Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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giovimatta
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Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

Messaggio da giovimatta »

L'articolo 42-bis del decreto legislativo n. 151/2001 cita:

Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere
assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo
complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata
nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la
propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto
vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo
assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale
dissenso deve essere motivato. L'assenso o il dissenso devono essere
comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.
2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai
fini di una nuova assunzione.

Questo articolo fino a luglio di quest'anno non era valido per il personale della Forze Armate, ma in seguito a due sentenze, una del TAR dell'Emilia-Romagna e soprattutto ad un altra del Consiglio di Stato, anche noi militari ne possiamo usufruire. Ecco le due sentenze:

http://www.giustizia-amministrativa....1303683_11.XML" onclick="window.open(this.href);return false;

http://www.giustizia-amministrativa....1200238_01.XML" onclick="window.open(this.href);return false;

In conclusione i requisiti per richiedere il trasferimento temporaneo triennale sono:

1) Il coniuge deve lavorare in una città diversa dalla sede di servizio del militare;

2) Avere un figlio/a non più grande di tre anni.

A voi i commenti.


giovimatta
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

Messaggio da giovimatta »

Scusate usate questi link, quelli di sopra non funzionano:

http://www.giustizia-amministrativa.it/ ... 683_11.XML" onclick="window.open(this.href);return false;


http://www.giustizia-amministrativa.it/ ... 238_01.XML" onclick="window.open(this.href);return false;
panorama
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

Messaggio da panorama »

Se vai o andate nel seguente post trovate sentenze sull'art. 42 bis che io ho postato.

Licenza parentale e missioni estere
panorama
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

Messaggio da panorama »

Il Consiglio di Stato non è dello stesso parere del M.I.

Il Ministero dell'Interno ha Appellato la sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA SEZIONE I n. 00386/2013 ed ha perso l'appello in data 16.10.2013.

1) - L’amministrazione opponeva un diniego ritenendo che tale norma non potesse trovare applicazione al caso in esame poiché riguardante solo la mobilità tra diverse amministrazioni; ed inoltre in quanto la normativa del personale dei Vigili del Fuoco, in quanto in regime pubblicistico ex lege n.252/2004, non consente la mobilità verso altre amministrazioni.

IL CdS scrive:

2) - Al riguardo, il Collegio, - OMISSIS - ritiene che recenti sviluppi legislativi e giurisprudenziali giustifichino un ripensamento sulla estendibilità di tale disciplina anche a detto personale.

(N.B.: Il CdS dopo aver commentato sui Vigili del Fuoco cita l'art. 1493 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), tanto da precisare):

3) - La norma è stata ritenuta dalla recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, alla quale la Sezione ritiene di aderire, come avente portata generale e come tale applicabile, oltre che al personale militare e alle Forze di polizia, anche a tutti i dipendenti pubblici di cui all'art. 3, co. 1, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Cfr. Cons. Stato, IV, 10 luglio 2013 n.3683; VI, 21 maggio 2013 n.2730).

Il resto leggetelo direttamente qui sotto.
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16/10/2013 201305036 Sentenza 3


N. 05036/2013REG.PROV.COLL.
N. 06226/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6226 del 2013, proposto da:
Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

contro

Y. C.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA SEZIONE I n. 00386/2013

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2013 il Cons. Roberto Capuzzi e udito dello Stato Caselli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La odierna appellata, dipendente del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e madre di un figlio minore di tre anni, esponeva davanti al Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, di aver presentato domanda di trasferimento temporaneo ai sensi dell’articolo 42 bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

L’amministrazione opponeva un diniego ritenendo che tale norma non potesse trovare applicazione al caso in esame poiché riguardante solo la mobilità tra diverse amministrazioni; ed inoltre in quanto la normativa del personale dei Vigili del Fuoco, in quanto in regime pubblicistico ex lege n.252/2004, non consente la mobilità verso altre amministrazioni.

Avverso tale diniego l’interessata deduceva profili vari di illegittimità.

Il Tar riteneva il ricorso fondato in quanto:

-l'art. 42 bis del decreto legislativo n. 151/2001, in uno spirito di particolare favore per il genitore dipendente, contempla una mobilità all'interno dell'organizzazione pubblica complessivamente considerata, ricomprendente anche le assegnazioni all'interno della stessa amministrazione di appartenenza;

-la sopradetta disposizione in quanto finalizzata alla tutela di valori costituzionalmente garantiti inerenti alla famiglia ed all'assistenza dei figli minori fino a tre anni d'età con i genitori impegnati nello svolgimento di un'attività lavorativa, ha portata generale ed è applicabile ai dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche, esclusa ogni discriminazione in relazione a particolari categorie, a meno di configurare profili di dubbia costituzionalità;

-la diretta applicabilità delle norme a tutela della maternità e della paternità è prevista anche dall'art. 11 del D.P.R. 7 maggio 2008 di recepimento dell'accordo sindacale integrativo per il personale non direttivo e non dirigente del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco; il rinvio all'art. 42 bis del d. lgs. 151 / 2001 vale a rendere applicabile la disposizione in parola anche alla mobilità tra diverse sedi della medesima amministrazione;

- non sarebbe risolutivo il fatto che per il personale dei Vigili del Fuoco non sia prevista la mobilità volontaria tra amministrazioni ex art. 30 d. lgs. 165/2001, in quanto personale in regime di diritto pubblico, circostanza questa che non potrebbe determinare l'inapplicabilità tout court dell'art. 42 bis rimanendo sempre possibile la mobilità tra diverse sedi della stessa amministrazione.

Concludeva quindi il Tar ritenendo che, in applicazione della invocata disposizione, l’amministrazione avrebbe dovuto disporre il trasferimento della dipendente con vittoria spese.

2. Nell’atto di appello il Ministero richiama l’ambito soggettivo della disposizione posta dall’art. 42 bis del d.lvo n.151/2001 ritenendolo ristretto a dipendenti di amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 co.2 del d.lvo 165/2001 restando escluso, in quanto non richiamato dalla norma, il personale in regime di diritto pubblico (art. 3 del d.l.vo 165/2001) il cui rapporto di lavoro è invece disciplinato dai rispettivi ordinamenti e non dal d.lvo 165/2001.

Nel caso specifico l’art. 1 della legge 30 settembre 2004 n.252 ha inserito l’art. 1 bis novellando l’art. 3 del d.lgs. 30 marzo 2001 n.165 prevedendo per il personale appartenente al Corpo dei Vigili del Fuoco il regime di diritto pubblico secondo autonome disposizioni ordinamentali.

La difesa erariale richiama poi i precedenti specifici di questo Consiglio di Stato che con sentenza della IV Sez. n.3876/2007 ha precisato, con riferimento al personale disciplinato in regime di diritto pubblico ex art. 3 del d.lg.vo n.165/2001, che la inapplicabilità del beneficio previsto dall’art. 42 bis del d.lg.vo n.151/2001 “si rapporta al particolare status giuridico di quel personale le cui specifiche funzioni giustificano un regime differenziato”. Ribadisce che l’art. 42 bis in parola si applica al trasferimento tra amministrazioni diverse come dimostrato dall’inciso del primo comma secondo il quale il trasferimento di cui si tratta è subordinato all’assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione e dal secondo comma, secondo il quale il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione, previsione questa che si attaglia alla sola ipotesi di trasferimento tra amministrazioni diverse, l’unica che comporti la disponibilità del posto lasciato scoperto.

Pertanto il trasferimento in parola opererebbe solo tra pubbliche amministrazioni diverse, ma non sarebbe applicabile per esigenze di tutela degli stessi principi generali di ordine costituzionale invocati dal primo giudice (quali quelli indicati nell’art. 97 Cost.) ad alcune categorie di personale che, proprio in ragione di particolari esigenze finalizzate al perseguimento di primari interessi pubblici, la cui esecutività è affidata al regime lavorativo pubblico, sono soggette ad una disciplina lavorativa autonoma e diversa da quella generale prevista per il solo personale c.d. contrattualizzato.

Dovrebbe poi aggiungersi il fatto che l’art. 70 co.11 del d.lvo 165/2001 prevede che le disposizioni in materia di mobilità di cui agli artt. 30 e ss. non si applicano al personale del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.

La appellata dipendente non si è costituita.

Alla camera di consiglio del 12 settembre 2013, fissata per l’esame della istanza cautelare, previo avviso, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione in forma immediata.

3. Il Collegio ritiene che l’appello non meriti accoglimento e che la sentenza del Tar debba essere confermata.

Il Ministero intimato ha disposto la reiezione della domanda di trasferimento di sede ex art. 42 bis sopra richiamato, proposta dalla ricorrente, madre di un figlio minore di tre anni, assumendo la inapplicabilità dell’articolo al personale del Corpo dei Vigili del Fuoco.

Assume pertanto priorità logica definire l'ambito di applicazione della disposizione indicata, verificando se il personale del Corpo dei Vigili del Fuoco sia o meno destinatario del beneficio del trasferimento temporaneo e in specie se questo sia da ritenere ammissibile nell'ipotesi in cui il Vigile richieda il trasferimento all'interno della stessa amministrazione di appartenenza.

Al riguardo, il Collegio, pur consapevole di un orientamento del giudice d'appello e della stessa Sezione III°, contrario alla tesi argomentativa fatta propria dal primo giudice e contestata dal Ministero appellante, fondato sul presupposto che la particolare disciplina di favore non possa valere per il personale disciplinato in regime di diritto pubblico, assoggettato alle disposizioni proprie dei rispettivi ordinamenti, ritiene che recenti sviluppi legislativi e giurisprudenziali giustifichino un ripensamento sulla estendibilità di tale disciplina anche a detto personale.

Va premesso che la generalità delle disposizioni del decreto legislativo n. 151/2001 riguarda indistintamente tutti i lavoratori dipendenti sia privati che pubblici, incluso fra questi ultimi anche il personale che conserva la disciplina di diritto pubblico (c.d. impiego pubblico non contrattualizzato).

Questo punto si può ritenere pacifico, così come era pacifico che anche prima della c.d. privatizzazione del pubblico impiego (d.lgs. n. 29/1993) la normativa, allora denominata “a tutela delle lavoratrici madri”, si applicasse anche al personale pubblico, incluso quello a disciplina speciale (si pensi all’astensione obbligatoria per puerperio).

Quanto all’art. 42-bis, il suo testo indica esplicitamente come suoi destinatari i dipendenti di tutte le pubbliche amministrazioni “di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.

L’art. 1, comma 2, contiene un elenco (forse inutilmente minuzioso e probabilmente integrabile in via interpretativa) delle “pubbliche amministrazioni” a cominciare da “tutte le amministrazioni dello Stato”; e non vi è dubbio che in questa ampia e generica formulazione rientrino anche le carriere speciali non privatizzate. Tanto è vero che l’art. 3 dello stesso decreto legislativo individua, all’interno della generica formulazione delle “amministrazioni dello Stato, quelle che “in deroga” sono sottratte alla privatizzazione.

Vi sono dunque molteplici elementi, sia di ordine testuale che di ordine sistematico e razionale, per concludere che l’art. 42-bis del decreto legislativo n. 151/2001 si applica anche al personale di cui all’art. 3 del decreto legislativo n. 165/2001 (ossia quello non privatizzato) siccome rientrante nella previsione dell’art. 1, comma 2, di quest’ultimo decreto.

Per sostenere il contrario viene messo in evidenza quel passo dell’art. 42-bis il quale dispone che il beneficio è concesso «previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato...»; tali espressioni vengono giustamente intese come allusive dell’ipotesi di un trasferimento fra diverse amministrazioni. Ciò premesso, viene obiettato che per talune carriere statali (fra le quali, per quanto qui interessa, quella dei Vigili del Fuoco) la mobilità da o verso amministrazioni diverse non è concepibile; e se ne trae la conclusione che per le carriere di questo genere l’art. 42-bis sia inapplicabile per intero

Il Collegio ritiene che l’argomentazione così riferita, pur corretta nelle premesse, sia manifestamente illogica nelle conclusioni; si tratta, insomma, di un paralogismo.

Certamente l’accenno dell’art. 42-bis ad una “amministrazione di provenienza” e ad una “amministrazione di destinazione” rivela che la volontà del legislatore è quella di configurare il beneficio con tale ampiezza, da rendere possibile anche il passaggio da un’amministrazione all’altra (ossia: da un Comune ad altro Comune, etc.). Ma questo non significa che sia precluso chiedere e ottenere, semplicemente, il trasferimento da una sede all’altra di una stessa amministrazione. Il più comprende il meno, secondo un principio di logica elementare.

Si potrà discutere se la specificità del servizio dei Vigili del Fuoco (o di altre figure professionali del pubblico impiego) consenta il passaggio da o verso altra amministrazione. Ma non di questo si discute nella presente vicenda.

Perciò, dato e non concesso che sotto questo profilo l’art. 42/bis sia incompatibile con l’ordinamento dei Vigili del Fuoco, e dunque parzialmente inapplicabile, esso non è incompatibile né inapplicabile se riferito al passaggio da una ad altra sede della stessa amministrazione.

Si può aggiungere che di recente, l'art. 1493 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), sotto la rubrica "Estensione della normativa per il personale della Pubblica Amministrazione", al primo comma ha previsto che al personale militare femminile e maschile si applica, “..tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità, nonché le disposizioni dettate dai provvedimenti di concertazione".

La norma è stata ritenuta dalla recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, alla quale la Sezione ritiene di aderire, come avente portata generale e come tale applicabile, oltre che al personale militare e alle Forze di polizia, anche a tutti i dipendenti pubblici di cui all'art. 3, co. 1, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Cfr. Cons. Stato, IV, 10 luglio 2013 n.3683; VI, 21 maggio 2013 n.2730).

