avente ad oggetto la domanda di annullamento dell’atto con cui la Direzione regionale servizi di quiescenza della Regione siciliana - Fondo pensioni Sicilia ha comunicato ad una pensionata l’avvio di un procedimento di recupero, sui ratei della pensione percepita, di somme indebitamente erogate, e che nel giudizio la ricorrente lamentava l’impossibilità di comprendere le ragioni di fatto e di diritto della disposta ripetizione e di aver percepito tali somme in buona fede;

che il giudice a quo, sul presupposto che l’amministrazione regionale avrebbe fornito, con la memoria di costituzione in giudizio, motivazioni integrative della impugnata comunicazione, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 21-octies, secondo comma, primo periodo, della legge n. 241 del 1990, nella misura in cui tale disposizione consente l’integrazione in sede processuale della motivazione del provvedimento amministrativo anche dopo un rilevante periodo di tempo;

che, secondo la remittente, la norma si porrebbe in contrasto: con gli artt. 24, 97 e 113 Cost., costituendo, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, un corollario dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, in quanto consente al destinatario del provvedimento che ritenga lesa una propria situazione giuridica di far valere la relativa tutela giurisdizionale, senza che assuma alcuna rilevanza al riguardo la natura discrezionale o vincolata dell’atto; con l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto la norma contravverrebbe i principi dell’ordinamento comunitario come interpretati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale avrebbe sempre affermato l’impossibilità di integrare la motivazione di un provvedimento amministrativo nel corso del processo; con l’art. 3 Cost., per la disparità di trattamento che ne conseguirebbe, in termini di tutela giurisdizionale, tra atti derivati dalla normativa comunitaria e atti esclusivamente interni; con il principio della separazione dei poteri, in quanto consentirebbe al giudice di sostituirsi all’amministrazione integrando la motivazione dell’atto;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata;

che nel suo intervento il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce, in punto di rilevanza, che le regole sul procedimento amministrativo sarebbero inapplicabili a fattispecie come quella in esame, riguardanti un’attività paritetica nell’ambito della quale la consistenza della posizione soggettiva azionata è di diritto soggettivo;

che la fattispecie in esame prescinderebbe comunque dall’applicazione dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, in quanto l’obbligo di motivazione non potrebbe ritenersi violato quando le ragioni del provvedimento siano chiaramente intuibili sulla base della sua parte dispositiva e si verta in ipotesi di attività vincolata;

che per gli atti vincolati la motivazione non corrisponderebbe alla logica, fatta propria anche dall’art. 296 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), di esplicitare l’iter formativo e le ragioni della scelta discrezionale, ma si limiterebbe a indicare i presupposti fattuali e le norme di riferimento;

che, anche se si volesse ritenere che la fattispecie in esame va valutata alla luce dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, la questione prospettata risulterebbe comunque infondata, in quanto il meccanismo dettato dalla norma non altera in alcun modo il diritto di difesa, né arreca un pregiudizio alle ragioni sostanziali del ricorrente, collegandosi invece alla carenza di interesse del ricorrente stesso a ottenere l’annullamento di un atto che l’amministrazione potrebbe successivamente reiterare con identico contenuto.

Considerato che, con ordinanza del 9 settembre 2014, la Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), in riferimento agli artt. 3, 97, 24, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, nella misura in cui tale disposizione consente l’integrazione in sede processuale della motivazione del provvedimento amministrativo;

che, secondo la rimettente, la norma si porrebbe in contrasto: con gli artt. 24, 97 e 113 Cost., costituendo, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, un corollario dei principi di buon andamento e d’imparzialità dell’amministrazione, in quanto consente al destinatario del provvedimento che ritenga lesa una propria situazione giuridica di far valere la relativa tutela giurisdizionale, senza che assuma alcuna rilevanza al riguardo la natura discrezionale o vincolata dell’atto; con l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto la norma contravverrebbe i principi dell’ordinamento comunitario come interpretati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale avrebbe sempre affermato l’impossibilità di integrare la motivazione di un provvedimento amministrativo nel corso del processo; con l’art. 3 Cost., per la disparità di trattamento che ne conseguirebbe, in termini di tutela giurisdizionale, tra atti derivati dalla normativa comunitaria e atti esclusivamente interni; con il principio della separazione dei poteri, in quanto consentirebbe al giudice di sostituirsi all’amministrazione integrando la motivazione dell’atto;

