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Disciplina dei medici di bordo sulle navi in genere ed altro

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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201700122 - Public 2017-01-24 -

Numero 00122/2017 e data 19/01/2017 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 14 dicembre 2016

NUMERO AFFARE 01988/2016

OGGETTO:
Ministero della salute.

Disciplina dei medici di bordo. Requisito della cittadinanza italiana; limite di età minima per la partecipazione agli esami di idoneità per il conseguimento dell’autorizzazione all’imbarco; età pensionabile. Quesiti.

LA SEZIONE
Vista la relazione n. 10567 del 25 ottobre 2016, con la quale il Ministero della salute ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Gerardo Mastrandrea;

Premesso e considerato.

1. Come segnala l’Amministrazione, la figura del medico di bordo è nata per far fronte alle esigenze che si verificavano durante le traversate oceaniche della prima metà del secolo scorso quando lo stesso veniva chiamato a fronteggiare emergenze sanitarie di ogni tipo.

Con l’approvazione del regolamento sulla sanità marittima (R.D. n. 636 del 29 settembre 1895, seguito dal R.D. n. 178 del 20 maggio 1897) è stato avviato, in Italia, il primo modello di struttura sanitaria a bordo di navi, in grado di funzionare da "posto di pronto soccorso", oltre che da infermeria con posti letto autonomi; tali decreti costituiscono, ancora oggi, la fonte normativa che regolamenta il servizio medico di bordo sulle navi, italiane o straniere, che effettuano viaggi da o verso porti dello Stato.

Fino alla adozione del d.m. 20 giugno 1986, solo "I piroscafi nazionali od esteri destinati al trasporto dei passeggeri per viaggi di lunga navigazione, ove il numero degli imbarcati, fra equipaggio e passeggeri, superi i 150" dovevano "avere un medico di bordo" (R.D. n.178 del 1897).

Successivamente, con l'entrata in vigore del citato d.m. 20 giugno 1986, il servizio medico di bordo è diventato obbligatorio anche sulle navi della marina mercantile italiana, addette alla navigazione nel mare Mediterraneo, che siano:

1. navi maggiori destinate al servizio pubblico di crociera;

2. navi traghetto, abilitate al trasporto di 500 o più passeggeri, in servizio pubblico di linea la cui durata, tra scalo e scalo, sia pari o superiore a 6 ore di navigazione.

L’art. 1, tutt’ora vigente, del RD n. 636 del 1895, che individua le funzioni del servizio di sanità marittima, recita:

“Il servizio di sanità marittima ha per oggetto di vigilare, per quanto riguarda l'igiene e la sanità pubblica, sui porti e sulle navi ancorate non che sugli arrivi e sulle partenze per la via di mare, e di eseguire e fare osservare quanto relativi, le ordinanze e i decreti delle autorità competenti. Forma anche parte di questo servizio tutto quanto riflette il regime di difesa contro la trasmissione delle malattie infettive diffusive per la via di mare, col mezzo delle stazioni sanitarie marittime allo stesso scopo istituite.

Dipende tale servizio dal Ministero dell'interno, col concorso del Ministero della marina, e ne curano il disimpegno i signori prefetti, a mezzo delle capitanerie ed uffici di porto, delle stazioni sanitarie marittime e del personale sanitario addettovi”. Ovviamente, in questa, come nelle successive disposizioni del regolamento, al Ministero dell'interno deve intendersi sostituito il Ministero della salute.

Le attività del medico di bordo sono disciplinate dalle previsioni contenute nel Capo IV del RD n. 636 del 29 settembre 1895, e, in particolare nell’articolo 33, novellato da ultimo nel 1972, che attualmente dispone:

“I medici di bordo sono tenuti a prestare l'assistenza medica e chirurgica a tutte le persone imbarcate sulla nave. Tale assistenza è gratuita per le persone componenti l'equipaggio, per gli impiegati dello Stato che viaggino per ragioni di servizio, per i cittadini da considerarsi emigranti ai sensi delle norme sull'emigrazione ovvero che rimpatrino a spese dello Stato ovvero che siano indigenti, per gli apolidi e rifugiati emigranti, nonché per gli emigranti di cittadinanza straniera che prendano imbarco in un porto della Repubblica.

Per le prestazioni richieste dagli altri passeggeri i medici di bordo possono percepire l'onorario nella misura prevista dalla tariffa minima nazionale che all'epoca della percezione risulti, a norma dell'art. 1 della legge 21 febbraio 1963, n. 244, approvata con decreto del Presidente della Repubblica. Non danno comunque diritto alla percezione dell'onorario le prestazioni relative alle malattie, pertinenti alla navigazione ovvero infettive, soggette a denuncia, stabilite con successivo provvedimento del Ministro per la sanità di concerto con i Ministri per gli affari esteri e per la marina mercantile.