Inoltre l'inciso "tenendo conto del particolare stato rivestito", contenuto nel sopra riportato art. 1493, comma 1, deve interpretarsi nel senso che esso comporta l'attribuzione all'amministrazione di un potere valutativo da esercitare caso per caso e tenuto conto delle complessive esigenze degli uffici e delle peculiari funzioni del personale, imponendo un onere motivazionale relativo alle ragioni organizzative che, nel caso concreto, siano ostative all'accoglimento dell'istanza (quali, ad es., l'incidenza negativa del trasferimento sul funzionamento dell'ufficio a quo o l'indisponibilità di posti da ricoprire presso l'ufficio ad quem, in relazione al particolare stato rivestito dall'istante nel concreto contesto organizzativo).

Peraltro il citato art. 1493 non innova, per quanto qui interessa, all’art. 42-bis, in quanto già dal testo di quest’ultimo si evince che il beneficio da esso contemplato non costituisce un diritto del dipendente, ma la sua concessione è subordinata all’assenso dell’amministrazione interessata (ovvero delle amministrazioni interessate, qualora siano diverse) con la precisazione che «l'eventuale dissenso deve essere motivato».

4. Applicando quindi le considerazioni di cui sopra al caso di specie, conclude il Collegio che il provvedimento impugnato in primo grado è viziato in quanto emesso sull’erroneo presupposto che l’art. 42-bis non si applichi al personale pubblico non contrattualizzato e comunque ai Vigili del Fuoco. Ciò non significa che l’amministrazione fosse tenuta a concedere il beneficio richiesto, ma un eventuale diniego avrebbe dovuto essere motivato con riferimento a specifiche ragioni di esigenze di servizio, discrezionalmente apprezzate; di una simile valutazione discrezionale non vi è traccia nel provvedimento impugnato.

4. In conclusione nei termini di cui sopra l’appello deve essere respinto, salvi gli ulteriori provvedimenti.

5. Nulla è da statuire sulle spese del presente grado, non essendovi stata costituzione di controparti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo
respinge.

Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore
Hadrian Simonetti, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 16/10/2013
panorama
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

Messaggio da panorama »

Avviso per coloro che si trovano nelle medesime condizioni e che siete stati ingiustamente penalizzati.

Ora potete a seguito di questa nuova dritta che giunge dal C.d.S. far valere i vostri diritti.
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Con questa sentenza il CdS da un indirizzo a tutte le Amministrazioni ed in particolare a FF.AA. e FF.PP. che non hanno ben afferrato il termine inteso - visto che la Legge lo mensiona: “anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni”.

Il CdS precisa:

1) - Ora, l’espressione “in modo frazionato” indica che il beneficio può essere suddiviso (a richiesta del soggetto interessato) in periodi non immediatamente consecutivi fra loro – i quali vanno sommati fra loro fino al raggiungimento della durata complessiva di tre anni. Se non altro per questa via, dunque, può accadere che il triennio di godimento si prolunghi oltre il compimento del terzo anno di età del bambino.

2) - Si deve inoltre considerare che nell’arco dei primi tre anni di vita del bambino la madre usufruisce di un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro (tre mesi dal parto) e che può usufruire di altri periodi di astensione facoltativa, durante i quali non vi sarebbe motivo di chiedere il beneficio di cui all’art. 42-bis.

3) - Pertanto è illegittimo il provvedimento che limita il godimento del beneficio fino alla data del compimento di tre anni di età del figlio, nell’erroneo presupposto che detto limite sia stabilito dalla norma.

Il resto potete leggerlo qui sotto.

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10/01/2014 201400051 Sentenza 3


N. 00051/2014REG.PROV.COLL.
N. 08021/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8021 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Parato, con domicilio eletto presso Studio Torcicollo in Roma, via Carlo Mirabello, 11;

contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’ottemperanza
della sentenza del Consiglio di Stato - sez. III n. 00678/2013, e della sentenza n. 4852/2012 del TAR Lazio, Roma, sezione I Ter - diniego assegnazione prolungata presso Questura di Brindisi

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 il Pres. Pier Giorgio Lignani e udito l’avvocato dello Stato Urbani Neri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio è stato proposto dall’attuale ricorrente per ottenere l’ottemperanza di un giudicato amministrativo. L’azione di ottemperanza è stata proposta inizialmente davanti al T.A.R. del Lazio il quale peraltro si è dichiarato incompetente in applicazione dell’art. 113, c.p.a..

Il ricorso viene ora riassunto davanti al Consiglio di Stato.

2. Nel pregresso giudizio di cognizione, l’attuale ricorrente, quale dipendente della Polizia di Stato, aveva impugnato il diniego del beneficio di cui all’art. 42-bis, d.P.R. n. 151/2001 (testo unico delle disposizioni a tutela della maternità e della paternità).

Si tratta della disposizione che consente al genitore lavoratore dipendente (in questo caso la madre) con un figlio di età inferiore a tre anni di chiedere l’assegnazione ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa.

L’amministrazione aveva negato il beneficio con la motivazione che la norma in questione non si applica al personale della Polizia di Stato.

Il T.A.R. del Lazio, con sentenza n. 4852/2012, aveva accolto il ricorso, affermando che l’art. 42-bis si applica anche al personale della Polizia di Stato. La decisione è stata sostanzialmente confermata (sia pure con argomentazioni parzialmente diverse) dal Consiglio di Stato con sentenza n. 678/2013.

3. L’amministrazione della P.S. ha inteso dare esecuzione al giudicato. Ha quindi riesaminato l’istanza dell’interessata e l’ha accolta, facendo dichiarata applicazione dell’art. 42-bis. Di conseguenza ha trasferito temporaneamente la dipendente ad una sede di servizio nella città di Brindisi, come richiesto.

Tuttavia ha posto il termine del 5 giugno 2014, coincidente con il compimento del terzo anno di età da parte della figlia più piccola dell’interessata.

L’amministrazione ha con ciò espresso il convincimento che l’art. 42-bis si debba interpretare nel senso che il beneficio dell’assegnazione ad una determinata sede di servizio possa essere goduto solo entro i primi tre anni di vita del bambino.

4. L’interessata ha proposto il ricorso per ottemperanza, contestando il termine finale apposto nel provvedimento. La tesi dell’interessata è che il beneficio debba avere la durata complessiva di tre anni non necessariamente coincidenti con i primi tre anni di vita del bambino.

L’amministrazione resiste con atto di mera forma.

5. Nel merito, il Collegio osserva che l’amministrazione mostra de plano di ritenere applicabile nella fattispecie l’art. 42-bis. Mostra, altresì, di avere valutato favorevolmente l’istanza dell’interessata, sotto il profilo della sua compatibilità con le esigenze del servizio; in particolare il termine finale apposto al godimento del beneficio non appare frutto di una valutazione discrezionale riferito a questo aspetto, bensì esprime (a quanto pare) il convincimento che si tratti di un limite inerente al sistema normativo.

6. Ciò posto, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato.

L’art. 42-bis dispone, testualmente, che il beneficio spetta al genitore di figli minori fino a tre anni di età, ma aggiunge, altrettanto testualmente, che può essere goduto “anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni”.

Ora, l’espressione “in modo frazionato” indica che il beneficio può essere suddiviso (a richiesta del soggetto interessato) in periodi non immediatamente consecutivi fra loro – i quali vanno sommati fra loro fino al raggiungimento della durata complessiva di tre anni. Se non altro per questa via, dunque, può accadere che il triennio di godimento si prolunghi oltre il compimento del terzo anno di età del bambino.

Si deve inoltre considerare che nell’arco dei primi tre anni di vita del bambino la madre usufruisce di un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro (tre mesi dal parto) e che può usufruire di altri periodi di astensione facoltativa, durante i quali non vi sarebbe motivo di chiedere il beneficio di cui all’art. 42-bis.

Verosimilmente è anche con riguardo a queste evenienze che il legislatore ha ritenuto opportuno chiarire che il trasferimento temporaneo può essere usufruito “in modo anche frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni”.

Pertanto è illegittimo il provvedimento che limita il godimento del beneficio fino alla data del compimento di tre anni di età del figlio, nell’erroneo presupposto che detto limite sia stabilito dalla norma.

7. In conclusione, il ricorso va accolto, disponendosi che in ottemperanza al giudicato l’amministrazione deve prolungare il trasferimento temporaneo dell’interessata anche oltre il compimento del terzo anno di età della figlia minore, salvo il limite della durata complessiva di tre anni.

Resta impregiudicata, non rientrando nella materia del contendere in questa sede, ogni questione concernente le valutazioni discrezionali dell’amministrazione circa la compatibilità del beneficio con le esigenze di servizio.

Le spese del giudizio possono essere compensate, tenuto conto della novità della questione.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie il ricorso per ottemperanza, nei sensi di cui in motivazione. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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1) - Atteso che, nel caso di specie, l’Amministrazione ha ritenuto inammissibile l’istanza avanzata dal ricorrente, da un lato, sul presupposto – ritenuto ostativo - della sua inidoneità temporanea al servizio militare, dovuta alla posizione di riposo medico domiciliare, dall’altro, sul presupposto che – proprio in ragione della temporanea infermità di cui sopra – il ricorrente non avrebbe allo stato ancora preso servizio presso la sede di destinazione (Roma);

2) - Ritenuto che lo stato di temporanea infermità per malattia e il fatto di non aver ancora assunto servizio nella sede di assegnazione non costituiscono motivi di preclusione della possibilità di richiedere l’assegnazione provvisoria, neanche sotto il paventato profilo dell’incertezza in ordine alla sede di rientro dopo il periodo di assegnazione provvisoria, atteso che la mancata assunzione di servizio presso la sede di destinazione costituisce circostanza del tutto contingente, restando pacifico che la sede di servizio del ricorrente giuridicamente rilevante è esclusivamente quella di nuova destinazione (Roma);

3) - Considerato che nella specie le ragioni ministeriali a sostegno del diniego impugnato non attengono ad una corretta valutazione dell’istanza in conformità delle prescrizioni normative di riferimento;

4) - lo accoglie, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, fatte salve le ulteriori determinazioni.

Il resto leggetelo qui sotto.
--------------------------------------------------------------------------------

23/04/2014 201400548 Sentenza Breve 2


N. 00548/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00359/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 359 del 2014, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Scianandrone, con domicilio eletto presso l’avv. Franco Gagliardi La Gala in Bari, via Abate Gimma, 94;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, e presso la stessa domiciliato in Bari, via Melo, 97;

11° Reggimento Genio Guastatori - Caserma Sernia (Foggia);

per l'annullamento
previa sospensione,
- del provvedimento – ….., del 23/1/2014, notificato il 30/1/2014, dello Stato Maggiore dell’Esercito – Dipartimento Impiego del Personale – Ufficio Impiego Sottufficiale, con il quale è stata dichiarata inammissibile l’istanza di assegnazione temporanea presentata dal ricorrente ai sensi dell’art.42-bis del D.lgs. n. 151/01;
- del provvedimento – ……. del 13/2/2014, notificato il 24/2/2014, dello Stato Maggiore dell’Esercito – Dipartimento Impiego del Personale – Ufficio Impiego Sottufficiale, che ha confermato l’inammissibilità dell’istanza ex art. 42-bis citato;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, ancorché non conosciuti dal ricorrente;
- per l’accertamento del diritto del ricorrente all’assegnazione temporanea, ai sensi dell’art. 42-bis del D. Lgs. n. 151/2001, presso l’attuale sede di lavoro e/o altre sedi indicate;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2014 la dott.ssa Paola Patatini e uditi i difensori, avv. Vincenzo Sciandrone, per il ricorrente, e avv. dello Stato Donatella Testini, per il Ministero resistente;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Visto l’art. 42-bis del D. Lgs. n. 151/01, ai sensi del quale il dipendente pubblico con figli minori di tre anni può essere assegnato a richiesta ad una sede di servizio ubicata nella stessa regione o provincia nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione, la cui applicabilità anche al personale militare è oggi pacificamente riconosciuta in giurisprudenza, come anche confermato dall’art.1493 del D.Lgs. n. 66/10;

Rilevato che, nell’esaminare la richiesta del dipendente, l’Amministrazione deve valutare, nell’ottica dell’interesse del minore, eventuali esigenze di servizio ostative all’accoglimento dell’istanza che devono essere adeguatamente comunicate all’istante;

Atteso che, nel caso di specie, l’Amministrazione ha ritenuto inammissibile l’istanza avanzata dal ricorrente, da un lato, sul presupposto – ritenuto ostativo - della sua inidoneità temporanea al servizio militare, dovuta alla posizione di riposo medico domiciliare, dall’altro, sul presupposto che – proprio in ragione della temporanea infermità di cui sopra – il ricorrente non avrebbe allo stato ancora preso servizio presso la sede di destinazione (Roma);

Ritenuto che lo stato di temporanea infermità per malattia e il fatto di non aver ancora assunto servizio nella sede di assegnazione non costituiscono motivi di preclusione della possibilità di richiedere l’assegnazione provvisoria, neanche sotto il paventato profilo dell’incertezza in ordine alla sede di rientro dopo il periodo di assegnazione provvisoria, atteso che la mancata assunzione di servizio presso la sede di destinazione costituisce circostanza del tutto contingente, restando pacifico che la sede di servizio del ricorrente giuridicamente rilevante è esclusivamente quella di nuova destinazione (Roma);

Considerato che nella specie le ragioni ministeriali a sostegno del diniego impugnato non attengono ad una corretta valutazione dell’istanza in conformità delle prescrizioni normative di riferimento;

Rilevata pertanto l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione, per violazione di legge e illogicità della motivazione;

Considerato che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, fatte salve le ulteriori determinazioni.

Condanna il Ministero della Difesa alla refusione, in favore del ricorrente, delle spese processuali, che liquida in € 2000 (duemila), oltre IVA e CPA, e rimborso del C.U.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 23/04/2014
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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Ottima sentenza del Tar di Milano in favore del collega CC.

