L’appello dell’Amministrazione deve essere respinto.
L’istituto dell’accesso agli atti della pubblica amministrazione è stato ricostruito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 6 del 2006, la sentenza n. 10 del 2020 e la sentenza n. 19 del 2020.
L’accesso “documentale” (ex l. n. 241/1990) deve essere collegato alle specifiche ed attuali esigenze del richiedente che è così posto in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini.
L’esigenza di difendersi nell’ambito di un procedimento amministrativo legittima il diritto di conoscere e di estrarre copia di un documento amministrativo.
E’ orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa che le previsioni del comma 1 dell’art. 59, d.lgs. n. 193/2003 (c.d. codice della privacy ) e del comma 7 dell’art. 24, l. n. 241/1990 (in base al quale “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici“) hanno codificato la prevalenza del diritto di accesso agli atti amministrativi sulle esigenze di riservatezza, che vanno considerate recessive quando l’accesso sia esercitato prospettando l’esigenza della difesa di un interesse giuridicamente rilevante.
Con riferimento ai dati personali comuni il diritto all’accesso ai documenti amministrativi prevale sempre sull’interesse alla riservatezza.
Con riferimento ai dati sensibili le esigenze di riservatezza possono essere garantite o con la previsione di limitate omissioni o autorizzando solo la presa visione senza autorizzare anche l’estrarre copia degli atti.
La sentenza impugnata motiva con precisione il rapporto che intercorre tra i documenti richiesti e l’esigenza difensiva.
N.B.- SI ALLEGA:
sentenza n. 19 del 2020 del CdS A.P. per l'accesso agli Atti.
domanda di accesso agli atti amministrativi
Re: domanda di accesso agli atti amministrativi
Notizia del 26/10/2023
Protezione dati e cartella medica, la prima copia è gratis.
Il paziente ha diritto di ottenere gratuitamente la prima copia della sua cartella medica e non è tenuto a motivare la richiesta. È quanto stabilito dalla Corte di giustizia Ue sull’interpretazione del regolamento generale sulla protezione dati
Il paziente ha diritto di ottenere gratuitamente una prima copia della sua cartella medica, senza dover pagare spese al professionista sanitario. E non è tenuto a motivare la propria richiesta. Il pagamento può essere chiesto solo se il paziente ha già una copia dei suoi dati e ne richiede una nuova. È quanto stabilito oggi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in tema di protezione dei dati personali e cartelle cliniche.
Corte Ue: il paziente ha diritto di avere gratis la prima copia della sua cartella medica
Il caso è quello di un paziente che, spiega la Corte in una nota stampa, aveva chiesto alla sua dentista una copia della propria cartella medica per far valere la responsabilità della dentista per errori che essa avrebbe commesso nel prestargli le cure. La dentista ha preteso tuttavia che egli si facesse carico delle spese legate alla fornitura della copia della cartella medica, come previsto dal diritto tedesco. Ritenendo di avere diritto a una copia gratuita, il paziente si è rivolto ai giudici tedeschi. In questo contesto la giustizia tedesca ha sottoposto alcune questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia relative all’interpretazione del diritto Ue, in questo caso il regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD).
Il regolamento, stabilisce la Corte nella sua sentenza, sancisce “il diritto del paziente di ottenere una prima copia della sua cartella medica senza che, in linea di principio, ciò comporti spese. Il titolare del trattamento può esigere un pagamento soltanto se il paziente ha già ottenuto gratuitamente una prima copia dei suoi dati e ne fa nuovamente richiesta”.
La dentista va considerata titolare del trattamento dei dati personali del paziente, quindi è tenuta a fornirgli gratuitamente la prima copia del dati e il paziente, prosegue la Corte, “non è tenuto a motivare la propria richiesta. Le norme nazionali non possono porre a carico di un paziente le spese della prima copia della sua cartella medica, e ciò nemmeno per tutelare gli interessi economici dei professionisti sanitari”.
Inoltre, conclude la Corte, “il paziente ha il diritto di ottenere una copia integrale dei documenti contenuti nella sua cartella medica, qualora ciò sia necessario per la comprensione dei dati personali contenuti in tali documenti. Tale diritto comprende i dati della cartella medica contenenti informazioni quali le diagnosi, gli esiti degli esami, i pareri dei medici curanti nonché eventuali terapie o interventi praticati”.
Protezione dati e cartella medica, la prima copia è gratis.
Il paziente ha diritto di ottenere gratuitamente la prima copia della sua cartella medica e non è tenuto a motivare la richiesta. È quanto stabilito dalla Corte di giustizia Ue sull’interpretazione del regolamento generale sulla protezione dati
Il paziente ha diritto di ottenere gratuitamente una prima copia della sua cartella medica, senza dover pagare spese al professionista sanitario. E non è tenuto a motivare la propria richiesta. Il pagamento può essere chiesto solo se il paziente ha già una copia dei suoi dati e ne richiede una nuova. È quanto stabilito oggi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in tema di protezione dei dati personali e cartelle cliniche.
Corte Ue: il paziente ha diritto di avere gratis la prima copia della sua cartella medica
Il caso è quello di un paziente che, spiega la Corte in una nota stampa, aveva chiesto alla sua dentista una copia della propria cartella medica per far valere la responsabilità della dentista per errori che essa avrebbe commesso nel prestargli le cure. La dentista ha preteso tuttavia che egli si facesse carico delle spese legate alla fornitura della copia della cartella medica, come previsto dal diritto tedesco. Ritenendo di avere diritto a una copia gratuita, il paziente si è rivolto ai giudici tedeschi. In questo contesto la giustizia tedesca ha sottoposto alcune questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia relative all’interpretazione del diritto Ue, in questo caso il regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD).
Il regolamento, stabilisce la Corte nella sua sentenza, sancisce “il diritto del paziente di ottenere una prima copia della sua cartella medica senza che, in linea di principio, ciò comporti spese. Il titolare del trattamento può esigere un pagamento soltanto se il paziente ha già ottenuto gratuitamente una prima copia dei suoi dati e ne fa nuovamente richiesta”.
La dentista va considerata titolare del trattamento dei dati personali del paziente, quindi è tenuta a fornirgli gratuitamente la prima copia del dati e il paziente, prosegue la Corte, “non è tenuto a motivare la propria richiesta. Le norme nazionali non possono porre a carico di un paziente le spese della prima copia della sua cartella medica, e ciò nemmeno per tutelare gli interessi economici dei professionisti sanitari”.
Inoltre, conclude la Corte, “il paziente ha il diritto di ottenere una copia integrale dei documenti contenuti nella sua cartella medica, qualora ciò sia necessario per la comprensione dei dati personali contenuti in tali documenti. Tale diritto comprende i dati della cartella medica contenenti informazioni quali le diagnosi, gli esiti degli esami, i pareri dei medici curanti nonché eventuali terapie o interventi praticati”.
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