che l’ordinanza di rimessione muove da una incompleta ricostruzione del quadro giurisprudenziale;

che, difatti, secondo l’indirizzo formatosi in materia di giudizio pensionistico, «dalla natura meramente ricognitiva del procedimento amministrativo, preordinato all’accertamento, alla liquidazione e all’adempimento della prestazione pensionistica in favore dell’assicurato deriva che l’inosservanza, da parte del competente Istituto previdenziale, delle regole proprie di questo procedimento, come, più in generale, delle prescrizioni concernenti il giusto procedimento, dettate dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, o dei precetti di buona fede e correttezza non dispiega incidenza alcuna sul rapporto obbligatorio avente ad oggetto quella prestazione», cosicché l’istante «non può, in difetto dei fatti costitutivi della relativa obbligazione, fondare la pretesa giudiziale di pagamento della prestazione previdenziale rinvenendone la causa in disfunzioni procedimentali addebitabili all’Istituto», ferma restando l’eventuale rilevanza a fini diversi di queste violazioni, come ad esempio, ove ne ricorrano i presupposti, la possibilità di chiedere il risarcimento del danno che ne sia derivato (ex plurimis, Corte di cassazione civile - sezione lavoro, sentenze 30 settembre 2014, n. 20604; 29 aprile 2009, n. 9986; 24 febbraio 2003, n. 2804);

che la stessa giurisprudenza contabile, sul presupposto che il giudizio pensionistico, ancorché promosso formalmente con ricorso contro un atto della pubblica amministrazione, ha per oggetto il completo riesame del rapporto obbligatorio di quiescenza nella sua globalità (così come individuato e delimitato dall’istanza pensionistica nella previa sede amministrativa e, poi, dalla domanda giudiziale), ha affermato che non sono dirimenti le censure formali, includendo in esse anche quelle relative alla illegittimità del provvedimento per violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 (Corte dei conti - sezione terza giurisdizionale centrale d’appello, 14 maggio 2008, n. 167; sezione prima giurisdizionale centrale d’appello, 26 giugno 2002, n. 206; sezione giurisdizionale per la Regione Veneto 18 marzo 2009, n. 229);

che la rimettente non spiega se e come ritiene superabile l’impostazione giurisprudenziale che esclude l’incidenza delle violazioni procedimentali (o di altre regole derivanti dalla legge n. 241 del 1990) sul rapporto obbligatorio di fonte legale, avente ad oggetto prestazioni pensionistiche;

che l’assenza di argomentazioni su tale profilo preclude ogni verifica in ordine alla rilevanza della questione prospettata, comportandone l’inammissibilità;

che, anche qualora si ritenesse la norma impugnata applicabile nel tipo di contenzioso in esame, la rimettente non prende in considerazione il fatto che, secondo un diffuso orientamento della giurisprudenza amministrativa, «il difetto di motivazione nel provvedimento non può essere in alcun modo assimilato alla violazione di norme procedimentali o ai vizi di forma, costituendo la motivazione del provvedimento il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 3 della legge n. 241 del 1990) e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti» (ex multis, Consiglio di Stato - sezione terza, 7 aprile 2014, n. 1629; sezione sesta, 22 settembre 2014, n. 4770; sezione terza, 30 aprile 2014, n. 2247; sezione quinta, 27 marzo 2013, n. 1808);

che, dunque, la rimettente si è sottratta al doveroso tentativo di sperimentare l’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata, in applicazione del principio secondo cui una disposizione di legge può essere dichiarata costituzionalmente illegittima solo quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme ai parametri costituzionali invocati (sentenza n. 77 del 2007; ordinanze n. 102 del 2012, n. 212, n. 103, n. 101 e n. 15 del 2011, n. 322, n. 192 e n. 110 del 2010, n. 257 del 2009 e n. 363 del 2008);