Nella sentenza si parla dell'art. 398 RGA e dell'art. 42-bis del d.lgs. n. 151/2001
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1) - Va invece riconosciuto il danno morale da lesione del diritto costituzionalmente garantito all’esercizio della potestà genitoriale, da ritenersi presuntivamente sussistente nelle difficili modalità di svolgimento dello stesso, a fronte della possibilità di un trasferimento del militare in sede prossima all’abitazione del minore, e dell’impossibilità di analogo trasferimento da parte della moglie del sig. OMISSIS, per motivi lavorativi.

2) - Tale danno è da quantificarsi equitativamente ex art. 1226 c.c. in € 500,00 per ogni mese di assenza del padre dal tetto coniugale, non giustificata da un comportamento legittimo dell’amministrazione.

3) - Considerando dunque che dalla pronuncia cautelare di primo grado all’esecuzione di essa sono trascorsi circa cinque mesi, il danno morale accertato può essere liquidato in complessivi € 2.500,00, già rivalutati all’attualità, cui andranno sommati gli interessi legali, dalla pronuncia fino al soddisfo.

Il resto leggetelo qui sotto.
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11/07/2014 201401811 Sentenza 1


N. 01811/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01131/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1131 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G. B., rappresentato e difeso dagli avv.ti G. N. e N. B., con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Milano, via Serbelloni, 7

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Milano, via Freguglia, 1

nei confronti di
Legione Carabinieri Lazio - Stazione di OMISSIS

per l'annullamento
- della nota del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri prot. n. ….. del 30 gennaio 2013, notificata in data 19.2.2013, con cui è stata rigettata l’istanza di trasferimento ex art. 398 del regolamento generale dell’arma dei carabinieri per il “ricongiungimento dal coniuge lavoratore”,
- nonché della nota del Comando Generale prot. n. …… del 23.2.2013, notificata in data 16.3.2013, con cui è stata respinta l’istanza di assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42 bis del d.lgs. 151/2001,
atti impugnati con il ricorso introduttivo;

nonché per il risarcimento dei danni subiti e per il riconoscimento del diritto del ricorrente al trasferimento, con condanna dell'Amministrazione a provvedere.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2014 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso depositato in data 10 maggio 2013 il sig. G. B., Carabiniere all’epoca della domanda in servizio effettivo presso il comando della Stazione dei Carabinieri di OMISSIS, chiedeva l’annullamento degli atti di cui in epigrafe e il riconoscimento del suo diritto al trasferimento, con condanna dell’amministrazione a provvedere.

Si costituiva il Ministero convenuto, che resisteva al ricorso, e la Sezione accoglieva la domanda cautelare, e, successivamente, un’istanza interlocutoria di accesso agli atti.

All’esito della prima udienza pubblica di trattazione, la Sezione pronunciava sentenza non definitiva, accogliendo soltanto una delle domande processuali contenute nel ricorso.

Dopo il deposito di motivi aggiunti da parte del sig. OMISSIS, la causa veniva, infine, trattenuta in decisione alla pubblica udienza dell’11 giugno 2014.

Preliminarmente, il Collegio osserva che il diniego di trasferimento ex art. 42-bis del d.lgs. n. 151/2001 è stato annullato con la sentenza non definitiva n. 2786/2013 emessa in questo stesso giudizio, e che l’amministrazione ha compiutamente eseguito il dictum di tale pronuncia, disponendo la riassegnazione temporanea del Carabiniere OMISSIS presso la Stazione di OMISSIS fino al compimento del terzo anno di vita del figlio.

Resta dunque da esaminare la domanda di annullamento dell’istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ex art. 398 del regolamento generale dell’Arma dei Carabinieri, e l’ulteriore domanda risarcitoria introdotta con i motivi aggiunti.

Con riferimento alla domanda di annullamento (e alla connessa richiesta di riconoscimento del diritto al trasferimento), occorre preliminarmente osservare che dagli atti non risulta che l’amministrazione resistente abbia adempiuto all’ordine del Tribunale di consentire al ricorrente l’accesso alle piante organiche della Legione Carabinieri Lombardia e della Legione Carabinieri Lazio, di modo che il Collegio deve pronunciarsi, per ragioni di assolvimento e riparto dell’onere della prova, oltre che di economia processuale, dando per acquisito, anche in ossequio al disposto di cui all’art. 116, comma 2 c.p.c., che tali documenti non costituiscano di per sé una ragione sufficiente per negare al sig. OMISSIS l’agognato trasferimento.

Venendo dunque ad esaminare il solo materiale probatorio risultante dagli atti di causa, è del tutto evidente che il diniego operato dall’amministrazione si palesi come immotivato, o comunque solo apparentemente motivato.

A fronte di un’ampia discrezionalità riconosciuta dall’ordinamento militare al Ministero in materia di ricongiungimento familiare, è chiaro tuttavia che l’unico strumento di controllo di legalità esercitabile dal ricorrente sia l’analisi della motivazione del provvedimento di diniego.

Tale motivazione avrebbe dovuto quanto meno mettere a confronto le specifiche esigenze familiari con quelle di servizio e di disponibilità negli organici coinvolti, offrendo numeri e valutazioni certe, e non un generico richiamo “a situazioni di organico e servizio dei Comandi interessati alla movimentazione”, il che rende davvero imperscrutabile il percorso logico ed istruttorio seguito dall’amministrazione.

Il provvedimento impugnato va dunque annullato, mentre non è possibile allo stato riconoscere il diritto al trasferimento del ricorrente e conseguentemente condannare ad un facere l’amministrazione, in virtù del residuo margine di discrezionalità che ancora resta in capo al Ministero ad esito della presente pronuncia.

L’amministrazione resistente, invero, potrà ancora opporre al ricorrente valutazioni negative in ordine al richiesto trasferimento, ma solo se queste siano basate su dati comprovati e resi ostensibili, specie con riferimento alle piante organiche delle Legioni interessate e alla politica di trasferimento adottata per casi analoghi.

Quanto alla richiesta di risarcimento del danno per illegittimo diniego di trasferimento (o comunque per ritardato trasferimento), occorre distinguere tra le due diverse posizioni afferenti ai provvedimenti impugnati.

Con riguardo all’illegittimità del diniego del trasferimento ex art. 42-bis del d.lgs.n. 151/2001, non sussiste l’elemento soggettivo della colpa in capo all’amministrazione, nel periodo intercorrente dall’adozione del provvedimento fino alla pronuncia cautelare di questa Sezione.

L’atto di diniego è stato, infatti, adottato in un contesto giurisprudenziale in cui sussisteva ancora incertezza sull’applicabilità diretta dei benefici previsti dall’art. 42-bis del d.lgs. n. 151/2001 alle Forze armate, ed è stato motivato proprio sulla scorta di un’interpretazione restrittiva della norma che lo stesso Consiglio di Stato aveva in passato avallato.

Soltanto a decorrere dal deposito della sentenza n. 3683 del 2013 del Giudice amministrativo di secondo grado (successiva all’adozione del provvedimento impugnato) tale interpretazione restrittiva può considerarsi sostanzialmente abbandonata, alla luce della contemporanea evoluzione della giurisprudenza in materia di art. 33 della L. n. 104/2010, così che per gli atti amministrativi adottati in precedenza ricorre una tipologia di errore scusabile (cambio/incertezza di giurisprudenza) in grado di esimere da responsabilità l’amministrazione resistente.

Non risulta invece scusabile il comportamento tenuto dal Ministero tra la data di pronuncia dell’ordinanza cautelare del Giudice di primo grado (29 maggio 2013) e la data di trasferimento interinale del Carabiniere OMISSIS (8 novembre 2013).

Lo scopo del provvedimento cautelare è proprio quello di riparare con urgenza un torto riconosciuto, seppure con profili di verosimiglianza, dal Giudice, in modo che non derivino ulteriori conseguenze negative dal comportamento illegittimo tenuto dall’amministrazione, sicché è destituito di ogni fondamento l’argomento addotto dalla difesa dell’amministrazione, secondo cui sarebbe legittimo aspettare, prima di provvedere, la pronuncia cautelare del Giudice di secondo grado.

Ciò significherebbe vanificare del tutto la tutela urgente offerta dall’ordinamento con l’istituzione del Tribunale amministrativo Regionale, dato che, normalmente, e così anche nel caso di specie, possono trascorrere anche svariati mesi prima che si formi il giudicato cautelare.

Il ritardo con cui il Ministero ha disposto il trasferimento a titolo provvisorio del ricorrente, a seguito dell’ordinanza cautelare del Tribunale, è dunque da qualificarsi come un comportamento non solo illegittimo, ma anche inescusabile.

A fronte dell’acclarata illiceità di tale condotta, il ricorrente ha depositato, per provare il danno subito, documenti relativi alla movimentazione della sua situazione contabile e a singoli pagamenti effettuati con moneta elettronica (tutti relativi all’acquisto di voli aerei).

Oltre al risarcimento del danno patrimoniale, ha altresì chiesto il ristoro del danno morale derivante da mancato, effettivo, esercizio della potestà genitoriale, in relazione alla sua presenza non continuativa nella casa coniugale nel corso del primo anno di vita del minore.

Il Collegio ritiene che, pur essendo astrattamente risarcibili le poste legate agli spostamenti sul territorio nazionale per adempiere al proprio diritto-dovere di padre, non sia stata fornita, nel caso in esame, la prova del danno patrimoniale invocato, in quanto sia gli estratti conto presentati che le singole operazioni di pagamento non fanno riferimento specifico al percorso da effettuare per raggiungere la casa coniugale dalla sede di servizio e non individuano le date in cui i viaggi si sarebbero effettivamente svolti.

Va invece riconosciuto il danno morale da lesione del diritto costituzionalmente garantito all’esercizio della potestà genitoriale, da ritenersi presuntivamente sussistente nelle difficili modalità di svolgimento dello stesso, a fronte della possibilità di un trasferimento del militare in sede prossima all’abitazione del minore, e dell’impossibilità di analogo trasferimento da parte della moglie del sig. OMISSIS, per motivi lavorativi.

Tale danno è da quantificarsi equitativamente ex art. 1226 c.c. in € 500,00 per ogni mese di assenza del padre dal tetto coniugale, non giustificata da un comportamento legittimo dell’amministrazione.

Considerando dunque che dalla pronuncia cautelare di primo grado all’esecuzione di essa sono trascorsi circa cinque mesi, il danno morale accertato può essere liquidato in complessivi € 2.500,00, già rivalutati all’attualità, cui andranno sommati gli interessi legali, dalla pronuncia fino al soddisfo.

Con riguardo invece all’illegittimità del diniego del trasferimento ex art. 398 del regolamento generale dell’Arma dei Carabinieri (sotto specie di ricongiungimento familiare), l’unico profilo risarcitorio esaminabile, allo stato, è quello afferente al ritardo nell’emissione di tale provvedimento, residuando tuttora, come sopra precisato, un margine di discrezionalità dell’amministrazione nella decisione definitiva.

Sostiene il ricorrente che l’amministrazione avrebbe violato il termine di 180 giorni previsto per la decisione sulla domanda di trasferimento ex art. 398 del regolamento generale su citato, avendo comunicato i motivi ostativi all’accoglimento di tale domanda, inoltrata in data 29 ottobre 2011, soltanto nel mese di dicembre 2012.

La difesa dell’amministrazione non ha contestato questa ricostruzione dei fatti, che peraltro è pacificamente desumibile anche dagli atti di causa.

Fermo restando che, nel caso di specie, risulta evidente un ritardo procedimentale, occorre peraltro stabilire se e a quale titolo sia risarcibile tale ritardo.

Il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale per cui anche il tempo costituisce un bene della vita, astrattamente risarcibile a prescindere dall’accertamento della spettanza del provvedimento favorevole.

Invero, il bene “tempo” si correla alla libera determinazione, da parte del privato, dell’assetto dei suoi interessi, ed essendo calibrato sui tempi certi del procedimento è potenzialmente pregiudicato dai ritardi dello stesso.

Da un punto di vista strettamente normativo, tale interpretazione, per la verità nata in relazione a contenziosi che coinvolgevano operatori economici, appare suffragata dall’introduzione dell’art. 2-bis, comma 1, nella L. n. 241/1990, che ha superato la logica della risarcibilità condizionata all’accertamento della spettanza del bene della vita.

Il Collegio ritiene peraltro di aderire, altresì, al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il privato deve dare prova specifica degli elementi costitutivi della fattispecie (da ricondursi nell’alveo dell’art. 2043 c.c.) e dei danni subiti, senza che sia dato ingresso, di regola, alla valutazione equitativa del pregiudizio.

Nel caso di specie, il ricorrente non ha allegato né tanto meno provato alcuna circostanza di fatto precisa in relazione al danno asseritamente subito, per cui il risarcimento del pregiudizio da ritardata conclusione del procedimento de quo va senz’altro negato.

Il ricorso è dunque da accogliere parzialmente, nei limiti e nei termini appena descritti, con spese complessive del giudizio che seguono la soccombenza prevalente e che sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto:

annulla la nota del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri prot. n. ….. del 30 gennaio 2013, con cui è stata rigettata l’istanza di trasferimento ex art. 398 del regolamento generale dell’arma dei carabinieri per il “ricongiungimento dal coniuge lavoratore”;

condanna l’amministrazione resistente a corrispondere in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento danni, l’importo di € 2.500,00, oltre interessi fino al soddisfo, nei termini di cui in motivazione;
respinge le ulteriori domande processuali.

Condanna il Ministero della Difesa alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi € 4.500,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Roberto Lombardi, Referendario, Estensore
Oscar Marongiu, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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1) - La richiesta veniva respinta dallo Stato Maggiore dell’Esercito in quanto i reparti dislocati in provincia di Lecce non presentano precipue esigenze dell’incarico posseduto dal ricorrente, mentre la sede di provenienza è sottorganico.