I medici di bordo hanno qualità e competenza di ufficiale sanitario governativo per la tutela dell'igiene e sanità di bordo, durante l'intera durata del viaggio, comprese le soste nei porti esteri di scalo e di destinazione “.

Il primo comma dell’articolo 33 del R.D. n. 636 del 29 settembre 1895, corrispondente, di fatto, all’ultimo comma dell’articolo 33 vigente, disponeva: “I medici di bordo [……..] devono ancora vigilare, come ufficiali sanitario governativi perché siano, sotto ogni riguardo, conservate le condizioni igieniche sulla nave stessa.”.

Si evidenzia che, alla data di adozione della previsione sopra riportata, i medici, ai fini dell’autorizzazione a viaggiare come medici di bordo, erano sottoposti alla autorizzazione del Ministero dell’interno, il quale vigilava anche sulla attività degli stessi ed infliggeva le relative sanzioni, ovviamente “senza pregiudizio di altre pene sancite dalle vigenti leggi”, per eventuali inadempienze degli stessi.

Si rappresenta, inoltre, che i medici di bordo sono stati autorizzati a praticare le vaccinazioni contro le malattie quarantenarie e rilasciare i relativi certificati, dalle previsioni di cui all'art. 2 del citato d.m., che dispone: ” I medici di bordo di nazionalità italiana, regolarmente abilitati e con l'effettiva direzione del servizio sanitario a bordo di navi di bandiera nazionale o di bandiera estera aventi patente di vettore per passeggeri ed emigranti, sono autorizzati a praticare le vaccinazioni contro le malattie quarantenarie, esclusa quella contro la febbre gialla, ed a rilasciare i relativi certificati validi per uso internazionale nei confronti di quei passeggeri che non abbiano potuto essere vaccinati prima della partenza della nave”.

Orbene, viene fatto notare dall’Amministrazione, da subito, come nella formulazione di tale articolo venga ribadita, pur sembrando ultronea, considerate le disposizioni vigenti al momento della adozione dello stesso decreto ministeriale, la necessità che il medico di bordo sia in possesso della cittadinanza italiana.

2. Tutto ciò premesso in ordine all’inquadramento generale della figura del medico di bordo, l’Amministrazione si diffonde brevemente sulla procedura pubblica di idoneità, prevista per l’iscrizione nell’elenco dei medici di bordo abilitati, il cui numero ammonta, attualmente, a n. 189 unità, e che sono inclusi, obbligatoriamente, nella categoria della gente di mare (art. 119 cod. nav.).

In attesa dell’espletamento del concorso pubblico, i medici interessati a svolgere l’attività di medico di bordo possono, comunque, richiedere l'iscrizione nell'elenco dei medici di bordo come supplenti e la competente Direzione Generale del Ministero, provvede, sulla base delle norme vigenti, alla valutazione delle richieste di iscrizione. Tale elenco viene aggiornato, a seguito di revisioni, disposte con decreto ministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

3. Così ricostruita la disciplina di riferimento della figura del medico di bordo, l’Amministrazione rappresenta che sono giunti al Ministero numerosi quesiti concernenti il necessario possesso, o meno, della cittadinanza italiana da parte del soggetto che intenda chiedere l’autorizzazione all’imbarco su di una nave battente bandiera italiana, come medico di bordo.

A tal proposito, si segnala che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 febbraio 1994, n. 174, recante il Regolamento recante norme sull'accesso dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche, all’articolo 2, comma 1, dispone che “Le tipologie di funzioni delle amministrazioni pubbliche per il cui esercizio si richiede il requisito della cittadinanza italiana sono le seguenti:

a) funzioni che comportano l'elaborazione, la decisione, l'esecuzione di provvedimenti autorizzativi e coercitivi;

b) funzioni di controllo di legittimità e di merito.”

L’articolo 3 dispone, invece, che “I cittadini degli Stati membri dell'Unione Europea devono possedere, ai fini dell'accesso ai posti della pubblica amministrazione, i seguenti requisiti:

a) godere dei diritti civili e politici anche negli Stati di appartenenza o di provenienza;

b) essere in possesso, fatta eccezione della titolarità della cittadinanza italiana, di tutti gli altri requisiti previsti per i cittadini della Repubblica;

c) avere adeguata conoscenza della lingua italiana.”

La predetta disciplina non sembra, però, potersi applicarsi al medico di bordo, sia esso definito un libero professionista o un dipendente dell’armatore, atteso che il predetto Regolamento disciplina solo le ipotesi dell'accesso alle amministrazioni pubbliche; analoga considerazione viene svolta in merito al d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, che disciplina l'assunzione agli impieghi nelle amministrazioni pubbliche.