che la questione appare altresì diretta non a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale, ma a ricevere dalla Corte un improprio avallo a una determinata interpretazione della norma censurata (rimessa al giudice di merito), operazione, questa, tanto più inammissibile in presenza di indirizzi giurisprudenziali non del tutto stabilizzati (sentenza n. 242 del 2008; ordinanze n. 297 del 2007, n. 114 del 2006, n. 211 del 2005 e n. 142 del 2004);

che, in definitiva, la questione sollevata è manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza, per mancato esperimento del tentativo d’interpretazione conforme a Costituzione, nonché per l’uso improprio dello strumento del vaglio di costituzionalità per avallare una certa interpretazione della norma censurata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, 24, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2015.

F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Daria de PRETIS, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2015.
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

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Il CdS bacchetta l'Arma e il Ministero della Difesa

Fatta chiarezza su alcuni atti/documenti, quindi rinfreschiamoci la mente è prendiamoci i nostri diritti se ci troviamo in tale situazione.
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Ecco alcuni brani.

1) - è stata irrogata la sanzione disciplinare di corpo della consegna di giorni cinque.

2) - Contestualmente, l’Amministrazione ha avviato anche un procedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale.

3) - ha chiesto, al fine di tutelarsi dalle accuse mosse nei suoi confronti nel provvedimento disciplinare, l’accesso ai seguenti atti:
“- verbale o atto da cui si evincano le complete generalità' della persona che ebbe a consegnare la documentazione in data 31 marzo 2014 al comando dipendente dalla compagnia cc di OMISSIS;

- estremi del procedimento penale nei suoi confronti archiviato in data 11 gennaio 2016;

- annotazione a firma del Comandante di compagnia del mese di giugno 2014;

- messaggi trasmessi all’Autorità giudiziaria;

ogni altro atto compiuto finalizzato ad avvalorare la proposta di trasferimento d'autorità di cui al f.n. ……/t-15 del 12.04.2016 del Comando Legione Carabinieri Lazio”.

4) - Con nota del 15 giugno 2016, prot. …./10, l'Amministrazione ha accolto l'istanza di accesso limitatamente ai soli documenti relativi al procedimento disciplinare.
- ) - Per i restanti atti, facenti parte del fascicolo relativo ad un procedimento penale, l’Amministrazione lo ha invitato a formulare istanza di rilascio delle copie all’Autorità giudiziaria inquirente.

5) - Il -OMISSIS- ha quindi richiesto, ai sensi dell’art. 116 c.p.p., gli atti non rilasciati alla segreteria della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario.

6) - Lo stesso ufficio, tuttavia, ha respinto l’istanza in quanto l’interessato, non essendo parte del procedimento penale, non era titolato ad acquisire i documenti richiesti, comunque in possesso anche dell’Amministrazione.
Pertanto, in data 22 giugno 2016 ha inoltrato una nuova richiesta di accesso limitatamente agli atti non consegnati.

7) - Contro la nota del 26 giugno 2016 con la quale l’Amministrazione ha respinto tale successiva richiesta, il -OMISSIS- ha proposto ricorso al T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, che con la sentenza indicata in epigrafe lo ha solo in parte accolto,
- ) - disponendo l’accesso limitatamente alle annotazione a firma del Comandante di compagnia del mese di giugno 2014 e al verbale di consegna dei documenti del 31 marzo 2014.

8) - Il Ministero della Difesa ha impugnato la predetta sentenza, formulando il seguente motivo di appello.
- ) - Ai sensi dell’art. 116 c.p.p. chiunque vi abbia interesse può ottener il rilascio di copie di singoli atti del procedimento penale. Di conseguenza, secondo il Ministero appellante, l’Amministrazione (rectius la Compagnia Carabinieri di OMISSIS) ha correttamente rinviato l’interessato al giudice penale competente, cioè il GIP presso il Tribunale di OMISSIS (parte appellata ha invece chiesto gli atti dalla Procura della Repubblica).

Il CdS precisa:

9) - Con il ricorso di primo grado, il marsciallo OMISSIS aveva chiesto anche l’accesso agli atti in possesso dell’Amministrazione relativi al procedimento penale instaurato a suo carico e poi concluso con una archiviazione.