2) - Inoltre l’amministrazione non ha fornito alcun elemento relativo alla complessiva dotazione organica della sede di Lecce per documentare l’impossibilità di reperire un posto vacante di corrispondente posizione retributiva.

3) - La norma invocata dispone che il trasferimento può essere concesso previa verifica della “sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva “.

4) - E’ ovvio che questa locuzione non può essere interpretata in modo rigido, soprattutto in ambito militare dove a fronte di corrispondente posizione retributiva vi possono essere incarichi diversissimi tra loro come esemplificato nella memoria difensiva dell’amministrazione.

5) - Tutto ciò non è verificabile nel caso di specie poiché l’amministrazione richiamandosi al segreto militare ha ritenuto di non dover dar conto di quale sia la dotazione organica dei reparti situati nella provincia di Lecce, cosicché non è possibile controllare la congruità della determinazione dell’amministrazione.

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA BREVE ,sede di BOLOGNA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500338 - Public 2015-03-30 -


N. 00338/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00133/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 133 del 2015, proposto da:
A. A., rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Maggio, con domicilio eletto presso la Segreteria Tar in Bologna, Strada Maggiore 53;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Bologna, Via Guido Reni 4;

per l'annullamento
del provvedimento datato 01.12.2014 e notificato in data 03.12.2014 con il quale lo Stato Maggiore dell'Esercito-Dipartimento del Personale-Ufficio Impiego Truppa-Roma ha comunicato al ricorrente il non accoglimento della istanza di assegnazione temporanea ai sensi dell'art. 42-bis del D.Lgs. 151/2001;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori Francesco Baccaro, Andrea Cecchieri;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, caporal maggiore dell’Esercito in servizio presso un reparto di stanza a OMISSIS, presentava istanza di assegnazione temporanea presso un reparto della provincia di Lecce per poter usufruire del beneficio di cui all’art. 42 bis D.lgs. 151/2001 avendo un figlio di età inferiore ai tre anni ed essendo la moglie impiegata in un Comune della Provincia di Lecce quale commessa in una catena di negozi di abbigliamento.

La richiesta veniva respinta dallo Stato Maggiore dell’Esercito in quanto i reparti dislocati in provincia di Lecce non presentano precipue esigenze dell’incarico posseduto dal ricorrente, mentre la sede di provenienza è sottorganico.

Nell’impugnazione del provvedimento si contesta la violazione dell’art. 42 bis D.lgs. 151/2001, ormai di pacifica applicazione anche al personale militare per effetto del disposto dell’art. 1493 del codice militare poiché il provvedimento dell’amministrazione, pur nella sua discrezionalità, deve offrire circostanziate ragioni per negare la possibilità di una mobilità temporanea, mentre nel caso di specie si nega il trasferimento per asserita mancanza di un posto per l’incarico specifico attualmente ricoperto dal militare, dimenticando che la norma prevede che vi sia un posto vacante di corrispondente posizione retributiva. Inoltre l’amministrazione non ha fornito alcun elemento relativo alla complessiva dotazione organica della sede di Lecce per documentare l’impossibilità di reperire un posto vacante di corrispondente posizione retributiva.

Nell’unico motivo di ricorso si censura altresì il mancato rispetto delle norme procedimentali sul presupposto che trattasi di provvedimento vincolato mentre è pacifica la sua natura di atto discrezionale.

Infine si sottolinea che in un caso analogo il trasferimento è stato concesso con evidente disparità di trattamento di fronte a situazione analoghe.

Il Ministero della Difesa si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso è fondato.

La norma invocata dispone che il trasferimento può essere concesso previa verifica della “sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva “.

E’ ovvio che questa locuzione non può essere interpretata in modo rigido, soprattutto in ambito militare dove a fronte di corrispondente posizione retributiva vi possono essere incarichi diversissimi tra loro come esemplificato nella memoria difensiva dell’amministrazione.

E’ evidente che non solo dovrà sussistere la corrispondenza della posizione retributiva, ma dovrà verificarsi se il posto vacante riguardi una mansione per cui il militare è stato addestrato.

Questo significa che non coglie nel segno la difesa del Ministero quando si duole di precedenti sentenze di questo TAR che a suo dire non terrebbero conto delle specializzazioni conseguite dal militare perché, per rimanere all’esempio fatto nella memoria, l’Amministrazione avrebbe una valida ragione per negare il trasferimento di un paracadutista laddove vi fosse solo un posto per assistente di sanità.

Tutto ciò non è verificabile nel caso di specie poiché l’amministrazione richiamandosi al segreto militare ha ritenuto di non dover dar conto di quale sia la dotazione organica dei reparti situati nella provincia di Lecce, cosicché non è possibile controllare la congruità della determinazione dell’amministrazione.

Infatti, anche se la norma prevede il “previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione “ questo non può significare che il mancato assenso possa essere immotivato dovendo analiticamente giustificare quale sia il disagio che il principio di buona amministrazione subirebbe per effetto dell’accoglimento dell’istanza.

Se così non fosse una facoltà riconosciuta al dipendente in ossequio ai principi costituzionali che riguardano l’esercizio della potestà genitoriale e l’unità della famiglia, sarebbe facilmente frustrata da un semplice diniego dell’amministrazione, configurandosi così l’assenso come una condizione meramente potestativa.

Il provvedimento in esame, in conclusione, non dà conto di come sia stata esercitata la discrezionalità che la norma attribuisce all’amministrazione e per tale motivo l’istanza del ricorrente dovrà nuovamente essere valutata con un provvedimento che tenga conto del contenuto della presente sentenza in particolare motivando analiticamente in caso di diniego sulla situazione dei reparti di provenienza e di possibile assegnazione oltre che rispettando le norme sul procedimento in particolare quella relativa all’art. 10 bis L. 241/1990.

Il ricorso va quindi accolto con condanna dell’amministrazione al pagamento delle spese di giudizio come determinate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero della Difesa alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in € 3.000,00 oltre C.P.A. ed I.V.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Alberto Pasi, Consigliere
Ugo De Carlo, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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interessante sentenza "di giugno" del Tar Puglia di Bari, questa volta "giusti motivi di famiglia" per:

ECCO ALCUNI BRANI

1) - sulla richiesta di assegnazione definitiva presso il Comando Militare Esercito OMISSIS - a seguito della cessazione del triennio di assegnazione temporanea ex art. 42 bis d.lgs. n. 151/01

2) - la ricorrente ha chiesto la sospensione, OMISSIS, dell'efficacia dei provvedimenti già impugnati col ricorso introduttivo, con conseguente ordine rivolto all'Amministrazione resistente di non dare esecuzione all'ordine di rientro a OMISSIS previsto per il ... giugno p.v.,

3) - Anzi proprio la corretta applicazione del principio tempus regit actum consente di affermare che la pretesa dell’interessato prima di tutto al tempestivo adempimento- che è più di un’aspettativa come dimostra il fatto che vi corrisponde l’obbligo di provvedere e che il ritardo nell’adempimento è risarcibile ex art. 2 bis l. 241/90 – costituisce essa stessa un’utilità che entra nel patrimonio del suo titolare ed è conformata dalla legge del tempo in cui ciò si verifica.

4) - Pertanto il riesercizio del potere, dovrà ora per allora, dar seguito all’istanza della ricorrente del 12.3.2014, reiterata il 10.6.014 applicando la norma del tempo in cui la stessa aveva ragione di pretendere un provvedimento espresso nei termini procedimentali previsti così realizzandosi la tutela in forma specifica dell’interesse sostanziale, possibile e necessaria in ossequio al richiamato principio di effettività

5) - Così come non è contestato che a tal fine si sia avvalsa della deroga prevista dall’allegato H del Regolamento sulle procedure per l’impiego del personale militare dell’Esercito edizione 2008 aggiornata al luglio 2013 (in atti della ricorrente .....) vigente all’epoca della presentazione delle istanze.

6) - Detto regolamento (capitolo II Capo III n. 3 primo comma, ultimo alinea, riprodotto nella versione in vigore dal 23.7.2014) dispone che non sono ammissibili le istanze tese ad ottenere un trasferimento nella stessa sede, intendendo per sede il luogo, la località, la città e non il Reparto, Comando, Ente.

7) - Appare evidente che la disposizione serva ad escludere i movimenti da una struttura all’altra comprese in un certo ambito territoriale evidentemente perché l’organizzazione di tutto il contingente stanziato in detto ambito territoriale non è compatibile con gli scambi a domanda del personale.

8) - E’ evidente che l’estensione di tale limite anche al diverso caso del militare non strutturato nella dotazione organica del Reparto, Comando, Ente, ove è applicato temporaneamente e lì aspira ad ottenere l’assegnazione definitiva, non solo non si giustifica con la mera e parziale enunciazione nel provvedimento impugnato dell’inciso predetto, ma ha l’effetto, contrario al principio di giustizia sostanziale, di far derivare dall’attribuzione di un beneficio – l’assegnazione temporanea per il ricongiungimento al figlio – una penalizzazione di tipo discriminante con l’esclusione dal novero delle sedi richiedibili per l’assegnazione definitiva proprio della sede di ricongiungimento.

9) - In verità non ha alcun rilievo, ai fini della richiedibilità delle sedi, il fatto che il rapporto di servizio della ricorrente faccia capo all’organizzazione OMISSIS sede di Bari, perché per stabilire verso quali sedi può chiedere trasferimento, si deve avere riguardo alla posizione organica occupata ed è pacifico che la ricorrente occupa ancora oggi una posizione organica nella dotazione del Reparto OMISSIS, tanto che è prevista l’automatica restituzione al ruolo di provenienza allo scadere dell’assegnazione temporanea (dispaccio del 6.4.2012 ...) .

10) Considerato poi che secondo l’art 792 del d.lg. 66/2010 per ogni ruolo sono determinate le dotazioni organiche nel numero massimo complessivo di personale stabilito per ciascun ruolo e che secondo il Regolamento sono richiedibili le vacanze registrate in organico per sede e posizione organica, tenuto conto delle carenze effettive e delle previste cessazioni dal servizio, è di tutta evidenza che ad una lettura sistematica delle disposizioni in rassegna consegue che l’unica sede non richiedibile per la ricorrente è OMISSIS nel senso che le è precluso il trasferimento dalla struttura di titolarità ad altre situate nello stesso distretto.

11) - Il provvedimento pertanto oltre che nullo per elusione del giudicato è anche illegittimo nella parte in cui applica al caso in esame una disposizione dettata per tutt’altra ipotesi.

CONCLUDE

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
- OMISSIS;
- OMISSIS:
- dichiara la nullità del provvedimento a firma del Comandante del .... ;
- accoglie il ricorso per l’ottemperanza della sentenza del TAR Bari ..... e per l’effetto dispone che il Commissario ad acta - già nominato con sentenza del Tar Bari n. ..... nella persona del Capo di stato maggiore della Difesa o un suo delegato, dia esecuzione - entro il termine di 30 giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione, alla sentenza del Tar Puglia, Sez. III, n. ..... decidendo sulle istanze del 17.4.2014 e 4.6.2014 presentate dalla ricorrente al fine di ottenere l’assegnazione definitiva a strutture del Ministero della Difesa di Bari, tenendo altresì conto della situazione rappresentata nella nota del Comando militare dell’esercito ...... del 5.12.2014 ....;
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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nuova norma integrativa
-----------------------------------------------------

LEGGE 7 agosto 2015, n. 124
Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
Entrata in vigore del provvedimento: 28/08/2015

Art. 14
Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche

7. All'articolo 42-bis, comma 1, secondo periodo, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e limitato a casi o esigenze eccezionali».

----------------------------------

Note all'art. 14:
Omissis
Il testo dell'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, modificato dalla presente legge, e' pubblicato nella Gazz. Uff 9 maggio 2001, n. 106, S.O.

Si riporta il testo dell'articolo 42-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), pubblicato nella Gazz. Uff 26 aprile 2001, n. 96, S.O., come modificato dalla presente legge:

"Art. 42-bis. Assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche
1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.

2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione.".
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Il TAR precisa:

1) - deve essere, inoltre, rilevato che l’art. 14, comma 7, della legge 7 agosto 2015, n. 124, innovando la disposizione in esame, ha espressamente stabilito che l’eventuale motivato dissenso debba essere “limitato a casi o esigenze eccezionali”, con l’evidente intento di ulteriormente rafforzare la tutela del delicato interesse di cui si discute.
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SENTENZA BREVE ,sede di VENEZIA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600265, - Public 2016-03-11


N. 00265/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01776/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1776 del 2015, proposto da:
P. D., rappresentato e difeso dagli avv. Carmela Ruggeri e Antonio Sartori, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia, San Polo, 2988;

contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;

per l'annullamento, previa sospensione cautelare
del provvedimento del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, prot. n. 332433 del 6.10.2015, di rigetto dell'istanza di distacco ex art. 42 bis del D. Lgs 151 del 26.3.2001; nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto, ivi compreso il parere negativo n. 8546 espresso in data 3.8.2015 della Direzione della Casa Circondariale di Vicenza.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2016 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Il ricorrente, assistente della Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale San Pio X di Vicenza, premesso che in data 11.8.2014 era nato il proprio figlio e che il proprio coniuge svolge attività lavorativa presso l’Agenzia delle Entrate di OMISSIS, esponeva di aver inoltrato, in data 31.3.2015, istanza di distacco per un periodo di tre anni presso la Casa Circondariale di Agrigento, istanza che, nonostante il parere positivo della Casa Circondariale di appartenenza e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - Provveditorato Regionale per il Veneto –Friuli Venezia Giulia – Trentino Alto Adige, veniva respinta dalla Direzione Generale del Personale sul presupposto che a Vicenza erano presenti 131 unità di polizia penitenziaria maschile rispetto alle 146 previste, mentre ad Agrigento erano presenti 215 unità rispetto alle 200 previste.

Successivamente, essendo aumentato il numero delle unità di polizia penitenziaria, il ricorrente presentava in data 23.7.2015 una nuova istanza di distacco, ex art. 42 bis D.Lgs. n. 151/2001, per un periodo minore rispetto a quello precedentemente richiesto –un solo anno-, indicando come sede non solo Agrigento ma anche ..... e Ragusa. Anche tale istanza era rigettata dal Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con provvedimento prot. N. 332433 del 7.10.2015, nel quale, pur riconoscendosi la sussistenza dei requisiti prescritti dalla norma di legge, si motivava il diniego sulla base di una carenza consistente di personale, il cui ulteriore depauperamento avrebbe potuto comportare un pregiudizio dell’interesse pubblico con danno per la collettività. Nel provvedimento si precisava, inoltre, che in base al sistema informativo SAP-SIGP, erano rilevati gli organici nel seguente modo:
Casa Circondariale di Vicenza, in servizio 144 unità rispetto alle 146 previste in organico e una presenza di detenuti superiore del 43% rispetto alla capienza;
Casa Circondariale di Agrigento, in servizio 188 unità rispetto alle 200 previste in organico e una presenza di detenuti superiore al 30% rispetto alla capienza;
Casa Circondariale di OMISSIS, in servizio 38 unità, rispetto alle 39 previste in organico e una presenza di detenuti inferiore al 7% rispetto alla capienza;
Casa Circondariale di Ragusa, in servizio 58 unità rispetto alle 68 previste e una presenza di detenuti superiore del 20% rispetto alla capienza.

Quanto alla Direzione della Casa Circondariale di Vicenza, il ricorrente lamentava che, a differenza di quanto avvenuto con riferimento alla precedente istanza, questa aveva espresso parere negativo, benché il numero degli agenti fosse aumentato e senza addurre alcuna motivazione.

Tanto premesso, il ricorrente, censurava il provvedimento di diniego del richiesto distacco, denunciando i seguenti vizi:
“I) Violazione art. 42 bis del D. Lgs. 151/2001; Violazione art. 29, 30 e 31 in materia di misure poste a tutela della famiglia e dei figli; violazione art. 97 Costituzione sui principi di imparzialità e buon andamento della P.A.; violazione della convenzione sui diritti dell’infanzia di New York;

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis D Lgs. 151/2001. Eccesso e/o sviamento di potere per illogicità, contraddittorietà, insufficienza, irragionevolezza della motivazione, carenza di istruttoria”. In sintesi, con il primo motivo, il ricorrente, premessa la pacifica applicabilità al caso in esame dell’art 42 bis del D.Lgs. 151/2001, ne lamentava la violazione, sia da parte della Direzione di Vicenza che da parte della Direzione Generale del Personale, anche in considerazione delle modifiche recentemente introdotte dalla legge 124/2015, secondo la quale l’eventuale dissenso all’assegnazione a richiesta deve essere limitato a casi o esigenze eccezionali, non esistenti nel caso in discussione e comunque non manifestati nel diniego contestato, la cui motivazione era del tutto carente; in modo del tutto analogo, con il secondo motivo, il ricorrente, ricordata la ratio dell’art. 42 bis del D.Lgs. n. 151/2001, ne denunciava la violazione, in considerazione della motivazione posta a base dell’atto impugnato.

Il ricorrente formulava, altresì, istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati.

Resisteva in giudizio il Ministero della Giustizia, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale chiedeva il rigetto del ricorso per infondatezza.

Alla Camera di Consiglio del 13 gennaio 2016, sentite le parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione, potendo essere deciso con sentenza in forma semplificata.

I due motivi di ricorso possono essere esaminati unitamente, trattando, in buona sostanza, la medesima censura, con sfumature in parte diverse.

Le censure sono fondate nei termini di seguito esposti.

Giova ricordare che l’art. 42 bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”) dispone che “Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.”.

Il beneficio di cui si discute, dunque, consiste nella possibilità, in presenza di figli minori fino a tre anni di età, di chiedere l’assegnazione ad una sede di servizio nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa. Tale possibilità, peraltro, non costituisce un diritto incondizionato del dipendente, ma è rimesso ad una valutazione relativamente discrezionale dell’Amministrazione in relazione ai posti disponibili e all’assenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione. Tuttavia, in ragione della natura e della particolare delicatezza dell’interesse privato a presidio del quale la norma è stata dettata, l’eventuale diniego va necessariamente preceduto da una valutazione comparativa degli interessi contrapposti con l’obbligo, per il datore di lavoro, di verificare se sia prioritaria la tutela dell’integrità dei figli e della famiglia o la garanzia delle esigenze di servizio che il mantenimento del dipendente nell’ufficio di provenienza intende soddisfare; di tale bilanciamento tra contrapposti interessi va dato conto nella motivazione del provvedimento in maniera adeguata. Da ultimo, deve essere, inoltre, rilevato che l’art. 14, comma 7, della legge 7 agosto 2015, n. 124, innovando la disposizione in esame, ha espressamente stabilito che l’eventuale motivato dissenso debba essere “limitato a casi o esigenze eccezionali”, con l’evidente intento di ulteriormente rafforzare la tutela del delicato interesse di cui si discute.

Ebbene, premesso che tra le parti non è contestata la sussistenza in capo al ricorrente dei presupposti individuati dalla norma, si osserva che il provvedimento del 7.10.2015 in questa sede impugnato non fornisce adeguata e idonea motivazione in ordine al contestato diniego di distacco, in relazione alla previsione normativa invocata e agli interessi ad essa sottesi.

Invero, per quanto la ricordata modifica introdotta dall’art. 14, comma 7, della legge 7 agosto 2015, n. 124, sia successiva all’istanza presentata dal ricorrente, si ritiene che l’Amministrazione avrebbe comunque dovuto tenerne conto al momento dell’adozione del provvedimento qui censurato, assunto in data 7.10.2015, quindi successivamente all’entrata in vigore della modifica introdotta dalla legge n. 124/2015, in forza della quale, come visto in precedenza, “L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali”, con ciò rafforzandosi la tutela degli interessi che la previsione normativa ha inteso prendere in considerazione.

Come già accennato, il provvedimento impugnato fornisce elementi relativi alla consistenza organica sia della sede di appartenenza che di quelle richieste dal ricorrente, dai quali, però, non emergono in modo chiaro e definitivo le ragioni della prevalenza dell’interesse dell’Amministrazione rispetto all’interesse del ricorrente –che, come detto, trova una tutela rafforzata nella ricordata disposizione normativa -, atteso che la lamentata carenza di organico, in presenza di una percentuale significativa di affollamento degli istituti di pena, è rintracciabile sia nella sede di appartenenza (di due unità) sia -e, in un caso, in termini maggiori - in quelle richieste dal ricorrente (ad Agrigento, ad esempio, ove è segnalata una carenza di 12 unità).

Sotto tale profilo, pertanto, il diniego opposto all’istanza ex art. 42 bis del D.Lgs. n. 151/2002 presentata dal ricorrente è illegittimo per difetto di motivazione, restando ovviamente fermo il potere dell’Amministrazione di adottare nuovo ed ulteriore provvedimento, a seguito di specifica istruttoria ed adeguatamente motivato in relazione al contenuto della previsione normativa invocata.

Il ricorso, pertanto, nei termini esposti è fondato e va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Le spese di causa seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese di causa che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre IVA, CPA ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Alessio Falferi, Primo Referendario, Estensore
Enrico Mattei, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/03/2016
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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Il CdS accoglie l'Appello dell'Amministrazione.
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Il CdS precisa:

1) - La tesi non può essere seguita perché, fermo restando il necessario apporto istruttorio del Comandante della Compagnia locale, favorevole all’accoglimento dell’istanza, la sintesi definitiva (e dunque l’adozione del provvedimento finale) non può che essere demandata all’Autorità di vertice, che sola possiede la visione d’assieme necessaria per contemperare gli intessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda.

Il resto leggetelo qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201602113
- Public 2016-05-23 -


N. 02113/2016 REG.PROV.COLL.
N. 08448/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8448 del 2015, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
Gi. Ni., rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Pipino, con domicilio eletto presso Alberto Naccari in Roma, via Carlo Alberto Racchia, 2;

per la riforma
della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria - n. 572 del 15 giugno 2015.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gi. Ni.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016 il cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti l’avvocato Pipino e l'avvocato dello Stato Tidore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In data 15 ottobre 2014 il signor Gi. Ni., militare dell’Arma dei carabinieri in servizio presso la Stazione di OMISSIS, ha chiesto – ai sensi dell’art. 42 bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 – l’assegnazione temporanea presso la sede più vicina al Comune di OMISSIS, in provincia di Trapani, dove la moglie lavora e si prende cura del figlio, nato il OMISSIS dello stesso anno, allegando anche le OMISSIS.

2. Con atto del 7 marzo 2015, l’Amministrazione ha respinto l’istanza ritenendo poco significative le considerazioni sanitarie addotte e considerando prevalente il contrario interesse pubblico, sul rilievo della situazione di sottorganico in cui verserebbe la Stazione, in una zona caratterizzata da un elevato indice di criminalità comune e organizzata.

3. Il signor Ni. ha impugnato il provvedimento di rigetto della propria domanda, proponendo un ricorso che il T.A.R. per la Calabria – sezione staccata di Reggio Calabria - ha accolto con sentenza in forma semplificata 15 giugno 2015, n. 572.

4. Il Tribunale regionale ha ritenuto che:

a) fossero irrilevanti le ragioni di ordine sanitario esposte nella domanda di assegnazione temporanea, in quanto estranee alla fattispecie legale richiamata (tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalla forza del giudicato interno);

b) nel contrasto fra il parere favorevole del Comandante della Compagnia di OMISSIS e quelli contrari del Comando provinciale di Reggio Calabria e dell’Ufficio del personale, questi ultimi non espliciterebbero le ragioni per le quali il primo parere avrebbe dovuto essere disatteso;

c) ne seguirebbe la contraddittorietà, quale figura sintomatica dell’eccesso di potere che vizierebbe l’atto impugnato.

5. Il Ministero della difesa ha interposto appello contro la sentenza e ne ha anche chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva, formulando una domanda cautelare che la Sezione ha accolto con ordinanza 11 novembre 2015, n. 5065.

6. A seguito del provvedimento cautelare, il signor Ni. è stato nuovamente destinato alla Stazione di OMISSIS.

7. Nel gravame, l’Amministrazione appellante premette che lo stesso T.A.R. avrebbe dichiarato improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, un precedente ricorso proposto dal militare contro il silenzio serbato sulla sua istanza di trasferimento temporaneo e ricorda la giurisprudenza secondo cui solo ai livelli centrali della linea gerarchica spetterebbe valutare e coordinare le esigenze pubbliche e private coinvolte nelle domande di trasferimento, sicché rimarrebbero irrilevanti i pareri espressi dai comandi locali.

7.1. Ferma l’ampia discrezionalità del potere organizzativo delle Amministrazioni delle forze di polizia e della difesa, in ragione del carattere primario degli interessi pubblici loro affidati, il primo giudice avrebbe contraddittoriamente valorizzato il parere favorevole del Comandante della Compagnia di OMISSIS, che non costituirebbe “l’assenso delle Amministrazioni di provenienza e destinazione” prescritto dall’art. 42 bis citato e sarebbe comunque basato, peraltro, proprio su quelle motivazioni sanitarie che lo stesso giudice avrebbe considerato irrilevanti e non meritevoli di scrutinio.

8. Il signor Ni. ha resistito con controricorso, nel quale sostiene la correttezza della motivazione della sentenza impugnata e afferma che le giustificazioni poste a base del diniego sarebbero, oltre che estremamente sintetiche, del tutto vaghe e generiche, tali da dimostrare un’istruttoria carente e una valutazione insufficiente. Operando nel modo censurato, l’Amministrazione avrebbe leso il diritto del dipendente e dei suoi familiari a un trattamento di vita dignitoso.

9. Con memoria depositata il 16 marzo 2016, la parte privata ha sviluppato ulteriori argomentazioni.

9.1. Nella sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, la disposizione dell’art. 42 bis citato si sostanzierebbe in vero e proprio obbligo in capo all’Amministrazione, al quale corrisponderebbe un diritto soggettivo del singolo richiedente.

9.2. Senza disconoscere il sensibile potere discrezionale dell’Amministrazione militare, questo non potrebbe essere esercitato in maniera arbitraria e strumentale e dovrebbe soddisfare uno specifico onere di motivazione. Nel caso di specie, l’Amministrazione non avrebbe dimostrato l’incidenza sfavorevole sul funzionamento dell’ufficio di un allontanamento temporaneo (determinato dalla necessità, costituzionalmente riconosciuta, di tutelare la famiglia), avrebbe astrattamente evocato le “esigenze di servizio”, avrebbe contraddittoriamente acconsentito al trasferimento a titolo definitivo di due carabinieri che prestavano servizio presso la stessa Stazione di OMISSIS, alla quale nel frattempo sono stati aggregati altri militari. Ciò da un lato evocherebbe la disparità di trattamento, dall’altro dimostrerebbe la concreta possibilità di accordare trasferimenti nell’attuale realtà organizzativa.

10. All’udienza pubblica del 28 aprile 2016, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

11. In via preliminare, il Collegio rileva che la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono considerarsi assodati i fatti oggetto di giudizio.

11.1. In diritto la Sezione premette quanto segue:

a) la disposizione dell’art. 42 bis citato è di per sé estranea al corpus della normativa che disciplina il personale militare (decreto legislativo n. 66 del 2010 - c.d. codice dell’ordinamento militare; d’ora in poi: codice), posto che:

I) il codice tende a porsi come una normativa integrale, completa e autosufficiente (art. 625);

II) l’art. 42 bis prevede un’assegnazione temporanea e non un trasferimento e non è ricompresa fra le disposizioni “esterne” espressamente richiamate come applicabili (art. 981 del codice), non essendocene in realtà necessità come meglio si dirà in prosieguo;

b) peraltro, è ormai giurisprudenza consolidata di questo Consiglio di Stato - basata su una lettura estensiva dell’art. 1493 del codice - che la disposizione dell’art. 42 bis valga anche per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia (sin da sez. VI, 21 maggio 2013, n. 2730; sez. IV, 10 luglio 2013, n. 3683; il punto, in passato controverso, non è in verità ora direttamente contestato dall’Amministrazione); in linea generale deve osservarsi che il t.u. n. 151 del 2001 (in particolare gli artt. 1 e 2), non contiene alcuna limitazione soggettiva capace di escludere dal suo ambito applicativo gli appartenenti alle Forze armate e di Polizia, anzi, dall’esame degli artt. 9 e 10 si desume che esso potesse trovare integrale applicazione a tali categorie di personale; si tenga poi presente che l’art. 10 cit. è stato riassettato all’interno del codice (sub art. 1494), con sua contestuale abrogazione, per cui risulta ancor più evidente l’applicazione della specifica normativa al personale militare; l’art. 1493, co. 1, del codice, pur riproduce la disposizione di cui all’art. 1, co. 2, lett. b), l. n. 20 ottobre 1999, n. 380 senza recare innovazioni nel quadro normativo, assume una valenza sistematica considerevole a cagione del suo rinvio generale al t.u. sulla tutela della genitorialità sebbene con modalità tali da assicurare sempre l’esercizio della funzione militare; il potere discrezionale attribuito all’Amministrazione di valutare, caso per caso, la concessione del beneficio, tenuto conto delle complessive esigenze degli uffici, non deriva dall’inciso contenuto all’interno del più volte menzionato art. 1493, co. 1; la disposizione di cui all’art. 1493 cod.ord.mil. con particolare riguardo all’inciso <<tenendo conto del particolare stato rivestito>>, costituisce un quid pluris che sottende ulteriori esigenze di tutela, oltre a quelle organizzative comuni a tutte le pubbliche amministrazioni, funzionali alle peculiarità istituzionali delle Forze armate e di polizia; il che consente, inoltre, all’amministrazione militare di predeterminare in via generale ed astratta i limiti e le modalità di recepimento delle norme recate dal t.u. n. 151, nella sede propria, ovvero nell’ambito della programmazione di impiego del proprio personale (dunque non solo e non tanto in occasione della risposta a specifica istanza di assegnazione temporanea come sembra prevedere la giurisprudenza più recente); l’art. 1493 cod.ord.mil. deve dunque essere letto in sistema con tutta la disciplina giuridica del personale militare, proprio per la clausola di compatibilità ivi contenuta; in particolare:

I) con l’art. 1465 cord.ord.mil. il quale, nello stabilire che ai militari spettano i diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini, introduce – a mo’ di contemperamento – il principio per il quale ai militari sono imposte limitazioni nell’esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l’osservanza di particolari doveri, per garantire alle Forze armate l’assolvimento dei propri compiti istituzionali;

II) con l’art. 625 cod.ord.mil. il quale – in tema di specificità e rapporti con l’ordinamento generale del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche – stabilisce inequivocabilmente che al personale militare si applicano le disposizioni contenute nel libro IV del Codice; la normativa esterna, quindi, si applica nei limiti e con le modalità dei rinvii effettuati dalle disposizioni del medesimo libro; in quest’ottica si spiega perché l’art. 981 del codice militare non ha fatto riferimento espresso all’art. 42 bis in quanto sarebbe risultato un richiamo ultroneo;

c) recependo tale indirizzo giurisprudenziale il legislatore (sia pure in un’ottica transitoria), ha introdotto il richiamo a tale disposizione in occasione della novella costituita dall’art. 2209 sexies del codice, introdotto dall'articolo 4, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 8 (tuttavia non evocato in questa sede), secondo cui le istanze ex art. 42 bis, rifluiscono nell’ambito del piano di programmazione triennale scorrevole ex art. 2209 quater;

d) l’art. 42-bis - anche dopo la novella operata dall’art. 14, co.7, l. n. 124 del 2015 (in ogni caso inapplicabile al caso di specie ratione temporis) - non attribuisce all’interessato un diritto soggettivo, come parrebbe adombrare l’appellato, ma implica sempre e comunque una valutazione discrezionale dell’Amministrazione, che deve legittimamente negarlo ove lo impongano le esigenze di servizio nell'ufficio di appartenenza dell'istante e in quello della destinazione richiesta (cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 aprile 2014, n. 1677; sez. III, 5 dicembre 2014, n. 6031; sez. III, 3 agosto 2015, n. 3805);

e) in questa valutazione di compatibilità, occorre tenere conto delle specificità dell’ordinamento militare, delle esigenze connesse, di quanto queste possano influire sullo status e sulle situazioni degli appartenenti all’ordinamento medesimo (si vedano in particolare gli artt. 1465 e 1493 del codice; l’inciso di quest’ultimo – “tenendo conto del particolare stato rivestito” – esprime ulteriori esigenze di tutela dei prevalenti interessi militari rispetto a quelle organizzative proprie della generalità delle pubbliche amministrazioni);

f) per completezza si evidenzia che la disciplina sulla tutela della maternità e della paternità non è contenuta nell’elenco delle materie oggetto di concertazione di cui all’art. 3, d.lgs. 12 maggio 1995, n. 195 (si tenga presente che al tempo era vigente la l. 30 dicembre 1971, n. 1204, e il personale femminile in servizio era solo quello delle Forze di polizia ad ordinamento civile); d’altra parte, gli artt. 3, 4 e 5, d.lgs. n. 195 del 1995, contenenti le materie oggetto di contrattazione e concertazione per le Forze armate e di polizia, sul punto non sono stati mai integrati, nonostante un successivo intervento di modifica, recato dal d.lgs. 31 marzo 2000, n. 129; i provvedimenti di concertazione non possono ingerirsi nell’ “impiego e nella mobilità del personale”, trattandosi di materia comunque riservata alla disciplina per legge o per atto normativo o amministrativo emanato in base alla legge, ai sensi dell’art. 2, co. 4, lett. c), l. 6 marzo 1992, n. 216 e dell’art. 6, d.lgs. n. 195 cit.; nella prassi, si deve registrare la circostanza che i provvedimenti di concertazione hanno introdotto specifiche norme in materia di tutela della maternità e paternità; in particolare:

I) l’art. 14, d.P.R. 13 giugno 2002, n. 163 (Forze armate), e il corrispondente art. 58, d.P.R. 13 giugno 2002, n. 164 (Forze di polizia);

II) l’art. 33, d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 (Forze di polizia), e il corrispondente art. 15, d.P.R. 11 settembre 2007, n. 171 (Forze armate);

III) l’art. 41, d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51 (Forze di polizia), e il corrispondente art. 17, d.P.R. 16 aprile 2009, n. 52 (Forze armate); si tratta di disposizioni che attengono principalmente a istituti speciali connessi con i congedi, le licenze, i permessi, i riposi, gli esoneri da servizi particolari e i relativi trattamenti economici (cioè a materie che rientrano comunque nel perimetro legale della concertazione disegnato dal d.lgs. n. 195 cit.); nessuna di queste disposizioni ha ad oggetto l’assegnazione temporanea in argomento; l’unico istituto in qualche modo assimilabile è quello contemplato dagli artt. 41, co. 1, lett. g), d.P.R. n. 51 del 2009, e 17, co. 1, lett. g), d.P.R. n. 52 del 2009, per i quali è prevista la possibilità per le lavoratrici madri e per i lavoratori padri vincitori di concorso interno, con figli fino al dodicesimo anno di età, di frequentare il corso di formazione presso la scuola più vicina al luogo di residenza, tra quelle in cui il corso stesso si svolge; si tratta – ovviamente – di disposizione in materia di formazione e non di impiego del personale; ritenere, inoltre, che i provvedimenti di concertazione abbiano specificato le ipotesi di compatibilità della disciplina in materia di tutela della maternità e della paternità con lo stato giuridico dei militari, recando specifiche disposizioni applicative, trova un ostacolo insormontabile nella clausola di rinvio contenuta nell’art. 14, co. 11, d.P.R. n. 163 del 2002, dove si afferma che per quanto non disciplinato dal medesimo articolo <<si rinvia alle disposizioni del testo unico a tutela della maternità, qualora compatibili con la normativa concernente lo stato giuridico del personale militare, il rapporto di servizio e le esigenze operative delle Forze armate>> (senza considerare che analoga clausola non è contenuta nel corrispondente art. 58, d.P.R. n. 164/2002, relativo alle Forze di polizia ad ordinamento militare).

12. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie, emerge, in sintesi, che l’Amministrazione ha opposto un diniego alla domanda di assegnazione temporanea, formulata dal signor Ni., basendosi su tre considerazioni:

a) l’irrilevanza delle motivazioni sanitarie addotte, sulle quali peraltro l’appellato non insiste;

b) la situazione dell’ordine pubblico nel territorio di OMISSIS, che rappresenta sostanzialmente un fatto notorio e che l’appellato comunque non contesta;

c) l’impossibilità di deprivare anche temporaneamente la Stazione di OMISSIS della presenza di un carabiniere, che si scontrerebbe con l’esigenza di garantire una razionale distribuzione delle forze disponibili, particolarmente avvertita in un momento di riduzione delle risorse.

13. A questo proposito, il Tribunale regionale ha considerato viziato l’atto impugnato per l’irrisolto e non spiegato contrasto tra i pareri espressi dalle Autorità coinvolte nel procedimento.

14. La tesi non può essere seguita perché, fermo restando il necessario apporto istruttorio del Comandante della Compagnia locale, favorevole all’accoglimento dell’istanza, la sintesi definitiva (e dunque l’adozione del provvedimento finale) non può che essere demandata all’Autorità di vertice, che sola possiede la visione d’assieme necessaria per contemperare gli intessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda.

15. A questo proposito, la valutazione dello stato dell’ordine pubblico nell’area e dell’esigenza di non depauperare il complesso delle risorse disponibili appare una valutazione di stretto merito, che non si mostra palesemente irrazionale e dunque non può essere sindacata in sede giurisdizionale.

16. Non valgono a dimostrare il contrario gli spostamenti di personale richiamati alle pagg. 9 e 10 della memoria depositata dall’appellato il 16 marzo 2016, sia perché in tal modo il signor Ni. introduce una censura del tutto nuova (la disparità di trattamento) e dunque inammissibile, sia perché si tratta di eventi successivi alla data di adozione del provvedimento impugnato, con riguardo alla quale solo lo stato di fatto deve essere valutato.

17. Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello dell’Amministrazione è fondato e va perciò respinto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso introduttivo di primo grado.

18. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

19. In sede di eventuale riedizione del potere, l’Amministrazione potrà valutare la situazione prodottasi per effetto delle movimentazioni sopra riferite, ove confermate.

20. Considerata la novità della questione, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 23/05/2016
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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Ricorso Accolto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201610490, - Public 2016-10-21 -
Pubblicato il 21/10/2016


N. 10490/2016 REG.PROV.COLL.
N. 09251/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9251 del 2015, proposto da:
S. A., rappresentato e difeso dall'avvocato Aristide De Vivo, C.F. DVVRTD67A07H703N, con domicilio eletto presso l’avv. Federica Scafarelli in Roma, via G. Borsi, 4;

contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. M_D E24094 0018101 del 15 aprile 2014, notificato in data 4 maggio 2015, con cui il Ministero della Difesa ha respinto l'istanza presentata dal ricorrente ex art. 42bis d.lgs. n. 151/01 per ottenere l'assegnazione temporanea presso Enti o Reparti dislocati nelle sedi di Salerno, Persano, San Giorgio a Cremano, Avellino o Napoli;

- di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali, ivi compresi i pareri istruttori resi, nonché di ogni eventuale circolare ministeriale e/o direttiva interna tesa a conculcare o limitare la fruizione del richiesto beneficio di legge.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2016 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, padre del piccolo N. A., nato in data 12 marzo 2013, presentava in data 7 gennaio 2015 istanza di assegnazione temporanea ai sensi dell’art.42bis, d. lgs. n. 151/2001, presso enti o reparti dislocati nelle sedi di Salerno, Persano, San Giorgio a Cremano, Avellino e Napoli.

L’Amministrazione della Difesa, col provvedimento in epigrafe indicato, oggetto del presente gravame, respingeva tuttavia la richiesta in considerazione della deficitaria situazione organica dell’ente di appartenenza e di quella favorevole degli enti di destinazione, non necessitanti di ulteriore personale.

Avverso il predetto rigetto, la parte ha quindi articolato due motivi di doglianza, per violazione e falsa applicazione dell’art.42bis, cit., eccesso di potere e violazione del giusto procedimento.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, insistendo sull’infondatezza delle censure.

Con Ordinanza istruttoria n. 11054/2015, la Sezione ha disposto l’acquisizione di una circostanziata relazione sui fatti di causa e, in particolare, sulla presenza o meno, nelle sedi richieste, di posizioni organiche disponibili coerenti con quella del ricorrente - incombente poi riscontrato dall’Amministrazione, mediante il deposito della relazione e di una tabella allegata riportante le posizioni di impiego nella Regione Campania riferite alla posizione di “assistente di branca”, quale il ricorrente.

All’esito dell’istruttoria disposta, è stata infine accolta l’istanza cautelare con Ordinanza n. 5273/2015, “ritenuto che il ricorso presenti sufficienti elementi di fondatezza, soprattutto con riferimento alla possibilità di assegnazione alle sedi di San Giorgio a Cremano, Persano e Avellino, sedi per le quali sembrerebbe comunque sussistere la possibilità di trasferire il ricorrente, in possesso della qualifica di assistente di branca”.

Alla pubblica udienza del 28 settembre 2016, per la quale non vi è stata alcuna produzione documentale delle parti, la causa è passata in decisione.

Il Collegio ritiene di confermare quanto sommariamente rilevato in sede cautelare – non annullato in sede d’appello (Cons. Stato, Sezione IV, ord. n. 951/2016) – essendo risultato fondato quanto assunto dal ricorrente circa la vacanza organica esistente nelle sedi di San Giorgio a Cremano e Avellino.

Invero, lo stralcio delle posizioni di impiego, allegato alla relazione istruttoria, ha confermato la presenza di 3 posti di assistente di branca presso le sedi richieste.

Tale circostanza fa quindi venir meno uno dei presupposti alla base del diniego, emesso dall’Amministrazione in ragione dell’asserita non necessità di personale presso le sedi richieste.

Alla luce di quanto sopra, il provvedimento impugnato risulta dunque illegittimo sotto il denunciato profilo dell’eccesso di potere e va pertanto annullato.

In ragione della particolarità della vicenda, le spese di lite possono tuttavia compensarsi tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Floriana Rizzetto, Consigliere
Paola Patatini, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paola Patatini Concetta Anastasi





IL SEGRETARIO

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C.d.S.

ORDINANZA CAUTELARE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201600951
- Public 2016-03-18 –

N. 00951/2016 REG.PROV.CAU.
N. 00654/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 654 del 2016, proposto dal Ministero della Difesa in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro
S. A., rappresentato e difeso dall'avvocato Aristide De Vivo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Federica Scafarelli in Roma, Via G.Borsi n.4;

per la riforma
dell' ordinanza cautelare del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 05273/2015, resa tra le parti, concernente assegnazione temporanea di sede


Visto l'art. 62 cod. proc. amm;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di S. A.;
Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di accoglimento della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;
Viste le memorie difensive;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti l’avvocato De Vivo e l'avvocato dello Stato Coaccioli;


Rilevato, ad un primo esame proprio della fase cautelare che, con l’ordinanza appellata, il T.A.R. ha concesso la sospensiva del provvedimento originariamente impugnato, nelle more della decisione nel merito già fissata all’udienza pubblica del 28 settembre 2016;

Considerato che non sussiste alcun danno grave e irreparabile per le ragioni dell’appellante Ministero, atteso anche il relativamente breve lasso di tempo che il Tar si è riservato al fine di decidere il contenzioso;

Ritenuto, pertanto, che l’appello cautelare vada respinto;

Ritenuto, altresì, che per la controversa materia oggetto del contendere le spese dell’attuale fase di giudizio vadano compensate tra le parti;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge l'appello (Ricorso numero: 654/2016).
Compensa tra le parti le spese della presente fase cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

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Le norme qui sotto, sono quelle di cui al Quesito posto dal Ministero della Difesa -Stato Maggiore dell’Esercito- Dipartimento impiego del personale, che posterò a seguire.
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LEGGE 4 novembre 2010, n. 183
Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonchè misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.

Art. 19.

(Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni
democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonchè per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.

2. La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie.

3. Il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER) partecipa, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte in attuazione delle finalità di cui al comma 1 e concernenti il trattamento economico del medesimo personale.

--------------------------------------------------------------------------------
DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

Articolo 78

Doveri e condizione giuridica

OMISSIS

6. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione.

--------------------------------------------------------------------------

Poi, l’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, e l’art. 42-bis del d.lgs. n. 151/2001 li conoscete abbastanza bene, quindi è inutile postare il loro contenuto.
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N.B.: per fortuna che il CdS tiene a freno il M.D. facendogli capire che la Legge è al di sopra di tutto.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201702515 - Public 2017-12-01 -

Numero 02515/2017 e data 01/12/2017 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 18 ottobre 2017


NUMERO AFFARE 01327/2017

OGGETTO:
Ministero della difesa -Stato Maggiore dell’Esercito- Dipartimento impiego del personale.


Quesito relativo alla rilevabilità della specificità delle Forze Armate, ai sensi dell’art. 19 della legge n. 183 del 2010, nella disamina delle istanze di applicazione dei benefici di cui agli artt. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, 42-bis del d.lgs. n. 151/2001 e 78, comma 6, del d.lgs. n. 267/2000, con particolare riferimento all’esigenza di mantenimento della prontezza operativa delle Unità di impiego.

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. nr. 0055374 dell’11 luglio 2017, con la quale il Ministero della difesa, Dipartimento impiego del personale, ha chiesto un parere a questo Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, Consigliere Antonella Manzione.


Premesso:

1. In data 11 luglio 2017 il Ministero della difesa ha chiesto a questo Consiglio di Stato un parere in ordine alla possibilità di valorizzare la specificità delle Forze Armate, espressamente riconosciuta anche dall’art. 19 della l. 4 novembre 2010, n. 183, per statuire a livello generale, con apposita direttiva, un diniego di concessione, oltre certi limiti percentuali, di alcuni benefici di legge previsti per i dipendenti pubblici.

Suddetto limite percentuale, individuato nella soglia del 5 % della forza organicamente prevista delle Unità operative per ciascuna categoria di personale (Ufficiali, Sottufficiali, Graduati e Militari di truppa), troverebbe il suo fondamento scientifico in studi condotti dal Reparto Impiego delle Forze dello Stato Maggiore della Difesa, con specifico riferimento alle principali fonti che, a livello NATO, individuano gli standard di prontezza operativa/combat che necessariamente devono essere comuni a tutte le Forze facenti parte dell’Alleanza Atlantica.

2. Premesso che l’art. 3 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 pone il principio generale secondo cui determinate categorie di pubblici dipendenti, tra cui il personale militare, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti, il quadro normativo risulta correttamente ricostruito come segue:

a) in ragione del rinvio contenuto nel menzionato T.U.P.I., l’ordinamento militare è oggi regolamentato dal testo unico adottato con il d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, cosiddetto codice dell’ordinamento militare (C.O.M.);

b) gli istituti dei quali è discussione sono disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 33 della l. 5 febbraio 1992, n. 104, 42-bis del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 e 78 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Trattasi di disposizioni che, a vario titolo, prevedono anche regole di mobilità a domanda per il personale, funzionali alla fruizione di diritti costituzionalmente garantiti, quali la salute, la tutela della paternità/maternità e l’elettorato passivo; ma che nella loro apparente assertività rischiano di collidere con le altrettanto prioritarie esigenze sottese all’azione delle Forze Armate e sussunte nel ricordato principio di specificità delle stesse di cui all’art. 19 legge 4 novembre 2010, n. 183.

c) l’applicabilità degli istituti in questione anche al pubblico impiego non contrattualizzato, nel quale rientra il personale delle Forze Armate, è espressamente riconosciuta da varie disposizioni-cerniera del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, che di fatto, pur con qualche precisazione di contesto, estendono le guarentigie previste al riguardo per il dipendente pubblico all’appartenente alle Forze Armate, dando anche attuazione al disposto dell’art. 52 della Costituzione.

d) in particolare, l’art. 981 C.O.M., alle lettere b) e c), dichiara applicabili al personale militare, “compatibilmente con il proprio stato”, l’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e l’art. 78, comma 6, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267;

e) l’art. 1493, comma 1, contiene, a sua volta, un rinvio generale al t.u. sulla tutela della genitorialità, sebbene anche in questo caso con richiamo a modalità tali da garantire comunque l’esercizio della funzione militare;

f) l’art. 2209-sexies, infine, ancorché in un’ottica transitoria di lungo periodo, demanda al piano di programmazione di cui all'articolo 2209-quater, ferma la prioritaria necessità di garantire il regolare svolgimento del servizio, l’adozione delle “modalità di attuazione della disciplina intesa a favorire l'assegnazione a domanda presso enti o reparti limitrofi di coniugi entrambi dipendenti del Ministero della difesa, compresi gli appartenenti al Corpo delle capitanerie di porto, secondo criteri prestabiliti per garantire il ricongiungimento familiare, tra i quali è espressamente richiamato, per il caso di coniugi con figli minori fino a tre anni di età, l'articolo 42-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151”;

g) nell’ elencazione delle norme percepite come distoniche rispetto alla peculiarità della funzione militare, il Ministero della difesa riporta anche l’art. 53 del d.lgs. n. 151/2001, laddove viene sancita la non obbligatorietà di prestare lavoro notturno per la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Considerato:

3. In via preliminare occorre contestualizzare ulteriormente le norme richiamate, dovendosi evidenziare la non irrilevante modifica intervenuta anche in epoca successiva all’entrata in vigore del ricordato art. 19 della l. n. 183/2010, sotto la cui egida l’Amministrazione vorrebbe ricondurre la legittimazione a scelte operative di validità generalizzata.

In particolare, con il d.lgs. 28 gennaio 2014, n. 8, recante “Disposizioni in materia di personale militare e civile del Ministero della difesa, nonché misure per la funzionalità della medesima amministrazione, a norma degli articoli 2, comma 1, lettere c) ed e), 3, commi 1 e 2, e 4, comma 1, lettera e), della legge 31 dicembre 2012, n. 244” si è intervenuti anche sulle norme di interesse, peraltro rafforzando, ove possibile, la limitabilità della concessione degli istituti, ma nel contempo omogeneizzandone ulteriormente la disciplina complessiva rispetto a quella prevista in via generale per i dipendenti pubblici. Il già citato art. 981 C.O.M., ad esempio, nella sua attuale stesura nasce dalla novellazione apportata dall’art. 4 del d.lgs. n. 8/2014, che vi ha introdotto l’inciso “nel limite per il personale di Esercito italiano, Marina militare, Aeronautica militare e Arma dei Carabinieri, delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado, vacanti nella sede di richiesta destinazione”, non senza aggiungere anche, però, che: “In costanza di riconoscimento del diritto previsto da tale norma, il personale dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare e dell'Arma dei carabinieri interessato non è impiegabile in operazioni in ambito internazionale o in attività addestrative propedeutiche alle stesse”.

Come può vedersi, il legislatore del 2014 torna sulla disciplina dell’applicabilità in concreto dell’istituto della mobilità a domanda per l’assistenza a disabili gravi e lo fa avendo alle spalle la già avvenuta legificazione del concetto di specificità delle Forze Armate. Nell’introdurre limitazioni aggiuntive, si cerca dunque un punto di mediazione imprescindibile, ma anche invalicabile, cui deve attenersi la risposta del datore di lavoro, senza abdicare però alle proprie competenze esclusive al riguardo, in favore di altri strumenti di regolazione o di indirizzo, quali in particolare le direttive. Si legge, in proposito, nella relazione illustrativa: “Ciò (ovvero l’introduzione del limite delle dotazioni organiche, n.d.r.) anche al fine di evitare che l’applicazione della menzionata disciplina nell’ambito delle Forze Armate comporti gravi ripercussioni sull’attività, sull’organizzazione e sulla funzionalità dello strumento militare, soprattutto in quelle particolari realtà in cui ogni componente risulta fondamentale e la continuità nel rapporto di lavoro costituisce la condizione basilare per l’efficienza e l’efficacia”.

Ad ulteriore riprova della sussistenza del principio della non comprimibilità, se non per prioritarie esigenze concrete da valutare caso per caso, dei diritti dei lavoratori, va ricordato come si debba al medesimo d.lgs. n. 8/2014 l’introduzione della lettera “h-bis” nel corpo dell’art. 1506 del C.O.M.

L’intento, egualmente esplicitato, è quello già ricordato, ovvero omogeneizzare il più possibile l’ habeascorpus del militare rispetto a quello del dipendente pubblico in genere: si ovvia perciò ad una pregressa lacuna di tutela mediante l’introduzione del richiamo anche al comma 3 dell’art. 33 della l. n. 104, concernente il regime dei permessi mensili per l’assistenza al familiare o affine affetto da grave disabilità; e in perfetto parallelismo con quanto già previsto in relazione ai soggetti fruitori della mobilità a domanda, anche per quelli che beneficiano del regime dei permessi mensili si prevede, onde garantire l’effettività nell’esercizio del diritto, che non possano essere impiegati in operazioni in ambito internazionale o ad esse propedeutiche.

4. Possono essere opportunamente richiamati anche gli artt. 625 e 1465 del d.lgs. n. 66/2010: la prima disposizione si occupa proprio dei rapporti con l’ordinamento generale del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e stabilisce inequivocabilmente che al personale militare si applicano le disposizioni contenute nel libro IV del Codice, chiarendo così anche perché nel corpo dell’art. 981 non figuri il richiamo all’art. 42 bis del d.lgs. n. 151/2001, che sarebbe risultato ultroneo; la seconda conferma che ai militari spettano i diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini, pur nel rispetto del principio per il quale ad essi sono imposte limitazioni nell’esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l’osservanza di particolari doveri, per garantire alle Forze Armate il miglior assolvimento dei propri compiti istituzionali.

5. Risulta, pertanto, chiaro che il legislatore abbia inteso in vario modo attribuire rilievo alla specificità delle Forze Armate, dando vita ad un sistema necessariamente omologo a quello del dipendente pubblico in genere, ma senza rinnegarne le peculiarità. Tale “sistema nel sistema”, d’altro canto, è ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, che ha via via legittimato dinieghi, purché motivati, opposti dall’Amministrazione di appartenenza ad istanze di benefici come quelli di cui trattasi, proprio nel superiore interesse dell’efficienza della “specifica” articolazione territoriale interessata al procedimento, con particolare riferimento, peraltro, alle esigenze dell’ufficio “rilasciante”, anziché alle sole potenzialità di quello “ricevente”.

5.1 In relazione, ad esempio, all’esatto significato da attribuire all’inciso “tenendo conto del particolare stato rivestito” contenuto nel ricordato art. 1493 del d.lgs. n. 66/2010, si è affermato che esso non si identifica nelle generiche e complessive esigenze dell’ufficio, che comunque presidiano anche la disciplina prevista dall’art. 42-bis per tutti i pubblici dipendenti; bensì in un “quid pluris che sottende ulteriori esigenze di tutela, oltre a quelle organizzative comuni a tutte le pubbliche amministrazioni, funzionali alle peculiarità istituzionali delle Forze armate e di polizia” (cfr. ex multis Cons. St., Sez. IV, n. 2113 del 23 maggio 2016). Si è detto poi che in caso di diniego della mobilità a domanda avente ad oggetto la fruizione di un diritto legato alla genitorialità, non sarebbe neppure necessario l’inoltro dell’avviso ex art. 10 bis della l. n. 241/1990, in quanto l’urgenza intrinseca alla stessa, in ragione del suo motivarsi nella necessità di attendere alle funzioni nascenti dalla propria qualità di genitore di minore in tenera età, lo renderebbe non soltanto superfluo, ma per certi versi deleterio, facendo apparire “paradossale che da simile ragionevole condotta venga fatto discendere un vizio infraprocedimentale” (Cons. St., Sez. IV, 4 maggio 2017 n. 2352). In termini, è stata considerata pienamente giustificata, ai fini della motivazione di diniego dell’assegnazione richiesta, l’esigenza di non depauperare il complesso delle risorse disponibili in un certo ambito (cfr. Cons. di Stato, n. 2113/2016, cit.). E ancora, in relazione alla fruizione dei diritti di elettorato passivo, si è rimarcato come, al di fuori delle ordinarie movimentazioni, resti salva e intatta la discrezionalità dell’Amministrazione militare nell’apprezzare le esigenze di più agevole svolgimento del munuspublicum in raffronto a quelle organizzative relative alla situazione organica della sede a quo (Cons. Stato, Sez. IV, 2 luglio 2012, n. 3865; Sez. III, 4 giugno 2014, n. 2863; Sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2226).

5.2 In termini ancor più generali, la qualificazione come interesse legittimo e non diritto soggettivo della posizione giuridica in capo al dipendente che avanza istanza di mobilità per una delle ragioni sottese alle tre normative speciali più volte ricordate, pressoché unanime in giurisprudenza, rende riconducibile alla discrezionalità del potere concessorio la decisione dell’Amministrazione datrice di lavoro, che negherà il beneficio ove lo impongano le esigenze di servizio dell’ufficio di appartenenza dell’istante, anche correlate a deficitarie situazioni di organico, o di quello della destinazione richiesta (cfr. Cons. St., Sez. III, 3 aprile 2014, n. 1677; id., 13 novembre 2014 n. 6031 e 20 maggio 2015, n. 3805).

6. Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene che dalla ricostruzione fin qui effettuata emergano chiaramente due postulati di partenza pregiudiziali alla disamina della tematica affrontata:

a) è innegabile che il sistema delle guarentigie a tutela di diritti fondamentali del lavoratore sotteso a determinate discipline previste per i dipendenti pubblici trovi applicazione anche per quelli appartenenti alle Forze Armate, ancorché con alcuni temperamenti funzionali volti a mitigarne l’impatto sulle esigenze di specifica efficienza richieste alle stesse;

b) la giurisprudenza amministrativa, da parte sua, non ha mancato di assecondare in un certo qual modo tale ricostruzione, valorizzando, ogni qualvolta possibile, suddetta specificità, anche alla luce delle clausole a vario titolo inserite nelle ricordate norme-cerniera contemplate nel COM.

7. Orbene l’odierno quesito ministeriale sembra trarre spunto dalla pronunzia di questo Consiglio di Stato (Sez. IV) n. 4047 del 14 luglio 2012, nella quale si è affermata l’applicabilità anche al personale delle Forze Armate della nuova formulazione dell’art. 33, comma 5, della l. n. 104/1992, conseguente alla novella apportata con l’art. 24 della legge n. 183/2010. Nella motivazione della stessa può leggersi che il venir meno, a seguito della riforma dell’istituto, dei requisiti della cosiddetta continuità ed esclusività nell’assistenza, quali presupposti necessari alla concessione del beneficio, non può non valere anche per la valutazione delle istanze avanzate dal personale militare, proprio in ragione del fatto che la novella “interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio”.

8. Ma, occorre ricordare, l’art. 19 della l. 183 /2010 (collegato lavoro), che nel dettare principi e criteri generalissimi di delega per il riordino degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela pensionistica, economica e previdenziale delle Forze armate, riconosce espressamente, al comma 1, la “specificità del ruolo delle Forze armate…, nonché dello stato giuridico del personale in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativi richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”.

L’indicazione è sufficientemente chiara ma, in base al comma 2, “La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.

Resta sullo sfondo, dunque, il problema di definire il valore di questi principi generalissimi di indirizzo, rimasti almeno formalmente inattuati. Orbene, per ciò che qui rileva, l’indicazione fornita dalla giurisprudenza costituzionale appare duplice: innanzitutto, i principi e i criteri direttivi sono idonei a produrre effetti nell'ordinamento in modo del tutto autonomo rispetto al successivo esercizio della delega da parte del legislatore delegato; in secondo luogo, l'individuazione di tali effetti è operazione da farsi caso per caso, valutandone la struttura del contenuto precettivo e il grado di determinatezza.

9.1 Può tornare, al riguardo, nuovamente utile quanto affermato nella ricordata sentenza n. 4047/2012 di questo Consiglio di Stato, ovvero l’impossibilità di declassare l’art. 19 a semplice norma “manifesto”, sminuendone l’ innegabile portata innovativa: il solo fatto di aver elevato a rango di norma primaria la “specificità” delle Forze Armate, infatti, introduce innegabilmente un canone ermeneutico cui deve ispirarsi in primo luogo l’interprete nella ricerca di soluzioni applicative che richiedano, con riguardo al caso concreto, la comparazione di interessi contrapposti.

9.2 Ma una cosa, dunque, è fornire a livello generale un suggerimento operativo, desunto da indicazioni metodologiche internazionali, per coadiuvare le Amministrazioni interessate nell’esercizio del relativo potere, valutando l’incidenza della mobilità a domanda sull’efficienza operativa della singola struttura anche alla luce di tali indicazioni; senza tuttavia, ovviamente, perdere di vista l’onere motivazionale, che non potrà ridursi a mera clausola di stile concretizzantesi nel richiamo al superamento del predeterminato limite percentuale; altro è, invece, introdurre una disciplina di dettaglio utilizzando lo strumento della direttiva di vertice, così da “ingessare” le potenzialità discrezionali di esercizio del potere concessorio delle articolazioni organizzative interessate, e con ciò indebitamente sostituendosi al legislatore delegato.

10. Il richiamo, contenuto in alcune sentenze ed indirettamente ripreso dal Ministero, anche attraverso il riferimento all’art. 2209 sexies del C.O.M., alla possibilità di effettuare scelte a carattere generale necessita a sua volta di una indispensabile precisazione. Se si prescinde dalla possibilità, di cui al paragrafo precedente, di ricordare a tutta la struttura l’esistenza di studi che hanno fornito indicazioni statistiche di efficienza minima in termini percentuali, è evidente che nessun’altra possibilità di indicazione cogente che finisca per integrare il dato normativo possa essere fornita con lo strumento della direttiva.

10.1 Nella stessa logica, del resto, si pone il procedimento declinato dall’art. 2209 sexies del C.O.M., invocato impropriamente dal Ministero della difesa a supporto della propria tesi interpretativa. La norma, infatti, prevede le linee guida da seguire per i ricongiungimenti familiari tra coniugi entrambi appartenenti alla Difesa e fissa una corsia preferenziale per la trattazione delle istanze di trasferimento in presenza di prole in minore età, precisando che, in caso di coniugi con figli minori fino ai 3 anni di età, si applica l’art. 42 bis del decreto legislativo n. 151/2001 e sancendo, in caso di coniugi entrambi militari, che ne sia evitato il contestuale impiego in attività operative continuative fuori dall’ordinaria sede di servizio. Le linee guida devono inserirsi nel contesto del piano di programmazione triennale scorrevole per il progressivo raggiungimento delle dotazioni organiche complessive di Esercito italiano, Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e Aeronautica militare indicate all’articolo 798, e della relativa ripartizione previsto dall’art. 2209 quater, a partire dall’anno 2016 e sino all’anno 2024, prevedendo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tale piano sia annualmente adottato allo scopo di definire le modalità di attuazione: dei transiti di personale militare in servizio permanente non dirigente e non soggetto a obblighi di ferma nei ruoli civili dell’amministrazione della Difesa o di altre amministrazioni pubbliche, con esclusione delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, secondo i criteri stabiliti al successivo articolo 2209 quinquies; delle riserve di posti nei concorsi pubblici, estese anche al personale militare in servizio permanente. Si evidenzia che a monte dell’articolo vi è la individuazione delle eventuali eccedenze (ai sensi del precedente articolo 2209 ter, comma 1, con determinazione del Ministro della difesa).

Orbene, non vi è chi non veda come a fronte della scelta del legislatore di ricondurre ad un complesso e dettagliato iter (D.P.C.M. con tutti i passaggi procedurali ricordati) un segmento minimo della materia in esame (le domande di mobilità di coniugi entrambi militari con figli di età inferiore a tre anni, da gestire ai sensi dell’art. 42 bis del d.lgs. 151, ma da computare nella programmazione ora in esame) risulterebbe paradossale, per la rimanente casistica, poter procedere autonomamente con direttiva a carattere generale.

11. Ritiene dunque in definitiva la Sezione che la “specificità” dell’ordinamento militare, delle esigenze connesse al suo buon andamento e di quanto queste possano influire sullo status e sulle situazioni degli appartenenti all’ordinamento medesimo, vada sviluppata e valorizzata nella valutazione di compatibilità - e solo in quella, in assenza dei decreti legislativi attuativi previsti dal comma 2 dell’art. 19 della l. n. 183/2010 - da effettuarsi in concreto, o in atti di programmazione delle risorse a carattere generale, ma contingente al periodo di riferimento. Indicazioni percentuali prestabilite assumono l’innegabile merito divulgativo di rendere note le risultanze di analisi scientifiche sull’efficienza strutturale, cui le decisioni dell’Amministrazione datrice di lavoro possono ispirarsi nella motivazione di eventuali provvedimenti di diniego. Senza dimenticare, peraltro, che la valutazione della sussistenza della necessità di utilizzare il militare in un certo ufficio o in un certo incarico si appalesa come valutazione di stretto merito, come tale, ove non palesemente irrazionale, non sindacabile in sede giurisdizionale se non a condizione di sostituire la determinazione amministrativa, come sorretta dalla detta valutazione, con quella operata dal Giudice, che è risultato evidentemente inammissibile nell’attuale sistema delle tutele.

P.Q.M.

Nei sensi di cui in motivazione è il parere della Sezione sul quesito in oggetto.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonella Manzione Gerardo Mastrandrea




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
Mau85
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

Messaggio da Mau85 »

Buon giorno, non avendo la moglie lavoratrice, ad esempio casalinga, non si può usufruire dell articolo 42?
panorama
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Re: Dlgs n.151/2001 Art 42bis Trasferimento per figli minori

Messaggio da panorama »

Ricorso Straordinario perso, leggi il perchè
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1) - la Direzione per l'impiego del personale militare dell'Aeronautica ha disposto l'assegnazione temporanea del militare presso il Comando Aeroporto/ Q.G. della OMISSIS R.A. di -OMISSIS- per il periodo dal 27 marzo 2017 al -OMISSIS-, non rinnovabile e senza oneri a carico dell'amministrazione.

2) - L’interessata espone in fatto di essere coniugata e madre del -OMISSIS-.
- La sua residenza familiare è in -OMISSIS-.
- Al fine di poter accudire il piccolo ha presentato in data 8 marzo 2016 domanda di assegnazione temporanea ai sensi della Direttiva DIPMA UD 001 ed. 2014 chiedendo l'applicazione del beneficio di cui all'art. 42bis del D.Lvo n.165 del 2001.

3) - In data 8 marzo 2017, un anno esattamente dopo la presentazione della domanda, l’amministrazione, con il provvedimento che si impugna, ha accordato il richiesto beneficio con assegnazione del militare presso la sede di interesse del Comando Aeroporto/ Q.G. della OMISSIS R.A. di -OMISSIS-.

4) - l'accoglimento della domanda - a distanza di un anno dalla data di presentazione della medesima - avrebbe leso il diritto della ricorrente.

5) - Il provvedimento è stato accordato in data 8 marzo 2017.

6) - Ragion per cui, questo lo sviluppo cui porta la tesi della ricorrente, l’assegnazione potrebbe avere durata ben oltre il compimento del terzo anno di vita del minore e raggiungere dunque, in mera ipotesi, anche la durata di sei anni ove proposta per esempio immediatamente alla vigilia dello spirare dei tre anni.

Il CdS nel Parere precisa:

7) - La fonte normativa primaria che s’impone al rapporto controverso è contenuta nell’art. 42 bis, c. 1 del D.Lgs n. 151 del 2001.

- Orbene, la suddetta fonte – a cui rinviano le disposizioni normative sopravvenute e alla quale devono conformarsi le direttive amministrative in materia - è chiara e univoca nel delimitare l’ambito oggettivo di applicazione della norma al “genitore con figli minori fino a tre anni di età”.

9) - Inequivoco il riferimento/limite temporale per potere usufruire del beneficio: il genitore può usufruire dell’assegnazione temporanea di sede “fino a tre anni di età” del minore.

10) - Se il legislatore avesse voluto estendere il beneficio in parola oltre il limite temporale dei tre anni di età del minore – nel senso auspicato dalla ricorrente - non avrebbe usato la locuzione “fino a tre anni di età”.

11) - Rebus sic stantibus, il compimento del terzo anno di vita del minore costituisce il termine ultimo entro il quale il genitore può usufruire, per fatto di legge, del beneficio dell’assegnazione temporanea, dopo di che egli deve rientrare nella propria sede.

N.B.: Onde evitare dubbi sulla Legge, consiglio di leggere anche dirattamente nell'allegato PARERE del CdS.

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