Pertanto, per il requisito del possesso della cittadinanza italiana e quindi per l’obbligo di iscrizione nelle liste elettorali della Repubblica, si ritiene di far riferimento esclusivamente alla disposizione normativa di carattere speciale contenuta nell’art. 33 del regio decreto 29 settembre 1895, n. 636, che, al terzo comma, prevede “I medici di bordo hanno qualità e competenza di ufficiale sanitario governativo per la tutela dell'igiene e sanità di bordo, durante l'intera durata del viaggio, comprese le soste nei porti esteri di scalo e di destinazione”.

A tal proposito, il Ministero ritiene che dalla predetta disposizione non possa farsi discendere l’obbligo del possesso della cittadinanza italiana da parte del soggetto che intenda chiedere l’autorizzazione all’imbarco su di una nave battente bandiera italiana, come medico di bordo, sulla base delle considerazioni che seguono.

Relativamente al comandante della nave, la giurisprudenza comunitaria ha affermato che ai cittadini italiani sono parificati i cittadini degli altri Stati membri della CEE (cfr. tra tutte la sentenza della Corte di Giustizia UE (sesta Sezione) del 11 settembre 2008 nella causa C447/07). Nella citata sentenza, si legge che “relativamente agli impieghi di capitano e di comandante in seconda della marina mercantile e di comandante di navi da pesca, la Corte ha dichiarato, […….]che il ricorso alla deroga alla libera circolazione dei lavoratori, prevista dall’art. 39, n. 4, CE, non può essere giustificato dal mero fatto che l’ordinamento nazionale attribuisce poteri d’imperio ai titolari degli impieghi di cui trattasi; inoltre, occorre che tali poteri vengano effettivamente esercitati in modo abituale dai suddetti titolari e non costituiscano una parte molto limitata delle loro attività. Inoltre, un’esclusione generale dall’accesso ai detti impieghi non può essere giustificata da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica di cui all’art. 39, n. 3, CE”. La Corte quindi ritiene che l’art. 39, n. 4, CE deve essere interpretato nel senso che autorizza uno Stato membro a riservare ai propri cittadini i posti di capitano e di comandante in seconda delle navi battenti la sua bandiera solo a condizione che i poteri d’imperio attribuiti ai capitani e ai comandanti in seconda di tali navi vengano effettivamente esercitati in modo abituale e non rappresentino una parte molto ridotta delle loro attività (v. altresì, in tal senso, sentenza 11 marzo 2008, causa C89/07, Commissione/Francia, punto 14).

Precedentemente, la giurisprudenza italiana, ed in particolare il Tribunale di Genova, con ordinanza pronunciata su ricorso ex art. 700 c.p.c. in data 20 marzo 2000 aveva già ritenuto applicabile, sempre in relazione al ruolo di comandante della nave, la regola generale (art. 318 cod. nav.) che equipara i cittadini italiani ai cittadini comunitari, affermando che “Non sussiste alcuna limitazione alla equiparazione, stabilita dall’art. 318 cod. nav. tra cittadini italiani e cittadini di altri Paesi dell’Unione europea e, quindi, anche il comandante della nave può essere cittadino di altro paese dell’Unione europea”.

Sempre la giurisprudenza di merito ha affermato che la previsione di cui all’art. 318 cod. nav. trova conferma e costituisce puntuale rispetto del principio della libera circolazione delle persone, di cui all'articolo 39 del Trattato che pone, come libertà fondamentale, la libertà di stabilimento dei cittadini sul territorio dell'Unione. Qualsiasi eccezione a tale principio deve essere intesa in senso restrittivo. Nel caso in questione le eccezioni riguardano limitazioni a motivo di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica; tuttavia la previsione contenuta nell'articolo 39 del Trattato si riferisce a lavori svolti nell'ambito della pubblica amministrazione, alla quale peraltro si applicano le disposizioni di cui al DPCM 7 febbraio 1994, n. 174, il cui articolo l, come sopra evidenziato, non può contemplare il comandante della nave. Può, altresì, aggiungersi quanto stabilito dallo stesso Tribunale di Genova, con decisione l marzo 2001, ove può leggersi che "... Considerato che nella fattispecie si controverte sulla possibilità che un cittadino comunitario possa assumere il comando della nave e le conseguenti potestà di polizia giudiziaria e di stato civile, non ricorrono motivi né di ordine pubblico, né di pubblica sicurezza e tanto meno di sanità pubblica che giustifichino l'esclusione [………..] anche a voler includere la situazione in essere nelle ipotesi previste dall’art. 48, n. 3, del Trattato C.E., l’attuale combinato disposto degli artt. 316 e 318 cod. nav. dimostra che l'Italia non ha intenso avvalersi della facoltà limitatrice alla libera circolazione dei lavoratori".