10) - Il T.a.r., tuttavia, ha ritenuto che tali documenti, in quanto riferiti all'attività investigativa, dovevano, ai sensi dell'art. 24 comma 1, lettera a), della legge n. 241 del 1990, essere esclusi dal diritto di accesso.
L’apertura di un procedimento penale, seppure poi archiviato, avrebbe imposto al ricorrente di chiederne l’ostensione all’Autorità giudiziaria.

11) - Il giudice di primo grado ha quindi consentito l’accesso solo a quelli fuori dalla vicenda penale e sufficientemente individuati nell’istanza: OMISSIS (leggere direttamente in sentenza)

12) - Le conclusioni del T.a.r. non possono essere condivise.
Innanzitutto, va rilevato che con l’archiviazione del procedimento penale non sussistono ragioni ostative all’accesso ai relativi atti in possesso dell’Amministrazione e riconducibili al ricorrente incidentale (atti comunque non oggetto di sequestro).

13) - Il diritto di accesso, ferme le ovvie limitazioni derivanti dal segreto d’ufficio o da prevalenti ragioni di privacy, ha infatti una portata ampia collegata in particolare alla necessità dell’interessato di essere posto nelle condizioni di esercitare al meglio ogni forma di tutela consentita.

14) - Peraltro, anche gli atti relativi e denunce ed esposti sono accessibili. Questi ultimi, una volta entrati nella disponibilità dell'Amministrazione, non sono preclusi dall’accesso per esigenze di tutela della riservatezza, giacché il predetto diritto non assume un'estensione tale da includere il diritto all'anonimato di colui che rende una dichiarazione che comunque va ad incidere nella sfera giuridica di terzi (Cons. St., sez. V, 19 maggio 2009 n. 3081; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 11 febbraio 2016 n. 396).

15) - Né il nostro ordinamento, ispirato a principi democratici di trasparenza, imparzialità e responsabilità ammette la possibilità di denunce segrete.
Colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha quindi un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell'esercizio del potere di vigilanza, a cominciare dagli atti di iniziativa e di preiniziativa, quali, appunto, denunce, segnalazioni o esposti (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 12 luglio 2016 n. 980, T.A.R. Campania, sez. VI, 4 febbraio 2016 n. 639).

16) - Il diritto di accesso non soffre, infatti, limitazioni se non quelle espressamente previste con legge o, comunque, in base a legge e non è, in particolare, soggetto ad applicazioni interpretative, manipolative o, comunque, riduttive ad opera dell'Autorità atteso che ogni Amministrazione è tenuta a dar seguito all'istanza del privato (ove rispettosa dei crismi normativi quanto a forma, oggetto, interesse sostanziale sotteso), mediante l'esibizione o la consegna di copia di quella documentazione precisamente richiesta, salvo che non ricorrano le tassative circostanze legislativamente previste per differirne ovvero negarne l'accesso (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 19 aprile 2017, n. 1832).

17) - Non sono infine ravvisabili, come invece ritenuto dal T.a.r., incertezze circa l’individuazione degli atti oggetto dell’istanza di accesso.

18) - Conseguentemente, va ordinato all’Amministrazione appellante di consentire l’accesso a tutti gli atti richiesti....

N.B.: rileggi i punti dal n. 9 al 12 e dal n. 14 al 16.

Cmq. Leggete per intero tutta la sentenza del C.d.S.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803128
– Public 2018-05-24 -

Pubblicato il 24/05/2018

N. 03128/2018 REG. PROV. COLL.
N. 02396/2017 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2396 del 2017, proposto dal
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Leandro Bombardieri, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Premuda, 2;

per la riforma
della sentenza del Tar per il Lazio, sede di Roma, sezione prima bis, n. 2665 del 21 febbraio 2017, resa tra le parti, concernente il parziale accoglimento di un ricorso per l’accesso proposto dal -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio e il ricorso incidentale di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2018 il consigliere Nicola D'Angelo e udito, per l’appellato, l’avvocato Carlo Romeo, su delega dell’avvocato Leandro Bombardieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Al signor -OMISSIS-, sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, già in servizio presso la stazione di OMISSIS, è stata irrogata la sanzione disciplinare di corpo della consegna di giorni cinque. Contestualmente, l’Amministrazione ha avviato anche un procedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale.

2. Con istanza di accesso del 26 maggio 2016 il -OMISSIS- ha chiesto, al fine di tutelarsi dalle accuse mosse nei suoi confronti nel provvedimento disciplinare, l’accesso ai seguenti atti:

“- verbale o atto da cui si evincano le complete generalità' della persona che ebbe a consegnare la documentazione in data 31 marzo 2014 al comando dipendente dalla compagnia cc di OMISSIS;

- estremi del procedimento penale nei suoi confronti archiviato in data 11 gennaio 2016;

- annotazione a firma del Comandante di compagnia del mese di giugno 2014;

- messaggi trasmessi all’Autorità giudiziaria;

5. f.n. OMISSIS del Comando provinciale dei Carabinieri di Roma, inviato per competenza alla detta unità organizzativa;

6. ogni altro atto compiuto finalizzato ad avvalorare la proposta di trasferimento d'autorità di cui al f.n. ……/t-15 del 12.04.2016 del Comando Legione Carabinieri Lazio”.

3. Con nota del 15 giugno 2016, prot. …./10, l'Amministrazione ha accolto l'istanza di accesso limitatamente ai soli documenti relativi al procedimento disciplinare. Per i restanti atti, facenti parte del fascicolo relativo ad un procedimento penale, l’Amministrazione lo ha invitato a formulare istanza di rilascio delle copie all’Autorità giudiziaria inquirente.

4. Il -OMISSIS- ha quindi richiesto, ai sensi dell’art. 116 c.p.p., gli atti non rilasciati alla segreteria della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di OMISSIS.

Lo stesso ufficio, tuttavia, ha respinto l’istanza in quanto l’interessato, non essendo parte del procedimento penale, non era titolato ad acquisire i documenti richiesti, comunque in possesso anche dell’Amministrazione.

Pertanto, in data 22 giugno 2016 ha inoltrato una nuova richiesta di accesso limitatamente agli atti non consegnati.

5. Contro la nota del 26 giugno 2016 con la quale l’Amministrazione ha respinto tale successiva richiesta, il -OMISSIS- ha proposto ricorso al T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, che con la sentenza indicata in epigrafe lo ha solo in parte accolto, disponendo l’accesso limitatamente alle annotazione a firma del Comandante di compagnia del mese di giugno 2014 e al verbale di consegna dei documenti del 31 marzo 2014.

6. Il Ministero della Difesa ha impugnato la predetta sentenza, formulando il seguente motivo di appello.

6.1. Ai sensi dell’art. 116 c.p.p. chiunque vi abbia interesse può ottener il rilascio di copie di singoli atti del procedimento penale. Di conseguenza, secondo il Ministero appellante, l’Amministrazione (rectius la Compagnia Carabinieri di OMISSIS) ha correttamente rinviato l’interessato al giudice penale competente, cioè il GIP presso il Tribunale di OMISSIS (parte appellata ha invece chiesto gli atti dalla Procura della Repubblica).

In ogni caso, la sentenza avrebbe ordinato l’ostensione di un documento, quello relativo alle annotazioni del giugno 2016, inesistente

7. Il -OMISSIS- si è costituito in giudizio il 4 maggio 2017, proponendo anche ricorso incidentale in relazione alla parte della sentenza impugnata che ha respinto il suo ricorso.

In particolare, ha prospettato l’errore materiale in cui sarebbe incorsa la sentenza laddove ha disposto il rilascio delle annotazioni riferibili al 2016 invece che al 2014, nonché l’erronea esclusione dall’ordine di esibizione degli altri atti richiesti.

8. Con ordinanza cautelare n. 2003 del 12 maggio 2017, questa Sezione ha respinto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata presentata contestualmente al ricorso.

9. Con memoria depositata il 1° marzo 2018 il Ministero della Difesa ha comunicato la sopravvenuta carenza di interesse all’appello, chiedendo la compensazione delle spese.

10. La causa è stata trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 22 marzo 2018.

11. L’appello principale è improcedibile.

12. A seguito della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, sezione prima bis, n. 29 del 2018 che ha disposto l’ottemperanza della sentenza impugnata e la nomina del commissario ad acta, sono stati resi disponibili all’accesso i documenti che lo stesso Tribunale aveva ritenuto ostensibili.

Per questa ragione, l’Amministrazione con la memoria del 1° marzo 2018 ha dichiarato di non avere più interesse all’appello.

Non resta pertanto al Collegio che prendere atto di tale sopravvenuta carenza di interesse.

13. Quanto al ricorso incidentale proposto dal -OMISSIS-, va preliminarmente osservato che lo stesso deve essere considerato come appello incidentale improprio essendo relativo ai capi della sentenza impugnata con i quali il T.a.r. ha respinto in parte il suo ricorso introduttivo.

In particolare, tale mezzo incidentale è nella sostanza un appello autonomo, che ha la medesima natura di quello principale: l'appellante incidentale, parzialmente soccombente in primo grado, ha chiesto la revisione dei capi o dei punti della sentenza che gli sono sfavorevoli, sicché il suo interesse ad impugnarla nasce da essa e non dall'appello principale (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 2 agosto 2017, n. 3873).

Ne consegue che, in forza della regola di concentrazione delle impugnazioni, esso deve essere proposto all'interno del giudizio instaurato con l'appello principale che comunque non ne altera l'intima struttura. Incidentale è, infatti, solo la tecnica con la quale viene attivata l'impugnazione (e ciò perché, nel sistema vigente, l'impugnazione proposta per prima determina la costituzione del rapporto processuale, nel quale devono confluire le impugnazioni degli altri soccombenti) e non anche il suo contenuto.

Lo stesso deve dunque essere valutato come un’impugnazione autonoma, in quanto diretto contro capi della sentenza diversi e indipendenti da quelli impugnati dall’appellante principale e afferenti a distinta domanda di annullamento (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 8 novembre 2013, n. 5342), e deve essere esaminato a partire dal rispetto del termine decadenziale di proposizione di cui all’art. 96, comma 3, c.p.a..

14. Ciò premesso, va rilevato che l’appello incidentale è stato depositato contestualmente all’atto di costituzione (2 maggio 2017) ed è stato proposto nel rispetto del termine di sessanta giorni di cui al citato art. 96, comma 3, c.p.a. (l’appello principale è stato notificato in data 24 marzo 2017, l’appello incidentale è stato notificato il 20 aprile 2017). Inoltre, lo stesso mezzo di impugnazione risulta fondato nel merito.

15. Con il ricorso di primo grado, il marsciallo OMISSIS aveva chiesto anche l’accesso agli atti in possesso dell’Amministrazione relativi al procedimento penale instaurato a suo carico e poi concluso con una archiviazione.

Il T.a.r., tuttavia, ha ritenuto che tali documenti, in quanto riferiti all'attività investigativa, dovevano, ai sensi dell'art. 24 comma 1, lettera a), della legge n. 241 del 1990, essere esclusi dal diritto di accesso. L’apertura di un procedimento penale, seppure poi archiviato, avrebbe imposto al ricorrente di chiederne l’ostensione all’Autorità giudiziaria.

16. Il giudice di primo grado ha quindi consentito l’accesso solo a quelli fuori dalla vicenda penale e sufficientemente individuati nell’istanza: “In altri termini, a prescindere dalla specifica indicazione della data e del numero di protocollo attribuito agli atti richiesti, non v'è dubbio come l'accesso non possa costringere l'Amministrazione ad attività di ricerca ed elaborazione dati, di guisa che la relativa istanza non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati”.

17. Le conclusioni del T.a.r. non possono essere condivise.

Innanzitutto, va rilevato che con l’archiviazione del procedimento penale non sussistono ragioni ostative all’accesso ai relativi atti in possesso dell’Amministrazione e riconducibili al ricorrente incidentale (atti comunque non oggetto di sequestro).

Il diritto di accesso, ferme le ovvie limitazioni derivanti dal segreto d’ufficio o da prevalenti ragioni di privacy, ha infatti una portata ampia collegata in particolare alla necessità dell’interessato di essere posto nelle condizioni di esercitare al meglio ogni forma di tutela consentita.

Peraltro, anche gli atti relativi e denunce ed esposti sono accessibili. Questi ultimi, una volta entrati nella disponibilità dell'Amministrazione, non sono preclusi dall’accesso per esigenze di tutela della riservatezza, giacché il predetto diritto non assume un'estensione tale da includere il diritto all'anonimato di colui che rende una dichiarazione che comunque va ad incidere nella sfera giuridica di terzi (Cons. St., sez. V, 19 maggio 2009 n. 3081; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 11 febbraio 2016 n. 396).

Né il nostro ordinamento, ispirato a principi democratici di trasparenza, imparzialità e responsabilità ammette la possibilità di denunce segrete. Colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha quindi un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell'esercizio del potere di vigilanza, a cominciare dagli atti di iniziativa e di preiniziativa, quali, appunto, denunce, segnalazioni o esposti (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 12 luglio 2016 n. 980, T.A.R. Campania, sez. VI, 4 febbraio 2016 n. 639).

18. Il diritto di accesso non soffre, infatti, limitazioni se non quelle espressamente previste con legge o, comunque, in base a legge e non è, in particolare, soggetto ad applicazioni interpretative, manipolative o, comunque, riduttive ad opera dell'Autorità atteso che ogni Amministrazione è tenuta a dar seguito all'istanza del privato (ove rispettosa dei crismi normativi quanto a forma, oggetto, interesse sostanziale sotteso), mediante l'esibizione o la consegna di copia di quella documentazione precisamente richiesta, salvo che non ricorrano le tassative circostanze legislativamente previste per differirne ovvero negarne l'accesso (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 19 aprile 2017, n. 1832).

19. Non sono infine ravvisabili, come invece ritenuto dal T.a.r., incertezze circa l’individuazione degli atti oggetto dell’istanza di accesso.

In primo luogo, correttamente il ricorrente incidentale rileva che l’atto richiesto (annotazioni del comandante di Compagnia), di cui l’Amministrazione dichiara l’inesistenza, si riferiva la 2014 e non come erroneamente riportato nella sentenza al 2016.

Più in generale, la richiesta di accesso appare sufficientemente determinata, anche con riferimento agli atti che hanno formato oggetto di valutazione in sede penale (ad esempio, le conversazioni con una minorenne che sono state richiamate al fine di giustificare, sulla base dell’eccesso di confidenzialità, il procedimento disciplinare e il trasferimento per incompatibilità ambientale).

Cosicché non risulta motivato, neppure sotto questo profilo, il diniego espresso dall’Amministrazione all’accesso.

20. Per le ragioni sopra esposte, l’appello principale va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, mentre l’appello incidentale va accolto e, per l’effetto, va in parte riformata la sentenza impugnata con conseguente accoglimenti in toto del ricorso di primo grado.

Conseguentemente, va ordinato all’Amministrazione appellante di consentire l’accesso a tutti gli atti richiesti dal -OMISSIS-.

20. Le spese di giudizio sono poste a carico dell’Amministrazione appellante nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:

- dichiara improcedibile l’appello principale;

- accoglie l’appello incidentale e per l’effetto in parziale riforma della sentenza impugnata accoglie in toto il ricorso di primo grado.

Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di giudizio in favore del signor -OMISSIS- nella misura complessiva di euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli altri oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellato.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicola D'Angelo Paolo Troiano





IL SEGRETARIO


In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
panorama
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

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Importante decisione che ci offre il sito FICIESSE

Ricorso Accolto.

L’interessato (Militare della Guardia di Finanza) per ottenere un proprio diritto si è dovuto rivolgere alla Commissione per l’Accesso ai documenti Amministrativi.

Infatti, tale Commissione ha dato torto all’Amministrazione della Guardia di Finanza.
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
panorama
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Re: domanda di accesso agli atti amministrativi

Messaggio da panorama »

per i colleghi CC.

Mi è stato detto che nel mese di Febbraio 2020 il CGA ha emanato un'altra nuova circolare riferita al post, vi è qualche volontario che la può allegare qui?

Grazie anticipatamente.
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