Si conclude, alla luce di quanto sopra esposto, che:

- il medico di bordo fa parte dell'equipaggio marittimo che, sulla base delle previsioni del citato art. 318 del codice della navigazione, “è composto da cittadini italiani o di altri Paesi appartenenti all'U.E. ed è - ai sensi del successivo articolo 321 - giuridicamente subordinato al comandante”;

- il principio applicabile al comandante della nave, relativamente al quale “non ricorrono motivi né di ordine pubblico, né di pubblica sicurezza e tanto meno di sanità pubblica”che giustifichino l’obbligo del possesso della cittadinanza italiana, dovrebbe trovare applicazione anche nell’ipotesi del medico di bordo titolare;

- le funzioni professionali, a carattere pubblicistico, che un medico di bordo è abilitato a svolgere nell'espletamento dei suoi compiti appaiono, invero, più modeste rispetto alle funzioni, molte di carattere anche pubblicistico (si pensi, per fare solo un esempio, alla funzione certificativa), che sono chiamati a svolgere i medici appartenenti ad un Paese dell'Unione europea, cui è pacificamente attribuita la possibilità di svolgere l’attività di medico di base o di pediatra di libera scelta del SSN.

Orbene, la Sezione non ritiene di dover aggiungere alcunché all’impalcatura argomentativa sopra riportata, che ritiene lineare, condivisibile e dunque fondata in tutti i suoi aspetti essenziali, nel senso, in definitiva, che si può accedere senza difficoltà, per i motivi esposti, all’equiparazione tra cittadini italiani e cittadini di un Paese dell’UE, ai fini che ci occupano.

4. Analoghe considerazioni merita l’impianto argomentativo esposto dall’Amministrazione in ordine al quesito successivo, concernente il limite massimo (erroneamente definito “minimo” dall’Amministrazione) d’età (45 anni) richiesto (dal dPR 3 febbraio 1976, n. 479) per la partecipazione agli esami di idoneità per il conseguimento dell’autorizzazione all’imbarco in qualità di medico di bordo.

In effetti, il regime limitativo può considerarsi superato in ragione del tenore letterale dell’articolo 119 del codice della navigazione, sui requisiti per l’iscrizione nelle matricole e nei registri, come modificato da ultimo dalla legge n. 113 del 2013.

Tale disposizione, come novellata, non contempla più detto limite di età per i medici. In particolare, non viene riprodotta la previsione che così recitava: «Possono conseguire l'iscrizione nelle matricole della gente di mare i cittadini italiani di età non inferiore ai quindici anni e non superiore ai venticinque, che abbiano i requisiti per ciascuna categoria stabiliti dal regolamento. Per i medici l'età non deve superare i quarantacinque anni.».

Del resto, rammenta il Ministero, l’intervenuta modifica normativa risolve la disparità di trattamento che si sarebbe venuta a creare tra personale che svolge la medesima attività; infatti il decreto del Ministero della marina mercantile 16 maggio 1968, intervenuto quando il limite di età previsto dall’art. 119 del codice della navigazione era fissato in quarantacinque anni, aveva già previsto “È consentita anche oltre il limite di età previsto dall'art. 119 del codice della navigazione, la iscrizione nelle matricole della gente di mare con la qualifica di medico di bordo (supplente) degli inscritti nell'apposito elenco, tenuto dal Ministero della sanità, che abbiano ottenuto l'autorizzazione ad imbarcare ai sensi dell'art. 29-ter del regio decreto 29 settembre 1895, n. 636 e che siano in possesso degli altri requisiti previsti per l'immatricolazione dalle vigenti norme di legge.”.

5. Tutto ciò posto, non risulta convincente, invece, la soluzione proposta al problema dell’individuazione dell’età pensionabile per i medici di bordo, che non risulta individuata da alcuna previsione normativa e che, ad avviso dell’Amministrazione richiedente, può individuarsi (invero correttamente), in ragione dei compiti del medico di bordo, in quella prevista delle disposizioni vigenti per i medici che operano nel SSN.

Alla stregua, infatti, anche del quadro generale fornito all’inizio su compiti e funzioni di tale figura professionale speciale, non può accedersi all’equiparazione con i direttori di struttura complessa e i direttori delle professioni sanitarie, mancando a bordo una struttura sanitaria organizzata assimilabile.

Può, pertanto, ritenersi de plano applicabile il limite massimo di permanenza in servizio dei medici di medicina generale, come individuato dagli accordi collettivi nazionali, e ferma restando la possibilità del biennio supplementare.

P.Q.M.

Nei termini esposti è il parere della Sezione.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gerardo Mastrandrea Gianpiero Paolo Cirillo




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà